Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 20 di Giovedì 13 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Saverio Capolupo:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 19 
Buemi Enrico  ... 19 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 19 
Buemi Enrico  ... 19 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 20 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 20 
Giarrusso Mario Michele  ... 20 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 21 
Giarrusso Mario Michele  ... 22 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 22 
Giarrusso Mario Michele  ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Giarrusso Mario Michele  ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Giarrusso Mario Michele  ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Giarrusso Mario Michele  ... 22 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 22 
Gaetti Luigi  ... 22 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 23 
Molinari Francesco  ... 23 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 23 
Gaetti Luigi  ... 23 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di finanza ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 16.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Saverio Capolupo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza, generale di corpo d'armata Saverio Capolupo, che è accompagnato dal generale di corpo d'armata Luciano Carta, capo di stato maggiore, e dal generale B. Francesco Mattana, capo del III reparto operazioni del comando generale.
  La seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera. Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, potrà chiedere che i lavori della Commissione proseguano in seduta segreta.
  Ringrazio il generale Capolupo della presenza, rilevando, peraltro, che l'ultima audizione in Commissione antimafia del Comandante generale della Guardia di finanza – si trattava all'epoca del generale Rolando Mosca Moschini – risale a circa 15 anni fa. Lo stesso è accaduto per il Capo della Polizia e per il Comandante generale dei Carabinieri.
  Nel cedere la parola al generale, rinnovo i ringraziamenti, che ho avuto la possibilità di fare oggi attraverso le agenzie di stampa, per l'operazione che ha avuto luogo questa mattina che ha portato, in collaborazione con altre forze, al sequestro di ingenti patrimoni della ’ndrangheta. Sappiamo che, su questo, la Guardia di finanza è in prima fila e raggiunge grandi risultati. Credo, però, che quello odierno sia un evento particolarmente significativo.
  Cedo ora la parola al generale Capolupo.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Signor presidente, 15 anni fa ero presente anch'io perché accompagnavo il generale Mosca Moschini. Sono molto onorato di questa convocazione nella veste di Comandante generale della Guardia di finanza. Porgo un cordiale saluto a lei, signor presidente, e ai membri della Commissione, anche a nome dei 60 mila finanzieri che ho l'onore di rappresentare.
  Il filo conduttore del mio intervento è costituito dall'analisi dei profili economici e finanziari della criminalità organizzata, del suo farsi impresa e dei conseguenti rischi di infiltrazione e di inquinamento dei sistemi istituzionali e imprenditoriali nel nostro Paese.
  Nel contempo, mi preme illustrare l'azione di prevenzione e contrasto svolta dalla Guardia di finanza, fondamentalmente rivolta all'aggressione dei proventi e dei patrimoni illecitamente accumulati dalle consorterie criminali, al fine di eliminare Pag. 3i vantaggi competitivi che caratterizzano l'impresa mafiosa.
  Sottoporrò, poi, alle vostre riflessioni alcuni spunti propositivi nell'ottica di migliorare l'efficienza complessiva del sistema.
  Un'efficace strategia di prevenzione e contrasto del crimine organizzato sul versante economico-finanziario presuppone, da un lato, l'individuazione delle dimensioni del fatturato prodotto dalle attività illecite; dall'altro, la conoscenza dei gravi danni che tale forza economica è in grado di arrecare alla società e al sistema imprenditoriale.
  Generalmente, le stime ufficiali sono legate ai risultati conseguiti dalle forze dell'ordine, e quindi tendono a sottostimare il valore del settore illecito. Vari enti, sia pubblici che privati, hanno provato a stimare il bilancio delle mafie, utilizzando i metodi più diversi.
  Recenti studi hanno evidenziato che i ricavi della criminalità oscillerebbero tra i 17,7 e i 33,7 miliardi di euro. La maggiore fonte di profitti è costituita dal narcotraffico, seguito dall'estorsione, dallo sfruttamento alla prostituzione e dalla contraffazione. Peraltro, a prescindere dall'attendibilità della stima prescelta, appaiono evidenti il peso e gli effetti negativi che il fenomeno genera sul tessuto socio-economico legale.
  Assistiamo a un costante processo di infiltrazione nel mondo dell'economia e della finanza, ulteriormente favorito dall'integrazione dei mercati, dalla liberalizzazione dei movimenti di capitali, dalle potenzialità offerte dalle reti telematiche, nonché dallo sviluppo dell'intermediazione finanziaria immobiliare anche attraverso i circuiti alternativi, quali i money transfer.
  In momenti congiunturali come quello attuale, in cui le aziende vedono inaridirsi i flussi di cassa, con difficoltà di accesso agli ordinari canali di finanziamento e con deprezzamento del valore di mercato del loro patrimonio, i proventi criminali trovano terreno fertile, sia mediante l'impiego per l'acquisto di imprese in difficoltà, sia sfruttando il volàno rappresentato dall'usura, che spesso costituisce la premessa per l'acquisizione o il controllo di attività commerciali.
  Il processo di ripulitura e reimpiego del denaro sporco altera le condizioni di concorrenza dei mercati, incide sul corretto funzionamento del sistema bancario e finanziario, consente alla criminalità di accrescere il controllo del territorio e di acquisire consenso sociale, insinuandosi nei meccanismi del potere e influenzando anche decisioni amministrative e politiche.
  Inoltre, compiendo un vero e proprio salto di qualità, i vari sodalizi criminali hanno progressivamente accentuato i profili di internazionalità delle loro iniziative, in ciò agevolati dalle disomogeneità esistenti tra gli ordinamenti giuridici dei diversi Paesi. Conseguentemente, la scelta della localizzazione in un certo territorio tiene conto della necessità di coniugare due esigenze: il contenimento dei rischi e il conseguimento di apprezzabili margini di guadagno.
  A tale riguardo, nel panorama dell'Unione europea è stata censita l'operatività di circa 3.600 gruppi criminali, in ordine ai quali, a fattor comune, si registra una maggiore tendenza alla cooperazione e all'integrazione tra soggetti di diversa nazionalità.
  Ciò ha comportato un aumento di gruppi eterogenei non più definibili unicamente in ragione della nazionalità e dell'etnia degli associati. Proprio le relazioni etniche, la comune cultura linguistica e i legami storici risultano spesso fattori determinanti per la composizione dei gruppi di base di quelle che assumeranno la fisionomia di vere e proprie reti criminali multinazionali.
  Quanto, poi, all'operatività anche transnazionale dei gruppi criminali stranieri presenti sul territorio nazionale e alla conseguente forza economica derivante dall'accumulazione di capitali illeciti, appaiono sicuramente rilevanti le attività condotte dai gruppi di etnia cinese, albanese, dell'Europa dell'est, del nord Africa e della Nigeria.
  Così, se, in generale, i sodalizi albanesi, slavi, nordafricani e nigeriani hanno assunto Pag. 4indistintamente un ruolo di primo piano nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, quelli di etnia slava risultano particolarmente attivi nella clonazione e nell'indebito utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, nell'immigrazione clandestina, nel contrabbando di tabacchi lavorati esteri e nel traffico di armi, sfruttando la cosiddetta «rotta balcanica», ampiamente collaudata per i traffici di stupefacenti verso l'Europa.
  Il peso economico criminale più significativo è, però, certamente rappresentato dalle organizzazioni criminali cinesi che, saldamente collegate con la madrepatria, riescono a gestire flussi migratori illegali, traffici internazionali di rifiuti e di merci contraffatte o in contrabbando, ingenti rimesse di capitali attraverso il circuito dei money transfer e operazioni di riciclaggio realizzate con canali finanziari paralleli a quelli ufficiali.
  Le imprese cinesi, a costituzione prevalentemente familiare, si caratterizzano anche per gravi forme di evasione fiscale e contributiva, nonché per il solito associazionismo che le rende capaci di coordinarsi tra loro a livello nazionale, spesso con l'ausilio di professionisti italiani e connazionali compiacenti.
  Si tratta di una modalità di fare impresa che, in ragione della disponibilità di merci e manodopera a basso costo, sovverte le regole della concorrenza, rappresentando, di fatto, un ostacolo al regolare andamento del libero mercato, oltre che una seria minaccia al prodotto made in Italy.
  Volendo fornire un quadro dell'attività del Corpo condotta nell'ultimo anno nei confronti delle organizzazioni criminali di matrice straniera, risulta significativo il fatto che oltre il 90 per cento dei 45 milioni di euro di beni proposti per il sequestro in applicazione della normativa antimafia è concentrato nelle regioni del centro Italia.
  Nell'analizzare, in via generale, il fenomeno della criminalità nei diversi ambiti territoriali, poco aggiungo rispetto a quanto già ampiamente illustrato in questa sede dal Capo della Polizia e dal Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Le più recenti indagini svolte dal corpo nei confronti di cosa nostra hanno confermato come l'infiltrazione mafiosa nell'economia locale, anche in settori strategici per lo sviluppo e la crescita, rappresenta un dato oggettivo estremamente attuale e significativo, manifestandosi sia nella tradizionale forma dell'intestazione fittizia di patrimoni e di attività imprenditoriali a prestanome, sia attraverso il più avanzato sistema dell'instaurazione di rapporti stabili fra elementi dell'organizzazione e realtà economiche formalmente legali, funzionali al conseguimento di reciproci vantaggi.
  Segnalo, in proposito, l'operazione «Ombre», condotta dal nucleo di polizia tributaria di Palermo nel maggio 2013, volta alla ricostruzione dei patrimoni illeciti riferibili al già sindaco di Palermo Vito Ciancimino, che ha consentito di sequestrare beni mobili, immobili, disponibilità finanziarie, complessi aziendali e quote sociali per oltre 52 milioni di euro, riconducibili alla moglie e alle figlie di Ezio Ruggero Maria Brancato, funzionario della regione Sicilia fino al 1981.
  Quest'ultimo, infatti, era socio di 6 società facenti capo al cosiddetto «Gruppo Gas» di Palermo – controllato e favorito dal citato sindaco palermitano e dal boss mafioso Bernardo Provenzano – attraverso il quale, nel corso degli anni, erano stati effettuati investimenti in imprese operanti nel settore della metanizzazione in Sicilia e in Abruzzo.
  La camorra manifesta una connotazione frammentaria, esprimendo una pluralità di realtà criminali assai distinte le une dalle altre e caratterizzate da una forte autonomia. Il sistema si sostanzia principalmente in pressioni estorsive e nell'esercizio del credito usurario oppure in variegate condotte volte a gestire il mercato degli stupefacenti sin dalla fase dell'importazione o, infine, in ramificazioni più insidiose nel cuore del mondo imprenditoriale legato al territorio o del sistema amministrativo e politico locale.
  Tale capacità di contaminare attività commerciali è testimoniata dalle recenti Pag. 5operazioni interforze condotte nei confronti del clan Contini, in seguito alle quali sono stati tratti in arresto 90 soggetti e sequestrati beni per circa 250 milioni di euro. Si profila, comunque, la tendenza a una crescente ricerca di profitti illeciti alternativi ai canali ordinari, quali ad esempio il controllo delle scommesse on line.
  Anche l'analisi delle attività della ’ndrangheta evidenzia un processo di metamorfosi attraverso il quale l'organizzazione sta assumendo, nel suo insieme, la connotazione di una vera e propria holding criminale, in grado di assimilare gli scopi e i comportamenti tipici di un'impresa commerciale, quali il profitto, l'espansione in nuovi mercati e l'utilizzo di vere e proprie banche clandestine, come è emerso da recenti fatti di cronaca.
  Le indagini svolte confermano, inoltre, talune caratteristiche peculiari delle cosche calabresi capaci di inserirsi, tramite prestanome e soggetti di comodo, nella gestione delle cosiddette «società miste», a capitale sia pubblico che privato, per la fornitura di servizi pubblici, nonché la posizione di assoluto primato nel traffico internazionale di stupefacenti che genera imponenti guadagni, reinvestiti soprattutto nel settore immobiliare.
  Significativa al riguardo è l'operazione «Metropolis», condotta dal GICO (Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata) di Reggio Calabria e dal Gruppo di Locri, con il supporto dello SCICO (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata), che ha portato all'esecuzione di 20 ordinanze di custodia cautelare e al sequestro di beni per un valore di oltre 600 milioni di euro nei confronti di un'organizzazione criminale della Locride che gestiva e controllava strutture immobiliari e turistiche della costa ionica.
  Le ’ndrine calabresi, grazie alla presenza di qualificati broker in tutti i principali snodi del traffico della cocaina, mantengono rapporti privilegiati con i più importanti gruppi di fornitori in Nord e Sud America e Australia, nonché con i loro emissari in Olanda, Spagna e Germania, sfruttando, quale porto d'ingresso in Italia della droga, lo scalo portuale di Gioia Tauro.
  Come evidenziato di recente dallo stesso Procuratore nazionale antimafia, la ’ndrangheta si conferma una delle realtà criminali più evolute e sofisticate sotto il profilo economico-finanziario e la più stabilmente radicata nelle regioni del centro e del nord Italia, oltre che in numerosi Paesi stranieri.
  In realtà, il rafforzamento del potere mafioso attraverso il superamento dei confini delle regioni d'origine e la localizzazione di strutture di controllo nelle aree del nord Italia, in particolare in Piemonte, Lombardia e Liguria, rappresenta un dato comune a tutte le tradizionali consorterie criminali, in grado di generare, secondo accreditate rilevazioni, oltre il 40 per cento dei profitti illeciti delle cosche.
  È emblematica a riguardo la considerazione formulata in un'importante sentenza della Corte di cassazione, secondo cui in Italia non esiste una zona veramente refrattaria, cioè insensibile al fenomeno mafioso.
  Nello specifico, nel 2013 la Guardia di finanza ha individuato e sottratto alla criminalità organizzata, mediante sequestri e confische, patrimoni localizzati nell'area centro-settentrionale del Paese per oltre un miliardo di euro, ovvero il doppio rispetto all'anno precedente.
  Passo, ora, a descrivere i settori più esposti al rischio di inquinamento. Tra i settori economici che si sono rivelati maggiormente vulnerabili e a rischio di infiltrazione delle organizzazioni mafiose segnalo, in primis, quello gli appalti pubblici, in ragione dei cospicui stanziamenti e contributi nazionali e comunitari di cui è destinatario.
  Il condizionamento delle gare a evidenza pubblica, anche con il ricorso a imprese infiltrate, consente di perseguire molteplici obiettivi, tra cui il riciclaggio dei proventi illeciti e la legittimazione nei confronti della collettività, garantendo posti di lavoro e apparenti forme di benessere sociale.Pag. 6
  L'attività svolta dai reparti ha permesso di individuare meccanismi fraudolenti che più di altri si prestano a essere utilizzati per aggirare le disposizioni di legge, con l'obiettivo di favorire taluni operatori economici o di far lievitare i costi di servizi e forniture, a tutto vantaggio dei fornitori.
  Mi riferisco, in particolare, al controllo monopolistico del settore calcestruzzo, che consente di condizionare le scelte delle imprese edili operanti in una determinata area; ai ribassi di aggiudicazione delle aste pubbliche di valore ridottissimo (anche meno dell'1 per cento) rispetto all'importo a base d'asta, spesso pilotati da una regia occulta che predetermina il livello del ribasso affinché tutti i concorrenti vi si attengano; al frequente ricorso ai noli, in modo da favorire il coinvolgimento nell'esecuzione dei lavori di società che non hanno preso parte alla gara di appalto o non vi potevano partecipare; ad offerte caratterizzate da grandi ribassi in valore assoluto; alla prevalenza di subappalti, nonostante la limitazione del 30 per cento imposta dal codice degli appalti pubblici; ai bandi su misura, basati sulla predisposizione di griglie e di qualificazioni ad hoc e l'inserimento nel progetto di parametri tecnici destinati a tradursi nei bandi in clausole specifiche.
  Nel documento in allegato 3 sono menzionate le principali investigazioni svolte dal Corpo nel settore gli appalti pubblici. Dall'analisi delle loro risultanze, si desume come le cosche criminali siano particolarmente attente alle dinamiche politico-amministrative del territorio. La loro azione è costantemente orientata alla creazione di canali di collegamento con gli apparati pubblici locali, in modo da condizionare i processi decisionali e conseguentemente pervenire all'aggiudicazione di appalti e subappalti. Disporre di uomini di fiducia all'interno dei consigli comunali provinciali e regionali significa, infatti, accedere in maniera privilegiata a informazioni di straordinaria importanza per l'esercizio del potere sul territorio.
  Questo è un fenomeno particolarmente presente nelle regioni del sud, da sempre luogo di radicamento delle mafie e in condizioni di degrado sotto il profilo economico-sociale. In molti casi di scioglimento di comuni ed enti locali per infiltrazioni mafiose sono emerse illecite ingerenze, soprattutto nei pubblici appalti, in virtù di legami diretti o indiretti tra gli amministratori e l'organizzazione criminale locale.
  Tuttavia, la tendenza dei sodalizi criminali a espandersi oltre i confini della propria area di origine ha reso vulnerabile anche le realtà amministrative del settentrione, come testimonia la continua crescita del numero degli enti territoriali (per ora 4) sciolti nell'ultimo triennio per infiltrazioni mafiose.
  Il Corpo ha avviato diverse iniziative investigative di carattere strategico volte a individuare e a contrastare, da un lato, possibili infiltrazioni in appalti statali e, dall'altro, eventuali condotte illecite degli amministratori pubblici, con particolare riguardo alla gestione delle risorse pubbliche.
  Più in generale, il settore dei contributi pubblici nazionali e comunitari rappresenta uno dei comparti operativi in cui l'attività della Guardia di finanza è rivolta in modo sistematico per la prevenzione dell'infiltrazione della criminalità organizzata. In questo campo la criminalità ha dimostrato estrema flessibilità e capacità di ricorrere a un ricco ventaglio di soluzioni che le consentono di aggirare le procedure per la concessione di benefici, superando i filtri di controllo degli enti gestori ed erogatori della spesa.
  Sulla base dell'esperienza acquisita è possibile affermare che si è ormai formata una vera e propria categoria di professionisti specializzati nella progettazione e nell'attuazione dei più sofisticati schemi di frode che, poggiando su espedienti di natura contabile, societaria, commerciale o finanziaria, sono finalizzati a drenare illecitamente le risorse messe a disposizione della collettività dall'Unione europea, dallo Stato, dalla regione e dagli enti locali.
  Nella maggior parte dei casi, le condotte fraudolente si identificano in investimenti in concreto non realizzati e giustificati mediante presentazione di fatture Pag. 7per operazioni inesistenti, altro reato spia, oltre a quello della corruzione, strumentale alla consumazione di condotte illecite ancor più gravi, come spiegherò meglio in prosieguo.
  Dal punto di vista operativo, nel 2013, a fronte di circa 4 mila controlli, di cui oltre il 50 per cento con esito irregolare, la Guardia di finanza ha scoperto frodi al bilancio nazionale dell'Unione Europea per circa 1,4 miliardi di euro, che hanno condotto alla denuncia all'autorità giudiziaria di più di 9 mila responsabili. Con riguardo ai contributi indebitamente percepiti, pari a 936 milioni di euro, le unità operative hanno eseguito sequestri per un valore complessivo di 309 milioni di euro.
  Tra le attività condotte in tale comparto, evidenzio quella conclusa lo scorso mese di febbraio dal gruppo di Gioia Tauro nei confronti di una società destinataria di indebiti finanziamenti pubblici, ai sensi dalla legge n. 488 del 1992, per oltre 1,2 milioni di euro, servendosi di 8 imprese cartiere, un socio occulto, già denunciato per associazione per delinquere di stampo mafioso, in quanto affiliato alle locali cosca di ’ndrangheta Piromalli e Pesce, e un tecnico compiacente, incaricato dalla banca concessionaria di redigere la relazione sullo stato finale del programma di investimento.
  Il meccanismo fraudolento consisteva nel gonfiare le spese del programma di investimento attraverso l'utilizzo di fatture fittizie emesse dalle società cartiere per oltre 4 milioni di euro, nonché produrre documentazione bancaria e autocertificazioni non veritiere per attestare i pagamenti e la regolarità delle spese sostenute e lo stato di avanzamento dei lavori.
  Un'efficace azione di contrasto impone non solo una puntuale presenza investigativa, ma anche una preventiva e accurata analisi di rischio, al fine di individuare specifici indicatori che possano proficuamente orientare l'attività del Corpo. In tale ottica, i reparti speciali hanno avviato mirati piani di azione volti a contrastare l'illecita percezione di contributi comunitari nel settore della politica agricola comune, anche con riferimento a terreni sottoposti a confisca definitiva in base alla normativa antimafia.
  Il livello di attenzione dell'investigativo dalla Guardia di finanza è molto elevato anche nel comparto del gioco, che rappresenta il 4 per cento del prodotto interno lordo nazionale, con un giro d'affari prossimo ai 90 miliardi di euro e entrate erariali pari a oltre 8 miliardi di euro.
  Le più recenti esperienze di indagine evidenziano la presenza delle cosche nell'imposizione dell'installazione di apparecchi in locali commerciali, nella gestione delle attività, anche mediante prestanome compiacenti, nella produzione e nella commercializzazione di apparecchi elettronici da intrattenimento, con schede di gioco illegalmente modificate.
  In particolare, i sodalizi attratti dalle grandi opportunità offerte dal web utilizzano i giochi e le scommesse on line con la prospettiva di realizzare facili guadagni grazie all'esercizio abusivo di attività di organizzazione e raccolta a distanza, alla gestione di siti esteri sprovvisti della prescritta autorizzazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e agli ingenti volumi nelle giocate effettuate.
  Una recente operazione ha consentito di neutralizzare un'organizzazione camorristica di matrice casalese attiva proprio nella gestione di siti di scommesse illegali on line, dai quali riusciva a conseguire ingenti profitti, pari a circa 100 mila euro a settimana, sottraendo in tal modo all'erario anche i relativi flussi di entrate.
  L'organizzazione criminale, avvalendosi di esperti informatici, aveva creato un network parallelo e del tutto sconosciuto all'amministrazione finanziaria, cui era possibile accedere attraverso punti di gioco sparsi soprattutto in regioni del sud. Ai giocatori veniva rilasciata una ricevuta apparentemente regolare, recante tutti i dati identificativi di una normale scommessa. Inoltre, attraverso i titolari dei punti di raccolta, l'organizzazione garantiva il pagamento in contanti delle eventuali vincite, effettuando il ritiro delle somme incassate con cadenza settimanale a mezzo di soggetti affiliati.Pag. 8
  Interessi criminali sono stati rilevati anche nella gestione delle sale bingo, nonché nell'utilizzo di tagliandi vincenti del lotto e nell'acquisto in contanti di fiche presso i casinò, sempre con finalità di riciclaggio dei proventi illeciti.
  Con particolare riguardo alle sale bingo evidenzio, tra le più incisive attività di contrasto condotte dal Corpo, l'operazione «Game over», coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli e conclusa nel luglio 2013 dal nucleo di polizia tributaria e dalla questura di Frosinone.
  Nell'occasione, sono stati individuati interessi economici del clan camorristico dei casalesi, nonché di un soggetto contiguo alla famiglia mafiosa dei Santapaola. In questo caso, le indagini finanziarie hanno consentito di ricostruire un rilevante impiego di capitali di provenienza illecita da parte di insospettabili gestori di sale bingo, titolari di regolare concessione governativa.
  Uno degli indagati, già presente nell'associazione concessionari del bingo, garantiva all'organizzazione camorristica e mafiosa la gestione di sale bingo e l'installazione di slot machine e videopoker attraverso l'utilizzo di diversi prestanome. All'esito di tale indagine sono stati deferiti all'autorità giudiziaria 21 soggetti, di cui 6 colpiti da misura cautelare, e sequestrati beni per oltre 61 milioni di euro.
  Altro comparto a rischio di infiltrazione è rappresentato dallo smaltimento dei rifiuti. Quello delle ecomafie è un capitolo di grande delicatezza poiché la gestione illecita dei rifiuti costituisce una grave minaccia per la salute dei cittadini e incide in maniera significativa anche sul sistema economico nazionale, atteso che la normativa di settore ha posto in capo agli operatori del settore industriale delle incombenze sempre più stringenti, che hanno determinato un consistente incremento dei costi di esercizio.
  Ciò ha certamente contribuito a suscitare l'interesse della criminalità organizzata, attratta dai rilevanti profitti che lo smaltimento illegale consente di generare. I gruppi criminali, infatti, attraverso il controllo del territorio e il frequente ricorso a mezzi intimidatori, hanno consolidato il proprio interesse nel settore, impedendo ai nuovi operatori di acquisire quote di mercato e ostacolando fortemente lo sviluppo di un'imprenditoria sana.
  Negli ultimi anni, si registra un incremento del traffico transfrontaliero di rifiuti, reso possibile sia da fattori di instabilità che caratterizzano aree geografiche anche assai vicine al nostro Paese, come i Paesi balcanici, sia dalla mancanza, in talune zone dell'Europa orientale, dell'Africa, del Sud America e del Medioriente, di efficaci strumenti legislativi per la regolamentazione del trattamento dei rifiuti e per il contrasto alle connesse attività illecite.
  I più importanti porti europei, compresi quelli italiani, rappresentano il punto di snodo dei traffici in argomento, in quanto il trasporto via mare risulta più economico di quello terrestre e rende obiettivamente più difficili i controlli.
  Un comparto economico che rappresenta un notevole appeal per la criminalità organizzata è quello della grande distribuzione, in considerazione delle ampie possibilità di guadagno e reinvestimento dei proventi illeciti che offre. L'attuale crisi finanziaria e l'ingresso nel mercato nazionale nelle multinazionali straniere ha indotto molte imprese di medie e piccole dimensioni, incapaci di competere con i più strutturali operatori stranieri, a rivolgersi alla criminalità organizzata al fine di ottenere supporto finanziario ed evitare in tal modo il fallimento.
  In sostanza, le cosche acquisiscono la gestione diretta delle aziende in difficoltà anche mediante l'inserimento di proprie risorse umane nella compagine amministrativa, ovvero costituendo ex novo imprese proprie per riciclare i capitali derivanti dalle attività illecite. Le imprese infiltrate operanti nel settore si avvantaggiano su quelle legali per una maggiore disponibilità di risorse finanziarie, ovviamente di origine illecita, per una più forte compressione salariale, generata dall'evasione dei contributi previdenziali e assistenziali e dal mancato pagamento degli straordinari, per la repressione esercitata Pag. 9sul personale dipendente, costretto a lavorare in situazioni di insicurezza e precariato e in totale assenza di rappresentanze sindacali.
  Nel documento allegato sono riportate le principali indagini svolte dal Corpo nel particolare comparto.
  Ho finora illustrato alcuni settori maggiormente a rischio di infiltrazione mafiosa nel cui contesto l'azione preventiva e repressiva del Corpo trova fondamento nella sua connotazione di polizia economico-finanziaria. I consuntivi della nostra attività sono riportati in allegato 6. È evidente, però, che l'attività operativa della Guardia di finanza è rivolta anche a contrastare i fenomeni delinquenziali che caratterizzano l'aspetto militare delle mafie e generano parimenti flussi di profitto in grado inquinare il tessuto economico legale. Faccio riferimento, in particolare, al traffico di stupefacenti, al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, alla contraffazione dei marchi, all'immigrazione clandestina e all'usura.
  Nel rinviare agli specifici focus che consegnerò a conclusione del mio intervento, desidero formulare in questa sede alcune riflessioni.
  In materia di immigrazione clandestina, dopo aver sottolineato che i casi in cui viene contestato il reato associativo concernente la tratta di persone sono molto rari, mi preme segnalare due operazioni condotte dai reparti aeronavali della Guardia di finanza nell'autunno scorso, che hanno portato alla cattura di trafficanti di clandestini e al sequestro di due navi madri, in applicazione del protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria stipulato a Palermo nel 2000.
  Con riferimento al traffico di stupefacenti non posso che condividere le considerazioni recentemente espresse dal procuratore nazionale antimafia: occorre imprimere un deciso cambio di passo alle investigazioni, nell'ottica di tracciare e ricostruire i flussi di denaro generati dal mercato della droga inteso nella sua globalità.
  È sempre più evidente, infatti, che tale settore costruisce ormai il perno dell'attività della criminalità organizzata in quanto fonte di ingenti proventi illeciti destinati anche ad alimentare i canali di riciclaggio. Ne sono riprova le stime operate dalle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, secondo cui il giro di affari mondiale del narcotraffico sarebbe pari a 325 miliardi di dollari, cioè lo 0,9 per cento del prodotto interno lordo globale. Il riciclaggio si attesterebbe sul 70 per cento degli introiti conseguiti.
  La Guardia di finanza, anche grazie all'esperienza maturata nel contrasto patrimoniale alle mafie e al riciclaggio dei proventi illeciti, dispone già delle professionalità tipiche di una forza di polizia economico-finanziaria che consentono una lettura a 360 gradi delle diverse implicazioni che accompagnano tale fenomeno illecito.
  Mi riferisco all'analisi delle transazioni finanziarie anomale, all'individuazione di capitali e patrimoni occulti, nonché dei prestanome utilizzati strumentalmente per dissimulare operazioni illecite e il possesso ingiustificato di patrimoni in liquidità. Tutto ciò conferisce, senza dubbio, maggiore efficacia e completezza all'investigazione antidroga.
  Ricordo, comunque, che nel contrasto al traffico di stupefacenti, nel 2013, la Guardia di finanza ha complessivamente denunciato 7.307 soggetti, pari al 27 per cento del totale nazionale, dei quali 2.164 tratti in arresto.
  Il Corpo ha sequestrato oltre 55,6 tonnellate di stupefacenti, cioè l'80 per cento del totale nazionale, di cui 48,8 tonnellate tra hashish e marijuana (il 77 per cento del totale nazionale) e 3 tonnellate di cocaina (il 60 per cento del totale nazionale), nonché 339 mezzi utilizzati per i traffici illeciti.
  Inoltre, nei confronti dei membri delle organizzazioni di narcotrafficanti, in applicazione della normativa antimafia, sono stati condotti 866 accertamenti patrimoniali, Pag. 10che hanno interessato 672 posizioni soggettive, consentendo di sottrarre alle organizzazioni in parola, patrimoni per 37 milioni di euro.
  Per quanto concerne il settore del contrabbando di tabacchi lavorati esteri, nel 2013 la Guardia di finanza ha sequestrato oltre 115 tonnellate di sigarette, di cui più di 95 costituite dalle «cheap white», cioè sigarette estremamente dannose per la salute. Sono stati denunciati 4.378 responsabili, di cui 250 tratti in arresto.
  In tema di lotta alla contraffazione e di tutela della sicurezza dei prodotti, l'attività del corpo punta a ricostruire tutti gli anelli della filiera del falso, sia a monte che a valle della produzione illecita di merci contraffatte, nonché le connessioni a diverse forme di illegalità economico-finanziaria che inquinano il mercato.
  Nel 2013 la Guardia di finanza ha sequestrato 130 milioni di prodotti, dei quali 60 milioni contraffatti, 15 milioni fabbricati o commercializzati in violazione alle norme sul made in Italy e oltre 55 milioni insicuri. Sono stati segnalati all'autorità giudiziaria quasi 10 mila soggetti, 101 dei quali tratti in arresto.
  Le investigazioni del Corpo finalizzate a contrastare il fenomeno dell'usura hanno evidenziato, in particolare, la capacità delle compagini criminali di sfruttare sia la difficile congiuntura economica, attuando forme di cannibalismo societario, sia le patologie di carattere psicologico connesse ai giochi e alle scommesse.
  I reparti operativi del Corpo hanno effettuato, nel 2013, 385 indagini che hanno consentito di denunciare 455 persone, di cui 77 tratte in arresto, nonché di sequestrare beni e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 168 milioni di euro.
  Passo, ora, a richiamare l'attività del Corpo e gli strumenti che abbiamo a disposizione.
  La complessità dei fenomeni criminali impone una loro lettura unitaria, che, a sua volta, rende necessaria una sistematica azione di prevenzione e contrasto al lavaggio dei capitali illeciti introdotti nei tessuti economico-finanziari attraverso diverse forme: l'esecuzione di investigazioni patrimoniali e l'individuazione di sproporzioni tra disponibilità patrimoniali e capacità reddituali ufficiali dei soggetti monitorati; l'aggressione a ogni forma di ricchezze ingiustificata, avvalendosi di tutti gli strumenti previsti dalla normativa antimafia, in primis le misure di prevenzione e di sequestro adottati ai sensi dell'articolo 12-sexies, rivelatisi particolarmente efficaci; infine, attraverso l'approfondimento delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette e le ispezioni antiriciclaggio.
  Nel corso del 2013 sono state condotte quasi 4 mila indagini patrimoniali nei confronti di circa 9 mila posizioni, che hanno consentito di avanzare all'autorità giudiziaria proposte di sequestro per oltre il 5,2 miliardi di euro, ovvero il 73 per cento in più rispetto al 2012 (allorché fu proposto il sequestro di beni per un valore di 3 miliardi di euro), di cui quasi 4 miliardi nella forma di misure di prevenzione previste dal codice antimafia.
  Risulta in continua crescita anche il valore dei patrimoni complessivamente sottratti alla criminalità, ove si consideri che nell'ultimo biennio i sequestri e le confische hanno raggiunto la soglia di 8 miliardi di euro, un miliardo in più rispetto al 2010-2011.
  Nella ricostruzione degli interessi finanziari delle strutture criminali un ruolo chiave è svolto, dunque, dal monitoraggio dei flussi finanziari che richiede l'impiego delle migliori professionalità, piena sinergia operativa e totale circolarità informativa, onde assicurare un approccio investigativo a 360 gradi rispetto ai vari fenomeni illeciti.
  Il Corpo, inoltre, guarda con favore alle strutture interforze e a ogni forma di sinergia e collaborazione con le altre forze di polizia, che consenta di valorizzare le diverse capacità ed esperienze professionali e nel contempo evitare duplicazioni e sovrapposizioni nel rispetto delle prerogative di ciascun organismo.
  In tale contesto, però, il Corpo rivendica la propria primazia nell'azione di aggressione ai patrimoni illeciti, che trova fondamento nelle peculiari attribuzioni di polizia economico-finanziaria che il legislatore Pag. 11gli ha conferito e che costituiscono un unicum nel panorama istituzionale.
  In tale ottica, il comando generale ha recentemente elaborato un sistema denominato «Geodas» in grado di integrare le risultanze dell'attività operativa dei reparti con analisi, dati statistici e indicatori provenienti anche da fonti esterne e, al contempo, di contestualizzare l'attività dell'unità operativa rispetto alle diverse realtà territoriali, al fine di calibrare in modo selettivo le necessarie attività investigative.
  Sul piano organizzativo, un ruolo primario nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata è svolto dal servizio centrale investigazione criminalità organizzata (SCICO), che opera a stretto contatto con le unità territoriali del Corpo e, in particolare, con i gruppi di investigazione sulla criminalità organizzata (GICO), interlocutori privilegiati delle direzioni distrettuali antimafia.
  L'attività del servizio centrale si caratterizza, in particolare, per il supporto fornito nello sviluppo delle investigazioni patrimoniali, sfruttando anche le grandi potenzialità offerte dall'applicativo «Molecola» che consente di elaborare e incrociare agevolmente masse di dati riferibili a un numero elevato di soggetti secondo metodologie standardizzate, fare emergere correlazioni dirette e indirette fra persone fisiche e giuridiche, confrontare situazioni economico-patrimoniali diverse ed eseguire l'approfondimento interattivo delle movimentazioni bancarie e finanziarie riconducibili a ogni soggetto.
  Sul versante dell'antiriciclaggio è il nucleo speciale di polizia valutaria a condurre l'analisi investigativa delle segnalazioni di operazioni sospette, il cui successivo approfondimento può essere oggi delegato a tutti i reparti del Corpo.
  Nel 2013, al predetto nucleo speciale sono pervenute dall'unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia circa 85 mila segnalazioni, quasi il 40 per cento in più rispetto al 2012. Inoltre, a fronte di un totale di oltre 13.500 accertamenti condotti in uno stesso anno, circa il 50 per cento ha avuto esito positivo, essendo emersi collegamenti con fattispecie di reato a scopo di lucro. In 170 casi, le segnalazioni sono confluite in procedimenti penali instaurati per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
  Il circuito delle segnalazioni sospette, sebbene abbiano mostrato una crescita esponenziale di oltre il 400 per cento dall'entrata in vigore del decreto n. 231, è caratterizzato da ampi margini di miglioramento, considerato che la capacità diagnostica degli intermediari finanziari e degli altri operatori tenuti a segnalare le operazioni anomale non è ancora pienamente soddisfacente.
  Per esempio, gli uffici della pubblica amministrazione, ancora poco attivi nell’iter segnalativo, potrebbero rappresentare dei fondamentali sensori sul territorio per l'individuazione di comportamenti illeciti. Analoghe considerazioni valgono per talune categorie di liberi professionisti, spesso coinvolti in operazioni ad alto impatto economico-finanziario. Mi riferisco alle compravendite immobiliari e alle cessioni di quote societarie.
  Peraltro, recenti modifiche procedurali, proposte dalla Guardia di finanza di concerto con l'unità di informazione finanziaria e approvate lo scorso dicembre dal comitato di sicurezza finanziaria, consentiranno di generare un feedback più tempestivo verso i soggetti destinatari della normativa, favorendo un affinamento dei filtri valutativi e indirizzando gli obblighi di segnalazione verso contesti investigativi più rilevanti.
  Appaiono, altresì, significativi i risultati delle ispezioni antiriciclaggio che il Corpo pianifica annualmente nei confronti degli intermediari finanziari, dei professionisti e di talune categorie di operatori non finanziari, in primis compro oro e case da gioco per controllare il rispetto dei presidi antiriciclaggio. Nel 2013 sono state eseguite 396 ispezioni della specie, denunciando all'autorità giudiziaria 476 responsabili per violazioni alla normativa di settore.
  Sotto il profilo operativo, particolare attenzione viene rivolta ai circuiti finanziari non bancari, tra cui i cosiddetti money transfer, sempre più frequentemente Pag. 12utilizzati – come risulta dalle investigazioni – per il trasferimento di consistenti somme di denaro provenienti da traffici illeciti.
  Si tratta di sportelli finanziari sorti per agevolare le rimesse in patria di emigranti extracomunitari, che si sono diffusi in Italia in maniera esponenziale. Nel 2012, le rimesse degli emigranti dall'Italia verso l'estero sono state pari a 6,8 miliardi di euro, cioè lo 0,5 per cento del PIL italiano. A riguardo, particolare attenzione è riservata ai trasferimenti verso la Cina, che costituiscono circa un terzo del totale in uscita dal nostro Paese e che hanno un peso notevole nella dinamica complessiva delle rimesse degli ultimi 5 anni.
  Tecnicamente, il money transfer è un canale alternativo a quello bancario che permette di movimentare denaro contante attraverso operazioni di compensazione effettuate da operatori finanziari, ovviamente scollegati tra di loro, attraverso un circuito internazionale gestito principalmente da note multinazionali, fra le quali le statunitensi Western Union e Money Gram.
  Nel dettaglio, il fenomeno risulta strutturato su tre livelli: le multinazionali, che gestiscono la rete e i sistemi di trasferimento; gli agenti, che operano nei singoli Paesi attraverso apposite convenzioni per conto di istituti di pagamento nazionali iscritti nell'albo della Banca d'Italia o comunitari; i subagenti, che rappresentano i punti vendita a diretto contatto con la clientela.
  L'anello fragile della catena è rappresentato dalla categoria dei sub agenti, che operano, di norma, nell'ambito delle attività commerciali principali (ad esempio supermercati, cartolerie o rivendite di tabacchi) e che, anche in ragione di tale mancanza di specializzazione, concorrono, talvolta inconsapevolmente, all'effettuazione di operazioni di trasferimento di ingenti disponibilità di dubbia liceità, frazionate grazie all'uso di prestanome o di false identità.
  Sul piano regolamentare, i money transfer, pur essendo inseriti all'interno del sistema di trasferimento fondi, hanno mostrato delle criticità in quanto tenuti all'osservanza di presidi antiriciclaggio affievoliti a causa di una normativa comunitaria poco stringente.
  Sul versante della cooperazione internazionale, la competenza specialistica del Corpo viene adeguatamente valorizzata, nella piena consapevolezza dell'estensione oltre confine degli interessi della criminalità, pronta a investire dove la legislazione è meno stringente e i mercati sono in grado di offrire maggiori potenzialità di guadagno.
  In tale scenario, la Guardia di finanza promuove una costante attività di cooperazione, utilizzando strumenti di polizia o di mutua assistenza amministrativa o ancora mediante l'attivazione della rete degli esperti e degli ufficiali di collegamento distaccata all'estero presso ambasciate e organismi internazionali. Tali ufficiali hanno assicurato una preziosa funzione di facilitatori dei rapporti con gli omologhi servizi degli Stati in cui sono accreditati, permettendo il consolidamento strategico della collaborazione internazionale.
  Nel 2013 sono state trattate complessivamente 7.821 richieste di collaborazione internazionale. Parallelamente, il Corpo partecipa, insieme alle altre forze di polizia, alle task force italo-tedesca, italo-svizzera e italo-francese, contribuendo a rafforzare la cooperazione internazionale nella lotta alle organizzazioni mafiose.
  Il dispositivo di contrasto alle attività criminali transfrontaliere potrà sicuramente beneficiare della nuova direttiva in materia di congelamento e confisca dei proventi del reato dell'Unione europea, approvata lo scorso 25 febbraio dal Parlamento europeo. Il provvedimento, tuttavia, consente il sequestro e la confisca dei beni solo in ambito penale. L'auspicio è che in futuro possano essere avviati ulteriori percorsi di armonizzazione degli ordinamenti dei Paesi dell'Unione, affinché le decisioni di sequestro e confisca dei patrimoni di origine criminale possano includere anche le misure di prevenzione patrimoniale disposte dalla magistratura italiana.Pag. 13
  In questa prospettiva, il prossimo semestre di presidenza italiana dell'Unione europea rappresenta una preziosa occasione per sostenere ogni forma progettuale orientata verso tale obiettivo. A riguardo, il Corpo fornirà ogni utile supporto nell'ambito dei gruppi di studio e di lavoro appositamente istituiti in materia di contrasto alla criminalità organizzata.
  Gli strumenti che il vigente quadro normativo mette a disposizione per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati risultano sicuramente efficaci e pongono la Guardia di finanza all'avanguardia, a livello nazionale e internazionale, nella lotta alle mafie.
  Allo scopo di rafforzare e valorizzare ulteriormente le prerogative del Corpo, recentemente è stata data attuazione a un importante intervento di carattere strategico. Sono state, infatti, istituite delle articolazioni specialistiche nell'ambito dei gruppi di investigazione sulla criminalità organizzata dislocati sul territorio, che sono deputati in via esclusiva all'esecuzione di indagini finalizzate all'applicazione di misure di prevenzione.
  Tale iniziativa è stata accompagnata dalla redazione di un manuale operativo in materia di contrasto alla criminalità organizzata, distribuito anche presso le procure della Repubblica, con cui si è inteso favorire la capillare diffusione della cultura dell'investigazione patrimoniale, e in tutte le unità operative la Guardia di finanza.
  Signor Presidente, ho l'impressione che si sia fatto tardi, quindi passerei direttamente alle proposte. Non so di quanto tempo dispongo.

  PRESIDENTE. Lei dispone di tutto il tempo necessario. Il problema è che siamo sottoposti agli orari di Aula di due Camere. Il bicameralismo, che è alla base di questa Commissione, crea qualche disagio anche a noi. I deputati sono dovuti rientrare in Aula. Tuttavia, hanno avuto tutti la relazione. Penso, comunque, che sia giusto completare l'audizione. Eventualmente, possiamo valutare se vederci un'altra volta per rivolgerle le domande.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Certo. Non è un problema.

  PRESIDENTE. I senatori possono finire di ascoltare la relazione per poi rivolgerle delle domande. Rimandiamo, però, le risposte alla prossima volta, insieme alle eventuali ulteriori domande.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Passo, quindi, a illustrare alcune proposte.
  Nell'ultimo biennio, abbiamo avanzato proposte di misura ablative finalizzate all'applicazione di misure di prevenzione ai sensi del Codice antimafia per oltre 6 miliardi di euro ed eseguito sequestri per circa 3 miliardi di euro.
  Nella prospettiva di incrementare ulteriormente l'efficacia del dispositivo di contrasto patrimoniale, un primo intervento potrebbe consistere nell'estensione della titolarità della proposta di applicazione delle misure di prevenzione al comandante provinciale della Guardia di finanza, in analogia con le potestà oggi riconosciute al questore, al direttore della DIA e al procuratore della Repubblica.
  Si tratta di una misura che, oltre a consentire un più tempestivo avvio della procedura, creerebbe, di riflesso, economie organizzative presso gli uffici dei pubblici ministeri gravati da carichi di lavoro eccessivi.
  A tal riguardo, l'attuazione della norma del codice antimafia, che prevede l'istituzione del registro delle misure di prevenzione presso le segreterie delle procure della Repubblica, consentirebbe di realizzare un più efficace raccordo tra l'autorità giudiziaria e le forze di polizia. Nel solco dei consolidati orientamenti espressi dalla giurisprudenza di merito, un'ulteriore iniziativa potrebbe sostanziarsi nell'integrazione del citato codice, affinché tra le attività delittuose presupposte per l'applicazione di misure di prevenzione siano espressamente contemplati anche i più gravi reati tributari.
  I meccanismi fraudolenti fondati su fatturazioni inesistenti e sulla falsificazione Pag. 14delle scritture contabili e societarie possono, infatti, provocare effetti pregiudizievoli in termini di tutela dell'affidamento dei terzi negli scambi commerciali e favorire ulteriori condotte illecite, in primis la corruzione, consentendo la costituzione di fondi neri mediante la creazione di fittizi rapporti commerciali tra diverse società.
  A fattor comune, le citate fattispecie criminose possono essere considerate reati spia, al pari delle condotte usurarie ed estorsive, e strumentali a manovre di penetrazione mafiosa all'interno dell'economia legale e degli appalti pubblici. In una logica criminale più raffinata, le fatture false costruiscono il «reato mezzo» che, attraverso una rappresentazione di bilancio non veritiera, permettono di accumulare provviste occulte funzionali alla realizzazione di azioni corruttive (che potremmo definire «reato fine di primo livello») e il controllo dei gangli vitali della pubblica amministrazione.
  In tale direzione, appare auspicabile la previsione di un apparato penal-sanzionatorio di maggiore rigore, a partire dalla fattispecie del falso in bilancio, nonché l'introduzione di aggravanti specifiche nell'ambito dei delitti previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000, qualora le condotte siano strumentali alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione o previste dal noto articolo 51, comma 3-bis.
  Per altro verso, si reputa opportuno procedere a una revisione dell'articolo 67 del codice antimafia. Attualmente, infatti, le misure interdittive sono applicabili alle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in appello per uno dei delitti di cui al citato articolo 51, comma 3-bis. Un'anticipazione al primo grado di giudizio garantirebbe una maggiore tutela dal rischio di infiltrazioni nel substrato economico e sociale di soggetti anche solo in odore di mafia.
  Una più ampia riflessione merita il rilascio della documentazione antimafia da parte delle prefetture, che dovrebbe contemperare l'esigenza di intercettare cause impeditive o tentativi di infiltrazione mafiosa nei circuiti economici, con la necessità di assicurare la celerità dell'istruttoria, specie in presenza di imprese già censite. In questo senso si auspica la creazione in tempi brevi della prevista banca dati della documentazione antimafia, nella quale è necessario che confluiscano le informazioni concernenti le attività di polizia giudiziaria concluse o in corso.
  Si potrebbe, inoltre, ipotizzare una forma di validità sine die della documentazione in argomento, a condizione che non intervengano mutamenti delle figure rilevanti e della compagine amministrativa, gestionale o proprietaria che la parte privata interessata dovrebbe comunicare tempestivamente alle autorità competenti.
  Un sistema così configurato, supportato dall'adozione di adeguate misure sanzionatorie, ordinarie ed accessorie, in caso di inosservanza dei predetti obblighi comunicativi potrebbe essere ulteriormente potenziato da rapidi controlli mirati ex post, ad opera di gruppi interforze istituiti presso le prefetture, che, per tali finalità, avrebbero la possibilità di consultare la costituenda banca dati.
  Da ultimo appare necessario ottimizzare anche il processo di erogazione dei contributi pubblici, prevedendo che i requisiti attualmente fissati per il beneficiario del finanziamento siano estesi ai suoi eventuali fornitori, abbassando la soglia stabilita dal codice antimafia (che è di 150 mila euro) per l'avvio dei riscontri antimafia nei confronti dei soggetti richiedenti. Tutto ciò attraverso una piena condivisione del patrimonio informativo contenuto nell'istituenda banca dati sulla documentazione antimafia, in cui dovrebbero altresì confluire tutte le informazioni relative alle istanze di contributi e i conseguenti esiti, in modo da tracciare ogni fase del procedimento di erogazione e soprattutto le eventuali criticità o compromissioni già riscontrate.
  Si eviterebbe così la reiterazione di irregolarità o indebite percezioni a opera di soggetti interessati alla realizzazione del progetto. Nella medesima prospettiva si Pag. 15ritiene opportuno estendere l'obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari per tutte le tipologie di finanziamento pubblico. In particolare, lo sviluppo delle investigazioni potrebbe essere supportato da un sistema di rilevazione informatizzata dei dati concernente le modalità di pagamento e i soggetti coinvolti nella transazione, quindi nel progetto finanziato, consentendo l'immediata ricostruzione dell'intera filiera degli operatori intervenuta a vario titolo (istante, fornitore, libero professionista e così via), per poi riscontrare eventuali violazioni e comminare le relative sanzioni, impedendo l'erogazione del finanziamento, ovvero recuperando i contributi indebitamente corrisposti.
  Con riferimento all'amministrazione e alla gestione dei beni aziendali sequestrati o confiscati, la prima difficoltà che l'amministratore dei beni è chiamato ad affrontare riguarda il blocco dei finanziamenti praticato dagli istituti bancari, che preclude la continuità dell'attività aziendale già nel momento in cui interviene il sequestro, cui si aggiunge il repentino calo delle commesse e l'inevitabile aumento dei costi di gestione dovuto al processo di legalizzazione dell'azienda.
  In proposito, sarebbe opportuno anticipare la possibilità di vendita delle aziende all'atto della confisca di primo grado, superando così l'inefficienza dovuta al lungo lasso di tempo che spesso intercorre tra il provvedimento di sequestro e la confisca definitiva.
  Inoltre, allo scopo di garantire la vitalità, la produttività e il livello occupazionale delle aziende sul mercato è auspicabile la creazione di un fondo di rotazione alimentato dallo stazionamento di risorse nell'ambito nel Fondo unico giustizia, affinché sia assicurata la continuità dell'accesso al credito bancario delle aziende; l'istituzione di un elenco dei manager specializzati nella gestione delle aziende sequestrate e confiscate, da cui l'Agenzia, e ancor prima, ove necessario, il giudice, possa attingere specifiche professionalità, in attesa che venga emanato il regolamento per l'attuazione dell'albo nazionale gli amministratori giudiziari e della relativa sezione di esperti in gestione aziendale; la creazione di una vera e propria holding a struttura flessibile che, avvalendosi anche in questo caso di figure manageriali, operi secondo logiche prettamente imprenditoriali, eventualmente mutuando il modello operativo di una società di gestione del risparmio, recentemente costituita e interamente posseduta dal Tesoro, che, mettendo in collegamento il settore pubblico con quello privato, miri alla valorizzazione del patrimonio attraverso la gestione di appositi fondi di investimento.
  Un ulteriore spunto propositivo attiene alla possibile introduzione di forme di premialità fiscali in favore di coloro che si rivolgono a tali aziende per le prestazioni di lavoro, servizi o forniture, nonché agevolazioni fiscali per queste ultime, attraverso la previsione di crediti d'imposta e canali preferenziali nell'assegnazione di commesse pubbliche in via d'urgenza.
  Altro aspetto di rilievo è rappresentato dall'esistenza di numerose ipoteche sui beni sequestrati e confiscati. Si tratta di dinamiche che non sfuggono all'attenzione della Guardia di finanza, soprattutto nell'ottica di prevenire possibili infiltrazioni della criminalità nel sistema bancario. Talune esperienze investigative hanno, infatti, confermato fenomeni collusivi e compiacenza tra dipendenti di banche e appartenenti alle organizzazioni malavitose.
  Ne è riprova l'attività condotta dallo SCICO e dal nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, denominata «Miseria e Nobiltà», dalla quale è emerso che un personaggio di spicco della ’ndrangheta, con l'ausilio di due soggetti, uno dei quali funzionario di un importante istituto di credito operante nella capitale, aveva creato un efficace sistema per ottenere i mutui e finanziamenti da reinvestire nell'acquisizione di attività commerciali, e soprattutto per rientrare in possesso dei propri beni immobili, sottoposti a confisca, attraverso l'asta fallimentare.
  Il modus operandi dell'organizzazione si basava essenzialmente sulla produzione di falsa documentazione, allo scopo di rappresentare l'operatività delle persone Pag. 16giuridiche e le effettive percezioni di reddito da parte delle persone fisiche che sarebbero figurate quali contraenti nei contratti di finanziamento, nonché a supportare le richieste di finanziamento presso gli istituti di credito della capitale, attraverso l'intermediazione diretta o indiretta del funzionario di banca coinvolto.
  Ciò posto, talune soluzioni migliorative dell'attuale sistema potrebbero essere individuate: nel potenziamento delle analisi di rischio preventive da parte della Banca d'Italia finalizzate a far emergere anomalie meritevoli di approfondimenti investigativi e nell'attività di riscontro ex post da parte dell'organo giudicante con il coinvolgimento della polizia giudiziaria e della Guardia di finanza in particolare, volto ad ottenere un più efficace quadro di valutazione circa la buona fede del terzo che vanta un diritto di garanzia sui beni confiscati.
  Si tratta, quindi, di ricostruire l’iter istruttorio, rilevando eventuali patologie nel concedere certi rapporti di garanzia; evidenti, anche in tal caso, le connessioni con i presidi antiriciclaggio cui sono sottoposte le banche.
  Il Corpo è, comunque, già attivo su questo fronte. Di concerto con l'Unità di informazione finanziaria, sono in corso mirati studi diretti a individuare e classificare quei comportamenti che possano risultare anomali sulla base di diversi indicatori (modalità di esecuzione, entità delle transazioni, profili soggettivi, relazioni economico-patrimoniali).
  L'obiettivo è quello di agevolare i soggetti sottoposti agli obblighi di collaborazione nell'individuazione delle condotte a rischio e conseguentemente l'intervento degli organi investigativi, primo fra tutti il nucleo speciale di polizia valutaria.
  Se l'obiettivo di ogni analisi di rischio è garantire la piena tracciabilità di tutti i beni materiali o immateriali che hanno una loro significatività economica, ne discende la necessità di creare un flusso informativo preferenziale a beneficio degli organi investigativi che svolgono prioritariamente accertamenti di natura patrimoniale.
  Sul punto, appare utile avanzare proposte di modifiche volte a prevedere, da un lato, che i comuni forniscano periodicamente anche ai comandi provinciali della Guardia di finanza l'elenco delle licenze rilasciate e le comunicazioni di avvio e cessione di attività commerciali, alimentando un'apposita base dati in grado di monitorare i relativi passaggi; dall'altro, l'espressa indicazione per ogni operazione di trasferimento dell'attività commerciale anche del prezzo corrisposto, delle modalità di pagamento e dei titolari effettivi delle transazioni, in linea con quanto già avviene in materia di appalti e antiriciclaggio. Un esempio emblematico della fragilità del sistema è rinvenibile nell'operazione citata in precedenza, condotta nei confronti del clan Contini nell'area campana.
  Tale iniziativa, laddove accolta, potrà trovare un momento di sintesi nell'ambito di altre ipotesi di lavoro al momento ancora in fase di sviluppo, finalizzate a implementare il sistema di indagine del Ministero dell'interno, in cui si vorrebbero far confluire notizie e informazioni in possesso della pubblica amministrazione considerate rilevanti ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o per la prevenzione e la repressione della criminalità.
  Le esperienze operative suggeriscono, inoltre, l'opportunità di migliorare e potenziare il sistema di tracciabilità finanziaria delle operazioni, come evidenziato in precedenza, con riferimento al contrasto del traffico di stupefacenti.
  A tal fine si auspica l'estensione alla Guardia di finanza dell'accesso all'archivio dei rapporti con gli operatori finanziari, con le modalità di interrogazione massiva già previste per l'Agenzia delle entrate, allo scopo di consentire la selezione delle posizioni a rischio da sottoporre a investigazioni antimafia e antiriciclaggio.
  Appare opportuno, altresì, far dialogare in maniera organica e sistematica i database informativi detenuti per finalità apparentemente diverse, ma che, sinergicamente Pag. 17utilizzati, garantirebbero un valore aggiunto alle strategie di contrasto alla criminalità economica organizzata.
  Ciò potrebbe realizzarsi mediante l'introduzione di una disposizione che imponga il travaso nel predetto archivio dei rapporti di tutti i dati oggi presenti negli archivi unici informatici degli intermediari finanziari, senza alcuna limitazione.
  Sarebbe proficuo, nel contempo, che l'archivio unico informatico venisse integrato da specifiche informazioni relative, a titolo esemplificativo, all'utilizzo di banconote di taglio elevato da 500 a 200 euro per operazioni di versamento e prelevamento in contanti, laddove la soglia prevista per la registrazione è 15 mila euro, fatte salve le operazioni frazionate.
  I dati empirici offrono lo spunto per una riflessione sulla necessità di contrastare più efficacemente il proliferare di schermi giuridici ubicati in Paesi non collaborativi, che contribuiscono alla complessiva opacità del sistema finanziario. Si ritiene proficua in proposito la costituzione di registri camerali dedicati al censimento dei trust domestici o esteri in cui vi sia comunque il coinvolgimento di un soggetto nazionale. Parallelamente, potrebbe essere resa obbligatoria, con riferimento a tutte le tipologie di entità giuridiche, l'indicazione dei titolari effettivi, dato non agevolmente disponibile in presenza di catene societarie che localizzano l'ultimo anello della catena all'estero, e in particolare in Stati scarsamente trasparenti o addirittura opachi.
  Mutuando approcci ormai ben radicati nella prospettiva fiscale, si ritiene opportuno prevedere flussi informativi automatici diretti alle unità specialistiche del Corpo da parte dei soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio, avendo ad oggetto tipologie di operazioni a rischio preventivamente tipizzate dal legislatore, in collaborazione con gli organi investigativi e con l'unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia.
  Si ritiene non più procrastinabile l'attività di «manutenzione straordinaria» del decreto legislativo n. 231 del 2007, con l'obiettivo di creare un impianto sanzionatorio antiriciclaggio realmente dissuasivo ed efficace. Si evidenzia, in particolare, la necessità di disincentivare ulteriormente l'utilizzo del contante, ancora piuttosto diffuso nel nostro Paese rispetto alla media europea, valutando contestualmente un inasprimento delle sanzioni amministrative previste in materia, in linea di continuità con quanto stabilito in tema di circolazione transfrontaliera di valuta, cui si affianca la necessità di prevedere la piena tracciabilità delle operazioni che vedono coinvolte particolari categorie soggettive a rischio di riciclaggio (compro oro, gallerie d'arte, case da gioco), accompagnata alla tenuta di conti correnti dedicati.
  Con particolare riferimento ai compro oro, si potrebbe individuare uno specifico codice attività utile a mappare la categoria economica in argomento, così come l'istituzione di uno specifico registro o elenco. Potrebbe essere, poi, valutata la costituzione di un organismo ad hoc cui demandare specifiche attività regolamentari di vigilanza, eventualmente estendendo il perimetro di competenza anche ai cosiddetti «operatori non finanziari», per i quali non sono previste specifiche autorità di vigilanza di settore ai fini antiriciclaggio.
  Nel solco degli orientamenti espressi dagli organismi internazionali (OCSE, FMI, Gruppo di azione finanziaria internazionale) si conferma la necessità di introdurre nel nostro ordinamento una norma che punisca l'autoriciclaggio dei beni di provenienza delittuosa. La mancanza di una specifica fattispecie incriminatrice assume particolare rilevanza nei procedimenti per associazione a delinquere di stampo mafioso, ove tale vuoto normativo esclude che i sodali che si sono occupati delle operazioni di lavaggio e reinvestimento dei proventi illeciti siano punibili per il reato di riciclaggio in ragione del rapporto di stabile partecipazione all'associazione.
  In quest'ottica, pertanto, la condotta di autoriciclaggio, lungi dal configurarsi come frazione del reato presupposto, ovvero come un mero post factum non punibile, assume un autonomo plusvalore meritevole di sanzione.Pag. 18
  Sul piano generale, in linea con quanto avviene in numerosi altri Stati, ritengo fondamentale individuare ogni opportuno accorgimento idoneo a parametrare la pena da infliggere anche alla gravità del reato presupposto commesso, considerato che al medesimo soggetto si applicherebbero entrambe le sanzioni.
  Mi avvio alla conclusione.
  È di tutta evidenza come il contrasto alle organizzazioni criminali costituisca una grande questione nazionale in quanto l'affidabilità – in altre parole, il rating – di un Paese non si misura solo con riguardo al debito pubblico, ma anche in base al grado di inquinamento dell'economia legale e al livello di legalità e trasparenza che si è in grado di garantire alle imprese nazionali e agli investitori esteri.
  Per essere efficace, oggi la lotta alle mafie richiede una visione d'insieme dei fenomeni illeciti e un costante affinamento delle tecniche di analisi e repressione che, considerata la dimensione internazionale delle organizzazioni criminali, devono necessariamente trovare convergenza anche normativa tra i diversi Stati.
  Piena tracciabilità dei flussi finanziari e trasparenza degli assetti societari; utilizzo integrato delle informazioni disponibili nei vari segmenti operativi; monitoraggio sistematico delle operazioni a rischio; ricorso alle misure di prevenzione patrimoniali; ampia collaborazione tra gli organi investigativi, nel rispetto delle competenze di ognuno, sono i requisiti indefettibili di una moderna ed efficace politica di contrasto alla criminalità organizzata, soprattutto a quella di stampo mafioso.
  Tutto ciò comporta notevoli e quotidiani sacrifici da parte del personale, che tuttavia – mi sia consentito – non appare adeguatamente ricompensato in termini economici. È, pertanto, auspicabile che a tutte le forze del comparto sicurezza e difesa venga dedicata l'attenzione che meritano.
  Al cospetto di un consesso così autorevole mi preme, infine, confermare il massimo impegno della Guardia di finanza a proseguire con determinazione, lungo un cammino tutt'altro che agevole, con la consapevolezza di poter fare affidamento non solo sul profondo senso dello Stato e sulla professionalità di tutti appartenenti al Corpo, ma anche sulla fiducia e sul sostegno delle istituzioni.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, generale. La velocità non ci ha impedito di apprezzare la puntualità e la precisione della sua relazione, oltre che di verificare ancora una volta il grande lavoro svolto dalla Guardia di finanza, dal quale emergono elementi di analisi molto importanti. Credo che sia apprezzabile soprattutto la parte propositiva, alla quale questa Commissione lavora. Ci sentiamo, quindi, di dire che è stato un tempo veramente ben occupato.
  La ringraziamo anche per la disponibilità a tornare in un'altra occasione. Approfitterei, però, del tempo che abbiamo. Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BUEMI. Generale, la sua relazione merita sicuramente una valutazione più approfondita di quella che si può fare, rapidamente, in questa sede. Emerge una curiosità, che non è soltanto un prurito, ma un bisogno di una risposta per una valutazione più specifica. Mi riferisco alle ispezioni effettuate nei compro oro e nelle case da gioco.
  Vedo che le ispezioni sono state 396 e i responsabili denunciati per violazione a norme del settore 476. Ora, questo dato già di per sé indica qualcosa. Vorrei, però, capire, su 396 ispezioni, quante aziende sono state coinvolte. Mi riferisco alle aziende, poi è ovvio che all'interno dall'azienda c’è la responsabilità penale del titolare o di altri soggetti. Chiedo questo per capire, appunto, se quel settore è tutto da verificare oppure c’è un margine di attività lecita.
  Sulle altre questioni tornerò, eventualmente, la prossima volta, quando lei sarà disponibile.

Pag. 19

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Quelli che lei richiama sono due dati diversi.

  ENRICO BUEMI. Leggo, a pagina 25, il terzultimo capoverso: «Appaiono significative (...) in primis compro oro e casa da gioco». Dopodiché, leggo che nel 2013 la Guardia di finanza ha eseguito 396 ispezioni della specie, cioè compro oro e case da gioco. Spero di aver letto bene.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Nel caso specifico, ha letto bene. Ci riferiamo, però, alle ispezioni antiriciclaggio, che è diverso. I compro oro oggi sono tenuti soltanto a segnalare le operazioni ritenute sospette. Ci sono diverse proposte – anche se devo dire che il fenomeno è leggermente in calo in questo momento – con delle modifiche normative che andrebbero introdotte per meglio monitorare questo settore.
  È vero che sono tenuti a ottenere la licenza dal questore e che sono richiesti alcuni requisiti di onorabilità, di professionalità e così via, con un registro dedicato e quant'altro, ma non basta. Occorre che questi soggetti vengano coinvolti a pieno titolo nella normativa antiriciclaggio e non soltanto in modo settoriale, come avviene in questo momento.
  Questa è un'area che stiamo monitorando molto attentamente proprio perché siamo consapevoli della sensibilità del settore. Le faccio un esempio. Dovremmo prevedere che tutti questi soggetti vengano chiamati a rispettare anche la normativa sul trasporto, sul trasferimento dell'oro all'estero e così via. Abbiamo fatto diverse proposte. Allo stato attuale, per la Guardia di finanza i compro oro – fatta eccezione per ciò che ho richiamato in precedenza – rappresentano una delle tante categorie di imprese soggette ai comuni obblighi contabili. Tuttavia, considerata la delicatezza del settore, siamo dell'avviso che andrebbe fatto qualcosa in più sul piano normativo.
  Ancora una volta, sussiste il problema del contante. Insistiamo su questo profilo, come Guardia di finanza, perché la tracciabilità, e quindi la ricostruzione dei flussi finanziari è un pilastro essenziale per qualsiasi attività di ricostruzione dei patrimoni illeciti. Se, infatti, non si ricostruissero i flussi finanziari, il lavoro svolto verrebbe in parte vanificato. La ricostruzione del flusso finanziario fornisce una certezza intorno alla quale è possibile costruire un qualsiasi ragionamento di tipo probatorio. Se, invece, questa certezza manca, le ipotesi o le presunzioni sul piano probatorio non reggono.

  ENRICO BUEMI. Sempre su questa linea, oggi pomeriggio abbiamo audito il consigliere Greco in Commissione giustizia. Alla domanda sulla tipologia degli atti di evasione per riciclaggio, il procuratore non ha saputo rispondere perché il dato non era in suo possesso. Vorrei chiedere, quindi, se è in vostro possesso il dato quantitativo per singola operazione di riciclaggio.
  Conosciamo la media, se colleghiamo il quantum rispetto il numero di procedure. Mi interessava, invece, conoscere l'elemento dimensionale prevalente di ogni singolo atto di riciclaggio per valutare se è il caso di inserire una normativa che consenta di selezionare. Da ciò che mi risulta, i casi di segnalazione per operazioni bancarie sospette sono moltissimi (circa 100 mila, stando a quanto ha detto il consigliere Greco). Questi, però, impediscono un accertamento delle situazioni.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Probabilmente, 100 mila segnalazioni rappresentano è la stima di quest'anno. Come Guardia di finanza sono state quantificate 95 mila segnalazioni di operazioni sospette (SS.OO.SS.) nel 2013, destinate sicuramente ad aumentare.
  Infatti, come ho accennato nella relazione, il Corpo ha avviato un confronto con la Banca d'Italia per individuare delle possibili soluzioni rispetto ad un carico di segnalazioni non più sostenibile, ipotizzando anche eventuali responsabilità.
  Tornando, invece, alla sua domanda, il dato non è misurabile perché molto spesso Pag. 20il riciclaggio finisce là dove inizia l'evasione. Di fronte all'acquisizione di prove di un possibile riciclaggio, spesso si registra la confessione del soggetto investigato che le somme contestate sono frutto di evasione. In questo caso, laddove si escludano altre responsabilità penali, sarà contestata un'infedele o un'omessa dichiarazione.
  Non sono a conoscenza della risposta fornita dal consigliere Greco, ma il fenomeno non è misurabile o comunque potrebbe essere stimato solo in via presuntiva e non oggettivamente riscontrabile, in quanto i risultati dipenderebbero dal metodo adottato, per cui si potrebbe indicare con molta approssimazione il 10 o il 20 per cento.
  Le posso dire che le sentenze di riciclaggio sono quantitativamente poche. Questo è un dato oggettivo.
  Da qui anche la necessità, che più volte è stata proposta e di cui il Parlamento si sta occupando, di una modifica degli articoli 648-bis e 648-ter perché la difficoltà che si incontra in sede giudiziaria è di provare la conoscenza della provenienza illecita dell'importo riciclato, spesso molto difficoltosa.
  Per quanto riguarda l'aspetto fiscale, che è un elemento strettamente connesso al fenomeno del riciclaggio, stante la diversità di sanzioni (la massima per la parte fiscale è di 6 anni; per il riciclaggio è il doppio), è chiaro che l'autore del reato ha tutta la convenienza a dichiararsi un evasore e non un riciclatore. C’è, poi, tutto il fenomeno conseguente allo scudo fiscale, che non affrontiamo, a meno che non mi facciate una domanda specifica.

  PRESIDENTE. Vorrei porle una domanda molto semplice. L'inserimento del reato di autoriciclaggio sarebbe un impedimento ad eventuali rientri ?

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Ritengo di no. Molto dipenderà dalla formulazione della norma. Se da un lato si pensa di far rientrare il capitale e poi se ne sanziona il ritorno con l'autoriciclaggio, è evidente che gli interessati valuteranno attentamente le conseguenze.
  Noi riteniamo – l'abbiamo già detto quando il collega è stato audito dalla Commissione finanze della Camera – che la norma sul rientro dei capitali presenti delle criticità già evidenziate, dovute alla mancanza di certezze sul piano delle conseguenze. Al riguardo, è stato portato l'esempio dei soci di società di persone e l'ipotesi di una diversa configurazione del reato dalla parte del magistrato.
  Di contro, se non ci fosse una perfetta sintonia tra i vari attori che sono preposti alla repressione del fenomeno, si potrebbe verificare il rischio di un'indagine penale in corso da parte della Guardia di finanza o dell'Arma dei carabinieri, di cui l'Agenzia delle entrate non è a conoscenza.
  Era necessario, quindi, un chiarimento di alcuni passaggi del provvedimento normativo per offrire certezze sia a chi deve applicare la norma, sia a chi ha interesse a trarne i benefici.

  ANDREA VECCHIO. Io non ho domande da fare. Vorrei semplicemente complimentarmi per la puntualità della relazione e ringraziare tutta la Guardia di finanza. Sono lieto di aver ascoltato le sue parole. Mi riservo di porle delle domande al prossimo incontro.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Innanzitutto, vorrei complimentarmi anch'io per la relazione e per il grande lavoro che la Guardia di finanza svolge. È sicuramente una delle punte di diamante nel contrasto alla criminalità. Vorrei poi, rivolgerle alcune domande.
  Nella relazione parla di velocizzare la vendita delle imprese confiscate. Stiamo esaminando, in varie Commissioni e sotto vari profili, queste vicende che non sono, però, molto semplici. Peraltro, la vendita sic et simpliciter dei beni confiscati è una strada – quella iniziale della legge La Torre – che è stata subito abbandonata perché era il mezzo con cui la mafia rientrava in possesso dei beni a bassissimo costo. Le chiederei, quindi, una valutazione in più su questo tema.
  Inoltre, visto che siamo nell'ambito delle commissione d'indagine sul fenomeno Pag. 21della mafia e della criminalità organizzata, proprio per la dimensione che hanno assunto le varie forme di criminalità, è evidente che sono ormai transnazionali. I flussi di denaro si muovono non solo in Italia, ma anche all'estero, quindi siamo inseriti in una globalizzazione ante litteram perché, da parte di queste organizzazioni, c'era ancora prima che il termine entrasse nel linguaggio comune.
  Quindi, siamo inevitabilmente coinvolti da ciò che accade nelle immediate vicinanze, là dove abbiamo almeno tre problemi. Uno è sicuramente Malta, che con la crisi di Cipro è diventata una delle più grandi lavatrici del pianeta. È a breve distanza da Catania – io sono siciliano – e sta assumendo un ruolo quantitativamente impressionante.
  L'altro è a neanche mezzo chilometro. Mi riferisco allo IOR, la banca vaticana, che è stata utilizzata per questi scopi, quindi è un problema che dobbiamo affrontare.
  Il terzo punto dolente, che si ricollega anche alla domanda che le ha fatto la presidente, è San Marino, là dove hanno introdotto una norma sull'autoriciclaggio che da alcune parti viene analizzata come una norma ostile alla possibilità di far rientrare i capitali in Italia. Infatti, per far rientrare i capitali in Italia, sembrerebbe – per questo vorrei chiedere un parere a un tecnico – che l'atto di doverli dichiarare nello Stato di San Marino comporti l'immediato sequestro da parte delle autorità di San Marino in base alle loro norme sull'autoriciclaggio. In questo modo, hanno messo un paletto al rientro in Italia di circa 800-900 milioni di euro di capitale. Vorrei, quindi, conoscere anche lo stato della collaborazione con le autorità giudiziarie e non di San Marino, visti gli sviluppi poco tranquillizzanti che abbiamo potuto apprendere negli ultimi mesi.
  Infine, le faccio i complimenti per l'ultima grande operazione che avete fatto oggi a Fiumicino, con il sequestro di 24 chilogrammi di cocaina alla signora Gagliardi. È veramente sconvolgente arrivare dal Sudamerica con un trolley pieno di droga. O la signora si è bevuta il cervello, o qualcosa è andato storto. Ecco, ci aspettiamo di capire cosa è successo, perché non si arriva con 24 chili di droga; non è certo per uso personale. C’è sicuramente un contesto diverso. È un suicidio arrivare a Fiumicino con 24 chili di coca; li vediamo tutti i cani all'ingresso. Pertanto, o voleva finire in galera o si aspettava ben altra accoglienza. Aspettiamo di vedere il vostro ottimo lavoro svilupparsi per capire quale rete c'era dietro questa operazione.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Cominciando dall'ultima domanda, ho saputo dell'operazione mentre venivo qui in macchina. Ovviamente, non faccio commenti. Per noi è un'operazione come tante altre. Non facciamo sconti a nessuno, come è noto. Non ci interessano altre valutazioni. Cerchiamo la droga e se individuiamo chi la porta lo arrestiamo. Staremo, quindi, a vedere cosa emergerà; ci sono delle indagini in corso.
  Procedendo a ritroso, come sa, San Marino è uscito dalla black list, quindi la collaborazione in materia di riciclaggio è buona. Lo scambio di informazione esiste.
  Il discorso che faceva sull'autoriciclaggio non mi risulta, almeno in questi termini. Ad ogni modo, sono stati fatti dei grossi passi avanti. La collaborazione è buona non solo sul riciclaggio; anche in materia fiscale, negli ultimi mesi, c’è stata una collaborazione che va sempre di più implementandosi. Non ha ancora raggiunto i livelli ottimali, per via di profili procedurali da perfezionare. San Marino è stato appena cancellato dalla black list, per cui ci vorrà un po’ di tempo.
  Riguardo all'entità, sulle stime non do giudizi perché non c’è un parametro scientifico. Sono tutte ipotesi che – come ho detto poc'anzi – ognuno fa dal suo punto di vista, con diversi risultati. Certo è che ultimamente con San Marino – problema di cui mi occupo da anni e che non mi è affatto sconosciuto – i rapporti sono veramente buoni. Ne prendiamo, dunque, atto e speriamo che siano ancora migliori in futuro.

Pag. 22

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Lei ha saputo della vicenda Vannucci ?

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Cioè ?

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Il giudice che collaborava con le nostre procure da 23 anni e che è stato rimosso improvvisamente a gennaio.

  PRESIDENTE. Noi siamo la Commissione antimafia del Parlamento italiano, che fa parte dello Stato italiano. Quello che succede a San Marino non ci riguarda, se non nella misura in cui ha delle conseguenze.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Chiedevamo, infatti, dei rapporti di collaborazione.

  PRESIDENTE. Non sta a noi decidere le modalità con le quali vengono utilizzati i magistrati.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Chiedevo della norma sull'autoriciclaggio.

  PRESIDENTE. Si fermi, altrimenti le tolgo la parola. Se deve porre un'altra domanda, lo faccia.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. La considerazione sulla norma antiriciclaggio veniva da esponenti della magistratura italiana. È una norma che è stata approvata in agosto a San Marino. Non l'avete ancora valutata ?

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Presidente, se mi dà un minuto, vorrei rispondere alla prima domanda che trovo molto interessante e per la quale ho una risposta precisa.
  La globalizzazione della criminalità ha fatto sì che la Guardia di finanza inviasse nelle ambasciate italiane più importanti degli ufficiali di grado elevato. Ne abbiamo dislocati attualmente 16, più uno in corso per il Marocco. Abbiamo degli esperti presso le più importanti organizzazioni internazionali, tra cui l'OCSE. Abbiamo, inoltre, fortemente accentuato la collaborazione con gli organismi di sicurezza, sia AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) sia AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), perché su questa materia abbiamo un'alimentazione costante e positiva da parte delle Agenzie, che sta portando a dei risultati operativi molto interessanti.
  È evidente che sui capitali che fluiscono all'estero ci sono delle difficoltà di intercettazione, che derivano da due parametri: la mancata omogeneizzazione delle procedure di carattere sostanziale e procedimentale e la diversità di legislazione e, in alcuni casi, la mancata collaborazione.
  Laddove vi è collaborazione i risultati sono eccellenti. Per esempio, recentemente abbiamo individuato dei trust all'estero, per oltre un miliardo, grazie a un nostro ufficiale distaccato a Londra. Pertanto, se c’è collaborazione, con i colleghi delle agenzie di sicurezza abbiamo le capacità, le professionalità e oltretutto la volontà di arrivare fino in fondo. È chiaro che la sovranità degli Stati è sacra, per cui occorre che gli Stati collaborino, visto che l'attività di intelligence ha dei limiti oggettivi poiché lo spionaggio economico è un reato grave.

  LUIGI GAETTI. Anch'io mi complimento per il lavoro. Un dato chi mi ha lasciato molto perplesso riguarda le ingerenze criminali nel comparto della spesa pubblica. A pagina 12 scrivete che dal punto di vista operativo, nel 2013, vi sono stati 4 mila controlli, di cui oltre il 50 per cento con esito irregolare.
  Secondo me, è un dato allarmante. Allora, vorrei capire se questi 4 mila controlli sono stati random oppure – come immagino – avevate un'idea molto precisa di dove andare a cercare. In caso contrario, potremmo pensare che il 50 per cento delle pratiche sia irregolare, cosa che mi sembra davvero pazzesca.
  Chiedo, infine, alla presidente se posso consegnarle le domande della collega che è andata via.

Pag. 23

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. La ringrazio per la domanda perché mi consente di chiarire due profili. Il primo è che siamo una polizia. Pertanto, come tutte le polizie che si rispettino, svolgiamo la nostra attività sulla base di intelligence e di analisi del rischio. Questi sono i due parametri che utilizziamo. Ovviamente, da un lato, c’è un’intelligence, che è interna, costituita dalle informazioni provenienti dalle Agenzie di informazione; dall'altro, un'analisi di rischio operata internamente al Corpo.
  Detto altrimenti, non possiamo più pensare di andare in giro a cercare senza sapere cosa. Quando interveniamo, lo facciamo su situazioni ben definite a monte. A questo proposito, la Guardia di finanza dispone di reparti che definiamo «speciali» perché «pensanti», nel senso che elaborano progetti, utilizzano le banche dati, fanno analisi di vario genere e incrociano i dati, a partire dai quali sono stati avviati dei progetti, per esempio, sui finanziamenti all'agricoltura o sui dipendenti pubblici che svolgono il doppio lavoro e così via. Le risultanze dei progetti vengono poi inviate ai reparti territoriali, per i successivi interventi.
  Dal mio punto di vista, quindi, il 50 per cento come esito dell'analisi di rischio rappresenta un valore basso. Mi sarei aspettato di più, nel senso che l'analisi presenta ampi margini di miglioramento.
  Mi auguro che in futuro si arrivi al sia il 100 per cento. Il dato, quindi, non deve destare allarmismi, perché è esattamente il frutto di interventi conseguenti a questo tipo di analisi che viene fatta a Roma, a livello centrale, e poi diramata sul territorio.

  FRANCESCO MOLINARI. Oltre a manifestare il mio apprezzamento per l'eccellenza di questo Corpo che ci invidia tutto il mondo e per la completezza della sua relazione, vorrei rivolgerle una domanda secca.
  Sono d'accordo con il collega che la lotta, specialmente in questo campo, si vince se si riesce a comprende il flusso delle informazioni, che passa in ambito informatico. Ho apprezzato molto i progressi che avete ottenuto con l'applicativo «Molecola» e soprattutto con il sistema Geodas, vorrei, però, capire come si integrano con «Serpico» e, prima di tutto, cosa impedisce questa benedetta integrazione delle varie banche dati, che è il punto problematico a livello di tutte le amministrazioni statali.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Sono tra coloro che stanno sostenendo in tutte le sedi questa tesi. L'auspicio è che in futuro ci sia un'unica banca dati. Ovviamente, alcune banche dati possono interagire, altre no.

  LUIGI GAETTI. La Sogei.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di finanza. Come ho detto in altre occasioni, ritengo che per questi servizi si debba coinvolgere una società pubblica, la Sogei appunto, partecipata dal Ministero dell'economia. Per esempio, è auspicabile che la banca dati dell'INPS colloqui con l'Anagrafe tributaria.
  Al di là delle valutazioni politiche che non mi competono, sul piano puramente tecnico si registrano delle difficoltà. Per esempio, risulta al momento difficile interconnettere con altri sistemi informatici la banca dati delle forze di polizia (cosiddetto «SDI», sistema di indagine) in quanto sussistono profili di carattere penale che ne limitano l'accessibilità.
  Tuttavia, questo è lo sforzo che bisogna fare. Come Guardia di finanza lo abbiamo fatto al nostro interno perché tutte le banche dati colloquiano tra di loro.
  Come ho detto alla Commissione finanze della Camera e come dirò la prossima settimana alla Commissione finanze del Senato, noi auspichiamo che ci sia il massimo dei dati concentrati in un'unica banca dati perché di più elementi disponiamo e più informazioni possiamo utilizzare, maggiore sarà la qualità delle analisi di rischio, quindi della percentuale degli interventi con esito positivo.Pag. 24
  Ovviamente, miriamo a innalzare la qualità dei nostri interventi. Tuttavia, essa resta è subordinata alla bontà delle informazioni e alle capacità di fare analisi e di incrociare le informazioni stesse. Se molte di queste informazioni potranno confluire in un'unica banca dati, sarà necessario stabilire precisi filtri e classi di visibilità.
  Per quanto ci riguarda, auspichiamo che la Guardia di finanza abbia la possibilità di accedere a tutte le banche dati, con le cautele per la privacy e quant'altro necessario per un corretto utilizzo. Per una efficace analisi dei fenomeni risulta, infatti, fondamentale acquisire tutte le informazioni disponibili.
  Insomma, maggiore è il numero delle informazioni, migliore sarà il prodotto, anche perché le energie, in termini di disponibilità di uomini, sono minori. Siamo 10 mila in meno rispetto alla forza organica, quindi è evidente che, innalzando la qualità, grazie anche alla professionalità del nostro personale, sarà possibile compensare la carenza organica.
  Non voglio fare qui un'autoesaltazione perché non spetta a me valutare il nostro operato. La difesa del mio personale, però, mi spetta, perché merita la più alta considerazione.

  PRESIDENTE. Organizzeremo il prosieguo dell'audizione. Nel frattempo, le faremo pervenire le domande dei colleghi.
  Nel ringraziare nuovamente il generale Capolupo, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.40.