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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 16 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Agostini Roberta , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Agostini Roberta , Presidente ... 2 
Lattuca Enzo (PD)  ... 2 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 4 
Lattuca Enzo (PD)  ... 5 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 5 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 5 
Dadone Fabiana (M5S)  ... 7 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 8 
Balduzzi Renato (SCpI)  ... 10 
Gitti Gregorio (PI)  ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 14 
Fabbri Marilena (PD)  ... 14 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Famiglietti Luigi (PD)  ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Boschi Maria Elena (PD) , Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Boschi Maria Elena (PD) , Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ... 20 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Boschi Maria Elena (PD) , Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, sulle linee programmatiche.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, sulle linee programmatiche.
  Ricordo che l'audizione era stata avviata nella seduta del 9 aprile scorso. Sono ancora iscritti a parlare i deputati Matteo Bragantini, Enzo Lattuca, Riccardo Fraccaro, Fabiana Dadone, Daniela Gasparini, Giuseppe Lauricella e Marilena Fabbri. Ricordo altresì che l'audizione dovrà avere termine con la replica del ministro all'incirca entro le ore 15.30.
  Do quindi la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, ad iniziare dal collega Enzo Lattuca.

  ENZO LATTUCA. Signor presidente, l'occasione è particolarmente gradita perché abbiamo la possibilità di confrontarci col Ministro, non solo in quanto Ministro per le riforme, ma anche in quanto Ministro per i rapporti tra Parlamento e Governo. Io immagino che la questione dei rapporti tra l'esecutivo e il Parlamento, anche nell'affrontare l'impegnativo percorso di riforme che abbiamo di fronte, sia fondamentale. Credo che l'ultima seduta di questa Commissione ne sia stata una dimostrazione.
  Sul piano delle riforme istituzionali e di quelle costituzionali noi siamo di fronte a un'iniziativa presa dal Governo, che si è concretizzata con il disegno di legge di revisione costituzionale approvata dal Consiglio dei ministri, che è in questi giorni alla discussione della I Commissione del Senato.
  È un'iniziativa da alcuni punti di vista inconsueta, ma sicuramente trasparente e seria per l'obiettivo e l'impegno di portare a termine il percorso. Questo è anche l'impegno di tutti noi, o almeno, mi auguro, della gran parte dei membri di questa Commissione.
  Più volte, anche nella relazione del Ministro e nello stesso Programma nazionale delle riforme di cui abbiamo discusso prima, si fa riferimento a tempi serrati per l'approvazione e per il compimento del percorso delle riforme.
  Come una prima considerazione di merito, vorrei segnalare la necessità che i tempi serrati non si traducano in tempi contingentati. Dico in maniera abbastanza chiara che, a mio parere, il metodo di compressione dei tempi che questa Commissione e l'Aula hanno utilizzato per l'approvazione in prima lettura della nuova legge elettorale (l'Italicum) non è riproponibile per una riforma di revisione Pag. 3della Costituzione, come quella prospettata dalla proposta del Governo.
  Ferma restando la necessità di non cedere rispetto ai tempi serrati, io credo che sia necessario l'impegno da parte del Governo e anche da parte del Presidente di questa Commissione per garantire che ci siano tutte le condizioni affinché i lavori della nostra Commissione si svolgano in un contesto diverso da quello che ha accompagnato l'approvazione della legge elettorale.
  Non sto a ricordare tutti i passaggi, ma dico solo che abbiamo svolto audizioni su una sentenza della Corte costituzionale che non era ancora stata depositata. Abbiamo compiuto una discussione generale su una serie di testi di legge che non erano correlati rispetto al testo base che poi è stato adottato e, di fatto, non abbiamo svolto in sede referente l'esame e la votazione degli emendamenti.
  Sappiamo tutti quali sono state le cause che hanno impedito questa discussione. Io ritengo che il metodo sia fondamentale e che a questa questione, legata ai tempi, sia da aggiungere un altro elemento: il Governo deve limitarsi a individuare alcuni punti fermi fondamentali della riforma e lasciare i margini per migliorare o, comunque, modificare il testo di partenza al Parlamento e, quindi, alle Commissioni, prima e alle Aule poi, che sono gli organi deputati a prendersi la responsabilità di un passaggio importantissimo, con una revisione costituzionale di tale portata come quella in oggetto.
  Io non nascondo un giudizio di merito positivo sull'impianto della proposta di legge che è in discussione al Senato in questi giorni. Condivido anche il punto di partenza dell'analisi che il Ministro ci ha illustrato la settimana scorsa nella sua relazione: la necessità di rafforzare in misura sensibile il potere, la forza e la stabilità del Governo. Io credo che questo sia un obiettivo e che una parte delle mancate soluzioni ai problemi del Paese in questi anni venga da questa debolezza. Tuttavia, credo anche che un rafforzamento del Governo non possa non essere accompagnato da un rafforzamento del Parlamento.
  Non siamo di fronte a una situazione di diritto vigente in cui abbiamo un Governo debole e un Parlamento forte. Noi abbiamo una somma di debolezze. Da una parte, è quindi condivisibile l'intento di rafforzare il potere e l'autorevolezza del Governo. Dall'altra, non si può non agire per rafforzare anche il Parlamento.
  Io ritengo che il superamento del bicameralismo sia un passaggio che ci consente di rafforzare il Parlamento e, quindi, di rafforzare anche il valore della discussione che si fa in particolar modo alla Camera dei deputati.
  Credo tuttavia che non si possa pensare che i meccanismi che abbiamo disegnato per rafforzare il Parlamento, contenuti nella legge elettorale nota come «Italicum», ci consentano di rispondere a questa esigenza. Sia per quanto riguarda il rapporto tra eletti ed elettori, ovvero tra noi parlamentari e i cittadini, sia per quanto riguarda la legittimazione della maggioranza attraverso il meccanismo – che non sto qui a riprendere – del premio alla coalizione con quelle soglie di sbarramento, io ritengo che non siamo di fronte a un disegno di legge che ci consente di raggiungere l'obiettivo di rafforzare il Parlamento, per rafforzare anche la stabilità del Governo.
  Da questo punto di vista, vorrei che ci fosse la presa d'atto da parte del Governo di una necessità, che è quella di andare fino in fondo con il disegno delle riforme e di ristabilire – cosa che mi sembra che in qualche modo si stia facendo – un ordine logico nell'approvazione dei testi dei provvedimenti, che metta prima il superamento del bicameralismo e il ridisegno dell'assetto parlamentare e del rapporto tra Parlamento e Governo, e poi, con un ripensamento alla luce delle novità introdotte con la revisione della Costituzione, il meccanismo elettorale, che consenta di raggiungere quell'obiettivo di cui ho parlato finora.
  Io sono il primo ad aderire alla considerazione che l'equilibrio trovato dai Pag. 4costituenti nel 1948 oggi rischia di essere insufficiente e che se vogliamo difendere la Costituzione si deve modificarla. Dobbiamo tuttavia tener presente che non è pensabile superare quell'equilibrio sostituendolo con nessun equilibrio. Lo dico chiaramente: l'idea che la più vasta delle minoranze, quella che è in grado di arrivare col primo turno al 37 per cento o vincere al secondo turno, possa non solo essere maggioranza di Governo – e fin qui ci siamo –, ma anche forza parlamentare in grado da sola di eleggere il Presidente della Repubblica, e di fatto la maggioranza dei membri della Corte costituzionale e via di seguito, rappresenta un problema di equilibrio che non possiamo non porci. Spero che anche il Governo si faccia carico di questa necessità.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Ministro, la prima questione che vorrei sottoporle riguarda il concetto di maggioranza assoluta. È un concetto contenuto anche nella nostra Carta costituzionale, quella ancora vigente, perché sinonimo di condivisione delle decisioni. È una garanzia che hanno voluto introdurre i nostri padri costituenti. Anche l'elezione del Presidente della Repubblica al quarto scrutinio avviene con maggioranza assoluta.
  Questo è il motivo per cui molti costituzionalisti affermano che nello scrivere la Costituzione i costituenti avevano in mente una legge elettorale di tipo proporzionale. Ovviamente, questo non significa che si debba necessariamente adottare un proporzionale puro, ma piuttosto che si deve adottare un sistema elettorale tendente a rappresentare in Aula la composizione della società dal punto di vista politico.
  Questo è il quadro che è stato delineato. Di conseguenza, le decisioni più importanti, soprattutto quelle riguardanti gli organi di garanzia, si devono prendere a maggioranza assoluta, perché questa è appunto un sinonimo di garanzia, di imparzialità e di condivisione delle scelte.
  Leggendo la proposta di riforma costituzionale del Governo e della maggioranza – una maggioranza un po’ particolare – si nota come il nuovo Senato, a prescindere da come verrà eletto – allo stato sembra un Senato di nominati, più che di eletti, con persone con doppi o tripli incarichi, e questo è forse anche un sinonimo di poca considerazione dell'organo – dovrà svolgere un ruolo di garanzia, cioè intervenire nelle materie più importanti e delicate, perché siano condivise anche con gli enti locali.
  Infatti, su quelle materie molto importanti, tra cui i tributi degli enti locali, interviene il Senato, e la Camera si può discostare dall'opinione del Senato a maggioranza assoluta. Se noi analizziamo questa prospettiva alla luce della legge elettorale, che garantisce a un partito di minoranza nel Paese la maggioranza assoluta alla Camera, questa, Ministro, mi sembra una presa in giro dei requisiti di garanzia e condivisione previsti per alcune scelte in tutte le democrazie occidentali.
  Voglio che lei mi spieghi come questo concetto di maggioranza assoluta, nella prospettiva delle riforme volute dal Governo, possa essere indice di garanzia.
  La seconda domanda è forse un po’ più politica e meno tecnica. Lei, infatti, è un Ministro politico, e non un Ministro tecnico. Lei fa parte del Partito Democratico, un partito che ha nel suo nome giuridico l'aggettivo «democratico», che neanche noi del Movimento 5 Stelle abbiamo utilizzato. È un onere molto gravoso portare l'aggettivo «democratico» nel proprio nome giuridico, come gruppo politico.
  Nelle riforme che vi state apprestando a votare e che state difendendo, vedo un totale allontanamento dai princìpi democratici. Se guardiamo al passato, una legge elettorale così antidemocratica la troviamo nel periodo fascista, anzi la legge Acerbo era migliore di questa, perché almeno non aveva delle soglie di sbarramento. Queste sono soglie di sbarramento che possiamo riscontrare solamente nella legge elettorale turca, dove sono state introdotte durante il periodo dittatoriale.
  Questa è una domanda che le ho fatto anche personalmente, e la rifaccio pubblicamente, perché per me è molto importante. Si tratta di riforme estremamente accentratrici, non distributrici, del potere: Pag. 5il potere non è più condiviso, ma si cerca di accentrarlo, con strumenti molto più rapidi ma meno garantisti. Anche gli organi di rappresentanza sono meno organi di rappresentanza: il Senato diventa un organo di secondo o addirittura di terzo livello, così come le Province. Si tratta, quindi, di un impianto istituzionale fortemente accentratore del potere.
  Mi chiedo e lo chiedo ufficialmente se c’è un'apertura da parte di questa maggioranza nei confronti di quegli strumenti che esistono già e che non sono un'invenzione del Movimento 5 Stelle, ma noi li copiamo dai Paesi virtuosi, e che permettono la condivisione delle scelte fondamentali. Sto parlando in particolare dei referendum propositivo, abrogativo e confermativo senza quorum.
  Le suggerisco, ministro, di andare a vedere il Codice di buone pratiche che è stato redatto dal Consiglio d'Europa, visto che noi siamo antieuropeisti e voi siete europeisti.

  ENZO LATTUCA. Il Consiglio d'Europa non è l'Unione europea.

  RICCARDO FRACCARO. Ne sono membri i Paesi d'Europa. Io non sto parlando dell'Unione europea, ma di Europa.
  Nel Codice di buone pratiche, redatto da una Commissione, tra l'altro, presieduta da un italiano (dovremmo valorizzare certe competenze), si dice che è opportuno eliminare il quorum degli istituti referendari.
  Mi chiedo se c’è questa apertura verso strumenti di democrazia diretta. Mi piacerebbe che rispondesse in questa audizione, Ministro.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Io condivido moltissimo la proposta che è stata presentata, che ha l'obiettivo di rendere più trasparenti e più chiare le responsabilità dei vari organi di governo.
  Credo che due dei problemi di fondo che questo Paese ha vissuto negli ultimi anni siano stati il fatto di non capire chi fa che cosa e la sovrapposizione di potere e di responsabilità, che spesso hanno bloccato progetti, percorsi e la possibilità di essere attrattivi come Paese.
  Io credo che le riforme che il Governo ha già messo in atto e quelle che la Ministra Boschi ci ha illustrato e che sono in corso di discussione al Senato, per quanto riguarda il Titolo V e il Senato, siano riforme che cercano di rispondere in tempi brevi e con un dibattito chiaro. Credo che questo sia dovuto a tutti noi. È un dibattito partecipato, ma che deve avvenire in tempi brevi. Credo che sia necessario, proprio per il Paese e per la crisi in cui esso si trova, provare a girare pagina e a dare all'Italia nuovi strumenti per governare la democrazia.
  In questa logica, rispetto alla relazione che il Ministro ha fatto, io mi sentirei di chiedere di più al Ministro e al Governo. Io credo che negli ultimi anni l'istituzione che è andata maggiormente in crisi siano sicuramente le Regioni, non soltanto per gli ultimi odiosissimi episodi. Sostanzialmente le Regioni non sono state capaci, singole o associate, di fare quelle politiche di sistema necessarie per essere, come sono, Stato esse stesse, con un potere legislativo.
  Credo che una delle ragioni sia determinata dal fatto che, nel momento in cui l'Europa chiede di interfacciarsi con i territori regionali, non parla certamente di piccoli territori regionali ma di macroregioni. Credo che sarebbe quindi interessante capire se, a fronte di questa forza e volontà riformatrice, in uno step successivo o parallelo a questo, si intende anche ragionare sul ruolo delle Regioni, e soprattutto sul ruolo che le Regioni dovrebbero avere e che non possono avere in una situazione così frammentata.
  Il 25 maggio voteremo dei rappresentanti per andare al Parlamento europeo a svolgere un ruolo che noi consideriamo essenziale rispetto al tema della competizione internazionale. Siamo tutti formalmente convinti che l'obiettivo è avere un'Europa più politica, ma anche un'Europa meglio organizzata. Dal punto di vista istituzionale delle rappresentanze quest'anno facciamo un primo timido salto Pag. 6in avanti, con l'indicazione del Commissario rappresentante dell'Europa, ma credo che siamo ancora in un percorso in cui occorre meglio rafforzare questo livello di governo.
  In questa ottica, mi sono detta che noi andiamo a votare dei rappresentanti delle cinque macroregioni, che oggi sono rappresentate nei collegi europei, e che questi sistemi di circa 10 milioni di abitanti potrebbero essere interessanti per svolgere quelle giuste politiche che occorre fare. Se c’è un problema di frammentazione fra gli enti locali, c’è anche un problema di frammentazione fra Regioni. Ci sono problemi di incapacità nel gestire temi infrastrutturali. Penso a tutti i grandi corridoi europei e ad alcune grandi politiche che riguardano l'Europa. D'altra parte, io credo che l'Europa, nelle politiche di sviluppo 2014-2020, metta al centro le autonomie locali e le Regioni proprio in questa ottica, che penso sia quella giusta.
  Rispetto alla relazione fatta e alle indicazioni politiche del Governo, io credo che occorra evidenziare con maggior forza gli obiettivi che ci diamo rispetto al ruolo delle Regioni, che appaiono in parte confusi. Io considero giusto che il Senato delle autonomie sia una Camera di secondo livello e che ci sia una seconda Camera che faccia da coordinamento delle autonomie locali e che aiuti a superare la frammentazione e l'incapacità di fare politiche di sistema, portando le autonomie e le Regioni a diventare rappresentati di territorio, ma anche Stato.
  Detto questo, credo che sia rischioso il fatto che, in automatico, tra i componenti del Senato delle autonomie ci siano di diritto i sindaci delle città capoluogo, alla pari dei presidenti di Regione. Credo che sia rischioso per i conflitti che ci potrebbero essere tra il legislatore e chi deve attuare le leggi e non può fare altro.
  Oltretutto, non nego l'importanza che nel Senato delle autonomie ci siano anche le autonomie locali, intese come comuni, ma credo che, dentro all'aggiornamento sulle Regioni, sarebbe utile capire che cosa hanno fatto i consigli delle autonomie locali. In fondo le Regioni, come la legge prevedeva, si sono date degli strumenti, ovvero dei luoghi di conversazione e di confronto tra il legislatore e le autonomie locali, attraverso i consigli delle autonomie locali.
  Personalmente, mi piacerebbe veramente far sì che non fosse sviato o che fosse poco chiaro il disegno federalista della nostra nazione. Certamente parliamo di un federalismo solidale, con tutte le cose che, specialmente come Partito Democratico, in questi anni abbiamo sempre detto attorno a questo tema.
  Credo che sia necessario far sì che le rappresentanze regionali siano comunque proporzionali. Questo è quello che penso. Io non mi immagino che la Val d'Aosta, che ha 130.000 abitanti, abbia lo stesso numero di rappresentanti della Lombardia, della Calabria o di altre Regioni. Credo, quindi, nell'importanza del tema proporzionale, ma credo anche che sia evidente che le indicazioni di sindaci o consiglieri regionali sono in rapporto alle Regioni di riferimento. È’ la Regione che indica le persone che compongono il Senato delle autonomie e non c’è una separazione. Ci deve essere una chiarezza delle responsabilità.
  Peraltro, io credo che il Senato delle autonomie, così come è bene indicato nella proposta depositata al Senato e nella relazione fatta dal Ministro, sia un secondo livello, che giustamente non deve essere eletto ed è un luogo che deve trovare un punto di collaborazione sul tema dello sviluppo dei territori. Da questo punto di vista, credo che sia giusto che ci sia una sorta di astrazione dalle coalizioni politiche. Un sindaco è eletto certamente da una coalizione, ma poi, per il suo ruolo, rappresenta un territorio e una comunità. Così dovrebbe essere un presidente di Regione, con l'elezione diretta. Io credo che il fatto che il Senato delle autonomie sia «un Senato che rappresenta dei territori» e, quindi, di fatto, ha più una vocazione di governo che una vocazione di carattere politico (che è riservata alla Camera), sia interessante e utile. D'altra parte, mi pare che sia così anche in Germania. Mi pare che il fatto di avere Pag. 7una seconda Camera non eletta abbia questo senso: altrimenti sarebbero due Camere politiche e non si capirebbe perché, di fatto, abbiano ruoli diversi.
  Questo è quello che mi sta particolarmente a cuore. Vorrei soltanto aggiungere una cosa per il Ministro e per tutti noi, visto che stamattina ci siamo soffermati su una discussione relativamente al parere sul Documento di economia e finanza. All'interno del documento si riprendono tutti i temi e gli strumenti riguardanti la nuova organizzazione dello Stato. Ovviamente, dentro questo ragionamento, c’è anche il tema della legge elettorale in corso di discussione.
  Io credo che, di fatto, una delle cose che non abbiamo saputo affrontare (e non è detto che l'affronteremo meglio in futuro), per dare stabilità al Governo attraverso una legge, sia stato non aver attuato fino in fondo l'articolo 49 della Costituzione.
  Il tema della frammentazione all'interno del Parlamento non è risolto, se non c’è, una volta che le persone sono elette, un vincolo maggiore al fatto di aver avuto un mandato anche dai cittadini rispetto a un programma, a un ruolo e a delle politiche.
  Da questo punto di vista, credo che molte cose siano state fatte in questo anno, dal finanziamento pubblico ai partiti all'approvazione da parte di questa Camera della legge elettorale (che, peraltro, a mio avviso, andrà sicuramente migliorata in alcuni punti, ma garantisce il superamento della frammentazione e un Governo stabile), dalla riforma delle Province e delle Città metropolitane a questo nuovo assetto delle due Camere.
  Io credo che siamo sicuramente di fronte a una stagione molto importante e interessante, in cui, come lei sta facendo con grande attenzione, Ministro – le voglio fare i complimenti –, occorre ascoltare, provare a mettere in rete le cose e trovare delle coerenze fra tutti questi processi che fortunatamente sono fatti in contemporanea. Credo che questa sia una fortuna, per alcuni aspetti, perché siamo in questa sede da un anno e abbiamo fatto molti passi. Alcune cose potrebbero essere sempre fatte meglio, però a me pare che le cose che stiamo facendo siano utili e importanti per il Paese.
  Ribadisco che credo che questo debba essere uno Stato federale, in un'Europa federale e che, a mio avviso, il livello che deve essere più valorizzato e riorganizzato in questa fase sono sicuramente le Regioni, che rischiano in tutto questo dibattito di restare troppo nell'ombra. Tanto abbiamo parlato degli enti locali e tanto della forma di governo, e troppo poco della crisi delle Regioni e di una nuova stagione del federalismo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  FABIANA DADONE. Grazie, Ministro, per essere tornata in Commissione. Personalmente ho delle notevoli perplessità su questa riforma. Non sono pregiudizialmente contraria. L'ho letta e studiata con vari consulenti, l'abbiamo esaminata come Gruppo e siamo tutti molto perplessi, principalmente per le motivazioni che stanno alla base. Ne ha già parlato la volta scorsa il collega Toninelli.
  Non c’è una lentezza nella produzione legislativa nel nostro Paese, tant’è che i dati che il collega Fiano aveva detto essere frutto di una ricerca superficiale ma in realtà sono forniti dalla Camera (si trovano on line su «Openpolis»), dimostrano che i tempi della produzione legislativa sono nella media delle produzioni legislative delle altre democrazie europee, e anzi la nostra produzione legislativa è doppia o tripla rispetto ad altri Paesi. Abbiamo dunque facilmente «smontato» questa motivazione.
  L'altra perplessità che mi pongo è che a me questa modifica pare, più che altro, una fase costituente. Non si stanno modificando dei singoli articoli, bensì una cinquantina di articoli della Costituzione.
  Vengo ora al Senato, perché voglio lasciarle il tempo per la replica. Voglio esprimerle le mie perplessità sul Senato. In primo luogo, questi presunti membri Pag. 8del Senato o Camera delle autonomie (chiamiamola come vogliamo) non sarebbero degli eletti, bensì dei nominati, e avrebbero la possibilità di modificare la Costituzione. Non posso che sgranare gli occhi di fronte a questa circostanza.
  Il modello del Senato pare essere un modello federale, tipo quello tedesco, però, se si va a vedere la modifica del Titolo V, appare che sostanzialmente si spostano le materie concorrenti e si va verso un accentramento. Le chiedo, Ministro, cosa ne pensa. A me pare proprio una sorta di statalizzazione di certe funzioni. Mi chiedo, quindi, che senso ha fare un Senato federale, se poi si spostano le competenze che erano concorrenti in mano allo Stato.
  Ho un'altra perplessità: mi pare che nell'articolo 72, al quarto comma, sia stata messa una sorta di «ghigliottina» in Costituzione, ovvero il Governo, a un certo punto, può imporre alla Camera di votare un provvedimento. Mi pare che il Governo attualmente riesca già a far passare tutti i provvedimenti che vuole. L'abbiamo visto finora, a meno che non si voglia negare l'evidenza. Mettere un comma di questo tipo in Costituzione è, a parere mio, assai rischioso.
  L'altra perplessità che ho riguarda l'articolo 74, secondo comma. La mia sensazione è che tramite questo comma si voglia ancora aumentare il potere di controllo da parte del Presidente della Repubblica.
  Ricapitolando, le mie tre domande vertono sul senso di un Senato federale, se si accentra, sull'articolo 72 e la ghigliottina in Costituzione, sull'articolo 74.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Innanzitutto ringrazio il Ministro di averci dato la possibilità, almeno in questa prima fase, di cominciare a discutere sul testo della riforma costituzionale presentato dal Governo.
  Vorrei fare alcune considerazioni. Innanzitutto, sono d'accordo con quello che è stato sostenuto nella scorsa seduta dall'onorevole Giorgis circa il ragionamento sull'efficienza del sistema, che noi dobbiamo cercare di affermare.
  Faccio presente due aspetti. In primo luogo, siamo di fronte a un testo che è sottoposto al vaglio e, quindi, alla discussione del Senato, e che probabilmente potrà subire delle modificazioni (mi pare di aver capito che non sia un testo blindato). Conseguentemente, io mi riserverò di fare delle considerazioni successivamente, anche alla luce del testo che ci arriverà dal Senato. Comunque, stiamo al testo per ora presentato dal Governo.
  Noi oggi siamo chiamati sostanzialmente a una funzione costituente, almeno per quanto ci concerne e per quanto riguarda l'oggetto del nostro operato. A mio avviso, in questo tipo di procedura e in questo tipo di argomento, non possiamo certamente fare ragionamenti per interessi di parte.
  Io credo che ognuno di noi, in qualità di costituente, sia lealmente e correttamente chiamato, proprio per spirito costruttivo e per cercare di creare il sistema migliore possibile, a dare il proprio contributo, in base alle proprie impostazioni e in base alle proprie concezioni di quello che deve essere un sistema democratico.
  Quello che va garantito, in questo oggetto, non è né l'interesse di parte, né l'interesse di un partito, né l'interesse di una maggioranza. Va garantito l'interesse di un Paese che deve mantenere dei tassi di democrazia e di libertà che, secondo me, non devono essere mai persi di vista, ma anzi devono essere il nostro punto di riferimento quando parliamo di questi argomenti.
  L'altro elemento che vorrei segnalare è che a volte, presi dall'impeto della revisione, può anche sfuggire che noi stiamo costruendo o stiamo cercando di costruire un sistema, che riguarda la riforma della struttura parlamentare, che non va costruito per l'occasione o in senso contingente. Noi, in qualità di costituenti, dobbiamo costruire un sistema che vada bene per l'avvenire, ovvero, teoricamente, all'infinito.Pag. 9
  Quando i nostri padri costituenti concepirono il sistema democratico, la Repubblica democratica, il nostro Stato e la nostra Costituzione, non li concepirono per il Governo De Gasperi, ma per garantire al nostro Paese una continuità nella democrazia e nella libertà.
  Questo significa che noi, a prescindere da chi oggi o domani sarà al Governo e da chi oggi o domani vincerà le elezioni, dobbiamo costruire un sistema che stia a garanzia dei princìpi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. Mi riferisco soprattutto all'elemento democratico.
  Se siamo d'accordo su questo, dobbiamo ammettere che il combinato disposto tra la legge elettorale (l'Italicum) – che abbiamo approvato senza conoscere il testo di partenza della riforma costituzionale presentato dal Governo, che oggi conosciamo – e il modello che noi oggi stiamo discutendo crea qualche perplessità, per usare un eufemismo.
  La composizione, a cui poi farò un cenno, in questo caso non sarebbe elettiva di primo grado ma elettiva di secondo grado, prevedendo, ad esempio, anche i sindaci, che invece in Francia hanno eliminato dalla composizione del Senato, in quanto, per ovvie ragioni, non partecipavano ai lavori dell'organo. A questo proposito, rivedrei un po’ anche questo aspetto.
  Al di là della composizione del Senato, noi stiamo costruendo un sistema in cui, come diceva il collega Lattuca, dobbiamo pensare prima al bicameralismo, per vedere come viene strutturato, e poi alla conseguente legge elettorale.
  Se guardiamo oggi il sistema costituzionale, così come è presentato nella proposta del Governo, e la legge elettorale, vediamo che abbiamo un Senato che non ha nessuna funzione, se non quella di rendere pareri non vincolanti, e una Camera che accentra su di sé tutto il potere decisionale, dato che sarebbe formato da tre componenti (mi riferisco al dato attuale), tolte le minoranze che non dovessero raggiungere il quorum per la soglia di entrata.
  È quindi un sistema aperto a tutte le prevaricazioni. Lasciamo stare che ci sia al Governo o alla guida del nostro Stato un soggetto che ha un elemento democratico forte in sé. Io mi preoccupo di cosa succederà fra vent'anni, perché stiamo parlando di un sistema che noi stiamo costruendo per l'avvenire. Se fra vent'anni arrivasse un nuovo dittatore, con spirito totalitaristico, noi gli consegneremmo un sistema (mi fermo al dato non modificato) che non ha bisogno di nessuna modifica per essere condotto verso derive non certo democratiche.
  Io invito il Ministro e tutti a una riflessione di fondo su queste cose. Secondo me, l'elemento fondamentale di cui dobbiamo discutere è proprio la garanzia dello spirito democratico che i nostri costituenti ci hanno tramandato attraverso i principi costituzionali fondamentali.
  Cosa porterebbe questo ? Chiedo alcune considerazioni al Ministro. Io credo che il ruolo che noi dobbiamo costruire per il Senato debba essere un ruolo di garanzia e di controllo, al di là di come lo costruiamo dal punto di vista della composizione.
  Nella composizione io vedrei una parte eletta direttamente dal popolo, così come vedrei soltanto una componente regionale, e non anche delle città e dei comuni. Allo stesso tempo, proprio perché noi stiamo abrogando il CNEL, io vedrei nella composizione anche una parte di rappresentanza degli interessi, così come fu chiamata dai nostri padri costituenti, tra cui Ambrosini e Mortati. La rappresentanza degli interessi significa, più banalmente, la rappresentanza delle categorie, che serve anche a creare una Camera di compensazione delle tensioni che noi potremmo avere nella società. Parlo del sindacato, delle professioni, delle università, della cultura e via dicendo. Anche se queste rappresentanze fossero presenti in una minima parte, questa diventerebbe una Camera di «ammortizzazione» delle tensioni.
  Anche la piccola parte elettiva, se noi restiamo con l'Italicum, sarebbe un'altra forma di compensazione o comunque di Pag. 10ammortizzazione delle realtà presenti nella società politica e sociale del nostro Paese. Sono considerazioni che, secondo me, vanno tenute presenti.
  Se dovessero cambiare gli strumenti, potremmo ragionare anche in un altro modo, però, se dovesse restare l'Italicum, la garanzia del ruolo del Senato dovrebbe prevedere, per esempio, le inchieste affidate soltanto al Senato e il parere sulle leggi con quorum particolari, in caso di parere non favorevole da parte del Senato. Ciò significa che se il Senato dovesse dare un parere sfavorevole sulle leggi con una maggioranza dei due terzi, la stessa maggioranza dovrebbe essere prevista per la Camera.
  Si dovrebbe, inoltre, garantire la limitazione della procedura celere prevista all'articolo 72 su iniziativa del Governo, sia nei tempi, come avviene in altri ordinamenti (per esempio, massimo due volte nell'anno solare), sia per le materie, escludendo quelle riguardanti l'articolo 72, ultimo comma, vigente.
  Si dovrebbe altresì dare al Senato (si vedrebbe poi in quale percentuale) il potere di sollevare questioni di legittimità costituzionale preventive dal giorno dell'approvazione e fino alla promulgazione.
  Ci sarebbero anche altre misure Sono tutte misure che darebbero al Senato un ruolo e una funzione, rendendolo un contrappeso real rispetto alla Camera, e, quindi, creerebbero un sistema di equilibrio, a garanzia di un principio che è fondamentale, non per me, ma per la nostra Costituzione: il principio democratico.
  Se noi riusciamo a costruire un sistema equilibrato, siamo tutti pronti ad assecondare un percorso di riforme. Non parlo del differenziato, perché lo do per scontato. È ovvio che abbiamo il rapporto di fiducia tra una Camera e il Governo. È per questa ragione che occorre creare questo contrappeso, altrimenti non ci sarebbe neanche bisogno di dilungarsi più di tanto.
  Del Titolo V parlerò in un'altra occasione.

  RENATO BALDUZZI. Credo che sia nell'intervento del Ministro sia nella discussione siano già stati messi a fuoco i punti essenziali.
  Nella discussione che ho ascoltato oggi forse la parola che è tornata più spesso, gentile Ministro, è «equilibrio». Credo davvero che sia utile un approfondimento su questo tema, perché delle tre «e» (equilibrio, efficienza ed economicità), io ho trovato nella relazione del Ministro una positiva attenzione e una positiva determinazione sui temi dell'efficienza ed economicità. Ho trovato forse un'attenzione minore ai problemi dell'equilibrio.
  Posso anche capirne il motivo: c’è un'idea secondo cui equilibrio rimerebbe con stasi e con non-decisione. Siccome tutti condividiamo, invece, la necessità che in questo Paese siano prese decisioni, forse allora la disattenzione sull'equilibrio si spiega in questo modo.
  L'equilibrio di cui parliamo, tuttavia, non è alternativo alla decisione, anzi è quello che forse può permettere decisioni ponderate. È l'equilibrio della nostra Costituzione, uno degli equilibri possibili.
  Leopoldo Elia negli ultimi anni della sua vita ci aveva insegnato a distinguere tra costituzioni equilibrate e costituzione squilibrate, dove «squilibrate» non era un giudizio di valore, ma significava che il principio ispiratore era un forte disequilibrio nell'attribuzione del potere. Un tipico esempio di costituzione squilibrata è la Costituzione della Quinta Repubblica francese, mentre un esempio di costituzione equilibrata è proprio quella della Repubblica italiana.
  Quali sono le garanzie dell'equilibrio ? C’è una garanzia generale che è evidentemente la divisione dei poteri. Si tratta di dividere il potere economico, il potere culturale e il potere politico, che, secondo un insegnamento risalente che negli ultimi tempi è stato ripreso da alcuni illustri costituzionalisti, sono le facce in cui si presenta oggi la divisione del potere.
  È chiaro che questa divisione ha a che fare con i diritti inviolabili, le garanzie costituzionali, le incompatibilità, le ineleggibilità e le regole sul conflitto di interessi. Pag. 11Tutto questo appartiene, grosso modo, a una divisione dei poteri che funziona e che nel nostro Paese ha ancora bisogno di aggiustamenti.
  Più interessante è l'equilibrio dentro il momento politico, un equilibrio che vede la distinzione tra poteri e organi di indirizzo e poteri e organi di garanzia. Sappiamo che gli organi di garanzia sono il Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale e la magistratura. Ci sono poi istituti e strumenti che non sono riferibili a un organo, ma che hanno una funzione ugualmente di garanzia. Il bicameralismo è uno di questi istituti, congegnato in un qualche modo. La legge elettorale è sicuramente un altro.
  Come si ricordava in un intervento precedente, credo del collega Fraccaro, per i costituenti la legge elettorale naturale era quella proporzionale pura. Noi abbiamo fatto molta strada, non sempre probabilmente in direzioni positive, da questo punto di vista, però certamente una legge elettorale bilanciata è un elemento importante di questo equilibrio. Altri elementi sono certamente il referendum, gli altri istituti di democrazia diretta e le articolazioni territoriali. Tutto questo disegna quello che si può chiamare con il termine di «equilibrio».
  Le domande che vorrei porre al Governo e al Ministro sono tre ed evidentemente richiedono un approfondimento, e dunque non esigono necessariamente una risposta oggi.
  La prima domanda è già riecheggiata in altro modo. Chiedo di approfondire non tanto un singolo istituto, quanto la risultante di una manovra complessiva, che del resto è individuata a grandi linee anche nel Documento di economia e finanza, su cui abbiamo già avuto modo di soffermarci, per alcuni profili, anche nella seduta odierna.
  Mi chiedo quale sia la risultante di una legge elettorale a formato bipartitico e non solo bipolare, con una doppia correzione proporzionale: le clausole di sbarramento e il premio di maggioranza.
  Mi chiedo, altresì, quale sia la risultante di una seconda Camera, con poteri e fisionomia molto indeboliti. Addirittura viene da porsi il dubbio se la funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali, dichiarata nel disegno di legge governativo, sia concretamente esercitabile da una seconda Camera così costruita.
  In terzo luogo, c’è la risultante di un ripensamento assai forte del modello di Stato regionale disegnato nel 1946-1947 (e non quello riveduto nel 2001), che è stato sempre pacificamente considerato un tipo di Stato nuovo, non accentrato e non federale, ma appunto regionale, secondo una teorizzazione che il suo principale autore, Gaspare Ambrosini, che è già stato evocato in questa stessa Commissione oggi, aveva studiato, e di cui la Costituente si fece carico.
  Questo terzo profilo di un ripensamento dello Stato regionale che ne riduce la portata è abbastanza paradossale, perché si diceva che il sistema costruito nel 2001 avrebbe dovuto essere completato con un Senato diverso. Nel momento in cui noi ci avviamo a completare questo sistema con un Senato diverso, in realtà, se il testo rimane quello del Governo, modifichiamo in modo molto forte le caratteristiche dello Stato regionale.
  La prima cosa che le chiederei, Ministro, è proprio di vedere se il combinato di questi tre interventi non richieda, singolarmente e per l'insieme, qualche approfondimento.
  La seconda richiesta di approfondimento è sulla necessità, anch'essa riecheggiata nella nostra discussione, di ripensare le maggioranze costituzionali per gli organi di garanzia. Questa è una necessità che non nasce oggi, Ministro, ma è stata rappresentata subito all'indomani della prima legge elettorale che superava il proporzionalismo puro, la legge Mattarella.
  Nella dodicesima e nella tredicesima legislatura, ci furono delle proposte di legge importanti, anche per l'autorevolezza dei presentatori – penso a Franco Bassanini oltre che al già citato Leopoldo Elia –, volte proprio a riparigliare le maggioranze qualificate previste dalla Costituzione con la nuova legge elettorale.Pag. 12
  È evidente che se i costituenti presupponevano un proporzionalismo puro come legge elettorale naturale, le maggioranze tendevano a riflettere questa presupposizione. La legge Mattarella, comunque, non prevedeva la maggioranza assoluta, anzi più della maggioranza assoluta, garantita, come invece avrebbero fatto le leggi o le proposte di legge successive.
  È chiaro che dobbiamo ripensare alle maggioranze costituzionali per gli organi di garanzia: Presidente della Repubblica, Corte costituzionale e Consiglio superiore della magistratura. Non so quanto sia stata voluta (sarà eventualmente lei a dircelo), ma credo che questa sia certamente una lacuna importante, su cui un approfondimento mi sembrerebbe necessario.
  L'ultimo punto è relativo al Titolo V, a cui avevo già accennato, e al modo in cui questo nuovo Titolo V sta insieme con lo Stato regionale come Stato delle autonomie, disegnato nell'articolo 5 della Costituzione, che, in fondo, conteneva già anche gli sviluppi del 2001, secondo l'opinione, pressoché pacifica, dei costituzionalisti. Non è detto che l'opinione pressoché pacifica dei costituzionalisti sia il Vangelo, ma probabilmente può essere qualcosa su cui è utile confrontarsi.
  I problemi, Ministro, sono davvero tanti, a partire dalla presupposizione per cui i problemi nascerebbero dalla competenza concorrente. Ne abbiamo già ragionato in altri momenti in questa stessa Commissione. Non è così: i problemi nascono, semmai, con alcune specifiche competenze concorrenti innestate nel 2001. In qualche caso la Corte costituzionale è riuscita a porci argine, in altri casi bisognerà certamente ricondurre queste materie a un ruolo più ragionevole.
  Tutti abbiamo sempre detto che non aveva nessun senso che le grandi reti di navigazione, le infrastrutture nazionali e le reti energetiche d'interesse nazionale fossero assegnate alla competenza concorrente. Questo dipende molto dal modo con cui si fanno le leggi costituzionali. L'idea per cui la prima deliberazione deve essere l'ultima crea evidentemente qualche problema.
  Comunque, Ministro, se superiamo questa presupposizione, assai opinabile, probabilmente riusciamo a rimettere a posto il Titolo V e a renderlo coerente con un bicameralismo differenziato, senza fare ulteriori guai. Il rischio è che ciò che vogliamo evitare, invece, si presenti. Un contenzioso costituzionale sulle materie di competenza concorrente non c’è quasi più. Il contenzioso, semmai, è tutto sulle residuali, o meglio sul ruolo delle materie trasversali esclusive, che rimarrebbero, e quindi sarebbero fonte di un contenzioso almeno analogo.
  C’è sempre un nuovo contenzioso in un nuovo riparto di materia, ma questo sarebbe molto più grave, proprio per la tecnica usata, senza pensare alla clausola di supremazia. Questa non è la clausola di supremazia della konkurrierende Gesetzgebung tedesca, ma è una clausola di supremazia che annulla completamente la garanzia costituzionale di autonomia legislativa regionale. Infatti, non solo c’è la garanzia dell'unità giuridica ed economica, che può avere già una sua consistenza anche comparatistica, ma c’è anche quella clausola così larga e vaga dei programmi e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.
  Credo che, anche da questo punto di vista, una riflessione sarebbe indispensabile. Concludo dicendo che quando faremo un esame più approfondito, si potranno anche portare degli esempi dove si vede chiaramente che il modello dovrebbe essere aggiustato. Non dico «stravolto», ma «aggiustato».
  Pensiamo a una materia che, per tante ragioni, mi è cara, cioè la tutela della salute, che praticamente non dà più contenzioso da molti anni. Questa riforma lo riprodurrebbe completamente, perché da una parte si dice che questa materia diventerebbe esclusiva dello Stato in merito alle norme generali e, dall'altra, si dà alle Regioni una potestà che attiene all'organizzazione dei servizi sanitari, con Pag. 13una tecnica che mette sullo stesso piano sanità, servizi scolastici e altri servizi per le imprese.
  Ministro, si tratta di comparti che vivono nell'ordinamento in modo del tutto diverso. Nessuno penserebbe di dire che l'istruzione è regionalizzata, mentre tutti pensano che pacificamente la sanità è regionalizzata, e questo richiede un correttivo, nel senso di fornire allo Stato qualche potere in più. La clausola di supremazia, da questo punto di vista, potrebbe essere utile, ma disegnata in un modo diverso, sempre dentro a un contesto di legislazione concorrente.
  Con il modello previsto nel disegno di legge probabilmente si avranno più contenzioso e più difficoltà e si perderà quella caratteristica che in fondo ha fatto del servizio sanitario nazionale, come complesso dei servizi sanitari regionali, un qualcosa di utile per il nostro Paese, senza contare che i poteri statali sulle Regioni in sanità sono già molto penetranti con l'attuale sistemazione.
  Ho fatto questo esempio finale per dire che probabilmente non è tanto un problema di rivedere le basi o i punti di partenza dell'intervento governativo, che io condivido – lei lo sa già, Ministro, ma voglio riaffermarlo in questa sede –, quanto di pensare agli strumenti, ai mezzi e alle tecniche con cui si può arrivare finalmente a completare la riforma delle nostre istituzioni.
  Credo che, sotto questo profilo, ci sia da confidare nella sua determinazione, purché a queste piccole domande e ad altre che abbiamo ascoltato si possa dare una risposta convincente.

  GREGORIO GITTI. Anticipo subito che ho molto apprezzato lo spirito della relazione del Ministro Boschi su questo percorso di riforme, sia negli obiettivi che nelle motivazioni.
  Per non sottrarre tempo alla replica, non voglio indulgere su temi che sono stati già trattati nei precedenti interventi. Mi fermo solo su due aspetti, che invece non sono stati ancora toccati.
  Il primo è il tema della riforma dei Regolamenti parlamentari. Innanzitutto, ringrazio il Ministro per avere giudicato l'impianto riformatore equilibrato. Insieme ad altri componenti anche di questa Commissione e della Giunta per il Regolamento abbiamo lavorato per mesi e siamo praticamente quasi pronti per arrivare al voto dell'Aula prima della fine dell'estate: ipotizzavamo un periodo fra la fine di maggio e giugno.
  Vorrei sottoporre alla sua attenzione, Ministro, il tema della tempistica, anche perché lei, in modo molto trasparente e diretto, ha illustrato una tempistica ambiziosa già per la prima lettura di questo provvedimento.
  Non voglio entrare nel merito di scelte fatte all'interno del comitato informale della Giunta per il Regolamento e di scelte fatte dal Governo nel provvedimento, ma credo che l'intreccio sia rilevante sotto molti aspetti. Il senso della mia domanda è proprio di tipo metodologico e di tempistica, per quanto concerne questi due processi di riforma di grande rilevanza. Peraltro, il Ministro lo ha scritto con molta chiarezza nella sua relazione.
  Faccio, infine, un accenno a un tema un po’ negletto, che è quello dell'abolizione del CNEL. Non ci sono elementi che riecheggiano il dibattito nell'ambito della Costituente ovvero motivi o attività che questo organo costituzionale ha svolto, però mi viene in mente un'associazione.
  Le chiedo se il Governo potrebbe considerare l'ipotesi di una costituzionalizzazione di organismi che, vuoi per effetto della normativa europea, vuoi per aggiornamenti di presidi del mercato, sono stati, nel tempo, costituiti. Parlo evidentemente delle autorità indipendenti, che ad oggi sono oggetto di una disciplina completamente dispari, per quanto concerne il reclutamento dei commissari, i requisiti degli stessi e gli organi preposti dalla legge alla scelta e alla nomina.
  Peraltro, nelle ultime legislature ci sono stati tentativi di omogeneizzazione legislativa. Io credo che, vista la consapevolezza che il Governo ha dimostrato, non solo sul tema del procedimento legislativo, ma anche Pag. 14sull'attenzione al sistema delle fonti, così come emerge dalla relazione, non possa non esserci una considerazione di interi settori disciplinari che, come nel caso di Consob, sono completamente delegati alla Commissione.
  Tutta la materia dei mercati regolamentati e, quindi, anche del diritto societario di società quotate su mercati regolamentati, nella sostanza è affidata a provvedimenti della Commissione, che possono essere qualificati come «regolamentari».
  Anche in questo caso, nel lavoro che abbiamo fatto nella Giunta per il Regolamento, abbiamo tentato di orientare il Parlamento, non solo, come prevede la Costituzione, nella dinamica fisiologica della produzione legislativa, ma anche nell'ispessimento di un sindacato ispettivo e di controllo di organismi come questi, che sfuggono a una verifica. Sono organismi tecnici, che producono norme che hanno un impatto per certi versi più condizionante di alcune norme di legge, e sfuggono a un controllo di democraticità dell'istituzione parlamentare. Evidentemente non basta la relazione annuale che queste autorità svolgono davanti al Parlamento.
  La bozza di modifica del Regolamento della Camera dei deputati svolge alcune previsioni innovative che vanno in questo senso. Credo che costituzionalizzare questi organismi (penso in particolare a Consob, Autorità garante della concorrenza e del mercato e Banca d'Italia), per i loro rilevanti poteri di natura normativa, sia una positiva attenzione che il Governo potrebbe porre.
  Faccio l'esempio della prassi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Antitrust. Addirittura, quando l'Antitrust concretizza clausole generali, come concentrazione o abuso di mercato, spesso e volentieri, per impedire l'apertura di istruttorie, sul modello della Commissione europea, conclude veri e propri contratti, che potrebbero essere qualificati come «transattivi», per impedire l'apertura di un'istruttoria e l'esercizio di poteri.
  Queste prassi sfuggono completamente a una disciplina di rango legislativo. Sono comportamenti che vengono adottati sulla base di prassi, peraltro importate dalla dimensione europea.
  Quando parliamo di concentrazione, ci riferiamo ad alcune operazioni, magari di natura industriale o finanziaria, di enorme impatto sull'economia del Paese.
  Credo che questi organismi, non disciplinati e non previsti nell'ambito della Costituente, debbano o possano essere oggetto di interesse per il nuovo costituente che si accinge ad ammodernare la nostra Carta.

  PRESIDENTE. Hanno chiesto di intervenire i colleghi Fabbri e Famiglietti. Dato che sono già intervenuti molti esponenti del Partito Democratico, prego i colleghi di essere estremamente rapidi, perché sono le 15.20 e il Ministro deve poter svolgere la sua replica.

  MARILENA FABBRI. Sarò rapidissima. Vorrei focalizzarmi, tralasciando tutto il resto, sul rapporto fra Stato e autonomie locali e regionali.
  Io ritengo particolarmente importante il fatto che si riprenda il tema di una collaborazione e concertazione fra centro e periferia, ovvero fra Stato ed autonomie locali. Credo che negli ultimi anni, dopo aver votato e approvato in Parlamento la riforma del Titolo V e dopo aver sbandierato il federalismo come un dato di fatto nel nostro Paese, si sia invece assistito, a legislazione invariata, a un accentramento del potere dalla periferia verso lo Stato.
  Lo dimostra il fatto che (cito solo un dato) nella spending review, o comunque nella ripartizione del carico del ripianamento del debito pubblico fra Stato ed enti locali, gli enti locali e le autonomie regionali hanno contribuito al 60 per cento della riduzione dell'indebitamento pubblico e della spesa pubblica, a fronte di una spesa effettiva del 30 per cento, mentre lo Stato, che rappresenta il 60 per cento della spesa, ha contribuito solo per un 30 per cento.
  C’è veramente la necessità di ridefinire i ruoli e di praticare un'effettiva collaborazione e concertazione fra Stato ed autonomie locali.Pag. 15
  Il Senato delle autonomie può essere sicuramente uno strumento interessante e significativo, per ristabilire un rapporto di pesi e di poteri fra i diversi soggetti che la Costituzione chiama a formare gli interessi della Repubblica e ad attuarne gli obiettivi.
  Credo, però, che ci sia una serie di criticità, che vorrei evidenziare, in modo tale che gli obiettivi che noi ci diamo producano gli effetti che noi vorremmo.
  Io sono stata sindaco, e quindi non può che farmi piacere il ruolo di centralità che viene attribuito ai sindaci nel nuovo sistema delle riforme a vari livelli, ma evidenzio il fatto che sui sindaci si stanno concentrando una responsabilità e un carico di lavoro e di tempo-lavoro non indifferenti.
  A loro chiediamo, oltre che di fare i sindaci sui propri territori, di partecipare ai secondi livelli delle Province o delle Città metropolitane e alle assemblee o alle giunte delle unioni dei Comuni, che rappresentano uno degli obiettivi del nostro sistema di riforma territoriale. Hanno già ruoli e responsabilità all'interno delle Conferenze metropolitane, nella sanità, nei distretti di programmazione del welfare, nonché negli ambiti ottimali di carattere ambientale e di programmazione e pianificazione dello smaltimento dei rifiuti, oltre che in tante altri settori.
  È una domanda che faccio anche a me stessa, visto che faccio parte della maggioranza, e la voglio porre in termini critici e autocritici: come possiamo chiedere ai nostri amministratori locali di assumersi maggiori responsabilità, e nello stesso tempo pretendere che lo facciano gratuitamente o quasi ?
  Credo che questa sia demagogia e che ci stiamo raccontando una favola, pretendendo di avere negli anni futuri persone capaci, competenti e che investano tempo-lavoro, dedicandolo a tempo pieno alle nostre amministrazioni, e chiedendo loro di lavorare gratuitamente o quasi. Rischiamo di avere in tutti questi ruoli di responsabilità solamente i sindaci delle grandi città, che sono quelli che hanno uno stipendio adeguato e che possono, quindi, lasciare il proprio lavoro e dedicarsi a tempo pieno ai diversi ruoli e competenze che noi attribuiamo loro.
  Vorrei ricordare che, al di là delle stupidaggini che a volte si sentono anche nell'aula parlamentare, la maggioranza dei sindaci italiani prende pochissimo e non fa il sindaco a tempo pieno, perché è obbligata a mantenere il proprio posto di lavoro per la sopravvivenza propria e della famiglia. Dobbiamo capire come pensiamo di coniugare competenza, esperienza, responsabilità, democrazia ed equa e giusta remunerazione.
  Passo ad alcune considerazioni sul tema della composizione del Senato. Sinceramente, io non mi scandalizzo per il fatto che nel Senato ci sia una pari rappresentanza fra i componenti che vengono nominati dalle Regioni e dai territori, a prescindere dalla popolazione, perché ritengo positivo il fatto che si stia nel Senato delle autonomie, non per rappresentare i territori, ma per portare l'esperienza istituzionale che si realizza.
  Se così è, non si deve riportare all'interno del Senato un peso di potere territoriale. Il fatto di essere rappresentati in modo paritario, a prescindere dai pesi della popolazione, e quindi anche dal peso economico-politico che un territorio può rappresentare rispetto a un altro, obbliga chi siede in quel luogo a praticare effettivamente un principio di cooperazione e di concertazione istituzionale.
  Questo è un principio che noi abbiamo inserito – e che forse non è stato tanto compreso – nella riforma territoriale delle Province e delle Città metropolitane, dove il secondo livello presuppone una capacità nuova, che viene chiesta agli amministratori, che è appunto quella di non praticare un principio di potere, ma quello di concertazione e di cooperazione. Vedo che oggi non tutti sono capaci di esercitarlo e dovranno imparare a farlo. In una fase iniziale, questo principio potrebbe determinare una situazione di paralisi, ma credo che questa paralisi possa essere funzionale ad adottare ed acquisire nuove capacità.Pag. 16
  Ho un'ulteriore considerazione da svolgere sulla certezza delle norme e sulle riforme. Io credo che le riforme istituzionali siano importanti, ma dobbiamo poi accompagnarle nell'attuazione. Fare la norma non è di per sé sufficiente a produrre un cambiamento. Noi lo sappiamo perfettamente.
  Vorrei evidenziare che le richieste, giuste, che ci sono in questo provvedimento, di regolamentare il rapporto fra Parlamento e Governo rispetto al tema della decretazione d'urgenza e al tema della data certa sul voto dei provvedimenti, non risolvono il problema dell'attuazione e dell'efficacia dei provvedimenti. Se non ricordo male, il Governo di questo Paese – non parlo dell'attuale, che ha poche settimane – ha sempre dimostrato una scarsa capacità nel dare attuazione ai provvedimenti e nel realizzare i decreti di attuazione o i provvedimenti di attuazione.
  Credo che, insieme a una riforma istituzionale di carattere normativo, sia assolutamente importante mettere mano all'organizzazione amministrativa della Presidenza del Consiglio e dei ministeri, per avere effettivamente una struttura capace di dare attuazione ai provvedimenti normativi.
  L'ultimo aspetto che vorrei mettere in evidenza riguarda il ruolo della Conferenza Stato-Regioni. Credo che la nascita del Senato delle autonomie ponga il problema di chiarire meglio quale debba essere il ruolo del Senato delle autonomie e quale, invece, quello che viene attribuito alla Conferenza Stato-Regioni. Quest'ultima, probabilmente, potrebbe avere un ruolo di maggiore concertazione nell'attuazione dei provvedimenti, mentre il Senato quello di compartecipazione alla normazione del Paese.
  Se non mi sbaglio, nella relazione del Ministro non viene toccato questo tema. Io credo, invece, che possa essere un passaggio importante di approfondimento, eventualmente non normativo, che nella pratica consentirebbe un maggiore chiarimento sul ruolo del Senato delle autonomie e su quello della Conferenza Stato-Regioni, che comunque ha esercitato una funzione significativa e credo possa farlo ancora.

  PRESIDENTE. Faccio una premessa, prima di cedere la parola al collega Famiglietti. Nelle prossime audizioni, lo dico con chiarezza, mi vedrò costretto a contingentare i tempi degli interventi.
  Per impegni sia del Ministro che della Commissione la Presidenza aveva preannunciato che l'audizione doveva concludersi all'incirca entro le 15.30. Qualche volta, però, negli interventi si eccede in considerazioni non consone allo strumento dell'audizione, ma più riferibili a un dibattito se non addirittura a una conferenza, trattandosi di qualcosa di diverso da specifiche domande su specifici temi affrontati dal Ministro. Il risultato è che il Ministro darà una risposta in tempi eccessivamente stretti e che non potrà essere esaustiva.
  Ribadisco che è mia intenzione in tutte le audizioni, da oggi in poi, di contingentare i tempi degli interventi.

  LUIGI FAMIGLIETTI. Mi preme intervenire, anche avendo ascoltato gli interventi precedenti dei colleghi, per dire innanzitutto che condivido l'impianto delle riforme e la relazione del Ministro Boschi. Vorrei sottolineare l'enorme lavoro che sta facendo questo Governo, e il Ministro per le riforme costituzionali in particolare.
  In merito al Senato, io credo che l'impianto del nuovo Senato risponda ai princìpi ispiratori dei nostri padri costituenti: una Repubblica fondata sulle autonomie e sul regionalismo, più che sul federalismo, perché il nostro non è uno Stato federale.
  È importante sottolineare che in questo nuovo Senato è prevista l'integrazione delle autonomie territoriali nelle politiche legislative. La connessione tra il nuovo Titolo V e il nuovo Senato, secondo me, apporterà, quindi, dei benefici ai territori. Non è necessario che ci sia il Senato elettivo, come c’è oggi, perché il Senato non deve essere la copia della prima Camera, ma deve essere appunto rappresentativo delle autonomie locali.Pag. 17
  Un'altra cosa importantissima è che l'attuale Titolo V non è stato attuato, anche perché non è mai scattato il principio di perequazione tra le Regioni né tantomeno il principio di sussidiarietà, sia verticale che orizzontale. Non possiamo far finta che tutte le Regioni italiane partano dagli stessi livelli. Noi dobbiamo garantire a tutti i cittadini italiani lo stesso livello di servizi, e per questo c’è bisogno di una cabina di regia statale. Ben vengano i correttivi rispetto all'attuale Titolo V che danno più poteri allo Stato centrale rispetto alle Regioni.

  PRESIDENTE. Mi scuso con il Ministro Boschi se i tempi della Commissione non sono stati in condizione di garantire un respiro profondo alla sua risposta.
  Do la parola al Ministro Boschi per la replica.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie, presidente. Ringrazio comunque i membri della Commissione, perché, pur essendosi dilungati rispetto ai tempi che ci eravamo dati, hanno offerto dei contributi molto approfonditi, che anticipano una discussione che ci sarà sul testo, quando dal Senato passerà all'esame della Camera. In quella sede il dibattito potrà essere meglio approfondito e, a mio avviso, ci sarà modo di confrontarsi puntualmente.
  Anche se la mia replica in questo momento sarà necessariamente sintetica, avremo occasione di confrontarci nuovamente e di poter scendere nel merito più puntualmente. Cerco di rispondere secondo i macrotemi che sono stati posti e che sono ricorsi in più interventi.
  Già dalla volta precedente, in alcuni interventi è stato posto il tema del metodo di lavoro e, quindi, dell'apertura rispetto a modifiche del testo proposto dal Governo. Infatti, il dibattito in Commissione si è concentrato essenzialmente sulla legge elettorale, ma in particolar modo sul disegno di legge costituzionale e, quindi, sul tema delle riforme, avendo ad oggetto la proposta del Governo, così come ha fatto la relazione introduttiva.
  È ovvio che, per quanto riguarda le linee programmatiche e quello che sarà l'atteggiamento del Governo rispetto all'esame del disegno di legge costituzionale, io non posso che pormi nell'ottica di apertura rispetto al dibattito parlamentare e ai contributi, in ottica di miglioramento e di modifica, che verranno da questa Commissione e dal Parlamento.
  Chiaramente, come Governo, nel proporre un disegno di legge costituzionale, abbiamo presentato un testo che, a mio avviso, ha una sua coerenza e ha scelto di concentrarsi su un ambito e un oggetto delimitato. Il testo non ha riguardato tutta la Costituzione e non ha riguardato, per esempio, la forma di governo, come è emerso criticamente in alcuni interventi la scorsa volta, ma ha cercato di limitarsi alla riforma del Senato e, contestualmente, perché si tengono insieme, a quella del Titolo V e al superamento del CNEL.
  A mio avviso, le modifiche sull'impostazione e sulla scelta adottate dal Governo non dovrebbero riguardare gli elementi qualificanti della proposta, ovvero il superamento del bicameralismo perfetto, il rapporto fiduciario con il Governo rimesso esclusivamente alla Camera dei deputati, l'elezione di secondo livello per i membri del Senato e, quindi, la mancanza di indennità aggiuntive rispetto ai membri del Senato. È una questione di coerenza rispetto alla scelta della proposta del Governo.
  Dopodiché, siamo consapevoli che c’è un confronto parlamentare e saranno poi i gruppi parlamentari a decidere le modifiche e i miglioramenti da apportare a questo testo. Ovviamente su altri elementi c’è una disponibilità maggiore alla modifica e all'approfondimento.
  Si è posto il tema della necessità delle riforme, vista in un'ottica di spending review. È stato detto criticamente che non si possono affrontare le riforme costituzionali nell'ottica del risparmio dei costi. È una preoccupazione che condivido, tant’è vero che nella mia relazione rispetto alla proposta del Governo non è mai stato toccato questo argomento, come elemento che ha portato alla proposta di riforma.Pag. 18
  Sicuramente è una proposta che può portare anche ad una riduzione dei costi (io lo vedo come un elemento positivo), ma che non viene affrontata con questo obiettivo e non nasce da quell'esigenza, bensì dalla necessità di dare un nuovo assetto istituzionale più semplice e di velocizzare i procedimenti legislativi, trasformando in realtà un confronto sulle riforme che nel nostro Paese si sta affrontando da anni, anche in sede parlamentare.
  Questo è uno degli obiettivi di questa legislatura fin dall'inizio e che, in modo particolare, è stato accelerato, fatto proprio e posto come tema centrale da questo Governo, ma non certo nell'ottica della spending review. Voglio tranquillizzare alcuni colleghi che sono intervenuti su questo punto.
  In più interventi è poi ricorso il tema del rapporto tra legge elettorale e riforme costituzionali e, quindi, della necessità di garantire anche un equilibrio, oltre alla efficienza e all'economicità del sistema.
  È ovvio che sono obiettivi condivisi. Tuttavia, a mio avviso, occorre fare attenzione alla sottile linea rossa che corre tra la necessità di garantire l'equilibrio (tant’è vero che in questa riforma non sono state toccate le forme di garanzia già previste dalla nostra Costituzione) e quella di evitare che si perpetui una diffidenza che c'era nei costituenti nel 1947, che era giustificata da ragioni storiche ed obiettive, che oggi probabilmente sono superate. Fortunatamente oggi abbiamo una democrazia più matura, che ci consente di fare delle scelte differenti per il nostro Paese. Allora fu pensata una legge elettorale che, di fatto, non consentisse un vincitore, perché c'era paura e diffidenza nell'ipotesi che potesse esserci un unico vincitore. Fu previsto un meccanismo di bicameralismo paritario più che perfetto, perché si sentiva l'esigenza di una seconda Camera che avesse le stesse funzioni e gli stessi poteri della Camera dei deputati, per ragioni che allora si giustificavano e che, a mio avviso, oggi possono essere rimesse in discussione, essendo mutate le condizioni politiche e sociali.
  È ovvio che oggi possiamo puntare ad avere una legge elettorale che garantisca in modo certo una maggioranza, e quindi anche una stabilità di governo a chi vincerà le elezioni, e al tempo stesso prevedere che ci sia un'unica Camera legata da rapporto fiduciario e che al Senato vengano attribuite delle funzioni diverse. Il Senato, comunque, partecipa all'elezione del Presidente della Repubblica e dei membri del Consiglio superiore della magistratura e della Corte costituzionale, e svolge delle funzioni di controllo che fino a questo momento non aveva mai avuto.
  Parlo della verifica sull'attuazione delle leggi dello Stato e del controllo sulle politiche pubbliche nel territorio. La verifica sull'attuazione delle leggi, che oggi non è prevista, viene invece attribuita al Senato, anche a ragione di una diversa composizione, che non è più strettamente politica, ma elettiva di secondo livello. Avremo, quindi, dei soggetti che rappresenteranno non il loro singolo territorio, ma le istituzioni di cui fanno parte, e che possono svolgere una funzione di maggior controllo e di garanzia.
  Possono essere previsti meccanismi ulteriori di garanzia ? Possiamo ipotizzare che dal dibattito parlamentare vengano suggerimenti in questo senso. Si potrebbe, per esempio, prevedere che nell'elezione del Presidente della Repubblica sia introdotta nuovamente la delegazione regionale che c’è attualmente e che estende l'elettorato per il Presidente della Repubblica. Possono essere previsti dei criteri correttivi rispetto ai 21 nominati dal Presidente della Repubblica. Valuteremo insieme se ha un senso che rimangano con queste modalità di nomina e con questo peso numerico all'interno della composizione del Senato. Sono tutti elementi che valuteremo, ma che oggi hanno una loro ragionevolezza, perché si è ritenuto che fossero a loro volta un elemento di garanzia.
  Sono vari gli elementi di cui possiamo discutere. Per quanto riguarda i dubbi sulla composizione del Senato, nel momento in cui si fa la scelta (che mi sembra ampiamente condivisa anche in questa Pag. 19Commissione, come è emerso dagli interventi) di non attribuire più al Senato la stessa funzione e gli stessi poteri della Camera dei deputati, e in modo particolare un rapporto di fiducia con il Governo, è difficile immaginare un'elezione diretta, ossia prevedere che ci siano dei soggetti che hanno lo stesso tipo di legittimazione, ma non sono più legati a un rapporto fiduciario con il Governo.
  Da questa diversa ridefinizione delle funzioni deriva anche una differente composizione. Nel Senato non siederanno dei nominati, come hanno detto alcuni, ma i rappresentanti delle Regioni e dei sindaci, che, comunque, pur essendo un organo elettivo di secondo livello, trovano una loro prima legittimazione diretta attraverso il voto popolare.
  Non penso che sindaci o consiglieri regionali che prendono migliaia di voti siano dei nominati, in quanto sono legittimati dal voto che ricevono sui loro territori. Come avviene in altri Paesi, tra cui Germania e Francia, abbiamo una seconda Camera che non ha un'elezione diretta, ma questo, a mio avviso, nulla toglie alla sua democrazia o alla sua democraticità.
  Sono state dette tante altre cose sulle funzioni del Senato, che vedremo in breve. Sul Titolo V c’è la preoccupazione, giustificata, di ridefinire il rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni. Il superamento della materia concorrente, a mio avviso, è un punto di semplificazione. In alcuni interventi è stato messo in dubbio che l'eliminazione della materia concorrente possa essere un elemento di semplificazione. A mio parere, molto del contenzioso, invece, è stato proprio recato da questa commistione. Peggio ancora, in alcuni casi, l'aver previsto la materia concorrente tra Stato e Regioni ha lasciato degli spazi vuoti in certe materie.
  Di conseguenza, ridefinire meglio le competenze tra Stato e Regioni può aiutare, sia per il contenzioso sia per quanto riguarda l'elemento della semplificazione. È ovvio che dobbiamo trovare un equilibrio, che non riporti all'accentramento di tutte le competenze in capo allo Stato, ma superi alcuni limiti, che in questi anni purtroppo abbiamo sperimentato e che venivano ricordati anche prima, inerenti alcune materie: dalla distribuzione e produzione dell'energia alla comunicazione e al trasporto nazionale.
  Su questo ovviamente ci può essere un ulteriore approfondimento. È un lavoro che verrà svolto di concerto con le Regioni, con cui ci sono dei confronti costanti per cercare di ridefinire meglio questi ambiti.
  Faccio un ultimo esempio, perché è stato citato in più interventi, sia oggi che l'altra volta. Magari riaffronteremo meglio questo tema, quando esamineremo il disegno di legge costituzionale. In materia di diritto alla salute, l'esigenza di prevedere delle norme generali come competenza statale nasce proprio dalle Regioni, che sono le prime a preoccuparsi che comunque, pur nella loro competenza esclusiva e pur nelle loro differenze, ci siano dei livelli essenziali e dei diritti garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, proprio perché ce lo impone la Costituzione. Sono state le stesse Regioni a chiedere che ci fosse una definizione statale delle norme generali.
  Su questo ovviamente potremo fare ulteriori approfondimenti. Avremo tutto il tempo per approfondire i vari spunti e i vari suggerimenti che sono stati posti.
  Per il momento, visto che l'obiettivo del nostro primo incontro era la presentazione delle linee programmatiche del Governo, io vedo come un elemento positivo che ci sia una condivisione molto ampia sulla necessità di riformare la Costituzione e, quindi, di lavorare in tempi piuttosto rapidi, senza comprimere il giusto approfondimento del dibattito parlamentare. Affrontando in modo serio il tema delle riforme e cercando davvero, diciamo così, di portare a casa il risultato, potremmo finalmente chiudere la fase dell'approfondimento e dell'esame e avere delle nuove norme.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. È stata un'utile occasione di dibattito e di confronto. Ci ha dato le indicazioni necessarie per poter continuare questo discorso, Pag. 20quando le riforme diventeranno un provvedimento che sarà sottoposto alla nostra attenzione.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Mi scusi Presidente. Vorrei rispondere alla domanda puntuale dell'onorevole Fraccaro. Ci tengo a rispondere, perché, secondo me, il tema posto dall'onorevole Fraccaro sugli strumenti di democrazia diretta e, quindi, anche sul referendum, è un argomento sicuramente interessante.
  Questo tema non è nella proposta del Governo ma, proprio per la sua delicatezza, così come il tema dei Regolamenti parlamentari ricordato dall'onorevole Gitti, rientra in quelle materie che sono rimesse al dibattito e al confronto parlamentare. Non ci sono preclusioni. Tuttavia, questo tema non è stato oggetto di proposta da parte del Governo e, quindi, non è un elemento che il Governo pone come qualificante, ma verrà affrontato in sede parlamentare.

  RICCARDO FRACCARO. Sono state poste tantissime domande e il Ministro ha avuto pochissimo spazio per rispondere. Magari potremmo chiedere al Ministro Boschi di tornare.

  PRESIDENTE. Possiamo soltanto chiedere al Ministro di farci eventualmente avere un documento scritto. Comunque, avremo altre occasioni per interfacciarci.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Io mi auguro che le avremo. Il disegno di legge costituzionale arriverà alla Camera, dopo l'esame e – spero – l'approvazione in Senato, e quindi avremo tutto il tempo per proseguire nel confronto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Boschi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.