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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 12 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, in materia di dispersione scolastica (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 
Rossi Doria Marco , Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca ... 3 
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 
Carocci Mara (PD)  ... 3 
Galan Giancarlo , Presidente ... 5 
Bossa Luisa (PD)  ... 5 
Rocchi Maria Grazia (PD)  ... 5 
D'Ottavio Umberto (PD)  ... 7 
Chimienti Silvia (M5S)  ... 8 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 8 
Santerini Milena (PI)  ... 8 
Marzana Maria (M5S)  ... 8 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 9 
Rossi Doria Marco , Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca ... 9 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, in materia di dispersione scolastica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, in materia di dispersione scolastica.
  Saluto e ringrazio il sottosegretario Rossi Doria per la sua presenza odierna, e gli do la parola.

  MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Mi pare di ricordare che ci fossero stati vari interventi l'ultima volta, diverso tempo fa, e che ci fossero degli iscritti a parlare. Poi interrompemmo. Io sono qui attento a prendere appunti per poi replicare.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARA CAROCCI. Sottosegretario, io ho visto con interesse i dati che lei ci ha fornito e rilevo che ci sia la necessità di analizzarli bene per comprendere il fenomeno.
  Per esempio, io ho visto il dato negativo della Liguria. Mi sono fatta una mia opinione, che però andrebbe meglio indagata. Ho pensato che questo dato negativo sia probabilmente legato a un aumento esponenziale dell'immigrazione che c’è stato in questi ultimi anni in Liguria. Contemporaneamente, però, c’è stata una diminuzione e soprattutto un'incertezza dei finanziamenti, in particolare di quelli ex articolo 9 sulle cosiddette aree a rischio.
  Dal 2009 al 2011 i dati sono peggiorati: è aumentata la dispersione, è aumentata probabilmente l'immigrazione ed è aumentato il numero dei bambini e dei ragazzi di seconda generazione che arrivano nelle nostre scuole, che magari hanno già fatto la scuola primaria in Italia, ma che non riescono a raggiungere risultati positivi.
  Infatti, il dato negativo, per la mia esperienza vissuta, riveste tutti gli aspetti che sono stati citati, come i ritardi, le assenze, le ripetenze e gli abbandoni. Anche quando non vi è un vero e proprio abbandono, c’è però un sommarsi di tutti gli altri elementi. Questo avveniva già nella scuola secondaria di primo grado, ma adesso si stanno verificando casi di abbandoni e di studenti ripetenti addirittura nella scuola primaria.
  Comunque questo dato non è legato solo agli stranieri, ma anche agli italiani. Parliamo sempre delle stesse aree che vedono sia situazioni di immigrazione forte, sia di disagio complessivo.Pag. 4
  La mia impressione è che questo sia dovuto a carenze della scuola, ma anche a difficoltà delle famiglie, che vanno aiutate. Ci sono famiglie in cui si lavora e non si riesce a controllare i figli, con mamme che escono di casa la mattina, alle sette, e tornano a mezzanotte, ragion per cui i figli non vanno a scuola o ci vanno in ritardo. Ci sono genitori che non hanno autorevolezza, perché spesso i figli vengono «deportati» in Italia dopo essere stati cresciuti da nonne e zie e si ritrovano in situazioni familiari che non riconoscono. A scuola è difficile organizzare i corsi di italiano per stranieri L2, sia per un primo livello di uso, sia, ancora di più, per la lingua d'uso nello studio. Sono difficoltà che vengono dalle diverse età, dalle diverse provenienze, dal diverso grado di conoscenza della lingua italiana. Quali potrebbero essere gli interventi ? Innanzitutto occorrono interventi verso le famiglie, per aiutarle nella presa in carico della situazione e per far capire loro, prima ancora che facciano venire i figli, quali sono le difficoltà che si troveranno ad affrontare.
  Personalmente ho provato, per esempio, a fare rete anche con i consolati, ma con poco successo. Bisogna insegnare loro le regole che stanno alla base della nostra scuola e della nostra vita sociale. Un importantissimo supporto è quello dei mediatori linguistici che, però, ultimamente, con i tagli che ci sono stati ai fondi degli enti locali, vengono sempre più ridotti.
  Esiste il problema di riuscire a riunire queste famiglie proprio per gli orari di lavoro che hanno. Noi abbiamo difficoltà ad aprire la scuola di sera e a coinvolgere il personale.
  Ci vuole costanza negli interventi: non progetti spot, ma stabilità nei percorsi e finanziamenti regolari e certi. Per gli interventi sistematici c’è bisogno di questo. Se pensiamo che i fondi delle aree a rischio, dello scorso anno, non sono ancora stati pagati, è un po’ difficile immaginare che le scuole possano progettare per quest'anno o per quelli futuri.
  Ci vogliono sia una governance delle risorse sia degli interventi fra tutti gli attori sia una valutazione degli esiti che, finora, non c’è stata – molto spesso – a livello locale e a livello scolastico. Fondi ne sono arrivati, anche al privato sociale, con il quale si collabora e si deve lavorare, ma una verifica di come questi soldi siano stati spesi e, soprattutto, di quali esiti abbiano sortito non c’è.
  Non sono valutazioni tanto difficili a livello territoriale o di scuola. Basta vedere quanti alunni sono stati coinvolti, quanti di questi hanno migliorato la frequenza e l'atteggiamento scolastico, quanti sono stati promossi – e quanti no – per capire se un intervento è stato positivo oppure non lo è stato.
  Bisognerebbe capire, per esempio, che cosa ha funzionato a Bolzano, in Puglia, in Campania, in Lombardia, visto che, in quelle zone, i dati sono progressivamente in diminuzione. I dati positivi e anche quelli negativi, da quello che ho visto, si ritrovano in regioni del Nord, del Centro e del Sud. Non si tratta di motivazioni esclusivamente territoriali. Cerchiamo di capire che cosa ha funzionato e cerchiamo di esportarlo.
  Io ho poi notato nella mia esperienza lavorativa una diversa possibilità di accesso ai fondi. Mi sono trovata – spesse volte – in riunioni con altre regioni in cui il collega della Puglia mi diceva: «Io tengo la scuola aperta tutto il giorno», ma aveva i fondi PON; i colleghi del Friuli-Venezia Giulia mi dicevano: «Io ho soldi per fare una data cosa», ma la loro è una regione autonoma; i colleghi del Veneto mi dicevano: «Il mio è un comune costiero, ha un sacco di soldi, me li danno e io li posso utilizzare». In Emilia-Romagna la regione, per esempio, ha dato alle scuole i fondi per gli istituti professionali. In Liguria non vi è nulla di tutto ciò.
  Allora io mi chiedo: non potrà essere anche questo uno dei motivi per cui la dispersione si è alzata ? Bisogna rivedere in modo equilibrato anche l'accesso ai fondi.
  Sul problema dell'anagrafe svolgo solo una breve notazione. Il sindaco è l'autorità responsabile, ma è difficile poi farlo intervenire e anche stabilire quali sono le procedure da seguire se il ragazzino evade Pag. 5l'obbligo scolastico. Bisogna agire sull'Autorità garante della privacy per quanto riguarda i dati, ma anche sulle scuole. Per esempio, per le prove INVALSI si deve richiedere tutta una serie di dati che, poi, possono essere funzionali anche all'anagrafe e che servono a studiare la dispersione: il titolo di studio dei genitori e via elencando. Tali dati venivano richiesti, ma le scuole spesso si opponevano. Bisogna spiegare che questi dati servono. Sarebbe utile creare una condivisione. Mi risponderà in seguito, sottosegretario.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carocci. Non è stata propriamente sintetica, ma completa e apprezzabile.

  LUISA BOSSA. Signor sottosegretario, in un'intervista rilasciata tempo fa lei ha detto che la lotta alla dispersione scolastica, l'accesso al tempo pieno e gli asili-nido sono temi connessi alla povertà, che vanno affrontati insieme. Inoltre, in questo stesso articolo di stampa lei riflette sul fatto che l'analfabetismo funzionale di massa ha ripreso ad accompagnare e a rafforzare l'esclusione sociale.
  Atteso, come lei stesso ha ricordato varie volte, che la scuola non può tutto, mi sembra evidente – anche dai suoi scritti precedenti l'impegno di governo – che tutto passi per la scuola.
  Quando le chiesero con quali soldi fare queste cose, la sua risposta fu: «Sarebbe ora di dire che almeno un terzo di una patrimoniale sia dedicata ai nostri bambini e ragazzi più poveri e che tali fondi, gestiti localmente, abbiano però un sistema di monitoraggio nazionale, ad un tempo rigoroso e partecipativo». Io le chiedo: visto che dopo la sua esperienza da docente ed esperto di politiche educative e sociali, dopo avere enucleato così bene analisi e proposte, lei ha avuto l'opportunità di andare al Governo, come ha tradotto finora e come intende tradurre, se intende farlo, quell'ambiziosa teoria, in realtà ?

  MARIA GRAZIA ROCCHI. Grazie al sottosegretario e anche all'onorevole Santerini, che ha promosso quest'audizione. Il fatto di poterne discutere in Commissione permette veramente di mettere in luce il fenomeno della dispersione scolastica, come l'espressione più evidente dell'insuccesso formativo. Io sono preoccupata della dispersione scolastica e delle sue cause, ma vorrei che si comprendesse effettivamente come il non arrivare al conseguimento del titolo di studio sia solo una parte del fallimento formativo. Insieme a questo noi assistiamo a fenomeni altrettanto gravi, che sono segnalati dai ritardi, da quello che io chiamo il «turismo scolastico». Mi riferisco al balletto dei ragazzi, dei giovani che passano da un indirizzo a un altro, soprattutto nel primo biennio del secondo ciclo di istruzione. Questo denota una ricerca di opportunità di successo che altrimenti i ragazzi non trovano in altri canali: cercano le scorciatoie per passare, poi, al conseguimento di un titolo spesso non correlato a competenze e saperi adeguati nei cosiddetti «diplomifici». Si tratta di un fenomeno che abbiamo ben presente e che ci crea notevoli difficoltà. È un altro sintomo della dispersione.
  Nella relazione – la ringrazio veramente, sottosegretario, della sintesi che riesce a fare di studi anche recenti intorno alla dispersione e, soprattutto, alle cause della stessa – viene messa in evidenza la correlazione stretta tra disagio socioeconomico – generalmente associato a un'eredità culturale bassa di tipo familiare – e tendenza all'abbandono. Si nota, infatti, radicata la convinzione che il titolo di studio non sia importante per la propria affermazione sia professionale sia anche, purtroppo, personale.
  Non è, tuttavia, la sola ragione. Le ricerche mettono in campo anche altri fattori. Molto spesso la perdita di infrastrutture, la povertà di infrastrutture territoriali viene associata come prima causa di dispersione, proprio in regioni come la Sardegna, con l'assenza di mezzi di trasporto e la polverizzazione della popolazione in ambiti territoriali non adeguatamente serviti da infrastrutture. Idem si Pag. 6potrebbe dire per molte realtà montane. Anche questa è una delle cause della dispersione.
  O, ancora, la dispersione è legata a specifiche storie familiari, alle biografie dei ragazzi, in genere associate alla loro vita di sradicamento dai territori, quando sono trasportati e trasferiti in altre realtà.
  Molto frequente – e molto più sottile – è la causa di ordine sociale e culturale, cioè il fatto che in periodi differenti il valore istruzione venga considerato nella gerarchia dei bisogni, nella gerarchia delle conquiste, come una delle conquiste inferiori, da sottovalutare. Ben altre possono essere le ragioni del successo: l'immagine, il denaro e via elencando: quasi sempre, questi fattori culturali muovono all'interno di quelle aree del disagio socioeconomico cui originariamente si faceva riferimento.
  Un po’ tutte queste ragioni le andiamo a toccare con mano. Per diversi anni io ho curato il riorientamento di alunni cosiddetti drop-out, che avrebbero seguito percorsi di istruzione e formazione integrata. In quasi tutte le analisi che venivano fatte su questi giovani esisteva una narrazione del proprio vissuto molto drammatica: la scuola era fonte di dolore e spesso questo dolore non era accompagnato da un rinforzo positivo, da un incoraggiamento, da un sostegno; era un dolore vissuto in solitudine. Quando si riusciva a rimuovere le cause di questa sofferenza e a portare a galla il talento dei ragazzi, incominciava la via per un nuovo corso. I ragazzi vivevano una nuova possibilità, perché la vivevano insieme. Da ciò il successo di alcune strategie.
  Volevo tornare al contesto di partenza. Mi interrogo un po’ su questo punto e vorrei anche su ciò, se fosse possibile, poter approfondire alcune indagini.
  Se il disagio socio-economico, cioè la perdita di coesione, è la causa prima dell'insuccesso formativo nella sua accezione più vasta, non solo in termini di dispersione, ma anche di povertà di competenze acquisite al termine di un ciclo, mi domando se una situazione economica e sociale come quella che stiamo vivendo possa determinare un riacutizzarsi, nel futuro, di un fenomeno come quello che stiamo studiando. Il trend è positivo, alcuni interventi ci indicano un'inversione di tendenza, ma come monitoriamo in continuo questa situazione e come evitiamo che ciò che viviamo, oggi, diventi futura dispersione per il domani ?
  Guardate che, se la scuola non ha strumenti adeguati, ciò che noi non riusciamo a controllare oggi avrà un effetto moltiplicatorio in seguito. I giovani che abbandoniamo saranno i futuri genitori che, a loro volta, abbandonano. Questo è esattamente il contrario di quello che una scuola democratica, in un Paese democratico, vorrebbe realizzare. Lei lo cita bene qui: la mission della nostra scuola è quella di cercare di rimuovere le condizioni dello svantaggio, non di dilatarle.
  Concludo, domandandomi se noi veramente abbiamo fatto una valutazione di quali siano le leve principali su cui la scuola dovrebbe agire. Delle varie misure messe in essere nelle varie realtà, sia con i PON, sia con altri tipi di intervento, quali hanno dato maggiore efficacia e come esse si devono combinare per realizzare dei vantaggi ?
  Soprattutto, mi chiedo come si possa operare affinché queste misure diventino patrimonio stabile di un'organizzazione. Non possiamo andare avanti considerando questa un'emergenza e intervenendo, in continuo, con risorse e interventi emergenziali. Noi dobbiamo far sì che le esperienze maturate diventino patrimonio stabile di un'organizzazione, cioè che diventino la cultura di fondo di un'organizzazione scolastica. Per far questo abbiamo bisogno di interventi non spot, ma ripetitivi nel tempo, e soprattutto di poter contare su professionalità nuove, che in questo momento non esistono nelle scuole. Non voglio fare il libro dei sogni: alcune professionalità non è detto che esistano in una singola scuola, ma in reti di scuole e in organizzazioni più vaste debbono esistere. Non possiamo pensare che gli insegnanti e i dirigenti siano capaci di gestire, senza debite professionalità, problemi complessi.Pag. 7
  Laddove siamo intervenuti con i counselor siamo riusciti a tirar fuori quei vissuti e a poterci lavorare. Laddove siamo intervenuti con bravi orientatori siamo riusciti a fermare i fenomeni di turismo scolastico di cui le parlavo prima. Laddove siamo intervenuti con buoni operatori sul bilancio delle competenze abbiamo fatto emergere talenti che potevano essere valorizzati.
  Ripeto, queste buone esperienze ci sono. Devono entrare nelle scuole ed entrarci stabilmente, a mio avviso.

  UMBERTO D'OTTAVIO. Io credo che la discussione possa anche continuare. Sono molto contento di questa discussione e ringrazio chi l'ha avviata, perché mi sembra che le competenze presenti in questa Commissione ritrovino nell'argomento di cui stiamo parlando diversi punti di vista, ma soprattutto che la qualità degli interventi che si sono susseguiti potrebbe dare a quest'audizione una conclusione propositiva.
  Di questo argomento io mi sono sempre occupato, dal punto di vista degli enti locali. Secondo me, e come abbiamo visto anche dalla relazione del sottosegretario, la dispersione, oltre ad avere dati differenti nel nostro Paese, ha anche motivazioni differenti. Da questo punto di vista io trovo che sia molto importante, o almeno questa è la mia esperienza, avere una chiara alleanza tra enti locali e scuola. Secondo me, la scuola da sola non ce la fa. In collaborazione con gli enti locali si possono raggiungere i migliori risultati.
  Poiché devo essere breve, dico semplicemente una cosa: a me piacerebbe, per incentivare il raggiungimento degli obiettivi, ripetere un'esperienza che abbiamo fatto in un pezzo della provincia di Torino, dove abbiamo attribuito ai comuni che avevano raggiunto gli obiettivi di Lisbona il titolo di «comune istruito». Voi immaginate se, così come c’è scritto, quando si entra in un comune, «comune fiorito», ci fosse anche il cartello «comune istruito». Quel comune saprebbe – e documenterebbe – il fatto che i giovani del proprio territorio hanno raggiunto il livello di istruzione che ci si è proposti.
  Questo si può fare, perché fortunatamente non abbiamo numeri enormi. Abbiamo tanti comuni in cui spesso il sindaco o l'assessore conoscono tutti. Noi abbiamo fatto delle prove con i ragazzi di vent'anni di alcuni comuni. Ci sono comuni dove, per esempio, sono 100 i ragazzi di vent'anni. Si può sapere, così, se i ventenni di un comune hanno un diploma, una qualifica, oppure non ce l'hanno. Io credo che ci sia bisogno di quest'alleanza.
  Si è già parlato di scuola. Personalmente, ritengo che l'esperienza – la sintesi non aiuta – del registro elettronico, che è stato sempre visto come uno strumento per la comunicazione scuola-famiglia, dovrebbe rappresentare, invece, uno strumento in mano soprattutto ai dirigenti scolastici, per capire come va una classe, come si comporta un alunno, prima che scoppino i problemi. La scuola, spesso, si accorge delle assenze o delle difficoltà quando la situazione è conclamata. Noi dobbiamo avere gli strumenti perché ci possano essere le informazioni a disposizione della direzione dell'istituto.
  Ditemi voi se non è vero quanto, spesso, ci viene detto, ossia che, magari, è l'insegnante che non è attraente per lo studente. Di questo non possiamo accorgerci alla fine. Se in una classe la situazione è molto diversa da quella di un'altra classe, ci sarà anche qualche responsabilità dell'insegnante, o non c’è mai la responsabilità di nessuno da questo punto di vista ?
  Questo aspetto, secondo me, dovrebbe essere incrociato con una responsabilità che, per esempio, il comune potrebbe avere rispetto ai propri giovani: oggi, se un ragazzo non va in seconda elementare, vengono chiamati i genitori, ma dopo la terza media nessuno più si preoccupa se questo ragazzo va a scuola o meno. Non c’è proprio nessun sistema, se non c’è il comune che lo fa, in connessione con il volontariato.
  Io credo che bisognerebbe incentivare le modalità per raggiungere questo obiettivo, Pag. 8perché siamo un Paese nel quale c’è un dato generale, ma il dato generale è la somma di dati particolari. Incentivare le situazioni particolari a migliorare, come abbiamo visto anche con i fondi europei, è la via migliore.

  SILVIA CHIMIENTI. Sottosegretario, sarò brevissima. Vorrei semplicemente chiederle conto, in maniera molto diretta, dei criteri che stanno guidando e che hanno guidato la scelta nella ripartizione dei pochissimi fondi stanziati con il decreto-legge istruzione, 15 milioni di euro. Essi non incideranno per nulla, a nostro parere, sulla situazione che c’è in Italia, perché studi autorevoli dicono che per combattere efficacemente la dispersione scolastica dovremmo investire circa 2 miliardi di euro, riportando le risorse che c'erano precedentemente e che sono state sottratte in questi anni.
  Io le chiedo che cosa sta guidando questa scelta. Noi sappiamo che entro il 2020 dobbiamo raggiungere l'obiettivo della dispersione scolastica al di sotto del 10 per cento. Se abbiamo regioni, come la Lombardia, in cui c’è un 15 per cento di tasso di dispersione e altre, come la Sardegna, in cui c’è un tasso del 25 per cento, con una differenza anche fino a dieci punti percentuali, non sarebbe forse più opportuno distribuire i fondi in modo tale da diminuire questo gap così grande tra le varie regioni italiane, anche in vista dell'obiettivo che ci ha posto l'Europa ? Come è possibile che si scelga di ripartirli in base alla densità della popolazione scolastica ? Non è un criterio troppo semplicistico, che non tiene conto delle specificità, delle caratteristiche e delle esigenze delle diverse regioni italiane ?
  Inoltre, le voglio chiedere se c’è ancora margine per modificare queste decisioni, queste scelte, i criteri con cui verranno ripartiti effettivamente questi 15 milioni. Il fatto che ci siano stati dei fondi europei che sono già arrivati nel Mezzogiorno non credo sia una motivazione per stabilire che i 15 milioni vadano distribuiti in questo modo, in base alla densità della popolazione scolastica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MANUELA GHIZZONI

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Santerini, che ha chiesto una precisazione. Nel caso, però, più che al sottosegretario Rossi Doria, onorevole Chimienti, dovremmo essere interpellati noi in Parlamento, perché le norme del decreto di riparto sono contenute nel decreto-legge n. 104 del 2013, modificato da questa Commissione.
  Prego, onorevole Santerini.

  MILENA SANTERINI. Intervengo solo per ringraziare il sottosegretario e per ricordare che noi promuoveremo un'indagine conoscitiva, perché il fenomeno, come vedete, coincide, in un certo senso, con la qualità della scuola e dell'istruzione. Quando parliamo di dispersione nel senso più ampio, includendovi bocciature, ritardi ed evasione, oltre alla povertà di competenze, stiamo parlando di qualità della scuola.
  Forse, nelle audizioni io proporrei un metodo ragionato, ossia quello di audire i testimoni privilegiati già in base ai fattori diversi, agli aspetti diversi, agli approcci diversi di questo fenomeno. Sul piano organizzativo-normativo che cosa possiamo fare per contrastare la dispersione ? Che cosa ha funzionato ? Sul piano della qualità della didattica che cosa possiamo fare per contrastarla ? Che cosa ha funzionato ? Sul piano del rapporto col territorio e con le famiglie che cosa possiamo fare ? Sul piano dell'inclusione, dell'equità e della coesione sociale che cosa possiamo fare ? Occorre un metodo di interrogare, cercando già di tirar fuori dai testimoni delle indicazioni che ci aiutino a valutare meglio che cosa si è fatto e che cosa si dovrebbe fare.

  MARIA MARZANA. Vorrei più che altro sapere se il sottosegretario, nel fornire le risposte, terrà conto anche delle osservazioni svolte nella precedente seduta, in cui già tutti i Gruppi si erano espressi.

Pag. 9

  PRESIDENTE. Do ora la parola al sottosegretario Rossi Doria per la replica.

  MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Sì, sono un tipo un po’ noioso, che fa i compitini e, quindi, risponderò anche ai quesiti precedenti.
  Io volevo innanzitutto ringraziare l'onorevole Santerini e un po’ tutta la Commissione per questa grande occasione istituzionale. Comunque rimarrà agli atti, in termini di politiche pubbliche, che il Parlamento della Repubblica, nella VII Commissione della Camera, ha discusso in maniera aggiornata del più importante fenomeno di ingiustizia che il nostro Paese conosca da molti anni. Questo è un merito che va ascritto a questa Commissione e, io, a nome del Governo, vi voglio veramente ringraziare.
  Ho cercato di fornirvi una relazione esaustiva, perché vi era, almeno in me, la fortissima consapevolezza di quest'occasione e del fatto che tale tematica fosse agli atti. Voglio ricordare che l'ultima volta che questo avvenne fu quindici anni fa, quando la Commissione istruzione del Senato svolse un'indagine sulla dispersione scolastica ed elaborò un rapporto, con la famosa divisione tra fattori endogeni ed esogeni alla scuola. Noi, oggi, stiamo tutti insieme concludendo un lavoro che ha una sua importanza, a mio parere, simbolica e politica di notevole portata.
  La seconda questione – rispondo a tutti e rispondo anche a me stesso, poi ci ritornerò – è se ci sia un problema di risorse. Rispondo sia alle forze di maggioranza, sia alle forze di opposizione.
  Sì, c’è un problema di risorse. Voglio ricordare che all'inizio di questa legislatura vi fu un momento – io ero presente negli scranni del Governo – in cui tutti i Gruppi parlamentari dissero che era tempo di riprendere l'investimento nella scuola, finalmente, dopo un'interruzione che era durata qualche tempo, come tutti sappiamo. I Gruppi usarono come motivazione anche la lotta alla dispersione scolastica: tutti i Gruppi, nessuno escluso. Io mi alzai e dissi che questa era una buona notizia, una stagione nuova. Il fatto, quindi, che la VII Commissione lo ribadisca è molto importante.
  Passo ora a brevissime risposte a tutti gli interventi.
  L'onorevole Santerini ha posto varie questioni importanti. Si parlava della verifica di che cosa avvenga nelle azioni che, di concerto con le regioni, noi abbiamo fatto nelle quattro regioni Obiettivo.
  Una questione che abbiamo posto è il portfolio individuale. Noi abbiamo avuto nelle politiche pubbliche, in tutte le aree del Paese, troppe esperienze in cui si diceva: «chi sono i destinatari dei soldi per la dispersione scolastica ?». E la risposta era: «sono 45 persone, sono 50 persone». Poi siamo passati al punto di dire: «fornitemi i nomi», e c'era la lista dei nomi.
  Qui si sta cercando di capire le persone da quale punto partono e a quale punto arrivano. È molto faticoso far sì che questo avvenga, ma, oltre a quello della quantità delle risorse, c’è anche il problema della qualità delle risorse. Noi tutti dobbiamo essere consapevoli, onestamente, che spesso non è vero che la quantità si traduce in qualità. Non è vero. Bisogna, quindi, stare attenti a far valere nella pratica le risorse.
  L'onorevole Santerini, come altri onorevoli, ha già detto sostanzialmente tutto sul rapporto tra il sociale e la scuola, sia nel senso che la situazione sociale determina le difficoltà a scuola e la dispersione scolastica, sia nel senso che, proprio per questo, quando si vuole lottare contro la dispersione scolastica, vi deve essere una forte alleanza tra il privato sociale e tutti gli agenti di sviluppo di un determinato territorio. La scuola da sola, senza questa alleanza, fa molta più fatica o non riesce.
  L'onorevole Santerini ha posto la questione degli alunni rom, oltre che degli alunni stranieri. Su questo mi sento di dire che c’è un giro di boa e che il «Piano rom, sinti e camminanti» ha rappresentato, con obiettivi ben delineati, un punto di partenza.
  L'onorevole Coscia, giustamente – lo condivido – pone il problema decisivo, che Pag. 10io ho posto anche nella relazione individuale, dell'innovazione della didattica e dell'apertura di un'ulteriore articolazione della didattica. Bisogna uscire da un sistema «iperstandardizzato». Le risposte che si danno uguali per tutti, come diceva don Milani, sono le peggiori dal punto di vista della promozione dell'eguaglianza.
  Su questo punto bisognerà fare delle riflessioni – credo sia a questo che ci invitava l'onorevole Coscia – che non riguardino solo i ragazzi o i bambini dispersi o a rischio di dispersione, ma tutti. È come se questo fenomeno in qualche misura – bisogna prendere questo con le pinze – fosse anche un sintomo di un'iperstandardizzazione del nostro sistema di istruzione, che, nel guardare a tutti, ma a tutti nello stesso modo, rischia di non saper guardare a ognuno, che è poi anche la questione fondamentale.
  L'onorevole Coscia poneva anche la questione del rapporto tra i dati OCSE-PISA e le aree di massima concentrazione della dispersione scolastica. Purtroppo, anche qui, devo confermare l'intuizione proposta dall'onorevole Coscia, cioè che esiste una relazione tra dati di competenza alfabetica addirittura dell'insieme della popolazione e, quindi, anche dei genitori, dei nonni e di tutto il mondo adulto di una determinata area e il grado di dispersione scolastica di quell'area. Mi pare che questa sia una questione su cui, da tempo, per fortuna, si riflette.
  Al vicepresidente Capua avevo già risposto su una questione di dati.
  Mi pare che l'onorevole Marzana parlasse, già allora, della quantità irrisoria di soldi posta sull'articolo 7 del decreto-legge n. 104 del 2013. Io ero qui nelle serate in cui il decreto è stato esaminato. Conosciamo tutti la storia di questo decreto. Sappiamo tutti della difficoltà che il Governo e, in particolare, il Ministro Maria Chiara Carrozza, hanno avuto nel portare al Ministero dell'economia e delle finanze questo importante decreto, che questa Commissione ha fortemente contribuito a far diventare una legge della nostra Repubblica.
  Io non penso che le risorse siano irrisorie: penso che siano poche. Quei 15 milioni di euro si possono usare bene. Non sono sufficienti, ma questo non significa che non siano necessari e utilizzabili.
  La questione fondamentale che veniva posta allora, e su cui io sono d'accordo, è quella del tempo pieno. Sempre nel suo intervento lei ha posto la questione di un fondo d'istituto per il tempo pieno, come linea. Su questo noi abbiamo avuto molte esperienze negli ultimi decenni. Ci sono stati tempi pieni buoni e ci sono stati tempi pieni non particolarmente buoni. L'idea che adesso si faccia una sperimentazione per riaprire o erogare contributi per riaprire o, in altri casi, per mantenere la scuola aperta nel pomeriggio, così come dice l'articolo 7 del decreto-legge istruzione, è una ripresa, anche se piccola – su questo concordiamo e io l'ho già detto all'inizio – nella direzione da tutti noi auspicata.
  L'onorevole Fratoianni si poneva il problema di dove, nel dettaglio, avviene la dispersione. La mia risposta è che la dispersione avviene non solo per macroaree, ma anche per microaree, spesso all'interno di una stessa città.
  Non è vero – l'avevo già detto nella relazione, ma è importante ribadirlo – che tutto il Sud è ugualmente a rischio di dispersione, così come non è vero che tutto il Nord non ha problemi di dispersione. È vero, invece, che c’è una situazione a macchia di leopardo e che a determinare questa situazione a macchia di leopardo, così come ho cercato di spiegare nella relazione, sono dei macrofattori. Ci sono, però, anche dei microfattori.
  In merito, vorrei citare uno studio fatto da Piero Cipollone che ha elaborato i dati OCSE-PISA nel 2006. Non voglio arrivare a conclusioni, ma questo studio ci invita a riflettere sul fatto che le due peggiori scuole del Nord – per quanto riguarda i dati OCSE-PISA – sono molto vicine, in termini di dispersione scolastica, alle due peggiori scuole del Sud e così le migliori scuole del Nord e le migliori scuole del Sud, a parità di fattori di crisi endogeni e, Pag. 11quindi, sempre in quartieri paragonabili in base ai criteri di contesto, complessivamente presi in considerazione.
  Naturalmente, questo dato va sempre preso con le pinze, perché si tratta di questioni proprio ontologicamente complicate, come tutti sappiamo. Tuttavia, noi abbiamo una grandissima differenza dovuta proprio ad alcune competenze comunitarie di costanza e di politica delle scuole. Abbiamo i macrodati, che sono dovuti a tante questioni di povertà, ma poi c’è un elemento che può essere propulsivo di un'efficace ed efficiente lotta contro la dispersione scolastica e l'abbandono, e a favore della riuscita formativa, come io amo dire. Tale elemento è determinato da una competenza complessiva della scuola nell'articolare la propria proposta, nel lavorare con costanza, nell'innovare le didattiche, nell'interagire con il privato sociale e con le altre agenzie educative del territorio, nonché da tutte le altre questioni che sono state utilmente qui ricordate.
  Sui fondi strutturali sempre l'onorevole Fratoianni chiede come siano utilizzati. Come sappiamo tutti, tali fondi sono una prerogativa importante delle regioni. Sia il Fondo sociale europeo (FSE), sia il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) sono prerogative importanti delle regioni, naturalmente di concerto con lo Stato.
  Voglio ricordare che l'anno scorso, nei giorni 23-25 aprile, è stato siglato il primo passaggio importante, anche formale, della partnership tra l'Italia e l'Unione europea su questi fondi strutturali, per quanto riguarda il periodo 2014-2020. Furono costruiti dei tavoli in cui tutti gli enti locali e anche le rappresentanze importanti delle categorie – non solo di quelle solite, ma anche del privato sociale, dell'associazionismo e del volontariato – ebbero modo di esprimere le loro priorità. Una delle priorità su cui si espressero fu proprio la lotta alla dispersione scolastica.
  Le proposte che provenivano dalle regioni sono state anche molto diverse. Ci sono state regioni che hanno legittimamente sottolineato e stressato con più forza il fatto che la scelta dovesse andare nel senso di ottimizzare le risorse, concentrandole sulla transizione scuola-lavoro e, quindi, sulla formazione professionale e sull'orientamento dedicato largamente alla formazione professionale. Altre regioni, invece, volevano maggiore integrazione con il sistema delle scuole e lo vedevano più in termini di lavoro precoce e di sviluppo locale.
  Il nostro Paese – l'ho detto nella relazione – in effetti, fa fatica anche per via della costruzione che abbiamo, per il telaio che istituzionalmente esiste tra regione, Stato ed Europa, a pensare in maniera unitaria a politiche pubbliche secondo un'integrazione delle diverse questioni, che ci permetta di lottare contro la dispersione scolastica.
  L'onorevole Pes ha citato – così come è stata citata nell'ultimo intervento di oggi – la questione della regione Sardegna. La questione della dispersione scolastica in Sardegna, che io ho molto seguito in tempi abbastanza lontani, è emblematica della questione della dispersione scolastica nelle zone interne del Paese, che, come è stato anche da altri ricordato, presenta caratteristiche particolari. Da un lato, in Sardegna in special modo, essa ricalca una dispersione scolastica più tradizionale, quella che i più anziani tra di noi ricordano a cavallo tra gli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta. Dall'altro, mostra la difficoltà di tenuta del tessuto sociale nelle aree interne del Paese.
  Effettivamente, c’è bisogno su questo punto di una specifica politica. Adesso è in atto, come sapete, un lavoro sulle aree interne. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca siede a quel tavolo di lavoro. Io credo che un'ulteriore risposta positiva, anche sulla dispersione scolastica, possa intervenire per questioni di questo tipo. Dobbiamo seguire con attenzione questa problematica.
  Sempre l'onorevole Pes ha posto il problema del tempo pieno. Anche sul tempo pieno bisogna fare attenzione a realizzare un tempo pieno che, da un lato, tenga i bambini e i ragazzi in una situazione comunitaria ricca, affascinante, Pag. 12creativa e, dall'altro, sia capace di ricostruire le competenze di cittadinanza e le competenze alfabetiche funzionali.
  Pensare di tenerli a scuola senza una programmazione capace di tenere bene insieme questi due aspetti non è detto che sia la soluzione. Non è detto – ce lo dice l'esperienza non solo nostra, ma anche internazionale – che questa sia la soluzione. Un buon tempo pieno, e insisto su questo, è sicuramente funzionale; un tempo pieno sciatto non è detto affatto che lo sia.
  Onorevole Carocci, il caso ligure è un altro caso importante. A mio parere, la dispersione scolastica e il fallimento formativo sono sempre causati da più fattori. Rappresentano un pattern multifattoriale, un pattern in involuzione o in evoluzione, a seconda della situazione.
  Sicuramente nel caso ligure, come in altri casi, c’è la questione dell'immigrazione e c’è anche la questione della caduta dei finanziamenti agli enti locali. La crisi degli enti locali ha sicuramente limitato politiche che l'ente locale, in molte parti del Paese, nel Sud come nel Nord, aveva messo in atto – mi riferisco sia alle province, sia ai comuni, in particolar modo ai comuni – per arginare la dispersione scolastica. Avere meno soldi vuol dire che saltavano molti di quei programmi, molte di quelle possibilità. Questo era un altro elemento. Inoltre, c’è un indebolimento, nel caso ligure – ma, ripeto, anche in altri casi – della formazione professionale e dell'orientamento «pre» e «durante» la formazione professionale.
  Sì che ci vuole lo sviluppo locale, sì che ci vogliono le politiche integrali. Ci vuole anche quella che gli inglesi chiamano accountability, cioè dobbiamo sapere come vanno a finire le cose.
  Qui passo all'intervento dell'onorevole Bossa. Al netto della questione biografica personale, quello che mi sta dicendo e che ci sta chiedendo – credo di interpretare correttamente – l'onorevole Bossa è questo: dovevamo fare delle grandi politiche, ma non rischiamo di fare delle piccole politiche che non riescono veramente a essere all'altezza di questo compito, che tutti noi crediamo sia centrale per le politiche pubbliche, in generale, nel nostro Paese ? Ci voleva una grande politica e, invece, abbiamo una piccola politica.
  Personalmente, non rinnego l'ambizione a una grande politica su questo tema e non credo che la Commissione, il Parlamento e le forze politiche che tengono alla scuola, alla società italiana e alla coesione sociale debbano fare marcia indietro su questo. Al tempo stesso, la politica è l'arte del possibile. Noi, molto spesso, facciamo iniziative riparative insufficienti, ma, ciononostante, importanti.
  Che cosa si è fatto ? Abbiamo tentato, ma non siamo riusciti, con il decreto-legge n. 5 del 2012, cosiddetto semplificazione – parlo degli ultimi anni e in particolare degli articoli 50 e 51 – di dare più forza e spessore all'autonomia scolastica, la quale, dotata di più risorse, sarebbe una leva fondamentale, sempre d'accordo con gli enti sociali e gli altri attori del territorio, ovviamente, per aggredire in maniera sistematica e sul lungo periodo questa questione. Se le scuole, le reti di scuole, dentro il tessuto già presente di quei due articoli avessero allocato delle risorse: noi abbiamo fatto gli articoli e non abbiamo le risorse, ma gli articoli sono già qualcosa. L'autonomia funzionale responsabile delle scuole sarebbe una grande leva.
  Abbiamo tentato di fare ciò in questa stessa Commissione, nella passata legislatura. Alcuni dei componenti di allora sono anche attuali componenti e si ricorderanno le battaglie, le difficoltà e le sofferenze su questo tema. Secondo me, un «partito della scuola», come ho voluto chiamarlo prima, può ripartire da questo: comunque, qualcosa si è fatto.
  Le «Indicazioni nazionali per il curricolo» – ci tengo a sottolinearlo – hanno ribadito quali sono i traguardi e gli obiettivi per ciascun ragazzo. C’è un piano di formazione in atto. Tutta la letteratura internazionale ci dice che, se si impara presto e bene, questo è un punto a favore: questo l'abbiamo fatto.Pag. 13
  Quanto ai 50 milioni di euro che si stavano perdendo nelle regioni dell'Obiettivo convergenza e che si sono rimessi in cantiere, 50 milioni non sono, anche in questo caso, sufficienti, ma sono tanti, e anche l'articolo 7 del decreto-legge istruzione, su cui ritornerò, è importante.
  Sono, ovviamente, d'accordo con l'onorevole Rocchi sui diplomifici. C’è una straordinaria – mi riferisco sempre all'intervento dell'onorevole Rocchi, che cercava non delle risposte, ma delle interlocuzioni – corrispondenza, purtroppo, come ho scritto anche nella relazione, tra la fragilità delle persone e la fragilità del tessuto istituzionale. Se il tessuto istituzionale è fragile, vengono abbandonate e lasciate a se stesse le fragilità delle persone in crescita. Se il tessuto istituzionale è forte e presente, questo avviene di meno. Questa è la funzione dello Stato.
  Lo Stato ha questa funzione, conserva questa funzione. Da una parte, dicevano gli studiosi di una volta, ha il monopolio della forza contro l'arbitrio e la violenza. Dall'altra – lo ripeto, questo lo dice ogni pensiero, non solo il pensiero di sinistra, ma anche il pensiero liberale; anche Adam Smith ha meravigliose pagine su questo argomento – lo Stato ha un senso se interviene a difesa delle fragilità e lo può fare, efficacemente, solo se lo fa per lunghi periodi di tempo, come è stato da più parti giustamente ricordato.
  La crisi, ha chiesto l'onorevole Rocchi, peggiora la situazione o rischia di non farla migliorare ? Certamente sì. Le situazioni che abbiamo oggi e che le scuole ci segnalano nelle periferie del Nord sono situazioni in parte di vecchia data, ma, in molta parte, purtroppo, di nuova data.
  Sia la deputata Carocci che la deputata Rocchi chiedono come usiamo i dati. I dati sulla condizione socioeconomica delle famiglie, che sono a nostra disposizione e che l'INVALSI rileva all'inizio, possono essere usati, ma non specificamente per le persone che riguardano – proprio per le norme sulla privacy – bensì per disegnare i contesti in maniera accurata e tale che la confrontabilità tra le scuole sia corretta dalla percezione esatta dei diversi contesti in cui avvengono gli apprendimenti.
  In quel momento io chiedo le condizioni, ma per calcolare la media della scuola, al fine della paragonabilità. In quel caso non posso usare tali condizioni per capire altri aspetti riguardo al singolo: quello mi è espressamente, e anche giustamente, vietato.
  I dati sono stati, dunque, utilizzati per la mappatura delle aree a rischio della misura F3 del Piano di coesione nelle aree del Mezzogiorno. Noi li stiamo già usando. Abbiamo lì introdotto il dato sulla dispersione scolastica e quello sulla povertà delle famiglie e abbiamo predeterminato le aree nelle quali si poteva accedere al bando, proprio per non dare i fondi a pioggia e proprio perché il carattere della dispersione scolastica, in ogni area del Paese, anche nel Mezzogiorno, è un carattere, come ho detto prima, molto complicato e a macchia di leopardo.
  L'onorevole D'Ottavio pone il problema, che io ho ripreso molte volte, dell'alleanza tra gli enti locali e la scuola. Di chi è la responsabilità ? La responsabilità della scolarità è in capo, intanto, ai genitori: lo dice il codice civile. Ne dobbiamo essere consapevoli. La scuola può, ma l'alleanza con i genitori è importantissima. Il lavoro di raccordo tra gli enti locali e la scuola è intorno a questo punto. Il fatto che si possa creare un'alleanza educativa tra scuola e famiglie e tra scuola e territorio è essenziale: è questo il punto.
  Noi dobbiamo monitorare queste perdite. Su questo fronte abbiamo molti modelli. Sono modelli informatizzati, modelli matematici, ma, soprattutto, al contempo, modelli operativi. È inutile sapere alla fine dei processi com’è andata a finire. È importante per i comuni, le comunità, le famiglie e le scuole sapere cosa si può fare in tempo reale. Io devo sapere almeno quattro volte l'anno se Antonio o Antonia sta frequentando.
  Il modello più accorto, perché ha più lunga esperienza, su un monitoraggio a un tempo rigoroso e partecipativo, che a me risulti, è quello della provincia di Pisa, la Pag. 14quale ha lavorato su questo modello fin dall'inizio degli anni Ottanta e l'ha implementato. È un punto di riferimento per tutti coloro che, nelle diverse regioni d'Italia, non solo in Toscana, si occupano di questa tematica. Infatti, il modello si sta estendendo a partire da questa esperienza.
  L'onorevole Chimienti giustamente pone di nuovo la questione, e io colgo il grido di allarme e di dolore, su come spingere per un ulteriore investimento – come ho detto all'inizio – nella lotta contro la dispersione scolastica. Io sono il primo che pensa che si debba fare molto di più su questo punto.
  Detto questo, quanto alla ripartizione dei fondi, lasciatemelo dire, io tengo molto alla divisione dei compiti, così come ci dice la Costituzione. Il ministero predispone un decreto legge – questa è stata la nostra storia, la storia di questo articolo 7 – lo porta alle Camere e le Camere lo integrano attraverso un lavoro di emendamenti. L'articolo 7 citato è entrato qui in un modo ed è uscito in un altro. Abbiamo tutti salutato, il ministro per primo, il fatto che questi emendamenti siano stati utili.
  Il decreto-legge convertito in legge ritorna poi al ministero e il ministero deve fare i decreti applicativi. Non può, però, fare i decreti applicativi secondo le proprie idee dei decreti applicativi. Può e deve fare i decreti applicativi sulla base di come la norma è uscita dal Parlamento della Repubblica. Su questo noi abbiamo dei vincoli precisi, che noi abbiamo interpretato, io credo, con grande onestà istituzionale.
  Per quanto riguarda la specifica questione che è stata oggetto – vado alle conclusioni – di discussione nelle ultime ore sulla famosa tabella, voglio fare gli esempi della Lombardia e della Campania. La percentuale di dispersione scolastica rispetto alla popolazione infantile della Lombardia è più bassa di quella della Campania, ma la differenza nella quantità di bambini e ragazzi che non vanno a scuola è di poche migliaia di casi. Perché ? Perché la popolazione infantile è molto maggiore. Poiché quelle sono persone, noi abbiamo bisogno di stare attenti a non confondere i numeri assoluti e le percentuali. Dobbiamo trovare, quindi, dei modi per erogare i fondi che tengano conto anche di questa variabile dentro le priorità definite dall'articolo 7, così come è uscito dal Parlamento della Repubblica, non per come noi pensiamo che sia.
  Dentro a questo lavoro io ho difeso, e mi sento anche qui di difenderla strenuamente, la tabella indicata – ci tengo a dirlo all'onorevole Chimienti – anche al netto del fatto che le quattro regioni del Sud abbiano già avuto altri fondi, tant’è vero che non sono stati esclusi da questi ulteriori fondi.
  Il punto non è che tali regioni hanno avuto altri fondi e che, quindi, non diamo loro anche questi. Non era questa la logica di quanto è uscito da questa Commissione e dal Parlamento della Repubblica. Diamo loro i fondi, ma, nel darli a tutti, teniamo conto del complesso rapporto tra numeri assoluti e percentuali, in base a criteri che, lo ripeto e lo sottolineo, sono stati decisi dal Parlamento, che è sovrano.

  PRESIDENTE. Dichiaro chiusa questa discussione sulla dispersione scolastica, fermo restando che, immagino, prima l'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi e, poi, la stessa Commissione si troveranno a discutere, a breve, di un'ipotesi di indagine conoscitiva che è stata avanzata, poco fa, da un Gruppo parlamentare, a cui credo si assoceranno anche tutti gli altri.
  Ringraziamo il sottosegretario Rossi Doria, anche per la ricchezza delle sue risposte.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.50.