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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 80 di Martedì 24 febbraio 2015

INDICE

Audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano, Nando Dalla Chiesa:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Mattiello Davide (PD)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Gaetti Luigi  ... 13 
Ricchiuti Lucrezia  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Secondo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 11.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano, Nando Dalla Chiesa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Nando Dalla Chiesa, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. L'audizione è dedicata all'illustrazione del secondo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali, redatto dal professor Dalla Chiesa insieme ai ricercatori universitari dell'Osservatorio, nell'ambito di un incarico della Commissione relativo a un'analisi sulle principali dinamiche di azione della criminalità organizzata e della loro evoluzione nel contesto sociale ed economico delle regioni del nord Italia.
  Come si ricorderà, il primo rapporto, dedicato all'infiltrazione mafiosa negli enti locali, è stato illustrato nella seduta del 6 maggio 2014. Il rapporto che si presenta oggi è dedicato soprattutto all'infiltrazione nel mondo dell'economia e della cosiddetta «zona grigia» e sarà allegato al resoconto integrale della seduta odierna.
  Ricordo che, come la volta precedente, l'audizione, nella quale il professor Dalla Chiesa ci illustrerà la seconda parte della ricerca, non andrà in seduta pubblica perché è giusto che i commissari facciano le loro osservazioni. Seguirà, come abbiamo fatto la volta precedente, una presentazione pubblica. Poi decideremo dove, come e quando.
  Prima di passare la parola al professor Dalla Chiesa, che è accompagnato anche questa volta dalla dottoressa Ilaria Meli, che è ormai una nostra conoscenza e che ringraziamo, vi comunico che alle 14.00 ci sarà, nella Sala degli Atti parlamentari del Senato, a Piazza della Minerva, la presentazione della relazione della Direzione nazionale antimafia, con la presenza del Procuratore nazionale antimafia.
  Ricorderete che da sempre la DNA consegna al Parlamento, in particolare alla nostra Commissione, la relazione. Abbiamo poi noi la responsabilità di renderla pubblica, cosa che facciamo con una presentazione alla quale parteciperanno anche tre giornalisti. Seguirà un'audizione del Procuratore, con il quale, oltre la presentazione al pubblico, vogliamo avere un approfondimento, come è avvenuto la volta precedente.
  Chiedendo scusa ai nostri auditi, do lettura della lettera con la quale il dottor Mario Ciancio Sanfilippo risponde alla nostra convocazione.
  «Il sottoscritto, direttore responsabile del quotidiano La Sicilia di Catania, convocato dalla Commissione per un'audizione sul tema del condizionamento esercitato dalla criminalità organizzata sulla libertà di stampa, riveste allo stato la qualità di persona sottoposta alle indagini del procedimento penale presso la procura della Repubblica di Catania per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
  Poiché la Commissione esercita la propria attività istruttoria con i poteri e le limitazioni dell'autorità giudiziaria previsti dal Codice di procedura penale, giusto articolo 1, appare evidente il diritto della Pag. 4persona sottoposta alle indagini di avvalersi della facoltà di non rispondere in pendenza del procedimento a suo carico (articolo 64, comma 2). Pertanto, il sottoscritto dichiara di volersi avvalere di tale facoltà.
  Al fine di favorire il lavoro della Commissione si comunica la disponibilità del vicedirettore del quotidiano a comparire dinanzi a una medesima Commissione per un'audizione sul tema indicato.
  Il sottoscritto manifesta la propria disponibilità a presentarsi alla Commissione dopo l'auspicabile archiviazione del procedimento».
  Valuti il coordinatore del Comitato che ha proposto la convocazione come procedere per la conclusione dei lavori. Questo documento sarà oggetto dell'ufficio di presidenza, ma intanto resta agli atti.
  Do ora la parola al professor Dalla Chiesa, che ringrazio, insieme ai suoi ricercatori, della presenza, della collaborazione e del lavoro.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Ringrazio il presidente e i parlamentari di questa Commissione per la loro disponibilità ad ascoltare la sintesi orale di questo secondo rapporto trimestrale, che ha riguardato un tema diverso rispetto a quello che è stato oggetto del primo.
  Il primo si occupava di valutare la presenza delle organizzazioni mafiose nelle regioni del nord, quindi il grado di insediamento complessivo attraverso la definizione di indici che riguardavano le singole province delle regioni del nord. Questo si occupa, invece, di studiare la presenza delle organizzazioni mafiose nell'economia formalmente legale.
  Abbiamo distinto, infatti, la presenza delle organizzazioni mafiose in quella che viene definita normalmente l'economia legale o lecita e nell'economia illecita, che sarà oggetto di un terzo rapporto che prenderà in considerazione le attività, per definizione illegali, che vengono svolte da queste organizzazioni.
  La struttura del rapporto consiste in una rassegna delle modalità di presenza nei settori in cui è più rilevante l'azione delle organizzazioni mafiose, dal ciclo del cemento fino all'industria del divertimento e al gioco d'azzardo (ovviamente quello che rientra nei canoni della legalità formale) e cerca di svolgere due tipi di funzioni che ci è sembrato utile assicurare alla Commissione.
  La prima è quella di uno studio il più possibile attento ai meccanismi di funzionamento del rapporto tra organizzazioni mafiose ed economia legale. Questo tipo di meccanismi è stato studiato con una particolare domanda di puntualità, per quanto riguarda sia il sistema delle costruzioni e il ciclo del cemento, sia le grandi opere, sia la penetrazione del capitale mafioso dentro aziende di grandi dimensioni.
  Ci è sembrato utile fare questo perché, a nostro avviso, vanno studiati con particolare scrupolo tutti i passaggi che consentono questo tipo di ingressi. L'abbiamo chiamata «anatomia dell'ingresso delle organizzazioni mafiose dentro il sistema legale», cioè come entrano dentro il settore delle costruzioni, nelle grandi imprese, nel settore delle opere pubbliche, che pure sembrano blindate dai protocolli di intesa che vengono firmati dai rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni di categoria.
  In questo senso, il lavoro ha riguardato soprattutto le grandi aziende. Faremo riferimento alla TNT che, essendo un'impresa multinazionale, suscita maggiore interesse al fine di capire come hanno fatto a entrare in un'impresa nata lontano dalle ragioni e dalle regioni dei clan. Ci siamo chiesti, inoltre, come riescono a entrare nei lavori pubblici di spettanza di amministrazioni comunali e a passare dentro una grande opera complessiva come quella di Expo 2015.
  Prendiamo poi in considerazione i meccanismi di ingresso nella sanità, alla quale abbiamo dedicato un capitolo a parte, che ci sembra – almeno per quello che capiamo – abbastanza innovativo per il senso comune, ma abbiamo anche cercato, Pag. 5oltre a garantire lo studio dei meccanismi e l'atteggiamento dello studioso di anatomia, anche di prendere in considerazione, con un approccio un po’ diverso, la varietà dei campi in cui agiscono le organizzazioni mafiose.
  Questa varietà è di straordinario interesse perché indica una tendenza espansiva molto preoccupante da parte di queste organizzazioni, che ormai cercano di presidiare tutte quelle attività che presentino una bassa barriera tecnologica all'ingresso, dall'industria del divertimento, al turismo, allo sport dilettantistico, ma anche alle attività più tradizionali.
  Così come il primo rapporto ha cercato di rovesciare uno stereotipo allora dominante, cioè quello della mafia che arriva nelle grandi capitali dell'economia e cerca di insediare lì il cuore della propria presenza perché investe in borsa e nella finanza i proventi dei traffici illegali, in questo abbiamo rovesciato un altro stereotipo, quello del mafioso che diventa, attraverso il suo arricchimento illecito, un funzionario del capitale mafioso, quindi capitalista, finanziere e professionista di successo.
  Questo era il secondo stereotipo da contrastare. Per questo abbiamo cercato di svolgere una ricognizione il più possibile attenta delle attività svolte dai boss che sono stati imputati nei maggiori processi che hanno riguardato il nord Italia. Questo è interessante perché la teoria dei piccoli comuni ci ha consegnato una mafia diversa da quella che veniva disegnata, non insediata nella borsa, ma lanciata alla conquista dei territori del nord, sia pure a macchia di leopardo e con delle logiche differenti.
  Lo studio delle occupazioni tendenziali dei boss mafiosi, in particolare di quelli di ’ndrangheta, ci consegna una situazione parallela che risponde alla stessa logica, che non è quella di conquistare le posizioni professionali e imprenditoriali di pregio della nostra società, ma di rimanere popolo. La ’ndrangheta è popolo.
  Le attività dei boss della ’ndrangheta che si vedono sono di basso profilo: manovali, piccoli imprenditori, commercianti al dettaglio, che rimangono tali nonostante le risorse che riescono a procurarsi attraverso le attività illecite. Non c’è una promozione di status professionale ottenuta attraverso le attività illecite, bensì una promozione di potere all'interno delle organizzazioni di appartenenza. Sicuramente, c’è un passaggio di grado nelle risorse economiche di cui si dispone, ma queste persone continuano, contrariamente a quello che si pensa, a svolgere le attività più umili e spesso le loro mogli vanno a fare le pulizie all'alba in questo o quell'altro edificio pubblico o privato.
  Questa è una rappresentazione che crediamo importante perché non ci troviamo davanti a un nuovo ceto finanziario. Il ceto finanziario è al servizio di questi interessi, che si rappresentano nella società nelle forme più popolari. Questo spiega, insieme ai piccoli comuni il livello di radicamento, di estensione, di presenza territoriale e sociale dei rappresentanti delle associazioni mafiose. Partirei, quindi, proprio con questo schema. Che mestiere fanno – davvero, non nella nostra rappresentazione – i boss che guidano le organizzazioni mafiose nel nord ?
  Chiederei, dunque, alla dottoressa Meli di proiettare questo schema. Abbiamo preso come esempio i boss più tradizionali perché possono rappresentare dei punti di riferimento importanti. Infatti, troviamo uno Giacomo Zagari, che è stato il primo boss calabrese ad arrivare in Lombardia non per decisione delle autorità pubbliche, che faceva il muratore e operava nell'edilizia; Franco Coco Trovato faceva anche lui il muratore e ha rappresentato una delle massime potenze ’ndranghetiste in Lombardia (peraltro, la sua famiglia le rappresenta ancora).
  Abbiamo, poi, attività commerciali, occasionali, di ambulanti. Forse soltanto nel caso di Joe Adonis abbiamo un'attività che spicca per le sue aperture verso mondi maggiormente facoltosi, con le proprietà di supermercati e di immobiliari. Non dobbiamo, però, trascurare il fatto che Joe Adonis non rappresenta la ’ndrangheta. Stiamo, infatti, parlando di un fenomeno molto particolare, cioè dell'organizzazione Pag. 6egemone nel nord, che è toccata dalle più importanti operazioni degli ultimi anni e che presenta questo dato specifico.
  Possiamo vedere le altre occupazioni. L'elenco è molto lungo, ma per noi è stato importante poter fare questa verifica. Sono piccoli imprenditori edili; serramentista; senza mestiere; pensionato; artigiano; imprenditore edile; studio di consulente fiscale, che è il livello più alto; titolare di piccole società di arredamento; distributori di benzina, che è un'attività tipica questa della storia delle organizzazioni mafiose; commerciante di frutta e verdura e così via.
  Ecco, penso che questa sia un'acquisizione decisiva di questo rapporto perché, insieme alla teoria dei piccoli comuni, ci dà una rappresentazione delle organizzazioni mafiose del nord che è davvero molto diversa da quella che si trova nelle rappresentazioni politiche, anche parlamentari, scientifiche e giornalistiche di anni e anni di dibattito sulla mafia al nord. Riteniamo sia un fatto importante, che ci chiede anche di ragionare soprattutto sull'economia reale. Alla fine, abbiamo detto che abbiamo cercato di mettere l'economia della ’ndrangheta con i piedi per terra. L'economia reale è fatta di una quantità immensa di attività che invece tendiamo a circoscrivere – ripeto – all'insieme delle attività finanziarie, che ci sono, ma non rappresentano l'occupazione quotidiana di queste organizzazioni.
  L'ampiezza e la varietà è tale che è cambiato anche lo stile nel corso del rapporto, per chi lo leggerà con attenzione. Infatti, mentre la prima parte è costruita su un'analisi dall'interno dell'impresa e dell'opera pubblica, la seconda parte è una specie di grande affresco in cui prendiamo in considerazione tutte le attività che è stato possibile rilevare, che sono veramente tante (dal piccolo commercio, al grande centro commerciale, ai ristoranti, ai bar, al turismo, ai lavori di pulizia, agli autotrasporti).
  Per esempio, come forse ricorderete, prima che scoppiasse il caso emiliano avevamo dato degli indici elevati sia a Bologna, sia Modena, sia a Reggio Emilia, magari sorprendendo qualche interlocutore. Questo rapporto ci consente di vedere, invece, come ci sia una via emiliana alla ’ndrangheta che si fonda molto sugli autotrasporti e sulla funzione che hanno avuto nell'attività di ricostruzione successiva al terremoto.
  Vorrei, a questo punto, far vedere quali sono gli aspetti interessanti della presenza nella sanità, che tendenzialmente non viene considerata un'attività ad alta presenza delle organizzazioni mafiose, soprattutto nel nord, ma gli elementi che abbiamo acquisito e che riguardano, in particolare, la regione Lombardia, ci hanno portato – semplifico – a identificare dei raggruppamenti di vantaggi che vengono cercati dalle organizzazioni mafiose e dal sistema sanitario. Non si tratta soltanto di riciclaggio.
  Chiederei alla dottoressa Meli se può farli vedere. Abbiamo dei vantaggi «di opportunità», che sono di natura economica, sociale, politico-elettorale, giudiziaria, culturale e simbolica. Ne indichiamo tanti di gruppi di opportunità perché esiste poi una teoria, con la quale concludiamo questo secondo rapporto, secondo la quale le organizzazioni mafiose non buttano via veramente nulla, ma sanno fare un uso sapiente di tutte le opportunità che si aprono nelle attività in cui entrano.
  Opportunità di natura economica significa forniture, appalti, servizi assicurativi, pulizia, lavanderie, onoranze funebri, macchinari più costosi, interventi immobiliari e quant'altro. La natura economica delle opportunità va indagata. Non si tratta soltanto di avere le forniture o di riciclare i capitali. Si dice che c’è una ragione per cui queste organizzazioni si occupano di sanità ed è che, rappresentando la voce della spesa sanitaria una percentuale variabile tra il 75 e l'85 per cento della spesa regionale, un bottino del genere non possa non interessare le organizzazioni mafiose.
  Tuttavia, è giusto sottolineare anche la presenza di opportunità di tipo sociale, cioè di arricchimento del capitale sociale dei clan. Il rapporto con le professioni Pag. 7mediche, che in tutti gli studi sociologici sono quelle che detengono più prestigio dagli anni Trenta del secolo scorso, è un'opportunità che viene colta perché consente la costruzione di capitale sociale, non economico, che per i clan è di particolare importanza.
  Ugualmente, vi sono le relazioni con le élite che hanno opportunità o hanno bisogno delle cure e dei servizi delle cliniche nelle quali le organizzazioni mafiose hanno delle partecipazioni. C’è un vantaggio di natura politico-elettorale che a chi fa politica non può sfuggire: il medico ha una capacità di influenza di bacini elettorali particolarmente estesi per tante ragioni (rapporti di fiducia personali, maggiore dipendenza psicologica dei pazienti).
  Il controllo del sistema sanitario consente, quindi, anche lo sviluppo di un voto di scambio che il caso pavese ci ha illustrato con molta chiarezza. La sanità serve anche – non soltanto nel caso pavese, anche se lì è particolarmente visibile – a garantire dei benefici di natura politico-elettorale.
  Abbiamo poi benefici di natura giudiziaria. Come abbiamo visto, parliamo di false perizie mediche, ricovero di latitanti, disponibilità di luoghi sicuri per svolgere degli affari al riparo di intercettazioni ambientali. Questi sono tutti i casi concreti che abbiamo potuto cogliere dentro le indagini.
  Abbiamo, infine, le opportunità di natura culturale e simbolica. Storicamente, il mafioso cerca di presentarsi come un benefattore, da cosa nostra ai cartelli di Medellin. Quindi, il fatto di avere dotato la società di strutture sanitarie e di accoglienza consente di acquisire benemerenze sociali e di contare su una maggiore legittimazione. Non va trascurato il fatto che la mafia, per quanto orientata al profitto, non sia rivolta soltanto a esso, ma all'ottenimento di vari gruppi di benefici che sono tra di loro collegati.
  Nella parte finale vi farò vedere uno schema che abbiamo approntato proprio per far vedere che ci troviamo davanti a un'organizzazione che, proprio per questo, opera in termini sistemici. Non si accontenta del profitto, ma cerca di trarre tutti i vantaggi possibili da ogni opportunità.
  Allora, se mettiamo l'estensione e i piccoli comuni, i mestieri umili e tutti i vantaggi possibili che possono essere ottenuti da determinate attività, cogliamo la forza espansiva del fenomeno sul piano territoriale e sociale, non soltanto su quello della conquista di un pacchetto di azioni o della capacità di muoversi nei circuiti finanziari internazionali. Per contro, quello che condiziona di più il sistema sociale è questo tipo di presenza.
  È interessante vedere i singoli meccanismi. Chiederei, quindi, alla dottoressa Meli di prendere il caso TNT, in cui abbiamo cercato di isolare le fasi della scalata alla multinazionale per capire come fanno a entrarci e a conquistarla, con l'aiuto di chi e di quali fattori possono beneficiare.
  Innanzitutto, abbiamo una fase di compartecipazione. Abbiamo considerato il caso TNT, il caso Perego e quello Blue Call, quindi di una società di trasporti, di una di costruzioni e di un call center, tutte organizzazioni di grande rilievo, anche quella di costruzioni, che è verosimilmente una delle maggiori del nord.
  Nel caso della TNT, cioè della multinazionale olandese, l'infiltrazione avviene attraverso la presenza di numerosi padroncini che ottengono in subappalto i lavori della società multinazionale. Questi padroncini creano alla società multinazionale dei problemi – questo si è rilevato anche nei cantieri – di disciplina e di rivendicazioni. Per questo, l'idea di TNT è di contrastare le richieste e i disordini dei padroncini, che sono legati alla famiglia Flachi, invocando l'aiuto di altri padroncini, in realtà di un'altra organizzazione mafiosa legata all’ ’ndranghetista Giuseppe Romeo.
  Come probabilmente i membri dalla Commissione sanno, questo metodo di sostituzione della ’ndrangheta con la ’ndrangheta, che provoca una presenza totale della ’ndrangheta nella TNT lombarda, è invenzione di un ex colonnello dei Carabinieri, il quale si trova avere affidato questo ruolo proprio per la sua passata Pag. 8professione dalla società olandese, che lo vede come un garante di sicurezza in un mondo che presenta dei margini di insicurezza e di incertezza anche della qualità delle persone che vi operano.
  Quindi, il tenente colonnello si fa forte del suo passato nell'Arma per presentarsi come garante di correttezza interna e di ordine interno a questo mondo, ma in realtà è lui che escogita la sostituzione di un braccio della ’ndrangheta con un altro della stessa natura che, però, appare più potente. Il risultato è che i due bracci della ’ndrangheta alla fine si mettono d'accordo ed entrano entrambi dentro la TNT, svuotandola di fatto e trasformando una delle maggiori multinazionali europee dei trasporti in una loro proprietà.
  Questo è interessante perché fa vedere degli elementi sia di contesto sia di struttura. Gli elementi di contesto che sono, appunto, la presenza di una particolare zona grigia, rappresentata da una professione insospettabile e dai suoi collegamenti insospettabili. Vi sono, quindi, meccanismi di presenza che sono non solo gli stessi in tutti i casi che abbiamo preso in considerazione, ma tutte le imprese importanti in cui entra la ’ndrangheta a un certo punto chiedono l'arrivo della ’ndrangheta stessa. Non c’è mai un'imposizione dall'esterno, bensì c’è una richiesta di servizi, che può essere di protezione, di ordine o di recupero crediti.
  È importante comprendere questo aspetto perché molto spesso si pensa che ci sia un ingresso soltanto attraverso l'usura, un'imposizione o sfruttando una condizione di vittima potenziale e designata dell'imprenditore. Invece, in realtà, l'infiltrazione iniziale è pacifica e avviene su domanda delle imprese interessate. Si chiede il supporto e il servizio della mafia. Di conseguenza, studiare questi casi, che mostrano quali sono i meccanismi concreti e i contesti generali in cui si realizza questo tipo di penetrazione, diventa molto utile perché, anche in questo caso, si sfatano alcune convinzioni che, comunque, in questi casi importanti non sembrano valere.
  Infatti, ci si domanda come fanno a entrare in una grande impresa e perché una grande impresa deve avere paura della ’ndrangheta. In realtà, non ha paura, ma la chiama. È un ingresso – ripeto – di tipo pacifico.
  Sempre puntando all'analisi dei meccanismi, considererei anche il meccanismo che prevale nei comuni nei quali intervengono. Infatti, si può pensare che, moltiplicandosi i protocolli di intesa volti a impedire l'ingresso delle organizzazioni mafiose nei lavori pubblici, la loro entrata sia sempre più difficile. Abbiamo studiato alcuni casi di presenza in lavori pubblici di spettanza di amministrazioni comunali, in cui abbiamo una conoscenza nell'amministrazione comunale, quindi la corruzione diventa il ponte levatoio che consente di entrare dentro l'amministrazione pubblica.
  Abbiamo subappalti in nero; conoscenze contemporaneamente nell'amministrazione comunale e negli uffici del comune, i famosi uffici tecnici; affidamenti diretti e relazioni con società che gestiscono appalti comunali, quindi anche l'esternalizzazione fittizia di appalti comunali garantisce, di fatto, una intromissione delle organizzazioni mafiose negli appalti pubblici.
  Anche in altri casi, come nella sentenza «Minotauro» o nell'operazione «Teseo», abbiamo conoscenze nelle amministrazioni comunali. Questo spiega perché nonostante le molte attenzioni che sul piano formale e anche dell'ingegneria normativa si cerca di contrapporre alla pressione dei clan molte volte non abbiano successo. In realtà, l'elemento della corruzione diventa importante visto che spiega perché in tante occasioni la vera forza della mafia – questa è una convinzione che ho cercato di proporre in tante sedi – sta fuori dalla mafia. Infatti, il rapporto è con elementi non mafiosi delle amministrazioni comunali.
  È interessante anche vedere con quali modalità e meccanismi concreti le organizzazioni mafiose sono riuscite a entrare nei lavori di Expo. Mi sembra particolarmente interessante sottolinearlo perché i Pag. 9lavori di Expo sono stati accompagnati da una grande attenzione a evitare l'ingresso delle organizzazioni mafiose, con riflettori che sono stati puntati dalla stampa per anni su quei lavori, la nascita di una commissione consiliare e di un comitato antimafia di esperti da parte del sindaco, un prefetto che ha svolto attività di controllo con decine e decine di interdittive nei confronti di imprese in odore di mafia.
  Insomma, non si può dire che ci sia stata una disattenzione del sistema nei confronti del fenomeno mafioso. Eppure, stiamo rilevando ancora oggi, alla vigilia di Expo, delle presenze che abbiamo segnalato nella relazione dell'ultimo comitato antimafia del sindaco Pisapia che chiedono di proporre alla Commissione parlamentare questi meccanismi che abbiamo cercato di isolare in questo modo.
  Come abbiamo detto, entrano in punto di fatto, non di diritto, quindi non perché ricevono degli appalti o dei subappalti. È particolarmente interessante vedere questi meccanismi. Innanzitutto, i controlli che vengono annunciati e che sembrano tutelare pienamente lo svolgimento di quei lavori a volte non sono realizzati o non lo sono per molto tempo.
  Per esempio, c’è stata un'estrema episodicità dei controlli interforze per tutta la fase degli sbancamenti, quella in cui c’è stato il movimento terra, che è verosimilmente quella della più forte presenza e attività di imprese di natura mafiosa. Ecco, la fase degli sbancamenti ha visto una presenza bassissima dei controlli interforze (solo tre controlli nei primi sei mesi).
  Vi è stata, poi, una prolungata inesistenza dei controlli elettronici agli ingressi, che erano stati annunciati dalle autorità, ma che per due anni non hanno funzionato. Ciò vuol dire che per due anni i camion sono entrati e sono usciti senza essere rilevati, con un uso parziale dei famosi GPS per seguire i percorsi fino ai luoghi di consegna del materiale. Anche in questo caso, soltanto una parte dei camion e solo da un certo punto in poi è stata seguita attraverso il sistema GPS.
  Abbiamo identificato un'inefficacia dei controlli effettuati, cioè carenza di controlli notturni o sulle imprese operanti sul terreno. Anche le modalità di svolgimento dei controlli ARPA sono stati deficitari. Non ci sono state verifiche sulle cave di conferimento dei rifiuti tossici, un paio delle quali sono particolarmente a rischio. C’è un'infedeltà dei controlli praticati. Ci sono, cioè, indicazioni discrezionali del peso dei materiali in ingresso e in uscita perché le pese erano inattive o inaccessibili, quindi quanto entrasse e uscisse non era misurato da nessuno strumento di rilevazione attendibile, così come c'era una valutazione a occhio della qualità del materiale trasportato dentro e fuori dai cantieri. Come sappiamo e come è dimostrato anche dal caso Perego, spesso la terra che sta sopra il carico che viene trasportato nasconde altro.
  Vi è stata, per giunta, un'insofferenza delle strutture Expo rispetto ai controlli, con il diniego anche nei riguardi del comitato Pisapia e delle richieste dei settimanali di cantiere. Questo è stato inserito nell'ambito dell'ostruzionismo burocratico, con la difficoltà per gli stessi consiglieri comunali di entrare, lo scoraggiamento delle visite della polizia locale, le domande di sbrigafaccende per le emergenze operative.
  Questo è il quadro complessivo che sta sotto un atteggiamento di grande attenzione da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni. Indubbiamente, vi è stato un grande livello di attenzione sotto il quale, in punto di fatto, nei cantieri si verificano queste cose. Torniamo sempre sulla realtà: quali mestieri fanno, dove comandano, come fanno, quali sono i meccanismi veri.
  Ecco, i meccanismi veri sono stati questi. Rispetto al modo in cui sono entrati, faccio soltanto due esempi che sono stati rilevati ultimamente. Fatti dei controlli di notte (proprio perché abbiamo imparato che bisogna controllare di notte), si è presentata sui lavori che venivano svolti un'impresa che risultava regolarmente titolare di un subappalto; gli operai avevano la targhetta dell'impresa regolarmente titolare Pag. 10del subappalto sulle loro tute, ma quegli operai non erano dipendenti dell'impresa regolarmente vincitrice del subappalto. Appartenevano, invece, a un'impresa che aveva nel suo consiglio di amministrazione dei pregiudicati che provenivano dai luoghi classici di provenienza delle imprese di ’ndrangheta. Come avevano fatto a essere presenti ? Ecco, questo è significativo. Avevano subaffittato il ramo d'azienda, ma questo subaffitto non era stato comunicato, quindi operavano a nome dell'azienda, ma non erano l'azienda.
  Un altro caso più recente ha dimostrato, invece, che l'azienda è stata acquistata dopo aver vinto l'appalto, ma naturalmente ha mantenuto la sua ragione sociale, anche se dentro c'era l'impresa di mafia.
  Per questo, l'orientamento a vedere nei fatti che cosa accade ci sembra più importante. In questo rapporto diciamo che c’è una realtà terrena che è fatta dai mestieri, dall'economia, dai modus operandi delle organizzazioni mafiose. Lo stesso vale per la zona grigia. A questo proposito, vi presenterei uno schema classico della corruzione perché «zona grigia» è un'espressione che viene impiegata per indicare un'area della società in cui professioni e ruoli contribuiscono al successo delle strategie delle organizzazioni mafiose in modo inconsapevole o esterno, cioè danno un proprio contributo senza far parte di questa logica.
  Alla Commissione vogliamo proporre l'idea che la zona grigia non venga confusa con la criminalità dei colletti bianchi, che ha una sua soggettività. Non è la zona grigia che inconsapevolmente collabora con le proprie professioni e con le proprie attività. Questo sta venendo fuori in modo sempre più chiaro. Esiste una criminalità organizzata dei colletti bianchi, che ha la sua zona grigia e conta su di essa e che fa sistema con le organizzazioni mafiose. Questa ci sembra l'acquisizione più importante delle ultime inchieste sulla Brianza, ma alcuni magistrati hanno trovato fenomeni simili anche in regioni del sud Italia.
  Allora, provo a rappresentare lo schema classico della corruzione: l'imprenditore o il professionista privato paga l'esponente politico o il funzionario pubblico, cioè dà soldi contro decisioni pubbliche, soldi che possono essere riportati dall'esponente politico o dal funzionario pubblico al partito politico. Questo è lo schema di Tangentopoli, che ha delle logiche di sistema perché non è soltanto un partito che prende i soldi, ma sono più partiti che partecipano a una coalizione di governo. Tuttavia, lo schema è utilità private contro decisioni pubbliche.
  In questo senso, è più difficile parlare di una criminalità organizzata dei colletti bianchi perché sono due tipi di comportamenti. C’è il corruttore e il corrotto, che sono due mondi che si parlano, ma sono abbastanza separati concettualmente.
  Che cosa si sta costruendo, invece, e perché, a questo punto, dobbiamo fare attenzione a parlare di zona grigia inconsapevole che aiuta con i suoi comportamenti condiscendenti e collusivi ? Si sta costruendo uno schema di corruzione differente, che vi mostrerei. Questo nuovo schema è tutto pubblico, a dominanza pubblica, con un baricentro pubblico. Non è l'imprenditore o il professionista privato che compra le decisioni pubbliche, ma il soggetto pubblico si inventa un'impresa privata, nella quale inserisce la moglie o il fratello, l'imprenditore o l'architetto amico e presenta una società che è – ripeto – formalmente privata, magari con un'origine di natura politica (nel senso che si lega a un partito politico), e che viene fatta concorrere a dei bandi pubblici, a decisioni pubbliche.
  A questo punto, non vengono dati più soldi per ottenere le decisioni pubbliche, ma altre risorse pubbliche. Colui che compra la decisione pubblica, vestendo i panni del privato, in realtà è in grado di promettere risorse pubbliche, consulenze pubbliche, posti nelle municipalizzate, promozioni negli ospedali. In sostanza, vende – perché lo può fare – delle risorse pubbliche. Vince dei bandi e degli appalti, Pag. 11quindi risorse pubbliche, offrendo in cambio delle risorse che può offrire soltanto colui che le controlla.
  Il meccanismo che è stato studiato nella Brianza è quasi sovversivo perché vengono interessati da questo tipo di scambio una pluralità infinita di comuni che hanno anche guide politiche diverse e in cui è possibile vedere come la promessa di diventare assessore possa soddisfare colui a cui è chiesto di rilasciare un'autorizzazione pubblica oppure di prendere una decisione che benefici una falsa impresa privata.
  C’è una frase particolarmente rivelatrice nella vicenda Expo di uno dei massimi esponenti della società che, richiesto di aiutare negli appalti rappresentanti dei partiti e imprenditori privati (che non scompaiono, ma fanno parte di un sistema che li ingloba), prima resiste e poi non dice «Voglio 100 mila euro», ma dice testualmente: «Io farò tutto quello che volete, ma voi dovete farmi fare carriera». Ecco, a un imprenditore non si chiede di fare carriera, ma lo si chiede a chi rappresenta un sistema ed è in grado di muovere altri attori per garantire la carriera desiderata da quella persona. Questo è il nuovo livello della corruzione. È per questo che parliamo di una criminalità organizzata dei colletti bianchi.
  Ora, vorremmo sottoporre alla Commissione la seguente valutazione. Se questo sistema ha costruito la sua compattezza interna e non si divide più in due, nel momento in cui un pezzo di questo sistema dovesse chiedere voti a un'organizzazione mafiosa – come è accaduto – l'organizzazione mafiosa entra nel sistema e diventa parte di questa logica.
  In questo schema, l'organizzazione mafiosa è sussidiaria, ma se le viene richiesto di entrare – come in TNT o nelle grandi imprese – entra nel sistema. Ecco, questa ci sembra la novità da rappresentare perché stiamo parlando di economia legale e di attività formalmente legali che vengono svolte da queste organizzazioni.
  Chiuderei con un rilievo. Prima di tutto, la presenza dei mafiosi veri dentro le imprese – questo è un altro luogo comune – non ci presenta dei manager; rimangono dei criminali e si vede benissimo nei comportamenti che vengono tenuti. Queste imprese falliscono quando vanno nelle loro mani. Non hanno competenze da manager; non sono quelli con le ventiquattro ore che parlano inglese e mandano i figli a Oxford e a Boston. Sono dei criminali che, in modo molto rozzo, cercano di impossessarsi dell'organizzazione e delle imprese in cui entrano utilizzando i loro metodi. Infatti, è economia formalmente legale, ma con l'adozione di metodi illegali, che rimangono la strada competitiva per eccellenza nei momenti del bisogno.
  Ci sono delle forme differenti di penetrazione. È interessante vedere anche come stanno entrando nel turismo. Ci sono, infatti, modalità diverse a seconda della qualità del turismo che viene interessato. Il turismo di élite viene penetrato con i capitali illeciti, con il riciclaggio; quello balneare con le bombe, con l'intimidazione, con gli incendi; quello dei bed and breakfast, che è invisibile, con l'acquisto sottobosco di appartamenti e la strutturazione di reti di accoglienza che sfuggono alle rilevazioni ufficiali. Queste sono tre modalità interessanti e diverse, calibrate in relazione alle caratteristiche del settore turistico nel quale bisogna entrare.
  Propongo un ultimo schema. Quelle in bianco sono le attività che tradizionalmente attribuiamo ormai alle organizzazioni mafiose, facendo però attenzione perché su hotel e turismo, commercio all'ingrosso e sul gioco d'azzardo c’è una pressione molto più forte di prima. Questo dovrebbe suggerire anche una maggiore prudenza nel rilascio delle licenze per le sale giochi (mi riferisco al gioco d'azzardo legale). Insomma, su gioco d'azzardo, commercio all'ingrosso e turismo c’è una pressione molto più forte di una volta, anche se non sono settori nuovi. Invece, settori in cui c’è una pressione particolarmente rilevante e che sono nuovi per il nord sono lo smaltimento rifiuti, la sanità pubblica, lo sport, anche dilettantistico, per tutte le ragioni che abbiamo cercato di indicare nella parte finale del rapporto.Pag. 12
  È interessante vedere, infine, quali sono i vantaggi che si possono aspettare. Abbiamo provato a interrogare alcuni dei singoli settori per capire quali vantaggi si attendono. Dove ci sono due «X», vuol dire che il vantaggio è consistente; dove ce n’è una significa che c’è un vantaggio; dove non ce ne sono riteniamo che non ci siano vantaggi rilevanti.
  Come si può vedere, per esempio, il settore delle pulizie non è un settore da riciclaggio, che è molto richiesto. Il tentativo di entrarci è continuo soprattutto nelle strutture pubbliche; dà profitti, controllo del territorio, relazioni di consenso, ma, come potete vedere, soprattutto informazioni. L'ingresso nelle pulizie serve a dare informazioni dall'interno sulle aree, sui settori, sugli edifici e sugli uffici ai quali si assicura questo servizio, che verosimilmente viene svolto in orari in cui non c’è nessuno dentro che controlla il tipo di attività che viene svolta.
  Possiamo prendere il settore delle costruzioni e vedere che abbiamo i maggiori vantaggi, così come nei lavori pubblici, ma con delle gradazioni che penso i commissari possano apprezzare e di cui possano cogliere le ragioni. Per esempio, nella ristorazione e nel turismo, come si è visto anche nel primo rapporto, ci sono ragioni di riciclaggio e di profitto, ma c’è anche una ragione di controllo del territorio. Facciamo vedere come i luoghi in cui si prendono decisioni siano i bar e i ristoranti. C’è una costruzione di consenso e la possibilità di ottenere informazioni attraverso la gestione di queste attività.
  Abbiamo preso un vecchio detto contadino, «del maiale non si butta via niente». Ecco, la mafia non butta via niente delle attività in cui entra; ne sfrutta tutte le potenzialità. Questa sua natura sistemica è quella che la fa temere di più, perché se puntasse soltanto a ottenere profitti dalle sue attività, non sarebbe così pericolosa. Il fatto è che sa cogliere tutti i vantaggi relazionali, informativi, giudiziari, politici, militari, di consenso che possono venire dalle occupazioni che sviluppa e dai settori in cui entra. Abbiamo visto questo in particolare con il sistema sanitario.
  Presidente, mi fermerei qui. È una rappresentazione molto sintetica. I commissari potranno vedere gli esempi concreti da cui siamo partiti per arrivare a queste conclusioni.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. È stata un'esposizione sintetica, ma esauriente. È vero che il rapporto contiene molte altre notizie, ma credo che l'esposizione sia stata quanto mai importante. Possiamo leggere il rapporto perché verrà allegato al verbale della Commissione, quindi è a disposizione di tutti i commissari. Anche la guida all'esposizione del professor Dalla Chiesa risulta quanto mai importante, avendola io letta prima per l'approfondimento di alcuni aspetti.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE MATTIELLO. Vorrei porre due domande e sollecitazioni. Una è molto concreta e un'altra, invece, di carattere più generale. Riguardo a quella molto concreta, mi ha colpito il riferimento al caso TNT e al ruolo giocato dal colonnello dei Carabinieri.
  Chiedo al professor Dalla Chiesa se questo schema si ravvisa in altre situazioni analoghe. Approfitto, poi, per rilanciare al presidente la vicenda Matacena. Infatti, credo – adesso non approfondisco per non farla lunga – che questo tipo di schema per cui le grandi organizzazioni aziendali cercano l'uomo di fiducia al quale affidare la soluzione preventiva di possibili conflitti con organizzazioni criminali possa interessare anche la vicenda Matacena. Rispetto a questo, ritengo che per noi sia ancora opportuno sentire i protagonisti di quella vicenda, in particolare quel Costantini che credo abbia cose interessanti da raccontarci.
  La seconda questione è di carattere più generale. Mi ha impressionato la sottolineatura sulla criminalità dei colletti bianchi, che ha una sua propria specificità, con tutto ciò che deriva da questa considerazione. Ecco, mi chiedo se nella vostra riflessione, a partire da questa specificità Pag. 13della criminalità dei colletti bianchi, emergano dei consigli rispetto al 416-bis, cioè se sia opportuno intervenire su quella fattispecie (penso anche al dibattito che si è aperto su «mafia capitale», con annessi e connessi) e sulla normativa legata allo scioglimento dei comuni.
  Se la criminalità dei colletti bianchi ha un suo proprio specifico per cui può anche entrare in contatto con la criminalità mafiosa, come statisticamente accade, da dentro a fuori rispetto alla macchina pubblica, al punto da avere la capacità di costruire soggetti privati con i quali interloquire (mentre lei parlava mi venivano in mente casi di cronaca nei quali questo schema pare piuttosto confermato), è opportuno, alla luce di tutto questo, chiamare mafia questi comportamenti al punto da correggere almeno in parte quelle normativa ?

  PRESIDENTE. La conferma della sentenza «Minotauro» di oggi in Cassazione dimostra che il 416-bis funziona, se lo si vuole applicare.

  LUIGI GAETTI. Come ho apprezzato l'altra pubblicazione, credo che apprezzerò ancor più questa perché vedo che con l'approfondimento si riescono a trarre informazioni diverse e per sfatare luoghi comuni che pensavo, invece, di aver demolito in maniera molto circostanziata.
  Vorrei suggerire quello che è un mio pallino. Ieri ero a Bruxelles a parlare di agricoltura. Ecco, mi stanno dicendo che ci sono delle grandi infiltrazioni mafiose in agricoltura, ma credo che se ne parli troppo poco. Mi spiegavano che c’è l'acquisto di terreni immensi, probabilmente con lo stesso meccanismo, e di società agroalimentari in grossa difficoltà economica, quindi entrano con capitali e prestanome.
  Spero, pertanto, che nel quarto rapporto (visto che il terzo lo ha già impostato) ci sia anche qualcosa di dedicato al mondo dell'agricoltura e soprattutto dell'agroindustriale.

  LUCREZIA RICCHIUTI. C’è un dato significativo in questa tabella che riguarda la sanità perché ha le due «X», quindi vantaggi, in tutti i settori. Ora, siccome giustamente, come diceva lei, della sanità si occupano le regioni con budget – pensiamo solo quello della Lombardia – più che significativi, non mi meraviglia il fatto che la criminalità organizzata abbia interesse a inserirsi in questo settore. Vorrei, però, chiederle che tipo di controlli ci sono.
  Per quel poco che conosco l'azienda ospedaliera della Brianza, c’è una dirigente che è stata rinviata a giudizio per ben due volte, ma l'azienda l'ha premiata passandola di grado, anziché metterla in disparte. Ecco, credo che sia interessante verificare che tipo di controlli esercita la regione rispetto a questo settore e soprattutto se ci sono controlli. Infatti, la mia impressione è che ce ne siano ben pochi, quindi le chiedo se non sarebbe il caso di approfondire – lo dico anche alla presidente e agli altri membri alla Commissione – per capire, appunto, se e che tipo di controlli ci siano.
  Sugli appalti, mi capita tutti i giorni di incontrare persone e di vedere appalti rispetto ai quali si capisce da un chilometro che la regione – parlo della Lombardia – ha un controllo nullo o comunque scarso. Magari, poi, scopriamo che non ci sarà niente da controllare, ma credo che potrebbe essere interessante capire come ci si organizza rispetto al fatto che la sanità – lo stesso vale anche per altri settori – ha tutte le caselle piene. Ecco, credo che questo sia uno degli argomenti che dobbiamo affrontare. Peraltro, le regioni gestiscono in autonomia il budget sanitario, quindi sarebbe utile avere una mappatura di come vengono fatti i controlli.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al professor Dalla Chiesa per una breve replica, vorrei interloquire con la senatrice Ricchiuti sulla sanità. Qualche mese fa abbiamo dato incarico all'Agenzia dei servizi sanitari regionali di estrapolare dagli atti delle ASL commissariate – questo Pag. 14riguarda prevalentemente il sud – alcuni indicatori per fare un'inchiesta a tappeto sulla sanità.
  Ora, questa ricerca del professor Dalla Chiesa, ci offre ulteriori elementi, non solo come questa tabella, ma tutto quello che è contenuto e che riguarda nello specifico un'azienda del nord perché mi pare che su Pavia ci sia una concentrazione particolarmente attenta.
  Dal commissariamento emergono le criticità (accreditamenti, acquisto di beni e servizi, personale). Una volta individuati gli indicatori critici, non dico a tappeto, ma a campione, possiamo richiedere gli atti delle singole ASL su quei singoli punti, verificare come stanno procedendo le cose e promuovere una modifica della legislazione.
  Infatti, da una parte è chiaro che c’è di mezzo, come in questo caso, anche il coinvolgimento delle singole persone, della politica o quant'altro, ma probabilmente c’è anche un impianto generale che consente particolari fragilità che vanno individuate e segnalate. Quindi, sulla sanità la luce è già accesa. Siamo partiti dalle ASL commissariate perché ci sono dei dati evidenti. Oltretutto, ci sono già lavori fatti. Anzi, se interessano, li abbiamo a disposizione.
  Do ora la parola al professor Dalla Chiesa.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Rispondo sul caso TNT. Anche nel caso Blue Call, grande impresa di call center, l'ingresso è richiesto per dare protezione all'impresa e funziona il metodo del «chiodo scaccia chiodo», cioè si cerca il mafioso più forte, quello più vicino o quello che possa dare più affidamento per scalzarne un altro.
  Anche nella Perego c’è questo perché si comincia con un filone di criminalità organizzata che entra dentro portando dei soldi e poi ci si cerca di difendere dall'invasività di questo attingendo a un altro filone di criminalità organizzata. L'esito è che la Perego chiude e fallisce. Nel frattempo, ha cambiato natura ed è diventata una vera e propria impresa mafiosa, dove viene vietato l'esercizio dei diritti sindacali, gli operai vedono portare sotto la terra messa in superficie ogni genere di rifiuti sui loro camion e vengono esercitati ruoli di direzione da persone che non appartengono ai dipendenti dell'organizzazione. A ogni modo, la logica di ricercare prima la mafia e poi il mafioso più potente per liberarsi del mafioso a cui ci si è rivolti inizialmente è un meccanismo sicuramente interessante.
  Sul 416-bis deve decidere il Parlamento. Credo che finché non c’è l'esercizio della violenza non sia configurabile la nozione di mafia, quindi si tratta di espandere concettualmente l'area di intervento dell'articolo. Tuttavia, non mi sentirei di dire che davanti alla criminalità organizzata dei colletti bianchi siamo davanti a un'altra mafia. Quello che possiamo dire – mi presta il destro la presidente...

  PRESIDENTE. Cosa intendiamo per metodo violento ?

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. L'esercizio della violenza fisica.

  PRESIDENTE. Solo quella ?

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Sì, questo contraddistingue l'organizzazione mafiosa. Concettualmente, l'esercizio della violenza è un elemento imprescindibile dell'organizzazione mafiosa.

  PRESIDENTE. Proprio quella fisica ?

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Sì, come ultima risorsa. Può non piacere moralmente, ma è così. Questo non vuol dire che non ci siano forme di criminalità organizzata che hanno un grado di cinismo e di violenza morale che è paragonabile Pag. 15a quello dell'organizzazione mafiosa. Tuttavia, credo che sia bene tenerle distinte. In questo caso, proprio il riferimento a Pavia dà la possibilità di stabilire questa specie di attrazione che si realizza.
  Per la sanità non parlerei di una criminalità organizzata, che è un'espressione molto forte semanticamente, quindi la si può concepire per alcune aree. Diciamo che c’è un'illegalità strutturata, che diventa criminalità organizzata di colletti bianchi in alcune aree della sanità. Non per nulla, è dove si verifica criminalità organizzata dei colletti bianchi che le vulnerabilità strutturali del sistema consentono alle organizzazioni mafiose vere e proprie di entrare e di prendere in mano il sistema sanitario. Pavia è davvero indicativa di questo e soprattutto del meccanismo che porta a mettere la Direzione generale dell'ASL di Pavia nelle mani di una persona che sarà poi arrestata per 416-bis.
  Come diceva la senatrice Ricchiuti, non ci sono forme di controllo perché anche persone che dovrebbero esserlo non vengono allontanate. Qui, infatti, ci sono persone che sono filmate dei Carabinieri mentre intrattengono rapporti con esponenti della ’ndrangheta, dopo «Crimine infinito», e che comunque vengono mandate ad assumersi delle responsabilità di rilievo, cioè la direzione generale dell'ASL, proprio nei cantieri dell'Expo, cioè dell'ASL 1.
  Il concetto che intendevo esprimere prima è che lo scambio si manifesta proprio in questi episodi. Una criminalità organizzata dei colletti bianchi apre, per interessi propri, anche di scambio elettorale, a una criminalità organizzata di stampo mafioso, per cui questa entra a far parte del sistema.
  Da qui il bubbone Pavia, dove riparano i latitanti o che fa le false perizie mediche per il capo dell'ala militare dei casalesi. Questo accade perché si è verificato questo incrocio tra l'illegalità strutturata che diventa criminalità organizzata dei colletti bianchi, che ha delle sue vulnerabilità strutturali in cui entrano le organizzazioni criminali mafiose. Diventa, così, un sistema di criminalità mista, colletti bianchi e organizzazione mafiosa, che alla fine ha una sua identità specifica che si irradia in tutta la Lombardia. Peraltro, non è casuale che questo sia avvenuto là dove l'organizzazione politica è più clientelare. Quindi, penso che questo tipo di sforzo di analisi punto per punto debba essere compiuto.
  Per quanto riguarda le agromafie, ne abbiamo parlato di striscio in relazione agli interessi nel settore alimentare, ma indubbiamente stanno venendo fuori delle evidenze progressivamente maggiori di investimento nel settore, che per ora riguarda di più il sud, per questo non lo abbiamo messo al centro del rapporto. Tuttavia, credo che diventerà importante, proprio come ha segnalato lei.

  PRESIDENTE. Sulle agromafie, abbiamo acquisito parte del rapporto Caselli. Credo, però, che dovremmo sentirlo, così come forse è il caso di sentire il comandante della Guardia forestale, in modo da completare anche le audizioni dei comandanti.
  Sul fatto che la mafia sia solo quella che usa violenza fisica, credo che cada qualche inchiesta. Ormai è l'intimidazione...

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Infatti, è la memoria storica della violenza fisica.

  PRESIDENTE. Bene. Altrimenti ha ragione Ferrara, invece noi diamo ragione a Pignatone.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università degli Studi di Milano. Infatti, è la memoria storica, la conoscenza dell'ambiente che quei signori sanno usare la violenza...

  PRESIDENTE. Ne hanno usata talmente tanta e tutti lo sanno, che possono anche non usarla.Pag. 16
  Sull'intreccio dei sistemi criminali, lo stesso discorso vale per la politica clientelare, che è un modo attraverso il quale la mafia entra. Ugualmente, la fragilità della pubblica amministrazione e la sua disponibilità alla corruzione è un sistema che rende a sua volta penetrabile il sistema mafioso.
  Se non ci sono altre domande, salutiamo e ringraziamo il professore e la sua collaboratrice. La ricerca è nel sommario, quindi è a disposizione di tutti. Se dalla lettura dovessero emergere degli aspetti di cui si richiede l'approfondimento, lo si può far presente. C’è la disponibilità, come c’è stata l'altra volta, da parte dei ricercatori di integrazioni o altro. Dopodiché, appena tutto è maturo facciamo una presentazione, magari in Lombardia, proprio a Pavia.
  Ringraziamo nuovamente i nostri auditi. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 12.25.

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