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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 36 di Martedì 3 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del presidente nazionale Confesercenti, Marco Venturi:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Venturi Marco , presidente nazionale Confesercenti ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Mirabelli Franco  ... 5 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 6 
Mattiello Davide (PD)  ... 7 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 7 
Fava Claudio (SEL)  ... 8 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 9 
Fava Claudio (SEL)  ... 9 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 9 
Garavini Laura (PD)  ... 10 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Fava Claudio (SEL)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 14 
Fava Claudio (SEL)  ... 15 
Busà Pasquale , dirigente Confesercenti ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente nazionale Confesercenti, Marco Venturi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente nazionale Confesercenti, dottor Marco Venturi, il quale è accompagnato dal dirigente Confesercenti, dottor Pasquale Busà.
  L'audizione odierna ha ad oggetto il tema della lotta all'usura e al racket e le proposte per rendere il sistema di prevenzione antiracket più efficiente e trasparente, con particolare riguardo alla destinazione, utilizzo e controllo dei fondi pubblici.
  Ricordo come di consueto che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Cedo ora la parola al dottor Venturi, che ringrazio per la sua presenza.

  MARCO VENTURI, presidente nazionale Confesercenti. Grazie, presidente, grazie a tutti voi per questa audizione. Come Confesercenti abbiamo storicamente affrontato questo tema di racket e usura, e vi ricordo il treno contro l'usura, che ha rappresentato la spinta decisiva per l'approvazione della legge antiusura, ma anche le nostre imprese territoriali che hanno sempre fatto assistenza agli imprenditori caduti nelle mani dei taglieggiatori, oltre che degli usurai.
  Questi due fenomeni rappresentano per le piccole e medie imprese un vero e proprio dramma, il continuo incalzare le piccole e medie imprese da parte della criminalità.
  Il racket è concentrato soprattutto nel Mezzogiorno, però con propaggini molto forti nel centro-nord e in particolare nel nord Italia, dove si è consolidata la presenza di gruppi criminali come la ’ndrangheta (pensiamo alla Lombardia). Questo ci dice come questi fenomeni non rimangano legati al territorio di origine, ma tendano a espandersi.
  Non ho citato a caso la Lombardia, perché stiamo andando verso l'Expo, che può essere molto allettante per la criminalità organizzata, per cui è necessario fare di tutto per impedire che ci mettano sopra le mani. Sui lavori non lo so, è difficile stabilirlo, però dobbiamo veramente impedire che diventi l'Expo della criminalità, invece dell'Expo universale.
  L'usura è un fenomeno più diffuso, meno legato al territorio, non è un fenomeno nuovo, quindi non è legato solo alla crisi, però in periodi di crisi economica le difficoltà delle imprese si accentuano, l'accesso al credito diventa sempre più difficile e quindi le piccole e medie imprese entrano in difficoltà. Un imprenditore in Pag. 4crisi prima di chiudere la propria impresa fa di tutto per mantenere non solo il suo investimento, ma anche il suo lavoro.
  I piccoli imprenditori sono infatti lavoratori autonomi, quindi, essendo l'impresa la loro vita, fanno di tutto per risalire la china e superare questa difficile fase. Se riescono a superare questo periodo di decrescita o non crescita come quello che ci troveremo a vivere anche quest'anno, si potrà infatti prospettare loro una condizione anche migliore.
  Spesso, però, questa apprezzabile volontà degli imprenditori di superare questa difficile fase diventa una trappola da cui è difficile uscire, che rischia di creare un ulteriore indebitamento nel vano tentativo di salvare l'impresa. Se infatti vediamo i dati, constatiamo come fra il 2010 e il 2013 più di un milione di piccole e medie imprese abbia cessato l'attività. Ovviamente c’è un saldo negativo dietro questi numeri, perché tante hanno aperto, ma meno di quelle che hanno chiuso.
  Il 40 per cento delle imprese che hanno chiuso ha cessato l'attività per problemi di carattere finanziario e in parte per usura. Tutte hanno cercato di risolvere il problema, ma una parte di queste, non avendo accesso a finanziamenti, si è rivolta agli usurai sbagliando, perché noi ripetiamo continuamente che è meglio chiudere subito, mettersi l'animo in pace e non consegnarsi a un usuraio, perché questo significa comunque chiudere dopo e in condizioni peggiori.
  Si stima che tra commercianti e artigiani 350.000 imprenditori siano indebitati con gli strozzini. Le posizioni debitorie sono doppie (750.000), perché questi si indebitano con più persone, aggravando ulteriormente la situazione. In 250.000 casi l'indebitamento viene contratto con associazioni a delinquere di tipo mafioso, perché c’è l'usuraio delinquente per conto suo e una pratica legata alle mafie, quindi alla criminalità organizzata.
  Secondo nostre valutazioni, ogni anno 25 miliardi di euro si trasferiscono dalle casse delle imprese in quelle degli strozzini e degli estortori, perché non dimentichiamo che questo pesante fenomeno è originario del Mezzogiorno, ma trasferito anche ai piani alti del nostro Paese, al nord.
  Il racket ha un andamento alquanto stabile, si concentra nel Mezzogiorno, con presenze anche nel centro-nord, dove il meccanismo è un po’ diverso, per cui spesso si impongono dei pagamenti una tantum più che il racket tradizionale che prevede una sorta di rata continua che gli imprenditori devono pagare.
  Questo comporta anche al nord una serie di problemi in realtà come la Lombardia, dove si è radicata la ’ndrangheta calabrese e questi fenomeni hanno preso piede con un'incidenza significativa.
  Gli imprenditori, stretti da una parte da fenomeni criminali e dall'altra dalla crisi dell'economia che provoca difficoltà e chiusure, sono preda di rabbia e sconforto, per arrivare poi spesso purtroppo alla rassegnazione, perché non trovano via di uscita, nonostante l'azione fatta dalle associazioni di rappresentanza, perché la mia ma anche le altre hanno i consorzi fidi, quindi cercano di aiutare gli imprenditori e di sostenerli prima, perché, una volta che l'azienda è decotta, è inutile tentare di tenerla in piedi. Bisogna agire prima per evitare di usurare le fondamenta dell'impresa.
  Questa rassegnazione li porta a non credere più a interventi come l'azione penale contro i criminali, sostenendo che è troppo lunga e il risultato è incerto. Anche la burocrazia ha un suo peso, con le lungaggini e le difficoltà che si trovano anche nel sistema di solidarietà (prefetture, associazioni, sportelli, fondi di solidarietà).
  Tale atteggiamento porta allo sconforto anche le stesse associazioni antiracket e antiusura, perché le risposte sono ormai rassegnate. Ciò è legato anche alla crisi, alle difficoltà che le imprese vivono, e gli unici punti di riferimento sono le associazioni e le istituzioni che come presìdi della legalità, cercano di dare fiducia e speranza alle vittime. Per quanto ci riguarda cerchiamo sempre di incentivare le denunce, perché quello deve essere l'obiettivo principale.Pag. 5
  Nel 1991 Confesercenti ha costituito «SOS Impresa» con l'obiettivo di contrastare questi fenomeni e adesso chiediamo al Parlamento e al Governo di ripensare la stessa legislazione relativa all'usura e al racket, che va aggiornata in relazione all'evoluzione degli stessi fenomeni.
  Suggeriamo di abolire i termini restrittivi per la presentazione delle istanze di accesso al Fondo di solidarietà e riaprire quindi i termini di presentazione, evitando di chiudere le porte in faccia a chi ritarda ma è in forte difficoltà. Questo non è un costo aggiuntivo per lo Stato, è solo una disponibilità a concedere tempi che garantiscano un po’ di respiro agli imprenditori che sporgono denuncia, cosa che potrebbe portare anche a qualche denuncia in più.
  Chiediamo anche di rivedere i criteri di assegnazione dei fondi ai Confidi e alle fondazioni, passando da una redistribuzione aritmetica a una ragionata, perché spesso rischiamo di non collocare adeguatamente queste risorse sia per far sopravvivere le imprese, sia per la stessa azione di contrasto. È necessario tener conto sia della gravità delle situazioni, sia di dove i fondi vengano meglio utilizzati.
  Suggeriamo di applicare all'atto di incriminazione per usura anche norme patrimoniali restrittive per gli usurai e di prevedere l'applicazione del sequestro dei beni del presunto usuraio. In alternativa, il giudice potrebbe disporre una cauzione pari all'entità del danno patito, anche valutato in via equitativa. Se ne possono prevedere anche altre, ma noi indichiamo queste due forme di intervento concreto per contrastare il fenomeno.
  Con queste norme l'imputato potrebbe avere maggior interesse a chiudere il processo piuttosto che puntare, come oggi avviene, alle lungaggini per cui il processo va in prescrizione e alla fine non si ottiene nulla, quindi occorre concretezza per ottenere risultati positivi.
  Proponiamo inoltre di modificare le leggi sugli appalti, prevedendo di attribuire quote dei lavori alle imprese che si sono opposte al racket, dare un incentivo a chi denuncia e agganciare le politiche di incentivazione creditizia, fiscale e previdenziale all'impegno di opporsi al ricatto mafioso, di istituire un'agenzia di accompagno e di sostegno alle imprese per favorire investimenti nel Mezzogiorno.
  Potremmo aggiungere il tema delle infrastrutture, in quanto nel sud non si riesce dopo decenni a portare a termine alcune opere. Se pensiamo ai riflessi che una cosa del genere ha sul turismo, in quanto le vie di accesso sono fondamentali, si comprende come il danno sia ancora maggiore.
  Per favorire questi investimenti proporremmo una sorta di tutor antiracket, per sostenere chi ha la volontà e il coraggio di investire nel Mezzogiorno, di predisporre interventi automatici a difesa delle imprese che hanno denunciato e stabilire un coordinamento più efficace tra azione penale e civile.
  Questi punti potrebbero servire non a debellare un fenomeno così radicato e complesso, ma ad aiutare le imprese in forte difficoltà senza lasciarle nelle mani degli usurai e degli estortori e favorendo il contrasto di questi fenomeni criminali. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Cedo la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.

  FRANCO MIRABELLI. In questi mesi, anche valutando alcune inchieste, è emersa anche al nord la capacità della criminalità organizzata di penetrare nelle piccole e medie imprese utilizzando lo strumento dell'usura in una fase in cui la crisi ma soprattutto le banche hanno chiuso i cordoni della borsa e l'usura più che del racket è diventata un fenomeno molto significativo.
  Lei ha citato il numero delle piccole imprese che sono state chiuse e vorrei chiederle se abbiate riflettuto su un fenomeno molto diffuso. Partendo dal racket ma soprattutto dall'usura, l'intervento consiste nel condizionare le imprese per rilevare Pag. 6gli esercizi commerciali e garantirsi il controllo del territorio, nell'esercitare pressioni sulle scelte delle associazioni di via, alimentando il ruolo delle organizzazioni criminali anche nella regolamentazione, oltre che nel presidio del territorio, acquisendo esercizi ma anche facendo pressioni sulle scelte che vengono fatte sui territori rispetto all'organizzazione del commercio.
  Credo che oltre a quelle che avete già formulate, si debbano avanzare richieste anche al sistema bancario, laddove in questi anni l'usura sta proliferando in questo modo perché la ’ndrangheta ha risorse economiche da investire mentre le banche non fanno più prestiti.
  Per salvarsi, quindi, molte imprese ricorrono all'usura, e, come ci hanno raccontato, si parte da lì e poi ci sono coinvolgimenti molto più significativi e pericolosi con la criminalità organizzata.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Buongiorno. Per quanto riguarda il primo aspetto, la situazione nuova a cui assistiamo in questo periodo di crisi, a partire dal 2008, è che, nel Mezzogiorno quasi unicamente e in altre parti d'Italia con compresenze, l'economia criminale e le imprese mafiose direttamente o in partecipazione sono gli unici agenti del mercato.
  Ci siamo accorti che a volte pagare il pizzo significa pagare una royalty per entrare dentro quell'economia. Alcuni imprenditori soprattutto nel settore dell'edilizia, delle costruzioni e dei lavori pubblici ci dicono che prima pagavano il pizzo ma lavoravano, mentre adesso o entri dentro quel tipo di mercato oppure non vinci nessun appalto pubblico.
  È un dato molto preoccupante, perché, mentre prima si pagava per quieto vivere, per paura, per acquiescenza, adesso si entra nell'orbita dell'economia di queste organizzazioni, quindi c’è qualcosa di più di rilevare le imprese in crisi: controllare addirittura pezzi di economia, pezzi di filiera (pensiamo alla filiera agroalimentare, all'autotrasporto, a tutto il mondo delle costruzioni).
  Abbiamo in alcuni processi intercettazioni in cui gli imprenditori chiedono: «Ma perché fate lavorare solo questi e non fate lavorare anche noi ?». Credo che questo sia l'elemento preoccupante di novità.
  Oggi, accanto all'usura di criminalità organizzata, che è cresciuta soprattutto grazie a ’ndrangheta e camorra non solo nel sud (ci siamo costituiti parte civile nel processo Aspide a Padova, e a Modena ci sono state organizzazioni camorristiche di primo piano), abbiamo anche un'usura «dalla faccia pulita», fatta da imprenditori più o meno collusi che pensano di fare i soldi con i soldi, e abbiamo un fenomeno in cui, a differenza del cravattaro tradizionale il cui obiettivo era quello di lucrare sugli interessi, quindi ti rinnovo il prestito perché mi dai sempre qualcosa, sia pure la collanina d'oro o la fede, questi drammatizzano il rapporto perché vogliono impossessarsi dei beni dell'azienda, che spesso ricollocano all'interno del mercato.
  Per quanto riguarda le banche, sottolineo un dato che droga in parte l'aumento delle denunce per usura che c’è stato: da qualche tempo c’è un aumento di denunce penali nei confronti di istituti bancari. Sono un componente del comitato di solidarietà delle vittime dell'usura e vediamo quanto siano in aumento le denunce penali di usura nei confronti delle banche.
  Mentre in passato queste denunce venivano praticamente archiviate in una fase iniziale del procedimento, noi adesso abbiamo anche alcuni decreti di rinvio a giudizio e delle sentenze. È un fenomeno soprattutto sociale, però anche indicativo rispetto a determinati comportamenti. Si va dall'usuraio non tanto per fare investimenti, ma per affrontare situazioni di emergenza: pagare il fornitore, la cartella di Equitalia, il direttore di banca che ti Pag. 7chiede il rientro in due giorni, in una settimana e anche se hai la casa al mare di questi tempi non riesci a pagare.
  Aggiungo per completezza che dal rapporto di «SOS Impresa» risulta che le persone maggiormente a rischio usura sono commercianti tra i 48 e i 55 anni, quindi non giovani che magari iniziano a entrare nel mercato ma persone di età matura che ad esempio hanno sempre fatto i salumieri e hanno difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro, arrivano a 50 anni e fanno di tutto per cercare di resistere, come diceva il presidente Venturi, entrando in percorsi usurai.
  L'usura è un fenomeno sommerso, ma gli usurai sono personaggi pubblici: all'interno delle comunità e dei territori si sa a chi rivolgersi per avere soldi in prestito. Ci si rivolge quasi sempre per iniziare con somme piccole, che poi nel tempo aumentano in maniera esponenziale.

  DAVIDE MATTIELLO. Vorrei che ci aiutaste anche successivamente in forma scritta a tenere distinti i dati dell'usura e quelli del racket, perché talvolta superficialmente vengono fatti coincidere. Sappiamo che spesso uno chiama l'altro, però sappiamo altrettanto bene che vanno tenuti distinti, quindi credo che sia importante anche capire quanti casi di usura seguano il racket e quindi quanto siano collegati cronologicamente questi due fenomeni.
  L'imprenditore che finisce nelle maglie dell'usura o del racket in ragione della denuncia può rivolgersi al comitato di solidarietà ex articolo 19 della legge n. 44 del 1999. La prima domanda su questo punto è: vi risulta (e, se sì, in che numero) che ci siano stati e ci siano imprenditori che, avendo fatto questo percorso, poi falliscono, perché il comitato interviene in maniera intempestiva o inadeguata, intempestiva perché ci mette troppo, inadeguata perché arriva con troppo poco rispetto a ciò che servirebbe all'imprenditore. Per noi è importante acquisire questo primo dato.
  In secondo luogo, sempre rispetto a questa fenomenologia, quanti di questi imprenditori che cominciano a denunciare, che quindi hanno accesso al comitato di solidarietà per le vittime di usura e racket, poi hanno anche bisogno della protezione dello Stato in ragione delle loro denunce e quindi accedono al programma speciale di protezione o a misure speciali di protezione ?
  Di questi, quanti vivono bene, cioè quanti dopo la denuncia fatta, il comitato di solidarietà che deve ristorare, la sicurezza dello Stato, riescono a rimettersi sulle proprie gambe e a condurre nuovamente una vita normale, libera dalla paura e dal bisogno, e quanti invece fanno fatica ?

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Come dicevo, faccio parte del comitato di solidarietà già da qualche anno e quindi mi sono fatto un'esperienza da questo punto di vista. Credo che, come diceva il presidente Venturi, la legislazione andrebbe profondamente ripensata da questo punto di vista, perché, al di là della capacità del comitato stesso di lavorare, è il sistema che non funziona.
  Il comitato antiracket ha una funzione risarcitoria. Dal momento che ha subìto l'attentato, al di là della complessità dei conti, si ha una situazione «di zero a zero». Cosa rimane ? Rimane l'intimidazione ambientale, rimane la possibilità di restare sul mercato, rimane la possibilità, oltre che di pagare i debiti, di essere comunque considerato un soggetto a rischio per il sistema bancario, per la comunità, per i fornitori.
  In queste condizioni fare impresa è estremamente complicato soprattutto nelle zone con particolari insediamenti e per coloro che hanno subìto danni maggiori. Ecco perché noi riteniamo che, accanto a quello del risarcimento e per ricondurre l'azienda alle condizioni precedenti, sia necessario un accompagno per restare sul mercato, altrimenti siamo di fronte a un fallimento («Hai denunciato, però prima lavoravi e adesso non lavori più !»).Pag. 8
  In assenza di un segnale forte da parte del Governo, dell'autorità politica, che in passato in certi frangenti c’è stato, tutto il sistema della solidarietà langue già a partire dalle prefetture, dall'autorità giudiziaria, quindi l'istanza arriva al comitato dopo due anni, se non in casi che si sono segnalati per una certa evidenza pubblica.
  Un povero disgraziato che presenta l'istanza arriva difficilmente prima di due anni al comitato antiracket, quando probabilmente la sua situazione è sempre più compromessa. È chiaro che c’è una distinzione molto profonda tra racket e usura, e per quanto riguarda la situazione dell'usura i tempi sono ancora più lunghi, perché il calcolo è molto complesso, cioè si perdono mesi per decidere se si debbano dare 41.000 o 51.000 euro, quando invece si dovrebbe dare 50.000 in via equitativa, in rapporto alla collaborazione che si è data e poi arrivare in un secondo momento a definire se siano 49.000 o 51.000 senza far perdere molto tempo.
  Anche la parte della magistratura, i pareri dai pubblici ministeri che sono obbligatori arrivano con molta lentezza e poi – mi sembra importante dirlo in questa sede – in molte prefetture c’è un'attività assolutamente burocratica. Ho sentito l'audizione del prefetto Belgiorno, in cui altro che fascicolo: si tratta di una pratica che langue per mesi, e si potrebbero citare i nomi di tante di queste prefetture!
  Da questo punto di vista gli obiettivi della legge sono in gran parte vanificati. Questo per il racket, dove abbiamo una maggiore facilità di quantificazione dei danni, sia danni emergenti che da mancato guadagno, mentre per quanto riguarda l'usura la situazione è molto più complessa per le ragioni che dicevo.
  Sono necessari dei ripensamenti, perché pretendere che un soggetto vittima di usura, già in condizione di prefallimento, già segnalato al Crif, che non ha alcun rapporto con il sistema bancario e mai lo avrà, ricostituisca una nuova impresa sul mercato significa lottare contro i mulini a vento, mentre probabilmente un modo andrebbe trovato.
  È chiaro che la situazione è più grave quando si tratta di testimoni di giustizia, però chiaramente prima si è testimoni di giustizia e poi si fa la domanda al Fondo di solidarietà. A volte i tempi sono lunghi anche perché si comunica attraverso posta (il comitato alla prefettura, la prefettura del luogo all'istante, se si trova in località segreta magari neanche lo trovano e quindi si perdono mesi, non c’è un rapporto ravvicinato).
  Non si sa bene quante nuove istanze arrivino ogni anno, perché molta dell'attività è rappresentata da esami, quindi le stesse istanze compaiono più volte, però non sono moltissime, quindi si potrebbe fare un lavoro molto più vicino alle persone.
  I problemi di sicurezza ci sono, come «SOS Impresa» a volte gestiamo le frustrazioni che riguardano i testimoni di giustizia, però sono oggetto di tutta un'altra discussione e so che anche in Commissione antimafia vi siete più volte interessati a questo e avete anche trovato delle soluzioni che poi magari non si sono concretizzate, ma che mi sembravano giuste.

  CLAUDIO FAVA. Il dottor Busà ci diceva che la tangente oggi è una tassa che viene pagata non soltanto per procurarsi protezione, ma anche per aver diritto a stare sul mercato degli appalti pubblici, fatto che consideriamo vero e molto preoccupante perché fa capire come ci sia un altro soggetto che partecipa a questo gioco delle parti, cioè l'amministrazione pubblica, la parte politica.
  Vorremmo sapere quindi quanto sia emerso e quanto sia sommerso questo fenomeno. Nel momento in cui oggi le mafie sono in condizione di garantire la vittoria di una gara d'appalto e quindi di garantire la subalternità della controparte politico-amministrativa, le inchieste che noi abbiamo, le evidenze giudiziarie ci raccontano episodi, quindi una realtà episodica Pag. 9e apparentemente molto marginale, ma vorrei capire se dal vostro punto di vista sia soltanto la parte che emerge. C’è un sommerso che ci rivela un livello di corruttibilità delle pubbliche amministrazioni nei territori più critici molto più preoccupante.
  La seconda domanda verte invece sul tema dei subappalti nei territori più critici, per capire se siate in condizione di fare una valutazione su quale parte dei lavori in subappalto che hanno a che fare soprattutto con i cantieri edili (penso a movimento terra, a calcestruzzo, ad affitto macchinari, alle guardianie) oggi sia realmente fuori dal controllo delle organizzazioni mafiose, perché a volte abbiamo la sensazione che sia il cento per cento.
  Parlo delle zone critiche e del modo in cui l'egemonia assoluta del controllo di queste filiere di subappalto poi diventa la grande risorsa di investimento, riciclaggio e ricchezza per le organizzazioni mafiose.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. È difficile avere dei dati precisi su questi due fenomeni, però il senso comune che abbiamo è quello che sostanzialmente lei ha descritto.
  È chiaro che la presenza in questo settore edilizia e costruzioni, che è fortemente collegato alle gare d'appalto, è una presenza diventata sempre più asfissiante nel momento in cui le imprese mafiose agiscono direttamente sul mercato. Oggi non c’è un terzo che vede che stai facendo il lavoro, si avvicina e ti dice che, se vuoi stare tranquillo, gli devi dare una percentuale o pagare mensilmente il pizzo: oggi hai presenze dirette con imprese riconducibili ad organizzazioni mafiose che si aggiudicano gli appalti e poi magari li danno sostanzialmente in subappalto, con un rapporto molto spesso con la pubblica amministrazione.
  Noi abbiamo seguito un caso a Campobello di Mazara, che poi ha prodotto lo scioglimento del comune per mafia, dove si è visto come sostanzialmente ci fosse un connubio molto forte. Abbiamo testimonianze di nostri imprenditori (faccio riferimento al circuito delle associazioni antiracket no profit) di personaggi che si presentano già con la delibera del consiglio comunale per fare la strada o un altro lavoro che ti dicono di averti scelto, quindi dovresti essere onorato di lavorare per loro, però le percentuali, invece del 3, questa volta sono del 5 per cento !

  CLAUDIO FAVA. Quando lei dice che le imprese mafiose oggi agiscono direttamente presumo che queste imprese mafiose agiscano passando attraverso la rete delle verifiche antimafia, quindi risultando totalmente limpide.
  Questo ci pone anche il problema di come immaginare una rilettura, una revisione, nel senso che oggi un'impresa cristallina è a volte direttamente un'impresa mafiosa, che agisce pur essendo immune da ogni sospetto alla luce della legislazione vigente, giusto ?

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Sì, attraverso prestanomi, attraverso professionisti «collusi», attraverso persone che fanno intestazione fittizia, oltre che di beni, anche di aziende, e questi episodi si stanno da qualche tempo a questa parte susseguendo e c’è anche una serie di processi in corso, che abbiamo anche in parte seguito.
  Il certificato antimafia di per sé serve a poco, a volte è una lungaggine. Funzionano di più le interdittive e abbiamo esperienza di ricorsi al TAR vinti da imprese che pure erano state interdette a partecipare ad appalti pubblici.
  L'aspetto drammatico di questa situazione è che l'impresa che ha denunciato finisce di lavorare nel territorio, per cui o va al nord o si trova condannata alla chiusura o al fallimento, mentre invece l'impresa mafiosa continua a lavorare.
  Quando parliamo di corsie preferenziali, il segnale che deve essere dato sul piano della convenienza della denuncia è di questo tipo: ti devo mettere in condizione di lavorare meglio e più forte di prima, altrimenti l'immagine pubblica è Pag. 10che, siccome hai denunciato, sei uno sfigato e hai finito di lavorare !

  LAURA GARAVINI. Anch'io vorrei un paio di dettagli in più relativamente ai dati che ci avete fornito, perché sono molto interessanti e mi premeva capire se siano dati raccolti rispetto alle richieste delle aziende che si sono rivolte a voi, se siano stime o siano invece relative alle inchieste concluse in un certo numero di anni.
  Rispetto ai dati citati vorrei sapere se sia in qualche modo ipotizzabile una stima del sommerso, perché sono reati che spesso non vengono denunciati e dunque non emergono, e, alla luce della vostra esperienza nell'azione di sensibilizzazione degli esercizi commerciali, delle aziende, quali siano state le strategie di maggiore successo volte alla sensibilizzazione e alla denuncia.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. I dati sono tratti dal rapporto di «SOS Impresa», su cui nella scorsa legislatura abbiamo svolto un'audizione in Commissione antimafia.
  Sono dati che noi ricaviamo incrociando vari elementi e leggendo la realtà con occhio proprio di chi vive nel territorio. Nel trafiletto «Sequestrati 7 milioni di euro a un usuraio sulla base di una denuncia» c’è una persona che ha denunciato e c’è un usuraio a cui hanno sequestrato 7 milioni. Nella realtà non è possibile che un usuraio abbia un solo cliente, perché non sarebbe più un usuraio, probabilmente ha almeno cento-centoventi clienti, e una persona da sola non può gestire cento clienti.
  Oggi, quindi, l'usura è un reato sempre più associativo, con una divisione dei ruoli tra chi presta, chi fa recupero crediti, chi fa la faccia cattiva, chi fa violenza e chi ha rapporti con il sistema bancario, perché comunque questi soldi vanno a finire in banca.
  Anche le vittime sono molte, al di là di quelli che denunciano, che vengono scoperti. La quantificazione invece viene fatta anche valutando per singolo denunciante la media del mutuo che viene contratto, quindi incrociando questi dati noi facciamo delle stime a partire dai casi di usura che emergono all'interno del territorio nazionale e effettuando un'analisi sulla qualità criminale di queste reti.
  Una cosa è il singolo vecchietto che presta danaro al vicino di casa, altra cosa la rete criminale dei rom a Roma o di altre città del centro Italia.
  Il modello delle associazioni antiracket, sebbene abbiano bisogno di una profonda rifondazione, resta un elemento valido sia nell'accompagnamento alla denuncia che nell'assicurare solidarietà alle persone. Oggi viviamo in un momento in cui, accanto alla sfiducia nei confronti dell'azione generale dello Stato, malgrado gli sforzi delle forze dell'ordine e della magistratura, sull'utilità della collaborazione influisce anche l'immagine non positiva di questo mondo, immagine in cui purtroppo anche noi, pur non entrandoci, restiamo coinvolti.
  Se passa l’ idea che l'antiracket è una casta, un'industria, un posto per guadagnare, è chiaro che non ci si rivolgerà con quella efficacia, anzi quel poco che c’è sono le denunce che poi vengono girate alle associazioni antiracket dalle forze dell'ordine, cioè diminuiscono le persone che ti avvicinano per essere accompagnate alle denunce e aumentano quelle che si rivolgono alle forze dell'ordine, dalle quali vengono poi indirizzate a noi associazioni per fare la domanda al Fondo di solidarietà o avere la vicinanza e l'accompagno necessari a non sentirsi soli e a superare i momenti di depressione, di paura e di solitudine, ruolo anche questo importante.
  Per quanto riguarda l'attività, credo che la testimonianza personale, basata su volontarietà, gratuità e disinteresse personale, sia assolutamente fondamentale.

  PRESIDENTE. A parte che tutti i dati che ci potrete fornire oltre alla relazione saranno per noi preziosi, un elemento di Pag. 11conoscenza che abbiamo acquisito è quello che il comitato di solidarietà ha elargito a favore delle vittime dell'usura.
  Nel confronto tra il 2012 e il 2013 c’è una consistente differenza, in quanto si passa da 19 a 31 milioni di euro, con un allarmante aumento in alcune realtà, non solo in Calabria, ma anche in Emilia-Romagna, Lazio, Veneto.
  Questo aumento di assegnazione di fondi è legato a maggiore efficienza del comitato, che è stato capace di evadere più domande, a un enorme aumento delle richieste, che farebbe pensare a un aumento delle denunce, oppure a un aumento talmente enorme di persone sottoposte all'usura da spazzare via le altre due ipotesi ? Ciascuno di noi vorrebbe sentirsi rispondere con una delle prime due opzioni.
  La seconda domanda è che uno dei motivi per i quali abbiamo deciso di audirvi è legato anche a qualcosa a cui lei ha fatto riferimento in una risposta e che riguarda l'utilizzo dei fondi, in particolare del PON Sicurezza, da parte delle associazioni antiracket e antiusura. Tra l'altro, una delle vostre associazioni regionali ha anche fatto un ricorso al TAR per l'utilizzazione di questi fondi.
  Poiché siamo ovviamente interessati a fare chiarezza su questi aspetti, perché crediamo che la trasparenza sia una delle qualità più importanti sempre, ma soprattutto quando si tratta di lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso e si toccano argomenti così delicati, vorremmo sapere, oltre alle proposte che avete fatto, quale rete di protezione incentiviate tra i vostri iscritti per sostenerli e per spingerli verso la denuncia.
  Ultimo aspetto. Siamo molto interessati a conoscere i dati delle banche. Avete parlato di un aumento di denunce, quindi anche questo sarebbe per noi un elemento molto importante, perché è evidente che una delle cause per cui si ricorre all'usura è proprio la cosiddetta «stretta creditizia», e non vorremmo incontrare dei circuiti opachi anche da questo punto di vista.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Mi dovete concedere un minuto in più. Per quanto riguarda la prima domanda, credo che vada riconosciuto al prefetto Belgiorno di profondere un notevole impegno come presidente del comitato di solidarietà, quindi forse si è realizzato un minor numero di sedute però ci sono molti punti all'ordine del giorno.
  Come dicevo prima, il sistema della solidarietà parte dalle prefetture e deve coinvolgere tutti, perché altrimenti si inceppa. Non è rilevato statisticamente anche per disfunzioni dell'ufficio il numero delle nuove istanze anno per anno, quindi noi non siamo in grado di stimare ogni anno le nuove istanze.
  Gran parte è rappresentata dai riesami in fase successiva, a volte sulla base di fondati ricorsi da parte degli istanti, altre volte...

  PRESIDENTE. In altre parole lo smaltimento del pregresso.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Credo che l'ufficio non sia informatizzato e tra l'altro è subentrata una complessità nel momento in cui è stata istituita la figura del commissario antiracket, per cui abbiamo la figura del commissario antiracket e la figura del commissario straordinario che gestiscono uffici differenti con problemi di coordinamento.
  Il dato sul numero deriva dal fatto che mediamente la quantità di capitali e di interessi versati per quanto riguarda l'usura è maggiore rispetto al passato. Questo è un dato che deriva dalla crisi. C’è stata una serie di casi in cui i danni sono stati particolarmente rilevanti, si è arrivati a oltre un milione di euro di risarcimento, cosa che ha influito.
  Una volta il Ministero dell'interno dava conto dell'andamento delle denunce per Pag. 12estorsione e per usura, ma da qualche anno questi dati non sono più disponibili se non in maniera riservata, hanno una sensibilità politica quindi vengono gestiti in maniera diversa rispetto al passato.
  In base ad audizioni fatte e all'analisi sul territorio in cui questi dati sono presenti, rileviamo un aumento delle denunce per usura rispetto a quelle per estorsione, ma il dato dell'aumento dell'usura deriva anche dalle azioni nei confronti delle banche, però parliamo di 500 denunce all'anno per usura rispetto ai dati sul sommerso che sono enormi ! Quello che emerge dal punto di vista delle denunce è quindi assolutamente insignificante.

  PRESIDENTE. L'aumento del fenomeno invece è evidente e in alcune regioni si spiega con il solito...

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Noi che facciamo parte di questa rete no profit, cioè senza fondi pubblici, siamo il coordinamento di cinquantadue associazioni antiracket.
  A volte si parla di associazioni antiracket mettendo tutto in un unico calderone, ma la realtà non è questa. A partire dal 2008, proprio in relazione alla gestione del Fondo sicurezza, il movimento antiracket, che era uno nella FAI, si è diviso. Sono stato anche presidente della FAI per un periodo, e con un gruppo di associazioni minoritarie siamo usciti dalla FAI perché non condividevamo la gestione, si è costituito un altro circuito e oggi abbiamo cinquantadue associazioni in tutto il territorio nazionale, oltre la FAI che credo sia costituita da sessanta-sessantacinque associazioni.

  PRESIDENTE. Hanno un nome ?

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. «Rete per la legalità». Gestiamo in convenzione con i comuni e le camere di commercio quaranta sportelli antiracket e antiusura nel territorio anche qui gratuitamente, se non a volte con rimborsi di 3.000-5.000 euro.
  Abbiamo un numero verde che ci è stato offerto da British Telecom, nel 2012 abbiamo ricevuto 4.000 telefonate di richieste d'aiuto, 2.000 nel 2013. Il calo deriva dal fatto che non sempre abbiamo le risorse per sostenere la comunicazione rispetto al numero verde, laddove se un nostro rappresentante partecipa a un'importante trasmissione televisiva, l'associazione riceve centinaia di domande.
  Come circuito «SOS Impresa» negli anni ci siamo costituiti parte civile in oltre 350 processi con oltre 1.000 imputati, e l'ultimo è questo a Bologna contro Femia che riguarda Giovanni Tiziano. Solitamente ci costituiamo accanto alle vittime che portiamo alla denuncia.
  Sempre gratuitamente gestiamo la società della «Nuova Quarto Calcio per la legalità», che è abbastanza importante per quanto ci riguarda.
  Sia come Confesercenti (nel resoconto dell'audizione del prefetto Belgiorno sono scritte delle cose inesatte) sia come «SOS Impresa» (tra l'altro ho partecipato alla stesura della programmazione 2007-2013) non riteniamo sbagliato che ci siano dei fondi a sostegno dell'attività del movimento antiracket, perché è importante sostenere questa attività perché il volontariato no profit può arrivare fino a determinanti punti.
  Per tre anni abbiamo fatto il «No Usura Day», ma l'anno scorso non l'abbiamo fatto perché non avevamo i soldi per poterlo fare, ed era un momento di comunicazione di un bando in «Giovani reporter contro l'usura» rivolto alle scuole medie.
  Qual è il problema del Fondo sicurezza ? Il modo con cui è stato gestito, il fatto che non sia stato data evidenza pubblica, ma una trattativa privata per milioni di euro, fuori di ogni sobrietà anche delle spese. Come è possibile che noi gestiamo degli sportelli, che vi invitiamo a visitare, in maniera gratuita e gli altri prendono uno di euro per gestire uno sportello ? Cosa fanno ?Pag. 13
  Tra l'altro non è chiaro (ho letto tutti i progetti) cosa si faccia dentro questi sportelli, quali siano i risultati attesi, come si spendano tutti questi soldi. Parlo degli sportelli antiusura perché questo è un dato sensibile, ho partecipato in rappresentanza di Confesercenti alla programmazione 2014-2020 e si ripropone di ripresentare gli sportelli antiusura, quindi di fare un ulteriore finanziamento, e io mi sono permesso di dire di valutare i risultati che ci sono stati rispetto ai milioni che sono stati spesi prima di decidere di farli di nuovo.
  Questo ha determinato una cassa dell'antiracket, un'industria, l'idea che una persona non è riuscita nel suo lavoro e quindi adesso abbandona l'azienda e campa facendo l'antiracket di professione. Una cosa è la professionalità, che è necessaria nell'aiuto delle vittime (noi facciamo molti corsi di formazione), altra cosa è il professionismo.
  I professionisti devono essere la magistratura, le forze dell'ordine, le persone che lavorano in prefettura, perché questo è l'apparato dello Stato. Il commerciante dell'associazione lascia la sua bottega, aiuta e indica la strada al collega, ma lo fa perché facendo denunciare il collega è più forte e è più sicuro anche lui, e il collega sa che lo accompagna non perché prende uno stipendio da questo tipo di attività, ma perché ne condivide i drammi personali, le paure, le ansietà.
  Questo ci sembrava assolutamente assurdo, e tra l'altro creare un circuito di associazioni di serie A, che non solo ricevono un sacco di soldi ma si avvalgono anche dei simboli del Ministero dell'interno, ci fa sembrare quasi di serie B, malgrado l'importante attività che svolgiamo.

  PRESIDENTE. Da parte vostra c’è stata la presentazione di progetti per poter accedere ai finanziamenti e questi non sono stati valutati idonei oppure voi rifiutate completamente l'idea di accedervi ? La differenza è dirimente, perché credo che per fare questo lavoro una certa professionalità sia necessaria, perché, se ci troviamo di fronte ai professionisti dell'usura, si combatte con la professionalità dell'antiusura, non ci si improvvisa. Io personalmente, ma credo anche molti esponenti della Commissione, ritengo che investire fondi per prevenire e sostenere sia denaro pubblico speso bene, quindi rifiuto anch'io l'idea del professionismo ma la professionalità può avere un costo, di cui è giusto che la comunità si faccia carico.
  Questa può venire dagli apparati dello Stato ma anche dall'associazionismo, perché in Italia abbiamo un terzo settore, un volontariato che gode di un sostegno economico pubblico e il 5 per mille è stato pensato per questo. C’è tutta una teoria, a volte forse una mistica della sussidiarietà, però credo che sia un valore, al di là di un'esaltazione e di una retorica fuorvianti.
  Questa è una discussione che può aprirsi, ma, una volta previsti dei fondi pubblici che vengono dall'Europa e possono essere utilizzati in questo senso, il problema è come vengono utilizzati. A noi risulta che vengono presentati dei progetti, che questi vengono valutati, che c’è chi assegna il progetto e chi controlla come viene svolto, e noi siamo interessati a capire perché vogliamo che sia garantita la qualità e che tutto sia fatto con la massima trasparenza.
  Voi rifiutate l'idea di fare le domande o avete fatto le domande e queste non sono state accolte, differenza di non poco conto ?

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. La Confesercenti ha presentato delle domande a partire dal 2007. In una riunione con l'allora prefetto De Sena e il commissario antiracket, prefetto Lauro, con le associazioni di categoria e le associazioni antiracket, siamo stati invitati a presentare dei progetti. Li abbiamo presentati, poi i nostri progetti si erano persi e li abbiamo ripresentati quando era commissario antiracket il prefetto Marino e hanno avuto un trascorso piuttosto complicato e quindi sono rimasti fermi.Pag. 14
  Sta di fatto che quando ci siamo resi conto (faccio parte del comitato del partenariato sociale presso il PON e sono stato presidente di «SOS Impresa» fino al 25 febbraio di quest'anno) che intorno a questa questione prima o poi sarebbe successo uno scandalo, in Confesercenti abbiamo deciso di non portare avanti questo tipo di progetto per non essere in qualche modo coinvolti in questa situazione.
  Non è vero che noi non abbiamo rendicontato per costi reali, chi si intende di fondi sociali europei sa che lì si rendiconta sempre per costi reali, e come Confesercenti non facciamo solo il PON legalità, ma facciamo anche altri tipi di attività a livello sia regionale che nazionale, quindi il punto non era questo, ma era non entrare in una partita che secondo noi prima o poi avrebbe attirato l'attenzione della stampa, dell'opinione pubblica e anche dell'autorità giudiziaria.
  Forse ho sbagliato anch'io, però pensavo che si arrivasse a un definanziamento di questi progetti. Il dato di fondo è la scarsissima trasparenza che c’è, progetti come quelli per Caserta e Caltanissetta 3 milioni e 200 mila euro per fare gli sportelli e forse qualcos'altro, che mi risulta non siano ancora partiti, e non so come verranno spesi questi soldi, come sono stati documentati, cosa si farà.
  Ritenevamo ci fossero dei problemi per cui non c'era il clima politico per poter andare avanti, sebbene abbia personalmente subìto moltissime pressioni perché i progetti fossero presentati e non creassimo troppi problemi, però abbiamo deciso di prendere un'altra strada.
  Se nella programmazione futura alcuni parametri cambieranno, ci sarà anche il nostro contributo, altrimenti, se devi stare appresso alla mediazione politica, alla concessione di questo o di questo altro, rimarremmo fuori anche dalla prossima programmazione.

  PRESIDENTE. Non dubito che le sue parole siano pesate, però non sfugge a lei come penso non stia sfuggendo a nessun commissario che potremmo magari non in seduta pubblica, ma in seduta segreta andare in fondo dalle sue affermazioni, perché questo chiama in causa fondi pubblici, istituzioni pubbliche, le responsabilità precise di chi è stato chiamato in causa, perché i beneficiari dei fondi sono pochi e anche facilmente individuabili, e tra l'altro molti di questi fondi non vengono neanche assegnati, parte di questi non è stata mai elargita.
  È chiaro che le sue sono affermazioni importanti, quindi la Commissione non può fermarsi qui. Noi siamo in seduta pubblica ma possiamo anche segretare, se lei lo ritiene opportuno, possiamo andare avanti oggi o altrimenti dovremo risentirci, perché non possiamo lasciar cadere queste affermazioni. Siamo una commissione d'inchiesta e quindi dobbiamo capire.

  CLAUDIO FAVA. Lei, presidente, mi ha anticipato. Volevo chiedere soltanto se abbiate mai formalizzato le vostre preoccupazione, se ci sia una traccia documentale delle valutazioni che ci ha esposto a volo d'uccello su una serie di episodi, se ci siano fatti specifici, valutazioni puntuali e di tutto questo ci sia traccia documentale.

  PRESIDENTE. Aggiungo che nell'audizione del prefetto Belgiorno c’è un esplicito riferimento ai progetti che lei citava, Caltanissetta e Caserta, in partenariato con Confindustria e con la provincia regionale di Caltanissetta per un costo pari a 3 milioni e 200.000 euro, progetti considerati moderni e dei quali c’è una documentazione adeguata.
  È chiaro quindi che dovremo approfondire le sue affermazioni. Se vuole segretiamo, perché, se non lo fa oggi, lo faremo successivamente, ma a questo punto dobbiamo farlo, perché commetteremmo un'omissione che non ci possiamo permettere.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. Io sono stato estremamente succinto per i tempi, però noi abbiamo un dossier Pag. 15molto preciso su queste questioni che abbiamo dato al prefetto Trevisone, che guarda caso è scomparso dalle audizioni. Prima c’è stato il prefetto Marino, per un periodo di tempo c’è stato il prefetto Trevisone, che è stato commissario del coordinamento dell'iniziativa antiracket e antiusura, e adesso c’è il prefetto Belgiorno.
  Il prefetto Trevisone ha fatto alcuni atti, tra cui il più importante è che questi progetti sono nati come commissario per il coordinamento delle attività antiracket e antiusura e poi sono usciti come ufficio del commissario antiracket e antiusura, e questo è avvenuto per una motivazione. Al prefetto Trevisone abbiamo consegnato un dossier particolareggiato...

  CLAUDIO FAVA. Ne vorremmo chiedere copia.

  PASQUALE BUSÀ, dirigente Confesercenti. L'abbiamo consegnato al Ministro Cancellieri, nel giugno 2013 l'abbiamo consegnato al Viceministro Bubbico, l'abbiamo dato anche al commissario antiracket, prefetto Belgiorno.

  PRESIDENTE. Manca solo la Commissione antimafia ! Il presidente ritiene opportuno che ci aggiorniamo, quindi intanto acquisiamo il dossier, così da essere in grado di formulare meglio le domande.
  Nel ringraziarvi e augurarvi buon lavoro, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.