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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 9 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente di CNA, Daniele Vaccarino:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Vaccarino Daniele , Presidente di CNA ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 6 
Cenni Susanna (PD)  ... 6 
Baruffi Davide (PD)  ... 7 
Allasia Stefano (LNA)  ... 8 
Fantinati Mattia (M5S)  ... 9 
Mongiello Colomba (PD)  ... 9 
Catania Mario , Presidente ... 10 
Vaccarino Daniele , Presidente di CNA ... 10 
Catania Mario , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione presentata dalla CNA ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente di CNA, Daniele Vaccarino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente di CNA, Daniele Vaccarino.
  Il Presidente Vaccarino, che è qui di fianco a me e che ringrazio, ci aiuterà a comprendere ancor meglio di quanto non abbiamo fatto sinora la realtà del fenomeno della contraffazione dal punto di vista del mondo delle imprese.
  Sono presenti anche il dottor Giovine, direttore della divisione economica di CNA, il dottor Capozzi, responsabile dell'ufficio legislativo, e il dottor Martino, delle relazioni media, sempre di CNA.
  Prego il Presidente Vaccarino di fare la sua relazione. Presumo che poi ci saranno domande da parte dei colleghi della Commissione.
  Do la parola al Presidente Vaccarino.

  DANIELE VACCARINO, Presidente di CNA. Il ringraziamento è a voi, perché è importante per noi far sentire la voce delle piccole imprese rispetto a questo tema. Noi abbiamo prodotto un documento che vi è stato consegnato prima e che è un po’ più corposo. Io ne faccio una sintesi per velocizzarlo – l'ho anche scritta – così non perdiamo molto tempo.
  Probabilmente alcune delle cose che dirò sono ovvie, le conosciamo già. Noi le rimarchiamo soltanto. Ci interessava, invece, intervenire su alcune parti che riguardano di più il sistema delle piccole imprese.
  Che ci siano danni enormi al sistema economico e sociale da parte della contraffazione è ovvio. La contraffazione è diventata una prassi commerciale che distorce il corretto funzionamento del mercato e disincentiva la produzione. Oltre a disorientare il consumatore, impedisce alla concorrenza di espletare i suoi benefìci tipici, ossia l'incremento qualitativo e quantitativo della gamma dei prodotti e dei servizi offerti, il tendenziale abbassamento dei prezzi, la crescita economica.
  Nel nostro Paese il mercato del falso genera un fatturato di circa 6,5 miliardi di euro. I settori più colpiti dal nostro punto di vista sono l'abbigliamento, gli accessori e i prodotti alimentari. Il fenomeno della contraffazione non è legato, quindi, come poteva essere in passato, solo a imprese marginali, ma fa parte di un sistema complesso e articolato.
  Il falso non danneggia solo i prodotti copiati, ma anche i non marchiati, a causa di una concorrenza economica scorretta e culturalmente dannosa. In questo modo danneggia il sistema composto da imprese contoterziste che operano in maniera trasparente e rispettosa delle regole. Quando Pag. 4esce una borsa, magari di Gucci, dietro questa borsa c’è un lavoro di molti contoterzisti, che ovviamente non appaiono in prima battuta, ma che sono fortemente danneggiati.
  Per questo noi diciamo che sono le imprese di minori dimensioni che operano con successo nei settori tipici del made in Italy quelle che subiscono i danni maggiori dal mercato del falso. Trovano, infatti, come è ovvio, più difficoltà a contrastare il fenomeno della contraffazione dei loro prodotti.
  Quando si parla di merci contraffatte, inevitabilmente il pensiero va a prodotti che riproducono marchi d'impresa registrati o prodotti che sono copie perfette di quelli coperti da brevetti o da copyright. Esiste, però, un'altra contraffazione, che è quella del marchio di origine o dell'indicazione geografica di provenienza dei prodotti.
  Attualmente l'impatto della contraffazione sull'economia nazionale è pesantissimo. Noi calcoliamo che, se i prodotti contraffatti fossero realizzati e commercializzati sul mercato legale, si avrebbero 17,7 miliardi di euro di produzione aggiuntiva – che, tradotti, potrebbero significare 6,4 miliardi di valore aggiunto, quasi mezzo punto di PIL – e, fenomeno di non poco conto, si assorbirebbero 105.000 lavoratori regolari e occupati a tempo pieno. Sono valori che noi stimiamo.
  La contraffazione è un fenomeno criminale, al pari di altri, molto ampio e gestito in modo imprenditoriale da gruppi criminali organizzati in grado di muoversi abilmente sia nel mercato illegale, sia in quello legale.
  Inoltre, spesso il vero rischio della produzione di contraffatti è la messa in pericolo della salute e della sicurezza del consumatore, a volte inconsapevole. Parliamo, per esempio, di prodotti che per noi sono importanti, come la cosmesi. Non sto parlando di prodotti di farmacia e di farmacologia, ancor più pericolosi, ma di prodotti anche semplici, quali i cosmetici. Tali prodotti mettono in pericolo la salute e la sicurezza del consumatore, che in questo caso è inconsapevole, poiché non ne conosce il contenuto, perché tali prodotti non sono rispettosi delle regole e contengono sostanze nocive.
  Entriamo in alcuni particolari. Il fenomeno si è diffuso anche tra prodotti e settori che sono trascurati dai mezzi di informazione. Noi identifichiamo sempre le borse, ma in realtà ci sono componentistica e pezzi di ricambio per autoveicoli, cosmetica (l'ho già detto), occhiali, rubinetteria e coltelleria. Sono settori in cui le nostre imprese ci subissano di telefonate rispetto alla contraffazione che c’è sul mercato. Frequentemente tali merci non rispettano il regolare ciclo produttivo e le norme previste per la tutela dell'ambiente.
  Ancor più diffusa è la contraffazione dei prodotti agroalimentari, che danneggia in maniera evidente sia i produttori, sia i consumatori. I primi si trovano a operare in condizioni di concorrenza sleale aggravata da situazioni di dumping nel sistema agroalimentare, i secondi, nella stragrande maggioranza dei casi, acquistano nella convinzione di ottenere un prodotto caratterizzato da una determinata origine e da un'elevata qualità, corrispondente a quanto riportato nell'etichetta.
  Una peculiarità della contraffazione nel settore agroalimentare rispetto ad altri segmenti merceologici è dato dal fatto che se, in generale, il fenomeno contraffattivo consiste nella copia illegale di un marchio industriale, nel caso dell'agroalimentare l'inganno al consumatore riguarda, invece, l'origine geografica del prodotto.
  Le imprese italiane del settore, in linea di massima, controllano l'intero processo produttivo, ma possono anche scegliere di approvvigionarsi delle materie prime da fornitori terzi o direttamente dai produttori. Per quanto concerne tutte le produzioni fatte in Italia che non utilizzano materia prima italiana, ma che sono comunque soggette a indicazione obbligatoria dell'origine, si pone il problema dell'effettiva corrispondenza tra origine posta in etichetta e provenienza del prodotto.
  La contraffazione e l'imitazione dei prodotti DOP e IGP producono danni i cui effetti non si limitano a un'unica impresa o a una fase produttiva e al valore sottratto Pag. 5nella nostra produzione agricola, stimabile in oltre 3 miliardi di euro, ma pesano sull'intera filiera impegnata nella produzione. Questo è ovvio.
  Per la nostra associazione la lotta alla contraffazione rappresenta una delle linee prioritarie di intervento. CNA ha dato e continua a dare il proprio contributo nella lotta, partecipando, peraltro, in maniera collaborativa e propositiva alle iniziative promosse a tutti i livelli nelle sedi istituzionali preposte. In particolare, abbiamo preso parte ai lavori dell'Alto Commissariato per la lotta alla contraffazione e a quelli del Consiglio nazionale anticontraffazione.
  Nella CNA alcune unioni di settore, che per noi sono i mestieri, e strutture territoriali hanno realizzato una serie di iniziative, col coinvolgimento della Guardia di finanza, volte a monitorare il fenomeno e a diffondere i dati per sensibilizzare l'opinione pubblica, gli operatori e le Istituzioni sulla pericolosità della problematica. In questo contesto abbiamo, ovviamente, tenuto in particolare attenzione il rapporto con le associazioni dei consumatori.
  Dal luglio 2007 è stata lanciata un'iniziativa verso i giovani e gli studenti, con particolare attenzione agli istituti di istruzione e formazione del settore moda. Svolgiamo periodici incontri presso le scuole italiane per dare informazione sul fenomeno e spiegarne le implicazioni agli studenti.
  È questo, a nostro avviso, uno dei punti nevralgici dell'azione che deve essere condotta: partire dai giovani per coinvolgerli e sensibilizzarli al tema, in quanto l'acquisto di merci contraffatte non deve essere considerato un mezzo utile per raggiungere uno status diverso. Bisogna fornire ai giovani gli strumenti per comprendere appieno la complessità e la profondità del tema e acquisire cultura della qualità, del valore intrinseco di un buon prodotto e del valore aggiunto rappresentato dal saper fare.
  Noi riteniamo che si debba scardinare una concezione ormai radicata, ossia che il comperare contraffatto sia un atto socialmente accettato, normale, perché lo fanno tutti. Deve essere messa in campo una strumentazione di maggior supporto da parte delle Istituzioni, soprattutto in termini di sostegno, anche economico, all'adozione di strumenti di tutela della proprietà industriale e allo sviluppo di nuove tecnologie e di dispositivi per la tracciabilità dei prodotti.
  Noi insistiamo molto sulla tracciabilità, perché è uno dei temi sui quali io credo che si possa arrivare con più forza alla questione della contraffazione. Le campagne di sensibilizzazione realizzate dal Ministero dello sviluppo economico e gli strumenti di finanziamento attivati andrebbero, pertanto, consolidati e sistematizzati partendo dal sostegno all'introduzione di sistemi di tracciabilità e all'aumento dei controlli sulla filiera di produzione e distribuzione.
  Un forte sostegno in tal senso potrebbe derivare dalla previsione di sistemi di etichettatura e di tracciabilità capaci di rendere più trasparenti le varie fasi del processo produttivo, in modo da raccontare la storia del prodotto. È necessario conoscere ed esplicitare, quale criterio di orientamento per l'acquisto del consumatore, l'origine del prodotto.
  Il Parlamento europeo, il 15 aprile scorso, ha introdotto il concetto del made in in un Regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo. L'introduzione della definizione «made in» e l'obbligo di indicazione dell'origine del prodotto facendo riferimento al codice doganale rappresenta una vittoria importante per le micro e piccole imprese artigiane italiane e premia una battaglia di lunga data a difesa delle eccellenze nostrane.
  Noi, ovviamente, auspichiamo che il Consiglio dell'Unione approvi al più presto la proposta di Regolamento del Parlamento europeo. Sappiamo che ci sono problemi, sappiamo che c’è un problema di maggioranza e sappiamo bene quali sono gli schieramenti. Tuttavia, dobbiamo lavorarci, o almeno l'invito che facciamo noi, e che da parte nostra portiamo avanti, è cercare di lavorarci, in modo che il Consiglio dell'Unione approvi al più presto Pag. 6la proposta di Regolamento e agisca nell'interesse delle imprese italiane ed europee, oltre che dei consumatori e delle produzioni di eccellenza.
  Sottolineiamo poi la necessità di introdurre procedure atte a rafforzare realmente la protezione dei marchi dalla contraffazione, impedendo l'ingresso nell'ambito doganale dell'Unione di prodotti di Paesi terzi con marchi identici o chiaramente imitativi di quelli registrati a livello europeo per i medesimi prodotti.
  Analogamente, andrebbero perseguite politiche comuni in materia brevettuale, così da radicare la competenza del sistema giurisdizionale comunitario anche in altri settori. Infatti, la tutela della proprietà intellettuale potrebbe rivelarsi uno strumento utile per favorire la sana concorrenza basata non solo sul prezzo, ma anche sull'innovazione e sulla qualità dei prodotti.
  In conclusione, l'approccio alle problematiche relative alla contraffazione non può essere affrontato esclusivamente in termini repressivi. Non si può prescindere da un cambiamento dell'orizzonte culturale dei cittadini e dei consumatori, i quali devono essere opportunamente formati e informati relativamente ai prodotti che intendono acquistare, siano essi capi di abbigliamento, prodotti alimentari o giocattoli.
  Occorre, dunque, agire con decisione anche attraverso mirate campagne di informazione, nonché con iniziative di cooperazione che vedano coinvolte tutte le forze in campo, comprese le categorie produttive, per far comprendere ai cittadini i rischi che si corrono, soprattutto per la propria salute e sicurezza fisica, nel caso di comportamenti negligenti o superficiali.
  Ho cercato di riassumere il documento che lasciamo agli atti, ma queste sono un po’ le problematiche che noi abbiamo come imprese, nella veste sia di subfornitori – normalmente si pensa che non siamo coinvolti e, invece, lo siamo, eccome – sia di produttori veri e propri, per quanto riguarda soprattutto alcuni settori.
  Ricordo, per esempio, il settore della rubinetteria, che è un settore particolarmente delicato, proprio perché, a seconda dei materiali che utilizza, il rubinetto può trasportare con l'acqua qualsiasi elemento. Noi abbiamo una forte componente sulla componentistica. Il rubinetto magari non esce marchiato da una ditta artigianale, ma tutta la componentistica interna sì e in quel campo i materiali sono importantissimi. Questo è un settore assai complicato da questo punto di vista, proprio perché in genere è poco conosciuto a tanti, anche se sicuramente non a voi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Vaccarino per questa illustrazione sintetica, ma anche chiara, nella quale va evidenziato, io credo, un elemento, che lo stesso Vaccarino ci voleva sottolineare. L'elemento è che c’è tutta una realtà, di cui abbiamo già conoscenza – non la scopriamo oggi, ma è bene che ci venga ricordata – di imprese che, pur non essendo titolari di marchio, sono in via indiretta fortemente colpite dalla contraffazione nei confronti dei titolari di marchio. Si tratta di tutti i subfornitori che sono a monte in un processo produttivo. È un mondo, questo, che CNA rappresenta, insieme anche ad altre sigle, naturalmente.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SUSANNA CENNI. Vorrei ringraziare il presidente sia per le cose che ci ha detto, sia per i materiali che ci ha anticipato. Io credo che, almeno in questa sede, in questa Commissione, siamo tutti sufficientemente consapevoli del fenomeno, in modo particolare di alcuni settori che sono già stati indagati anche dalla Commissione di indagine della precedente legislatura meno di altri. Lei ha fatto adesso l'esempio della rubinetteria, che forse è stato poco attenzionato anche dalle indagini precedenti. Credo che tutto questo ci aiuti a capire quanti margini ancora, purtroppo, ci siano di azioni illegittime. La stessa indagine del Censis ci ha riferito, la scorsa settimana, che i numeri sono preoccupanti Pag. 7a livello globale, e non solo nel nostro Paese.
  Io le pongo alcune domande che possono esserci di aiuto, credo, anche nel nostro lavoro, che io mi auguro – questo è l'auspicio del mio Gruppo, quello del Partito Democratico – possa supportare l'azione del Governo anche nel mettere a punto alcune misure che ad oggi non sono state compiutamente messe in campo, oltre, ovviamente, a spingere sull'Unione europea perché si concluda l’iter di approvazione del Regolamento sul made in anche in altri settori.
  Lei l'ha citato, ma l'agroalimentare è uno di quelli su cui noi ci attendiamo qualche segnale a livello di Unione europea. So che interessa anche alcune imprese della trasformazione nel vostro comparto.
  Una prima valutazione mi sentirei di chiedergliela su questo tema. Secondo voi, l'impianto normativo concepito sino ad oggi – parlo, ovviamente, dell'impianto normativo nazionale – è sufficiente ? Le faccio questa domanda perché in questa sede, anche nel corso di altre audizioni, ci siamo già interrogati, per esempio, su alcune parti del Codice penale. Sta diventando conveniente per alcuni investire nella contraffazione piuttosto che nel traffico di altre sostanze, forse perché le pene sono un po’ più leggere e i fatturati sono sufficientemente importanti.
  Mi sentirei di chiederle una sua valutazione anche rispetto ad alcuni organismi, a partire dal CNAC, che lei ha citato nella sua relazione. Ovviamente, dovremo fare tutto, ma non darci strumenti che poi la pratica non ci dimostri utili. Vorremmo cercare di capire meglio tutto questo aspetto.
  Lei ha parlato poi anche di un possibile utilizzo di alcune tecnologie – immagino che si riferisse anche alle nuove tecnologie – che rispetto ad alcuni marchi certifichino la tracciabilità. Anche su questo vorrei capire se avete alcune esperienze, attraverso imprese che abbiano provato a sperimentare forme innovative.
  Le vorrei porre ora alcune domande un po’ più nel dettaglio. Lei ha fatto riferimento anche ad alcune filiere. Prima ha citato esplicitamente Gucci. A me risulta, da una prima chiacchierata che ho avuto modo di fare con Prato e con alcuni imprenditori del settore, che proprio Gucci sia una delle esperienze che stanno sperimentando la filiera etica. Queste forme di autocertificazione – chiamiamola così – a suo parere, sono esperienze da diffondere e da adottare ? Proprio dal punto di vista vostro, dell'associazione di imprenditori importanti che costituiscono il tessuto della piccola e media impresa di questo Paese, questo è un tema fondamentale ? Mi piacerebbe capirlo.
  L'ultima cosa che le volevo chiedere è se avete questioni da segnalare proprio sul distretto di Prato. Noi su Prato faremo una delle nostre indagini. Da alcune prime informazioni sappiamo che lì c’è da fare un lavoro non solo sulla contraffazione dei marchi, ma anche sul tessuto, che rischia di diventare un veicolo pesante anche per imprenditori che inconsapevolmente trasformano un prodotto che credono made in Italy, con fatturati stratosferici, stando a ciò che mi è stato riferito.
  La ringrazio.

  DAVIDE BARUFFI. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io per la disponibilità e per la relazione che è stata svolta. Vorrei richiamare la sua attenzione su un tema che è tornato più volte nella sua relazione, portando anche un caso concreto, che mi è stato sollecitato da diversi associati proprio della CNA.
  Io vengo da Carpi, dove è presente il distretto del tessile-abbigliamento, tra gli altri il più significativo, ma il tema, naturalmente, riguarda anche gli altri distretti produttivi. Parlo del problema dell'etichettatura, in termini più che di contraffazione, di certificazione di ciò che è realmente fatto in Italia.
  Noi assistiamo, e gli interessati se ne lamentano in particolare, all'espulsione dalla filiera della produzione di pezzi significativi di manifattura italiana a vantaggio di altri che italiani non sono. Avete voi proposte, abbiamo noi elementi per poter anche affinare una normativa, con Pag. 8strumenti di prevenzione, di tracciabilità ed elementi che mettano insieme l'interesse dei consumatori a conoscere ciò che stanno acquistando davvero con quelli del produttore, che – naturalmente, c’è una selezione di mercato del lavoro che non può essere impedita per legge – nella trasparenza può trovare un elemento di contrasto nella chiarezza di tutti e, quindi, a vantaggio anche del consumatore stesso ?
  Le riporto questo quesito. Immagino che riguardi anche altri settori, ma a casa mia questo elemento è particolarmente sentito e sofferto.

  STEFANO ALLASIA. Grazie, presidente. Sentita la relazione del Presidente Vaccarino, mi permetta una battuta in piemontese, dato che lo conosce: suma proprio bin ciapà, ossia siamo proprio ben presi. Traduco in lingua franca, in modo tale che tutti possano capire e comprendere.
  Indubbiamente questi sono dati sconcertanti, che, purtroppo, tanti di noi conoscono e con cui convivono. Adesso bisognerebbe capire da dove sia nato il problema, anche se in questo periodo di crisi è ben difficile scoprire se sia l'imprenditore o l'utente ad aver cercato prima il prodotto contraffatto da mettere in commercio, oppure se sia il mercato stesso a averlo buttato.
  Indubbiamente non siamo più nelle condizioni storiche per poter andare a fare quell'analisi, ma ci sono tante imprese che oggi stanno cercando di sopravvivere, e dico sopravvivere, in un mondo globalizzato che rigetta sui nostri mercati prodotti contraffatti con una concorrenza sleale.
  Dall'Europa, che lei ha citato, noi personalmente non vediamo alcuna azione. Quanto a quella del made in, già nella scorsa legislatura, noi, come Gruppo della Lega – mi onoro sicuramente di poterlo riferire – avevamo già approvato la legge sul made in Italy, poi poco attuabile o poco attuata o anche in controindicazione con l'Europa. Un tentativo si era cercato di farlo.
  Ci sono tante aziende, che lei sicuramente conosce. Per esempio, quelle del distretto industriale delle penne, nel territorio settimese – non voglio fare un'azione di parte, ma mi interessa parlare di cose concrete – rappresentano sicuramente uno dei settori che stanno cercando di auto-sostenersi con pochissime risorse.
  Una penna come questa, fatta a Settimo, totalmente costruita a Settimo Torinese, ha un costo irrisorio, ma purtroppo gli utenti cercano sempre di più mercati maggiormente agevoli, uccidendo queste realtà, che a volte sono realtà industriali di grande importanza per il territorio locale e nazionale. Peraltro, sono realtà spesso a conduzione familiare.
  Un'azione dovrebbe essere, quindi, attuata verso queste aziende che oggi stanno cercando di sopravvivere e che cercano di lavorare a 360 gradi sul nostro territorio. Io le posso dire che, in base alla mia esperienza lavorativa, grande o piccola che sia stata – da diversi anni svolgo politica attiva – come artigiano, come elettricista, ancora oggi, ma anche dieci anni fa, ho enormi difficoltà a trovare un prodotto totalmente italiano.
  Quando c'era la necessità o la possibilità di installare un impianto di automazione di un cancello anche di marca italiana, quando si andava ad aprire e a vedere la componentistica che era all'interno, si cercavano dei prodotti per migliorarla o si volevano sostituire dei ricambi, si scopriva che i componenti non erano assolutamente italiani.
  Abbiamo la sfortuna, in questi ultimi anni, di avere anche quel fastidiosissimo marchio del China Export, che falsifica i prodotti marchiati CE. La richiesta è – cercherò di farla a tutte le sigle sindacali, alle associazioni di categoria, e non solo – quale può essere, oltre alle misure repressive, che ci sono, che lei ha già citato e che, secondo me, dovrebbero essere accentuate, la soluzione. È improponibile che ci siano sui nostri prodotti, sia su Internet, con grosse difficoltà per cercare di fermarli, sia sugli scaffali dei supermercati o nei negozi di qualsiasi città Pag. 9italiana, prodotti contraffatti e che le Forze dell'ordine non tutelino le aziende.
  Oltre alla repressione, che deve essere, a mio avviso, accentuata per cercare di fermare questo pericolosissimo fenomeno, quali possono essere le azioni legislative che voi, come CNA, potreste indicarci ? Avendo voi un'esperienza sicuramente superiore alla nostra e diretta con migliaia di aziende del territorio, quali possono essere le azioni da intraprendere in modo tale da condividere le informazioni per cercare di arrivare a una soluzione ?
  In questo ultimo decennio si sta cercando di fare la lotta alla contraffazione. L'azione politica si è impegnata, non dobbiamo negarlo. Possiamo fare un'azione antipolitica quanto vogliamo, ma la politica a tutti i livelli e in tutti i partiti ha cercato di porre dei rimedi. Quale può essere una soluzione, non dico definitiva, ma che oggi potremmo mettere in atto per cercare di contenere questo fenomeno ?
  Qual è la vostra – o la sua – posizione sui dazi ? Stiamo cercando di capire se l'Europa ce li concede sui prodotti nazionali, made in Italy, non certo made in Europe. Non mi interessa tutelare il prodotto tedesco o francese, ma ho la necessità di far lavorare gli italiani sul nostro territorio, sul territorio italiano. Queste sono considerazioni che dovremmo fare. Dovremmo cercare di capire quali sono le opinioni delle associazioni di categoria per il prosieguo dei lavori.
  Grosso modo, queste sono le mie considerazioni. Se poi, eventualmente, visti gli orari ristretti, c’è la possibilità ulteriore di proseguire nel dibattito, ne approfitterò.
  La ringrazio.

  MATTIA FANTINATI. Grazie, presidente. Io sottoscrivo gli interventi che sono stati fatti finora e anche le relative richieste. Mi associo e, quindi, non le ripeterò. Sollevo, invece, due questioni puntuali, di cui una tecnica. Non me ne vogliano i miei colleghi, ma questa domanda tecnica la faccio spesso, perché mi sta molto a cuore l'argomento.
  Quanto alla prima domanda, volevo sentire un'opinione sul TTIP, ossia sul Trattato transatlantico tra Stati Uniti ed Europa. Vorrei sapere se il punto di vista della CNA è favorevole a questo trattato, oppure se è favorevole, ma con molte ombre, soprattutto dal punto di vista della contraffazione, dell’Italian sounding, del mercato italiano e della penetrazione anche di prodotti dall'estero che verrebbero a fare concorrenza. Ne cito uno per tutti, che magari è anche inappropriato. Per esempio, il pomodoro texano verrebbe a fare concorrenza al nostro pachino, che magari non ha le stesse modalità di produzione e non è della stessa qualità.
  Dall'altra parte, invece, c’è il problema del DOP. La provenienza negli Stati Uniti per noi è un vero problema, perché, per esempio rispetto al prosciutto di Parma, si può aprire la propria ditta chiamandola «Prosciutto di Parma Srl» e vendere il prosciutto come se fosse davvero prosciutto di Parma.
  La seconda domanda è piuttosto tecnica e riguarda la legge n. 35 del 2003, una finanziaria, e prettamente l'articolo 49-bis. Con l'articolo 49-bis è stato depenalizzato il reato di falsa etichettatura, rendendolo da un reato sancito dal Codice penale un illecito amministrativo.
  Questo, secondo l'Agenzia delle dogane, ha portato una maggiore difficoltà proprio a fermare il fenomeno della contraffazione, perché, se viene rilevata un'azienda che incorre in questo reato, trattandosi di un illecito amministrativo, difficilmente si riesce a confiscare tutta la merce, e non solo, ma anche a bloccare la produzione. Alcuni imprenditori preferiscono pagare la multa e andare avanti lo stesso, magari per patteggiare.
  La ringrazio.

  COLOMBA MONGIELLO. Presidente, io ho apprezzato molto la sua relazione, perché è anche una relazione coraggiosa. Lei si è soffermato su alcuni punti, partendo dal fatto che voi siete il tessuto connettivo di questo Paese, ossia l'impresa piccola e media, su cui si fonda gran parte del mondo imprenditoriale italiano. Lei ha sollevato una serie di questioni dal suo punto di vista. Ha posto in luce una serie Pag. 10di questioni che io, devo dire, ho trovato anche innovative rispetto a un ragionamento del passato.
  Ho la vaga sensazione, però – glielo dico con molta tranquillità – che non tutti parliamo la stessa lingua. In questo Parlamento ci sono tantissimi colleghi con i quali abbiamo lavorato molto sul tema dell'etichettatura, della tracciabilità e della carta d'identità dei prodotti. Spesso ci siamo scontrati, però, con la parte industriale di questo Paese che male accetta che vengano poste in etichetta alcune informazioni al consumatore da cui si evince che la materia prima non è proveniente da questo Paese, giusto per essere chiari.
  Lei, invece, si è soffermato molto sul tema della contraffazione che va a colpire anche quel mondo che sta in mezzo tra la produzione industriale e la produzione di origine, tutto quel pezzo, che è poi il mondo delle imprese, che rimane colpito e schiacciato da questo fenomeno criminale e ha posto una serie di questioni.
  Io le pongo una domanda. Lei ha parlato di made in. Speriamo di portare a termine questa battaglia, che riguarda il mondo imprenditoriale non agricolo, ma lei si è soffermato spesso sull'etichettatura. Le faccio una domanda, forse anche un po’ provocatoria. Il tema della formazione dei consumatori è fondamentale. Senza questo non andiamo da nessuna parte. Bisogna informare i consumatori. Voi lo state facendo attraverso la formazione dei più giovani, e su questo siamo molto d'accordo. Ritenete che tutte le misure messe in campo fin qui siano sufficienti per la tutela del prodotto che non vi è stata negli anni precedenti ?
  Lei fa una distinzione tra prodotto falso e marchio falso, giusto per essere chiari, e su questo siamo d'accordo. Ritiene che tutta la parte normativa che tutela i marchi e i prodotti sia sufficiente, o abbiamo bisogno di intensificare il quadro normativo rendendolo più armonico a tanti settori di filiera e forse passare anche, così come abbiamo fatto con alcune filiere, da una parte di repressione amministrativa a una parte di repressione penale ? Ritiene questo ? Ritiene che questo sia un deterrente per arginare questo fenomeno ?
  Ritiene anche che il mondo della piccola impresa, che spesso è nel limbo di questo fenomeno, possa partecipare e garantire il successo di iniziative legislative che noi possiamo mettere in atto ? La troveremo dalla nostra parte nella battaglia sull'etichettatura, sulla tracciabilità e sulla carta di identità, o, ancora una volta, avremo la resistenza di un mondo imprenditoriale che forse vede in questa una diminutio rispetto al prodotto finale ?

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Presidente Vaccarino per una risposta che tocchi il più possibile tutte le questioni sollevate.

  DANIELE VACCARINO, Presidente di CNA. Grazie per le domande. Fa piacere che si entri così nel concreto. Noi cerchiamo, quando andiamo alle audizioni, ma anche in generale, di entrare nella concretezza dei problemi. Seguo un po’ le domande, anche se alcune risposte valgono per più quesiti.
  Onorevole Cenni, lei ha chiesto se l'impianto attuale sia sufficiente e se il lavoro che fa il CNAC sia sufficiente. La nostra risposta è la seguente: è valido, ma il sistema della contraffazione è un po’ come il sistema del doping, nel senso che va più avanti, va con velocità maggiore delle norme che noi emettiamo e invade settori un tempo magari anche sconosciuti.
  Prima ho fatto l'esempio di Gucci, ma, ovviamente, non per fare pubblicità. Avevo l'intenzione di riprenderlo e lei mi ha già indirizzato in quella direzione. Un tempo noi vedevamo la contraffazione come riguardante le borse e gli occhiali, quella merce nelle bancarelle che ci sono lungo le strade.
  Oggi assolutamente non è più solo questo. La contraffazione entra in qualsiasi meccanismo. Prendendo il bicchiere che ho in mano – poi arrivo anche all'etichettatura – non so se sia sufficiente quanto c’è scritto per dirci che la sua origine sia completamente tracciabile.Pag. 11
  Noi diciamo che l'impianto attuale ha una validità, assolutamente, perché rispetto al passato abbiamo fatto passi in avanti notevoli, ma probabilmente la parte normativa non riesce a tenere il passo con l'avanzare della contraffazione in terreni e in settori un tempo sconosciuti.
  La tracciabilità è sicuramente una delle strade più forti da perseguire, così come una regolamentazione interna che alcune aziende stanno introducendo – penso nuovamente a Gucci, che oggi è richiamato più volte – che permette una conoscenza dell'utilizzo di tutte le imprese e dei materiali.
  Su questo aspetto alcune nostre imprese hanno qualche dubbio che questa sia solo un'azione propagandistica. Mi esprimo in termini non polemici. Secondo alcune imprese con cui abbiamo avuto modo di confrontarci, qualche perplessità nella catena c’è, ma devo dire che questo è un sistema che è stato anche coraggioso da questo punto di vista.
  Il distretto di Prato rappresenta un'eccezione tra le eccezioni, nel senso che, logicamente, la Chinatown che c’è all'interno di Prato è ben conosciuta. Su questo tema, però, le posso portare alcuni elementi di riflessione che testimoniano come un'associazione come la nostra stia cambiando pelle e stia introducendo dei meccanismi, anche in termini di rappresentanza, che cercano intanto di dimostrare che le soluzioni sono utili – noi riteniamo che lo siano – e, al tempo stesso, di svolgere delle iniziative.
  Per esempio, il vicepresidente della CNA di Prato è un cinese. Non conta il simbolo in sé, ma questo ci ha permesso perlomeno di agganciare questa comunità molto chiusa. Ciò non significa che poi i prodotti fatti dalle imprese non siano realizzati nei sottoscala. Non significa questo, ma ci permette una conoscenza di quel mondo maggiore di prima. Altrimenti nelle comunità chiuse non si ha conoscenza sufficiente.
  È un problema enorme quello di Prato, sicuramente, e rischia addirittura di diventare più drammatico ancora, nel senso che ormai ci sono dei figli di imprenditori cinesi che acquistano le ditte e che comandano all'interno delle ditte italiane. La discussione sarebbe lunga, ma io credo che alcune iniziative e alcune esperienze che noi abbiamo messo in campo direttamente, e sulle quali siamo disposti ovviamente a fornire tutta la collaborazione per trasmettete le conoscenze, possano essere interessanti da questo punto di vista.
  L'onorevole Baruffi ha sollevato un problema altrettanto grande, quello dell'abbigliamento. Noi crediamo che la strada sia, nuovamente, quella della tracciabilità e dell'etichettatura completa. C’è un problema di etichettatura che per alcuni prodotti non offre la possibilità – facevo l'esempio di questo bicchiere – di avere la conoscenza di quanti materiali utilizzati in un prodotto arrivino dall'Italia o da fuori. Possono essere anche solo impacchettati e diventare made in.
  Rispondendo al piemontese corregionale Allasia, io non ho dubbi nel dire che la repressione sia uno degli elementi sui quali bisogna basarci. Non dobbiamo dire «no» alle repressioni, anzi, sono un'azione forte, che va fatta. Potremmo, anche se mi addentro in una questione che è sempre difficile poi da tradurre in pratica, trovare sistemi di comunicazione tra informazioni che abbiamo noi e informazioni da trasmettere. È una questione sempre delicata, perché sappiamo bene che l'uso delle informazioni è delicato.
  Come ho detto prima, noi, come associazione, abbiamo avviato all'interno delle scuole una sensibilizzazione, che però va estesa. Noi non ne abbiamo la forza. La questione della sensibilizzazione, soprattutto nei giovani, è importante.
  La crisi dura da più di sei anni, ormai – ci avviciniamo alla situazione del Giappone – e ha aggravato enormemente questo aspetto. Da un lato, il consumatore compra anche prodotti contraffatti perché non ha i soldi per comprare quelli autentici. Non sto parlando di prodotti di pregio, non sto parlando della borsa, ma di prodotti in generale. Dall'altra, le stesse imprese possono venire attratte dall'utilizzo di componentistica contraffatta.Pag. 12
  Noi, per esempio – cito un caso – abbiamo fatto, io credo, una cosa che ho la presunzione di definire intelligente, come CNA, e non solo, perché non siamo da soli su questo, sulla questione dei carrozzieri, dei meccanici. Abbiamo elaborato una proposta di legge, che è stata presentata proprio la scorsa settimana, in cui viene indicata da noi stessi una soluzione che potremmo definire «stupida»: quando un'automobile viene riparata, dovrebbe esserci in fattura l'elenco completo di tutti i pezzi sostituiti e non una generica riparazione, per esempio, allo sportello posteriore. Questo sarebbe un altro modo per mettere in moto un meccanismo di controllo sui pezzi utilizzati.
  Sempre l'onorevole Allasia mi chiede la nostra posizione sui dazi. Noi abbiamo sempre avuto una certa qual riluttanza nell'affrontare la questione dei dazi, perché il dazio rischia di essere un'arma che si rivolta anche contro le nostre imprese. Noi le spingiamo, invece, perché vadano sempre più sul terreno dell'internazionalizzazione e dell’export. Se mettiamo dei vincoli interni, spesso i vincoli possono diventare un fenomeno di chiusura nei confronti delle nostre imprese che cercano con fatica, con enorme fatica, viste le loro dimensioni, di portare i loro prodotti all'estero.
  L'onorevole Fantinati solleva la questione del Trattato transatlantico, il TTIP, su cui noi abbiamo preso una posizione molto coraggiosa: siamo favorevolissimi. Siamo favorevolissimi a sostenere una posizione che permetta di operare, attraverso proprio l'abbattimento di vincoli, soprattutto americani, nei confronti dei nostri prodotti. Si tratta di dazi, ma non solo. Si tratta soprattutto di normative che vengono costruite ad hoc per impedire il passaggio delle merci.
  Noi concordiamo, dunque, su questo trattato. Proponiamo anche, ma credo che l'Europa non sia troppo d'accordo su questo aspetto, poiché il rischio è che queste cose vadano a lungo per anni con le discussioni, che il trattato venga definito per settori, lasciandolo aperto anche ad altri interventi successivi. Crediamo che sarebbe molto interessante, da questo punto di vista, se riuscissimo ad aprire un tavolo permanente di incontro fra imprese americane e imprese europee che faciliti il superamento delle rispettive barriere che abbiamo e che ognuno di noi mette in atto.
  In sostanza, noi su questo concordiamo. La CNA è per il superamento e per dare alle nostre imprese la massima possibilità di utilizzare tutte le proprie potenzialità, espresse o ancora da esprimere.
  Dimenticavo una domanda sulla legge. È stato ricordato che il 49-bis è stato depenalizzato. Certamente depenalizzando il rischio che qualcuno preferisca pagare le sanzioni e continuare a lavorare, perché il fatturato vale di più della sanzione, c’è. Noi abbiamo dei dubbi che questa sia stata un'operazione ben fatta.
  Onorevole Mongiello, la ringrazio per aver compreso lo sforzo – permettetemi questa espressione – della nostra posizione. Certamente abbiamo un grosso problema in Italia. Noi, come piccole imprese e come sistema di piccole imprese, abbiamo determinate attenzioni rispetto a problemi di tracciabilità ed etichettatura perché rappresentano il nostro modo di poter vendere il prodotto.
  Le grandi industrie la pensano un po’ diversamente e, quindi, hanno bisogno di un'etichettatura e di una tracciabilità meno strette, perché questo permette loro l'assemblaggio. Da noi non dico che non esista l'assemblaggio, sicuramente anche questa forma c’è, ma da parte nostra c’è anche il tentativo di rendere il sistema delle piccole imprese veramente l'ossatura economica del nostro Paese. Per tale ragione proponiamo sempre più con forza le questioni che riguardano il made in Italy e le conoscenze che abbiamo su tutti i terreni.
  Tornando all'elenco che ho fatto prima – mi sono dimenticato di dirlo, ma in questa occasione lo posso riprendere – noi stiamo lavorando fortemente, per esempio, sulla questione del recupero e del restauro, per cercare di dare un po’ di fiato e di respiro a uno dei settori più colpiti dalla crisi, che è il settore dell'edilizia.Pag. 13
  Siamo ormai convinti che non si possa continuare a costruire in Italia, perché c’è troppa offerta e poca domanda. C’è veramente troppa offerta. Inoltre, non si può continuare a cementificare in modo selvaggio. Bisogna preservare i nostri paesaggi. Di contro, abbiamo un patrimonio edile, soprattutto nelle grandi città, costruito all'indomani del dopoguerra con tecnologie e tecniche di vecchissimo stampo, per il quale è necessario un forte intervento di ristrutturazione e di manutenzione in termini di risparmio energetico, green economy e bioedilizia.
  In questo settore si annida anche il rischio di utilizzo di materiali contraffatti. Quei pannelloni che si mettono per impedire al caldo di uscire e al freddo di entrare possono essere costruiti in tanti modi. Questo è un altro settore interessato, e mi riallaccio a quanto detto precedentemente su come la contraffazione raggiunga settori magari non colpiti finora, perché un dato prodotto prima non esisteva. Adesso esiste e, quindi, si trova il modo di fare una contraffazione di quel prodotto.
  Riprendendo la sua stimolante domanda, noi crediamo che ci siano differenziazioni di vedute e, per quanto riguarda il sistema delle piccole imprese, siamo tra coloro che sono più feroci nell'applicazione della lotta alla contraffazione, per essere chiaro.
  Alla domanda se la normativa sia sufficiente ho già risposto prima.
  Può partecipare il nostro mondo ? Io dico di sì, ma non vengo qui a dire che noi siamo belli e buoni e che tutto il resto non lo è. Sappiamo bene che all'interno del nostro mondo, per ragioni di crisi o di cultura, non tutto è verde, non tutto è trasparente. Siamo certamente d'accordo, come associazione, nel partecipare alla costruzione di processi che vadano verso la lotta alla contraffazione, mettendo a disposizione anche in questo contesto le best practice, le buone pratiche, che abbiamo da parte di imprese che nei vari settori conoscono a fondo l'argomento e che, quindi, possono portare le loro conoscenze a disposizione del legislativo.

  PRESIDENTE. Io ringrazio nuovamente il Presidente Vaccarino per la sua esaustività e per la sua chiarezza.
  Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 15.30.

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ALLEGATO

DOCUMENTAZIONE PRESENTATA DALLA CNA

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