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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Giovedì 23 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del presidente della Federconsumatori, Rosario Trefiletti:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Trefiletti Rosario , Presidente della Federconsumatori ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 4 
Cenni Susanna (PD)  ... 5 
Catania Mario , Presidente ... 5 
Trefiletti Rosario , Presidente della Federconsumatori ... 5 
Catania Mario , Presidente ... 6 

Audizione del presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL), Giovanni Zucchi:
Catania Mario , Presidente ... 6 
Zucchi Giovanni , Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL) ... 6 
Catania Mario , Presidente ... 10 
Bordo Michele (PD)  ... 10 
Mongiello Colomba (PD)  ... 10 
Catania Mario , Presidente ... 11 
Zucchi Giovanni , Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL) ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 11 
Zucchi Giovanni , Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL) ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 12 
Cremonini Angelo , Presidente del Gruppo olio d'oliva ... 12 
Zucchi Giovanni , Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL) ... 12 
Cremonini Angelo , Presidente del Gruppo olio d'oliva ... 12 
Zucchi Giovanni , Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL) ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 14 
Zucchi Giovanni , Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL) ... 14 
Catania Mario , Presidente ... 15 

Allegato: Documentazione presentata da ASSITOL ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 15,20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Federconsumatori, Rosario Trefiletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Federconsumatori, Rosario Trefiletti, che ringrazio, nell'ambito della tematica relativa all'olio d'oliva.
  Do la parola al dottor Trefiletti per lo svolgimento della sua relazione.

  ROSARIO TREFILETTI, Presidente della Federconsumatori. Caro presidente, siamo noi che ringraziamo per l'audizione e per il compito che lei sta svolgendo oggi. Conosciamo da tempo il suo impegno sulle questioni agroalimentari, non solamente in termini generali, ma anche per le responsabilità che ha avuto, per dare il massimo dei contributi a una delle problematiche che hanno sempre preoccupato i cittadini.
  Il settore dell'agroalimentare, come lei ben sa – è pleonastico che io lo sottolinei – è un settore delicatissimo, a cui i cittadini tengono particolarmente, perché attiene alle questioni della persona. Non stiamo trattando di bollette telefoniche o altro. Si tratta di prodotti che hanno un'incidenza importante per la riproduzione e per la sopravvivenza umana.
  Noi la ringraziamo per la grande sensibilità che ha sempre avuto e che ancora una volta oggi dimostra rispetto a queste problematiche. Ovviamente ringraziamo anche la Commissione.
  La problematica dell'olio d'oliva si inserisce benissimo in questa mia affermazione, perché, come sappiamo, l'olio d'oliva è uno degli elementi fondamentali della dieta mediterranea e dell'alimentazione umana, soprattutto per le famiglie italiane.
  La preoccupazione che noi abbiamo sempre avuto, in termini generali per quanto riguarda l'agroalimentare e nello specifico per quanto riguarda l'olio d'oliva, chiaramente è legata alle problematiche di sofisticazione e di contraffazione che, ahimè, nel passato hanno attraversato questo settore.
  Noi siamo compiaciuti del fatto che si sia sempre vigili e attenti su questa tematica e ringraziamo ancora una volta la Commissione per questo impegno di cui si fa carico.
  L'olio d'oliva è un elemento molto importante, soprattutto in questo momento. Credo di non dire cose sconosciute, anzi forse la Commissione è molto più a conoscenza di me di quello che sta passando il settore dell'olio d'oliva nel nostro Paese. Mi riferisco ai drammi che stanno colpendo importanti regioni, per via delle malattie che stanno coinvolgendo le nostre produzioni.
  Tutto ciò, oltre alla preoccupazione che ovviamente pone al cittadino, non può non Pag. 4aggiungersi a un'altra, per via dell'offerta di mercato decisamente inferiore che si sta realizzando nel nostro Paese, con prezzi in notevole ascesa per quanto riguarda il costo di questo prodotto nei mercati.
  Non vorremmo che questo costituisse una spinta a cercare delle sostituzioni di sofisticazione o di contraffazione a questo prodotto assai importante per la dieta e per l'alimentazione nel nostro Paese. C’è il pericolo che si possa essere maggiormente spinti a fare operazioni di questa natura, proprio per la carenza di questo prodotto e per quanto sta avvenendo.
  Questa questione è solo una sottolineatura. Noi saremmo stati comunque preoccupati. Abbiamo sempre chiesto e oggi chiediamo ancor di più che ci siano maggiori controlli nell'ambito dell'intera filiera dell'olio d'oliva, dalla produzione all'intermediazione e al consumo, per evitare quello di cui si parlava: sofisticazioni, contraffazioni e via dicendo.
  Noi sappiamo per certo, signor presidente – questa è una storia abbastanza recente, per la verità – anche grazie al benemerito compito svolto dalla Guardia forestale, che sull'olio d'oliva ci sono stati problemi.
  Abbiamo scoperto il cosiddetto «olio deodorato», che proviene da olive che, poiché non vengono immediatamente immesse nella produzione olearia, possono avere delle ricadute negative in termini organolettici, per via della maturazione che avviene nell'attesa.
  Mi riferisco alle olive spagnole e al grande commercio che c’è a livello internazionale di questi prodotti, che certamente non sono fuorilegge per le normative riguardanti il loro utilizzo, ma hanno delle caratteristiche organolettiche che con il tempo si degradano.
  Certamente ci sono delle analisi che possono verificare i contenuti di esteri alchilici, però, al di là di questo, c’è una perdita di caratteristiche organolettiche che a noi preoccupa.
  Non c’è solo questo. C’è tutto un processo che può essere messo in campo che, più che truffare il cittadino, può raggirarlo. Non si tratta di prodotti che fanno male alla salute, ma di prodotti che hanno delle caratteristiche qualitative decisamente inferiori.
  In conclusione, noi chiediamo che la Commissione, con tutti i suoi poteri, sottolinei ancora una volta che c’è bisogno di verifiche, di controlli e di grande attenzione all'interno della filiera.
  Aggiungo una cosa, non per una trasformazione culturale o sociologica del sottoscritto. Non sono diventato improvvisamente un amante delle manette, ma francamente, di fronte a tutto quanto è avvenuto negli ultimi anni, non nello specifico dell'olio d'oliva ma in generale, noi vorremmo che la Commissione cominciasse a ragionare su delle normative più stringenti e più cogenti. Ci vorrebbe un po’ più di galera – mi sia consentito il termine – per chi raggira o truffa in un settore delicato come questo.
  Noi non siamo per nulla soddisfatti che tutto si svolga con delle sanzioni pecuniarie, ad esempio, quando avviene l'intromissione di carne di cavallo in prodotti che non dovrebbero contenerla. Magari si tratta di carne di cavallo proveniente da animali abbattuti dopo le corse, che è piena di prodotti dopanti. Ovviamente è proibito per legge utilizzarla.
  Noi vorremmo che ci fossero delle norme più drastiche e la certezza della pena, quando ci sono fatti di contraffazione e di vere e proprie truffe a danno dei cittadini.
  Questa è la richiesta che noi vi formuliamo: maggiori verifiche, maggiori controlli e normative più stringenti per quanto riguarda chi truffa e chi gestisce in malo modo questa materia e la certezza della pena.
  Non mi resta che ringraziare la Commissione e lei, presidente, per la sua gentilezza e per averci invitato.

  PRESIDENTE. Ringrazio a mia volta il presidente Trefiletti, anche per la pazienza che ha avuto nell'attendere il ritardato inizio della riunione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 5

  SUSANNA CENNI. Sarò breve, perché so che abbiamo tempi stringati a causa dell'Aula, che purtroppo ha modificato il suo calendario.
  Innanzitutto ringrazio il presidente Trefiletti, che da tempo è impegnato seriamente con la sua associazione su questa materia. Tutto ciò che ha detto, presidente, è difficilmente non condivisibile.
  Ho una domanda che forse concerne meno l'agroalimentare e più il manifatturiero e altre tipologie di prodotti, ma che ha molto a che fare con la percezione del consumatore.
  Noi sappiamo, da analisi del Censis e di altri istituti, che da parte del consumatore, anche quando c’è consapevolezza di non comprare un prodotto autentico e chiaramente contraffatto, si procede comunque all'acquisto, pensando in qualche modo di fare un risparmio.
  Io penso che etichettatura chiara, informazioni chiare, controlli e adeguate attività di contrasto e revisione delle norme siano sicuramente rilevanti. Tuttavia, le chiedo, secondo lei, cos'altro possiamo fare per intervenire su una diversa percezione da parte del consumatore. Dobbiamo far comprendere meglio che acquistare un prodotto contraffatto produce innanzitutto un grave danno per la salute nel caso dell'agroalimentare e anche di altri settori, come abbiamo avuto modo di vedere per le tinte di alcuni tessuti, ma anche un grave danno per l'economia e l'occupazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Trefiletti per la replica.

  ROSARIO TREFILETTI, Presidente della Federconsumatori. Io ringrazio l'onorevole Cenni, perché mi consente di dire – e ciò mi fa piacere – che noi da anni siamo impegnati proprio sul versante del coinvolgimento e della consapevolezza del cittadino rispetto alla tematica della contraffazione.
  La tematica della contraffazione, se la guardiamo in termini generali e non solo sulla questione dell'agroalimentare, ha numerose sfaccettature e deve essere affrontata con diversi approcci.
  Lei ha ragione quando ha sottolineato un punto: nel nostro Paese esiste addirittura il consumo consapevole di prodotti contraffatti. Non c’è solo il condizionamento che può derivare a un cittadino nel consumo di un prodotto contraffatto perché costa di meno.
  Noi abbiamo avuto dei confronti molto seri, anche da un punto di vista culturale, con gli studenti. Ricordo la tematica del consumo consapevole della contraffazione, per esempio sulle polo, sui compact disc e sui VHS. Ricordo che gli studenti dicevano che loro volevano comprare quei prodotti, perché costavano 20 euro al negozio e 4 euro al «vucumprà».
  Questo significa approcciare in maniera diversa le problematiche. Non c’è solamente un consumo inconsapevole. Ad esempio, gli occhiali da sole sono un consumo consapevole di contraffazione da parte dei cittadini.
  Dunque, come bisogna affrontare la situazione ? Occorre affrontarla discutendo con le persone, soprattutto con gli studenti, andando nelle scuole.
  La nostra associazione, così come le altre, ha fatto migliaia di interventi nelle scuole, proprio per discutere con gli studenti e dire loro di non comprare merce contraffatta, perché ciò comporta un problema di sicurezza, un problema di economia e un problema assai grave che consiste nel dare una mano alla malavita organizzata che c’è dietro alla contraffazione.
  Io la ringrazio, onorevole Cenni, perché questo mi consente di sottolineare ancora una volta ciò che stiamo facendo. Tuttora siamo impegnati in progetti importanti con il Ministero dello sviluppo economico, proprio per andare nelle scuole a discutere di questo.
  Tuttavia, occorre fare attenzione. Ci sono settori in cui non c’è consumo consapevole. La cosa molto grave è che ciò avviene anche nel campo del farmaceutico e nei settori tecnologici. Penso, per esempio, ai freni delle autovetture.
  Su questo, presidente, si può agire solamente con intelligence, verifica, controllo Pag. 6e naturalmente contrasto molto forte da parte delle istituzioni e delle forze dell'ordine.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora il presidente Trefiletti. Sicuramente avremo modo in futuro di trovare altre modalità di contatto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL), Giovanni Zucchi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL), Giovanni Zucchi.
  Do la parola al presidente Zucchi per lo svolgimento della sua relazione.

  GIOVANNI ZUCCHI, Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL). Grazie, presidente, per averci invitato. ASSITOL è l'Associazione italiana dell'industria olearia e rappresenta, insieme ai cugini di Federolio, oltre il 90 per cento dell'industria italiana.
  Siamo qui per proporre alcuni spunti. Cercherò di sintetizzare, visto che i tempi si sono un po’ compressi.
  Quello che per noi è importante è aiutare a rendere più trasparente un settore che vale 3 miliardi e di cui noi, come dicevo poc'anzi, generiamo oltre il 90 per cento.
  Nel nostro comparto abbiamo sicuramente alcune pessime abitudini, ma abbiamo anche tanta passione. Sicuramente dobbiamo riuscire a trovare il modo di separare la passione dalle cattive abitudini.
  Vi ricordo due numeri, che conoscete perfettamente, ma sono fondamentali. Il consumo interno italiano è pari a 600.000 tonnellate di olio d'oliva. Ne vengono esportati altri 400.000. A un fabbisogno di un milione corrisponde oggi una produzione italiana in anni buoni – non consideriamo questo anno drammatico – di 350.000-400.000 tonnellate.
  Questo ci obbliga a importare 600.000 tonnellate. Sicuramente negli ultimi anni sono aumentate queste dimensioni, ma l'importazione è sempre stata necessaria. Questo ci ha fatto diventare un po’ specialisti.
  Parlare del nostro lavoro significa parlare di blending. Il nostro lavoro consiste nell'accostare fra di loro prodotti italiani, prodotti spagnoli e prodotti greci, affinché emerga un prodotto che sia superiore alle sue parti. Questo avviene perché i polifenoli, in modo naturale, reagiscono in un certo modo, con i gusti e i sapori.
  Con una certa fatica noi abbiamo accettato l'etichettatura. Oggi l'etichettatura c’è e io la ritengo trasparente. Nel momento in cui il blending è tra prodotti comunitari, noi dichiariamo questo.
  Si produce un valore aggiunto importante. Infatti, si lasciano in Italia tra i 400 e i 600 milioni di euro.
  Ci rendiamo conto, tuttavia, che non ci sono basi solide per il futuro, tant’è vero che in Commissione agricoltura sul PON (Programma operativo nazionale) abbiamo fatto una serie di proposte, perché abbiamo bisogno di un'agricoltura italiana più forte. È chiaro che dobbiamo sostenerla anche con il lavoro che state facendo qui.
  Ci tengo a sottolineare che il blending può essere cattivo, nel momento in cui è finalizzato alla truffa, come dirò in seguito; può essere neutro, se si fanno oli da prezzo con una genuinità conforme alla legge; e può essere buono, nel momento in cui si fanno prodotti di qualità. Questo è un passaggio che ritengo abbastanza importante.
  Il dottor Trefiletti citava poc'anzi il tema della sofisticazione. Io credo che oggi in Italia il tema della sofisticazione o il tema sanitario nell'olio sia molto residuale. I controlli del Ministero della salute su oltre 20.500 campioni raccontano che nel settore dell'olio, in termini sanitari di sofisticazione, abbiamo tredici volte meno problemi rispetto agli altri settori. I nostri problemi sono sicuramente di contraffazione, ma non di sofisticazione alimentare.Pag. 7
  Oggi, purtroppo, alcuni sottoscalisti mettono la clorofilla nell'olio. Abbiamo letto sui giornali che comprano l'olio di semi e lo taroccano. Tuttavia, per ciò che concerne l'industria, i frantoiani e il settore, il tema della sofisticazione è stato superato. Rispetto a 40 anni fa, sono stati fatti passi da gigante.
  Cionondimeno, ci sono due comportamenti sostanziali, oltre a un paio marginali, di grande scorrettezza o criminali, a seconda del punto di vista da cui li guardiamo.
  Il primo riguarda la parte alta della filiera, quindi non riguarda noi, mentre il secondo riguarda soprattutto noi.
  Il primo è relativo ad agricoltori e frantoiani ed è destinato alla creazione di olio italiano di carta. Noi immaginiamo che questa truffa funzioni in due modi differenti. Io forse dico qualcosa di anomalo, ma alla fine vi renderete conto che non sto nascondendo nulla che ci riguardi. Siamo convinti che l'olio di carta italiano si generi nella parte alta della filiera.
  Come funziona questo meccanismo ? L'agricoltore fa figurare che ha portato le olive al frantoio e magari le lascia sugli alberi, oppure fa finta di portarne di più di quelle che ha realmente. Magari ha delle giustificazioni economiche di difficoltà di raccolta. Ci sono tanti problemi da questo punto di vista. Io non sto giudicando nessuno. L'agricoltore riceve una contropartita economica da parte del frantoiano, che integra il supporto PAC.
  A quel punto il frantoiano ha a disposizione della carta, che può far diventare concreta, facendo arrivare dell'olio, generalmente dalla Spagna o dalla Grecia, e facendolo diventare fittiziamente italiano.
  È chiaro che per fare questo o c’è una complicità con il Paese straniero, che sa perfettamente che questo olio poi verrà fittiziamente trasformato in olio italiano, oppure a volte il Paese straniero non lo sa perché viene distrutto il documento di trasporto (DDT). In quel caso, basterebbe qualche controllo documentale in più in termini doganali.
  L'altra modalità è un po’ più semplice. È lo stesso frantoiano, senza alcuna collaborazione, che da solo gonfia le rese di frangitura. Se ha una resa del 6, del 10 o del 25 per cento, la aumenta di due o tre punti, quindi, di fatto, ha sulla carta più disponibilità di prodotto, che, anche in questo caso, mistifica con l'arrivo di una partita dall'estero.
  Non sto parlando di immaginazione. Su questa base si sono sviluppate le inchieste «Aliud pro olio» e «Olio di carta», entrambe egregiamente coordinate dal pubblico ministero Savasta. Se qualcuno conosce il settore, sa che questo tipo di inchieste lavorano su questo. Ce ne sono altre, che citerò, che invece lavorano sulla nostra parte.
  Peraltro, ho avuto modo di ascoltare il suo intervento, che ha avuto luogo in gennaio o in febbraio, e devo dire che è uno dei maggiori conoscitori di quello che accade nel nostro settore.
  Meccanismi simili a quelli che ho appena descritto sull'olio italiano possono essere replicati sul biologico, come svelato dall'inchiesta «Aliud pro olio», sulle DOP e sulle IGP. Chiaramente le dimensioni in questo caso sono molto più piccole, ma anche le DOP e le IGP dal Centro Italia in su, che sono quelle che di solito hanno più valore, corrono questo tipo di rischio.
  Questo tipo di frode è tipicamente italiana. È una frode che all'estero, per una serie di motivi, è tendenzialmente residuale.
  Il secondo comportamento scorretto è quello diffuso nella parte bassa della filiera, cioè quella che coinvolge il comparto industriale, il commercio e, molto marginalmente, qualche frantoio di quelli un po’ più spregiudicati. Comunque, è un problema che riguarda soprattutto la parte bassa.
  Si tratta dell'uso dell'olio deodorato, che ha citato poc'anzi il dottor Trefiletti. Questa è una prassi non solo italiana, di cui si discute a livello mondiale.
  Vorrei chiarire innanzitutto che cos’è l'olio deodorato, perché credo che su questo ci sia un po’ di confusione, in parte perché è complicato da spiegare.
  Ho bisogno di fare un passo indietro. Voi sapete senza dubbio che dalla prima Pag. 8spremitura dell'olio escono tre prodotti differenziati per acidità: fino a 0,8 gradi e a zero difetti c’è l'olio extravergine; fino a 2 gradi con difetti fino a 3,5, c’è il vergine; oltre queste soglie, c’è il lampante.
  Il lampante è un prodotto di prima spremitura. Forse molti non lo sanno, ma è così. Il lampante è il fratello povero dell'extravergine. Si chiama in questo modo terribile, perché fino al 1800 veniva usato per le lampade. Più precisamente, veniva usato per le lampade un prodotto di altissima acidità, fino a 10-15 gradi, mentre il lampante fino a 5 gradi si mangiava. Purtroppo, l'olio più buono andava ai ricchi e la gran parte delle persone mangiava lampante fino a 5 gradi.
  Portare il limite del lampante da 5 a 2 gradi è stato un miglioramento qualitativo, non solo in termini salutistici, ma anche in termini di qualità del prodotto.
  Qual è la designazione legale del lampante ? Il lampante va nelle raffinerie e distillerie per subire un abbassamento di acidità, esattamente come accade all'olio grezzo di semi. Voi sapete che l'olio di semi può esser spremuto o estratto; se ha un'acidità alta, va in raffineria o in distilleria per diminuirne l'acidità.
  Il lampante diventa, quindi, olio d'oliva raffinato, che è la base dell'olio d'oliva. L'olio d'oliva non extravergine, comunemente inteso, è fatto normalmente da un 90-95 per cento di olio d'oliva raffinato.
  Il lampante è anche quello – perdonate la vena un po’ polemica – che è mostrato in televisione per fare scandalo, che arriva nelle grandi navi e a gennaio sembra melasso. Peccato che questo è normale. Anche l'extravergine sarebbe melasso, perché a gennaio l'olio congela, e quando congela diventa come quello che avete visto in televisione.
  Il fatto che si importi quel prodotto con destinazione raffineria è assolutamente la cosa più normale del mondo. Il lampante è un prodotto naturale che, secondo la legge, per essere messo a disposizione del consumatore, va trasformato.
  Che c'entrano l'olio raffinato e il lampante con l'olio deodorato ? Scusate la premessa, ma questo settore è davvero complesso. Questo è il motivo per cui ci sono così tante manipolazioni.
  L'olio deodorato è olio d'oliva vergine o lampante, a cui si è applicata una raffinazione e distillazione blanda. Visto che probabilmente è un lampante da 2 gradi, quindi non ha parametri molto alti, basta una raffinazione blanda per togliere i difetti di gusto e profumo e ritoccare alcuni parametri.
  In pratica, l'olio deodorato è olio d'oliva raffinato di alta qualità. Questo è un paradosso assurdo. Sembra extravergine e viene venduto come tale. Il problema non è di facile soluzione: in sé, l'olio deodorato è assolutamente legittimo; è l'uso che se ne fa che diventa illegittimo. Infatti, l'olio deodorato in sé è olio raffinato d'oliva. Il tema è un po’ complesso, ma spero di essere stato chiaro.
  Come dicevo, la truffa nella sua forma più semplice consiste nel vendere l'olio deodorato per l'olio extravergine. Questa è chiaramente una truffa per il consumatore.
  La frode molto più grave, che è un po’ più rara, consiste nel mescolare l'olio deodorato con il lampante, che non è vendibile direttamente tal quale al consumatore, e venderlo come olio vergine. Viene venduto mescolando due categorie che non possono essere mescolate.
  Perché c’è qualcuno che fa tutto questo traffico ? Da un lato, c’è un motivo evidentemente economico. Quasi sempre – non è sempre così – l'olio deodorato costa meno dell'olio extravergine.
  C’è poi un altro motivo per cui, anche a parità di costo, qualcuno compra l'olio deodorato. Io ve lo spiego perché serve per comprendere le ragioni che stanno dietro a questo comportamento, che va combattuto e annullato, ma si genera per qualche motivo.
  L'olio deodorato è tendenzialmente dolce, come molti extravergine esteri e come pochi italiani, purtroppo. Pur essendo la coratina una cultivar meravigliosa, purtroppo a molti consumatori tuttora è poco gradita.Pag. 9
  L'olio deodorato, al quale viene tolto il grosso dei sapori e dei profumi, viene utilizzato per ammorbidire altri prodotti più fruttati e più forti, in modo che il consumatore trovi quello che si immagina di trovare.
  Quelli che ho appena illustrato sono i due macroproblemi. Ce ne sono altri due, numericamente più marginali, di cui si parla.
  Uno è diffuso in quasi tutta la filiera (frantoi, commercianti e industrie) ed è lo scambio dell'origine. Lo scambio dell'origine è una cosa diversa dal primo problema di che vi ho raccontato per cui viene generato olio italiano che non c'era. Nello scambio non viene generata quantità aggiuntiva, ma viene scambiata l'origine.
  Perché avviene questo ? L'obiettivo è ottenere un prodotto italiano fittizio, più dolce e abboccato. Di solito, infatti, lo scambio avviene con cultivar straniere, come la arbequina spagnola o la koroneiki greca, che sono di alta qualità. La Spagna non fa tutta feccia, ma ha veramente tanti livelli di qualità.
  In questo modo, il prodotto italiano, che di solito è un po’ più amaro, viene utilizzato in altri blend, magari per rafforzare gusti un po’ fiacchi.
  Il problema si genera, anche in questo caso, da un'abitudine di gusto del consumatore, oltre che evidentemente da un comportamento criminoso. Il consumatore tendenzialmente preferisce un gusto morbido, perché purtroppo non è stato educato adeguatamente ad apprezzare l'olio amaro, ricco di polifenoli.
  Pertanto, c’è un tentativo di costruire un olio italiano più dolce, anche perché in Italia, come dicevo poc'anzi, ci sono per lo più cultivar abbastanza fruttate.
  Il secondo problema, che è sconosciuto ai più, avviene presso alcuni frantoi, che stanno diventando più numerosi. Infatti, questa prassi si sta diffondendo, almeno da quanto ci risulta. Si tratta della seconda spremitura in linea.
  La seconda spremitura è semplicemente il ripasso del mosto dell'oliva prima della parte finale. Lì c’è ancora un po’ d'olio. Una volta quest'olio finiva nelle sanse. Dopo un processo, veniva fuori l'olio di sansa.
  In sé la seconda spremitura non è vietata. Se chi fa la seconda spremitura vende l'olio come olio di sansa grezzo, questo è assolutamente legittimo. Ne è vietata, però, la miscelazione con gli oli di prima spremitura: il lampante, il vergine e l'extravergine.
  Se viene utilizzato in piccole quantità, questo prodotto, che ha un costo quasi nullo, perché è un sottoprodotto, chiaramente genera reddito.
  Va detto in tutta onestà che, secondo la nostra opinione, la normativa probabilmente andrebbe rivista a favore dei frantoiani, perché la seconda spremitura in linea è un prodotto che ha comunque dei parametri chimici buoni ed è un po’ uno spreco che vada nelle sanse. Si potrebbe immaginare di farlo andare nel lampante, che comunque ha un valore decisamente superiore alla sansa venduta tal quale.
  Mi rendo conto che apparentemente questa cosa non c'entra, ma in realtà il tema della classificazione delle regole è importante. Infatti, a volte alcuni comportamenti si generano perché ci sono delle regole che sono veramente un po’ da ripensare.
  Vorrei chiudere questo quadro, che sembra un po’ desolante e un po’ lo è davvero, con due riflessioni che secondo me danno molta speranza, come capita quando si guarda molto indietro. Quarant'anni fa il prodotto si sofisticava strutturalmente. Oggi non si sofistica sostanzialmente più. Devo dire che oggi rispetto a qualche tempo fa abbiamo dei risultati notevoli.
  Ricordo che l'olio deodorato danneggia gli industriali seri, mentre l'olio italiano di carta danneggia i frantoiani e gli agricoltori seri. I problemi colpiscono tutti coloro che vogliono lavorare seriamente.
  Quanto pesano questi due macroproblemi ? Da un incrocio di dati, risulta che fino a due anni fa, prima dell'applicazione del registro SIAN (Sistema informativo agricolo nazionale), l'olio italiano di carta era sicuramente molto. Si parlava di una Pag. 10cifra fra le 100.000 e le 200.000 tonnellate, a fronte di una produzione stimata di 400.000. Pertanto, da 400.000 tonnellate si arrivava a 500.000-600.000 (tra il 15 e il 30 per cento in più).
  Ora, grazie al SIAN e a tutto quello che è seguito, riteniamo che questo valore si sia ridotto di molto, benché sia ancora importante. Si parla ancora di qualche decina di migliaia di tonnellate. Comunque, tenete conto che è diventato la metà o un quarto. L'introduzione del SIAN a tutta la filiera, da noi a salire, è stato un elemento veramente determinante.
  Il tema dell'olio deodorato proveniente dalla Spagna è un fenomeno sicuramente inferiore in termini di quantità. Probabilmente si parla della metà di quello che viene generato come olio di carta. Si tratta comunque di numeri molto grandi.
  Grazie alle inchieste «Arbequino» e «Fuente», che hanno lavorato su questo tipo di tematica, siamo arrivati anche in questo caso a qualche decina di migliaia di tonnellate. Parliamo di Italia, ovviamente; nel mondo, invece, questo è un problema aperto.
  A quanto ci risulta, sostanzialmente l'olio deodorato arriva dalla Spagna. Se qui c’è qualche drogato, di là sicuramente ci sono gli spacciatori.
  Il grandissimo lavoro che è stato fatto dagli organismi di controllo e dalla magistratura in questi anni, non solo ha spinto una presa di coscienza in tutto il settore e ha aperto un dialogo che prima non c'era più, insieme alla crisi di quest'anno dell'olivicoltura, ma ha anche ottenuto risultati, che, se li si guarda in retrospettiva, sono eccezionali.
  Io credo che il lavoro vada finito, perché comunque la situazione, pur essendo molto migliorata, resta difficile.
  Visto che il risultato, secondo me, è stato ottenuto, auspico, in tutta onestà, che si possa interrompere quel meccanismo, in parte involontario, da parte delle istituzioni e degli organi di controllo, per cui spesso vengono esaltati sui media piccoli episodi a mo’ di monito. Questo atteggiamento evidentemente ha avuto ragione di essere negli anni, ma ha generato una serie di ripercussioni mediatiche, per cui a un certo punto si bloccavano le esportazioni in Cina, o comunque si gettava cattiva luce, non solo su di noi, ma su tutto il settore dell'olio italiano.
  Auspico che ci si concentri su un ulteriore miglioramento del sistema dei controlli e sulla loro efficacia, per riqualificare definitivamente il settore e per trovare dei controlli che picchino duro dove serve, magari razionalizzando quelli che oggi sono d'intralcio – si può discutere su quali siano – senza dare risultati.
  Chiudo con un ultimo accenno, prima di passare la parola al dottor Cremonini. Io credo che la lotta alla contraffazione si possa completare, oltre che con questi lavori sugli aspetti canonici, ragionando sul tema della revisione delle regole a livello europeo. Io credo che questo sia un lavoro sul quale bisogna confrontarsi con la filiera, ma che va fatto.

  PRESIDENTE. Considerati i tempi d'Aula incerti, purtroppo devo dare priorità alla possibilità dei colleghi di intervenire sulla sua relazione. In seguito, ascolteremo il dottor Cremonini. Altrimenti, potrebbe essere impossibile per i colleghi porle delle domande.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELE BORDO. Sarò veloce. Io vorrei capire se le affermazioni che lei ha portato in questa sede, in modo particolare quelle riguardanti l'olio di carta e il ruolo della Spagna (per essere molto sintetici, lo spacciatore e il drogato), sono suffragate da elementi a vostra disposizione oppure sono supportate dalle informazioni di cui questa Commissione è già a conoscenza, cioè quelle relative alle indagini della magistratura.

  COLOMBA MONGIELLO. La scarsità di tempo mi impedisce di rivolgere al dottor Zucchi diverse domande. Lei ha fatto una relazione dettagliata, anche chiarificatrice delle classificazioni dell'olio e di quali sono i diversi interventi, anche frodativi, che le modificano.Pag. 11
  Mi è parso di capire che abbiamo avuto due frodi importanti, che riguardano il falso in bottiglia e il falso in etichetta.
  Sull'olio di carta noi abbiamo ascoltato il dottor Savasta, quindi abbiamo avuto modo di approfondire questo dato. Dal dottor Natalini abbiamo approfondito un'altra inchiesta.
  Grazie al lavoro di questa Commissione, finalmente siamo riusciti a mettere insieme tutti i pezzi della filiera. Alla fine delle audizioni sul tema dell'olio, noi saremo a conoscenza di come funzionano i diversi sistemi.
  Io le pongo due domande. Lei ha parlato di un certo numero di frantoiani. In questo Paese abbiamo moltissimi frantoiani, tra cui ce ne sono alcuni che annacquano i conti dell'olio. È necessaria una diversa classificazione degli oli ? Ritiene insufficiente quella tuttora in vigore ?
  Il SIAN sta funzionando. È una legge che è entrata a regime da un anno. Ovviamente, ne conosciamo gli aspetti positivi, però evidentemente c’è qualche falla nel sistema dei controlli, perché sullo scaffale noi troviamo ancora olio che non corrisponde a quello che è scritto in etichetta.
  Riesce a dirmi come potremmo intervenire rispetto al tema dei controlli e al tema della consapevolezza del consumatore ? Secondo me, il consumatore è la parte più debole della filiera, in quanto viene costantemente ingannato rispetto a quello che sta consumando. Ci suggerisce qualche intervento ?

  PRESIDENTE. Presidente, le pongo anch'io un paio di domande rispetto al quadro che ci ha fatto, che è stato molto ben esposto, anche se in larga parte già noto a questa Commissione.
  A suo modo di vedere, la deodorazione, nell'ambito di questo flusso di import dalla Spagna, viene operata all'origine oppure viene operata nel nostro Paese dagli operatori italiani nella fase precedente alla miscelazione del prodotto ?
  Perché si dovrebbe escludere, a suo avviso – lei l'ha messo un po’ in sordina – che alla deodorazione si accompagni, anche su scala significativa, un'errata e fraudolenta indicazione dell'origine ? C’è qualche motivo che le fa ritenere che la deodorazione si fermi al suo esito primario, ovvero alla frode che consente la veicolazione sul mercato di extravergine ricavato da un lampante, fraudolento per definizione, e non sia accompagnata da un'errata indicazione dell'origine del prodotto, quindi a una violazione della regolamentazione comunitaria sull'origine da porre in etichetta ?
  Do la parola al presidente Zucchi per la replica.

  GIOVANNI ZUCCHI, Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL). Se è possibile, rispondo alla prima domanda e alle ultime due sui frantoi. La seconda e la terza riguardano proprio le proposte che avremmo presentato come ASSITOL.
  Gli elementi che ho citato qui derivano da analisi, conoscenze di mercato e interpretazione di dati. Senza dubbio, se una persona conosce i meccanismi del settore e legge le inchieste, riesce facilmente a ricostruirli. Io non sto raccontando nulla di nuovo. Lo sto forse sintetizzando, perché ho una posizione privilegiata – mi permetto di dirlo – dentro al mercato, conoscendone tutte le parti, mentre la Commissione deve lavorare sulle informazioni di cui viene a conoscenza. Io non credo di aver detto nulla di nuovo. Forse l'ho detto in un modo sinteticamente nuovo.
  Per quanto riguarda la deodorazione, in tutta onestà, a oggi riteniamo che avvenga in Spagna. Non mi risulta commercio di olio deodorato proveniente da aziende italiane. Non mi risulta neanche come chiacchiera da bar.

  PRESIDENTE. Dunque, a suo avviso, arriva un prodotto già deodorato da operatori spagnoli.

  GIOVANNI ZUCCHI, Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL). Assolutamente sì. In alcuni casi, l'olio deodorato arriva tagliato con Pag. 12del prodotto extravergine, soprattutto nell'ultimo periodo, quando il deodorato «schietto» è diventato un po’ più leggibile da parte degli organi di controllo.
  Già sull'autobotte è indicato come extravergine. Parliamo di autobotti, non di bottiglie. Per adesso la Spagna non sta esportando bottiglie nel nostro Paese.
  Rispondo alla sua seconda riflessione. Non escludo che, nell'ambito di quello scambio alla pari che citavo poc'anzi fra prodotto italiano e prodotto straniero, possa capitare che si utilizzi, al posto della arbequina o della koroneiki, del prodotto deodorato per ammorbidire i prodotti italiani. Tuttavia, non è una prassi strutturata. Non escludo che ciò possa avvenire, ma questa non è l'utilizzazione principale del deodorato.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Da ciò che mi risulta, abbiamo ancora qualche minuto, perché l'Aula affronterà prima la commemorazione del collega Altissimo e poi ci saranno le dichiarazioni di voto. Pertanto, credo che possiamo dare la parola al dottor Cremonini.

  ANGELO CREMONINI, Presidente del Gruppo olio d'oliva. Ringrazio anch'io per l'invito.
  Si chiedeva come si potrebbe risolvere ulteriormente la situazione. Secondo me, il fattore principale è la collaborazione di tutta la filiera. Se ne parla da tanto tempo, ma penso che sia venuta l'ora di attuare questa idea.
  Il settore oleario e le istituzioni, come è avvenuto nel settore delle carni, devono cominciare a parlare. I controlli e le verifiche di filiera devono essere pianificati di comune accordo.
  Noi auspichiamo che l'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e la repressione delle frodi (ICQRF) si faccia promotore di un tavolo operativo permanente, attorno al quale le istituzioni e gli organi di controllo possano essere indirizzati verso controlli pianificati dagli stessi attori della filiera, che conoscono le rispettive criticità.
  Per affrontare il tema dell'olio italiano di carta, riteniamo che la strada migliore sia il rafforzamento del SIAN, attraverso alcuni strumenti amministrativi che di seguito esporrò.
  Le ricerche sui marker genetici e la risonanza magnetica, purtroppo, non hanno ancora dato dei risultati sufficientemente validi.
  Le strade più opportune possono essere: l'introduzione di forchette di minima e massima produzione di olive per ettaro, a seconda delle cultivar, come è stato proposto dal pubblico ministero Savasta; l'introduzione di forchette di resa minima e massima di olio da frangitura, a seconda delle cultivar; l'obbligo di classificazione del prodotto entro il mese di febbraio o, in alternativa, l'obbligo di classificazione e registrazione SIAN almeno due settimane prima della vendita, per consentire di verificare.

  GIOVANNI ZUCCHI, Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL). Perdonatemi se interrompo. Oggi nei frantoi l'olio rimane senza classificazione di lampante, vergine ed extra vergine per molti mesi. L'anno scorso a giugno c'erano oltre 120.000 tonnellate di prodotto non classificato e, quindi, cartaceamente manipolabile.

  ANGELO CREMONINI, Presidente del Gruppo olio d'oliva. Altre misure efficaci possono essere la pubblicazione mensile dei dati SIAN e controlli a campione su chi dichiara la produzione solo per l'autoconsumo. Queste sono le misure che concernono il made in Italy.
  Il problema dell'olio deodorato, che è più complesso, va invece affrontato su diversi fronti. È necessaria l'estensione del SIAN a tutti i Paesi europei, perché, come diceva il presidente Zucchi, si tratta di un problema che investe tutta l'Europa. Il SIAN è un successo italiano che va valorizzato a livello europeo.
  Altre misure efficaci potrebbero essere: l'ampiamento della collaborazione con gli organi di controllo e delle segnalazioni di aziende per comportamenti sospetti; l'introduzione della soglia dell'1,2 digliceridi sull'extravergine all'imbottigliamento, dopo Pag. 13un'attenta peer review per ridurne l'utilizzo; ricerca per individuare altre analisi atte a rilevare trattamenti termici e di raffinazione, da sviluppare e da finanziare anche con la nostra collaborazione.
  Secondo noi, è fondamentale trovare un sistema che sia oggettivo e riproducibile, anche per tutelare chi opera bene.
  Sugli altri due problemi più marginali, scambio dell'origine e seconda spremitura, l'unico suggerimento che ci sentiamo di dare sono controlli in sito con immediate verifiche cartacee e di tracciabilità.
  A proposito dei controlli, quelli in uscita dai frantoi permetterebbero un monitoraggio adeguato della produzione, nonché una commercializzazione trasparente; quelli in uscita dagli stabilimenti consentirebbero di comprendere quanta responsabilità sul peggioramento della qualità del prodotto sia da attribuire a una cattiva conservazione da parte della distribuzione a valle e di attribuire correttamente la responsabilità di eventuali non conformità. Si potrebbe vedere come si è mossa la qualità dall'inizio fino a valle, ovvero alla distribuzione.
  Lascio la parola al presidente Zucchi.

  GIOVANNI ZUCCHI, Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL). Un primo passaggio riguarda gli aspetti giuridici. Io credo che quello che abbiamo portato oggi sia un contributo importante in termini di trasparenza e di chiarezza, che dimostra che la nostra volontà è quella di far pulizia nel settore. Forse abbiamo impiegato un po’ di tempo per esserne così fortemente convinti, ma adesso tutti, non solo io e il dottor Cremonini, abbiamo voglia di cambiare decisamente le cose.
  In quest'ottica, io mi sento di sottolineare un aspetto, visto che si parla di inasprimento delle pene. Io chiedo alla Commissione e a tutti coloro che lavoreranno su questo tema di rammentare costantemente la differenza fra il dolo e la colpa.
  Questo è un settore complesso, pieno di regole e di parametri. Anche a livello industriale, il problema non è banale. Basta che la valvola faccia uno scherzo e non si chiuda, mentre dal sistema risulta chiusa. Questo magari mi fa trafilare leggermente il prodotto. Questo può incidere.
  Da questo punto di vista, da imprenditore e da padre di famiglia, io chiedo di trovare il giusto equilibrio tra penalità e contravvenzioni amministrative, differenziando fra colpe e doli, fra episodi e comportamenti fraudolenti costanti nel tempo. Questo invito non è rivolto solo a voi, ma anche al comitato di coordinamento, che sta lavorando con il dottor Caselli e il dottor Guariniello e che ha degli obiettivi abbastanza stringenti. Infatti, è stato chiesto loro di produrre dei risultati entro il 31 luglio.
  Dal mio punto di vista, questo è importante. Non vogliamo sottrarci al lavoro che va fatto.
  Io non escludo che in alcune circostanze potrebbe essere utile l'introduzione di soglie, che non generano vantaggio economico, al di sotto delle quali non c’è l'azione penale, ma semplicemente un'azione amministrativa. Molti hanno timore che questo comporti una sorta di accomodamento delle irregolarità, però vi invito a fare una riflessione su questo, visto che a volte si tratta veramente di una banale analisi di laboratorio sbagliata.
  Chiudo rispondendo all'onorevole Mongiello rispetto alla revisione, facendo un passaggio sul panel test. Il pubblico ministero Natalini ha sottolineato che il panel test ha ancora delle criticità come prova e vi assicuro che ha anche delle criticità per noi, per consentirci di lavorare serenamente.
  Quello che noi chiediamo ovviamente è una corretta applicazione del metodo, ma soprattutto due cose: blind test alla prima prova e blind test alla seconda. È vero che gli assaggiatori non vedono quello che assaggiano, ma il capo panel sì. Nonostante la bravura, l'onestà e la preparazione dei capo panel, noi riteniamo che qualche volta questo possa deoggettivizzare l'attività del panel.
  La seconda cosa definitiva che diventerebbe prova strutturata è una ricerca, che noi siamo disposti a finanziare, per Pag. 14trovare dei marker chimici per ogni difetto. È possibile trovarli. Per assurdo, questo probabilmente restringerà e migliorerà qualitativamente il prodotto rispetto a oggi, però consentirà di lavorare su dati chimici certi e in modo più sereno.
  Chiudo sulla revisione delle categorie. Il tema è complesso. Nel momento in cui i comportamenti sono così diffusi, forse saremmo un popolo di furbetti, ma probabilmente c’è qualche revisione da fare da questo punto di vista.
  Nel momento in cui esiste solo l'extravergine, che è un prodotto fantastico ed è davvero una medicina per il cuore e tante altre cose, ma non si riesce a trovare un posto per gli altri prodotti della filiera (il vergine, il lampante che diventa olio raffinato e le sanse che diventano olio di sansa), che hanno delle caratteristiche diverse, è chiaro che il consumatore vuole solo extravergine. Peccato che la filiera oggi genera ancora la metà o più di prodotti che non sono extravergine.
  Questo cosa comporta ? Questo dà scusanti morali a molti per dire: «Io faccio questo prodotto e lo devo pur utilizzare in qualche modo».
  Io credo che una filiera sana, con una segmentazione di mercato sana che porti l'extravergine sul palmo di mano, ma non svalorizzi gli altri, dia valore all'extravergine. Credo che una revisione su alcuni temi possa strutturare un olio da prezzo, basato essenzialmente sul vergine, con una semplificazione di regole, per consentire di dare sbocco al tanto vergine che ancora c’è sul mercato anche in Italia. Negli anni cattivi come questo, ciò diventa determinante.
  Questo lavoro chiaramente è da fare a Bruxelles, non lo possiamo fare in Italia. Sembra che non c'entri niente con la contraffazione, ma è un aspetto che consentirebbe al settore di lavorare in modo più chiaro, più pulito e più trasparente nei confronti del consumatore.

  PRESIDENTE. Sono convinto anch'io che il comparto abbia bisogno di una serie di interventi articolati, che vanno aldilà di una politica nazionale e ancor di più di una politica dettabile dal Parlamento.
  Prima di chiudere, mi prendo la libertà di ritornare su un argomento e di porle una questione molto precisa.
  A mio modo di vedere, delle molte problematiche che interessano il comparto da diversi anni a questa parte, il tema più sensibile è quello della deodorazione.
  Come valutate, lei e la sua associazione, il livello dei riscontri analitici che oggi consentono di arrivare a dedurre una deodorazione nel prodotto ? Quali strade, in termini di riscontri sempre più avanzati e sempre più precisi, è auspicabile siano seguite dalla ricerca ?

  GIOVANNI ZUCCHI, Presidente dell'Associazione italiana dell'industria olearia (ASSITOL). Grazie della domanda, che mi permette di approfondire questo tema. Io credo che alcune strade analitiche che non hanno un consenso internazionale siano destinate poi a non ottenere nemmeno soddisfazione in Aula.
  Oggi il primo passo per diminuire l'utilizzo del deodorato è stato l'introduzione del tema degli alchilesteri, poi diventati etilesteri, che comporta dei problemi grossi in termini di stabilità del prodotto, però ha evitato che girassero prodotti con mille alchilesteri, come succedeva prima. Ci sono ancora un po’ di problemi da risolvere.
  Un altro passo, che però secondo me va inquadrato in quella revisione di cui stavo parlando poc'anzi, è l'1,2 digliceridi. Noi non crediamo nelle pirofeofitine, così come non ci crede il Consiglio oleicolo internazionale (COI). Il COI non ritiene che le pirofeofitine siano uno strumento di analisi funzionante e stabile che dà dei risultati.
  L'1,2 digliceridi, invece, è un elemento che, a fronte di una verifica approfondita – bisogna lavorare un po’ sui parametri – può ulteriormente diminuire la possibilità di usare il deodorato.
  Spesso si tratta di fare un piccolo passo. La soluzione finale, purtroppo, su questo tipo di problemi non c’è mai. Si tratta di fare un passo ulteriore per diminuire la possibilità di utilizzare il deodorato. Pag. 15Infatti, l'1,2 digliceridi consente di mappare l'invecchiamento del prodotto che il deodorato tende a creare.
  Tuttavia, secondo noi questo non basta. I campioni di deodorato si trovano sul mercato. Io credo che molto spesso chi fa ricerca non vi ha accesso. Con campioni di deodorato schietto piuttosto che tagliato, si possono fare passi molto più importanti rispetto a quelli che oggi le università hanno potuto fare, nel momento in cui noi siamo disponibili a collaborare, magari anche con risorse finanziarie.
  Non credo di averle risposto a pieno. Oggi, secondo me, su quel tema l'estensione del SIAN a livello europeo avrebbe un impatto più grande, perché a questo punto i raffinatori spagnoli che fanno questo di mestiere e i commercianti che fanno questo troverebbero qualche problema in più e magari anche il Governo spagnolo – lo dico con tutta serenità – avrebbe qualche scusa in meno per proteggere il proprio comparto.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri auditi, dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16,15.

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