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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Giovedì 16 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, nell'ambito dell'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 1941 , approvato dal Senato, di conversione in legge del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'Imu, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 
Capezzone Daniele , Presidente ... 7 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 7 
Sanga Giovanni (PD)  ... 9 
Gutgeld Itzhak Yoram (PD)  ... 9 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 9 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 9 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 10 
Alberti Ferdinando (M5S)  ... 11 
Pesco Daniele (M5S)  ... 11 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 12 
Colaninno Matteo (PD)  ... 12 
Ruocco Carla (M5S)  ... 12 
Capezzone Daniele , Presidente ... 12 
Causi Marco (PD)  ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 15 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 18 
Capezzone Daniele , Presidente ... 18 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 18 
Capezzone Daniele , Presidente ... 18 
Gutgeld Itzhak Yoram (PD)  ... 18 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 18 
Lavagno Fabio (SEL)  ... 19 
Capezzone Daniele , Presidente ... 19 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 19 
Capezzone Daniele , Presidente ... 20 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 20 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 20 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 20 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 20 
Capezzone Daniele , Presidente ... 20 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 20 
Capezzone Daniele , Presidente ... 20 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 20 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 20 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 21 
Capezzone Daniele , Presidente ... 21 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 21 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 21 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 21 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 21 
Capezzone Daniele , Presidente ... 21 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 21 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 22 
Colaninno Matteo (PD)  ... 22 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 22 
Zanetti Enrico (SCpI)  ... 22 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 23 
Capezzone Daniele , Presidente ... 23 
Saccomanni Fabrizio , Ministro dell'economia e delle finanze ... 23 
Capezzone Daniele , Presidente ... 23 

ALLEGATO: (Relazione consegnata dal Ministro Saccomanni) ... 25

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, nell'ambito dell'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 1941, approvato dal Senato, di conversione in legge del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, nell'ambito dell'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 1941, approvato dal Senato, di conversione in legge del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.
  Buongiorno a tutti. Invito i colleghi a prendere posto. Oggi abbiamo con noi, e lo salutiamo, il Ministro dell'economia, dottor Saccomanni e, con lui, il consigliere Cabras, il consigliere Ceriani e il dottor Franco. L'audizione è convocata, come sapete, nell'ambito della discussione sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia. Abbiamo sessanta minuti circa. Immagino che il Ministro farà alcune considerazioni iniziali. Naturalmente nella seconda parte gli chiediamo poi di rendersi disponibile a soddisfare le molte curiosità che immagino tanti di noi abbiano.
  Do la parola al Ministro Saccomanni per lo svolgimento della relazione.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, Presidente. Io ho un testo, che scorrerò brevemente. Se salto qualche passaggio, rimarrà comunque il documento completo agli atti.
  Sulla prima versione del decreto-legge n. 133 ho già riferito a metà dicembre alla 6a Commissione del Senato. La scorsa settimana sono intervenuto, sempre al Senato, in Aula sulla discussione generale. Brevemente, ricordo qui che il Governo ha ritenuto necessario intervenire con un decreto-legge per ragioni di urgenza al fine di assicurare certezza sui tempi di applicazione di misure rilevanti per la manovra di politica economica generale del Governo.
  Per quanto riguarda l'IMU e le misure di valorizzazione degli immobili, i requisiti di urgenza sono piuttosto chiari e ovvi. L'opportunità di una rivisitazione dell'assetto proprietario e di una rivalutazione delle quote della Banca d'Italia era una questione aperta da tempo. Il Governo ha ritenuto opportuno intervenire per frenare erronee interpretazioni della normativa vigente e ingiustificate aspettative sugli impatti che la rivalutazione del capitale Pag. 4avrebbe potuto avere sulle finanze pubbliche e sulla situazione patrimoniale delle banche.
  Con il decreto-legge n. 133 viene chiarita in maniera inequivocabile la natura del rapporto tra la Banca centrale, il Governo e il sistema bancario. Si è inteso, inoltre, assicurare tempi certi per il completamento dell’iter parlamentare, nonché eliminare eventuali ambiguità presenti nel bilancio dei partecipanti e in quello della Banca d'Italia, prima dell'avvio, ormai prossimo, del meccanismo di supervisione unica nell'area dell'euro.
  Procedo passo per passo sui vari punti del decreto. Il primo riguarda l'abolizione della seconda rata dell'IMU.
  Il decreto-legge porta a compimento l'abolizione dell'IMU dovuta per il 2013 sull'abitazione principale, con l'eccezione di quelle di lusso, e su altre fattispecie specifiche assimilate dopo il venir meno della prima rata. Esso prevede lo stanziamento di risorse pari a 2,2 miliardi per il ristoro ai comuni del minor gettito IMU. Va ricordato che, qualora ai comuni venga assegnato mediante il meccanismo previsto dal decreto un ammontare di risorse superiore a quanto dovuto in base alle aliquote e alle detrazioni in vigore nel 2013, l'eccedenza verrà restituita dai comuni ai contribuenti nel 2014.
  Lo sgravio è sostanzialmente commisurato all'aliquota base dell'IMU prevista per ciascuna tipologia di immobile. Viene, infatti, stabilito che i contribuenti i quali beneficiano dell'abolizione della seconda rata dell'IMU versino entro il 24 gennaio un importo pari al 40 per cento della differenza, se positiva, tra l'ammontare risultante dall'applicazione delle aliquote e delle detrazioni deliberate o confermate dai comuni per il 2013 per ciascuna tipologia di immobile e quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base.
  Nel complesso, mi preme sottolinearlo, per effetto delle misure varate dal Governo i proprietari di un'abitazione principale o assimilata sono stati esentati da un'imposta pari a 4,4 miliardi su base annua, considerando gli incrementi di aliquota deliberati dai comuni. Gli stessi contribuenti dovranno, tuttavia, versare a gennaio circa 400 milioni, meno del 10 per cento di quanto sarebbe stato dovuto altrimenti.
  Questo obbligo di versamento, entro il 24 gennaio, della cosiddetta «mini IMU» risponde a diverse motivazioni. In primo luogo, al momento dell'approvazione del decreto-legge non era quantificabile con esattezza il gettito connesso all'autonomia impositiva dei comuni e non era opportuno che lo Stato si assumesse un onere di entità non nota.
  In secondo luogo, l'obbligo del versamento riferito alle aliquote e alle detrazioni di base, anziché a quelle del 2012, riflette l'esigenza di dare copertura solo parziale a eventuali aumenti ad hoc delle aliquote. Viene, inoltre, assicurato un trattamento equo dei contribuenti, non discriminandoli in base alla tempistica con cui i comuni sono intervenuti sul tributo.
  In terzo luogo, per finanziare uno sgravio completo avremmo dovuto reperire in tempi ormai veramente brevissimi ulteriori risorse da contabilizzare nel 2013, in modo da rispettare il limite del 3 per cento del PIL fissato per il disavanzo. La scadenza del versamento, come ho detto, è fissata al 24 gennaio, ultima data utile per consentire la contabilizzazione delle entrate nel 2013.
  Ometto qui un passo della mia relazione che riguarda le coperture, le quali sono state reperite in maniera tale da non gravare eccessivamente soprattutto sulle fasce deboli dei contribuenti. Vorrei ricordare comunque che l'individuazione delle coperture è stata particolarmente complessa a causa non solo dell'avvicinarsi della fine dell'anno, ma anche dell'elevato ammontare di risorse che erano state già reperite dal Governo per finanziare misure di sostegno all'economia e per fronteggiare situazioni di emergenza sociale e ambientale.
  Il secondo punto riguarda la valorizzazione degli immobili pubblici. La valorizzazione e la dismissione sono un punto importante nella strategia di riduzione del rapporto tra il debito e il PIL. Il decreto-legge favorisce tale processo semplificando Pag. 5le norme che regolano le dismissioni degli immobili e consentendo un'accelerazione delle procedure di vendita.
  La semplificazione delle procedure era stata già prevista da passati interventi normativi, segnatamente dal decreto-legge n. 203 del 2005, secondo il quale il Ministero dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, può autorizzare l'Agenzia del demanio a vendere mediante trattativa privata immobili pubblici. In origine tale procedura era limitata ai soli immobili dello Stato a uso non abitativo. Con il decreto-legge in esame si estende l'ambito di applicazione della norma agli immobili a uso non prevalentemente abitativo e a quello degli enti territoriali.
  In quest'ultimo caso gli enti interessati individuano gli immobili che intendono alienare, la parte acquirente e il prezzo, conferendo mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'autorizzazione alla vendita. Non viene introdotta una deroga generalizzata alle procedure ordinarie definite dalla normativa contabile ed è previsto che il ricorso alla trattativa privata avvenga nel rispetto dei limiti procedurali stabiliti per legge.
  Le modifiche apportate dal Senato introducono due principali novità. In primo luogo, viene attribuito al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il potere di individuare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, i beni immobili dello Stato dei quali è prioritario mantenere la proprietà pubblica in virtù di un particolare interesse culturale, paesaggistico o ambientale. In secondo luogo, è prevista la possibilità di sospendere eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione dei beni da sottoporre a tutela.
  Io credo che la ratio delle modifiche proposte sia condivisibile e penso che queste non ostacolino il processo di dismissione degli immobili. Il Governo comunque segue con grande attenzione questa tematica, per evitare che si rischi di depotenziare gli strumenti rilevanti per il programma di dismissioni immobiliari delineato dalla legge di stabilità recentemente approvata dal Parlamento.
  Il terzo punto riguarda la rivalutazione delle quote della Banca d'Italia. La rivalutazione del capitale della Banca d'Italia, che, come sapete, era divenuto col passare dei decenni meramente simbolico, non ha inteso modificare le linee portanti dell'ordinamento della Banca centrale che ne hanno garantito nel tempo l'indipendenza, il ruolo, la reputazione e il prestigio. L'attuale assetto proprietario, infatti, non pregiudica in alcun modo l'autonomia e l'indipendenza dell'Istituto e non dà luogo ad alcun conflitto di interessi.
  La governance della Banca d'Italia era stata già vagliata attentamente e approvata nelle sue caratteristiche fondamentali al momento dell'ingresso dell'Italia nell'Unione economica e monetaria, con il Trattato di Maastricht. L'analisi allora effettuata aveva riconosciuto che un assetto proprietario basato sulla partecipazione di quotisti privati fosse coerente con le norme europee.
  Nel proporre la riforma della governance della Banca d'Italia, il Governo ha lavorato in stretta collaborazione con la stessa Banca d'Italia e naturalmente con la Banca centrale europea, con la quale ci sono state frequenti interazioni ben prima dell'inizio della consultazione formale. Quest'ultima si è conclusa con un parere non vincolante, con il quale la Banca centrale europea ha fornito alcune utili osservazioni, senza tuttavia proporre alcuna modifica del decreto-legge.
  Il provvedimento e le modifiche apportate allo Statuto della Banca d'Italia, che è stato già approvato dall'Assemblea dei partecipanti della Banca d'Italia stessa, non alterano, infatti, i princìpi già definiti dall'ordinamento vigente e, in particolare, la partecipazione al Sistema europeo delle banche centrali e la natura di Istituto di diritto pubblico della Banca d'Italia. L'indipendenza della Banca d'Italia viene ribadita mediante la medesima formulazione prevista per la Banca centrale europea nel Trattato sul funzionamento dell'Unione.Pag. 6
  Come è noto, la legge n. 262 del 2005, la cosiddetta legge sul risparmio, prefigurava il trasferimento della proprietà del capitale della Banca d'Italia allo Stato. L'applicazione della legge avrebbe reso necessaria una radicale riforma dell'ordinamento dell'Istituto per tutelarne l'indipendenza. Si è, quindi, preferito lasciare inalterato l'assetto attuale e proporre l'abrogazione delle norme in discorso.
  Si è deciso di preservare la natura privatistica dell'assetto proprietario dell'Istituto e di riaffermare il divieto di ingerenza nelle funzioni istituzionali della Banca, in particolare la vigilanza bancaria e finanziaria e la politica monetaria, da parte degli organi che possono essere considerati espressione dei partecipanti al capitale, cioè l'Assemblea dei partecipanti, il Consiglio superiore e il Collegio sindacale.
  Al fine di garantire tra i rappresentanti del Consiglio superiore la costante presenza di membri dotati di requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità, all'interno dello stesso Consiglio viene costituito un Comitato al quale sarà affidato il compito di selezionare la lista dei candidati da sottoporre per l'elezione alle Assemblee presso le sedi della Banca d'Italia.
  Il decreto-legge intende rimuovere i motivi dell'erronea percezione secondo la quale l'azione dell'Istituto potesse essere influenzata dai principali azionisti che, in seguito ai fenomeni di concentrazione realizzatisi nel settore finanziario a partire dagli anni Novanta, detengono una quota molto rilevante del capitale. Il provvedimento, infatti, assicura una maggiore diffusione dell'azionariato tra i partecipanti di un patrimonio di interesse pubblico, conferendo certezza a un quadro normativo ormai datato. Va in questa direzione l'introduzione di un limite massimo alla percentuale di quote detenibili, direttamente o indirettamente, da ciascun soggetto, ridotto al 3 per cento con gli emendamenti del Senato.
  Corrispondentemente, è previsto un più ampio lasso di tempo per la dismissione delle partecipazioni in eccesso rispetto al limite di legge. Dopo il periodo transitorio, qualora un partecipante detenesse più del 3 per cento del capitale, non vedrebbe riconosciuti i diritti di voto ed economici, ossia i diritti ad avere i dividendi, sulle quote in eccesso rispetto al limite del 3 per cento. Queste norme, secondo noi, sono un efficace incentivo per favorire una rapida e completa mobilizzazione delle quote.
  Una maggiore diffusione della proprietà viene, inoltre, perseguita stabilendo che le quote di partecipazione al capitale della Banca vengano contabilizzate nel portafoglio di negoziazione dei sottoscrittori, nonché attraverso l'abolizione della clausola di gradimento, secondo la quale era necessaria l'autorizzazione del Consiglio superiore per il trasferimento delle quote.
  Va sottolineato che l'effettiva liquidità delle quote è precondizione per la loro rilevanza ai fini del patrimonio di vigilanza delle banche azioniste. Andranno in ogni caso rispettate le regole prudenziali sul capitale delle banche stabilite a livello internazionale. Va, inoltre, rilevato che la rivalutazione delle quote non avrà effetti sul patrimonio di vigilanza delle banche partecipanti ai fini dell'esercizio di asset quality review che la Banca centrale europea concluderà nell'anno in corso.
  Quanto alla natura giuridica dei quotisti, si è reso necessario superare una situazione che ha considerato pienamente legittime a possedere le quote della Banca solo le banche subentrate nelle posizioni giuridiche delle aziende creditizie considerate dalla legge bancaria del 1936. In particolare, la norma individua nel dettaglio le categorie che possono detenere le quote, confermando quelle già ammesse dalla normativa vigente, cioè le banche, le assicurazioni, le fondazioni, gli enti, gli istituti di previdenza e assicurazione, aggiungendo i fondi pensione e chiarendo la possibilità per tutte le banche di partecipare al capitale.
  Al riguardo va sottolineato che al Consiglio superiore è attribuito anche il compito di vigilare sul rispetto dei requisiti per la partecipazione al capitale della Banca, incluso quello di onorabilità dei soggetti Pag. 7acquirenti. Ciò elimina il rischio di inserimento di intermediari non graditi nel capitale della Banca.
  La formulazione iniziale del decreto-legge prevedeva l'estensione dell'ammissibilità alla partecipazione al capitale anche a intermediari operanti in Paesi diversi dall'Italia, mirando ad accrescere la negoziabilità delle quote in un contesto di libera circolazione dei capitali. Il venire meno di tale previsione a seguito del passaggio in Senato risulta, tuttavia, coerente con l'impianto complessivo della riforma dell'assetto proprietario della Banca e ne rafforza i presìdi di tutela dell'autonomia e dell'indipendenza.
  Quanto al valore del capitale, la Banca d'Italia ha incaricato un gruppo di esperti di stimare il valore delle quote stesse. Tale gruppo, adottando una pluralità di metodi, ha indicato un valore compreso tra 5 e 7,5 miliardi. I risultati dell'utilizzo di diversi metodi di valutazione hanno fatto propendere per l'importo di 7,5 miliardi, l'ammontare più vicino al valore attuale del dividendo potenziale che avrebbe potuto essere trasferito ai partecipanti nel corso degli anni, secondo la disciplina statutaria.
  Rimane inalterato il meccanismo di retrocessione dell'utile netto all'Erario, che resta lo sbocco principale degli utili della Banca. Vorrei sottolineare che il decreto prevede che l'importo dei dividendi annuali non possa essere superiore al 6 per cento del capitale e non che i dividendi siano pari al 6 per cento. Le quote della Banca d'Italia non diventano quindi un'obbligazione con una cedola fissa. Viene, inoltre, precisato che i dividendi siano distribuiti a valere sugli utili netti e che, quindi, non possano essere distribuiti a fronte di riserve accantonate in anni passati.
  Con il decreto-legge l'ammontare massimo dei dividendi distribuibili ai partecipanti è, pertanto, di 450 milioni. Si passa con l'attuale regime da un dividendo contenuto, ma di entità crescente nel tempo e, quindi, potenzialmente senza limiti, a un dividendo maggiore, ma soggetto a un limite fisso, garantendo un automatico rafforzamento della base patrimoniale della Banca nel tempo.
  Il provvedimento potrebbe determinare maggiori entrate tributarie per le amministrazioni pubbliche. Tuttavia, prudenzialmente, le valutazioni ufficiali non attribuiscono alcun gettito al decreto. Questa cauta scelta riflette l'incertezza non solo sui tempi di realizzazione di queste eventuali maggiori entrate, ma anche sulla loro entità. Va rilevato che la parte di gettito direttamente connessa con la rivalutazione avrebbe natura una tantum e, quindi, non avrebbe alcun impatto sull'indebitamento netto strutturale.
  In conclusione, tenuto conto del limitato tempo a disposizione per la conversione in legge del decreto, mi auguro che il provvedimento venga approvato nell'attuale versione, che recepisce gli emendamenti proposti in Parlamento. Io sono convinto che la norma rafforzi la Banca d'Italia e, indirettamente, anche la base patrimoniale delle banche. In un momento in cui ci avviciniamo all'entrata in vigore del meccanismo unico di vigilanza europea ritengo che fosse importante fare chiarezza sul grado di patrimonializzazione sia della Banca centrale, sia del sistema bancario, contribuendo a rafforzare la sua capacità di finanziamento dell'economia reale.
  Spero di non aver preso troppo tempo alla Commissione con questa mia introduzione. Sono adesso a disposizione per le loro domande.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Prego tutti di tenere tempi da Parlamento europeo, perché immagino che saranno numerosi i colleghi che vorranno intervenire. In seguito dobbiamo avere anche le risposte del Ministro.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, Ministro. Sono sicuro che, data la delicatezza del provvedimento, risponderà puntualmente a tutte le domande che la Commissione le sottoporrà.Pag. 8
  Io vorrei partire dalla sua audizione in Senato e capire i reali motivi di questo decreto-legge, visto che non ha caratteristiche d'urgenza. Lei disse al Senato che «l'assetto azionario della Banca necessita di una revisione per tre motivi. In primo luogo, si è resa necessaria una rivalutazione del capitale della Banca, divenuto con il passare dei decenni meramente simbolico». Questo non mi sembra un motivo. È, più che altro, un'enunciazione.
  «In secondo luogo», lei continuò nel corso di quell'audizione, «una quota rilevante del capitale della Banca d'Italia è oggi detenuta dai maggiori gruppi bancari per effetto di processi di concentrazione. Questo di per sé non costituisce un problema, ma può portare all'erronea percezione che l'azione della Banca possa essere influenzata dai suoi principali quotisti». Io mi chiedo: che cosa ci interessa delle percezioni ? Comunque sia, non è con la rivalutazione o con la vendita delle quote che risolviamo il problema.
  «In terzo luogo,» lei proseguì in quella sede, «nel nostro ordinamento esiste una norma che prefigura un possibile trasferimento – il riferimento è alla legge n. 262 –. L'attuazione di tale norma avrebbe richiesto una radicale riforma dell'ordinamento dell'Istituto per tutelarne l'indipendenza». Che cosa c'entrano, anche qui, la ricapitalizzazione e la vendita ? La ripartizione non giustifica neanche questo. Inoltre, era una norma dello Stato e per noi doveva essere applicata la norma dello Stato. Per giunta, come ha detto anche Lei, questo non vale né per l’asset quality review, né per i successivi stress-test. Qual è, dunque, la reale motivazione ?
  Passo all'altra domanda. All'articolo 3, comma 4, dello Statuto della Banca d'Italia e all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge, si dice che le quote eccedenti il limite del 3 per cento, come ha accennato Lei, non comportano diritti né dividendi. Lei dice: «Queste norme sono efficace incentivo per favorire una rapida e completa mobilizzazione delle quote». Tutt'altro. Io penso esattamente il contrario, poiché nell'ultima parte dello Statuto della Banca d'Italia, all'articolo 45, oltre che all'articolo 6, comma 5, lettera c), del decreto, è scritto che, in realtà, nel periodo transitorio di trentasei mesi si possono mantenere le quote senza diritto di voto, ma con riconoscimento dei dividendi.
  Questo non è un efficace incentivo. Io, come banca, tengo le quote per trentasei mesi, così maturo i dividendi e, anzi, mi rifaccio dei 900 milioni di euro che dovrò pagare per aver rivalutato di 7,5 miliardi di euro il capitale. Anche qui siamo a un rapporto 1 a 8.
  Apro un piccolissimo inciso. Anche dopo che Bankitalia riacquista le quote, stiamo parlando, a bocce ferme, di circa il 56 per cento e, quindi, di 4 miliardi che la Banca dovrà pagare per ricomprare le quote. Attenzione, perché, ai sensi degli articoli 10.1 e 11.1 dello Statuto della Banca d'Italia, l'Assemblea è valida se ci sono il 25 e il 33 per cento, rispettivamente ordinario e straordinario, del capitale. Le quote di Banca d'Italia valgono ai fini del capitale. In questo modo si rischia, però, di avere sempre le Assemblee valide e che possa decidere tutto l'unico socio che può intervenire e, quindi, avere diritto di voto.
  Con il cambio delle regole nella distribuzione degli utili lo Stato registrerà una diminuzione del gettito. Per esempio, con i risultati del 2012 di Banca d'Italia sono entrati nelle casse dell'Erario 1,5 miliardi e in quelle dei privati 70 milioni. Con le nuove regole, a bocce ferme, con il dividendo del 6 per cento, allo Stato andrebbero 1,1 miliardi e ai privati 450 milioni, con un ammanco di 370 milioni.
  Mi chiedo e le chiedo: e se l'utile di Banca d'Italia domani fosse di 500 milioni ? I 450 milioni andrebbero ai privati, perché, essendo loro stessi che decidono il dividendo e comunque dovendo riscuotere, o almeno riscattare, le tasse che hanno pagato sulla rivalutazione delle quote, mi sembra ovvio che lo porranno al 6 per cento. La domanda è: come pensa di giustificare di fronte ai cittadini questo ammanco ?
  Ho letto anche, sulla questione della percentuale dei dividendi, che prima poteva crescere illimitatamente e che ora è Pag. 9fissa. Prima cresceva illimitatamente, ma su 70 milioni. Ricordiamoci che, a colpi di 450 milioni, per arrivare ai 7 miliardi impiegheremo vent'anni.
  Pongo un'ultima domanda e poi mi taccio. Come si conciliano le sue dichiarazioni inerenti la speranza di vittoria di forze antieuropeiste alle prossime elezioni con l'apertura all'ingresso nel capitale azionario di Banca d'Italia a società comunitarie ? Vedremo poi come la clausola di italianità può essere «bypassata».
  Oppure, di converso, se ci dice che lei è europeista perché, dato che l'Europa ce lo chiede, non copiare il modello della Bundesbank, della Banca d'Inghilterra, della Banca di Spagna o della Banque de France, le quali sono interamente pubbliche ?

  GIOVANNI SANGA. Brevemente, Ministro, vorrei, se fosse possibile, un approfondimento sulla questione, tanto rilevante, del nuovo regime fiscale sulle plusvalenze introdotto con gli ultimi provvedimenti. Questo nuovo regime fiscale che cosa determinerà in termini di difformità di gettito rispetto a quello che si è realizzato nella legge di stabilità sulla plusvalenza relativa alla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia ?

  ITZHAK YORAM GUTGELD. Io avevo una domanda, anzi, in realtà due domande collegate che riguardano l'effetto, sicuramente positivo, della rivalutazione delle quote sul rafforzamento della patrimonializzazione delle banche.
  La prima è una domanda di chiarimento. Vedo nella relazione che è stato escluso l'utilizzo della rivalutazione delle quote ai fini dell’asset quality review. Non ho capito se questo riguarda anche gli stress-test che seguiranno.
  Passo alla seconda domanda. Visto che questa operazione consiste in un rafforzamento significativo del patrimonio delle banche – aggiungo io, purtroppo forse non esattamente quelle che avrebbero bisogno di maggior capitale – chiedo se avete previsto, non necessariamente all'interno di questo decreto-legge, che si avvia verso l'approvazione, ma anche fuori da questo contesto, un impegno delle banche a trasferire questa maggior capitalizzazione, in termini generali, in benefici per il sistema delle imprese.

  GIROLAMO PISANO. Anch'io ringrazio il Ministro per la sua presenza in Commissione, e aggiungo che vorremmo poterlo vedere un po’ più spesso, se fosse possibile.
  Riprendo il tema dell'italianità appena accennato dal mio collega Barbanti. Sostanzialmente, al Senato si è tentato, con una modifica, di limitare la possibilità di acquisto delle quote azionarie a quotisti italiani, agenti sul mercato italiano. Il problema della quota di controllo degli azionisti, ossia di coloro che acquisirebbero le quote, è un ulteriore problema. Per esempio, BNL, pur essendo una banca formalmente italiana, è detenuta, dal punto di vista dell'azionariato, da soggetti francesi. C’è ancora questo problema, dunque, non l'abbiamo risolto. Vi chiedo che cosa pensate di fare per preservare l'italianità dei futuri azionisti.
  Inoltre, nel caso in cui dovessimo riuscirci, questa italianità non potrebbe essere un problema proprio per l'Unione europea, ai sensi, tra gli altri, anche dell'articolo 4 del Trattato, visto che staremmo violando la possibilità di circolazione delle azioni ?

  GIOVANNI PAGLIA. La prima cosa che mi verrebbe da chiedere al Governo, ma più che altro alla Commissione, a futura memoria, è quale sia la ragione per cui si è proceduto per decreto. Francamente, anche nella relazione di oggi io non ho intravisto alcuna ragione per questa scelta. Non vedo alcuna ragione di urgenza o di necessità. Vedo, invece, nella relazione e nel dibattito che sto ascoltando, tante ragioni di approfondimento e la forte necessità che il Parlamento abbia il tempo necessario per discutere.
  Ci viene chiesto, infatti, di intervenire, come Parlamento, in una settimana, sul riordino della banca centrale del Paese. Io credo che questo non sia corretto. Lo dico Pag. 10apertamente. Non è corretto nei confronti del Parlamento e anche dell'effettività del suo ruolo, anche perché avendo poco tempo si rischia anche di commettere errori.
  La prima domanda che intendo fare è come il Governo giudichi, senza limitarsi a dire che è stato il Senato ad imporla, la previsione secondo cui solo le banche nazionali possono entrare nel capitale. Francamente, si dice che la Banca viene adeguata alle regole di mercato rispetto al trasferimento delle quote. Io ho sentito dire negli ultimi anni che il mercato è fondamentalmente europeo, non nazionale. Non vorrei ritrovarmi a dover tornare su questo argomento con le Istituzioni comunitarie, che fra tre mesi ci potrebbero obbligare a cambiare idea, perché non sarebbe una bella figura per l'Italia.
  Consideriamo che spesso gli emendamenti vengono rigettati o incontrano pareri contrari. Io capisco che in questo momento i nazionalisti fanno paura, che si abbia paura a mettere in discussione queste questioni, ma si fa ancor più danno lasciando andare avanti situazioni sbagliate. La prima domanda, quindi, è se non si ritenga che questa decisione sia quanto meno avventata.
  La seconda domanda riguarda sempre l'urgenza. Se una ragione di urgenza, anche se un po’ opportunistica, potevo vederla, riguardava esattamente l'aumento del patrimonio delle banche quotiste ai fini delle valutazioni di adeguatezza patrimoniale delle stesse banche che in quest'anno verranno fatte. Se viene detto che, invece, la rivalutazione del capitale della Banca non avrà alcun effetto sul patrimonio delle banche quotiste, la questione dell'urgenza deve essere spiegata ancora meglio. Vorrei anche capire perché ciò non avrà effetti sulla valutazione patrimoniale.
  La terza domanda è perché si sia scelto, a partire da una posizione comunque di forza dello Stato, di aumentare il livello dei dividendi. Non capisco quale sia l'interesse pubblico a favorire una circolazione di queste quote sul mercato. Non lo vedo, non c’è interesse pubblico che domani Banca Intesa sia incentivata a passare di mano il suo 3 per cento residuo. Non c’è interesse pubblico. Ci sarebbe, invece, interesse pubblico, per le ragioni che venivano esposte, a tenere bassi i dividendi distribuiti al settore privato, perché in automatico sono maggiori i dividendi che rimangono all'Erario.
  Anche da questo punto di vista vorrei capire la situazione. Sicuramente delle ragioni ci saranno, ma vorrei capire dove sia l'interesse pubblico, che dovrebbe essere la nostra unica finalità.
  L'ultima domanda è la seguente: rispetto ad una privatizzazione, chiamiamola così, anche se può non essere il termine giusto o, comunque, ad una messa sul mercato delle quote, io mi chiedo sulla base di quale ragionamento si sia scelto di delimitarne l'acquisibilità solo a istituti finanziari, assicurazioni e fondi. Lo dico in modo molto chiaro: perché un privato cittadino, piuttosto che ENI, non può entrare nell'azionariato di Bankitalia ? Non c’è nessuna ragione per escluderlo, se parliamo di mercato.
  Non c’è nessuna ragione. In termini di libertà di mercato e di costituzionalità, nonché di rispondenza al normale ordinamento, perché permetterlo solo alle banche e alle assicurazioni ? C'era una ragione, quando ciò fu deciso in passato, di imporre solo alle banche e alle assicurazioni pubbliche di entrare nell'azionariato, ma oggi perché rifare tale scelta ? Se sono azioni, si comprano e si vendono.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Affronto il tema della patrimonializzazione. Di solito, quando un'azienda vuole ricapitalizzarsi, chiede capitale ai propri soci. In questo caso a me sembra un po’ assurdo che si operi un trasferimento dalle riserve al capitale, anche perché vorrei ricordare che il presidio a tutela dei rischi è composto sia da capitale, sia da riserva.
  La proprietà della riserva di chi è effettivamente ? Dovrebbe essere pubblica e, quindi, se le riserve sono pubbliche, come spiegherete all'Unione europea e alla Bundesbank che un'operazione di questo Pag. 11tipo non si configura come aiuto di Stato a favore delle banche ?
  In tema di ripatrimonializzazione e di signoraggio, praticamente tutti gli utili e le riserve provengono dal diritto di signoraggio o, se volete, dalle funzioni pubbliche in regime di monopolio. Non possono essere trasferiti ai soci, ma solo allo Stato.
  La relazione dei tre saggi ha evidenziato che è necessario modificare le norme che disciplinano la struttura proprietaria per chiarire che i partecipanti non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca derivanti dal signoraggio. D'altronde, il Governatore Visco, in audizione, l'ha confermato a sua volta. In questo decreto, però, il Governo non prevede esplicitamente l'integrale destinazione pubblica di quanto derivante, direttamente o indirettamente, dal diritto del signoraggio.
  Pertanto, le chiedo: come intendete stimare la quota parte degli utili derivanti dal signoraggio, evitando che tali proventi finiscano erroneamente in mano a banche private ? Una volta stimati e scorporati questi utili, come pensate di ottenere il famoso livello del 6 per cento dei dividendi senza aumentare il livello di rischio degli investimenti ?

  FERDINANDO ALBERTI. In merito alla legge n. 262 del 2005, leggo proprio dalla sua relazione, a pagina 6, che «l'applicazione della legge avrebbe reso necessaria una radicale riforma dell'ordinamento dell'Istituto per tutelarne l'indipendenza». Era una questione difficile. «Si è, quindi, preferito lasciare inalterato l'assetto attuale e proporre l'abrogazione della norma in discorso». Si vede che era difficile, ma si è preferito lasciare inalterato. «Si è scelto di preservare una natura privatistica dell'assetto proprietario dell'Istituto e riaffermare il divieto di ingerenze nelle funzioni ...»
  Quello che io capisco è che esisteva una legge che diceva una cosa, che era difficile applicarla e che, quindi, è stato deciso di non applicarla. Mi può chiarire questo concetto ? Diciamo anche agli altri cittadini che le leggi, se sono difficili da applicare, non si applicano. Tutto qui.

  DANIELE PESCO. Signor Ministro, dalla rete ci arrivano moltissime sollecitazioni in merito alla Banca d'Italia. I cittadini stanno perdendo fiducia perché pensano che questa Istituzione li debba tutelare, che debba tornare pubblica e che sia la prima, dopo Parlamento e Governo, chiamata a garantire l'articolo 47 della Costituzione, che io mi sento onorato di leggere in questa sala, come commissario, in un momento tanto critico per cittadini, Stato e sistema bancario. L'articolo 47 recita: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese».
  Signor Ministro, i cittadini chiedono solo questo. Chiedono che venga incoraggiato e tutelato il risparmio di tutti e non gli interessi delle poche banche partecipanti al capitale sociale della Banca d'Italia. Con il decreto n. 133 voi state realizzando un passaggio di liquidità dalle riserve della banca centrale a quelle dei soci. Con la rivalutazione delle quote tramite la distribuzione dei dividendi e la possibilità di vendere le quote avverrà questo, e anche in poco tempo. I cittadini non lo possono tollerare. Voi cancellate, inoltre, con questo decreto, la norma che obbliga lo Stato a riappropriarsi della Banca d'Italia.
  Signor Ministro, signore e signori della maggioranza, il Movimento 5 Stelle in questi mesi ha subìto – e penso che «subìto» sia proprio la parola giusta – troppi decreti-legge da parte di un Governo che forse ha abusato eccessivamente di questo strumento. Il Movimento si è da sempre comportato in modo civile, a volte con toni un po’ forti, ma ha sempre proposto emendamenti a favore dei cittadini. Ora, però, non può accettare le scelte contenute in questo decreto in merito alla Banca d'Italia, scelte, per di più, legate al ricatto della cancellazione della seconda rata IMU per garantire un voto favorevole da parte delle opposizioni.Pag. 12
  Per questo motivo chiedo a lei e alla maggioranza qual è la vostra posizione in merito alla richiesta del Movimento 5 Stelle di sopprimere gli articoli del decreto-legge riferiti alla Banca d'Italia. Signor Ministro, noi assicuriamo la nostra piena cooperazione nel prosieguo dei lavori del Parlamento se riuscirete ad accogliere questa semplice, risolutiva e, se accettata, unica richiesta.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Nella sua relazione, signor Ministro, lei ha giustamente evidenziato che rimane inalterato il meccanismo di retrocessione dell'utile netto all'Erario, introducendo un tetto massimo. Vorrei capire se ci sono anche previsioni di riduzione dei dividendi che la Banca d'Italia verserà all'Erario in futuro.

  MATTEO COLANINNO. Mi riferisco alla legge n. 262 del 2005, che Lei ha citato nella sua relazione. Questa legge, come ricordato dal testo della sua relazione, prefigurava il trasferimento della proprietà del capitale della Banca allo Stato. La domanda che le faccio è se questa legge, dato che tale elemento non è contenuto nella relazione, stabiliva anche la tempistica con cui si doveva realizzare la riforma sostanziale del trasferimento della proprietà dai partecipanti, dal sistema bancario, allo Stato, con o senza un congruo indennizzo, il che è un altro punto rilevante. Soprattutto volevo capire se la normativa del 2005 prevedesse dei termini e se questi termini avevano una perentorietà, posto che oggi siamo nel 2014 e che a tutt'oggi questa legge del 2005 non ha trovato applicazione.
  La mia valutazione è assolutamente positiva rispetto alle indicazioni che Lei ci ha fornito oggi in Commissione. Al di là degli effetti positivi sulle entrate e sulle finanze pubbliche, io trovo assolutamente fondamentale il fatto che oggi il sistema bancario italiano rafforzi anche attraverso questa misura i propri coefficienti patrimoniali. Tutti noi sappiamo quanto questo sia rilevante anche sugli effetti sistemici, dal momento che stiamo attraversando una lunga crisi finanziaria.
  Trovo anche assolutamente coerente il fatto che venga prevista una diffusione dei partecipanti all'Assemblea del capitale della Banca, posto che da sempre, nella sua tradizione secolare, la Banca d'Italia ha avuto un rapporto di totale indipendenza sia nell'azione del Governatore, sia nell'azione del direttorio, sia nell'esercizio della propria funzione di vigilanza e di banca centrale.

  CARLA RUOCCO. Contrapponendo le due misure legate al decreto, si vede come si deroghi in maniera allegra all'articolo 3 dello Statuto del contribuente. Da un lato, esso prevede un determinato anticipo da parte dello Stato sul quantum che il contribuente deve versare. Dall'altro lato, però, c’è una grandissima attenzione per la salute del sistema bancario. I due interessi sono contrapposti in maniera molto netta.
  La mia domanda, però, è un'altra. Ricollegandomi all'ultima frase del Ministro, ossia al fatto che questa operazione contribuirebbe a rafforzare la capacità di finanziamento dell'economia reale, in realtà il Ministro come pensa che si possa garantire questo automatismo ? In genere, quando le banche ottengono un vantaggio dal sistema, difficilmente lo riversano in automatico sull'economia reale. Differentemente, quando sono in sofferenza, stringono subito il cappio sull'economia reale.
  Inoltre, chiedo se, proprio alla luce di questo aspetto, non sarebbe stato forse più opportuno iniziare un percorso, piuttosto che di questo tipo, proprio per la tutela dell'economia reale, ossia una separazione bancaria tra banche commerciali e banche di investimento. Che cosa pensa il Governo in questo senso ? È intenzionato a percorrere questa strada ed, eventualmente, con quali tempi ?

  PRESIDENTE. Non so se vi siano altri colleghi che desiderano intervenire. Volevo fare anch'io un paio di considerazioni e porre un paio di domande al Ministro. Sull'IMU ho una considerazione. Su Bankitalia una considerazione e due domande.Pag. 13
  Per ciò che riguarda l'IMU, c’è un punto politico di fondo che non può essere eluso nel rapporto con i parlamentari e con i cittadini. Il Governo si era impegnato per la cancellazione totale della tassazione sull'abitazione principale. Dati e fatti alla mano, noi constatiamo che per il 2013 il Governo non è riuscito a cancellare totalmente la tassa sulla prima casa, come è del tutto evidente.
  Signor Ministro, è difficile accettare la filosofia secondo la quale, per quanto riguarda ciò che rimane da pagare per il 2013, si tratta di importi modesti. In tempi di crisi anche gli importi modesti sono pesanti e tutt'affatto modesti. Anzi, gravosissimi sono gli elementi di caos, incertezza e confusione, che hanno un costo elevatissimo, determinato da tale vicenda.
  Va peggio ancora per il 2014, perché, come è noto, attraverso una serie di provvedimenti, tra cui la legge di stabilità, la tassazione sulla prima casa è di fatto tornata sotto falso nome, attraverso la componente TASI. C’è, dunque, un'ulteriore confusione, come ciascuno può constatare.
  Addirittura, poiché il tema, un po’ in solitudine, da alcuni di noi viene posto, osservo che la situazione peggiora ancora nel 2015, quando le aliquote raggiungeranno livelli letteralmente stellari. Sull'abitazione principale saranno del 6 per mille. Invito ciascuno a pensare al 2015, quando rischieranno di esplodere le incaute clausole di salvaguardia, in cui ci sarà la tassazione sull'abitazione principale, e invito ciascuno a farsi uno scenario.
  Vengo alla parte del decreto relativa a Bankitalia. Anche su questa svolgo una considerazione e pongo due quesiti. La mia è una considerazione che rivolgo al Governo, ma anche a tutti i Gruppi parlamentari.
  C’è un presupposto che io mi auguro sia chiaro al Governo e a tutti i parlamentari: guardiamo le cose, se possibile, da presbiti, più che da miopi. Cerchiamo di guardare lontano. Tra qualche anno, comprendiamolo adesso, quando l'opinione pubblica valuterà quello che è successo ora, verrà chiesto conto al Governo, ai ministri e ai parlamentari di oggi come si sono regolati su questa operazione. La mia valutazione è che rispetto non al principio, ma alle modalità con cui il principio è stato declinato, le modalità tecniche prescelte e le conseguenze che si determinano, una parola sarà usata fra qualche anno, signor Ministro, ed è la parola «regalo». È bene che ciascuno abbia in mente oggi la parola che leggeremo domani e che sarà affiancata al nome del Governo e dei parlamentari che avranno elargito questo regalo.
  Passo alle due domande. La prima è rivolta al Governo, ma anche ai Gruppi della maggioranza. Io esprimo fortissima contrarietà rispetto alla scelta dello strumento del decreto-legge. Dov’è la necessità, l'urgenza, la straordinarietà ? Perché privare il Parlamento e il Paese di una discussione ampia e adeguata, che non può consumarsi in un fazzoletto di giorni ? Da questo punto di vista, non solo il mio Gruppo, o anche altri, come ho positivamente ascoltato, ma, io credo, anche il buonsenso e la ragionevolezza suggeriscono – in questo momento mi levo i panni di rappresentante dell'opposizione e parlo davvero da cittadino e da parlamentare, rivolgendomi a tutti, maggioranza e opposizione – di sopprimere tutta la parte su Bankitalia e di rinviare tutto alla discussione di una proposta di legge che consenta tempi adeguati.
  Passo alla seconda domanda. Non nascondiamoci. Conosciamo il limite del 3 per cento, la tempistica, i soggetti che possono intervenire. Sappiamo anche, però, che sarà difficile trovare concorrenti medi o medio – piccoli che intendano concorrere al regalo per i loro concorrenti più grandi. Esiste, dunque, il rischio – io temo la quasi certezza – che prima o poi la stessa Banca d'Italia finirà per ricomprare le sue stesse azioni.
  C’è un piccolo dettaglio, però: oggi il prezzo complessivo delle quote della Banca è di 156.000 euro. Domani quanti miliardi saranno, complessivamente ? Questa differenza, signor Ministro, o, se Lei Pag. 14preferisce, questo spread, sarà il tema dei prossimi anni, sarà il tema del regalo e sarà, io credo, anche la misura dell'indignazione dei cittadini e dell'opinione pubblica.

  MARCO CAUSI. Mi consenta, Ministro, ma, visto che il Presidente della Commissione, onorevole Capezzone, ha svolto un intervento da esponente di Forza Italia e non da presidente di Commissione, anch'io mi permetterò di svolgere un intervento da esponente del Partito Democratico e non soltanto da relatore. Non l'avrei fatto se il Presidente Capezzone avesse svolto un intervento di taglio diverso.
  A me sembra – voglio lasciare solo questa considerazione – molto singolare che a parlare siano gli esponenti di Forza Italia, che sono coloro che hanno determinato la difficoltà del Governo in materia di finanza locale, portando avanti una demagogica e populistica ipotesi di abolizione dell'IMU sulla prima casa per tutti, mentre sarebbe bastato continuare a far pagare l'IMU al 30 per cento delle unità immobiliari più ricche degli italiani. Avremmo mantenuto il 70 per cento del gettito e non avremmo creato al Governo e, in particolare, al Ministero dell'economia, tutte le difficoltà di percorso che il Ministro ha dovuto affrontare in questi ultimi mesi.
  Mi sembra, dunque, molto singolare che proprio gli esponenti di Forza Italia, che hanno determinato con questi obiettivi politici «sbagliati» le difficoltà del Ministro dell'economia, adesso si arroghino il diritto di criticare il Ministro stesso. Guardino dentro se stessi e guardino le contraddizioni politiche che essi stessi hanno introdotto dentro il Governo, della cui maggioranza adesso, peraltro, non fanno più parte.
  Ho terminato. Ora parlo da relatore e le chiedo soltanto una cosa. A me pare di capire che in questa discussione, purtroppo, anche la nostra conoscenza della storia d'Italia e delle questioni storiche italiane sia molto approssimativa. Vuole brevemente, nell'introdurre le sue risposte, spiegare a questa Commissione perché storicamente lo Statuto della Banca d'Italia non è come quello della Bundesbank o della Banca di Francia, ma è più simile a quello della Federal Reserve ?
  Prima del 1936 la Banca d'Italia era pubblica ? Dal 1860 in poi come si è formata la Banca d'Italia ? Qualcuno lo sa, qui dentro ? Ci vuole spiegare perché, a un certo punto, persino negli anni Trenta, prevalse l'idea che fosse meglio avere una Banca d'Italia a un braccio di distanza dal Governo e, quindi, garantire e presidiare l'indipendenza dell'Istituto bancario centrale, ponendolo in una condizione di governance che non fosse gerarchicamente sottoposta al Governo ?
  Perfino negli anni Trenta, quando prevaleva in Italia, come ho ricordato, un Governo fortemente statalista e dirigista, è avvenuto questo. Anche quel Governo fortemente statalista e dirigista pensò che fosse meglio preservare la Banca d'Italia, lasciandole un braccio di distanza – come si dice in termini anglosassoni, arm's length – per garantire l'autonomia e l'indipendenza di questa importantissima tecnostruttura.
  Io credo che ci sia bisogno anche di un minimo di prospettiva storica. Se Lei ci aiuta a riacquistarla, credo che potremo procedere nella discussione più facilmente.
  Le voglio soltanto ricordare, come avevo già riferito ieri al Sottosegretario Baretta, che, come relatore, io avevo rivolto una domanda al Governo. Potremo avere la risposta solo dopo aver esaminato gli emendamenti. Io continuo a chiedere al Governo se ritenga possibile, alla luce della necessità e dell'urgenza di approvare questo decreto senza correre il rischio che esso decada – voglio ricordare a tutti che, se questo decreto decade, chiameremo gli italiani a pagare l'IMU seconda rata e credo che nessuno lo voglia – che, se sugli altri elementi di questo decreto dovessero emergere in sede di valutazione degli emendamenti, singole specifiche proposte che, pur non modificandone l'impianto, lo migliorano, si possa prendere un impegno politico fra Governo e Parlamento per attuare queste singole specifiche modifiche in successivi provvedimenti.Pag. 15
  Sto pensando anche ad alcuni elementi che emergeranno in sede di discussione dell'articolo 2 e, quindi, alle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico e al riferimento che in quell'articolo si fa alle norme cosiddette del condono edilizio.

  PRESIDENTE. I commissari hanno esaurito le loro domande e i loro interventi in questa fase. Cediamo ora la parola al Ministro, che immagino vorrà reagire a ciascun punto.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, Presidente. Ringrazio i membri della Commissione per le domande molto puntuali e specifiche che hanno sollevato, alle quali cercherò di rispondere nei limiti di tempo che ho nel modo più preciso possibile.
  Non voglio entrare nel merito del problema dell'urgenza dello strumento, ma credo che su questo si sia già espressa in precedenza la Commissione Affari costituzionali. Io ho cercato di spiegare quali sono, secondo me, i criteri di urgenza da un punto di vista della politica economica.
  Per quanto riguarda la Banca d'Italia, vorrei richiamare un fatto: lo stato di incertezza circa la valorizzazione e la valutazione delle quote di capitale è un profondo elemento di incertezza. La stessa Banca d'Italia – credo che il Governatore l'abbia spiegato chiaramente nella sua audizione – ha chiarito che, poiché ogni banca valuta queste quote di capitale nel modo che ritiene più opportuno, chi al costo, chi ipotizzando che tutto il signoraggio accumulato in oltre cento anni di storia sia in realtà di proprietà dei quotisti e, quindi, a cifre assolutamente elevate, questo stato di incertezza ha indotto la Banca d'Italia a escludere in modo totale dal livello del patrimonio cosiddetto di vigilanza delle banche partecipanti le proprio quote.
  Questo è un elemento di incertezza, soprattutto, lo ripeto, nella fase in cui ci stiamo avvicinando alla vigilanza unica europea, che diventerà permanente. Il fatto che questo elemento non venga tenuto in conto nell’asset quality review che viene fatta adesso non significa che non se ne terrà conto in futuro.
  Comunque, se c’è una legislazione che prevede già che il capitale possa essere valorizzato e che in futuro possa essere eliminato il filtro prudenziale della Banca d'Italia, evidentemente questo influenza la valutazione della patrimonializzazione delle singole banche, se non a livello di una fase specifica e iniziale del processo, certamente nel prosieguo. Io ritengo che eliminare questo elemento di incertezza fosse assolutamente importante. Durava da molto tempo e in merito c'erano state proposte provenienti dal mondo bancario, ma anche dal mondo politico.
  Il Presidente Capezzone mi perdonerà se io ricordo che un autorevole esponente del Popolo della Libertà, il movimento di cui il Presidente faceva parte, aveva proposto, per realizzare una manovra di finanza pubblica, di utilizzare la rivalutazione del capitale della Banca d'Italia per importi molto superiori. Era un tema del dibattito.

  PRESIDENTE. Ministro, il tema non è il principio, ma le modalità con cui questo accade e le relative conseguenze.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Io l'ho citato non per aprire una polemica, ma per precisare che era parte del dibattito pubblico, sul quale bisogna fare chiarezza. Io credo che il tema meritasse di essere gestito in tempi certi. Ritengo che, peraltro, nel dibattito pubblico sussista l'esigenza che, per alcuni tipi di provvedimenti che riguardano materie molto delicate, se non si vuole ricorrere al decreto-legge, ci debbano essere comunque tempi certi per garantire che il dibattito si concluda in un arco di tempo prevedibile.
  Il problema non è, come diceva l'onorevole Barbanti, quello delle percezioni. Noi non ci preoccupiamo delle percezioni. Ci preoccupiamo del grado di incertezza e di capacità di svolgere in maniera efficiente la propria funzione da parte di un segmento importante del sistema economico Pag. 16italiano, qual è il sistema bancario. Esso è soggetto a mille pressioni dall'interno e dall'esterno e si trova a dover gestire una situazione di crisi dalla quale complessivamente è uscito senza far ricorso alla mano pubblica, se non in casi assolutamente eccezionali. Questo era un punto che noi ritenevamo di dover affrontare in questa fase, proprio prima che, lo ripeto, si andasse in sede europea con un nuovo meccanismo di vigilanza.
  Dopodiché, con riferimento al problema della ripartizione dei dividendi, cui molti membri della Commissione hanno fatto riferimento, e del fatto che si sia trasferita parte delle riserve ai quotisti, complessivamente l'ammontare delle riserve che viene trasferito ai soci è una parte non eccessivamente grande del capitale e delle riserve della Banca d'Italia. È stato calcolato, come ho accennato, tenendo presente che, se la Banca d'Italia non avesse adottato in passato un meccanismo di ripartizione degli utili e dei dividendi severo e cauto come ha fatto, l'ammontare trasferito ai quotisti, anche mantenendo l'importo nei limiti consentiti dalla legge e dallo Statuto, sarebbe stato effettivamente di 7,5 miliardi. Questa è la cifra che è stata richiesta.
  Non c’è un regalo di somme che non erano di pertinenza dei quotisti della Banca d'Italia. In un certo senso è stato dato loro ciò che è stato mantenuto a riserva dalla Banca d'Italia, soprattutto negli anni in cui essa non faceva parte di un accordo europeo come quello attuale e, quindi, il livello di patrimonializzazione della banca centrale veniva considerato come un presidio a fronte del crescente debito pubblico del sistema Italia.
  Oggi l'aver fatto questo tipo di operazione in un certo senso normalizza questo tipo di rapporto. La Banca d'Italia nel confronto europeo appare oggi come una delle banche centrali più capitalizzate, più patrimonializzate. Il sistema, di per sé, è solidaristico e mutualistico e, quindi, non c’è questa effettiva esigenza. C’è, invece, un'esigenza di tenere conto degli effetti sul grado di patrimonializzazione delle banche.
  Diversi membri della Commissione hanno fatto riferimento alla legge precedente, la n. 262 del 2005. Io vorrei chiarire un punto: non è vero che questa legge non è stata attuata dalla Banca d'Italia perché è una legge complicata. La legge non è stata attuata dallo Stato. La legge attribuiva al Governo dell'epoca, che la volle e la introdusse, la facoltà di nazionalizzare la Banca d'Italia. Avrebbe dovuto pagare una cifra che, posso immaginare, sarebbe stata dell'ordine probabilmente di 5-6 miliardi, da dare alle banche. Il problema non si sarebbe risolto in questa maniera. Avrebbe potuto naturalmente confiscarla e non pagare assolutamente nulla, ma questo sicuramente non sarebbe stato consentito nell'ambito delle leggi europee e del Trattato di Maastricht.
  La ragione per cui tale legge non è stata attuata non ha assolutamente a che vedere con il ruolo della Banca d'Italia. Il problema che la Banca d'Italia si è posta, quello cui ha fatto giustamente riferimento l'onorevole Causi, è che abbiamo fatto una scelta, più di cento anni fa, a favore di un ordinamento che tenesse separata, se possibile, dal controllo del Governo la banca centrale.
  La banca centrale nasce con lo scandalo della Banca romana ai tempi di Crispi e di Giolitti, quando la Banca romana, che era una delle banche centrali del Regno d'Italia, faceva un'emissione doppia di biglietti di banca con lo stesso numero di serie. Con questa cartamoneta obiettivamente falsa finanziava poi tutta una serie di attività di carattere parapolitico.
  In quest'ottica, si è voluto tenere separato il ruolo della Banca d'Italia. Questo assetto, come ho detto nella mia relazione, è stato vagliato molto attentamente al momento dell'entrata in vigore del Trattato di Maastricht dalle autorità europee ed è stato ritenuto perfettamente coerente con l'obiettivo di assicurare l'indipendenza, l'autorevolezza e la capacità di intervento della banca centrale, preservandola da qualsiasi forma di ingerenza da parte di organi diversi.Pag. 17
  In questo contesto, io non ho detto che non vogliamo rispettare le leggi. Dico semplicemente che ricreare in un contesto completamente diverso i sistemi di sicurezza dell'indipendenza della banca centrale avrebbe richiesto un esame molto più complesso. Sicuramente l'idea di agire lasciando invariato l'assetto, ma eliminandone gli aspetti sgradevoli, come il fatto che c’è stata questa concentrazione delle quote di capitale nelle mani di poche banche – un'accusa che è stata continuamente rivolta alla Banca d'Italia è quella di essere controllata dai vigilati che, quindi, potevano influire sulla sua attività di vigilanza – ci ha indotto ad adottare questo tipo di provvedimento.
  Io credo che il problema, da questo punto di vista, non si ponga. Mi riferisco al punto sollevato dall'onorevole Pesco, il quale richiamava la legge del 2005 e chiedeva perché non fosse stata attuata. Questa era la mia risposta.
  Vorrei ora intervenire su altri punti. Sul problema dell'italianità francamente nella mia relazione il testo originariamente diceva che la proprietà è aperta a tutti gli intermediari europei, in linea con le normative europee, nonché con il punto che è stato posto anche dall'onorevole Paglia. Io credo che quello che abbiamo scritto adesso sia un testo più aperto, che non entra nella materia. Il testo attuale non impedisce a intermediari di origine straniera di acquisire le quote della Banca d'Italia, ma non c’è alcun automatismo. I presìdi di onorabilità non solo delle persone che dovrebbero sedere nel Consiglio superiore della Banca d'Italia, ma anche delle società e degli intermediari che ne volessero diventare azionisti, è assicurato dai presìdi che abbiamo introdotto.
  Non ricordo quale membro della Commissione l'avesse sollevato, ma io credo che il problema sia che chi ha quote superiori al 3 per cento perde sia i diritti di voto, sia i diritti economici. Le quote di dividendi che spetterebbero al di sopra di tale limite vengono messe a riserva. Io non ho problemi da questo punto di vista. Voglio spiegare, però, perché non è ipotizzabile che a regime ci sia una situazione in cui l'inoptato e una quota significativa del capitale rimangano nelle mani della Banca d'Italia. Io credo che, per effetto della maggiore attrattività, dal punto di vista finanziario, dello strumento e delle regole che disciplinano il possesso del capitale e l'utilizzo dei diritti, questo processo dovrebbe realizzarsi in tempi relativamente brevi.
  Noi abbiamo avuto negli anni indicazioni molto forti da parte di operatori finanziari che avevano un grande interesse ad acquisire partecipazioni e attività finanziarie a basso rischio, come sono certamente quelle della Banca d'Italia, con un livello di redditività sufficiente e superiore a quello normalmente percepibile sui titoli cosiddetti privi di rischio.
  Per contro, come ho detto, non c’è alcun obbligo di distribuire un dividendo di 450 milioni, indipendentemente dal livello dell'utile della Banca d'Italia. Io credo sia ben chiaro che il processo è sempre stato questo: il bilancio della Banca d'Italia viene redatto dalla Banca d'Italia stessa e gli organi assembleari hanno soltanto la funzione di approvarlo. Viene concordata con il Governo la quota di dividendi e di tasse che vengono pagate.
  Da questo punto di vista, io ritengo che non ci siano rischi di una depauperazione del capitale della Banca d'Italia. Anzi, come ho detto, avendo adesso un sistema che pone un limite all'ammontare dei dividendi e assumendo che la Banca d'Italia possa avere utili veramente eccezionali, c’è comunque un tetto massimo. Esiste, quindi, un meccanismo di rafforzamento garantito della base patrimoniale della Banca.
  C’è un ultimo punto che vorrei sollevare, a cui hanno fatto riferimento l'onorevole Gutgeld e l'onorevole Ruocco. In questo provvedimento di legge non c’è una norma che obbliga i quotisti che ricevono una maggiore valorizzazione delle loro quote di partecipazione a farne un uso particolare. Tuttavia, come ho accennato anche al Senato, abbiamo da tempo in discussione con la Banca d'Italia la possibilità di accompagnare questi provvedimenti con altri che stabiliscano strumenti, Pag. 18regole e procedure affinché le banche utilizzino queste sopravvenienze per meccanismi di sostegno al credito, in particolare alle piccole e medie imprese, o per concorrere alla formazione di meccanismi per assorbire le sofferenze accumulate dalle banche.
  L'auspicio che io ho formulato anche nella mia relazione è quello che la soluzione di questo problema, che, come ripeto, ha per lungo tempo reso incerte le banche su quale fosse la valorizzazione definitiva degli strumenti finanziari che avevano nel loro portafoglio, possa dar luogo a un'accoglienza favorevole a queste idee che la Banca d'Italia sta sviluppando. Esse potranno creare gli strumenti per accelerare il riflusso del credito all'economia, una volta completato il processo di rivalutazione del capitale.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, se Lei e tutti i Gruppi siete d'accordo, approfittando della presenza del Ministro, che non è sempre qui per impegni assolutamente inderogabili, e vista l'eccezionalità del decreto, che mi sembra condividiamo un po’ tutti, le volevo chiedere se possiamo fare una deroga alle procedure standard delle audizioni e magari svolgere un secondo giro di domande o chiedere qualche approfondimento particolare su alcune domande rimaste inevase.

  PRESIDENTE. La mia valutazione è che ciò sia molto opportuno. Mi auguro che il Ministro si renda disponibile. Mi sembra molto opportuno anche perché vi sono ancora alcune questioni sul tappeto rispetto al primo giro di domande, se ho annotato bene. Suggerirei, ma chiedo la disponibilità del Ministro, di potergli rivolgere almeno una domanda per Gruppo.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Io credo di dovere una risposta alla questione di natura procedurale che era stata sollevata dall'onorevole Causi.
  Per l'attenzione che questo provvedimento ha suscitato, non solo in Italia, ma anche a livello europeo, con il parere della Banca centrale europea, nonché per gli impatti, in termini di incertezza, che un rinvio o la mancata conversione del decreto potrebbero avere sulla situazione del sistema bancario italiano, io sono favorevole acché il decreto sia convertito nei tempi previsti.
  Se ho capito bene il suggerimento dell'onorevole Causi, si chiedeva se ci fosse una disponibilità da parte del Governo, in una sede successiva, a riprendere alcuni punti sui quali sarebbe comunque necessario raggiungere un consenso, in particolare sui temi relativi all'articolo 3. In merito non ho particolari problemi.

  PRESIDENTE. Do nuovamente la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Devo chiedere a tutti di rimanere entro il limite di quaranta secondi.

  ITZHAK YORAM GUTGELD. Volevo fare una precisazione, più che una domanda.
  Visto che il collega Pesco ha paventato un rischio per la tutela dei risparmi dei cittadini, idea che, a quanto pare, proviene dalla rete, volevo solo specificare che questo decreto, che può essere discusso e anche criticato per tanti aspetti, su questo versante, al limite, crea maggior sicurezza, non minor sicurezza. Considerato che i risparmi degli italiani sono presso le banche che saranno maggiormente capitalizzate, l'intervento rafforzerà la tutela del risparmio degli italiani e non l'opposto.
  Invito solo a evitare allarmismi inopportuni.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Presidente, se Lei mi consente, vista la brevità delle domande, io preferirei rispondere subito a ciascuno.
  All'onorevole Gutgeld rispondo immediatamente che lo ringrazio per aver colmato una lacuna. Io ritengo che l'ordinamento attuale, il quale garantisce che la banca centrale è indipendente e, quindi, non sia viziata da interventi di parte di Pag. 19alcun genere e assicuri una vigilanza indipendente e autonoma, mirata all'obiettivo generale di mantenimento della stabilità del sistema bancario, sia la migliore garanzia dell'attuazione del dettato costituzionale.
  Negli anni ciò è stato sempre interpretato in questo modo. La Banca d'Italia non è un organo di rango costituzionale, perché la Costituzione non la menziona tra tali organi, ma la tutela del risparmio è una finalità sancita, tutelata e protetta dalla Costituzione. L'organo che si occupa di questa finalità in Italia è la Banca d'Italia. Anche nella storia di questi anni turbolenti di crisi, in cui c’è stato effettivamente un test molto severo sulla capacità degli organi di vigilanza di tutelare la stabilità del sistema bancario, io credo che il record della Banca d'Italia sia stato assolutamente tra i migliori sulla scena internazionale.
  Ricordiamo che il livello di intervento pubblico a sostegno delle banche, in Italia, si misura in una frazione di un punto percentuale di PIL, laddove è stato di decine di punti di PIL in Paesi come la Germania, la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Spagna e il Regno Unito. Questo è uno dei grafici che io sventolo continuamente, quando vado all'estero, e mostro qual è la quota di aiuto pubblico alle banche.
  Nella fattispecie, l'aiuto pubblico che abbiamo concesso a una banca italiana non è un regalo e non è un aiuto a fondo perduto. È, invece, un prestito sul quale la banca paga un tasso di interesse del 9 per cento annuo. Lungi dall'essere un regalo da parte del contribuente a una banca, questo è un tasso penalizzante, che mira a rendere più celere e forte il processo di ristrutturazione e di risanamento della banca.
  Nella misura in cui poi, come ricordava l'onorevole Gutgeld, c’è un rafforzamento del sistema bancario attraverso il meccanismo di rafforzamento della patrimonializzazione, io credo che la tutela del risparmio sia senz'altro garantita.

  FABIO LAVAGNO. Vorrei solo ribadire, signor Ministro, che esistono tempi certi, dettati non solo dall'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza, ma anche dalla serietà dei rapporti che si possono avere, pur nel rispetto dei propri rispettivi ruolo e funzioni, tra maggioranza e opposizione. Lo dico a memoria di tutti noi. Forse questo strumento si potrebbe utilizzare in maniera più coerente, proprio per non sottrarre al dibattito parlamentare pubblico un elemento che, come credo tutti concordiamo, è senz'altro strategico.
  Sulla base delle risposte noto che c’è stato un attimo di incertezza generale rispetto alla questione dei trentasei mesi. In termini del tutto propositivi e per non dover dar ragione, con le differenze politiche che mi contraddistinguono da lui, al Presidente Capezzone, se siamo d'accordo che questo non debba essere un regalo, se questa è la volontà, consideriamo l'affermazione del Governo rispetto ai trentasei mesi. Dopodiché, anche i soci con la quota del 3 per cento decadono dalle varie possibilità.
  Prendiamone atto e lavoriamo, Governo, maggioranza e opposizione, su questa problematica. Altrimenti dovrei, mio malgrado, dare ragione all'onorevole Capezzone, in quanto si tratterebbe, in qualche modo, di un regalo.

  PRESIDENTE. Questo assorbe anche il richiamo non al regalo, ma al «regalone», in relazione al rischio di riacquisto, rispetto al quale io capisco che non c’è alcuna risposta possibile. Infatti, non c’è stata. Parlo del rischio che ci sia un riacquisto da parte di Banca d'Italia delle proprie quote non a 156.000 euro, ma a qualche miliardo di euro. Credo che tutti, Governo e Parlamento attuali, o meglio, chi voterà il provvedimento, saranno chiamati a rispondere del «regalone».

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Riguardo alla prima domanda che avevo fatto, ovvero al fatto che, quando un'azienda vuole ricapitalizzarsi, di solito chiede soldi ai soci, ho chiesto perché si facesse un trasferimento dalle riserve al capitale. Lei probabilmente mi ha risposto, Pag. 20poco fa, dicendo che ciò sarebbe stato fatto per aiutare a risolvere il problema delle sofferenze bancarie. È giusto ? Se questo fosse vero, rimane sempre la domanda che ho posto prima: come si fa spiegare all'Europa che questo non è un aiuto di Stato ?
  Alle altre domande non ho ottenuto risposta. Chiedevo: visto che tutti gli utili che provengono dal signoraggio o da funzioni pubbliche in regime di monopolio non possono essere trasferiti ai soci, e i tre saggi avevano evidenziato che questo era necessario, ma che nel decreto non si prevede l'integrale destinazione pubblica di quanto deriva, sia indirettamente, sia direttamente, dal signoraggio, le chiedo come intendete stimare questa quota parte degli utili, in modo tale che essa non finisca erroneamente in mano ai privati. Una volta stimata, come pensate di ottenere questi rendimenti al massimo al 6 per cento, visto che dovrete sicuramente aumentare il rischio degli investimenti ?

  PRESIDENTE. Ministro, preferisce rispondere subito o raccogliere le ultime domande ?

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Posso mandarle la mia per e-mail, se mi promette che mi risponderà il prima possibile e invierà la risposta a tutti i componenti della Commissione Finanze.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Provo a risponderle subito. Il punto di partenza è che Lei dice: se un'impresa non ha capitale, lo chiede ai soci. In questo caso abbiamo una situazione diametralmente opposta: la società ha tanti soldi. Ho detto che la Banca d'Italia è la banca centrale più capitalizzata d'Europa. I soci hanno azioni il cui valore non è noto, non è certo, tant’è vero che la stessa banca centrale non lo considera utilizzabile ai fini di vigilanza e, quindi, il problema è diverso.
  Il problema non è che la Banca d'Italia non ha soldi e li deve chiedere ai suoi azionisti. Lei ha detto che un'impresa che ha bisogno di capitale lo chiede ai soci. La situazione, in questo caso, è completamente diversa.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Li sta chiedendo all'altro socio, che è lo Stato.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Non è vero, perché vengono messi alcuni limiti alla distribuzione dei dividendi.

  PRESIDENTE. Scusate, colleghi, siamo entrati in una fase in cui stiamo svolgendo una sorta di question time superveloce. Esauriamo la risposta al collega Villarosa, signor Ministro, senza interruzioni da parte di altri.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Vorrei anche un minimo di attenzione generale.
  Come ripeto, il punto è questo: la stima degli utili della Banca d'Italia deriva dal signoraggio. Che cosa arriva dal signoraggio ? Non è un problema che si pone. La legge, come in passato, pone un limite, cioè dice che più di tanto comunque non può essere erogato ai quotisti.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa. Non facciamo un dialogo confuso. Qualcuno fa le domande, gli altri non sindacano sulla qualità delle domande e seguono le risposte del Ministro.

  GIROLAMO PISANO. Il Ministro ci ha confermato che si tratta di un trasferimento. Non ha voluto chiamarlo regalo. L'ha definito accettabile. Questa è la differenza di impostazione tra l'intervento del Presidente e il suo.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Io ho detto che viene trasferito in una misura che è la sommatoria dei profitti che le banche avrebbero avuto il diritto di ottenere se la Banca d'Italia non avesse adottato una politica di distribuzione dei dividendi estremamente cauta. Gli azionisti della Banca d'Italia che apportarono capitale Pag. 21nel 1936 per costituire la Banca hanno comunque, in un ordinamento di mercato, diritto ad avere una remunerazione del capitale. Tutto qui.

  GIROLAMO PISANO. Si esprimeva il concetto dei tempi certi per compiere la stessa operazione garantendo il ruolo del Parlamento, che in questo frangente non è stato rispettato. Su questa situazione io credo che ci sia unanimità, sebbene poi qualche parte accetti che questo non avvenga.
  In realtà, noi abbiamo elaborato una proposta, che avanziamo in Commissione, quella di non presentare emendamenti, se il testo viene stralciato. Dopodiché, si possono avviare dei procedimenti legislativi. L'utilizzo dell'esame in sede legislativa in Commissione darebbe la certezza al Governo di approvare un provvedimento legislativo in materia anche in meno di tre mesi. È un problema che non esiste.

  PRESIDENTE. Collega Pisano, questo è chiarissimo. Ricordo solo proceduralmente che lo stralcio non è possibile. Va fatta la soppressione. Occorrerà presentare, e immagino che diversi Gruppi lo faranno – il Presidente stesso lo farà – una proposta soppressiva. Chi vota «sì», vota «sì». Chi vota «no», vota «no».

  GIROLAMO PISANO. Sì, ma io mi sento di rassicurare il Governo e anche la maggioranza che esiste la strada per rispettare le prerogative del Parlamento.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Mi consentirà di dire che su questo ho già risposto. Ho detto che, secondo me, poiché vi è l'esigenza di assicurare certezza, una diversa soluzione che intervenisse in questo momento, anche la soluzione da Lei proposta, creerebbe problemi di incertezza per questo provvedimento e per le sue ripercussioni a livello internazionale.

  GIROLAMO PISANO. Lei sta dicendo che non si fida del Parlamento.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. No. Se una normativa adottata con decreto-legge e già entrata in vigore viene stralciata in alcune sue parti, secondo me questo genera incertezza di per sé. Non è questione di fiducia nel Parlamento o no.

  PRESIDENTE. Va bene, signor Ministro. Ripeto ancora che non di stralcio si tratterebbe, ma eventualmente di soppressione.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Ministro, le parlo, da una parte, da tecnico, avendo fatto ragionamenti tecnici, con il buonsenso del padre di famiglia, e, dall'altra, compiendo i ragionamenti che potrebbe fare un investitore qualunque, che persegue solo l'utile.
  Abbiamo visto che questa discussione non ha risolto molti nodi. Io non voglio porre nuovamente le domande. Comunque ci sono problemi riguardo alle modalità dello spostamento, alla definizione di signoraggio, ai mancati introiti per lo Stato e alla rivalutazione stessa. Lei sa che la BCE ci ha criticato perché sostiene che il modello di rivalutazione del capitale di Banca d'Italia è basato su ipotesi congetturali. Abbiamo anche problemi sull'italianità dei quotisti.
  Non voglio andare oltre. Mi sembra che tutti siamo ben contenti di parlarne. Le assicuro, e prendo l'impegno davanti a tutti i Gruppi, che, con la soppressione degli articoli 4, 5 e 6, i quali, perdonatemi, intendono solo riscrivere lo Statuto di Banca d'Italia, si conferirebbe molta più importanza al Parlamento italiano agli occhi degli stranieri. Il Parlamento italiano è, infatti, l'organo deputato a legiferare su queste tematiche.
  In tale ipotesi io le assicuro che, iniziando la discussione in Assemblea di questo provvedimento il 21 pomeriggio, il 22 essa si concluderebbe, in modo che il 23 il provvedimento potrebbe essere trasmesso al Senato ed essere approvato in via definitiva il 24. Su questo non ci sono dubbi. L'importante è dare al Parlamento la possibilità di legiferare sulla Banca d'Italia.

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  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Questo significa che poi dovremmo ripresentare un disegno di legge al Senato su tutta la parte riguardante la Banca d'Italia ?

  MATTEO COLANINNO. Intervengo perché non ho compreso la questione del periodo transitorio. Se, da una parte, è vero che una dilatazione eccessiva dei tempi può essere, in un certo senso, criticabile, dall'altra, dato che noi ci troviamo oggi in presenza di una concentrazione del capitale da diffondere molto acuta, un periodo transitorio troppo ristretto complicherebbe la situazione per diffondere le quote ad altri istituti, i quali dovrebbero recepire una parte oggi molto concentrata.
  La seconda domanda che le pongo riguarda una questione tecnica. Noi oggi siamo di fronte a un capitale sociale di 156.000 euro. I partecipanti al capitale sociale, a mio giudizio, nelle loro valutazioni, non detengono solo pro quota quei 156.000 euro, ma anche le riserve e tutto ciò che non è stato distribuito.
  Quindi, è del tutto evidente, a mio giudizio, che occorresse un'indicazione certa. Non è possibile, oggi, considerare negli attivi, ancorché non validi ai fini della vigilanza di chi partecipa al capitale della Banca d'Italia, una quota che non comprenda il valore delle riserve. Chi è socio della Banca d'Italia lo è sia per quanto riguarda il capitale sociale, sia per quanto riguarda tutto il resto del patrimonio netto.
  La questione del regalo, a mio giudizio, è molto attenuata. Se io sono socio di un Istituto per il suo capitale e in questi anni la distribuzione degli utili è stata molto misurata, io possiedo il capitale sociale più il mio pro quota di patrimonio netto, o comunque lo chiamiate.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Mi pare utile la precisazione dell'onorevole Colaninno, alla quale io aggiungerei il fatto che, effettuando una valutazione certa delle quote di capitale della Banca d'Italia e, quindi, ponendo termine all'incertezza che vi è gravata finora, noi abbiamo impedito che una singola banca potesse dare l'impressione, con una sua valutazione autonoma, ai suoi azionisti e ai suoi depositanti di essere molto più forte di quanto in realtà non fosse.
  Da questo punto di vista mi pare che, come ho detto in apertura, la mancanza di certezza sul valore delle quote di capitale sia un fattore che andava corretto con urgenza. È stato trascurato per tanti anni, ma adesso questo Governo ha ritenuto che non fosse più tollerabile tralasciare questa questione, anche – lo ripeto per la decima volta – nel momento in cui stiamo entrando in un'ottica di vigilanza europea.

  ENRICO ZANETTI. Signor Ministro, Scelta Civica condivide l'impianto dell'intervento anche per quanto riguarda Bankitalia. Devo dire che molti dei dubbi che sono stati esposti oggi hanno la stessa fondatezza di quelli che abbiamo ascoltato, per esempio, ieri in Aula relativamente al Fiscal Compact. Quando si dice che questa regola determinerebbe vent'anni di manovre da 50 miliardi l'anno, se ne dà una lettura chiaramente sbagliata, esattamente come una lettura sbagliata è alla base di molte domande che sono state fatte qui oggi.
  Ciò detto, per Scelta Civica ci sono, però, due punti che meriterebbero di essere valutati in termini modificativi. Uno è già venuto fuori, ed è quello legato all'eliminazione, fin da subito, senza attendere la conclusione del periodo transitorio, dei diritti economici relativi alle quote eccedenti il limite del 3 per cento.
  Il secondo punto è legato alla norma che prevede l'acquisizione di quote proprie, ancorché per le meritorie finalità di agevolare la distribuzione delle stesse, da parte di Bankitalia.
  Questi sono gli unici due punti su cui noi vorremmo invitarla a una riflessione, essendo più che disponibili anche a ragionare, eventualmente, in termini di modifica successiva, ove nel contesto di questo stesso provvedimento non fosse possibile farlo per questioni di tempi tecnici.Pag. 23
  Prima di avviare questa discussione però ci piacerebbe sapere se su questi due punti vi è una disponibilità e un'apertura del Governo a ragionare su un impianto che, lo ripeto, per quanto riguarda Scelta Civica, per il resto va bene.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Nello specifico, io vedo che il testo in discussione, al comma 5 dell'articolo 4, dice che «ciascun partecipante non può possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore al 3 per cento. Ai fini del calcolo delle partecipazioni indirette si fa riferimento alle definizioni di controllo dettate dagli ordinamenti di settore dei quotisti». Si aggiunge poi: «Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia».

  PRESIDENTE. Il problema è rappresentato dai trentasei mesi.

  FABRIZIO SACCOMANNI, Ministro dell'economia e delle finanze. Il periodo transitorio di trentasei mesi, come aveva osservato l'onorevole Colaninno, è stato introdotto perché si riteneva che, data l'ampiezza della manovra finanziaria sottostante, un lasso di tempo più lungo fosse necessario. Io credo che, per le ragioni che ho ricordato prima, ossia la redditività dello strumento e il fatto che la Banca d'Italia si possa porre come intermediario temporaneo per facilitare lo scambio di queste partecipazioni, un periodo più breve fosse sufficiente.
  Ripeto, vorrei evitare di dover ritornare su questo tipo di provvedimento nella conversione di questo decreto, ma, come ho già detto prima, non vedo problemi a ribadire anche all'onorevole Zanetti che possiamo vedere di concordare se ci sono questioni specifiche sulle quali possiamo intervenire nuovamente in un momento successivo. Non c’è una preclusione in merito da parte del Governo.

  PRESIDENTE. Io credo che possiamo ringraziare il Ministro. Speriamo di rivederci presto. Buon lavoro a tutti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della relazione consegnata dal Ministro (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.35.

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