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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 16 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Puppato Laura  ... 17 
Nugnes Paola  ... 19 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 19 
Nugnes Paola  ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 
Pepe Bartolomeo  ... 20 
Arrigoni Paolo  ... 21 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 21 
Polverini Renata (FI-PdL)  ... 22 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 22 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti, che ringrazio per la presenza.
  Il Ministro Galletti è accompagnato dalla dottoressa Roberta De Marco, portavoce, e dal dottor Davide Russo, capo ufficio stampa.
  Avviso che abbiamo tempo più o meno fino alle 16 quando inizieranno le votazioni del Parlamento in seduta comune.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Prima di cedere la parola al ministro, avverto i parlamentari presenti che potranno rivolgere eventuali domande al termine della relazione iscrivendosi a parlare presso la presidenza.
  Questo era lo speech ufficiale. Aggiungo ora due parole. Ricordo, perché tutti facciamo politica, che questa è una Commissione d'inchiesta e che, quindi, è opportuno che le domande siano domande. Vi chiedo, quindi, di evitare del tutto considerazioni di carattere politico generale perché vengono fatte in altra sede, anche per razionalizzare i nostri lavori.
  Chiederemo successivamente al Ministro Galletti, che ho visto avere una corposa relazione, di ritornare. Oggi non avremo il tempo per avere le risposte alle domande, ma tutte le domande verranno poste. Se non tutte le domande verranno poste, poi le faremo magari in forma scritta, di modo che al ministro, in una seduta successiva, chiederemo di venire, ovviamente, a rispondere. Ci tenevo a dirvi questo.
  Do la parola al Ministro Galletti, che ringrazio per aver accettato in tempi brevissimi la convocazione.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Egregi parlamentari, vi ringrazio innanzitutto perché mi state offrendo la possibilità di confrontarmi con voi oggi in una Commissione che è chiamata ogni giorno ad affrontare temi da cui dipende strettamente il futuro del nostro Paese e di ciascuno di noi: il contrasto a quei fenomeni di illegalità che fanno scempio del territorio nazionale e che strappano intere parti d'Italia ai cittadini per i loro illeciti interessi economici e di potere criminale.
  È per questo che, prima di ascoltare le vostre domande, ho da farvi io una richiesta molto accorata. La ripeto da tempo, non sempre ascoltato, ma è giusto Pag. 4farla in particolare in questa sede, rivolgendomi ai senatori presenti. Chiedo che Palazzo Madama esamini e approvi al più presto il testo sugli ecoreati, fermo da troppo tempo in Aula.
  Quel disegno di legge va approvato a tutti i costi, perché porta con sé grandi novità su tutte le introduzioni di reati ambientali nel Codice penale. Non parliamo di uno strumento in più utile per il contrasto alle ecomafie, ma di una serie di novità irrinunciabili per stroncare quelle attività criminali che vogliono ingrossare le loro tasche facendo affari, distruggendo la natura e calpestando la salute e la dignità delle persone, nonché frenando la crescita del nostro Paese. Non si perda ancora l'occasione di dotare le nostre Istituzioni di un'arma di legalità e di civiltà contro quei business costruiti sull'illegalità e sull'inciviltà.
  Sono molti i temi che dovrò affrontare oggi per cercare di fornire un quadro ampio, anche se inevitabilmente sintetico, di tutte le attività che il Ministero dell'ambiente sta portando avanti e che ha portato avanti negli ultimi mesi. Nella mia relazione andrò per grandi capitoli e comincerò proprio dalla bonifica dei SIN, ossia dei Siti di interesse nazionale.
  Il Ministero dell'ambiente è titolare, come sapete, della messa in sicurezza e bonifica dei 40 Siti d'interesse nazionale. La strategia definita per dare nuovo impulso alle attività di messa in sicurezza e bonifica dei SIN (vi ricordo che quei 40 SIN coprono oltre 160.000 ettari) può essere sintetizzata nei seguenti punti: la semplificazione delle procedure, a normativa vigente, la semplificazione della normativa, l'accelerazione dei procedimenti amministrativi di competenza, una maggiore interlocuzione con le aziende, un maggior coinvolgimento degli enti territoriali e locali nelle decisioni e, da ultimo, la trasparenza.
  In riferimento alla semplificazione della procedura si segnalano la sottoscrizione con Terna di un protocollo per consentire la realizzazione di opere lineari in pendenza del completamento degli interventi di messa in sicurezza e bonifica; la semplificazione delle prescrizioni relative all'esecuzione delle attività di campo di controllo, la quale viene demandata ad ARPA e alle AASSLL; e la decentralizzazione delle procedure con l'organizzazione di tavoli tecnici locali su problematiche specifiche.
  In riferimento alla semplificazione normativa, si ricorda l'adozione di procedure semplificate per favorire il risanamento dei suoli con interventi che hanno come obiettivo la riduzione delle concentrazioni di soglia di contaminazione ai livelli individuati dalla vigente disciplina. La soluzione merita di essere segnalata perché si affranca dalla tradizionale impostazione che individua le semplificazioni solo nell'abbreviazione dei termini del procedimento che, in ogni caso, spesso non sono rispettati.
  Si è cercato di responsabilizzare i soggetti interessati. Chi decide di bonificare, riportando i livelli di contaminazione ai livelli stabiliti in via generale dalla legge, in relazione alla specifica destinazione d'uso, può procedere senza necessità di autorizzazioni preventive, in quanto il controllo si sposta sulla verifica del conseguimento degli obiettivi stessi stabiliti dalla legge. Mi sembra una scommessa importante, anche se limitata al suolo.
  Altra misura di semplificazione è il Regolamento per la messa in sicurezza e bonifica della rete dei carburanti, sul quale è stato acquisito, in data 8 ottobre 2014, il parere favorevole del Consiglio di Stato e che io firmerò nelle prossime ore.
  Infine, ma non in ordine di importanza, devo ricordare le norme inserite nel decreto legge n. 133, il cosiddetto «Sblocca Italia». Ho, inoltre, chiesto e ottenuto dai miei uffici uno sforzo maggiore per accelerare le procedure in corso.
  Vi fornisco alcuni dati. Nei primi sette mesi del 2014 sono stati predisposti 62 decreti per progetti di bonifica delle aree SIN, 51 di approvazione, 8 di autorizzazione di avvio dei lavori e 3 di approvazione dei progetti di dragaggio, oltre il doppio, dunque, rispetto all'intero 2013, i Pag. 5cui i decreti erano stati 26, di cui 11 di approvazione, 12 di autorizzazione e 3 di approvazioni del dragaggio.
  Ancora più significativo è il confronto dal 2000 ad oggi. In questi primi sette mesi, infatti, è stato predisposto il 23 per cento della totalità dei decreti di approvazione di interventi di bonifica e messa in sicurezza nei Siti di interesse nazionale.
  Sempre nei primi sette mesi dell'anno si sono tenute 112 Conferenze dei servizi, nel corso delle quali sono stati esaminati progetti di bonifica per circa 600 ettari. L'attività svolta ha consentito di completare la caratterizzazione di alcuni SIN, di incrementare le percentuali sia delle aree a terra, per le quali sono stati approvati i progetti di bonifica, sia delle aree liberate da restituire agli usi legittimi.
  I dati complessivi possono essere così riassunti: la caratterizzazione è stata completata per i SIN di Manfredonia, Cengio e Saliceto, Massa Carrara, Pieve Vergonte, Sesto San Giovanni, Fidenza, Laguna di Grado e Marano, Cogoleto, Bari Fibronit, Biancavilla, Livorno, Emarese, Broni, Gela e Pioltello Rodano. Sono stati approvati progetti di bonifica per la totalità delle aree di Cengio e Saliceto e Pieve Vergonte. Segue la percentuale di realizzazione di tutti gli altri siti che ho citato. Infine, le aree liberate e restituite agli usi legittimi sono pari a circa 4.290 ettari. Nella relazione trovate anche il dato dettagliato, sito per sito.
  È stato avviato un confronto trasparente con le aziende, con un calendario di audizioni pubblicato sul sito web del ministero. Nell'ambito delle audizioni vengono forniti chiarimenti tecnici e amministrativi sui procedimenti di interesse.
  Gli enti locali e territoriali vengono coinvolti in tutte le fasi del procedimento. In particolare, alle regioni che partecipano alla Conferenza dei servizi decisori vengono affidati ruoli di coordinamento tecnico locale su tematiche specifiche, al fine di agevolare la condivisione delle decisioni assunte in sede di Conferenza dei servizi.
  In riferimento alla trasparenza, a partire da marzo 2014 sono stati pubblicati sull'apposita sezione nel sito del ministero tutti i verbali delle Conferenze di servizi, istruttorie e decisorie, tenutesi per i Siti di interesse nazionale: resoconti di riunioni e tavoli tecnici, accordi di programma sottoscritti, dati e informazioni sullo stato di avanzamento dei procedimenti e sulle risorse erogate, nonché atti di indirizzo ai protocolli di valenza generale.
  Parliamo di Porto Marghera. In particolare, il SIN di Venezia a Porto Marghera comprendeva l'area industriale nella quale risultavano insediate molte aziende, altre aree inquinate o potenzialmente inquinate nel comune di Venezia, anche a destinazione residenziale agricola, e l'area lagunare prospiciente l'area industriale di Porto Marghera.
  In attuazione del decreto legge n. 83 del 2012, all'articolo 36-bis, più precisamente al comma 4, l'area di intervento di competenza del ministero è stata ridefinita con esclusione del Sito d'interesse nazionale, in particolare le aree lagunari, compresa l'isola delle Tresse, l'isola del Tronchetto e la stazione marittima, nonché una serie di aree a terra – attualmente, il perimetro del Sito di interesse nazionale comprende una superficie complessiva di 1.621 ettari e la regione è ora subentrata nella titolarità del procedimento di bonifica – che, a seguito della riperimetrazione, sono state escluse dal SIN.
  Come ho avuto modo di accennare, l'attività istruttoria dei procedimenti di bonifica e messa in sicurezza delle aree comprese nel SIN di Porto Marghera ha avuto un'ulteriore accelerazione rispetto ai risultati, già apprezzabili, conseguiti in attuazione dell'accordo di programma sottoscritto in data 16.4.2012 dal ministro dell'ambiente, dal sindaco di Venezia, dalla regione Veneto e dal magistrato delle acque di Venezia per accelerare il processo di riconversione industriale e di riqualificazione economica dell'intera area.
  L'accordo di programma si è rivelato uno strumento utile anche al fine di favorire l'azione coordinata delle amministrazioni coinvolte nel procedimento di bonifica del sito. In attuazione dell'accordo di programma sono stati, infatti, elaborati e approvati diversi protocolli Pag. 6operativi che hanno consentito di rendere più omogenea e coerente l'azione amministrativa in relazione alle specifiche caratteristiche della contaminazione del sito e per l'individuazione delle conseguenti modalità di intervento. Voglio ricordare, in particolare, il Protocollo operativo per la caratterizzazione.
  La complessa attività svolta dal ministero sul sito, grazie anche alla collaborazione della regione e degli enti territoriali, ha consentito, ad oggi, di tenere 92 Conferenze dei servizi, di adottare 94 decreti e di approvare oltre 950 elaborati progettuali tra Piani di caratterizzazione, progetti di messa in sicurezza delle acque di falda, analisi di rischio sito, specifici progetti di bonifica dei suoli e delle acque di falda relative ad aree di competenza pubblica e privata.
  Passiamo alle bonifiche sullo stabilimento Ilva. L'area Ilva è stata interamente caratterizzata dall'azienda e, sulla base dei risultati di caratterizzazione nel 2007, è stata richiesta la rimodulazione degli obiettivi di bonifica rispetto a quelli proposti. Le determinazioni dell'amministrazione sono state oggetto di contestazione innanzi al TAR, che, con sentenza n. 329 del 2012, ha accolto solo in parte il ricorso. Contro la sentenza pende il ricorso innanzi al Consiglio di Stato.
  L'inerzia dell'azienda è venuta meno con la nomina del Commissario e del Subcommissario Ilva a seguito dell'entrata in vigore dei decreti-legge, tutti convertiti in legge nei termini. In particolare, il Commissario per l'Ilva, nell'ambito degli interventi di copertura dei parchi minerari previsti dall'AIA, ha presentato il progetto definitivo di messa in sicurezza d'emergenza della falda in area Parchi primari a Parco Loppa e il Piano integrativo di caratterizzazione ambientale dell'area Parchi materie prime, che completa il Piano di caratterizzazione già eseguito.
  Il progetto di messa in sicurezza della falda prevede la realizzazione di una barriera idraulica con diaframma plastico e pannelli di cemento e bentonite per uno sviluppo lineare di circa 2 chilometri e 740 metri, con profondità variabile dai 6 ai 12 metri in una trincea drenante. Il progetto non è stato ritenuto approvabile e deve essere integrato con appositi studi idrogeologici. Nel frattempo, è stato prescritto di attivare idonee misure di prevenzione, consistenti in una barriera idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate. Il Subcommissario Ronchi ha avviato la realizzazione di tali misure.
  Il Piano di caratterizzazione integrato è stato, invece, approvato dalla Conferenza dei servizi decisoria del 18 dicembre 2013 e sono in corso le relative attività in contraddittorio con ARPA Puglia. Si è in attesa della restituzione dei dati di monitoraggio delle attività di messa in sicurezza e dei risultati della caratterizzazione validati da ARPA Puglia.
  Passiamo alla parte rifiuti. Le norme nazionali che disciplinano la gestione dei rifiuti attuano nel nostro ordinamento princìpi di derivazione europea. Tuttavia, le norme nazionali spesso impongono adempimenti più gravosi rispetto a quelli previsti dalla disciplina comunitaria recepita, oltretutto senza risultati pratici effettivi sul piano del contrasto dell'attività di smaltimento illecito.
  Inoltre, esistono molte difficoltà operative legate alla mancanza di un sistema adeguato e integrato di impianti di gestione dei rifiuti urbani e ritardi di alcune regioni nella raccolta differenziata. Le situazioni di emergenza nella gestione dei rifiuti che si registrano nel nostro Paese sono in gran parte riconducibili a queste difficoltà, che espongono il nostro Paese a ripetute contestazioni da parte della Commissione europea.
  Io vi prego di prestare molta attenzione su questo punto. Proprio ieri è stata depositata la sentenza della Corte di giustizia che condanna l'Italia per non aver adottato, alla data del 1o giugno 2012, tutte le misure necessarie per evitare il conferimento in discarica di rifiuti non trattati e per non aver creato nella regione Lazio una rete integrata e adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.Pag. 7
  Su quest'ultimo tema il Governo ha deciso di intervenire con una specifica norma del decreto-legge «Sblocca Italia» che ha sollevato, a mio avviso, polemiche non giustificate, alla luce delle difficoltà che il nostro Paese incontra nel settore. Io sono disposto a prendere tutte le critiche del mondo nei provvedimenti che il Governo propone al Parlamento. Sono pronto a qualsiasi modifica, ma è importante che si decida per porre fine alle infrazioni europee – dopo tratteremo il tema – che gravano sul nostro Paese.
  Illustrerò adesso le principali criticità del settore, evidenziando, quando possibile, anche le proposte di soluzione che il ministero intende o è in grado di adottare.
  Comincio dallo stato delle procedure di infrazione. Molte delle procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia riguardano il tema della gestione dei rifiuti. Negli ultimi anni la situazione è numericamente migliorata, ma restano le contestazioni che riguardano il nucleo centrale della gestione dei rifiuti.
  I casi emblematici sui quali si è incentrata l'attenzione della Commissione riguardano il problema delle discariche abusive, la gestione dei rifiuti in Campania e, come accennato, lo smaltimento in discarica di rifiuti non trattati e la mancanza di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti domestici che consenta all'Italia di conseguire l'autosufficienza.
  Resta il dato che il nostro Paese gode di brutta fama a Bruxelles in questo campo e che viene classificato al 20o posto su 27 Stati membri per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. È una classifica di cui noi abbiamo contestato i criteri, ma ci troviamo in grande difficoltà nel difendere un sistema Paese che, nonostante stia realizzando progressi importanti per una corretta gestione dei rifiuti a livello nazionale e locale, ha difficoltà a chiudere casi che, sia dal punto di vista mediatico, sia dal punto di vista legale, rappresentano evidenti criticità del nostro territorio.
  Due dei tre casi menzionati, ossia la procedura di infrazione sulle discariche abusive e la procedura di infrazione sulla gestione dei rifiuti in Campania – lo dico con molta forza – sono a uno stato molto avanzato. In entrambi i casi sono emanate sentenze di prima condanna, rispettivamente nel 2007 e nel 2010, e il nostro Paese è oggetto di un secondo deferimento, con una quantificazione della Commissione europea delle sanzioni pecuniarie da applicare in caso di seconda condanna.
  Invece, nel caso della discarica di Malagrotta il contenzioso è stato aperto nel 2011 e la Corte di giustizia dell'Unione europea, lo scorso 15 ottobre, ha esaminato una prima sentenza di condanna.
  La procedura di infrazione sulle discariche abusive è stata aperta inizialmente a seguito della pubblicazione di un rapporto del Corpo forestale dello Stato che censiva sotto un'unica denominazione migliaia di siti di abbandoni di rifiuti e discariche dismesse. A seguito della condanna del 2007, il mio ministero ha intrapreso un'azione volta alla creazione di un sistema di monitoraggio con accertamento dei dati regionali relativi alla bonifica dei siti oggetto della procedura.
  Rispetto ai 5.297 siti da ripristinare inizialmente segnalati, gli aggiornamenti trasmessi alla Commissione europea hanno evidenziato progressivi miglioramenti nell'avanzata degli iter di ripristino. L'ultimo aggiornamento trasmesso a dicembre 2012 riportava, pertanto, che il numero di discariche da ripristinare era diminuito a 212 siti, la maggior parte dei quali con interventi in corso.
  Ciò non ha evitato che, con ricorso del 16 aprile 2013, la Commissione europea deferisse il nostro Paese per non esecuzione della prima sentenza di condanna, contestando ancora la presenza di 218 discariche abusive, 6 in più di quanto noi avevamo dichiarato. Con questo ricorso è stato chiesto alla Corte di condannare il nostro Paese al pagamento di un'ammenda forfettaria – la cosiddetta multa – di circa 56 milioni di euro e di un'ammenda giornaliera di oltre 250.000 euro per ogni giorno successivo all'eventuale seconda condanna, fino alla risoluzione definitiva del caso, che ammonterebbe a oltre 93 milioni di euro all'anno.Pag. 8
  Il dato riportato nel ricorso appare inesatto, in quanto i 218 siti segnalati sono per lo più ex discariche comunali chiuse da anni, in ogni caso prima del termine per adempiere alla sentenza del 2007. Comunque, stanti la gravità e l'urgenza della situazione, il Governo ha deciso di adottare ulteriori misure per lo stanziamento dei fondi necessari alla bonifica della discarica ancora oggetto della procedura di infrazione, con l'avanzamento delle attività di bonifica per i siti oggetto di contestazioni comunitarie. Sarà, infatti, possibile ottenere una riduzione delle sanzioni pecuniarie che saranno imposte soltanto con sentenza di condanna della Corte di giustizia.
  È chiaro che la Corte di giustizia, quando esamina in secondo grado con il procedimento già avviato, si basa sui dati di allora. Di tutto quello che forniamo in corso, cioè dopo l'ultima sentenza, può o meno tenere conto. Questo può servire a ridurre l'impatto, perché può essere convalidata e presa in considerazione la nostra buona volontà, ma il procedimento già in corso è svolto sulla base dei dati di allora, non degli sforzi che stiamo facendo adesso.
  A fronte di un fabbisogno stimato di euro 118 milioni per il finanziamento di interventi da ultimare, è stata data parziale copertura finanziaria col Piano straordinario del 2013, per 60 milioni di euro, con i quali è stata data copertura agli interventi nelle discariche presenti in Sicilia, Puglia, Veneto e Abruzzo. Le somme residue che non trovano attualmente copertura finanziaria né nazionale, né regionale ammontano a oltre 58 milioni di euro. È necessario, quindi, un ulteriore sforzo per la risoluzione del caso.
  Appare, inoltre, indispensabile una piena collaborazione di tutte le regioni sul cui territorio esistono situazioni irrisolte, regioni alle quali sono stati richiesti un aggiornamento sul completamento degli interventi in corso e una ricognizione attuale degli investimenti ancora necessari e del fabbisogno residuale.
  Nel quadro della procedura di infrazione sulla gestione dei rifiuti in Campania, a seguito della condanna pronunciata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea il 4 aprile 2010, la Commissione europea, a settembre 2011, ha notificato una lettera di messa in mora nei confronti dell'Italia per mancata esecuzione della sentenza. L'Italia è stata condannata per non aver creato nella regione Campania una rete integrata di gestione dei rifiuti urbani.
  A questa sentenza è seguita, nel settembre 2011, una lettera di messa in mora da parte della Commissione europea in relazione all'obbligo del Governo italiano di adeguarsi alla sentenza. Il 24 gennaio 2012 è stato pubblicato nel Bollettino regionale della Campania il Piano regionale di gestione dei rifiuti, che prevede gli impianti per la corretta gestione dei rifiuti urbani dal 2016.
  La Commissione europea ha invitato il Governo italiano a garantire una corretta gestione dei rifiuti anche durante il periodo transitorio 2012-2016, in attesa dell'entrata in funzione degli impianti prevista dal Piano regionale di gestione dei rifiuti. A tal fine, la regione Campania ha elaborato un programma attuativo per la gestione dei rifiuti in Campania nel periodo transitorio, che contiene un dettagliato elenco di impianti da realizzare con relativi temi di ultimazione dei lavori. Il programma è stato trasmesso tramite rappresentanza italiana alla Commissione europea, che ha preteso che fossero apportate alcune integrazioni entro il 15 settembre 2012 e che a tale data fossero predisposti dalla regione e trasmessi report trimestrali per poter verificare il rispetto del cronoprogramma attuativo.
  Il cronoprogramma previsto dal programma attuativo predisposto dalla regione Campania per la redazione degli interventi necessari ad adempiere agli obblighi stabiliti nella citata sentenza non è stato, però, rispettato. Di conseguenza, in data 14 gennaio 2014 la Commissione europea ha nuovamente deferito lo Stato italiano innanzi alla Corte di giustizia per mancata esecuzione della suddetta sentenza e ha notificato un ulteriore ricorso.Pag. 9
  In caso di condanna – lo ricordo – lo Stato italiano rischia pesantissime sanzioni pecuniarie, quantificate già dalla Commissione europea in una somma forfettaria di 28.000 euro al giorno dovuta per il numero di giorni che intercorre tra la data della prima sentenza e la data della seconda sentenza, per circa 10 milioni di euro all'anno, e in una penalità di mora di 256.000 euro dal giorno in cui verrà pronunciata la seconda sentenza fino al completo adempimento, per 93 milioni di euro all'anno.
  Ad oggi, quindi, gli effetti della procedura di infrazione comunitaria per il mancato rispetto degli impegni assunti dalla regione Campania sono stati calcolati e rischiano di terminare con una condanna al pagamento di una sanzione di circa 228 milioni di euro a carico dello Stato, cioè – lo ricordo – di tutti i cittadini italiani.
  Con l'ultimo report trimestrale del 15 settembre 2014 la regione Campania ha fornito un quadro aggiornato delle attività messe in atto per raggiungere tale obiettivo, dimostrando un costante impegno nella riduzione della produzione dei rifiuti e nell'aumento della raccolta differenziata, ma confermando, nel contempo, i ritardi accumulati sul cronoprogramma concordato allora con la Commissione europea. Allo stato attuale e nonostante gli sforzi compiuti a livello nazionale per sostenere la regione Campania, tale situazione non consente di escludere a breve termine una probabile pesantissima seconda condanna nei confronti del nostro Paese.
  Per quanto riguarda la procedura di infrazione relativa alla gestione dei rifiuti della regione Lazio, essa riguardava inizialmente soltanto la discarica di Malagrotta ed è stata poi estesa ad altre discariche di rifiuti urbani del Lazio dalla Commissione europea, con il parere motivato notificato il 1o giugno 2012 e il ricorso del 13 giugno 2013. La principale contestazione riguarda il rispetto dell'articolo 6 della direttiva n. 98/2008 sui rifiuti, che dispone che gli Stati membri debbono provvedere affinché solamente rifiuti adeguatamente trattati vengano collocati a discarica.
  La Commissione ritiene che la regione Lazio non abbia creato una rete integrata e adeguata di impianti per il pretrattamento dei rifiuti. Per «idoneo trattamento» la Commissione considera un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica. A seguito dell'aggravamento della procedura di infrazione e nel rispetto degli impegni assunti con la Commissione europea, la discarica a Malagrotta è stata chiusa definitivamente ad ottobre 2013.
  Sono state, inoltre, attuate alcune misure al fine di incrementare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che costituisce un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e un pretrattamento ammissibile ai sensi della direttiva. In particolare, nel Patto per Roma è stato adottato l'impegno di promuovere e sviluppare un sistema di raccolta differenziata che raggiunga il valore del 30 per cento dei rifiuti urbani entro la fine del 2012, del 40 per cento entro il 2013 e del 50 per cento entro il 2016, proseguendo così a 60 nel 2015 e a 65 nel 2016.
  Per quanto riguarda il finanziamento di tali attività, il Ministero dell'ambiente contribuisce con una somma di 10 milioni di euro l'anno per ciascuna delle annualità 2012, 2013 e 2014, a fronte dell'effettivo deficit di pretrattamento dei rifiuti documentato sia dal Piano regionale di gestione dei rifiuti, sia da diversi provvedimenti. La regione ha comunicato stime migliorative sui tassi di raccolta differenziata raggiunti e sulla qualità dei rifiuti prodotti e ha illustrato le misure adottate per compensare il deficit di trattamento in alcuni sub-ATO, rendendo pienamente operativi gli impianti di trattamento meccanico-biologico attualmente in esercizio.
  Ciononostante, con la recente sentenza del 15 ottobre 2015 la Corte di giustizia ha condannato l'Italia per non aver garantito che la totalità dei rifiuti urbani conferiti nelle discariche del sub-ATO di Roma, ad esclusione di quelle di Cecchina e di quelle del sub-ATO di Latina, fossero sottoposti a un idoneo trattamento ai sensi della normativa comunitaria sui rifiuti.Pag. 10
  Va precisato che la condanna riguarda la situazione al 1o agosto 2012, che era la data di scadenza del termine impartito con il parere motivato della Commissione europea. Comunque, per dare piena esecuzione alla sentenza della Corte ed evitare un aggravamento del relativo contenzioso, appare necessario valutare la situazione attuale e le eventuali misure aggiuntive necessarie a garantire la piena autosufficienza della regione Lazio in materia di trattamento e smaltimento dei rifiuti, nel pieno rispetto della normativa comunitaria applicabile. Questo obiettivo non può che essere raggiunto attraverso un'intensa collaborazione tra le autorità nazionali e regionali competenti e consentirà di avviare una fase di negoziato con la Commissione europea finalizzata alla chiusura nel breve periodo della procedura di infrazione in parola.
  Passiamo al ciclo integrato di gestione dei rifiuti. In coerenza con i princìpi dell'Unione europea, la normativa italiana sui rifiuti è orientata ormai da tempo alla realizzazione di un sistema di gestione integrato che punti a ottimizzare la riduzione a monte della produzione di rifiuti, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero dei materiali e dell'energia e che, al tempo stesso, consenta di ottenere il duplice risultato della valorizzazione economica della risorsa rifiuti e della tutela della qualità ambientale.
  In un corretto sistema di gestione integrata dei rifiuti lo smaltimento viene, infatti, a costituire un'opzione residuale, mentre la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio assume un ruolo prioritario, in quanto consente di ridurre significativamente il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento e di valorizzare le componenti merceologiche dei rifiuti sin dalla fase della raccolta.
  Il decreto legislativo n. 152 del 2006, in coerenza con l'articolo 117 della Costituzione, ha effettuato un riparto di competenza nella materia di rifiuti tra Stato, regioni, province e comuni. Nell'ambito di tale riparto al ministero spetta un importante ruolo di indirizzo e coordinamento, che si esplica anche tramite la definizione delle normative tecniche settoriali.
  Le regioni hanno, invece, il compito di adottare il Piano per la gestione dei rifiuti, che, garantendo lo sviluppo di politiche di prevenzione e di riciclaggio, realizza un sistema di gestione integrato coerente con la normativa nazionale ed europea e improntato ai princìpi di autosufficienza e prossimità nella gestione dei rifiuti. Le regioni svolgono, inoltre, un essenziale ruolo quali autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento delle attività di gestione dei rifiuti nell'ambito del territorio di competenza.
  Sebbene la funzione di pianificazione sia stata realmente adempiuta da parte delle regioni, le inefficienze del sistema si registrano sul profilo dell'attuazione dei Piani, riguardo alle quali il ministero, avendo un ruolo di mero indirizzo e coordinamento, non è in grado di intervenire in maniera risolutiva. Infatti, le cause della mancata attuazione delle previsioni del Piano sono principalmente esterne al controllo dei soggetti pubblici e per lo più imputabili a profili di tipo economico, alla durata dell’iter di autorizzazione degli impianti e alle opposizioni delle comunità locali rispetto all'installazione di nuovi impianti di gestione, che spesso degenerano in contenzioso dinnanzi alle autorità giudiziarie nazionali europee. Permangono, quindi, allo stato dei fatti, serie criticità dovute alla difficoltà di localizzazione dei nuovi impianti, in special modo degli impianti di termovalorizzazione.
  In questo ambito l'articolo 35 dello «Sblocca Italia» si pone come il tentativo di offrire uno spunto alla riorganizzazione del sistema vigente, introducendo nuove logiche sistematiche. Tale disposizione propone, infatti, di effettuare una ricognizione degli impianti di recupero e di incenerimento dei rifiuti urbani esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e adeguato di gestione di tali rifiuti e per conseguire l'autosufficienza a livello nazionale.Pag. 11
  Gli impianti sono individuati con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale e senza pregiudizio per gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Vengono, quindi, individuati come infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale gli impianti di recupero e di incenerimento dei rifiuti urbani esistenti o da realizzare per conseguire l'obiettivo di attuare un sistema integrato e adeguato di gestione dei rifiuti e l'autosufficienza a livello nazionale.
  Devo anche dire che l'articolo 35 del decreto n. 133 influirebbe positivamente anche sul ricorso Campania che abbiamo in corso. Sarebbe un segnale forte, perché ci permetterebbe di diminuire la pressione dei rifiuti sulla Campania utilizzando impianti che ci sono già, non impianti nuovi.
  Veniamo alla Terra dei fuochi. L'esempio più doloroso per questo Paese, quando si parla di interessi criminali sul territorio, è certamente quella zona che viene comunemente identificata con il brutto termine di «Terra dei fuochi».
  Fin dal primo momento l'impegno del Governo è stato a un livello massimo. Posso assicurare a tutti voi che l'attenzione del mio ministero, quella del Ministro Martina dell'agricoltura e quella del Ministro Lorenzin della salute, insieme a quella di tutte le Istituzioni locali preposte, resterà altissima fino a quando quelle terre non verranno restituite ai cittadini campani in piena sicurezza. È una battaglia che vogliamo portare avanti senza tregua al fianco dei cittadini di quelle terre e contro il malaffare nazionale, non solo della Campania o del Sud, che si è reso protagonista di gravissimi scempi ambientali. Quello non è un problema della Campania, ma è un problema di tutto il territorio nazionale, perché tutto il territorio nazionale ha concorso a causare la situazione intollerabile e criminale che c’è in quella zona.
  Il decreto legge n. 136 del 2013 dispone che alcune organizzazioni siano al lavoro per verificare, attraverso indagini tecniche di mappatura, l'eventuale esistenza di effetti contaminanti, sversamenti o smaltimenti abusivi nei terreni destinati ad uso agricolo. Sono stati individuati 57 comuni ubicati nelle province di Napoli e Caserta sui quali svolgere prioritariamente le indagini.
  Fin dal 2013 è stato costituito un gruppo di lavoro, che vede insieme il mio ministero, quello della salute e quello dell'agricoltura, in stretto coordinamento con il Corpo forestale dello Stato e con diversi enti interessati, che ha definito un modello scientifico per la classificazione dei terreni potenzialmente interessati da sversamenti illeciti di rifiuti.
  I siti interessati da sversamento, per un totale di 1.146 ettari, sono stati divisi in cinque classi di rischio. Le analisi tecniche e le integrazioni scientifiche, assieme al lavoro di rilevamento fotografico disposto sul territorio, hanno individuato 51 siti rientranti nelle classi di rischio più elevato.
  Nelle more dell'esecuzione dell'indagine diretta e nel rispetto del principio di precauzione è stata comunque vietata l'immissione sul mercato dei prodotti agricoli. Sulla base del richiamato decreto si è svolta la prevista attività di campionamento sui 51 siti interessati ed è attualmente in corso l'acquisizione dei risultati delle analisi, che presentano, peraltro, una particolare complessità dal punto di vista tecnico.
  Sulla base dei risultati delle complesse analisi disposte sui terreni a rischio verranno definitivamente individuati quei terreni della regione Campania che non possono essere destinati alla produzione alimentare, ma esclusivamente a colture diverse, in considerazione delle capacità fitodepurative, ovvero da destinare solo a determinate produzioni agroalimentari. Gran parte di queste informazioni sono reperibili anche sul sito che abbiamo creato ad hoc e dedicato proprio a questa tematica.
  Passiamo ai sistemi collettivi per la gestione di specifici flussi di rifiuti. Il settore dei Consorzi per la gestione di talune tipologie di rifiuti costituisce uno dei temi sui quali questo ministero sta Pag. 12ponendo costante attenzione, anche in considerazione delle forti criticità che lo connotano.
  I sistemi consortili per la gestione di alcuni flussi di rifiuti sono nati sotto il cosiddetto Codice Ronchi, il decreto legislativo n. 22 del 1997, in un contesto giuridico, ma anche sociale ed economico ben diverso da quello attuale.
  Il conseguimento di tali consorzi ha rilevato nel tempo profili di efficienza del loro operato in termini di raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio per frazioni omogenee di rifiuti, ma, al tempo stesso, ha anche consentito il radicarsi di alcuni profili di inefficienza organizzativa che sono oggi la causa di diseconomia del sistema.
  Ciò è, per esempio, confermato, nel settore della gestione dei rifiuti di imballaggio, dall'ammontare di anno in anno crescente del contributo ambientale pagato dai consorziati a copertura dei costi di gestione dei rifiuti di imballaggio, ma di fatto traslato sul prezzo finale dell'imballaggio stesso poi venduto al consumatore.
  Di contro, dall'esame dei bilanci trasmesso al ministero da tali consorzi, sono emerse ingenti somme accantonate in fondi di riserva, in ragione della non distribuibilità degli stessi tra i consorziati. Tale aspetto costituisce al momento oggetto di approfondimento da parte del ministero, anche in considerazione del ruolo chiave che tali consorzi rivestono nel complesso sistema di gestione dei rifiuti e del loro carattere sussidiario anche dal punto di vista economico rispetto al gestore pubblico.
  Su questo tema ricordo che i consorzi, in molti casi, agiscono in regime di monopolio e che il fatto di agire in monopolio, se sono di diritto privato, crea qualche evidente problema al mercato, innalzando ingiustificatamente i prezzi. O sei privato e agisci in concorrenza, o sei pubblico, e allora le tariffe le stabilisce il pubblico.
  Molte sono, inoltre, le iniziative adottate di recente nel settore in discorso, sia sul piano normativo – si pensi all'adozione del decreto ministeriale del 26 aprile 2013 recante lo Statuto tipo dei Consorzi di filiera degli imballaggi – sia su quello amministrativo.
  Una delle tendenze che paiono al momento profilarsi è quella di dare un più chiaro inquadramento della natura giuridica di tali consorzi e soprattutto del loro ruolo all'interno del complessivo sistema di gestione dei rifiuti. Ciò sia in concomitanza con il recente rinnovo dell'accordo quadro ANCI-CONAI, sia soprattutto in coincidenza con la recente sentenza adottata dal TAR Lazio con la quale è stata confermata la piena validità ed efficacia del decreto ministeriale del 26 aprile 2013 di adozione dello Statuto tipo dei consorzi di filiera per la gestione degli imballaggi.
  Le iniziative assunte dal ministero hanno certamente aperto la strada a una riflessione a tutti livelli, legislativo, giudiziario, oltre che amministrativo, con riferimento a tali consorzi, i quali, occorre chiarire, possono rappresentare un elemento essenziale per l'efficientamento del complessivo sistema di gestione dei rifiuti.
  Coerente con questa impostazione è anche la disposizione di cui all'articolo 13 del disegno di legge collegato ambientale alle leggi di stabilità 2014, che ha destinato a ISPRA una quota dei contributi riscossi dai consorzi di filiera ai fini della copertura dei costi di supporto tecnico al ministero per lo svolgimento delle attività precedentemente svolte dal soppresso Osservatorio nazionale sui rifiuti.
  Vengo alla disciplina dell'utilizzazione agronomica dei residui della digestione anaerobica, il cosiddetto «digestato». In linea con l'esigenza di rafforzare l'attività di prevenzione, il ministero sta intervenendo con riferimento a quei residui dell'attività di digestione anaerobica che sinora, in assenza di una disciplina apposita, sono stati considerati come rifiuti. Si tratta, in realtà, di materiali o sostanze che possono essere destinati all'attività di spandimento sul suolo agricolo, come già avviene, peraltro, per gli affluenti di allevamento e per le acque reflue, ma che, in assenza di una disciplina idonea regolamentata per tali aspetti, non sono adeguatamente valorizzati.Pag. 13
  Alla luce di tali considerazioni, il Ministero delle politiche agricole ha avviato le attività di stesura, di concerto con il Ministro dell'ambiente, di un nuovo decreto ministeriale. Tale novità comporta effetti positivi sotto un duplice profilo: da un lato, i residui dell'attività di gestione vengono sottratti al flusso dei rifiuti e utilizzati per scopo agricolo, sostituendo eventuali concimi chimici o materie prime ammendanti; dall'altro lato, evita il conferimento in discarica di rifiuti biodegradabili in coerenza con i vigenti dettami della normativa comunitaria.
  Espongo alcuni dati sulla produzione e gestione dei rifiuti urbani. La produzione dei rifiuti urbani in Italia si attesta, nel 2013, a poco meno di 30 milioni di tonnellate, facendo registrare una riduzione di quasi 400.000 tonnellate rispetto al 2012. Tale contrazione, che fa seguito a cali già registrati nel 2011 e 2012, porta a una riduzione complessiva di circa 2,9 milioni di tonnellate rispetto al 2010.
  Nell'ultimo biennio la riduzione complessiva è stata pari all'8,9 per cento, evidenziando un trend coerente con quello degli indicatori socioeconomici, quali Prodotto interno lordo e consumo delle famiglie.
  Per quanto riguarda la produzione nazionale pro capite dei rifiuti urbani, il valore 2013 si attesta a 487 chili per abitante per anno, continuando ad assumere valori disomogenei per macroarea (al Nord 489, al Centro 549, al Sud 448).
  Un altro importante elemento di valutazione riguarda la raccolta differenziata, che nel 2013 si è attestata al 42,3 per cento della produzione totale dei rifiuti urbani, continuando, pertanto, il trend di crescita già segnalato negli anni precedenti.
  Rispetto al 2011, anno in cui tale percentuale si attestava al 37,8 per cento, si osserva, dunque, un'ulteriore crescita, ancora però non sufficiente a raggiungere l'obiettivo del 2012 (il 65 per cento) e neppure quello previsto per il 2011 (il 60 per cento), individuati – ve lo ricordo – dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dalla legge 27 dicembre 2006.
  La direttiva quadro sui rifiuti, recepita nell'ordinamento nazionale, affianca agli obiettivi di raccolta previsti dalla normativa italiana target di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio per specifici flussi di rifiuti, quali i rifiuti urbani e i rifiuti da attività di costruzione e demolizione.
  Nel caso dei primi, in particolare, gli obiettivi da raggiungere entro il 2020, riguardanti almeno le frazioni costituite da carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici e possibili frazioni di altra origine, sono di almeno il 50 per cento in termini di peso.
  Al fine poi di promuovere il riciclaggio di alta qualità, gli Stati membri dovranno istituire la raccolta differenziata dei rifiuti, ove essa sia fattibile sul piano tecnico, ambientale ed economico. Entro il 2015 la raccolta differenziata dovrà essere istituita almeno per i seguenti rifiuti: carta, metalli, plastica e vetro.
  La direttiva europea, pur non prevedendo target di raccolta differenziata, richiede, dunque, che siano conseguiti obiettivi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio almeno per le quattro frazioni indicate (carta, metalli, plastica e vetro).
  L'analisi dei dati sulla gestione dei rifiuti urbani evidenzia che nel 2011 il 42,1 per cento dei rifiuti prodotti è ancora avviato allo smaltimento in discarica, che rappresenta, dunque, ancora la forma di gestione più diffusa.
  Quanto alla valutazione dei costi di gestione dei servizi di igiene urbana sostenuti da alcuni comuni italiani, comprendenti il ciclo di gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, la raccolta differenziata, lo spazzamento, il lavaggio delle strade e gli altri servizi connessi in generale con la nettezza urbana, si evince che, per il campione preso in esame nel 2012 a livello nazionale, l'ammontare medio pro capite dei proventi da tasse o tariffe risulti di 159 euro per abitante per anno, con un aumento dell'1,2 per cento rispetto al 2011, in cui l'ammontare era pari a 157,04 euro per abitante.
  I costi di gestione dei rifiuti indifferenziati e delle raccolte differenziate sono rispettivamente pari a 62,30 euro e a 42,18 Pag. 14euro per abitante per anno, lo spazzamento e il lavaggio delle strade a 23,61 euro per abitante per anno e, infine, i costi di remunerazione del capitale a 7,68 euro per abitante per anno.
  Passiamo ai rifiuti transfrontalieri. Con il Regolamento n. 1013 del 2006 l'Unione europea ha voluto rafforzare, semplificare e precisare le procedure di controllo delle spedizioni di rifiuti, al fine di migliorare la protezione dell'ambiente, riducendo così il rischio di spedizioni di rifiuti non controllate. Tale Regolamento ha anche integrato nella legislazione europea le disposizioni della Convenzione di Basilea, nonché la revisione delle decisioni sul controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti destinati a operazioni di recupero adottata nel 2001 dall'OCSE.
  Nella legislazione nazionale si prevede che, entro il 30 settembre di ogni anno, le autorità competenti di spedizione e destinazione di rifiuti transfrontalieri trasmettano al Ministero dell'ambiente i dati previsti riferiti all'anno precedente. Il Ministero dell'ambiente invia, quindi, annualmente, a tutte le autorità competenti, la richiesta di informazione dei dati relativi alle spedizioni transfrontaliere effettuate riferite all'anno precedente.
  Entro il 30 settembre di ogni anno, quindi, le autorità competenti devono trasmettere al Ministero dell'ambiente tutti i dati e le informazioni necessarie, che, a loro volta, diventeranno oggetto di analisi e rielaborazioni finalizzate alla compilazione e trasmissione del report annuale attraverso il portale dedicato. Il report annuale deve essere trasmesso entro la fine dell'anno civile e contenere i dati relativi all'anno precedente la trasmissione.
  Sono oggi disponibili i dati relativi all'annualità 2012, regolarmente trasmessi tramite il programma ad hoc del Ministero dell'ambiente nel dicembre 2013. Nel report vengono riportati tutti i movimenti riguardanti le tipologie di rifiuti previsti nella Convenzione di Basilea. Tale report contiene, sia per i rifiuti importati, sia per quelli esportati dal nostro Paese, la tipologia dei rifiuti, la qualità, i Paesi di destinazione o provenienza, i Paesi di eventuale transito, eventuali classi di pericolo del rifiuto stesso, la tipologia di operazioni finali di smaltimento e recupero. A tal proposito, per un'analisi di dettaglio si allega alla relazione il report completo relativo ai rifiuti movimentati nell'anno 2012.
  Infine, per quanto concerne i costi di esportazione e di importazione dei rifiuti transfrontalieri, si precisa che non vi sono attualmente disposizioni di legge che prevedono comunicazioni di tale genere e che, quindi, non si può ad oggi fare un bilancio economico-finanziario di tali movimentazioni.
  Veniamo al SISTRI. La complessa vicenda del SISTRI, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, come è noto, è oggetto di procedimenti da parte dell'autorità giudiziaria. Mi limiterò in questa sede a fare una fotografia dello stato dell'arte e a indicare le scelte adottate dal Governo, consegnando gli atti e la documentazione più dettagliati sull’iter complessivo, di cui i commissari potranno prendere visione.
  Il sistema si applica oggi solo ai rifiuti pericolosi e, in quest'ambito, a enti e imprese con più di 10 dipendenti. Il sistema è operativo dall'1 ottobre 2013 per gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali e pericolosi a titolo professionale, compresi i vettori esteri che effettuano trasporti dei rifiuti all'interno del territorio nazionale o trasporti transfrontalieri in partenza dal territorio o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, inclusi i nuovi produttori, dal 3 marzo 2004 per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonché per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel settore della regione Campania.
  Fino al 31 dicembre 2014 sono sospese le sanzioni e sono obbligatori gli adempimenti cartacei nella versione previgente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 205 del 2010.
  Il Governo ha deciso, nel giugno scorso, di chiudere il contratto SISTRI, stipulato a Pag. 15suo tempo con la Selex, società del Gruppo Finmeccanica. Infatti, con l'articolo 14 del decreto legge del 24 giugno 2014, n. 91, si è previsto che il termine finale di efficacia del contratto con la concessionaria Selex sia stabilito al 31 dicembre 2015. Entro il 30 giugno 2015 il Ministero dell'ambiente dovrà avviare le procedure per l'affidamento della concessione del servizio nel rispetto dei criteri e delle modalità di selezione disciplinati dal Codice ambientale, dalle norme dell'Unione europea di settore e dai princìpi di economicità, semplificazione, interoperabilità tra sistemi informatici e costante aggiornamento tecnologico. All'attuale società concessionaria del SISTRI è garantito l'indirizzo dei costi di produzione consuntivati sino al 31 dicembre 2015, previa valutazione di congruità dell'Agenzia per l'Italia digitale, nei limiti di contributi versati dagli operatori alla predetta data.
  Passiamo ai rifiuti radioattivi. La legge attribuisce al Ministero dell'ambiente le seguenti competenze in materia di rifiuti radioattivi: pareri obbligatori riguardo alle istanze per le installazioni di deposito o di smaltimento dei rifiuti radioattivi; pareri obbligatori riguardo alle istanze di disattivazione degli impianti nucleari; pareri obbligatori riguardanti il deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e all'immagazzinamento a titolo provvisorio di lunga durata dei rifiuti ad alta attività e del combustibile nucleare irraggiato proveniente dalla pregressa gestione degli impianti nucleari.
  Per quanto riguarda l'istituzione delle autorità di regolamentazione competente, con il decreto legislativo n. 42 del 2014 in materia di recepimento della direttiva Euratom in materia di gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, è stata individuata nell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN) l'autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione. Fino all'entrata in vigore del regolamento che definisce l'organizzazione e il funzionamento interno dell'ISIN le funzioni di autorità di regolamentazione competente continuano a essere svolte dal Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA.
  Con riferimento al Programma nazionale, entro il 31 dicembre 2014 dovrà essere definito il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Tale programma deve essere emanato con decreto del Presidente dei ministri su proposta del Ministero dell'ambiente e del Ministero dello sviluppo economico, sentiti il Ministero della salute, la Conferenza unificata e l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione.
  Per poter elaborare la proposta di Programma nazionale sono indispensabili l'istituzione dell'ISIN, la nomina del direttore e, contestualmente, dei componenti della Consulta, la determinazione del trattamento economico del direttore e dei componenti della Consulta, la riorganizzazione interna dell'ISPRA, il Regolamento per l'organizzazione e il funzionamento interni dell'ISIN. Nella fase due occorre la classificazione dei rifiuti radioattivi su proposta dell'ISIN. Nella fase tre è necessaria la definizione del Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi sulla base della classificazione degli stessi rifiuti radioattivi. Ad oggi è stata avviata la procedura per la nomina del direttore dell'ISIN.
  Illustro ora il quadro normativo riguardante il deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi soggetti alla giurisdizione nazionale devono essere conferiti al deposito nazionale. Tuttavia, in attesa della realizzazione del deposito, gli stessi sono stoccati in via temporanea presso depositi temporanei appositamente realizzati per ospitare rifiuti provenienti da altra installazione, oppure presso l'area in cui insiste l'impianto nucleare in fase di smaltimento. In particolare, per quest'ultima tipologia è accertata la non idoneità delle strutture esistenti allo stoccaggio di lungo termine.Pag. 16
  L'attuale quadro normativo è caratterizzato dall'esistenza di due norme che disciplinano due distinte tipologie di deposito definito per i rifiuti radioattivi. Il deposito nazionale per la sicurezza dei soli rifiuti radioattivi di terza categoria è un deposito individuato dalla legge come opera di difesa militare, di proprietà dello Stato, da realizzare entro e non oltre il 31 dicembre 2008. Tuttavia, non è stata data attuazione agli interventi ivi previsti.
  La natura dei suddetti rifiuti ad alta attività è tale da non rendere utilizzabile ai fini dello smaltimento definitivo i depositi superficiali o, comunque, prossimi alla superficie. Pertanto, l'opzione di riferimento è il confinamento dei rifiuti in formazioni geologiche profonde, la cui stabilità sia garantita da un'analisi approfondita delle modalità di formazione e della storia, nell'arco di milioni di anni, delle formazioni stesse. Nell'attesa dell'individuazione di una formazione geologica profonda idonea allo smaltimento definitivo, la soluzione prospettata è quella di deposito temporaneo a lunga durata.
  Quanto al deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e all'immagazzinamento a titolo provvisorio di lunga durata dei rifiuti nucleari irraggiati provenienti dalla pregressa gestione degli impianti nucleari, si evidenzia che la procedura, con la relativa tempistica per l'individuazione del sito che ospiterà il deposito nazionale, è già iniziata con la pubblicazione da parte dell'ISPRA, facente funzioni dell'ISIN, della guida tecnica n. 29 in data 3 giugno 2014.
  Per quanto riguarda lo stato degli impianti nucleari e le criticità nella gestione del combustibile nucleare esaurito, gli impianti costruiti nell'ambito del pregresso programma nucleare non sono più in esercizio da molti anni. Sono in atto programmi di disattivazione e gestione dei rifiuti derivanti dalla precedente attività di esercizio, che custodiscono la maggior parte dei rifiuti radioattivi presenti in Italia.
  Gli impianti per i quali sono in atto tali programmi di disattivazione sono gestiti dalla società di Stato SOGIN SpA, costituita dal 1999 per la realizzazione e lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e anche incaricata di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi. Nella relazione troverete l'elenco di tutti gli impianti che sono oggetto di questa particolare attività.
  Le linee politiche di gestione del combustibile nucleare esaurito sono state emanate dal Governo italiano con la direttiva del ministro delle attività produttive del 28 marzo 2006 e con la direttiva del ministro dello sviluppo economico del 10 agosto 2009. Quest'ultima prevede il rientro in Italia dei rifiuti radioattivi derivanti dai contratti di riprocessamento stipulati dall'ENEL dopo il 1977 con società di altri Paesi.
  Con riferimento a quest'ultima direttiva di indirizzi strategici e operativi, la SOGIN SpA avrebbe dovuto procedere e definire le modalità con un accordo di sostituzione e minimizzazione dei rifiuti di media e bassa attività, nonché di quelli ad alta attività derivanti dal riprocessamento del combustibile a uranio naturale, con una minore quantità di rifiuti radiologicamente equivalenti ad alta attività, verificando e prevedendo comunque un numero invariato di contenitori di rifiuti rispetto all'opzione senza sostituzione e/o minimizzazione.
  Passiamo alle esposizioni prolungate a radiazioni ionizzanti. Nel corso degli ultimi anni sono emerse numerose situazioni caratterizzate dalla presenza di esposizione a radiazione ionizzante derivante, per esempio, da contaminazione radioattiva, contaminazione congiunta radioattivo e non radioattivo, pratiche con sorgenti di radiazioni, materiali residui. Le situazioni ora descritte ricadono nell'ambito di applicazione della disposizione dell'articolo 126.
  In tutte le vicende segnalate sono emerse questioni relative sostanzialmente alla totalità del procedimento amministrativo e alla procedura da adottarsi nel singolo caso specifico. La Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della protezione civile, in collaborazione con il Pag. 17Ministero dell'interno, con il Ministero dell'ambiente e con l'ISPRA, Dipartimento nucleare, sta predisponendo una circolare per fornire alle prefetture le indicazioni operative in merito agli interventi da effettuare sulle suddette esposizioni prolungate a radiazioni ionizzanti.

  PRESIDENTE. Signor ministro, la prima relazione non poteva che essere molto ampia, perché vi sono trattati un po’ tutti gli argomenti. In alcuni casi abbiamo già messo in atto dei lavori di approfondimento. Ricordo l'Ilva o l'aggiornamento sul SISTRI.
  Rispetto al tema «Terra dei fuochi» stiamo lavorando parallellamente alla Commissione antimafia, perché, essendo la nostra Commissione partita più tardi dell'antimafia, quest'ultima aveva già fatto un lavoro di approfondimento sul tema. Bisognerà, quindi, raccordarci con loro, perché di fatto ad oggi ce ne dovremmo occupare in gran parte noi.
  Io ho quattro iscritti a parlare. Vi prego di mantenere l'indirizzo che ci siamo dati, ovvero di porre domande il più possibile specifiche, per l'ordine dei nostri lavori.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Ringrazio il ministro anche per la notevole dimensione, obbligatoria, del suo lavoro, in un settore che obiettivamente vede l'Italia con molti deficit, alcuni dei quali sono risultati evidenti a seguito delle sue comunicazioni di oggi. Si tratta, quindi, di un lavoro terribile e, onestamente, molto oneroso da fare da qui al futuro.
  Vorrei porle domande molto precise, anche in ottemperanza a quello che chiedeva giustamente il nostro presidente, relativamente ad alcune questioni da lei sollevate.
  Il primo caso riguarda le bonifiche. Lei ci ha riferito le questioni che avete predisposto in sette mesi, da quando lei è ministro, ossia dal febbraio di quest'anno, per decreti in termini di messa in sicurezza dei siti. Ebbene, vorrei capire se lei può fornirci gli importi presuntivi necessari per mettere in sicurezza questi siti e soprattutto dirci se sono già stati posti a carico ed eventualmente di chi, se di Istituzioni pubbliche, privati cittadini, aziende, oppure di coloro che avevano in proprietà e hanno gestito le aree.
  La prossima domanda riguarda Porto Marghera. Le questioni in merito sono molto estese. Io ho recepito dalle sue informazioni che abbiamo suddiviso praticamente in due le competenze: la parte lagunare di competenza regionale e la parte restante di competenza nazionale. Anche in questo caso vorrei capire da quanto è stata assunta in carico la competenza regionale, con quali costi e a carico di quali voci di bilancio.
  Mi consta che la regione Veneto, per gli importi di cui avevo conoscenza relativamente alle bonifiche, non andasse oltre una decina di milioni di euro a bilancio, peraltro con difficoltà anche a metterli in campo. Poiché la questione è piuttosto complessa, vorrei capire se anche in questo caso abbiamo una panoramica quanto meno dei tempi in relazione alle disponibilità di bilancio esistenti.
  Passiamo all'Ilva. Io conosco piuttosto bene tutta la vicenda. Ci siamo stati con il Subcommissario Ronchi e sappiamo la grande volontà di attivarsi in tutte le questioni che sono poste e che lei ha citato in parte, quali la copertura dei parchi minerari, gli aspetti relativi alle bonifiche e via elencando. Vorrei capire qual è la situazione, posto che la questione mi pare ancora, purtroppo, non in stato molto avanzato di realizzazione, così come invece era stato preordinato nei tempi a suo tempo indicatici. L'anno scorso, in agosto, ricordo che abbiamo provveduto in Aula a emanare una sorta di cronoprogramma cui avrebbe dovuto far riferimento il lavoro del Commissario e del Subcommissario.
  So che alcune questioni non sono andate a buon fine anche per ragioni di ricorsi che ci sono stati, ma vorrei capire il ministero e le informazioni di cui lei è in possesso che tempi di realizzazione indicano per tutte le necessità di questo Pag. 18sito al fine di farlo ridiventare un sito gestibile in modo ordinario da un'impresa come Ilva.
  Un'altra questione riguarda le molte procedure in tema rifiuti. Non accenno a nulla. Le conosciamo bene. Che cosa si sta facendo, come ministero, per creare impianti che siano adeguati al riuso e al riciclo ?
  In merito ci vengono in aiuto due disposizioni comunitarie, che lei certamente conosce, quella dell'8 luglio, su cui stiamo lavorando al Senato, e una ulteriore, un documento appena giunto, di settembre del 2014. Tali disposizioni forniscono indicazioni perentorie sulle modalità con le quali procedere per il recupero della materia prima in questa nuova economia circolare che vuole essere l'impronta che oggi l'Europa ci pone.
  Sulla scorta di questo c’è un forte accreditamento per gli impianti di riuso e riciclo necessari per tutta la filiera del riciclo, mentre c’è una volontà di penalizzazione per tutti gli impianti che hanno a che fare con discariche e con impianti di incenerimento, con una modalità accessoria per gli impianti di termovalorizzazione, ma evitando incentivazioni. C’è, quindi, un indirizzo molto forte, con un'indicazione altrettanto forte al 2020 delle necessità per ciascun Paese.
  Da questo punto di vista il suggerimento che l'Unione europea fornisce è quello di condividere una politica che non sia solo del settore ambiente, ma che sia a tutti funzionale. Si prevede, quindi, che ne abbiano conoscenza il settore dei lavori pubblici, il settore dell'urbanistica e i diversi settori che devono lavorare insieme per questa nuova economia circolare.
  Su questo punto vorrei capire se abbiamo iniziato un lavoro con gli altri ministeri per mettere in campo una politica maggiormente strutturata in funzione di queste indicazioni forti che ci vengono recentissimamente dall'Europa, anche perché noi, che abbiamo il problema delle sanzioni, dovremmo essere uno dei primi Paesi a darci da fare per realizzare questo obiettivo.
  Accenno a un'ultima questione e poi chiudo. Come si intende procedere relativamente al tema, da lei molto correttamente affrontato, dei Consorzi che hanno caratura privata, ma che, pur agendo, in realtà, come privati, sono in assenza di concorrenza di monopolio ? Lei citava il fatto che ci sono fondi accantonati, che sono pagati da chi annualmente versa la tariffa rifiuti. Come si intende procedere ? C’è un'idea, come ministero ?
  Oltre al tema, che lei ha lasciato trasparire e suggerito, di riuscire a individuare una politica maggiormente aperta relativamente al tema del riciclo, il che mi trova completamente d'accordo, quello che mi piacerebbe capire è, invece, come si intenda procedere con questi fondi. Vorrei sapere se lei ha elementi per dirci che pensa di poterli utilizzare per migliorare il sistema, per esempio, degli imballaggi, o se pensa, invece, di iniziare a restituirli a quelle comunità virtuose che hanno le migliori percentuali di riciclo. Sarebbe un segnale molto forte, io credo, per andare a dire che questo Paese comincia davvero a premiare chi merita.
  Svolgo solo un ultimo commento di trenta secondi, o anche meno, su Selex, Finmeccanica e SISTRI. Lei sa che noi abbiamo emanato una mozione molto pesante, sottoscritta da moltissimi senatori, trasversalmente a destra e sinistra. Ciò è significativo della stanchezza su questo meccanismo. Abbiamo ricevuto una risposta pesantissima da Selex e Finmeccanica, che, peraltro, accusano il ministero di non aver ricevuto gli importi relativi al contratto. Lei prima vi accennava dicendo che, naturalmente, verranno pagati, o che sono stati già pagati.
  Al di là di tutto – è chiaro che dovremmo fare un incontro solo sulla questione SISTRI – voglio capire se possiamo procedere così. È vero che noi abbiamo deciso a giugno del 2015, ma abbiamo una scadenza al 31 dicembre 2014, con assenza di penalizzazioni per le imprese. Ci sono dodici mesi di carenza normativa: dobbiamo decidere che fare. Abbiamo deciso di partire a giugno del 2015 con un nuovo Pag. 19appalto. Al 31 dicembre 2014 scade il periodo di mora per le sanzioni per le imprese.
  Noi abbiamo notizia che le imprese non intendono procedere con un sistema lacunoso da tutti i punti di vista. Capisco che la domanda sia molto pesante e provocatoria, ma dobbiamo farcela, perché io credo che per un anno non reggeremmo, se per caso intendessimo procedere sanzionando.

  PAOLA NUGNES. Anch'io ringrazio il ministro per questa lunga relazione di un'ora. Mi dispiace essere leggermente polemica, ma tengo a chiarire una questione: purtroppo, questa relazione lei ce l'avrebbe potuta anche inviare e noi avremmo potuto recuperare molto tempo, perché sono tanti i temi che effettivamente interessano questa Commissione.
  Devo rilevare, purtroppo, che siamo andati anche un po’ fuori tema, perché, se è vero che qui ci occupiamo del ciclo illecito dei rifiuti, come più volte il presidente ci ha richiamato a tener presente, io penso che ci siamo anche un po’ allargati senza andare a fondo di nulla. Mi dispiace. Vorrei tanto essere affabile e non dovermi perdere in queste considerazioni.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Senatrice, visto che mi è costata molto lavoro, ci ho messo il massimo impegno possibile. Chiedo scusa se ho trattato argomenti che non avrei dovuto trattare.

  PAOLA NUGNES. Era un mio suggerimento da neofita, essendo per la prima volta in questa Commissione. A volte, però, i suggerimenti da fuori possono anche essere utili. Se avessimo avuto tutti prima la relazione, avremmo potuto fare un dibattito con lei, che è preziosissimo e che chiaramente non può essere sempre qui presente per noi. Le questioni sono moltissime e, chiaramente, io dovrò stringere molto.
  Noi siamo molto preoccupati. Lei ha fatto un elenco, anche molto esaustivo, di cosa il Governo sta facendo in questi mesi, ma assolutamente non ci è venuto a dire come. Poiché i decreti che sono stati emanati da questo Governo tendono tutti alla liberalizzazione, all'autocertificazione del monitoraggio dei terreni e ai Piani di bonifica, siamo molto preoccupati di come questi interventi vengano fatti e di come verranno fatti, soprattutto in futuro.
  Questo per quanto riguarda le bonifiche. Devo essere velocissima perché, giustamente, tre minuti non li avrò a disposizione.
  Per quanto riguarda, invece, l'Europa che ci sanziona, tengo a sottolineare che le soluzioni del Governo per chiudere quello che lei chiama ancora oggi «ciclo integrato dei rifiuti», sono molto indietro. Come diceva la collega Puppato, ormai si parla di «ciclo chiuso della materia». Non stiamo parlando più di chiudere il ciclo con l'incenerimento, perché le nuove proposte di revisione delle sei direttive sui rifiuti dicono che il recupero energetico sarà vietato, proprio come dizione. Quando si farà incenerimento e ci sarà un recupero energetico, come lo chiamiamo noi, pertanto, non potremo valutarlo come recupero di materia e, quindi, verrà a calare molto anche la nostra cosiddetta valutazione del riciclo. Dobbiamo stare anche molto attenti alle sanzioni future.
  Noi stiamo ancora proponendo vecchissime soluzioni. Siamo nel semestre italiano di presidenza europea, ma stiamo andando contro la filosofia europea del recupero della materia. Questo è un dato grave, perché noi adesso abbiamo un decreto, il rottama Italia, lo sfascia Italia, lo sblocca Italia, che prevede ancora inceneritori nuovi e impianti di incenerimento, quando ancora l'Europa ci dice che dal 2020 ci sarà il divieto di incenerire tutta la materia recuperabile. Sappiamo tutti per certo che la materia è interamente recuperabile, perché quella che non è riciclabile può diventare materia prima e seconda con l'estrusione.
  Di che cosa stiamo parlando, quindi ? Che cosa stiamo costruendo ? Se stiamo costruendo inceneritori per rifiuti speciali è un discorso. Diciamo allora che stiamo Pag. 20costruendo inceneritori per rifiuti. Non ne abbiamo abbastanza e vogliamo sapere quanti ne necessitano ancora.
  Se, invece, stiamo parlando di RSU, sappiamo che tutta la materia è riciclabile. L'articolo 35 prevede ancora impianti strategici nazionali. Noi sappiamo, da Napoli, cosa si intende per «impianto strategico nazionale», con la segretezza e anche con la possibilità di far intervenire l'esercito, con semplificazioni, accelerazioni e deroghe. Costruire ancora in tutta Italia impianti per bruciare i rifiuti significa che noi siamo fuori dall'Europa e che noi avremo continuamente sanzioni dall'Europa, perché noi non vogliamo entrare in Europa. Noi vogliamo essere fuori dall'Europa. Questo per quanto riguarda l'incenerimento.
  Sinceramente, inoltre, mi sarei aspettata di avere qualche notizia per quanto riguarda le bonifiche, o anche le ecoballe. Io posso parlare delle mie situazioni, perché le conosco meglio. Penso a Bagnoli con la Finmeccanica. La Finmeccanica ha inquinato Bagnoli, ma nessuno ci dice che la Finmeccanica pagherà le bonifiche a Bagnoli. Sappiamo per certo che Impregilo ha accatastato quelle ecoballe, ma nessuno ci dice che sarà Impregilo a pagare per lo smaltimento di quelle ecoballe. Noi ci chiediamo perché in Italia non valga il «chi inquina paga».
  Ancora sulle ecoballe c’è il problema della caratterizzazione, della proprietà delle piramidi e della proprietà dei suoli. Sono tutti quesiti irrisolti.
  Mi perdonerà, ma, quando le ho sentito dire che sulla Terra dei fuochi il Governo ha fatto tutto quello che poteva fare, forse è scattato un po’ il mio nervosismo e me ne scuso. Io vorrei essere assolutamente una persona gentile e pacata, ma è difficile, ascoltando certe parole, mantenere la calma.
  Nella Terra dei fuochi non è stato fatto niente, se non una mappatura dei terreni, che già la regione Campania stava facendo. Sono stati presi degli studi che erano nei cassetti e che erano stati fatti dalle università, sono state prese le mappature catastali di quelle che prima erano discariche e che adesso sono, invece, terreni agricoli e sono state sovrapposte, ma non è stato fermato il traffico. Se noi non chiudiamo il rubinetto, è inutile che asciughiamo a terra. Continueremo ad avere il bagno allagato.

  PRESIDENTE. Sono considerazioni tutte legittime. Ritorno a dire che il ministro dell'ambiente non potrebbe che fare un quadro generale delle tematiche, perché non è il capo della procura. È evidente, quindi, che questa, come le audizioni con il ministro delle attività produttive e con il Ministro della giustizia, sarà un'audizione di inquadramento.
  Vi chiedo, dunque, di rimanere il più possibile sulle domande. Ci sono poi altri luoghi, quali le Commissioni, il decreto Sblocca Italia, Camera e Senato, dove ci sarà tutta la possibilità di esprimere le proprie opinioni. Ci mancherebbe.
  Do la parola al senatore Pepe.

  BARTOLOMEO PEPE. Grazie. Rispetto alla Terra dei fuochi finalmente si dichiara che il problema è nazionale, ma pare che sia esclusivamente un problema di organizzazione. Si dimentica, invece, la questione industriale. Ci si vanta della classificazione, dimenticando che il problema è l'acqua irrigua, la falda inquinata, problema correlato agli sversamenti illegali e agli incendi non solo della Campania, ma anche di tutto il Paese. Se la falda è inquinata, come si può essere certi della perimetrazione delle aree a rischio ? Se il problema è alimentare, come si può essere certi rispetto alla sicurezza alimentare e sanitaria degli italiani tutti ?
  Sulla laguna, sulla questione di Porto Marghera, in relazione anche alla visita che dovremo fare a breve, io mi sono studiato la materia e vorrei fare alcune domande. Viste le caratterizzazioni effettuate nella laguna di Venezia da parte dell'ARPAV, da cui si evince una quantità di microinquinanti organici e inorganici di notevole quantità, la domanda è: è stata prevista l'asportazione dei fanghi tossici lagunari e dei canali limitrofi ? In tal caso, dove è previsto lo stoccaggio di questi Pag. 21fanghi tossici, oppure quale tipologia di trattamento è prevista e in quali aziende ?
  Grazie.

  PAOLO ARRIGONI. Visto il tempo limitato, pongo solo una domanda, rinviando magari ad altre nella prossima riunione.
  Sul ciclo integrato dei rifiuti, ministro, lei ha parlato, in ordine ai programmi di realizzazione degli impianti, del rischio concreto di infrazioni da parte della Corte di giustizia europea e di ritardi di questi programmi, o meglio di reiterati ritardi.
  Le chiedo, quindi, se lei intenda assumere dei provvedimenti nei confronti delle amministrazioni inadempienti, che stanno compiendo reiterati ritardi, sulla scorta delle quali possono essere anche individuati dei rilievi in ordine all'omissione di atti di ufficio da parte di amministratori che avevano dei compiti di responsabilità e che sono responsabili della mancata o ritardata soluzione di problemi oggettivi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Un commento tecnico di metodo e una polemica li devo fare: adesso noi siamo qui mentre è in corso la Commissione ambiente sul decreto Sblocca Italia. Sono entrambe due azioni molto importanti. Sarebbe stato giusto non sovrapporle. Il presidente della Commissione non ha consentito, il che mi spiace. Io intervengo e poi vado in Commissione ambiente, ma mi spiace abbandonare questa seduta.
  Io le faccio due domande, di cui una su un fenomeno relativamente nuovo e una su un fenomeno vecchio.
  Anche lei ha accennato al discorso degli impianti a biogas. Noi abbiamo chiesto di inserire tutto il filone dello spandimento di fanghi reflui – chiamiamoli reflui, perché c’è una polemica «rifiuto o non rifiuto» – sui campi e su tutta la filiera agricola. Ci sono investimenti molto importanti nel settore del biogas, investimenti pluri-miliardari. Per quest'anno sono previsti circa 5 miliardi di euro per costruire impianti.
  Si tratta di un filone, a mio parere, su cui bisogna prestare attenzione. Auspico, quindi, che il decreto che verrà emanato nello specifico sulla gestione del digestato sia molto tecnico, perché il digestato è sbilanciato rispetto a un refluo zootecnico. Se è un digestato da rifiuti, ha tutta una serie di particolarità di metalli pesanti.
  Al momento mi risultano diversi illeciti, sia per uno spandimento troppo concentrato in determinate aree, sia perché non vengono dosate le diossine che, dovendo pulire gli impianti con cloruri, sono comunque sempre presenti. Soprattutto per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani si prevederà un trattamento con cloruro nelle tubazioni, altrimenti dopo due o tre anni devono essere sostituite. Sono cose molto semplici, in realtà, ma che, a mio parere, non vengono tenute in adeguata considerazione.
  C’è poi il problema dello spandimento dei reflui di concia delle pelli o di macellazione, che contengono cromati, con altre sostanze che generano illeciti. Sono controlli ben difficili da fare per il problema delle aree molto vaste su cui vengono sparsi questi reflui e anche, a volte, per le carenze di nozioni tecniche.
  Ci sono esperimenti di incenerimento del digestato in provincia di Mantova che sono, a nostro parere, la chiusura non di un circolo virtuoso, ma di un circolo vizioso. Anche questi esperimenti hanno dato, infatti, luogo a diversi illeciti, controlli e sforamenti sia delle emissioni in atmosfera, sia della contaminazione dei terreni. Le sollecitiamo, quindi, un'attenzione su questo decreto ed eventualmente un confronto.
  L'altro tema è quello dell'amianto. Noi in Finanziaria chiederemo interventi di defiscalizzazione per le regioni virtuose che sanno dove mettere l'amianto. Chiederemo, quindi, una defiscalizzazione per la rimozione dell'amianto.
  Ci risultano illeciti importanti per quanto riguarda il trasporto non in condizioni di sicurezza, con il deposito dell'amianto che viene mescolato ad altre sostanze, giusto per intascare un po’ più di denaro. L'amianto viene diluito con una troppo bassa concentrazione.Pag. 22
  Ci sono anche illeciti in campo finanziario. La Commissione ecomafie, secondo me, deve occuparsi anche di questi, anche perché ad oggi per gestire 30 milioni di tonnellate di amianto si prevedono 27 miliardi di euro. Se poi l'amianto viene gestito male o diluito, si saturano le discariche e l'esborso finanziario diventa ancora più elevato.
  In realtà, ci sono ancora molte regioni italiane che non hanno ancora discariche, perlomeno a norma. Questo dà modo all'amianto di fare sempre questo turismo da regione a regione, verso la Germania o verso altre aree, facilitando questi illeciti sia di trasporto, sia di conferimento.
  Ripeto, attenderò le sue risposte.

  RENATA POLVERINI. Molto velocemente, vorrei fare alcune domande rispetto alla procedura di infrazione nei confronti della regione Lazio. Ho ascoltato con attenzione il ministro e, ovviamente, conosco nel dettaglio la questione, anche perché qualche anno fa era in arrivo una procedura di infrazione che fu bloccata da un Piano dei rifiuti messo in campo dalla regione che fu concordato anche con la Commissione.
  Rispetto alle questioni alle quali lei accennava risulta, almeno alla sottoscritta, essere state messe in campo, ormai ben oltre un anno e mezzo fa, alcune misure, in particolare la tritovagliatura dei rifiuti, con un provvedimento che imponeva la messa in funzione degli impianti AMA e degli impianti dell'azienda privata monopolista in questa regione.
  Era stata messa in campo tutta la procedura per arrivare poi alla chiusura di Malagrotta, che è avvenuta, come lei ricordava, a ottobre dello scorso anno.
  Il Patto per Roma ormai è stato sottoscritto diverso tempo fa, con il non fortunato Ministro Clini, il quale aggiungeva ai 120 milioni delle regioni i 30 milioni del ministero. Volevo capire se a lei risulta che in quest'anno e mezzo sia stata fatta qualche altra cosa per evitare che la procedura di infrazione venisse comunque poi erogata all'Italia.
  Passo alla seconda questione, e concludo. Rispetto alle rivelazioni del pentito Schiavone anche il basso Pontino risulta coinvolto nella questione più nota come Terra dei fuochi. Rispetto a questo tema vorrei sapere se c’è qualche elemento di novità in questa parte del Paese.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Visto il compito della Commissione, cercherò di limitare le riflessioni proprio ai temi trattati dal ministro in relazione alle connessioni che possono esserci con le attività illecite.
  Quanto alle bonifiche, parto dalla considerazione che faceva prima la collega Polverini. Con la sentenza di ieri sostanzialmente si è detto che la tritovagliatura non è più sufficiente e che bisogna incentivare, invece, il trattamento di stabilizzazione.
  A prescindere dalla valutazione sull'articolo 35, che sarà oggetto di valutazione della Commissione, qual è l'intendimento o la strategia del ministero in merito per superare le criticità che ci sono in alcune regioni ? Relativamente alle bonifiche, uno dei problemi è quello relativo all'impossibilità dei comuni di intervenire per problemi di spesa. La possibilità di escludere dal Patto di stabilità gli interventi che fanno i comuni, o le province in via sostitutiva, per questi interventi di bonifica – mi riferisco soprattutto alle 46, perché gli Uffici studi della Camera ci hanno detto che sono rimaste 46 discariche da bonificare rispetto alle 5.297 iniziali – è un'ipotesi che il ministero sta prendendo in considerazione e in che termini ?
  La terza riflessione riguarda il SISTRI. È stato detto che viene, da una parte, prorogato, con tutte le perplessità che lei conosce e che oggi ha espresso anche in altre sedi rispetto al contratto con Selex, mentre, dall'altra parte, viene meno la moratoria rispetto alle sanzioni, soprattutto per le piccole imprese. Pertanto, rischiamo di creare tutto un altro mondo di illegalità e di concentrare l'attività di controllo su procedure di carattere amministrativo, distogliendole da attività ben più importanti.Pag. 23
  Ricollego, da ultimo, il tema alla riforma delle polizie, in particolare della polizia ambientale, e alla legge di riordino del sistema dei controlli che è stata approvata dalla Camera e che è ferma al Senato. Le polizie provinciali che si occupano di attività anche di controllo dell'ambiente e il Corpo forestale dello Stato che fine faranno ? Qual è l'intendimento, anche in funzione dell'attività di controllo sul sistema degli illeciti ambientali ?

  STEFANO VIGNAROLI. Purtroppo, il tempo è poco. Non mi ripeto, ma purtroppo devo accennare che l'articolo 35 tutto fa tranne che risolvere le procedure di infrazione per le quali siamo stati messi in sanzione da parte dell'Europa. Parlo di Malagrotta, essendo nato a Malagrotta nello stesso anno in cui è nata Malagrotta.
  Come diceva anche la collega Polverini, il nodo principale, per quanto riguarda la procedura di infrazione, è sicuramente la mancata realizzazione degli impianti di TMB che servono a stabilizzare il rifiuto prima di mandarlo in discarica.
  Rispondendo anche alla collega Polverini, le chiedo: in quest'ultimo anno che cosa è stato fatto ? È stato semplicemente aggiunto un tritovagliatore per quanto riguarda il monopolista in questione e anche AMA si sta muovendo per aggiungere a breve un'altra tritovagliatura.
  Io ho quasi «stalkerato» l'ex ministro. Il 6 agosto dell'anno scorso è uscita una circolare del ministero che ribadiva quello che dice l'Europa, cioè che la tritovagliatura non è un pretrattamento. Mi incuriosisce che le prime mosse siano state queste.
  Un'altra questione che mi incuriosisce è che si parli di incenerimento quando l'Europa parla chiaro e parla prima di prevenzione e di riutilizzo. Al ministero si può anche fare una semplice legge sul vuoto a rendere. La dico per come l'avevamo proposta noi del Movimento 5 Stelle.
  Per quanto riguarda il riciclaggio, sono d'accordo con l'onorevole Puppato, che parlava di impianti di ciclo, i quali sono fondamentali. Se si va con l'esercito, dal momento che l'inceneritore è considerato dal ministero un impianto strategico nazionale, per fare un impianto di riciclaggio bisognerebbe andare con l'esercito più i marziani. Invece, non è stato fatto nulla, perché si tratta di impianti carenti e insufficienti, come è insufficiente il pretrattamento. Andrebbe emanato un bel decreto d'urgenza su questo, non sull'incenerimento.
  Per quanto riguarda il recupero, che è il penultimo passaggio prima della discarica, come dicevamo prima, c’è una comunicazione nuova della Comunità europea, la n. 398, una proposta di direttiva sull'uso efficiente delle risorse, la quale ribadisce che il penultimo step ha come prima priorità il recupero di materia, mentre l'ultimo step ha il recupero energetico. Noi chiediamo che si faccia maggiore attenzione su questo tema.
  In particolare, per quanto riguarda le procedure di infrazione, e quindi anche gli illeciti, visto che c’è una legge, n. 234, che attribuisce il potere a noi parlamentari di interagire con il Governo, durante la strategia e la discussione con l'Europa, su queste procedure di infrazione, noi parlamentari facciamo fatica a ricevere informazioni. Non sappiamo qual è la vostra linea strategica. Facciamo fatica addirittura a sapere, per quanto riguarda le discariche illecite, dove sono localizzate le discariche abusive. Si riesce a sapere che ce ne sono tre in Sicilia – cito numeri approssimativi – ma non si riesce a sapere dove sono.
  Non so se lei, ministro, abbia intenzione di coinvolgerci maggiormente anche per fornire delle soluzioni per risolvere questo problema. Grazie.

  PRESIDENTE. Io ho un paio di domande veloci. Raccoglieremo poi anche dai colleghi altre eventuali domande e gliele faremo pervenire in maniera scritta.
  Parto dal tema del traffico transfrontaliero, perché mi sembra di capire che debba essere uno dei temi che dovremo approfondire. Vorrei capire se esistono accordi formali o informali tra il nostro Pag. 24Paese, i nostri ministeri, e altri Paesi, o direttamente la Commissione, riguardo al tema.
  Sulla questione del SISTRI le chiederei se nell'impostazione futura che vuol dare il Governo sia sempre prevista. Abbiamo vissuto, infatti, in un'ambiguità di fondo, ossia se questo sia il sistema che mira in maniera elettronica a sostituire il modello cartaceo di dichiarazione delle imprese, oppure se sia uno strumento di indagine per prevenire gli ecoreati. È evidente che, da come era impostato all'inizio, se ci sono i Carabinieri che controllano, è un conto. Se si decide che i Carabinieri non controllano più e che controlla qualcun altro, è un altro. Mi interessava un po’ capire questo.
  Sulla questione dei rifiuti radioattivi, anche qui, visto che c’è stata una polemica recente con gli altri Paesi, che ci hanno dichiarato inaffidabili per quanto riguarda il ritiro delle scorie trattate – parlo della Francia in maniera particolare – vorrei capire rispetto a queste relazioni come (sono domande che dovremmo fare anche a SOGIN) ci si intenda comportare.
  L'altra questione è l'anagrafe dei siti contaminati. Le chiedo di farci avere la prossima volta il punto, perché questo non dipende dal ministero. Il ministero fa da collettore, ma ci risulta che non tutte le regioni abbiano espletato, al di là dei SIN, questa situazione.
  Ringrazio il ministro, con cui ci rivedremo. Volevo ricordarvi che con la Commissione ci riuniremo lunedì prossimo, 20 ottobre, a partire dalle 17 – credo che sia arrivato anche il messaggio, oppure vi arriverà – con alcune audizioni che riguardano l'Ilva di Taranto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.