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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Martedì 29 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative del Governo conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale n.162 del 2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge n.40 del 2004 sul divieto del ricorso a tecniche di Procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 9 
Lenzi Donata (PD)  ... 10 
Binetti Paola (PI)  ... 11 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 12 
Roccella Eugenia (NCD)  ... 12 
Marzano Michela (PD)  ... 13 
Nicchi Marisa (SEL)  ... 14 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 16 
Pollastrini Barbara (PD)  ... 16 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 17 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 17 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative del Governo conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 40 del 2004 sul divieto del ricorso a tecniche di Procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative del Governo conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 40 del 2004 sul divieto del ricorso a tecniche di Procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.
  Do la parola al Ministro Lorenzin per rendere la sua audizione e la ringrazio, ovviamente, della presenza odierna, perché – il ministro ce l'aveva preannunciato e l'abbiamo saputo leggendo le agenzie – avviene anche sulla base di un lavoro che è stato svolto all'interno del ministero da parte di un tavolo competente in materia.
  Do la parola al Ministro Lorenzin per lo svolgimento della relazione.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Grazie, presidente. Grazie, colleghi. Oggi siamo qui per una questione delicata, ma anche bella, perché stiamo affrontando un tema molto importante, la fertilità del nostro Paese e l'eterologa.
  Prima di cominciare vorrei sottolineare un fatto: come avete visto, abbiamo rispettato al massimo i tempi. Io ero pronta già da ieri, ma era lunedì. Ringrazio anche il presidente Vargiu per avermi dato immediatamente la possibilità di venire in Commissione.
  Il mio auspicio in questa giornata di oggi, e non solo in quella di oggi, ma anche in quelle delle prossime settimane, è di mantenere questo tema nell'ambito di un dibattito e di una riflessione sereni e pacati, atteso che stiamo disciplinando una materia che riguarda la vita di migliaia di persone.
  Io credo che da parte di tutti ci sia la massima volontà di fare del nostro meglio e nel modo migliore per far sì che le coppie che già oggi potranno approcciarsi all'eterologa lo possano fare veramente in serenità e anche in un clima di normale gestione di un tema che è sicuramente delicato, ma che noi stiamo disciplinando.
  Gentile presidente, onorevoli deputati, l'argomento oggi in esame è di indiscussa rilevanza e interesse, non solo per l'impatto di natura sanitaria, ma anche per gli aspetti sociali che riveste. Vi ringrazio, quindi, per l'invito ricevuto, che mi consente di informarvi sulle iniziative che ho avviato, come Ministro della salute, a seguito della sentenza della Corte costituzionale Pag. 4n. 162 del 2014. Con la sentenza la Corte ha dichiarato l'illegittimità del divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge n. 40 del 2004 all'articolo 4, comma 3, rendendo praticabile anche in Italia questo percorso di Procreazione medicalmente assistita.
  Nel suo pronunciamento la Corte delinea il quadro giuridico di riferimento, che vede la legge n. 40 estesa ora a disciplinare anche l'eterologa e il decreto legislativo n. 191 del 2007, che attua la direttiva 2004/23/CE sulle norme di qualità e sicurezza per cellule e tessuti umani a uso clinico.
  La Corte precisa che nelle specie sono, peraltro, identificabili più norme che già disciplinano molti dei profili di più pregnante rilievo. In altre parole, non tutti i profili relativi alla disciplina dell'eterologa sono già inclusi nella normativa vigente, ma molti sì.
  Al tempo stesso, la Corte osserva che la donazione di gameti non comporta rischi per la salute dei donanti e dei donatari eccedenti la normale alea insita in qualsiasi pratica terapeutica, purché eseguita all'interno di strutture operanti sotto i rigorosi controlli delle autorità e nell'osservanza dei protocolli elaborati dagli organismi specializzati a ciò deputati.
  Il Ministero della salute, alla luce delle indicazioni della Corte, ha quindi effettuato una ricognizione della normativa vigente nell'ambito della Procreazione medicalmente assistita per poter attuare la sentenza nei tempi più brevi possibili e nelle migliori condizioni di qualità e sicurezza dal punto di vista sanitario per le coppie e per i nascituri.
  Il quadro normativo della Procreazione medicalmente assistita (PMA) è estremamente articolato, e lo vorrei ricordare. Lo faccio in modo tale che tutti possiamo avere gli elementi intorno ai quali noi abbiamo maturato alcune riflessioni.
  C’è innanzitutto una fonte specifica di rango primario, cioè la legge n. 40, che porta con sé quattro decreti ministeriali correlati sulle linee guida, sui cosiddetti embrioni abbandonati, sul consenso informato e sul Registro della Procreazione medicalmente assistita.
  Ci sono poi ben tre direttive europee su qualità, sicurezza e tracciabilità di cellule e tessuti di origine umana a uso clinico, recepite nel nostro ordinamento con tre decreti legislativi. È tuttora in fase di recepimento una quarta direttiva nello stesso ambito.
  Esistono poi un accordo della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome del 2004 e uno della Conferenza Stato-regioni del 2012, entrambi sui requisiti minimi dei centri di Procreazione medicalmente assistita.
  Va ricordato, infine, un decreto ministeriale su importazione ed esportazione di tessuti e cellule destinati a uso clinico che riguarda anche gameti ed embrioni.
  Lascio agli atti della Commissione una tabella esplicativa della normativa rilevante.
  È questa la cornice normativa in cui si colloca la PMA eterologa nell'ambito di competenza del Ministero della salute. La prima evidenza dal punto di vista sanitario è che la fecondazione eterologa non può essere considerata una semplice variante di quella omologa, perché implica un'azione in più, totalmente nuova rispetto all'omologa: la selezione di un donatore di gameti. Il tema è, dunque, la selezione del donatore di gameti.
  La legge n. 40 è costruita per la fecondazione omologa, tanto che la parola «donazione» non compare mai. Sono previste alcune tutele importanti per i nati dall'eterologa all'articolo 9, ma nulla viene specificato riguardo il processo di donazione dei gameti.
  I criteri per le donazioni vengono previsti nell'allegato 3 della direttiva 2006/17/CE al punto n. 3, non recepito nel nostro ordinamento proprio perché riguardava un'attività vietata in Italia. L'allegato, cioè, contiene le indicazioni minime previste a livello europeo per effettuare la selezione dei donatori di cellule riproduttive tutelando la salute delle coppie riceventi e dei nascituri.Pag. 5
  Nell'allegato è previsto, in particolare, che la selezione dei donatori avvenga in base alla loro età, alla loro anamnesi sanitaria e medica e alla valutazione sui fattori di rischio. Sono poi previsti test di tipo infettivo, per esempio l'HIV e l'epatite, e genetico.
  Soprattutto per questi ultimi nell'allegato ci sono indicazioni minime generali che vanno ulteriormente dettagliate rispetto al testo proposto, anche in ragione della specificità del contesto etnico di provenienza del donatore. Per esempio, bisogna stabilire se e quali patologie genetiche vadano escluse con certezza.
  È necessario che la nuova attività relativa alla fecondazione eterologa, cioè la selezione del donatore, sia recepita adeguatamente nel nostro ordinamento. Il decreto legislativo n. 191 del 2007, infatti, prevede all'articolo 6 che gli istituti di tessuti e cellule che comprendano anche i centri di PMA debbano essere autorizzati dalle autorità competenti, cioè dalle regioni e dalle province autonome, per poter svolgere ogni singola attività. All'articolo 27, comma 1 sono previste sanzioni per chi lavora senza autorizzazione.
  Per effettuare la fecondazione eterologa è, quindi, necessario che le autorità competenti, cioè le regioni e le province autonome, rilascino un'autorizzazione specifica, ma senza recepire e dettagliare l'allegato 3 della direttiva 2006/17/CE le autorità competenti non dispongono di criteri per stabilire quali centri siano in grado di selezionare i donatori, cioè di praticare la nuova attività.
  Una seconda problematica dal punto di vista sanitario deriva da una precisa indicazione della Consulta in relazione al numero delle donazioni. È, inoltre, possibile un aggiornamento delle linee guida, eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei, quali, per esempio, la Francia e il Regno Unito, ma tenendo conto dell'esigenza di consentirle entro un limite ragionevolmente ridotto.
  Si pone, quindi, il problema di come contare le donazioni, o meglio di cosa contare. È, infatti, possibile contare le raccolte di gameti, le fecondazioni, le gravidanze accertate, i bambini nati e le famiglie, intendendo per famiglie il numero di nuclei familiari all'interno dei quali possono esserci più bambini nati dallo stesso donatore, dando cioè alle coppie che hanno già avuto un figlio con la fecondazione eterologa la possibilità di richiedere lo stesso donatore per un secondo figlio.
  La ratio di un limite massimo è quella di evitare che ci sia un numero eccessivo di figli nati dallo stesso donatore, riducendo al minimo possibile unioni inconsapevoli fra nati da eterologa. L'ipotesi più ragionevole è quella di contare nati o famiglie, avendo la possibilità di bloccare il donatore una volta raggiunto il limite massimo stabilito ed eventualmente distruggere i gameti ancora disponibili. Per fare questo è necessario collegare le raccolte di gameti ad ogni singolo donatore e la loro distribuzione alle coppie riceventi e ai nati da quel donatore.
  A questo si aggiunge la necessità, per ovvi motivi sanitari, di avere una tracciabilità donatore-nato che le normative attuali non prevedono. Per qualsiasi necessità di tipo sanitario si deve essere sempre in grado di risalire dall'uno all'altro.
  La legge n. 40, come già detto, non nomina mai la donazione. D'altra parte, le normative europee riguardano cellule e tessuti in generale e non entrano nel merito nel percorso riproduttivo. Di conseguenza, la tracciabilità in ambito di PMA inizia dalla raccolta dei gameti e termina con il trasferimento in utero degli embrioni e non prevede accertamenti sistematici di gravidanze e nati.
  Aggiungo poi che finora, essendo praticata in Italia solamente la fecondazione omologa, non si sono posti problemi di tracciabilità donatore-nato. Attualmente è sufficiente che ogni centro PMA assicuri tale tracciabilità al proprio interno. Adesso un donatore che si rivolgesse a più centri di PMA verrebbe contato come se fosse tante persone diverse, una per ogni centro, perché non c’è un codice nazionale in atto.Pag. 6
  Lo stesso problema vale per l'importazione di gameti dall'estero. È ovviamente possibile che più centri italiani importino gameti dello stesso donatore. Un Registro nazionale consentirebbe di monitorare e conteggiare correttamente le donazioni a carico di ciascun donatore che esporta nel nostro Paese.
  Ricordo anche che il numero massimo di donazioni è diverso da Paese a Paese ed è anche contato con criteri differenti. Pertanto, i nostri centri dovrebbero importare gameti tenendo conto delle differenze con la nostra normativa. Per esempio, in Francia il massimo è di dieci nati, in Spagna di sei, mentre in Gran Bretagna è di dieci famiglie.
  Nel 2015 dovrebbe entrare in vigore una nuova direttiva dell'Unione europea, in attuazione di una precedente, che introdurrà un codice di identificazione unico europeo, cioè un sistema di codifica unico per tutti i Paesi europei, che renderà semplice e sicura la tracciabilità e sarà obbligatorio per l'eterologa.
  Considerato tutto questo, a mio avviso, la tracciabilità completa donatore-nato diventa indispensabile anche per il conteggio del numero massimo dei nati dallo stesso donatore, oltre che, chiaramente, per esigenze sanitarie e cioè per garantire la sicurezza e la possibilità di risalire sempre a tutta la filiera originata da un singolo donatore, indipendentemente dal centro in cui ha donato e nel rispetto delle normative sulla privacy per quanto riguarda l'anonimato.
  Per una donazione da terzi, infatti, i rischi sono più elevati rispetto a quelli per una fecondazione all'interno di una coppia. È, pertanto, opportuno istituire un Registro dei donatori centralizzato, anticipando di qualche mese il modello organizzativo che deriverà dal Codice unico europeo.
  Pertanto, completamento del recepimento della direttiva 2006/17/CE e istituzione del Registro nazionale dei donatori con tracciabilità completa donatore-nato sono i due passaggi obbligati per l'attuazione della sentenza n. 162 e, per essere effettuati, necessitano di una norma di rango primario, essendo questo il rango del contesto normativo correlato già in vigore. Tale intervento, considerati i tempi dettati dalla sentenza della Consulta, potrebbe essere compiuto con un decreto- legge.
  Per predisporre il contenuto del predetto intervento legislativo ho convocato un gruppo di lavoro di specialisti del settore per approfondire alcuni dei punti sopraelencati e affrontare una serie di altre problematiche legate alla fecondazione eterologa. Ho convocato 23 fra medici, biologi e giuristi. Si tratta di docenti universitari esperti in queste tematiche, di rappresentanti delle società scientifiche coinvolte nella PMA e di alcuni operatori dei centri stessi, pubblici e privati. Voglio approfittare di questa occasione per ringraziarli tutti per la disponibilità e il lavoro svolto insieme.
  Del gruppo di lavoro hanno fatto parte anche alcuni esperti del ministero e i lavori sono stati coordinati dal Capo di gabinetto, il consigliere Giuseppe Chinè. Lascio agli atti della Commissione l'elenco completo dei componenti.
  Il gruppo si è riunito tre volte, nei giorni 8, 15 e 21 luglio, e nello stesso periodo tutti i componenti hanno condiviso documenti, pubblicazioni scientifiche e ulteriori osservazioni, anche via mail. Sono stati affrontati molti punti, senza specificare in quale strumento normativo inserire le diverse indicazioni emerse (futuro decreto-legge, linee guida, decreti ministeriali, regolamenti e accordi Stato-regione). Espongo di seguito gli argomenti trattati e le conclusioni che sono state raggiunte.
  Riguardo la selezione del donatore si è individuata un'età minima e massima differente per uomini e donne: 18-40/45 anni per gli uomini e 20-35 anni per le donne.
  Discutendo sullo screening di tipo infettivo, si è suggerito di far riferimento alle regole già vigenti per le donazioni di cellule e tessuti.
  Per quello che riguarda i test genetici, invece, il tavolo era orientato sull'opportunità di un'anamnesi approfondita condotta su una griglia validata e, in base al Pag. 7risultato, sulle possibilità successive di eseguire temporalmente ulteriori counseling genetici.
  Sui test da effettuare di routine non tutti erano convinti dell'opportunità di eseguire il cariotipo. Le patologie obbligatorie da testare vanno stabilite in base all'appartenenza etnica e diversi componenti del tavolo erano concordi sul test per la fibrosi cistica.
  Sarà importante che le coppie che accedono all'eterologa siano chiaramente informate e rese consapevoli del fatto che non esiste la certezza del figlio sano. Nel consenso informato alla coppia saranno elencati gli esami clinici a cui è stato sottoposto il donatore, i quali, però, non potranno mai assicurare l'assenza di patologie nell'eventuale nato.
  Tutti concordano sul principio della non commerciabilità dei gameti. Non sarà possibile importare o esportare gameti da centri o banche di tipo profit, analogamente a quanto già avviene per gli organi, cellule e tessuti del nostro Paese. I donatori non potranno percepire alcuna forma di pagamento, diretto o indiretto.
  Altro è il concetto di rimborso di spese effettive e permessi lavorativi, così come va tenuto conto dei costi vivi della donazione, ad esclusione del pagamento al donatore. Per tutti questi aspetti si può far riferimento al modello già esistente per donatori di quello che è comunemente chiamato il midollo osseo.
  Il gruppo di lavoro ha concordato sul fatto che le donazioni di gameti vadano contate per famiglie. Sono state prese in considerazione diverse ipotesi sui limiti dei nati da ciascun donatore. L’egg sharing, ossia la donazione di ovociti soprannumerari da parte di donne che si sottopongono alla fecondazione assistita, va incoraggiato. Si tratta di una donazione particolare, per la quale si è convenuto di dare un segnale di attenzione, sempre escludendo forme surrettizie di pagamento.
  Per questo tipo di donazione le donne che affrontano un percorso di fecondazione omologa al momento del consenso informato potranno dichiarare se siano disposte a donare ovociti in soprannumero e, di conseguenza, a sottoporsi alle procedure previste per i donatori.
  Vanno evitate donazioni involontarie fra consanguinei, individuando un modo per incrociare i dati fra il Registro nazionale e i centri PMA per evitare che il ricevente sia consanguineo del donatore. Va impostata una modalità in automatico perché l'eventuale riconoscimento sia effettuato dal sistema e non dai singoli operatori.
  Si è discusso sulla possibilità di dare accesso alle informazioni inerenti profili sanitari depositate presso il Registro dei donatori e/o di ricontattare il donatore stesso, sempre per gravi motivi sanitari, sia da parte dei genitori del nato, sia da parte del nato da eterologa, una volta maggiorenne. La richiesta, però, dovrebbe essere fatta da una struttura del Servizio sanitario nazionale che ne attesti la necessità, per evitare, da un lato, abusi di richieste di accesso ai dati del donatore e, dall'altro, una discriminazione per il nato da eterologa. Il donatore, una volta contattato, potrà essere sempre libero di prestare o meno il proprio consenso a eventuali ulteriori esami, accertamenti o richieste di informazioni.
  Nel consenso informato il donatore dovrà dichiarare se vuole o meno essere informato di eventuali patologie che potrebbero insorgere nel figlio biologico e dovrà comunque dirsi disponibile a essere ricontattato per motivi legati alla salute dei nati.
  Nel gruppo di lavoro si è convenuto che la sentenza non esclude la doppia eterologa, cioè la possibilità che entrambi i componenti della coppia siano sterili e richiedano gameti da donatore. È stata sottolineata con forza da parte dei rappresentanti dei centri pubblici la necessità di essere messi in condizioni di effettuare la fecondazione eterologa al pari dei privati.
  Su questo punto voglio anticipare che la PMA eterologa sarà inserita nei livelli essenziali di assistenza in sede di prossimo aggiornamento. Nelle more dell'aggiornamento occorre immediatamente vincolare Pag. 8una quota del Fondo sanitario nazionale per permettere l'accesso alla PMA nei centri pubblici.
  Le direzioni competenti del ministero hanno già lavorato alle indicazioni provenienti dal tavolo degli esperti per tradurle in contenuti di norme, di concerto con l'Ufficio legislativo. L'obiettivo è quello di mettere regioni e centri PMA in condizione di partire subito con l'eterologa, appena approvato il decreto-legge che io ho intenzione di proporre in uno dei prossimi Consigli dei ministri prima della pausa estiva. Si tratta di un intervento di tipo sanitario che vedrà regolati i seguenti punti.
  Il primo è il completamento del recepimento della direttiva 2006/17/CE, in particolare dell'allegato 3, recante l'indicazione dei test da effettuarsi dai donatori.
  In secondo luogo, la donazione dei gameti dovrà essere volontaria e gratuita. Permessi lavorativi, costi vivi ed eventuali rimborsi saranno in analogia a quanto già avviene per i donatori di midollo osseo.
  È possibile la doppia eterologa.
  È prevista un'età minima e massima differenziata per donatori e donatrici. Potranno donare uomini di età compresa fra i 18 e i 40 anni e donne fra i 20 e i 35 anni. All'aumentare dell'età dei donatori aumentano, infatti, i fattori di rischio di tipo genetico e, in particolare, per le donne diminuisce significativamente la fertilità. L'età minima differenziata è dovuta a un differente sviluppo dell'apparato sessuale.
  È istituito presso l'Istituto superiore di sanità e il Centro nazionale trapianti un Registro nazionale dei donatori a cui le strutture autorizzate dovranno fare riferimento per permettere la tracciabilità completa donatore-nato.
  Il numero massimo dei nati dallo stesso donatore è 10 a livello nazionale, con deroga se una famiglia con figli già nati da eterologa chiede un altro figlio con lo stesso donatore.
  Sarà possibile l'accesso ai dati clinici del donatore o al donatore stesso per comprovati problemi di salute del nato su richiesta della struttura del Servizio sanitario nazionale.
  Sarà effettuato l'inserimento immediato nei livelli essenziali di assistenza di prestazioni attinenti all'eterologa.
  Occorre garantire la conoscenza delle modalità del proprio concepimento e, a determinate condizioni, il diritto a conoscere le proprie origini. Questo è l'unico punto, di cui adesso entrerò nel merito, che non è prettamente sanitario e a cui veramente invito in modo laico tutti a una riflessione.
  In merito a quest'ultimo punto, si tratta di due diversi livelli di accessibilità alle informazioni circa la propria origine, al riguardo dei quali le posizioni in campo sono differenziate, come si è visto sia nelle discussioni del gruppo di lavoro convocato dal ministero, sia in un parere dedicato del Comitato nazionale per la bioetica, «Conoscere le proprie origini biologiche nella Procreazione medicalmente assistita eterologa», approvato il 25 novembre del 2011.
  Sapere di essere nati da eterologa, a prescindere dall'identità del donatore, è importante non solo per un diritto alla verità sulla propria nascita, ma anche per motivi di carattere strettamente sanitario. Basti pensare, per esempio, all'anamnesi a cui tutti, e quindi anche le persone nate da eterologa, sono sottoposti nel corso della loro vita, quali l'eventuale necessità di effettuare un trapianto da persona compatibile.
  D'altra parte, è evidente che, con la diffusione di indagini di tipo genetico, sarà sempre più probabile che in futuro ci sia per tutti l'occasione di sottoporsi a test genetici e, quindi, di scoprire per i nati da eterologa di non essere stati generati dai genitori legali.
  Il Comitato nazionale per la bioetica, nel parere citato, approvato con un solo voto contrario, ha convenuto sulla responsabilità morale dei genitori di comunicare ai figli nati da eterologa le modalità del loro concepimento. In aggiunta ha indicato, fra l'altro, di riconoscere, secondo modalità da affidare al legislatore, il diritto del nato, raggiunta la maggiore età, Pag. 9ad accedere alle informazioni in merito alle proprie origini biologiche, qualora lo richieda.
  Per quello che riguarda l'accessibilità all'anagrafica del donatore, il Comitato nazionale per la bioetica ha registrato posizioni differenziate, 12 a favore della conoscenza anche anagrafica dei dati del donatore e 11 contro.
  Sempre riguardo l'accesso al dato anagrafico, va osservato che la stessa sentenza n. 162, dopo aver richiamato la disciplina sull'anonimato delle donazioni di cellule e tessuti, fa un rinvio alla precedente giurisprudenza, in particolare alla sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013 e a quella internazionale. In entrambi, il diritto a conoscere le proprie origini trova sempre più spazio, come si può verificare anche dal numero crescente di Paesi in cui, a seguito di contenziosi giudiziari, è caduto l'anonimato del donatore, previsto inizialmente nelle normative.
  Ricordo che i Paesi che hanno tolto l'anonimato sono l'Austria nel 1992, la Germania nel 1998, la Svizzera nel 2001, l'Olanda nel 2002, la Norvegia nel 2003, la Gran Bretagna nel 2004, la Svezia nel 2006, la Finlandia nel 2006. Fuori dal continente ci sono il Nuovo Galles del Sud nel 2007, la Western Australia nel 1999 e nel 2004, lo Stato di Victoria nel 1995 e 2009 e la Nuova Zelanda nel 2004.
  La citata sentenza n. 162, inoltre, richiama la disciplina dell'adozione, che pure prevede, a determinate condizioni e con specifiche modalità, che l'adottato possa conoscere i propri genitori biologici.
  Questi profili chiaramente non riguardano strettamente l'aspetto sanitario della fecondazione eterologa. Tuttavia, hanno ripercussioni importanti nel consenso informato alla fecondazione eterologa sia del donatore, sia della coppia.
  Vista la delicatezza e l'importanza di questo particolare aspetto e considerato che la stessa sentenza n. 162 fornisce indicazioni sia nella direzione dell'anonimato del donatore, sia nel senso del diritto a conoscere le proprie origini, citando la normativa sull'adozione, ritengo che questo tema debba essere oggetto di un'ampia discussione parlamentare o comunque di una riflessione sulle relative implicazioni.
  Ci sono stati diversi indirizzi su questo merito. Quasi tutti i Paesi hanno cominciato non prevedendo questo e poi, a seguito delle richieste delle associazioni dei nati, nel corso degli anni, hanno cambiato la normativa, come risulta anche dall'elenco che vi ho fornito.
  Essendo noi un po’ gli ultimi che arrivano sull'eterologa, possiamo avere due strade: decidere di partire da dove sono arrivati gli altri e, quindi, recepire anche alcune delle problematiche che sono già state affrontate e – scusatemi se uso questo termine – digerite negli altri Paesi, oppure ricominciare daccapo.
  Io credo che questo sia stato lo spirito che ci ha indotto a segnalare all'attenzione del Parlamento questo aspetto, che non è prettamente sanitario, ma che sicuramente, nel momento in cui si affronta un tema come questo, è un aspetto che noi ci troveremo a dover affrontare, o prima o dopo.
  Questa è una di quelle questioni che io ritengo sia doveroso affrontare col Parlamento, perché non può essere lasciata semplicemente alla decisione del ministro.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Lorenzin. Mi sembra di poter dire che gli spunti che sono venuti dal tavolo che ha lavorato presso il ministero e che il ministro ha accolto e ci ha rappresentato siano tanti, come dice il ministro stesso.
  Una parte di questi non li definirei comunque neutri, ma informati da un criterio logico-scientifico piuttosto univoco e oggettivo. Probabilmente, quindi, anche nel lavoro che noi vorremmo svolgere e nella discussione che adesso seguirà, con le domande che verranno poste al ministro, ci sarà un canale logico di ragionamento che ci aiuterà a non dividerci, ma a tentare di capire la strada per rendere più facile la soluzione del problema.
  L'ultimo degli elementi che il ministro ha introdotto mi sembra sia quello fondamentale per le ripercussioni di carattere etico e bioetico che ha. È un tema, peraltro, Pag. 10già ben noto a tutti i colleghi e su cui immagino che ognuno di noi abbia fatto ampie riflessioni. Fa bene, dal mio punto di vista, il ministro a non prendersene carico integralmente per quanto riguarda la proposizione al Parlamento di soluzioni, ma ad ascoltare preliminarmente le riflessioni che immagino da subito la Commissione vorrà fare.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONATA LENZI. Ringrazio il ministro per l'informazione che ha voluto fornire, aiutando e riconoscendo il ruolo del Parlamento, che in questi giorni aveva acquisito, attraverso i giornali, notizie che erano molto diverse da quello che ci è stato ora riferito.
  Io mi permetto di ricordare che la sentenza della Corte dice, al punto n. 12, che dalle norme vigenti è già desumibile una regolamentazione della PMA di tipo eterologo e, quindi, mi sembra che, in realtà, per le ragioni ricordate, con la regolamentazione europea, come è stata recepita nel nostro ordinamento, noi non partiamo certo da zero.
  Rimane il tema dell'allegato 3 della direttiva europea, in cui sono specificati meglio tutti i requisiti del donatore, allegato che non era stato recepito perché la legge n. 40 non consentiva l'eterologa. Se fosse solo per questo aspetto, potremmo limitarci ad inserirlo nella legge europea al Senato o in un altro provvedimento normativo, cosa che accade regolarmente.
  Tutto il tema della tracciabilità è già ricompreso nel decreto legislativo n. 191. È bene ricordarsi che tale atto riguarda gli interventi sulle cellule staminali. Si parla delle staminali embrionali, ma esse rientrano all'interno della più generale normativa. In tale contesto si fa esplicito riferimento a dei decreti ministeriali, come nella legge n. 40, e nella sentenza si fa riferimento alle linee di indirizzo.
  Detto ciò, io ritengo sia sempre opportuno il coinvolgimento del Parlamento. Certo non può essere il Parlamento che dice di non volerne parlare, per carità. Abbiamo, peraltro, proposte di legge di varia provenienza.
  Quello che mi lascia veramente perplessa è lo strumento del decreto-legge. Se si riconosce la necessità di un coinvolgimento del Parlamento che vada oltre il semplice recepimento di una normativa europea, e che entri all'interno delle scelte etiche che il ministro ha illustrato e a cui ha fatto cenno, mi risulta difficile pensare che il Parlamento venga coinvolto in sede di conversione di un decreto-legge, che peraltro, in teoria, potrebbe anche chiudersi con la fiducia.
  Se si sceglie la strada di una discussione parlamentare e si dice che ci sono questioni che non sono risolte compiutamente dalla sentenza o se vogliamo ampliare l'intervento del Parlamento oltre quello che è stato detto nella sentenza della Corte costituzionale, io trovo che il percorso giusto sia quello della proposta di legge, non del decreto.
  Capisco che in questo momento noi abbiamo bisogno di inviare ai centri un messaggio rapido e che, quindi, le linee di indirizzo debbono uscire rapidamente, anche per evitare le corse individuali di diverse normative regionali, che sappiamo bene potrebbero magari non essere tra di loro corrispondenti. Tuttavia, se si vuole fare un intervento che affronti il tema del punto di equilibrio tra l'identità biologica e il diritto, o meglio la libertà, alla procreazione, io credo che questa sia una discussione che non può essere veicolata e ristretta nell'ambito di un decreto-legge.
  Aggiungo che la Corte ha un'impostazione per la quale non dice che c’è un'esplicita violazione di norme. D'altronde, sarebbe stato un po’ difficile immaginare che il legislatore del 1946 supponesse che si sarebbe dovuti intervenire su quest'ambito. La Corte dice che non è ragionevole l'equilibrio che è stato trovato tra i diversi interessi in campo.
  Non è ragionevole perché, se io faccio una legge per combattere infertilità e sterilità, non posso impedire il ricorso a una tecnica proprio per i casi più gravi di sterilità e infertilità. Non è ragionevole perché, nel momento in cui io devo Pag. 11tenere in equilibrio l'interesse, la libertà e la volontà di avere figli, lo sacrifico poi alla necessità di tutelare l'identità biologica del nato.
  Sono tutte questioni che richiedono una discussione approfondita, proprio per mantenere quella ragionevolezza che ci permetta di fare una legge da non sottoporre poi di nuovo a un ulteriore intervento della Corte. Questo senza entrare nel merito delle singole opzioni che qui ci si prospettano di fronte.
  L'invito, quindi, è ad agire rapidamente, per la parte che è già praticabile, come dal lavoro degli esperti è emerso, e di lasciare a dopo, nel modo che possiamo poi concordare, il tempo della discussione del Parlamento, se si vuole intervenire a fondo nelle questioni etiche che sottendono al tema della fecondazione eterologa.

  PAOLA BINETTI. Questo è il momento per tutti noi di cercare di capire se dietro le ragioni che avevano portato nel 2004 il legislatore a precludere l'accesso alla fecondazione eterologa ci fosse una ratio e che tipo di ratio ci potesse essere. Io credo che potrebbe essere interessante per i colleghi che sono più giovani nel lavoro parlamentare poter accedere al dibattito di quella legislatura. Ci si rende conto di come dietro a un divieto non ci sia una preclusione a priori, ma ci siano delle argomentazioni sulle quali vale la pena ritornare.
  Io mi voglio soffermare su alcune delle cose dette in questo momento dal ministro. La prima riguarda la garanzia sul donante e la qualità della salute del donante. Sarebbe veramente grave se, dopo aver avuto accesso alla fecondazione eterologa, si scoprisse che colui che è il donatore di gameti era portatore di una qualche patologia.
  Intendiamoci, non tutte possono essere previste, non su tutte ci può essere uno sguardo lungo, perché la tecnologia permette di capire alcune cose e non permette ancora di capirne altre. Tuttavia, esiste il dovere morale di fare una verifica completa ed esaustiva, per quanto tecnologicamente e scientificamente possibile oggi, per escludere che ci siano patologie.
  Io credo che questo sia molto importante, così come è molto importante trovare il giusto equilibrio tra il catalogo delle scelte che permettano non di avere un figlio su misura, ma che permettano a una coppia di sapere – prima si faceva un esempio, se volete, piuttosto banale – se un donante è orientale e se avrà dei tratti fisici che lo definiscono in qualche modo, oppure se, invece, nel caso specifico di una cultura come la nostra, si tratta di un donante con fattezze occidentali.
  Questo non è un problema di piccolo conto. Un conto è adottare un bambino africano, cinese, indonesiano o altro, un altro è non sapere il bambino che nascerà che caratteristiche avrà. Un conto è sapere quali sono le caratteristiche fondamentali, un altro è chiedere quelle conoscenze – chiamiamole così – di dettaglio che ironicamente sono state definite «biondo con gli occhi azzurri» o «maschio piuttosto che femmina» e che non possono rientrare tra le prerogative di scelta. Che cosa può essere scelto e che cosa non può essere scelto merita di essere fatto oggetto, anche questo, di un approfondimento.
  L'altro aspetto interessante di ciò che diceva il ministro è quanti dei suoi gameti un donante può donare e in che misura noi avremo tanti potenziali fratelli perché c’è stata una prolificità nella donazione e quanta può essere, invece, la prudenza. Come si fa a normare questo aspetto ?
  Effettivamente, come diceva il ministro, bisogna avere una sorta di catalogo con un donatore tracciato, anche perché non gli capiti di andare una volta in un centro, una volta in un altro e una volta in un altro ancora e in ognuno di questi centri procedere a una donazione dei propri gameti, con un effetto moltiplicatore che lo fa apparire tre soggetti diversi, mentre invece è un soggetto unico.
  Non so come si potrà fare questo, perché non credo che sarà facilmente accettabile da parte del donante una condizione che non solo non tutela la discrezione, non solo non consente in alcun caso Pag. 12l'anonimato, ma anzi lo rende assolutamente rintracciabile in tutte le fasi del suo itinerario biologico e del suo desiderio anche di paternità biologica. Questo è un altro punto, secondo me, piuttosto importante e interessante.
  C’è un tema che il ministro non ha, mi sembra – non so se ho capito bene; ho cercato di seguire con attenzione –, affrontato. La legge n. 40 già apriva alle coppie di fatto la possibilità di accedere alla fecondazione medicalmente assistita. Certamente si chiedeva una stabilità alla vita della coppia di fatto, proprio perché la legge impedisce che si possa rinunciare al procedimento, una volta che è stato innescato. Si chiedeva, dunque, che ci fosse una stabilità della vita di relazione tra i due.
  In questo caso la fecondazione eterologa, davanti all'esperienza non soltanto di una coppia di fatto, ma anche di una coppia regolarmente sposata, rende ancora più difficile poi l'accettazione del figlio, nel momento in cui oggettivamente nessuno si riconosce nella dimensione biologica del figlio accettato. È un problema che esiste già oggi anche con i figli adottati. La separazione di una coppia che ha adottato un figlio presenta degli elementi di complessità in più rispetto al percorso di vita di questo ragazzo.
  Questo mi sembra un tema importante. Non voglio dire che ci debba essere una norma che lo disciplini, ma che sia oggetto di una riflessione condivisa e generalizzata. In un momento in cui, peraltro, stiamo dibattendo tutto il tema delle coppie di fatto e, quindi, anche del riconoscimento di una serie di prerogative, credo che non lo si possa escludere. Ne va di mezzo non soltanto la nascita di questo bambino, non soltanto la sua salute fisica, ma anche il suo inserimento reale all'interno di una vita di famiglia stabile.
  L'ultimo punto che mi sembra sia venuto fuori è in che misura e come sarà confezionato il consenso informato. Mi sembra che siano talmente tante le variabili, talmente tante le condizioni che sia l'uno che gli altri debbono accettare esplicitamente e consapevolmente che mi immagino che il questionario per il consenso informato rappresenterà una catalogazione di problemi, di difficoltà e di perplessità che potrebbero fare da deterrente poi di fatto all'effettiva donazione.
  Io credo che il consenso informato che va richiesto debba avere il coraggio di avere una sua puntuale analiticità, che percorra tutti questi punti e che metta punto per punto sia il donante, sia la famiglia davanti alla loro responsabilità. Alla fine la caduta di questa responsabilità sarà su una persona che onestamente non ha chiesto di venire al mondo, ma che, nel momento in cui viene al mondo, ha diritto a poter contare su tutti gli aiuti e tutte le risorse possibili.

  PRESIDENTE. Solo per informazione, abbiamo altre quattro persone iscritte a parlare. Poiché io credo che noi saremo chiamati a discutere in maniera piuttosto approfondita di questi temi, nel senso che mi sembra di aver capito che ci siano atti di cui la nostra Commissione e l'intero Parlamento dovranno occuparsi verosimilmente nel prosieguo della loro attività, forse la scelta migliore in questa fase è fare domande al ministro e magari anche fornirle qualche suggerimento, se il ministro ha in testa, come sembrerebbe, l'idea di predisporre un atto.
  Lo dico, ovviamente, nella libertà di ciascuno di voi di fare l'intervento che ritiene, ma ve la pongo come indicazione, anche perché poi ho paura che, altrimenti, il ministro vada via con una serie di ragionamenti inevasi.

  EUGENIA ROCCELLA. Io ringrazio veramente il ministro. Ho trovato la sua relazione molto esaustiva. Credo che tutti noi dovremmo raccogliere l'appello che ha fatto il ministro non tanto a un dibattito su questo tema sereno, quanto proprio a mantenere questo dibattito nell'ambito in cui il ministro l'ha messo, cioè nell'ambito sanitario, che è quello che attiene, peraltro, in primissimo luogo, alla nostra Commissione ed è quello su cui oggi siamo chiamati a discutere.
  Se dovessimo aprire la discussione – l'onorevole Lenzi vi ha fatto un breve Pag. 13accenno – sulla sentenza della Corte costituzionale, sulla definizione del diritto al figlio o sul fatto che l'apertura all'eterologa sia un giusto riequilibrio degli interessi in gioco per quanto riguarda, per esempio, l'infertilità più grave, mi permetterei di segnalare che l'infertilità più grave dovrebbe consentire anche l'utero in affitto. Se aprissimo il dibattito su tutto questo, io credo che perderemmo completamente il senso di quello che stiamo facendo e che dobbiamo fare.
  Non c’è più la discussione sull'eterologa. Io notoriamente sono contraria, ma la sentenza della Corte costituzionale è indiscutibile. Oggi non credo che abbiamo più tante lacerazioni dal punto di vista del dibattito bioetico. Io credo che dobbiamo veramente concentrarci sulle modalità più sicure, e anche più rassicuranti, per le coppie che accederanno a queste nuove tecniche, considerando anche sempre l'interesse del figlio.
  In questo senso sono d'accordo, ovviamente, sulla questione di tenere conto di come si è svolto il dibattito sull'anonimato nei Paesi che da più tempo hanno introdotto l'eterologa e sul fatto che in tutti i Paesi in cui c’è ancora l'anonimato ci sono fortissimi gruppi e fortissime associazioni, per esempio in Francia, di ex bambini, ora adulti, nati con questa tecnica, che lottano per ottenere il diritto a conoscere le proprie origini. C’è un'associazione francese molto vitale culturalmente, come spesso accade in Francia, che parla di PMA dal volto umano.
  A me sembra che il ministro abbia ampiamente spiegato la necessità di un intervento normativo, non soltanto per il problema del decreto legislativo n. 191, anzi della direttiva 2006/17/CE e, quindi, della qualità, tracciabilità e sicurezza applicati all'eterologa, ma anche per il problema che queste direttive arrivano fino all'embrione, essendo per cellule e tessuti, ma non arrivano al nato.
  Noi abbiamo un problema concreto, che possiamo risolvere con un Registro dei donatori e con un'apposita normativa, per evitare situazioni come quelle che si sono prodotte, per esempio, in Danimarca, dove, nonostante ci fosse un limite, come peraltro quasi dappertutto, di donazioni, in realtà sono stati rintracciati, sempre dalle associazioni, circa 100 bambini nati da un unico donatore portatore di una gravissima malattia genetica. Peraltro, uno è anche italiano, ma per fortuna non ha questa malattia.
  In relazione a questa gravissima malattia genetica, evidentemente non c'erano sufficienti garanzie, non c'erano normative atte a controllare, monitorare e arginare una situazione di questo genere. Noi dobbiamo fare tesoro di tutto quello che è accaduto nei Paesi dove l'eterologa c’è da più tempo e, quindi, per esempio, dei problemi che si sono creati anche dal punto di vista sanitario. Questo è un enorme problema. A me sembra che, da questo punto di vista, sia stato tutto molto chiaro.
  Per quanto riguarda il decreto, io penso che ci sia anche veramente un problema di tempi. Ho visto che, per esempio, la regione Toscana è già partita, peraltro con alcune linee guida con le quali, dopo averle lette, ritengo che non ci sarebbe neanche un nato da eterologa. Io credo che ci sia un problema anche di tempi e anche di questo dobbiamo prendere atto.
  Ringrazio il ministro e chiedo come unica domanda un'ulteriore chiarezza sui tempi.

  MICHELA MARZANO. Grazie, signor presidente. Grazie, Ministro Lorenzin, per questa dettagliata relazione. Io avrei una domanda puntuale e poi un commento-suggestione.
  Per quanto riguarda la domanda puntuale, concerne il punto n. 5 che lei ha elencato, ossia il fatto di stabilire un Registro nazionale dei donatori che permetta la tracciabilità dai donatori ai nati. La questione che mi pongo è se attraverso questo tipo di registro noi non rischiamo di «ghettizzare» i nati da eterologa, che sarebbero, a quel punto, rinchiusi all'interno di un registro di triste memoria.
  Io capisco l'esigenza della tracciabilità, capisco l'importanza di evitare che si moltiplichino le donazioni da singolo donatore Pag. 14– infatti, in qualunque altra legislazione europea ci sono dei limiti a dieci figli o dieci famiglie – ma creare questo registro, soprattutto per la presenza dei nati, secondo me rischierebbe di creare dei problemi particolari. Questa è la prima domanda.
  Il secondo punto, invece, è più un suggerimento. È stato fatto riferimento a tutti i Paesi in cui esistono leggi sull'eterologa da tanto tempo e in cui è stato progressivamente tolto l'anonimato, cioè è stato concesso l'accesso al dato anagrafico.
  Io conosco molto bene la situazione in Francia, non solo perché sono quindici anni che vivo in Francia, ma anche perché, proprio per lavoro, ho seguito la questione delle evoluzioni delle leggi di bioetica. Dal 1994 al 2004 e fino al 2010 ogni volta si è posta la questione del togliere l'anonimato ma poi, in realtà, in seguito a una serie di ricerche, l'anonimato è stato lasciato. È vero, l'ha ricordato la collega Roccella, che ci sono le richieste delle associazioni, ma è anche vero che sono stati fatti numerosi studi che mostrano l'esistenza di una differenza importante tra accesso alle origini e accesso al dato anagrafico.
  Questo permetterebbe effettivamente di conciliare la questione. Sarebbe un errore fare una sorta di calco di ciò che accade nel caso dell'adozione, per esempio, e quindi dell'accesso alle origini dei bambini nati con parto segreto. Effettivamente un pezzo della loro storia sarebbe precluso dalla possibilità di conoscere le madri. Nel caso, invece, di donazione, il nome del donatore o della donatrice è semplicemente il nome da dare a del materiale biologico.
  L'accesso alla propria storia è l'accesso al percorso che permette di essere concepiti attraverso una PMA, anche con l'eterologa. Quello è l'accesso alle origini, l'accesso alla storia. Accedere al nome del donatore sarebbe non tanto accedere alle origini, quanto illudersi di avere la possibilità, attraverso il nome, di capire la propria storia, mentre in realtà la propria storia è la storia dei genitori che ci hanno voluto e che ci hanno desiderato.
  Dico questo riferendomi alla valutazione che è stata fatta con delle ricerche sulle coppie riceventi – lascio da parte le tante ricerche che sono state fatte sui donatori che sarebbero eventualmente scoraggiati, perché ci sono prove contrarie – per esempio, sulle coppie con padri sterili.
  Ho fatto io stessa una ricerca sui padri sterili. Il 100 per cento delle coppie con problemi di sterilità non vorrebbe accedere a tecniche di procreazione eterologa se ci fosse la possibilità di accedere al nome del donatore o della donatrice, perché questo creerebbe un problema a livello di identificazione con padri e madri.
  Mi permetto di sottolineare questo elemento perché, laddove è necessario poter avere accesso alla propria storia e, quindi, conoscere la storia del proprio concepimento, non dobbiamo, secondo me, confondere l'accesso alle origini con l'accesso al nome del donatore o della donatrice, che creerebbe problemi all'interno del nucleo familiare.

  MARISA NICCHI. Cercherò di essere sintetica, ma gli argomenti sono tantissimi. Vorrei fornire anche dei suggerimenti.
  Non c’è dubbio che la sentenza abbia superato un divieto che faceva parte della legge n. 40, eliminando una discriminazione rispetto alla libertà di procreazione che era piuttosto pesante. Del resto, proprio la Convenzione europea dei diritti dell'uomo parla di una sfera, quella privata, che è intangibile e che non può essere invasa da un'interferenza legislativa nel merito delle decisioni e dell'esercizio di una libertà di procreazione.
  Oggi, quindi, cade un divieto. Voglio ricordare che la legge n. 40 è stata decisamente smontata in alcune parti più ideologiche. Ne rimangono alcune. Veniva citato il tema degli accessi. Si riferiva, per esempio, la collega Binetti alla stabilità della coppia e delle coppie di fatto, cui attualmente la legge n. 40 riconosce la possibilità di accesso.
  Voglio ricordare che esiste un divieto, per esempio, inaccettabile per me, per cui a una donna sola è vietata la possibilità di Pag. 15accesso alle tecniche di riproduzione assistita. Questo, però, è un tema generale per dire che, a mano a mano, piano piano, ci conquistiamo quella libertà di procreare che la legge n. 40 aveva pesantemente messo in discussione, anche se rimangono alcuni divieti, a nostro avviso, criticabili.
  Come secondo punto, la Corte costituzionale l'ha detto benissimo: non c’è un vuoto normativo. Noi possiamo agire e garantire, questo è il punto, l'operatività di questa sentenza. Naturalmente c’è un problema di aggiornamento. Io sono d'accordo con tutta una serie di proposte di aggiornamento in materia sanitaria.
  Mi chiedo, però, se questa parte di regolamentazione tecnico-sanitaria abbia bisogno di un decreto-legge. È lo strumento più giusto ? O semplicemente si può fare quello che è stato fatto già nel 2008 ed è previsto nella legge n. 40, cioè l'aggiornamento delle linee guida ?
  Non ho molto tempo, ma diversi suggerimenti e discussioni possono essere risolti, perché queste linee guida sappiamo che devono essere decise previo parere del Consiglio superiore di sanità, nel rispetto dei protocolli internazionali e di tutto quello che è stato aggiornato dalla letteratura scientifica. Immediatamente agiamo per fare delle linee guida aggiornate che introducano tutte quelle parti che l'eterologa, vietata finora, oggi richiede.
  Del resto, io credo che questo debba essere fatto velocemente, anche in relazione alla citata attività delle regioni. Dobbiamo interrompere una corsa competitiva delle regioni. Questo è vero. È giusto, quindi, che ci sia immediatamente un quadro di garanzie tecnico-sanitarie nazionali.
  È vero anche, però, che la regione Toscana, che ieri ha emanato una delibera per applicare l'eterologa nei centri privati e pubblici della Toscana, ha indicato chiaramente la strada da fare, cioè che c’è una parte di misure tecnico-organizzative e sanitarie che non ha bisogno di un confronto parlamentare, ma semplicemente di un aggiornamento delle linee guida.
  Vi è compresa anche la parte relativa al recepimento del famoso punto 3 dell'allegato 3 relativo a una direttiva europea totalmente recepita in Italia dal decreto legislativo n. 191. Anche quel recepimento può seguire una strada amministrativa che permetterebbe un approfondimento e una discussione, perché dobbiamo garantire tutte le sicurezze, ma anche un'operatività e una velocità maggiori.
  Io, per esempio, sono molto favorevolmente colpita dall'affermazione che ha fatto la ministra rispetto al suo impegno di introduzione delle tecniche di procreazione assistita nell'aggiornamento dei livelli di assistenza. Credo che sia un fatto molto positivo. Occorre, quindi, dare un'operatività immediata con le linee guida senza decreto e dare corso a questo impegno, che io apprezzo che lei ci esponga qui.
  Per quanto riguarda la parte – mi sembra di cogliere anche sfumature e una serie di osservazioni che aveva fatto la stessa collega Lenzi – che riguarda alcuni aspetti che ineriscono più una discussione etica, credo che si debba trovare uno strumento legislativo più capace di coinvolgere una discussione di merito, non premuta dal fatto che intanto dobbiamo dare operatività a una sentenza che, come dice la Corte costituzionale, ha tutte le norme per poter essere applicata, anche quelle che riguardano il tema complicato e spinoso che viene risollevato dell'anonimato.
  Noi possiamo anche decidere che questa materia si modifica, ma prendiamoci il tempo per farlo. Intanto per applicare la sentenza, anche in tema di anonimato, i riferimenti di legge ci sono. C’è la legge n. 40, che dice che il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto, né essere titolare di obblighi. C’è la parte, sempre del decreto legislativo n. 191, che riguarda il controllo, lo stoccaggio, la conservazione e la distribuzione di tessuti e cellule umane, che prevede, tra le tante altre norme di regolamentazione, tracciabilità, consenso e via elencando, che tutte le informazioni genetiche inerenti a cellule e tessuti, ivi compresi gameti ed embrioni, Pag. 16siano rese anonime, affinché né il donatore, né il ricevente siano identificabili.
  Ci sono già norme che permettono in materia di anonimato di applicare questi aspetti. Se noi riteniamo di modificare queste norme, attiviamo un meccanismo legislativo che abbia i suoi tempi, ma non utilizziamo questo per bloccare o comunque per allungare i tempi, interferendo con un decreto-legge che, invece, è inutile. Si possono sicuramente aggiornare le linee guida senza coinvolgere il Parlamento, ma attraverso decreti ministeriali.
  Sulla questione dell'anonimato io penso che noi dobbiamo avere diffidenza di un'idea della genitorialità ridotta a materia biologica, tant’è che anche la stessa sentenza parla di «genitorialità basata sull'affettività e sulla cura», ma questa è un'altra discussione.
  Aggiungo che anch'io sono molto perplessa rispetto al famoso Registro del rapporto donatori-nati, perché non vorrei che si stilasse poi un elenco dei nati secondo l'elemento delle tecnologie riproduttive, introducendo una distinzione tra i bambini a seconda di come sono venuti al mondo. Sarebbe inaccettabile questa discriminazione. Peraltro, su questo c’è stata anche, se non ricordo male – vado a memoria – una presa di posizione, alcuni anni fa, del Garante della privacy, che riteneva questa una soluzione da non praticare.

  PRESIDENTE. Colleghi, solo per informativa, il ministro ha ancora dieci minuti di tempo. Dopodiché andrà via. Ci sono ancora tre interventi previsti: Pollastrini, Locatelli e Agostini. Mi rimetto al buon cuore dei colleghi che devono intervenire.

  BARBARA POLLASTRINI. Grazie, presidente. Parlerò solo per titoli. Mi scuseranno per questo le colleghe e i colleghi, se sarò un po’ secca. Vorrei ringraziare anch'io la ministra per lo stile, il tono e la serietà con cui ha presentato la sua relazione. Mi permetto una considerazione e un quesito.
  La considerazione la faceva ora la collega Nicchi. Io penso che la Corte ci offra una bussola, perché le motivazioni contenute nell'ultima sentenza parlano senza ombra di dubbio dell'esigibilità di un diritto alla genitorialità senza discriminazione, anche nel caso della fecondazione eterologa.
  In secondo luogo, la Corte è stata altrettanto netta nel dichiarare che non c’è alcun vuoto normativo. Per me questa è la bussola.
  Io penso che senza un rapporto tra Governo e Parlamento – che si operi sotto forma di decreto o sotto forma di proposta di legge – non ne verremo a capo e ritengo che al ministro, in un rapporto virtuoso con questa Commissione in particolare e col Parlamento, spettino due responsabilità. Di qui la mia domanda.
  La prima responsabilità – vi ha fatto cenno la ministra e devo dire che io sono molto d'accordo – è mettere al più presto, quasi in modo immediato, in condizione una rete pubblica nazionale di corrispondere a una precisa indicazione costituzionale, certamente con i centri privati convenzionati di qualità. Noi abbiamo questa urgenza.
  Condivido e anch'io voglio sottolineare il riferimento che lei ha fatto all'inserimento della procreazione nei livelli essenziali di assistenza. Questo è il primo punto ed è la cosa che ci sta più a cuore.
  Il secondo punto – l'ha detto lei stessa, ministra – è prevedere alcuni indirizzi (per il momento li chiamo così) essenziali per garantire informazione, rispetto delle regole, sicurezza e legalità per tutelare la salute della donna e del nascituro.
  Se queste sono le due responsabilità, c’è una domanda che anch'io mi faccio, e che le hanno rivolto altre colleghe in modo più compiuto, avendo a disposizione qualche minuto in più, poiché anche sui titoli che lei già oggi ci ha presentato io credo che ci sia un grande accordo. Lei sa a cosa mi riferisco: l'età della donatrice, il numero per genitore biologico e tutto ciò di cui abbiamo parlato inerente la sicurezza e la salute.
  Poiché su grande parte di questa materia io credo – lo vedremo quando continuerà il nostro confronto – che ci sia un Pag. 17grande accordo, mi chiedo perché non si possa procedere avendo una duplice responsabilità, che chiama in causa sicurezza e regole, ma insieme celerità e strutture pubbliche, e perché non si possa avanzare col metodo di linee guida aggiornate e delegare a una fase successiva eventualmente qualche capitolo irrisolto (non dobbiamo nascondercelo), che contiene e che ha in sé una complicatezza culturale e di convinzioni non facilmente risolvibile in tempi accelerati.
  Sull'anonimato io sono d'accordo con quanto detto dalla collega Marzano, ma è una mia opinione. Intanto atteniamoci a quanto la Corte costituzionale già ci permette di avere come riferimento. Da questo punto di vista, secondo me, le linee guida sono forse la via e lo strumento più semplice e più immediato.
  Ho sentito altre colleghe che proponevano un disegno di legge, dovrebbe essere un disegno di legge da fare in tempi rapidissimi e con una larghissima condivisione. Quello che voglio dirle, ministra, è che, se ci sono problemi di difficilissima soluzione, non vorrei che diventassero il varco per prolungare i tempi e per non corrispondere agli esiti della Corte costituzionale, la quale è stata chiarissima sui doveri dello Stato e del legislatore.

  PRESIDENTE. Colleghi, essendo ancora iscritte a parlare la collega Locatelli e la collega Agostini, nell'imminenza della ripresa dei lavori in Assemblea, chiedo loro la cortesia di rinunciare ad intervenire e darei la parola al Ministro Lorenzin per la replica.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Innanzitutto apprezzo moltissimo lo spirito della discussione di oggi. Io non ero in Parlamento quando si approvò la legge n. 40, ma, assistendo al dibattito, ricordo che c'erano ben altri toni. Credo che questo sia un segno che tutti questi anni hanno portato un approccio da parte di tutti sicuramente più sereno.
  Vorrei rispondere soltanto ad alcuni aspetti. Il primo è quello di fondo: perché la necessità di un intervento legislativo ? Quando è arrivata la sentenza – poi ho dovuto attendere le motivazioni – abbiamo fatto subito un approfondimento giuridico che il ministero ha svolto per capire veramente quale fosse il nostro binario delle azioni da fare.
  Nell'approfondimento svolto anche con l'Avvocatura è emerso che noi dobbiamo fare delle cose che richiedono una norma primaria – poi, se volete, avremo anche modo di approfondire questo aspetto – in primis per il recepimento della direttiva europea e poi anche per altri aspetti, che riguardano, per esempio, il recepimento nei LEA e lo stanziamento di un fondo, con risorse che adesso noi abbiamo trovato, per poterlo utilizzare subito nei centri pubblici, in modo che non ci sia un discriminante tra privati e pubblici e che ci sia anche un accesso effettivamente democratico all'eterologa.
  Uno degli elementi principali della sentenza è la discriminazione dal punto di vista economico, ricordiamocelo. Oggi chi conosce come funziona la Procreazione medicalmente assistita sa quanto sia diverso farla in una regione rispetto a un'altra, sa quanto sia diverso farla in una regione in cui non ci sono le liste d'attesa e in cui si ha l'accesso non soltanto al prelievo e all'inseminazione, ma anche a tutto il resto, alla diagnostica, alle cure intermedie, ai farmaci e via elencando.
  C’è, in questo momento, anche sull'omologa, un'effettiva disparità di trattamento e un'effettiva disparità di condizione rispetto alle singole regioni in cui viene effettuato un determinato tipo di trattamento.
  Non avevo intenzione di fare un decreto-legge, ma ho visto l'accelerazione che c’è stata. Ieri c’è stata la delibera della regione Toscana e ci sono alcuni centri che hanno cominciato a fare l'eterologa, che si sono autodenunciati, senza avere criteri. C’è tutto il tema del consenso informato, che è il vero tema, di chi firma e di chi è responsabile, di chi paga nei confronti di eventuali incidenti o problematiche.
  C’è, quindi, un problema giuridico che noi ci siamo trovati ad affrontare e che io ribadisco non essere un problema etico. Il Pag. 18problema etico lo lasciamo tutti alle coscienze di ognuno di noi. Qui abbiamo dei problemi giuridici.
  Oltretutto, visto che abbiamo discusso tantissimo in questa Commissione sulla necessità di un'omogeneità delle azioni sanitarie in Italia e di un diritto alla salute dalle Alpi agli Appennini per i nostri concittadini, mi sembra alquanto bizzarro che proprio su un tema come questo non ci sia uno standard unico per tutti, valido per tutti, in modo tale da consentire non solo a chi accede all'eterologa, cioè ai genitori, ma anche a chi nasce, di avere una parità di opportunità e di diritti in tutta la parte del nostro territorio.
  Io lo vorrei veramente dire: qui non c’è alcun elemento etico. Si tratta soltanto di profili di tipo giuridico.
  Il secondo punto è quello che è stato sottolineato. Proseguo velocemente perché, purtroppo, dobbiamo tutti andare via, ma avremo modo di approfondire questa questione, anche perché io vi assicuro che in quest'anno ho dovuto affrontare tematiche non facili. Questa è un'altra. Lungi da me non volerla fare bene, perché questa è proprio una cosa che lascia il segno nella nostra società. Lascia il segno per le persone che nascono, lascia il segno per le tante famiglie che vogliono farla e, quindi, dobbiamo cercare di farla presto e bene. La forma del decreto-legge è stata suggerita dall'urgenza di una pressione che c’è ed è fortissima, lo vedete tutti, soprattutto per cercare di dare un'omogeneità.
  Questo è il motivo per cui la mia idea è di un decreto scarno. Io ho portato anche qui dei temi di dibattito, che ci permetta, anche con un accordo di buonsenso, di attuare la legge, perché la legge non prevede più il divieto dell'eterologa. Non c’è alcuna intenzione di non farla. Sta a noi dire che la facciamo e che la facciamo bene e nei tempi minimi indispensabili per fornire anche un elemento per cui poi tutte le regioni facciano veramente quello che abbiamo deciso, senza dare adito a ricorsi, controproposte e linee guida che non vengono rispettate. C’è tutto un tema dei contenziosi, che è un tema non indifferente, peraltro.
  Vengo al punto sul Centro. Fare la banca dati che abbiamo pensato nel Centro nazionale trapianti con le regole del trapianto e, quindi, in totale anonimato – nel trapianto non si cita la persona, ma la sigla che contraddistingue l'organo – è stato immaginato veramente a tutela della salute e senza alcuna possibilità di avere un qualche sconfinamento nell'anonimato del donatore, come avviene anche per gli organi, di avere la possibilità di intervento qualora si pongano dei problemi.
  Ci si aprono, oltretutto, degli scenari anche inimmaginabili, con gameti congelati che possono essere scongelati dopo vent'anni e utilizzati a più riprese e con riceventi diversi in contesti diversi.
  Abbiamo bisogno di avere un elemento che ci dia una guida nel momento in cui partiamo, adesso, sempre con un occhio a quello che stanno facendo gli altri. Noi possiamo anche decidere di non ascoltarle, ma l'idea era quella di recepire delle esperienze, laddove si sono già creati dei problemi. Alcuni, come vi ho detto all'inizio, possiamo anche decidere di affrontarli insieme fra dieci anni, tanto i bambini che nasceranno adesso saranno adulti fra diciotto anni o vent'anni, ma alcuni ce li possiamo porre già da adesso, soprattutto dal punto di vista delle tematiche sanitarie.
  Quanto all'accesso alle origini io, se lei ha visto bene, onorevole Marzano, ho diviso il tema in due parti. Ho detto che un aspetto è quello del diritto alla conoscenza del proprio percorso, cioè del fatto che il bambino sia messo in condizione di conoscere la scelta dei genitori. Peraltro, i genitori decidono di farla nell'ambito di un percorso educativo, probabilmente anche con un po’ di assistenza. Non credo che uno vada così a fare l'eterologa.
  Già per fare l'omologa i genitori devono sottoporsi a dei test, a dei colloqui, anche per una presa di responsabilità e per l'accettazione, lo sappiamo benissimo. Questo per fare l'omologa. Immagino che le stesse cose che si fanno per l'omologa si faranno anche per l'eterologa. Ci sarà una Pag. 19preparazione da parte degli operatori dei genitori che si stanno approcciando a questa tecnica.
  L'altro aspetto che, come ho detto, io stessa mi rendo conto essere dirimente, ma che è un aspetto che non è più sanitario – entriamo in una parte sociale, ma è un aspetto vero, che riguarda non più i genitori, ma i bambini che nascono, il modo in cui diventeranno adulti – è un approccio di un'altra natura. Io credo, però, che noi siamo tutti grandi, grossi e vaccinati per poterci assumere, nel momento in cui legiferiamo su questa materia, anche la responsabilità di guardare un attimo oltre, non solo a quello che succederà da qui a un anno, ma anche a quello che succederà fra vent'anni e di porci questo tema, che si sono già posti gli altri Paesi, tra cui quasi tutti i Paesi del Nord Europa, che hanno anche una tradizione liberale molto forte. Dobbiamo ammettere che questo tema è arrivato dopo che hanno perso le cause.
  Il punto che è uscito fuori da questa esperienza – io non la do come una verità assoluta; ve la porto su un tavolo per una riflessione, visto che non stiamo disciplinando se autorizzare o meno un antibiotico, ma come fare l'eterologa in Italia – è un tema su cui, vi ripeto, io mi sento molto responsabilizzata.
  Il tema è: questi bambini, quando diventano adulti, possono avere, in vari modi – bisogna capire come, se con un accesso filtrato o con altre condizioni – conoscenza della propria identità ? Oggi la maggior parte dei Paesi stanno dicendo «sì», perché sono emerse delle problematiche che non sono inventate, ma che sono oggettive e reali.
  Questi Paesi hanno avuto un calo delle donazioni ? No. Hanno disciplinato più o meno, ma sicuramente questo è un aspetto che riguarda anche l'approccio tra i genitori e i bambini. Si continua a fare l'eterologa all'estero ? Sì, anche in questi Paesi, che poi sono tutti quelli che vi ho elencato, Paesi che sono solitamente più spinti nell'approccio su questi temi rispetto ai Paesi latini, che sono arrivati dopo.
  Questo è veramente un tema su cui io non mi sento portatrice – ho una mia idea – della verità assoluta. Credo che questo sia proprio il classico tema su cui ognuno deve assumere una scelta anche secondo la propria coscienza. Tutto il resto è composto da temi sanitari.
  La protezione dell'anonimato è tale che noi abbiamo immaginato che, qualora ci sia la necessità, per motivi di salute del bambino, di avere accesso all'informazione genetica del genitore, non lo faccia il centro, non lo faccia il medico, non lo faccia il genitore, ma lo faccia il Servizio sanitario nazionale. Questo per evitare anche eventuali tentativi di speculazione e di superamento delle soglie dell'anonimato, costruendo un percorso che sia il più possibile garante dell'anonimato e anche della volontà del donatore di rimanere anonimo e di avere espletato con quel suo gesto l'azione di donazione.
  Spero che questo vi possa essere stato di conforto, o almeno di risposta. Ci tengo veramente a dire una cosa: noi abbiamo fatto veramente un approfondimento su come rendere operativa l'eterologa subito. Se noi facciamo questa cosa ora, se la facciamo scarna e non ci mettiamo dentro tutto il mondo, siamo operativi a settembre. Noi abbiamo uno strumento che ci permette di essere veloci. Altri strumenti legislativi non ce l'avrebbero concesso.
  Potremo poi ritornare successivamente su alcune posizioni e su alcuni riflessioni, però, se vogliamo fare una norma omogenea e avere delle linee guida che vengano recepite in modo omogeneo e sicuro in tutta Italia ed evitare fughe in avanti che ci potrebbero portare ad avere dei problemi sulla sicurezza e sulle procedure anche di accreditamento dei centri, dobbiamo stare attenti.
  Non tutti i centri possono fare l'eterologa. Io spero che tutti i centri che abbiano i requisiti per fare l'eterologa la possano fare con procedure autorizzative, così come avviene anche per l'omologa. Dove questo non c'era, come nel Lazio, avete visto che cosa è successo. Abbiamo Pag. 20avuto due incidenti, che conosciamo, quello del San Filippo Neri e quello del Pertini.
  È una materia complessa, ma noi dobbiamo rendere operativa subito la norma. Questa è una strada che abbiamo trovato. Il motivo per cui io volevo venire a parlare qui con voi, con il Parlamento, è perché credo che il tema sia tale da non poter essere semplicemente risolto con un'azione amministrativa, soprattutto se l'azione amministrativa non copre la complessità delle tematiche che abbiamo sollevato e soprattutto non permette l'applicazione contestuale e totale delle cose che ci siamo detti.
  Questa è la questione. Credo, però, che avremo modo di riparlarne sicuramente nei prossimi giorni.

  PRESIDENTE. Mi scuso ancora con le colleghe che non sono potuti intervenire. Resta l'impegno del ministro a continuare in un prossimo futuro la riflessione e la discussione sull'argomento. Ringrazio i colleghi e auguro loro un buon proseguimento dei lavori in Assemblea.
  Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.