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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 34 di Mercoledì 28 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), Giovanni Kessler:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Kessler Giovanni , direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Kessler Giovanni , direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Garavini Laura (PD)  ... 7 
Buemi Enrico  ... 8 
Gaetti Luigi  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Kessler Giovanni , direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Kessler Giovanni , direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Kessler Giovanni , direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 20.30.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), Giovanni Kessler.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'audizione del direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), Giovanni Kessler. L'audizione odierna si colloca all'interno di un filone di inchiesta relativo ai processi di internazionalizzazione delle mafie che la Commissione sta sviluppando anche in vista del semestre europeo e ha ad oggetto il tema della lotta alle frodi e alla corruzione in Europa, nonché il tema della prevista istituzione di una nuova autorità transnazionale, la procura europea, al cui progetto l'OLAF ha contribuito. Ricordo, come di consueto, che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che di essa sarà redatto un resoconto stenografico. Ove necessario, inoltre, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Do la parola al dottor Kessler, che ringrazio per la sua presenza e soprattutto per il lavoro che svolge in Europa.

  GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Ringrazio il presidente e la Commissione per questo invito che mi offre l'opportunità di illustrare l'attività del nostro ufficio e di contribuire, spero, al lavoro che state svolgendo anche in vista del semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo. L'OLAF è l'ufficio europeo per la lotta antifrode ed è l'unico vero ufficio investigativo delle istituzioni europee. L'ufficio ha il mandato di indagare in maniera indipendente su un settore limitato di reati e/o irregolarità o comunque condotte che recano nocumento agli interessi finanziari dell'Unione europea. Che cosa vuol dire ? Si tratta principalmente di frodi, corruzione, malversazioni, conflitti di interessi, relativi all'utilizzo delle finanze europee. Parliamo dell'utilizzo dei fondi europei gestiti dagli Stati membri: fondi strutturali, fondi sociali; parliamo delle frodi e anche del fenomeno in crescita di irregolarità e corruzioni su appalti pubblici, su opere pubbliche cofinanziate o dall'Unione europea o dalla Banca europea degli investimenti; parliamo di frodi – e altri reati simili, ma frodi in particolare – che colpiscono o riducono la capacità di raccolta di entrate per l'Unione europea, in particolare frodi doganali e contrabbando internazionale gestito da organizzazioni criminali professioniste. Su tutti questi tipi di reati e di condotte l'OLAF ha il mandato di indagare in maniera indipendente. A questo si aggiunge il mandato di indagare sullo stesso tipo di condotte, anche a prescindere da qualsiasi aspetto finanziario, condotte gravi o anche reati commessi dai funzionari Pag. 4o dai membri di tutte le istituzioni europee. In sostanza, siamo un organismo di cui non c’è simile o paragone a livello nazionale, italiano o di altri Paesi, vale a dire una sorta di organismo indipendente di investigazione interna sulle istituzioni, compresi i membri delle istituzioni, dunque i membri della Commissione, del Parlamento e via elencando. Questi sono, in maniera molto sintetica, i compiti investigativi dell'ufficio, a cui si aggiunge anche – essendo l'ufficio comunque una direzione generale della Commissione europea – un compito di policy making, di sviluppo delle politiche antifrode della Commissione europea. È proprio in quest'ambito che, insieme alla direzione generale giustizia della Commissione europea, abbiamo elaborato il progetto della costituzione della procura europea, che è stato approvato dalla Commissione nel luglio scorso. L'OLAF, tuttavia, non è un ufficio che ha titolo di condurre vere e proprie indagini di tipo penale, di polizia giudiziaria, in quanto ciò non esiste ancora a livello europeo. Quando l'OLAF è stato creato, nel 1999, queste competenze non facevano parte delle competenze dell'ufficio a livello europeo. L'OLAF conduce indagini di tipo amministrativo. Abbiamo particolari poteri, molto penetranti all'interno delle istituzioni, dal momento che siamo un corpo interno, ma anche a livello degli Stati membri abbiamo poteri di controlli sul posto, paragonabili a perquisizioni, degli operatori economici. Tuttavia, noi lavoriamo in stretto contatto e in maniera sistematica con le autorità di polizia giudiziaria o con le procure dei Paesi membri. È caratteristica dell'OLAF, nella legislazione europea, che i nostri rapporti possono costituire prova nei procedimenti giudiziari. Dunque, noi trasmettiamo i nostri rapporti alle procure dei vari Paesi, con una raccomandazione. Detto questo, molto brevemente, sull'OLAF – eventualmente dopo posso rispondere a domande su aspetti più precisi – per passare a livello di un'analisi sintetica di quello che vediamo di un certo tipo di criminalità, notiamo sempre più intensamente come questo tipo di crimini o condotte, in generale quelle dei reati finanziari ed economici, non solo a danno dell'Unione europea, siano sempre più di carattere transnazionale.
  In molti casi, al termine delle indagini che conduciamo a livello europeo, è anche difficile per noi identificare l'ufficio giudiziario nazionale competente. In molti casi ancora, abbiamo indagini che conduciamo unitariamente, ovvero le facciamo noi, che però riguardano vari Paesi, e poi dobbiamo mandare il nostro rapporto a due, tre o quattro uffici di procura di Paesi diversi, dunque la nostra indagine dà luogo a varie indagini e processi penali in vari Paesi. Dunque, si assiste a un frazionamento artificiale, non privo di costi anche a livello di efficacia della risposta penale. Parlavo del carattere sempre più transnazionale di questi reati, frodi, corruzione. Per citare un esempio tipico, ricordo in particolare quello degli appalti pubblici, laddove possiamo intervenire quando c’è una qualsiasi partecipazione di fondi europei o anche di prestiti. Ebbene, noi vediamo che ci sono casi di corruzione o perlomeno denunce di corruzione in un Paese specifico, dove si fa l'opera pubblica, e il funzionario pubblico è di un Paese, per cui si potrebbe dire che la corruzione è di quel Paese. Il problema è che per fare la corruzione bisogna essere in due e chi corrompe è una società o un operatore economico di un altro Paese; spesso, soprattutto a un certo livello, gli operatori economici sono multinazionali, che magari possiamo riferire a un Paese, ma operano attraverso varie società. Non facciamo nomi, ma ognuno può immaginare. Sono società che operano attraverso conglomerati, vari soggetti societari nei diversi Paesi. Quindi, abbiamo già un secondo Paese coinvolto. Molto spesso, soprattutto a un certo livello, le tangenti vengono pagate in Paesi terzi, estero su estero, mediante l'utilizzo di società schermo, secondo lo schema tipico che abbiamo visto più volte, ossia società finte, o comunque che vengono aperte per l'occasione, che emettono fatture per operazioni inesistenti – sono società riferibili a funzionario pubblico che riceve la tangente – che Pag. 5vengono poi pagate da una società controllata dall'operatore economico che vince la gara e vengono pagate su un conto corrente di una banca di un altro Paese. Ci sono cinque Paesi coinvolti, per un'operazione relativamente semplice. Ovviamente ciò avviene per poter nascondere il reato, ma non è difficile farlo, direi anzi che è abbastanza naturale.
  Un altro esempio ancora più banale è quello delle frodi sui fondi europei, sui fondi agricoli, laddove si assiste a sovrafatturazione per ottenere più fondi europei. La frode avviene in un Paese, l'operatore economico è di un Paese, ma a emettere le fatture sono normalissime società che vendono il bene e lo sovrafatturano, e sono di un altro Paese. L'OLAF svolge l'indagine, quindi deve mandare due rapporti, uno a un Paese, uno a un altro. Il reato è per sua natura biunivoco, cioè commesso da due soggetti. Va a finire che si fa prima un'indagine europea, sintetica; infatti, per questo lo si scopre, perché noi possiamo scoprirlo più facilmente con una visione europea, transnazionale. Poi si mandano i rapporti alle autorità giudiziarie dei due Paesi e ne nascono due indagini penali, due processi penali per lo stesso fatto. Un caso molto grosso, finito sui giornali, ha riguardato Bulgaria e Germania: un soggetto è stato condannato (in Germania), l'altro è stato assolto (in Bulgaria). Parliamo di milioni di fondi. I problemi sono due: da un lato, il carattere sempre più transnazionale di questi reati; dall'altro lato, il fatto che gli strumenti di indagine e poi di risposta penale, dunque l'esercizio dell'azione penale, il processo penale, sono ancora puramente nazionali, come lo erano nell'Ottocento, sebbene, come io dico, gli abbiamo «messo il turbo» – è come uno che ha una macchina degli anni Cinquanta, perché gli piace ancora tenersi la Seicento, ma negli anni ha aggiunto il turbo – che per noi è rappresentato dalla cooperazione giudiziaria internazionale. Una volta era molto difficile, o non c'era, però il concetto è sempre che ognuno fa le proprie indagini e poi, invece di litigare o ignorarsi, si coopera, che è una bella cosa.
  Ci sono due aspetti problematici. Il primo riguarda la scoperta dei reati: i reati hanno una dimensione transnazionale, soprattutto a livello dell'Europa, che è un territorio comune, dove i beni, i flussi finanziari e le persone circolano liberamente, ma l'unica cosa che non circola sono gli investigatori, che hanno una prospettiva nazionale, dunque una prospettiva frammentata, mentre affrontano un fenomeno transnazionale. Il problema, prima ancora di arrivare alla cooperazione, è la scoperta del reato. È difficile se manca quella che in inglese si definisce «helicopter view», che abbiamo noi, che siamo l'unica istanza – piccola e limitata, come ho detto prima – europea, che ci permette di avere una visione più larga, dall'alto, e dunque di vedere le connessioni, i contatti, i problemi. Se, invece, la questione la si affronta dal basso, con una prospettiva puramente nazionale, dunque frammentata, si vede un pezzettino, ma non si può comprendere il complesso. È come se, per capire un edificio, ci si mette di fronte al muro: non si può capire di che edificio si tratta, non si può neanche capire che si tratta di un edificio. Noi, intendendo la comunità investigativa internazionale e nazionale, stiamo solo graffiando la superficie (è un mio pensiero, non sono dati). Io sono preoccupato di quello che non vediamo e che dunque non possiamo neanche misurare. Penso, però, che i grandi casi di corruzione e di frodi anche sistematiche per la maggior parte ci sfuggano, proprio per questo deficit strutturale. Lo penso anche perché vedo che quelle volte che li scopriamo, avviene non dico per caso, ma proprio perché noi abbiamo, con la cooperazione degli Stati membri, che è abbastanza buona, una visione che può mettere i pezzi insieme. Se però è così, voi capite che la cooperazione internazionale non aiuta molto: posso fare un ottimo caso di cooperazione internazionale se so che quello che vedo io è un pezzettino di qualcosa di cui so chi ha qualche altro pezzettino; se non lo so, se non lo vedo, non posso neanche cominciare la cooperazione. La cooperazione internazionale presuppone che io sappia già a chi chiedere Pag. 6o da chi andare; magari il soggetto in questione non collabora, ma quello è un problema successivo. Oggi c’è una visione frammentata, in un territorio relativamente piccolo (ma con una grande economia), come quello dell'Unione europea: piccolo perché è diviso in ventotto Paesi, in trentuno sistemi giudiziari – i nostri amici della Gran Bretagna ci danno un contributo – e con le forze di polizia che, per ragioni ovvie, naturali, hanno una prospettiva nazionale. Lo ripeto, questo è un grande limite alla scoperta di questo tipo di reati. Inoltre, la cooperazione internazionale, che è una bella cosa, ormai anche concettualmente è un po’ obsoleta: è comunque lenta, più lenta del reato, più lenta dell'economia e della finanza, ed è ancora faticosa. È migliorata naturalmente negli anni e si può investire ancora, ma concettualmente comincia ad essere obsoleta, perché i criminali, o i gruppi anche economici che usano questi strumenti criminali, alle volte, e questo succede, lavorano e si muovono in Europa come fosse un unico Paese, sfruttando per di più le diverse situazioni nazionali, perché nelle loro analisi costi-benefici sanno in quali Paesi si rischia di più, in quali Paesi i controlli bancari sono di meno, in quali Paesi la prescrizione è più facile da ottenere. In base a questo, scelgono per la base della società un Paese o l'altro, o fanno il passaggio finanziario nel Paese dove ci sono meno controlli o dove la tutela penale è più debole. Lo sanno e sfruttano queste situazioni.
  Questa situazione, dunque, è alla base della proposta della costituzione dell'ufficio di una procura europea che trova il suo fondamento nel Trattato dell'Unione europea, laddove è citata.
  La Commissione europea, nel luglio scorso, ha preso l'iniziativa legislativa e ha presentato un testo per l'istituzione della procura europea, il cui scopo sarebbe limitato, in base al Trattato, alla sfera di competenza che oggi è dell'OLAF, cioè alla protezione di interessi finanziari dell'Unione europea, sul versante sia delle spese che delle entrate, compresa la corruzione e via dicendo.
  Il modello scelto dalla Commissione europea e proposto al Consiglio dell'Unione, che adesso si sta occupando di questo tema, è quello di un ufficio decentrato: un ufficio di procura con un ufficio centrale composto da un procuratore capo e alcuni vice, nonché da personale investigativo sempre dell'Unione europea. In ogni Paese ci sarebbero procuratori di quel Paese, che rimangono nei ranghi della magistratura inquirente di quel Paese, ma quando indagano su quei reati sono procuratori europei. In effetti, è un po’ il modello delle direzioni distrettuali antimafia: l'abbiamo preso da lì, mutatis mutandis, e l'abbiamo anche detto. Il ruolo dell'ufficio centrale sarebbe, nella nostra proposta, un po’ più forte di quello della Direzione nazionale antimafia, che oggi è di coordinamento. Si tratta, dunque, di un modello che rispetta il principio di sussidiarietà, ma che fa sì che ci sia un approccio integrato sui reati. Immediatamente tutti i procuratori sono in rete e si può evitare quella frammentazione di cui dicevo prima. Sarebbe una svolta storica perché, dal concetto della cooperazione internazionale, dunque la cooperazione tra «separati», avremmo un unico ufficio europeo dove la cooperazione tra un procuratore di Milano e uno di Lione e magari di Vilnius è come la collaborazione tra magistrati dello stesso ufficio.
  Non ci sarebbe più bisogno della richiesta rogatoria e, per la prima volta, avremo la realizzazione dell'Europa come unico spazio di giustizia, cioè un unico Paese non solo per gli aspetti economici e finanziari, ma anche per le indagini. Questo è il concetto alla base della proposta, che è all'esame, già dalla fine dello scorso anno, del Consiglio dell'Unione europea.
  La presidenza greca ha condotto un grande lavoro di analisi e ora la presidenza italiana ha un'occasione a nostro avviso molto importante, che può essere decisiva, di gestire questo dossier, questa negoziazione. Visti l'interesse e il sostegno finora dimostrati dall'Italia nel Consiglio – in questo anno si è succeduto più di un Governo, ma mi pare che su questo punto ci sia stata una continuità di sostegno Pag. 7positivo – e considerate anche le capacità professionali, che sono note, della magistratura italiana a livello europeo, quindi la capacità tecnica del Paese di dare un contributo considerevole a questa proposta, ci auguriamo che la Presidenza italiana investa su questo tema e che alla fine della stessa si possa arrivare a concretizzare questa proposta. Devo dire che il Parlamento europeo, che su questa realizzazione, che ha una procedura legislativa particolare, non ha un ruolo così importante come su altre questioni, ha voluto occuparsi di questo tema con l'istituzione di un organo parlamentare paragonabile alla Commissione antimafia del Parlamento italiano, la Commissione sulla criminalità organizzata, che però è a tempo, non è permanente come questa.

  PRESIDENTE. Non è permanente, è istituita con legge ogni legislatura.

  GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Ogni legislatura, ma quella europea non è durata neanche per tutta una legislatura, era una Commissione ad hoc, a tempo. Qualcuno si augura che il Parlamento europeo la rinnovi e, come avviene per quella italiana, ogni legislatura dia la necessaria attenzione politica-legislativa al tema della criminalità organizzata. Nella sua relazione finale, la Commissione CRIM del Parlamento europeo ha fortemente sostenuto l'istituzione della procura europea. Vedremo poi quali saranno gli sviluppi. Credo che questo potrebbe essere un buon contributo per l'Italia.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, cominciando con l'onorevole Garavini, coordinatrice del comitato che sta preparando la relazione sul semestre europeo.

  LAURA GARAVINI. Signor procuratore, apprezziamo molto il suo intervento, che è risultato esplicativo quanto ci saremmo aspettati. La ringraziamo molto dell'esperienza che ci ha portato. Le sue parole ci tranquillizzano, anche laddove apprendiamo che l'OLAF sposa in pieno il progetto della procura europea, al punto da esserne addirittura artefice. Nel corso dei nostri lavori, infatti, era nata la preoccupazione che invece la procura europea potesse essere in qualche modo di intoppo o costituire una sorta di doppione dell'OLAF. Se ho ben capito, invece, la procura andrebbe a coprire esattamente la lacuna relativa alla possibilità di inquisire anche penalmente, cosa che l'OLAF oggi non può fare.
  Le pongo alcuni quesiti specifici. Rispetto a tutti i casi in qualche modo scoperti dall'OLAF, è stato riscontrato anche il coinvolgimento di criminalità organizzata di natura italiana ? Le chiedo, cioè, se mafie italiane sono coinvolte in inchieste inerenti all'abuso o alle frodi su fondi europei. Risulta molto utile e opportuno per i nostri lavori e anche per la nostra relazione l'esempio che lei ci ha riportato. Ne deduco – o meglio, lei stesso l'ha affermato – che vengono costituite società ad hoc in Paesi terzi. Quali sono i Paesi che sono stati maggiormente interessati dalla casistica, almeno a livello europeo, o anche extraeuropeo ? Spesso nei Paesi interessati ci sono delle normative in virtù delle quali non è possibile perseguire le società, come, ad esempio, in Germania, dove non c’è la possibilità di perseguire per mafia società per azioni, poiché vi è un vuoto normativo. Mi farebbe piacere sapere se l'OLAF abbia la lista dei Paesi europei, oltre la Germania, in cui sussiste questo buco normativo. Immagino che L'OLAF si sia dotata di una relazione: potrebbe essere molto utile per i nostri lavori acquisirla. Lei ci diceva che è difficile fare una stima, però vorrei sapere se è stato quantificato, alla luce di tutti i casi trattati dall'OLAF, a quanto ammontino le truffe riscontrate in Europa. Alla luce di quanto è stato riscontrato, è possibile fare una stima, anche «grezza», di quanto potrebbe essere l'ammontare delle frodi e delle truffe ai danni dell'Unione europea ? Inoltre, lei diceva che ci sono Paesi nei Pag. 8quali la tutela penale è più debole. Quali sono questi Paesi a livello europeo ? Oltre a quello che io le indicavo, avete riscontrato altri buchi normativi nei singoli Paesi che, secondo l'esperienza dell'OLAF, facilitano o favoriscono la realizzazione di questo tipo di frodi ?
  Rispetto alla procura europea – faccio un passo indietro – il progetto ideato allo stato dell'arte si limita alla possibilità di agire penalmente nei confronti di frodi a danno dell'Unione europea. Ritiene che, invece, sarebbe opportuna un'estensione dei compiti della procura europea anche a tutte le tipologie di reato legate alla criminalità organizzata ?
  Infine, il dato emerso un paio di mesi fa secondo il quale metà dell'importo della corruzione a livello europeo sarebbe imputabile soltanto all'Italia, corrisponde al vero oppure no ? La ringrazio.

  ENRICO BUEMI. Vorrei capire se non esiste un potere coercitivo dell'OLAF, quindi se l'azione di indagine o di verifica si svolga attraverso gli strumenti nazionali. La conseguenza riguarda i comportamenti degli Stati, poiché la mia sensazione è che ci siano risposte diverse. Il livello di rispetto della normativa che dovrebbe sovrintendere il sistema europeo è diverso nei vari Stati. Qual è la percezione che si ha ? Ci sono dati riguardanti i comportamenti delle singole nazioni ? Per capire, l'Italia è un Paese messo male oppure siamo all'interno di una dinamica di sistema ? Rispetto all'organico, vorrei capire qual è la presenza italiana. Per il resto, concordo con le domande poste dalla collega.

  LUIGI GAETTI. Aggiungo solo una battuta. Siccome sono anche membro della Commissione agricoltura, vorrei capire quali sono gli ambiti in cui si riscontra maggiore corruzione, se l'ambito industriale, l'ambito delle infrastrutture, l'ambito del sociale e via dicendo.
  C’è un settore più critico rispetto agli altri ?

  PRESIDENTE. Prima di ascoltare le risposte, aggiungo una mia domanda. Dal momento che la procura europea – sperando naturalmente che questo sia uno dei risultati che il semestre europeo può ottenere – ha comunque poteri limitati, così come riporta il Trattato che ne ha previsto l'istituzione, in base all'esperienza dell'OLAF quale utilità potrà avere la procura nella lotta alle mafie e ai loro collegamenti internazionali ? Questa è per noi la luce che dobbiamo accendere in maniera particolare. Nel dare la parola al dottor Kessler per le risposte, vorrei ricordare che il suo è l'incarico italiano più alto – credo l'unico – che abbiamo all'interno della Commissione e sappiamo che il dottor Kessler ha tutte le qualità per svolgerlo al meglio.

  GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Ho il compito ingrato di indagare sui miei colleghi, nell'Unione europea. La prima domanda dell'onorevole Garavini, sulla criminalità organizzata italiana, si collega alla domanda della presidente. Noi non abbiamo la competenza diretta di indagare se c’è un'associazione mafiosa o meno. In più, manchiamo di alcuni strumenti tipici dell'indagine di polizia giudiziaria penale, che sono anche i più incisivi, ad esempio le intercettazioni telefoniche. Possiamo fare qualcosa di vicino alle perquisizioni – si chiamano spot checks, controlli sul posto – per gli operatori economici.

  PRESIDENTE. La procura l'avrà ?

  GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Certamente sì. In alcuni casi, anche abbastanza grossi, è emersa con certezza la partecipazione. Si trattava di frodi su fondi agricoli in Calabria – poi c’è stato un processo penale – effettuate con la costituzione fittizia di soggetti economici, in maniera sistematica e su larga scala, il che presuppone anche un certo «controllo» del territorio. La nostra indagine, che abbiamo svolto con la Guardia di finanza, poi c’è stato un processo penale, ha accertato la diretta partecipazione Pag. 9della camorra e della mafia. Inutile dire che i fondi europei o anche della Banca europea degli investimenti, che sono pur sempre strumenti finanziari del contribuente europeo, sono in molti Paesi gli unici fondi pubblici che circolano per gli investimenti, dunque sono una preda ambitissima. La criminalità organizzata, anche mafiosa, è ben piazzata per poterli utilizzare. In particolare, l'OLAF ha una priorità – che ci viene data dal livello politico – di lotta al contrabbando di tabacchi in Europa, dall'esterno dell'Europa, che possiamo stimare, sulla base dei sequestri che vengono effettuati, in una perdita di introiti, ogni anno, per l'Unione europea, di 10 miliardi di euro. La stessa sigaretta in Inghilterra può costare 8, in Bulgaria 1,5, in Ucraina 0,50, sono tutte tassazioni. Dunque, una stima prudente parla di 10 miliardi di euro di mancati incassi. Qui si tratta di criminalità organizzata del massimo livello. La procura europea – così rispondo alla presidente e ad altre domande dell'onorevole Garavini – è una procura tout court. Abbiamo diversi modelli di procura in Europa. Alcuni Paesi, come l'Inghilterra, la procura la conoscono appena, esiste solo in maniera embrionale. Invece, il modello di procura proposto dalla Commissione è molto simile al modello di procura italiano, francese o spagnolo. Parliamo di una procura che ha la responsabilità della conduzione dell'indagine penale e ovviamente la responsabilità dell'esercizio dell'azione penale, cioè di portare i responsabili di fronte a un tribunale, i tribunali rimangono a livello nazionale. Tuttavia, si fa un'unica indagine ed è questo il vantaggio rispetto al sistema odierno. Oggi l'OLAF prima svolge la sua indagine amministrativa, poi manda le sue raccomandazioni a una procura, quando va bene, se non a due o a tre; anche se le mandasse solo a una, come avviene in buona parte dei casi, dopo deve ricominciare un'indagine penale giudiziaria, e poi, se mai si arriva in giudizio, è oggi una perdita di tempo. Domani, dal primo momento sarà in piena attività un ufficio di procura, dunque un risparmio di tempo, un risparmio di energie, una visione unitaria, una maggiore capacità di risposta, soprattutto per i fenomeni di criminalità organizzata che possono sfuggire maggiormente a una visione frammentata per Nazioni. Quanto alla domanda sul buco normativo, poiché mi è già successo che, dopo un'altra audizione – non in Commissione antimafia – mi è stato sventolato contro quello che avevo detto, chiarisco che qui rappresento la Commissione europea e non posso riferire dati che non siano ufficiali e confermati. Le società vengono fatte dove ci sono meno controlli o dove c’è meno trasparenza del sistema finanziario. Non sono in grado di riferirvi una graduatoria, da questo punto di vista. Essendo del servizio investigativo, potrei dirvelo a livello esperienziale, ma non raccogliamo dati di questo tipo. Ho portato qui – così rispondo a un'altra domanda – alcune copie del nostro rapporto annuale, riferito all'anno scorso, che spiega come lavora il nostro ufficio, riporta anche i dati della nostra attività e, almeno parzialmente, risponde alla domanda sui vari settori. Naturalmente il rapporto risponde dall'ottica di quello che facciamo noi, non necessariamente alla domanda su dove ci sono più frodi. Mi pare che dividiamo anche le notizie che ci arrivano per settore e l'esito delle nostre indagini, quando scopriamo qualcosa, si chiama per legge «raccomandazione» l'atto che il direttore generale emette al termine di un'indagine, rivolto sia alle procure, quando c’è qualcosa di penale, sia ai servizi finanziari della Commissione per il recupero dei soldi. Troverete quindi i dati divisi per settore, anche nelle quantità delle somme di cui chiediamo la restituzione, l'anno scorso in totale 400 milioni. È difficile fare una stima delle frodi, ma già prima ho riferito quella relativa all'importazione illegale e all'evasione delle sigarette, dei tabacchi lavorati, basata sulle quantità sequestrate: 10 miliardi di euro. Quanto alla tutela penale più o meno debole, nemmeno a questo riguardo c’è una graduatoria. Vero è che non c’è ancora una soddisfacente armonizzazione del trattamento penale di questo tipo di reati, cioè Pag. 10le frodi europee. Siamo ancora a una convenzione, è interessante il nome «convenzione», della fine degli anni Settanta tra i Paesi europei. La Commissione, sempre con la partecipazione dell'OLAF, ha presentato due anni fa una direttiva – che è verso la fase finale, ma non senza difficoltà in qualche Stato membro – per armonizzare il trattamento penale dei reati di cui si dovrebbe occupare il procuratore europeo, cioè dei reati contro gli interessi finanziari dell'Unione europea. Effettivamente questo è un tema che viene sfruttato. Se posso dire qualcosa sull'Italia, c’è il problema della prescrizione nel nostro Paese. Il regime giuridico della prescrizione dei reati in Italia, che del resto è anche abbastanza complesso e barocco, alla fine però costituisce, soprattutto per reati non gravissimi, come sono questi, uno strumento, che ovviamente viene utilizzato, per evitare il sanzionamento penale, e dunque, indirettamente, un incentivo a fare qui piuttosto che in un altro Paese. Siccome gli interessi finanziari in gioco sono alti e i gruppi criminali, mafiosi o non, dispongono di avvocati, di commercialisti, e queste cose le conoscono, l'armonizzazione del trattamento penale non riguarda solo o tanto la sanzione – certo, anche quella è importante – ma anche, in concreto, se e come la pena viene erogata. Questi aspetti dovrebbero essere dunque meglio armonizzati. Per questo c’è una direttiva, la cosiddetta «direttiva PIF», protezione degli interessi finanziari, che è all'esame del Consiglio e del Parlamento europeo. Quanto al tema dell'estensione o della limitazione della competenza del procuratore europeo, nella proposta della Commissione la competenza è limitata – tuttavia, non è poi un grande limite – ai reati PIF, cioè riguardanti la protezione degli interessi finanziari dell'Unione europea. Comunque, a ben guardare, è un campo abbastanza largo, purché ci sia una minima partecipazione di fondi europei. Questo perché abbiamo la base giuridica nel Trattato dell'Unione europea: gli articoli 325 e 86 prevedono che il bene giuridico, in questo caso la protezione degli interessi finanziari europei, è un bene giuridico europeo; ergo, la protezione di questo bene giuridico deve essere portata a livello europeo e non può essere lasciata puramente ed esclusivamente, come avviene oggi con la piccola eccezione dell'OLAF, alle capacità e alle volontà di ventotto Stati membri, che non sono le stesse. Non sono le stesse le capacità, anche tecniche, né le volontà dei ventotto Paesi di proteggere gli interessi finanziari dell'Unione europea. Tali interessi alle volte – sbagliando, si intende – possono essere visti, in alcuni o in molti Paesi, nell'ottica «sono soldi che ci sono venuti, sono soldi europei, non sono neanche nostri; in fondo, perché dobbiamo scoprire tutte le truffe su questi fondi che sono comunque arrivati qui ? Se scopriamo queste truffe, dopo dobbiamo restituire i soldi». Ho in mente alcuni casi concreti, c’è qualcosa anche in Italia a questo riguardo. Non è sempre politicamente neutro dover restituire qualche centinaio di milioni all'Unione europea. Alle volte, dunque, se i servizi investigativi o le procure si danno da fare un po’ troppo, in maniera sbagliata questa azione può essere vista dai responsabili politici come non proprio confacente agli interessi finanziari nazionali. Dunque, la procura europea, limitata a questo settore, per ragioni anche giuridiche, bene giuridico protetto, è un interesse europeo; la protezione ci sta in pieno, ma deve essere a livello europeo, dunque servirà anche a portare una maggiore uniformità nella capacità di risposta. Non tutte le magistrature inquirenti hanno lo stesso grado di indipendenza nei ventotto Paesi, ma in alcuni sistemi giuridici dell'Unione europea, dove non c’è l'obbligatorietà dell'azione penale, uno dei motivi per cui si può archiviare un caso, per esempio, è la mancanza di interesse nazionale. Se mettiamo insieme queste cose, ci sono situazioni un po’ a rischio. L'estensione della competenza ad altri reati «non PIF», non di protezione degli interessi finanziari europei, è possibile ad altri atti per esempio transnazionali, come la tratta delle persone, il terrorismo, la mafia in quanto tale è anche auspicata da alcuni – anche dalla Pag. 11CRIM, la Commissione del Parlamento europeo, e in Francia c’è questa forte spinta del Senato francese – ma a norma di Trattato richiede l'unanimità degli Stati membri. La posizione della Commissione è di cominciare con questo, che è già tanto; se le cose funzionano, si potrebbe vedere il resto. Questa è una posizione tattica, che ha delle ragioni giuridiche e anche fattuali. Si chiede se metà della corruzione è in Italia. Per chi non lo sapesse, la domanda si riferisce alla presentazione del primo rapporto anticorruzione della Commissione europea, prodotto dalla direzione generale affari interni della Commissione, a cui noi abbiamo comunque dato un contributo. In realtà, non c’è neanche nel rapporto, ma nella conferenza stampa di presentazione è stata chiesta una stima della corruzione. È stata data una stima, che però non è una stima della Commissione, ma si basa – lo ha detto il commissario – su fonti come Transparency International. È però una stima. Dopodiché i giornalisti, guardando il rapporto, hanno visto che per quanto riguarda l'Italia c'era un'altra stima della Corte dei conti italiana sul costo della corruzione in Italia, ed era la metà dell'altra stima, dunque hanno fatto una specie di corto circuito secondo il quale l'Europa sostiene che metà della corruzione europea è in Italia. Ci hanno tempestati di richieste, ma noi abbiamo smentito. È un'altra dimostrazione di quanto le stime siano un terreno su cui avventurarsi con attenzione. Per chi le fa sono sempre pericolose. Quanto ai poteri coercitivi e alla conclusione che l'OLAF adesso non ne ha, rispondo che dipende che cosa intendiamo. Non ne ha sulla libertà personale, ovviamente, però possiamo effettuare quelli che vengono chiamati i controlli sul posto, sugli uffici degli operatori economici, di qualsiasi tipo, anche ONG, operatore economico non vuol dire necessariamente imprenditore. Si chiede se possiamo fare indagini anche fuori dall'Unione europea: l'OLAF indaga in tutto il mondo, dove vengono spesi i soldi europei. Naturalmente fuori dall'Unione europea abbiamo basi giuridiche diverse, quindi dipende dai trattati dell'Unione. All'interno delle istituzioni abbiamo un potere più pervasivo, laddove possiamo ispezionare, perquisire, raccogliere dati e via dicendo, ma non più di questo. L'organico dell'OLAF è di poco meno di 450 persone – dunque, è un ufficio relativamente piccolo – tutti compresi. Non sono tutti investigatori; abbiamo anche una componente, di circa un quarto, di policy making, dunque partecipiamo all'attività legislativa anche della Commissione europea, naturalmente per il nostro settore. Gli investigatori sono circa 200. Comunque, è una realtà interessante innanzitutto perché è l'unica realtà investigativa europea e non ci sono altri organi investigativi a livello europeo; in secondo luogo, perché sotto uno stesso tetto ci sono persone che hanno un'esperienza nei loro Paesi di procuratori, comunque magistrati, poliziotti, investigatori, auditor, ispettori, amministrativi e doganieri, di quasi tutti i Paesi europei, siamo a 26 Paesi. Lavoriamo in ventuno lingue, più il russo, ogni tanto. L'anno scorso abbiamo ricevuto circa 1500 segnalazioni di tutti i tipi da autorità pubbliche e anche da anonimi. Abbiamo aperto l'anno scorso 250 investigazioni e ne abbiamo centinaia in carico. Questo, per darvi un'idea, è il lavoro che facciamo.

  PRESIDENTE. E l'OLAF che fine fa una volta istituita la procura ? Insomma, questa generosa partecipazione a istituire un concorrente...

  GIOVANNI KESSLER, direttore generale dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). È vero, è una domanda che mi pongo anch'io e che necessita di un'elaborazione anche legislativa.
  Concettualmente, prima di tutto abbiamo detto che la procura europea è il superamento dell'attuale modello, che vede l'indagine amministrativa prima, che poi sfocia in una o più indagini penali. Invece, come diceva la presidente, in questo modo almeno la funzione viene inglobata.
  L'OLAF, di fatto – poi vedremo di diritto – contribuirà in maniera determinante, Pag. 12poiché costituirà l'ufficio centrale, in buona parte. Questo è già previsto. Anche dal punto di vista di risorse umane e finanziarie, teoricamente la procura europea nascerà a costo zero, cioè usando risorse già esistenti. L'OLAF vi contribuirà – d'altra parte, l’expertise è lì – per l'ufficio centrale, in particolare. La procura è un'evoluzione naturale dell'OLAF in quanto tale: si può citare l'esempio del baco che diventa farfalla. Il punto è che ci sono alcune competenze dell'OLAF che non verranno prese, almeno in un primo momento, dalla procura europea. Mi riferisco ai Paesi che già sappiamo – lo possiamo sapere con un buon grado di approssimazione – che non entreranno nell'ufficio di procura europea, perché il Trattato prevede che se non si raggiunge l'unanimità si può fare la cooperazione rafforzata purché ci siano almeno nove Stati. Credo che, alla fine, saranno molti più di nove, però sappiamo che l'Inghilterra e la Danimarca hanno fatto l’opt out per tutto quello che riguarda la giustizia, dunque è molto probabile – dico così perché parlo in veste ufficiale – che non parteciperanno e anche qualche altro Paese è un po’ più freddo. Questi Paesi, però, cosa faranno ? Non avranno il procuratore europeo che indaga sui fondi europei, che continueranno a ricevere, però sarebbe ingiusto che fossero «premiati» togliendo il controllo che oggi esiste. Inoltre, c’è la funzione, che oggi l'OLAF svolge, delle indagini interne, cioè sui funzionari, sui membri. Solo se hanno un impatto finanziario le condotte penalmente rilevanti andranno sotto la competenza del procuratore europeo, e non diversamente. Ad esempio, il caso di un funzionario che gioca sulle spese, sui rimborsi spese gonfiati, va alla procura europea. Se però il funzionario chiede una tangente, non è più competenza della procura europea, ma della procura del Paese specifico. Però si potrebbe perdere, con la frammentazione e con la scomparsa dell'OLAF, un potente strumento di investigazione interna. Questi aspetti sono ancora oggetto di approfondimento, ma io credo che in positivo l'OLAF contribuirà, anche con le sue risorse di personale e finanziarie, e si trasformerà in una parte importante della procura europea.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Kessler e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.30.