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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Martedì 19 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

Audizione del presidente dell'INPS, professor Tito Boeri, in ordine alle principali prestazioni di carattere assistenziale gestite dall'INPS, alle misure per la lotta alla povertà, e alle relative prospettive di riforma (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento):
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Boeri Tito , Presidente dell'INPS ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 8 
Lenzi Donata (PD)  ... 8 
Binetti Paola (AP)  ... 9 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 10 
Nicchi Marisa (SEL)  ... 10 
Grillo Giulia (M5S)  ... 10 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 11 
Pesco Daniele (M5S)  ... 12 
Baruffi Davide (PD)  ... 12 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 13 
Boeri Tito , Presidente dell'INPS ... 13 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 13 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 13 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 13 
Boeri Tito , Presidente dell'INPS ... 13 
Ghersevich Marco , Dirigente generale della Direzione centrale Assistenza ed invalidità civile dell'INPS ... 15 
Sabatini Luca , Dirigente generale della Direzione centrale Prestazioni a sostegno del reddito dell'INPS ... 16 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Presidente dell'INPS Tito Boeri ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'INPS, professor Tito Boeri, in ordine alle principali prestazioni di carattere assistenziale gestite dall'INPS, alle misure per la lotta alla povertà, e alle relative prospettive di riforma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'INPS, professor Tito Boeri, in ordine alle principali prestazioni di carattere assistenziale gestite dall'INPS, alle misure per la lotta alla povertà, e alle relative prospettive di riforma.
  Do il benvenuto al professor Boeri, che ringrazio anche per la pazienza nell'aspettare che i lavori, come voi sapete, un po’ convulsi dell'attività d'Aula avessero termine.
  Il professor Boeri è accompagnato dal dottor Marco Ghersevich, Dirigente generale della Direzione centrale Assistenza ed invalidità civile dell'INPS, e dal dottor Luca Sabatini, Dirigente generale della Direzione centrale Prestazioni a sostegno del reddito. Li ringrazio per aver accettato l'invito della Commissione.
  Prima di lasciare la parola al professor Boeri, do il benvenuto anche ai colleghi – credo ci sia qualche collega della Commissione lavoro della Camera deputati – e ovviamente li ringrazio per l'attenzione che hanno voluto riservare ai nostri lavori.
  Come sempre, lasciamo prima al professor Boeri la possibilità di un intervento introduttivo, poi i singoli colleghi, qualora volessero intervenire, potranno porre le loro domande.
  Avendo noi un tempo abbastanza limitato, poiché tra le 15.20 e le 15.25 dovremmo recarci nuovamente in Aula, può essere opportuno iniziare con una domanda per gruppo, da sviluppare ulteriormente se riusciamo a essere, come io spero, sintetici nelle domande. Questa è la proposta procedurale e metodologica.
  Vorrei solo ricordare – serve anche a noi come promemoria – che l'audizione del professor Boeri nasce dall'osservazione del ruolo, che a tutti noi è sembrato proattivo più del solito, dell'INPS sui temi di cui abbiamo già parlato, ossia lotta alla povertà, reddito di cittadinanza, misure di integrazione del reddito, complessivo atteggiamento nei confronti delle cronicità del welfare.
  Senza chiedere al professor Boeri di darci informazioni e notizie che sono di stretta competenza dell'attività del Governo, e non direttamente dell'INPS, per noi è estremamente interessante capire quali siano le direttrici, le linee guida e i ragionamenti che stanno guidando la dirigenza dell'INPS nella sua attività di supporto alle politiche del Governo.
  Do la parola al professor Boeri.

  TITO BOERI, Presidente dell'INPS. La ringrazio, presidente, per questa opportunità.Pag. 4
  Credo sia molto importante, in questo momento, riflettere sull'eredità dell'interminabile crisi che abbiamo subìto nel nostro Paese, quindi i temi di cui oggi discutiamo sono molto importanti.
  Il dato più grave di questa crisi è legato a quello che è successo in merito alla povertà, laddove abbiamo avuto un aumento dell'incidenza della povertà di circa un terzo. La percentuale delle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà – definita prima della crisi e mantenuta costante in termini reali negli anni successivi – è salita dal 18 al 25 per cento, aumentando di un terzo. Nel giro di sei anni, le persone che si trovano in tale condizione sono passate da 11 a 15 milioni.
  Nella storia del nostro Paese non ci sono stati episodi di tale portata. La povertà è, quindi, il problema centrale, molto più di quello delle disuguaglianze dei redditi in quanto tali. Infatti, se prendiamo in esame le misure di disuguaglianza dei redditi, per esempio il più comune, l'indice di Gini, è aumentato dal 31 al 32,4. Quindi, c’è un incremento, ma è ai limiti della significatività statistica.
  La ragione per cui è aumentata la povertà sta, piuttosto, nel fatto che proprio la parte più debole nella scala dei redditi ha subìto maggiormente la crisi. Il 10 per cento più povero nella distribuzione dei redditi ha subìto una riduzione del proprio reddito disponibile – tra l'altro equivalente, quindi anche tenendo conto della dimensione del nucleo familiare – attorno al 27 per cento, quindi quasi il 30 per cento in meno. Il 10 per cento più ricco della popolazione ha subìto, invece, una riduzione del reddito del 5 per cento. Le persone che sono collocate a metà della distribuzione del reddito, quelle che noi chiamiamo in genere il «ceto medio» o la «classe media», hanno subìto una riduzione del reddito attorno al 5 per cento. In sostanza, i costi di questa interminabile crisi hanno gravato soprattutto sulle persone più povere del nostro Paese.
  L'interrogativo principale da porsi è, prima di tutto, se tutto ciò fosse inevitabile. La risposta che si può dare, anche solo guardando ad altri Paesi, è che non lo era affatto.
  Altri Paesi che hanno conosciuto crisi di entità comparabile alla nostra – la grande recessione del 2008-2009 è stata uno shock, come sapete, globale – riescono anche a subire riduzioni del reddito nazionale del 7 per cento senza conoscere un incremento dei tassi di povertà. Il nostro Paese, invece, ogni volta che ci sono delle forti recessioni, vede un incremento significativo della povertà, che poi fatica a ridursi negli anni successivi.
  La ragione per cui questo avviene da noi è che non abbiamo un sistema di prestazione sociale, un sistema di erogazione, di trasferimenti alle famiglie in grado di contrastare efficacemente la povertà. Le proprietà del nostro sistema di protezione sociale sono più che eloquenti. Se noi guardiamo alle prestazioni nel loro complesso, solo il 3 per cento di quelle erogate in Italia va al 10 per cento più povero della popolazione. Qui dentro ci sono le pensioni, che chiaramente non hanno lo scopo direttamente di contrastare la povertà. Pur escludendo le pensioni, tuttavia, la percentuale non si alza di molto, arrivando attorno al 10 per cento.
  Molti nostri trasferimenti non sono stati studiati e messi in atto per affrontare tale problema, drammatico alla luce della crisi.
  Un altro aspetto che credo sia molto eloquente nel dire perché il nostro sistema di protezione sociale non arriva ai più poveri è il livello generazionale. La crescita della povertà, infatti, è stata conosciuta quasi unicamente al di sotto dei 65 anni di età: abbiamo avuto percentualmente un forte incremento della povertà nella fascia dai 55 ai 65 anni.
  La povertà è più alta tra i giovani e le famiglie con figli, ma l'incremento percentuale della povertà più alto (70 per cento) si è avuto proprio in questa fascia di età ed è legato a episodi di disoccupazione. Le persone che perdono il lavoro tra i 55 e i 65 anni hanno grandissima difficoltà a trovare un impiego alternativo. Abbiamo Pag. 5stimato, infatti, che solo il 10 per cento di chi perde il lavoro in questa fascia di età riesce a trovarne un altro.
  Credo che dobbiamo prendere atto del fatto che questo fenomeno molto grave, il forte aumento della povertà, era tutt'altro che inevitabile. Avendo il tipo di prestazioni che abbiamo al di sopra dei 65 anni, a tutela delle persone contro il rischio di povertà, anche per altre fasce della popolazione e per altre fasce di età, probabilmente saremmo riusciti a contenere molto di più l'esplosione di questo fenomeno. Questo è dato di fondo su cui dobbiamo riflettere.
  Alla luce di questo, vorrei presentarvi una panoramica delle prestazioni sociali gestite dall'Istituto che ho l'onore di presiedere. Credo che si possano catalogare tre tipi di prestazioni assistenziali.
  Nel primo tipo rientrano le misure direttamente indirizzate a contrastare la povertà, avendo questo obiettivo esplicito.
  Poi ci sono prestazioni più legate, invece, al sostegno a famiglie spesso in condizioni di disagio economico o con disabili.
  Il terzo tipo comprende le prestazioni assistenziali più legate al supporto alla famiglia in generale e alla genitorialità.
  Esistono poi piani per introdurre anche un sistema assistenziale in Italia legato alla disoccupazione di lunga durata. Tuttavia, tali piani non sono ancora stati tradotti in un'iniziativa concreta, cioè devono ancora essere messi in atto.
  Partendo dal primo tipo di strumenti, quelli dichiaratamente contro la povertà, tra questi abbiamo le prestazioni che, come ho già ricordato, sono a favore dei pensionati. Lo strumento principe sono le pensioni sociali, poi gli assegni sociali. Si tratta di una platea di circa 900.000 persone – persone che hanno un reddito inferiore a 5.830 euro – che ricevono questo tipo di trasferimenti di circa 450 euro, mediamente, per tredici mensilità.
  Un'altra prestazione garantita ai pensionati, che ha acquisito nel tempo un carattere sempre più di natura assistenziale – tant’è che è inserita negli strumenti catalogati, analizzati e monitorati dal casellario dell'assistenza – è costituita dalle integrazioni al minimo, che riguardano una platea molto più ampia, di circa 3,5 milioni di persone.
  Per i non pensionati le misure sono molto ridotte, come ho già detto. Abbiamo innanzitutto la Carta acquisti ordinaria, introdotta nel 2008, che dà 80 euro per l'acquisto di beni di consumo, per lo più, e pone condizioni categoriche, molto restrittive, ossia meno di 3 o più di 65 anni di età.
  Ciò è abbastanza singolare perché, come dicevo prima, le persone con più di 65 anni hanno degli strumenti, mentre c’è un grande buco al di sotto dei 65 anni. Della Carta acquisti ordinaria hanno beneficiato mediamente, negli ultimi anni, circa 500.000 persone, di cui la metà con più di 65 anni.
  Nel 2012 è stata introdotta, a livello sperimentale, la nuova Carta acquisti. Tale Carta doveva essere introdotta solo nei comuni con più di 250.000 abitanti: 11 su 12 di questi comuni hanno introdotto lo schema, mentre il dodicesimo, Roma, non l'ha ancora fatto.
  In questo caso il trasferimento è più generoso – può arrivare fino a 400 euro – ma le condizioni sono molto restrittive: bisogna avere almeno una persona che ha perso il lavoro, che precedentemente lavorava, e almeno un minore all'interno della famiglia. A queste si aggiungono ulteriori condizioni. In effetti, il numero dei beneficiari è molto ridotto: circa 27.000 persone all'anno.
  Devo dire che, comunque, queste sperimentazioni e queste misure hanno dato la possibilità a chi amministra le politiche sociali, all'INPS, di migliorare nelle capacità di fare i controlli e gli accertamenti amministrativi che sono necessari per l'erogazione delle prestazioni stesse.
  Abbiamo messo in piedi il casellario dell'assistenza, che è in funzione da circa un mese, che è molto importante per capire quali prestazioni e a chi sono destinate, e per tenere conto dell'insieme delle prestazioni sociali a vantaggio delle famiglie, essendo il panorama molto disordinato.Pag. 6
  C’è stato sicuramente un grande miglioramento sul piano dell'accertamento.
  Un altro aspetto importante dell'accertamento amministrativo è il nuovo ISEE. Si tratta di uno strumento che permette di andare al di là dell'autocertificazione che, come abbiamo visto, in moltissimi casi ha dato luogo ad autocertificazioni sbagliate (non sempre per dolo, spesso semplicemente per errore delle famiglie). Chiaramente il fatto di poter avere dei dati oggettivi su cui basare l'identificazione dei beneficiari migliora di molto le capacità di arrivare davvero alle persone che hanno bisogno.
  Il secondo tipo di prestazioni assistenziali è costituito da quelle a supporto delle famiglie con presenza di disabilità. Le prestazioni dirette sono quelle per l'invalidità civile: ciechi civili, sordi, disabili e portatori di handicap.
  Poi abbiamo misure indirette rivolte alle famiglie in cui sono presenti persone con disabilità. Tra queste misure, l'indennità di accompagnamento è la più importante, ma esistono anche altre forme di sostegno alle famiglie, soprattutto in termini di congedi, ad esempio quelli previsti dalla legge n. 104 del 1992. In questo caso, il problema più importante è legato più che all'accertamento amministrativo a quello sanitario. Probabilmente esistono dei margini di efficienza che possono essere recuperati stabilendo un rapporto più funzionale tra amministrazione locale e amministrazione centrale. Ci sono molti passaggi che spesso allungano i tempi di queste procedure e possono rendere meno evidente l'efficienza nel raggiungere davvero i bisognosi.
  Infine, la terza grande area di prestazioni assistenziali è costituita dalle misure che vanno a supporto diretto della famiglia e della genitorialità. Le più importanti sono gli assegni familiari per le famiglie con più di tre figli, gli assegni di maternità e infine – misura appena introdotta, in vigore dallo scorso 11 maggio – il Bonus bebè, che garantisce 80 euro per trentasei mensilità. Approfitto per dirvi che abbiamo già ricevuto in pochi giorni 15.000 domande per questo strumento.
  Almeno per gli assegni alle famiglie con più di tre figli e gli assegni di maternità, le condizioni di accesso vengono valutate dai comuni, mentre l'INPS eroga i trasferimenti.
  Infine, come ho già accennato, è in previsione uno strumento dedicato a coloro che perdono il lavoro, hanno fruito del periodo di copertura degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione o NASPI o altri strumenti di assicurazione contro la disoccupazione) e al termine di tale periodo si vedono prolungare il trattamento, che definirei di natura assistenziale più che assicurativa. Il progetto è quello dell'ASDI, ma non ha ancora trovato attuazione; siamo in attesa dei decreti attuativi, dopodiché come INPS ci attiveremo nell'approntare tutta la strumentazione e nel renderla il più possibile efficace.
  Per riassumere la mia introduzione, direi che il problema centrale che oggi abbiamo in Italia riguarda soprattutto le persone con meno di 65 anni; è li che abbiamo vissuto un forte incremento della povertà ed è li che manchiamo ancora di strumenti che superino delle condizioni categoriali prive di fondamento economico, perché la povertà è qualcosa che si definisce sulla base di una situazione reddituale. Vediamo che la presenza di bassi redditi si accompagna a condizioni effettivamente di deprivazione materiale.
  Dei 15 milioni di italiani che hanno vissuto un incremento della povertà in Italia negli ultimi anni, come ho già detto, almeno un terzo, secondo Eurostat, vive in gravi condizioni di deprivazione materiale (problemi per il riscaldamento della loro casa o per l'alimentazione). Si tratta davvero di una condizione di povertà da tutti i punti di vista, anche sul piano qualitativo delle valutazioni degli standard di vita. In merito noi non abbiamo ancora strumenti universali e selettivi al tempo stesso; la selettività è legata a questioni di vincoli di bilancio, però vuol dire che noi non distinguiamo tra i cittadini, purché abbiano redditi e condizioni patrimoniali al di sotto di una certa soglia.
  Come ho già detto, c’è questa nuova emergenza, resasi evidente durante la Pag. 7crisi, che riguarda la fascia di età tra i 55 e i 65 anni. Presidente, lei prima diceva che l'INPS ha un ruolo più proattivo. Personalmente credo che in effetti l'INPS abbia al suo interno due cose molto importanti: il capitale umano, ossia persone che hanno dedicato l'intera vita professionale a studiare questo tipo di sistemi e a metterli in atto, persone che conoscono molto bene la normativa e i problemi di implementazione; informazioni molto accurate circa i beneficiari dei trasferimenti e i possibili effetti degli stessi.
  Credo che questo bagaglio di conoscenze debba essere messo a disposizione della collettività, del Parlamento, del Governo. In questa logica formuleremo appunto delle proposte. Ci siamo impegnati, infatti, entro il mese di giugno, ad arrivare a una proposta sull'asse assistenza-previdenza. Poiché sosteniamo che il problema della povertà sia centrale, vogliamo intervenire sulla fascia di età critica, quella che va dai 55 ai 65 anni. Vorremmo proporre qualcosa di completo, ossia una proposta di riforma «chiavi in mano», che può essere messa in atto immediatamente, poiché esistono già gli strumenti normativi, un articolato, e le coperture finanziarie (che vengono trovate all'interno della proposta stessa), e soprattutto esiste già un'amministrazione in grado di mettere in atto queste politiche.
  Quando parliamo di strumenti di assistenza universale e di redditi minimi per le persone al di sotto dei 55 anni, esistono effettivamente dei problemi amministrativi di non scarsa importanza. In Italia, infatti, esistono molte carenze sul piano delle politiche attive del lavoro, quindi è difficile esercitare la condizionalità richiesta per quel tipo di prestazioni, ossia dire alla persona che ne deve beneficiare che, in cambio dell'aiuto che offriamo, vogliamo uno sforzo attivo nella ricerca di un lavoro. Tutto ciò richiede un'amministrazione efficiente.
  Per le persone che hanno più di 55 anni il problema è del tutto secondario perché, come dicevo prima, queste persone, anche quando cercano attivamente un lavoro, non lo trovano. Quindi, questo problema, che viene chiamato di «azzardo morale», per questa fascia di età non è presente, dunque è qualcosa che l'Italia può gestire fin da adesso, senza rischiare gli effetti perversi di questa misura.
  Infine, signor presidente, mi lasci dire una cosa importante che rivendico all'Istituto che ho l'onore di presiedere. Parlo di una misura che è stata varata ieri, che considero molto importante per andare incontro alle famiglie con persone con più di 65 anni e in pensione.
  Come ho già detto, per queste famiglie esistono già degli strumenti di contrasto alla povertà, ma il vero problema è legato a quando le prestazioni vengono erogate. L'INPS, da questo punto di vista, ha un ottimo record perché noi riusciamo a erogare le prestazioni sempre in tempi molto stretti.
  L'ultima legge di stabilità ci aveva imposto di cambiare alcune date di pagamento per ridurre i costi dei bonifici, quindi ci saremmo trovati nella condizione di dover erogare alcune prestazioni a pensionati che hanno la doppia pensione – INPS e INPDAP oppure INPS e ENPALS – il 10 del mese, con un ritardo di circa dieci giorni rispetto alle erogazioni che normalmente quelle persone ricevevano. Da un'analisi svolta ci siamo accorti che circa mezzo milione di queste persone potevano trovarsi in grandi difficoltà, dovendo fronteggiare dei problemi di liquidità, perché, come sappiamo, molte scadenze di pagamento sono all'inizio del mese. D'altra parte, anticipare tutto al primo giorno del mese era oneroso per le casse dello Stato, perché avrebbe significato maggiore spesa per interessi: parliamo di somme ingenti, circa 4 miliardi di euro.
  L'INPS è andata perciò a negoziare con diversi istituti di credito, riuscendo a finanziare una misura che ci permetterà dal 1o giugno di anticipare tutte le pensioni al primo del mese, anche quelle che prima erano pagate il 10, e non solo a coloro che hanno la doppia pensione, ma a tutti. Ciò è stato possibile grazie al fatto che nel negoziato con le banche abbiamo proposto loro di ricevere prima le erogazioni ma in Pag. 8cambio di abbattere in modo consistente gli oneri dei bonifici. Questo ci ha permesso di anticipare i pagamenti.
  Ieri il Governo ha varato il decreto attuativo che ci dà la possibilità di anticipare le pensioni al primo del mese a partire da giugno. A mio avviso, si tratta di un'operazione importante perché evita un problema che, per le famiglie con problemi di liquidità, poteva essere molto serio. Inoltre, semplifica anche la pianificazione familiare perché il primo del mese è il giorno in cui una famiglia riceve tutte le pensioni. Tra l'altro, credo che questi siano i giorni in cui si addensano tutte le scadenze di pagamento. Questa misura potrà semplificare anche, dal nostro punto di vista, l'organizzazione e la gestione, finora complicate dalle diverse fasi di pagamento. Pensiamo, insomma, di avere anche un risparmio sul piano gestionale. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Il presidente Boeri ha messo tanti elementi sul tavolo, quindi non mancheranno, immagino, domande da parte dei colleghi parlamentari. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal presidente Boeri (vedi allegato).
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONATA LENZI. Grazie, presidente Boeri, per la sua illustrazione.
  Dico subito che, essendo noi la Commissione sanità e assistenza, sotto il nome di affari sociali, ed essendo oggi con noi anche la capogruppo del PD in Commissione lavoro, la tentazione, legata agli eventi di queste ore, sarebbe quella di parlare di pensioni (di cui peraltro mi sono occupata per tanto tempo), ma resistiamo.
  In realtà, è anche questa una tendenza di noi italiani: ci occupiamo molto delle pensioni, soprattutto di quelle da erogare, un po’ meno di quelle dei nostri figli, e l'assistenza rimane la «cenerentola» di tutto il sistema. Si tratta di circa 100 miliardi di euro l'anno, ma non vi è una visione complessiva. La richiesta di oggi era, quindi, quella di avere un confronto con l'interlocutore che gestisce i trasferimenti monetari più significativi nel campo dell'assistenza.
  La Commissione peraltro ha discusso ed è intervenuta in maniera assolutamente omogenea per far sì che nella modifica costituzionale in corso anche questa materia ritorni ad avere direttive comuni, visto che sul territorio nazionale in questo campo c’è stata molta creatività, a volte positiva, a volte meno.
  Che cosa ha creato qualche resistenza ? Mi è chiaro che l'intervento nella fascia di età 55-65, proprio venendo dai temi del lavoro, è urgente e necessario, quindi è una priorità condivisa. Quello che ci crea difficoltà è chiamarlo «reddito minimo», perché il reddito minimo è un'altra cosa in Europa. Inoltre, le proposte di reddito minimo, che pur a fatica il Parlamento sta affrontando (al Senato è già incardinata una proposta e alla Camera ne sono depositate diverse) sono tendenzialmente più universali, ossia possono essere rivolte al nucleo familiare nella stragrande maggioranza dei casi, guardano alla condizione di povertà e non solo a una fascia d'età. Questa è una differenza non di poco conto nell'impostazione della questione.
  Il nostro Parlamento – proprio la Camera – ha votato già due mozioni sul tema della povertà infantile. Essendovi 1.900.000 minori in condizioni di povertà, non è questo un tema che possiamo ignorare. Inoltre, sappiamo bene che quanto abbiamo fatto a proposito del Bonus bebè, ossia modificare la proposta e cercare di articolarla tenendo conto non solo del sostegno alla natalità ma anche dei redditi, non è però sufficiente. Se la social card fosse estesa, dalla fascia 0-3 anni alla fascia d'età fino a 15 anni, le famiglie avrebbero più risorse.
  Insomma, la difficoltà maggiore è essere consapevoli che c’è una condizione di povertà che ha colpito, come lei ha ricordato, una fascia precisa della popolazione che non è solo legata al tema dei lavoratori che hanno perso il lavoro nella fascia Pag. 955-65 anni. A tale proposito mi permetto di dire che, se si arriva a una maggiore flessibilità in uscita, forse si riesce a concentrare l'intervento in un numero più ristretto di anni. Questo vale soprattutto per le donne, dove il salto da 60 a 66 anni in un colpo solo è stato molto duro e molto difficile da attenuare.
  La seconda domanda attiene ai temi della disabilità e della non autosufficienza. Abbiamo seguito con molta attenzione la caccia ai falsi invalidi e sappiamo che i risultati sono molto più controversi di quanto atteso all'inizio e ormai questa categoria è soggetta a molti controlli. Il tema della non autosufficienza intreccia l'intervento nei confronti delle famiglie. Per un Paese con il nostro quadro demografico è un tema all'ordine del giorno.
  Sapendo quali sono i limiti, auspichiamo e vorremmo un sistema che tenga conto, per esempio, di fasce sia di gravità delle condizioni del soggetto sia di reddito della famiglia. Vorremmo poter intervenire in maggiore connessione con il sistema sanitario.
  Qualcosa comincia a muoversi e un'interlocuzione con l'INPS sarebbe di grande utilità.

  PAOLA BINETTI. Quando ho raccontato nel giro degli amici che oggi avremmo incontrato lei, cioè la massima autorità dell'INPS, ho ricevuto molte domande. Mi corre l'obbligo di sintetizzarne alcune, dopodiché le porrò una mia personale questione.
  La prima cosa che la gente chiede è come sia possibile ricevere più pensioni. Anche lei prima vi ha fatto riferimento. La gente vorrebbe ricevere una pensione e, come sa bene la mia amica e collega, il ricongiungimento oneroso delle pensioni è una delle cose più difficili da accettare per le persone che pagano i contributi e non scelgono a chi pagarli. Li pagano, a seconda di dove lavorano, a chi viene detto loro di pagare. Avere spezzoni di pensioni diverse con un ricongiungimento oneroso molto complesso è una prima difficoltà.
  La seconda domanda è perché occorra aspettare tanto per avere la pensione. Siccome è così chiaro il momento in cui si andrà in pensione, perché aspettare tanto per averla ? Colleghi professori universitari, ad esempio, sono andati in pensione il primo di novembre e ancora non hanno ricevuto niente.
  Queste sono questioni che non toccano la soglia di povertà, ma innestano nella vita delle persone periodi di povertà, a cui dobbiamo abituarci. Si tratta di persone non povere, ma che risultano impoverite da una situazione che, per altro, viene registrata come ingiusta.
  Detto questo, per rimanere sul piano dell'assistenza, quello che riguarda più specificatamente la nostra Commissione, mi interessa il fatto che, entrando nel vivo delle situazioni concrete delle persone, ci si rende conto che la pensione di invalidità di circa 280 euro e l'indennità di accompagnamento non definiscono l'area dell'autonomia di una persona.
  Alcune regioni hanno varato le cosiddette leggi sulla vita indipendente, con cui intervengono a integrare le risorse che vengono dall'INPS. In realtà, quello che viene meno è il senso della dignità di queste persone, che peraltro si trovano molto spesso in condizioni di disabilità.
  Credo che abbiamo bisogno di pensare a un modello diverso. O entriamo nell'ordine di idee che di queste persone dobbiamo farci carico e quindi calcoliamo un valore che permetta di avere un certo livello di autonomia, perlomeno sotto il profilo economico, oppure il nostro risulta essere millantato credito.
  C’è un'idea di separazione tra ciò che il sistema sanitario offre e ciò di cui si ha bisogno nell'anzianità avanzata, nella disabilità, nella cronicità. Le cose che servono il sistema sanitario non le passa, benché siano strettamente legate al proprio disagio personale.
  È una particolarità che riguarda il mondo del sociale e che, per un verso, è debitore al mondo del lavoro, e non a caso è competente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma per altro verso è strettamente debitore ad aspetti più sanitari, tant’è vero che non riusciamo a far passare il famoso concetto di livelli essenziali Pag. 10di assistenza socio-sanitaria perché attengono a soggetti diversi. Viceversa sono livelli che definiscono lo stato di bisogno delle persone e questo ci impegna a venire loro incontro.
  La mia domanda riguarda questa fascia di persone. Vorrei capire se e in che modo si possa giungere a un progetto unitario che venga loro incontro. Lei prima parlava di pensione al primo del mese. Si potrebbe arrivare, per queste persone, a una sorta di pensione omnicomprensiva delle diverse risorse che vengono messe a loro disposizione ?
  Così frammentate non riescono a dare loro né il senso della previsione concreta né il senso di una restituzione di dignità.

  PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di essere sintetici così riusciamo tutti a fare le domande.

  MARISA NICCHI. Anche io resisto alle sollecitazioni che riguardano il dibattito attuale sulle pensioni. Aggiungo il tema dell'Opzione donna. Lo cito come capitolo, ma non voglio entrare nel merito perché le domande sono altre.
  Lei ha individuato questa fascia di popolazione molto vulnerabile composta da uomini e donne tra i 55 e i 65 anni espulsi ed espulse dal sistema produttivo. In corrispondenza a questo, richiamo il primato, ricordato dall'onorevole Lenzi, della povertà infantile. Credo che abbia un picco eccessivo per una democrazia, anche perché si tratta di una cicatrice che tanti bambini e bambine si porteranno nel futuro. Credo che questa particolarità debba essere messa a fuoco meglio.
  Lei ha parlato di una proposta che riordina il settore dell'assistenza. A questo lego la mia domanda. Come lei sa, è in discussione in quasi tutta Europa una misura di sostegno brevemente definita come reddito di cittadinanza, reddito minimo, reddito di dignità. Non voglio però entrare nelle differenze, che pure sono un tema importante.
  Se volessimo – come noi vogliamo – garantire in modo universale, pur mettendo in evidenza le fasce più critiche, a tutti e tutte di non vivere al di sotto della soglia di povertà, potreste indicarci, se esiste, un vostro studio o una vostra stima dei costi di questa che, al di là del merito, dovrebbe essere considerata – e il nostro gruppo ritiene che lo sia – una priorità per questo Paese ?

  GIULIA GRILLO. Cercherò di essere breve. Dall'introduzione che ha fatto, presidente, sembrava che stesse parlando un membro del Movimento 5 Stelle.
  Lei ha messo il dito nella piaga. Ha detto chiaramente che la situazione di povertà in cui versano 15 milioni di cittadini, un terzo dei quali vive in condizioni di gravissima deprivazione, era evitabile perché l'Italia, a differenza di altri Paesi, non si è nel tempo dotata di uno strumento utile a questo scopo.
  Il suo j'accuse mi pare chiarissimo. È un punto di partenza e spero che oggi ce ne andremo da qui con questa consapevolezza. Esiste un grande vulnus, che deve essere perentoriamente risolto.
  Per questo il gruppo politico di cui mi onoro di fare parte ha fatto della proposta sul reddito di cittadinanza un cavallo di battaglia. È semplicemente un fatto umano. Uscendo da tutte le possibili logiche dei dati macroeconomici, quando lei mi dice che 5 milioni di cittadini sono in gravissime condizioni di deprivazione, non riesco a farmi uscire la voce dalla bocca. Questi cittadini sono essere umani come me e un giorno potrei essere io al posto loro. Bisogna pensare anche al fatto che quello che capita agli altri potrebbe capitare a noi. Oggi forse questo manca agli italiani.
  Mi sembra, da quello che ha detto, che lei sostenga quello che sosteniamo noi e cioè che tutti gli interventi che sono stati fatti fino a oggi, dalla social card al Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), siano interventi spot, un caos disorganizzato o forse organizzato. Mi chiedo, dottor Boeri, come mai la Commissione europea, che ci chiede grandi riforme, non ci abbia chiesto questa riforma. A me sembra che sia la prima riforma che un Presidente del Consiglio dovrebbe fare appena si insedia.Pag. 11
  Le chiedo una valutazione della proposta del Movimento 5 Stelle e una valutazione sull'urgenza che ha il Governo di emanare un provvedimento serio o di approvare la nostra proposta al Senato. Vedendo tutte le ostilità che ci sono, mi sembra difficile. Noi, però, presidente Boeri, scongiuriamo altri interventi una tantum. Navighiamo a vista.
  Lo dico perché la collega Di Vita, ha fatto un'interrogazione per conoscere i risultati della sperimentazione del SIA. Sono dati che mi auguro almeno voi abbiate. Noi li abbiamo dovuti chiedere e hanno risposto solo i comuni di Milano e Napoli. A Napoli, per esempio, su 2.281 richiedenti solo 1.356 sono stati ritenuti idonei, mentre a Milano gli idonei sono 769 su 1.741. Alcuni soggetti godono già di altri benefici economici e quindi si tratterebbe di un cumulo di sussidi e contributi. Senza fare alcun tipo di programmazione e di analisi dei fabbisogni dei cittadini, si agisce in maniera caotica e disorganizzata.
  Sulla questione dell'ISEE, anche noi, come gruppo politico, abbiamo fatto una battaglia importante, che è stata confermata peraltro dalla sentenza del TAR del Lazio, sul conteggio dell'indennità di accompagnamento nel reddito. Come lei ben sa, è stato dichiarato illegittimo e sappiamo che il Ministero intende fare ricorso contro questa sentenza. Chiediamo una sua valutazione su questo aspetto, che ci vede fortemente ostili, come abbiamo detto ovunque.
  L'ultimo punto riguarda le invalidità civili. Anche la Corte dei conti ha affermato che gli accertamenti sulle frodi non sono stati così remunerativi e reali come ci si aspettava. Addirittura, c’è una percentuale dello 0,06 per cento di revoca della prestazione accertata come frode. La maggior parte di quelle revocate sono state revocate perché veniva meno il diritto.
  Ci sono due questioni. In primo luogo, il Movimento 5 Stelle ha detto mille volte che va cambiato il modello di accertamento della disabilità, tenendo conto della Classificazione internazionale delle funzioni e delle disabilità. Ma non lo diciamo solo noi. Lo dicono tutti. È un'altra delle riforme vere che si dovrebbero fare, non come le riforme finte che fa il Presidente del Consiglio. Ci chiediamo cosa si stia aspettando.
  In secondo luogo, ci preoccupiamo quando Yoram Gutgeld dice che, esistendo grandi differenze interregionali nelle prestazioni, queste vanno ridotte. Gutgeld sarà un economista, ma vediamo il perché di queste differenze. I cittadini del sud hanno più indennità di accompagnamento e più prestazioni di invalidità civile non collegate a frodi forse perché ci sono altri problemi. Forse mancano altri tipi di ammortizzatori e si ammalano di più. Forse nel sud si sta peggio. Ci sono altri elementi che vanno analizzati. Queste analisi, fatte da economisti di fama mondiale che non si rendono conto che la vita delle persone è tutta un'altra cosa, sinceramente ci allarmano.
  Chiudo con una nota suggeritami dal collega Pesco. Si parla della fascia di età dai 55 ai 65 anni come di quella più vulnerabile. Noi diciamo che è ovvio. Se il Governo non fa una politica seria di occupazione, se il Governo non fa un piano industriale, se il Governo non è in grado di aumentare il PIL, dov’è l'occupazione ? L'occupazione va creata.
  Noi abbiamo previsto il reddito di cittadinanza non perché lo vogliamo sostituire a un piano di sviluppo. Quella è un'emergenza. Come dice lei, deve servire in questi grandi momenti di difficoltà. Il piano di sviluppo economico del Paese, tuttavia, va fatto perché altrimenti avremo sempre cittadini tra i 55 e i 65 anni che perderanno il lavoro. Probabilmente ci saranno anche cittadini che il lavoro non l'avranno mai, visto che abbiamo il 40 per cento di disoccupazione giovanile. Oggi possiamo dire che l'hanno perso. Domani diremo che non l'hanno mai avuto. C’è anche un'altra urgenza nel Paese.
  Chiedo una sua valutazione su tutti questi aspetti. Mi rendo conto che sono tanti, ma una risposta mi basterebbe.

  MARIALUISA GNECCHI. Ringrazio la Commissione XII di averci accolto. Al Pag. 12presidente Boeri, come XI Commissione, porremo domande legate alle pensioni. La cosa su cui però ci aspettiamo che l'INPS aiuti il legislatore è l'analisi dell'aspettativa di vita, che è la via di mezzo tra gli Affari sociali e la Commissione lavoro.
  In questo momento l'aspettativa di vita è uguale per tutte le categorie di lavoratori, qualunque lavoro si faccia. Sappiamo invece che i lavori sono diversi. L'INPS è l'ente giusto perché ha tutti i dati, dalla durata media della vita a seconda dei vari lavori, alle fasi legate alla malattia e agli interventi coperti per tutte le categorie di lavori usuranti.
  Per noi questa è un'urgenza perché dal 1o gennaio 2016 l'aspettativa di vita si alzerebbe di altri quattro mesi. Il decreto c’è già, ma noi faremo di tutto perché venga ritirato e l'aspettativa di vita venga modificata. È un tema a metà tra le nostre due Commissioni sul quale vorremmo un impegno reale dell'INPS.
  I colleghi approfittano del fatto che mi sia stata data la parola per ricordare la risoluzione della XII Commissione sui medici fiscali per il pubblico e per il privato. Vorrebbero sapere a che punto sia la questione. Riassumo anche quanto ha detto la collega del Movimento 5 Stelle. Avremmo bisogno di capire, al di là del battage pubblicitario che viene fatto, purtroppo, su queste situazioni, quale sia davvero lo stato dei controlli sui falsi invalidi. È ovvio che la mancanza di lavoro crei una serie di malattie correlate. È quindi inevitabile che ci siano situazioni diverse nelle diverse regioni del Paese.
  Sono proprio gli aspetti che riguardano le nostre due Commissioni.

  DANIELE PESCO. Con riferimento alla proposta del reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle, vorrei segnalarle che 15,5 miliardi sui 17 miliardi di euro impiegati sono destinati all'integrazione del reddito. Le faccio una domanda da economista. Secondo lei questi 15,5 miliardi non potrebbero produrre sviluppo per il Paese e creare maggiore occupazione, visto che tutti andranno in consumi ?
  Vorrei porle un'altra domanda. Se ha approfondito la nostra proposta sul reddito di cittadinanza, avrà potuto vedere che buona parte è riferita a un modello di micro-simulazione creato dall'ISTAT nella relazione annuale 2014. Questa micro-simulazione mostra che il reddito di cittadinanza potrebbe essere destinato a circa 3,3 milioni di famiglie. Dall'integrazione del reddito di questi 3,3 milioni di famiglie deriva il costo di 15,5 miliardi.
  Vorrei chiederle se si sente di avallare questo studio oppure se la sua opinione è contraria.

  DAVIDE BARUFFI. Ringrazio Tito Boeri per le informazioni che ci ha dato. Vorrei porre due questioni per conoscere per quanto possibile gli orientamenti dell'Istituto, sapendo che arriveranno proposte a breve.
  La prima questione riguarda la priorità da lei indicata per la fascia di età 55-65 anni. Riprendo una considerazione dell'onorevole Lenzi. La nostra preoccupazione è che nelle risposte attese si mescolino cose molto diverse le une dalle altre. Vengono evocati redditi minimi e di cittadinanza, prepensionamenti, politiche attive. Visto che stiamo aspettando il decreto del governo, abbiamo anche la preoccupazione che si decida di investire risorse su persone di sessant'anni per reimmetterle nel mercato del lavoro. Vorrei capire il vostro orientamento per fare chiarezza in questo ingorgo di informazioni che escono.
  La seconda questione è sempre di orientamento. Immagino che farete una proposta per una inevitabile rivisitazione degli strumenti che già esistono. Tra i principali strumenti relativi al sostegno alle famiglie e alla genitorialità lei ne ha elencati tre. Se ne implementano anche altri a proposito di figli oltre il quarto eccetera. Ci sarà la capacità di riordinare tutto questo ?
  Il legislatore ha consapevolezza di aver proceduto per giustapposizioni e implementazioni non sempre razionali, anche con l'ultimo intervento. Vorrei un riscontro positivo sul fatto che, nella misura in Pag. 13cui l'INPS stessa avanzerà una proposta, sarà in grado di riordinare strumenti, politiche e servizi che, allo stato delle cose, si giustappongono e si sovrappongono.
  Non dico niente sul tema delle ricongiunzioni. In quel caso la povertà la generiamo noi. Se avessimo la capacità non solo di contrastarla, ma di non generarla. Avremmo dato un contributo.
  Sottoscrivo quanto detto dalla collega Binetti.

  PRESIDENTE. Presidente Boeri, aggiungerei una domanda, cercando di praticare la sintesi che raccomando agli altri.
  Tra i dati riguardanti l'accompagnamento e l'invalidità mi ha colpito il fatto che due province sarde sono ai primi posti per prestazioni di accompagnamento erogate ogni cento abitanti e sei province sarde sono nei primi quattordici posti. Lo stesso vale per l'invalidità. Ci sono tre province sarde ai primi tre posti e sette nei primi ventuno.
  Peraltro, come lei sa, la Sardegna è una regione che ha implementato molto l'attività della legge nazionale n. 162 del 1998, cioè il fondo per le disabilità, su cui abbiamo una legislazione all'avanguardia, che investe somme che vanno verso i 150 milioni di euro l'anno per l'accompagnamento delle sofferenze della disabilità.
  Vorrei chiedere se l'INPS sia a conoscenza di un motivo particolare per una presenza di accompagnamenti e di invalidità così elevata in Sardegna ogni cento abitanti. Allargando la domanda fuori dai confini della Sardegna, le vorrei chiedere se esista una fascia grigia di prestazioni erogate, in parte di tipo previdenziale e assistenziale e in parte di tipo sanitario, concentrate tutte nella fascia della cronicità, cioè nella fascia di quelli che un tempo venivano considerati gli ultimi anni di vita dell'individuo, che ormai si sono ampiamente dilatati.
  Esiste da parte dell'INPS l'intenzione di sondare nel dettaglio quali siano le diverse previdenze e se queste diverse forme possano essere eventualmente messe a regime e unificate perché l'intervento sulla fascia di cronicità della popolazione anziana nelle regioni italiane diventi omogeneo, anche sul piano degli strumenti attraverso cui viene erogato ?
  Do ora la parola al presidente Boeri per la replica.

  TITO BOERI, Presidente dell'INPS. Vi sono grato per le domande, tutte molto puntuali e stimolanti. Le proposte che svilupperemo e presenteremo alla fine di giugno affronteranno alcuni degli aspetti che avete sollevato.

  PRESIDENTE. Mi scusi, la interrompo per un ultimo intervento, che immagino sarà davvero un flash.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Intervengo sul tema delle disabilità. Vorrei conoscerne il valore assoluto. Sarebbe cioè possibile avere, anche tra qualche giorno, il valore assoluto delle persone affette da disabilità che a oggi si trovano sotto la soglia di povertà ? È un dato particolarmente importante. Ci sono alcune categorie di persone, cioè i pensionati e i disabili, sulle quali dovremmo intervenire immediatamente.
  Se potesse fornirci questo dato, ci sarebbe molto utile.

  PRESIDENTE. Mi è sembrato opportuno permettere al collega di fare la sua precisazione. Restituisco la parola al presidente Boeri.

  TITO BOERI, Presidente dell'INPS. Come ripeto, sono tutte domande molto stimolanti. Le proposte che svilupperemo riguardano l'asse assistenza-previdenza. Affronteremo pertanto solo alcune delle problematiche che avete qui testimoniato.
  Sono consapevole del fatto che i problemi legati alle disabilità e alle politiche per la famiglia siano temi di grande importanza. Adesso vi daremo delle risposte al riguardo, ma le proposte che formuleremo sono più legate a questa eredità della crisi che ruota intorno a povertà, assistenza e previdenza.
  Molte domande erano sul tema del reddito minimo, cioè una prestazione universale Pag. 14e selettiva da introdurre in Italia per contrastare la povertà. Posso raggrupparle in questo modo. Gli onorevoli Lenzi, Nicchi e Baruffi chiedevano perché solo la fascia di età tra i 55 e i 65, quando abbiamo problemi molto seri anche al di sotto. Ne sono personalmente consapevole per essermi occupato in passato moltissimo del problema della povertà giovanile e della povertà minorile.
  Lo spirito delle proposte che noi formuleremo è quello di essere proposte che possano essere messe in pratica immediatamente, con le sole forze ed energie di cui l'Istituto che presiedo dispone e con la strumentazione legislativa che verrà formulata. Ricordavo che esiste un problema. Se vogliamo introdurre strumenti di contrasto alla povertà come il reddito minimo al di sotto dei 55 anni di età, abbiamo bisogno di un'efficiente amministrazione delle politiche del lavoro e delle politiche attive affinché possa essere esercitata la condizionalità che viene richiesta.
  Oggi questa amministrazione in Italia purtroppo non esiste. In molte regioni questa capacità non c’è. L'INPS non ha compiti a questo riguardo e non possiamo proporre interventi che non siano immediatamente fattibili. Tante cose si possono e si potranno fare, ma occorrono un intervento e scelte politiche a riguardo. Dai 55 anni in su – l'idea è razionalizzare anche gli schemi che esistono al di sopra dei 65 anni – è invece possibile agire con le risorse di cui già oggi disponiamo e con le amministrazioni che sono già operative.
  Questa è la ragione. Tale intervento non vuole opporsi o essere in contraddizione con interventi che riguardino invece la popolazione più giovane. Anzi, è fortemente complementare. L'auspicio è che il Governo, supportato dal Parlamento, affronti il problema. A quel punto si potrebbe avere davvero un sistema di reddito minimo di contrasto alla povertà che valga per l'intera popolazione italiana. Bisogna fare scelte importanti; sono all'interno di quelle cose che potremo gestire in futuro, almeno allo stato attuale, in base ai compiti che la legge ha assegnato all'INPS e alle risorse che l'Istituto gestisce.
  Il costo di questo strumento dipende da una serie di valutazioni, che stiamo facendo. Siccome vogliamo presentare una proposta che sia in grado di auto-finanziarsi, le valutazioni dei costi sono anche legate alle possibilità di finanziamento. In questo momento non sono quindi in grado di darvi delle cifre. Ve le darò quando presenteremo le proposte.
  È chiaro che il costo varia moltissimo a seconda della soglia di reddito che viene prescelta per fornire questo sostegno. Rilevano qui sia la generosità dello strumento sia altre considerazioni legate al modo in cui vengono misurate le condizioni patrimoniali delle famiglie.
  L'onorevole Grillo chiedeva perché l'Unione europea non abbia sostenuto questa misura. È una domanda che non può essere posta a me. Avrò prossimamente occasione di parlare a livello europeo sia del problema del pensionamento flessibile sia della questione di una condizionalità diversa, che leghi un maggiore coordinamento delle politiche europee alla possibilità di accedere a strumenti di assistenza gestiti maggiormente a livello europeo.
  Non mi illudevo che oggi non si parlasse di pensioni. In Italia pensioni e assistenza sono strettamente legate. L'operazione a cui stiamo pensando ci permetterebbe di definire in modo molto più preciso i confini tra pensioni e assistenza. Ne sono perfettamente consapevole. Penso che occorra fare un importante discorso sulla flessibilità in uscita.
  Ritengo che, se quando a metà degli anni Novanta siamo passati da un sistema retributivo a un sistema contributivo avessimo passato pro-rata tutte le persone immediatamente al sistema contributivo, oggi potremmo affrontare il discorso della flessibilità in uscita in un modo ben diverso. Adesso abbiamo invece questo blocco per le generazioni del sistema misto, che si dovrà ridurre quando passeremo al contributivo. Credo che dobbiamo usare il riferimento al sistema contributivo anche per introdurre in Italia forme di flessibilità.
  L'unificazione è uno dei principi cardine su cui svilupperemo le nostre proposte, Pag. 15soprattutto come unificazione delle pensioni a livello familiare. Il pagamento al primo del mese è un primo piccolo passo, ma importante. C’è anche l'unificazione delle prestazioni tra gestioni diverse. Anch'io sono convinto che le ricongiunzioni onerose siano molto penalizzanti, soprattutto per persone che hanno problemi di liquidità e devono pagare somme ingenti.
  Un altro aspetto molto importante è quello dell'armonizzazione, cioè della maggiore equità nei trattamenti, superando le differenze di trattamento presenti oggi.
  È molto importante anche l'aspetto del mercato del lavoro ricordato dall'onorevole Gnecchi. È il canale principale attraverso il quale ridurre la povertà. Non dimentichiamo però che in Italia c’è anche povertà tra chi lavora e che questa è aumentata in modo non piccolo. Il problema riguarda altri strumenti, che sono stati discussi nella Commissione lavoro. Ho avuto l'onore di partecipare, ad esempio, a discussioni sul salario minimo. Sono altri gli strumenti che possono essere attivati per contrastare la povertà tra chi lavora.
  Sulle disabilità lascerò la parola al direttore Ghersevich che può rispondere più precisamente. Faccio soltanto una considerazione di carattere generale. Anch'io ritengo che in questo universo ci siano pochi margini per risparmiare attraverso la repressione e i controlli. Molto è stato fatto. Ci sono stati sicuramente guadagni di efficienza e sono lieto di poter dire che l'INPS ha contribuito in modo importante a questi risparmi.
  Credo però che i miglioramenti di efficienza adesso siano soprattutto da legare alla fase di accertamento, migliorando i rapporti tra centro e periferia, che oggi sono tutt'altro che efficienti, e alle procedure. Ci sono molte considerazioni da fare riguardo al fatto che alcune prestazioni potrebbero essere erogate, ad esempio, in natura e ci sono esperienze internazionali a cui guardare con estremo interesse. Sulle politiche della famiglia il direttore Sabatini potrà darvi ulteriori elementi. Anche qui c’è molto da migliorare.
  Se il presidente è d'accordo, lascerei spazio ai direttori.

  MARCO GHERSEVICH, Dirigente generale della Direzione centrale Assistenza ed invalidità civile dell'INPS. Visto il poco tempo a disposizione, mi limito a due flash. Per quanto riguarda le verifiche straordinarie dell'invalidità civile, più volte, nel fornire elementi per le interrogazioni parlamentari e i question time, l'Istituto ha sottolineato il fatto che le verifiche straordinarie dell'invalidità civile nulla avevano a che fare con i falsi invalidi. L'attività dell'Istituto è stata infatti quella di verificare il requisito della permanenza di certe caratteristiche e, su quella base, confermare o ridurre il livello di invalidità riscontrato con l'accertamento sanitario.
  Dal 2009 al 2014 abbiamo visitato più di un milione di invalidi civili. L'Istituto ha cioè verificato poco più di un milione di invalidi civili. Da un punto di vista gestionale, mediamente in questi anni abbiamo non confermato circa il 20 per cento delle visite.
  Per quanto invece riguarda i risparmi, il dato relativo a quante pensioni sono state revocate o ricostituite, cioè ricalcolate in base a una valutazione inferiore, passando, ad esempio, dal 90 per cento all'80 per cento, è soggetto alle variazioni legate al contenzioso giudiziario, che, come sapete, ha tempi molto lunghi. Il dato che già abbiamo fornito al Parlamento in tutti questi anni era intorno ai 300 milioni di euro, ma è una cifra non certificabile.
  Mi limito a fare una battuta sulla Sardegna, presidente. Le confermo quanto ha visto. Sappiamo che Oristano è la provincia in Italia con la maggiore percentuale di invalidi rispetto alla popolazione residente. In base ai nostri numeri più recenti, il 9 per cento dei cittadini di Oristano riceve una prestazione di invalidità Pag. 16civile. Noi facciamo queste analisi per sapere quante visite dobbiamo fare e per gestire le operazioni.
  Non abbiamo ancora, ad esempio, un'analisi puntuale del coefficiente di pensionamento standardizzato rispetto alla popolazione, cosa che invece sul casellario dei pensionati si fa già da tanti anni.
  Ci stiamo attrezzando per poter valutare anche queste situazioni.

  LUCA SABATINI, Dirigente generale della Direzione centrale Prestazioni a sostegno del reddito dell'INPS. In merito alla genitorialità, l'Istituto non può che riscontrare la pluralità di interventi in atto, rilanciata anche dalla legge di stabilità del 2015. Situazioni di possibile sovrapposizione di misure potranno verificarsi. L'Istituto in tal senso ha un compito di monitoraggio.
  Ricordo che, accanto alle tutele previdenziali standard, che per aspetti come le tutele classiche della maternità legate alle varie tipologie di lavoro, vengono ulteriormente ampliate anche dal recente schema di decreto per la conciliazione vita-lavoro all'esame di alcune Commissioni, ci sono l'assegno di maternità per lavori discontinui – il cosiddetto assegno di Stato –, l'assegno di natura assistenziale concesso dai Comuni e l'assegno per i nuclei familiari con limiti dettati di reddito ISEE, ai quali si andrà a sommare la misura del «bonus bebé», che attiene a limiti reddituali fino a 25.000 euro di tetto ISEE, con i 7.000 euro valorizzati il doppio della misura rispetto alla fascia dai 7.000 ai 25.000 euro. All'interno di alcune fasce reddituali queste normative si sono stratificate nel tempo e probabilmente abbracceranno tutele sovrapposte.
  Le monitoreremo e potremo fare proposte di semplificazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.

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