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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 42 di Martedì 26 maggio 2015

INDICE

Audizione di persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. A ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 13 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 13 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 14 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 14 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 14 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 14 
Arrigoni Paolo  ... 15 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 15 
Arrigoni Paolo  ... 15 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 15 
Arrigoni Paolo  ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 16 
Arrigoni Paolo  ... 16 
Comerio Giorgio  ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Comerio Giorgio  ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 16 
Puppato Laura  ... 17 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 
Puppato Laura  ... 17 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Puppato Laura  ... 19 
Comerio Giorgio  ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 19 
Comerio Giorgio  ... 20 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 21 
Comerio Giorgio  ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Comerio Giorgio  ... 21 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Puppato Laura  ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 22 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Comerio Giorgio  ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Comerio Giorgio , persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 

Audizione del direttore generale di Solvay, Marco Colatarci:
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 
Colatarci Marco , direttore generale di Solvay ... 24 
Bratti Alessandro , Presidente ... 28 
Colatarci Marco , direttore generale di Solvay ... 28 
Bratti Alessandro , Presidente ... 28 
Colatarci Marco , direttore generale di Solvay ... 29 
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 
Colatarci Marco , direttore generale di Solvay ... 29 
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 
Cintioli Paolo , consulente legale Solvay ... 29 
Bratti Alessandro , Presidente ... 30 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 30 
Bratti Alessandro , Presidente ... 30 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 30 
Colatarci Marco , direttore generale di Solvay ... 31 
Di Giovanni Paolo  ... 31 
Trezzi Aldo  ... 31 
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 
Trezzi Aldo  ... 32 
Cintioli Paolo , consulente legale Solvay ... 32 
Bratti Alessandro , Presidente ... 33 
Cintioli Paolo , consulente legale Solvay ... 33 
Puppato Laura  ... 33 
Cominelli Miriam (PD)  ... 33 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 34 
Bianchi Stella (PD)  ... 34 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 34 
Bratti Alessandro , Presidente ... 34 
Colatarci Marco , direttore generale di Solvay ... 34 
Di Giovanni Paolo  ... 35 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 36 
Di Giovanni Paolo  ... 36 
Cintioli Paolo , consulente legale Solvay ... 36 
Trezzi Aldo  ... 36 
Di Giovanni Paolo  ... 37 
Bratti Alessandro , Presidente ... 37 

Audizione del general counsel di Edison, Piergiuseppe Biandrino:
Bratti Alessandro , Presidente ... 37 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 38 
Bratti Alessandro , Presidente ... 39 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 39 
Bratti Alessandro , Presidente ... 40 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 40 
Bratti Alessandro , Presidente ... 41 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 41 
Bratti Alessandro , Presidente ... 41 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 41 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 42 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 42 
Bratti Alessandro , Presidente ... 43 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 43 
Bratti Alessandro , Presidente ... 45 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 45 
Bratti Alessandro , Presidente ... 46 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 46 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 47 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 47 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 47 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 47 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 47 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 47 
Bratti Alessandro , Presidente ... 47 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 47 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 47 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 47 
Bratti Alessandro , Presidente ... 48 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 48 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 48 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 48 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 48 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 48 
Bianchi Stella (PD)  ... 48 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 48 
Bianchi Stella (PD)  ... 48 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 49 
Bianchi Stella (PD)  ... 49 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 49 
Bratti Alessandro , Presidente ... 49 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 49 
Bianchi Stella (PD)  ... 49 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 49 
Bratti Alessandro , Presidente ... 50 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 50 
Bratti Alessandro , Presidente ... 50 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 50 
Bratti Alessandro , Presidente ... 50 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 50 
Bratti Alessandro , Presidente ... 51 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 51 
Bratti Alessandro , Presidente ... 51 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 51 
Bianchi Stella (PD)  ... 51 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 52 
Bratti Alessandro , Presidente ... 52 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 52 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 52 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 53 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 53 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 53 
Bratti Alessandro , Presidente ... 53 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 53 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 53 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 53 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 53 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 53 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 53 
Bratti Alessandro , Presidente ... 54 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 54 
Bratti Alessandro , Presidente ... 54 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 54 
Bratti Alessandro , Presidente ... 54 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 54 
Bratti Alessandro , Presidente ... 56 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 56 
Bratti Alessandro , Presidente ... 56 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 56 
Bratti Alessandro , Presidente ... 56 
Biandrino Piergiuseppe , general counsel di Edison ... 56 
Bratti Alessandro , Presidente ... 56 

Audizione del direttore generale dell'Arta Abruzzo, Mario Amicone:
Bratti Alessandro , Presidente ... 56 
Amicone Mario , direttore generale dell'ARTA Abruzzo ... 57 
Bratti Alessandro , Presidente ... 57 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 57 
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 58 
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 58 
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 58 
Bratti Alessandro , Presidente ... 58 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 58 
Amicone Mario , direttore generale dell'ARTA Abruzzo ... 59 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 59 
Bratti Alessandro , Presidente ... 59 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 59 
Bratti Alessandro , Presidente ... 60 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 60 
Amicone Mario , direttore generale dell'ARTA Abruzzo ... 60 
Bratti Alessandro , Presidente ... 60 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 60 
Bratti Alessandro , Presidente ... 60 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 60 
Bratti Alessandro , Presidente ... 60 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 60 
Bratti Alessandro , Presidente ... 60 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 60 
Bratti Alessandro , Presidente ... 61 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 61 
Amicone Mario , direttore generale dell'ARTA Abruzzo ... 61 
Bratti Alessandro , Presidente ... 61 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 61 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 61 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 61 
Bratti Alessandro , Presidente ... 61 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 61 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 62 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 62 
Bratti Alessandro , Presidente ... 62 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 63 
Amicone Mario , direttore generale dell'ARTA Abruzzo ... 63 
Bratti Alessandro , Presidente ... 63 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 63 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 63 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 63 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 63 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 64 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 64 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 64 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 64 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 64 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 64 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 64 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 64 
Bratti Alessandro , Presidente ... 65 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 65 
Bratti Alessandro , Presidente ... 65 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 65 
Bratti Alessandro , Presidente ... 65 
Damiani Giovanni , direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo ... 65 
Bratti Alessandro , Presidente ... 66

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 11.

Audizione di persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Si tratta di Giorgio Comerio, che è stato convocato nell'ambito dell'approfondimento sulle cosiddette «navi a perdere». Nella scorsa legislatura la Commissione, in cui ero capogruppo, ha fatto una serie di approfondimenti sulla questione. Direi che ogni Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti si è occupata di questa vicenda. Anche l'attuale Commissione ha deciso deciso di fare un ulteriore approfondimento, cercando di non rifare tutta la storia che è stata oggetto di vari racconti, di varie libri, di varie relazioni, ma di approfondire ed eventualmente fare luce su alcune questioni mai chiarite.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  L'audizione odierna si svolge in forma libera e in ogni caso resta fermo il dovere per tutti i soggetti auditi, trattandosi di un'audizione svolta innanzi a una Commissione parlamentare d'inchiesta, di riferire con lealtà e completezza le informazioni in loro possesso concernenti la questione di interesse della Commissione stessa.
  Prima di cedere la parola a Giorgio Comerio per lo svolgimento della sua relazione introduttiva, le chiederei di ricostruire la sua carriera imprenditoriale e la sua storia di quegli anni e delle sue attività attuali. Vorremmo quindi conoscere il suo curriculum accademico, gli eventuali titoli, per un generale inquadramento della sua attività partendo da quegli anni.
  Anche con riferimento al famoso progetto «Dodos», nato all'interno degli uffici Ispra di Varese, quello sull'utilizzo di questi canisters per smaltimento di rifiuti radioattivi, senza necessariamente rifare tutta la storia le chiederemmo di evidenziare le questioni principali.
  Noi abbiamo acquisito della documentazione anche dai Servizi e le chiederemo se abbia avuto rapporti con i Servizi italiani, perché in quei momenti c'era una situazione diversa e quindi ci interessava avere il quadro.
  Cedo quindi la parola a Giorgio Comerio.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Vi ringrazio e desidero fare una prima premessa. Come voi ben sapete, su questa attività sono state effettuate indagini da parte di numerose procure, indagini che sono durate quattro anni e hanno coinvolto tutta la mia a vita e quella dei miei collaboratori.
  Sono certo che voi apprezziate l'esito e l'attività dei giudici, e sappiate che dopo quattro anni di attente valutazione nei miei riguardi e nei riguardi dei miei collaboratori non è stata mai trovata nessuna azione penalmente rilevante, quindi io non sono stato mai indagato e tutte le illazioni che avete trovato sulla stampa e sui libri in questi anni a quanto mi risulta non hanno avuto alcun esito investigativo serio, Pag. 4come già emerso negli atti della precedente Commissione.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma questa questione relativa agli atti della procura di Bolzano ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Bolzano non ha nulla a che fare con l'attività in essere di questa Commissione: c’è stata una condanna, è andata in prescrizione. Io ho una situazione assolutamente pulita e netta, tant’è che, per evitare illazioni, già da tempo, fin dal 1993, tutta la mia attività è sempre stata libera e disponibile su internet, cosa che aveva creato qualche problema ai primi procuratori, perché già nel 1993, quando internet era agli albori, tutta la ricerca e tutte le attività che erano disponibili.
  Ho creato il sito GiorgioComerio.com, sul quale potete trovare tutto quello che vi può servire e anche di più, perché non mi sono mai nascosto ai giornalisti, sono stato contattato da La7, da Rai 3, da Palladino, da Panorama, da L'Espresso e a tutti i giornalisti ho sempre risposto che non rilascio mai interviste in audio e video per le note capacità di montaggio che tutti voi conoscete, ma rilascio interviste per iscritto, compreso l'ultima sul Financial Time, con le mie risposte date per iscritto e pubblicate, domande e risposte, nel sito internet, onde evitare che i giornalisti taglino e cuciano quello che a loro interessa, aggiungendo il commento a favore della loro tesi.
  Ricordo che una giornalista che mi ha intervistato nella mia casa di montagna e ha pubblicato l'intervista quando mi trovavo in Tunisia, quindi ho anche il dono dell'ubiquità. Non solo, ma abbiamo anche altri doni temporali, per cui secondo i giornalisti possiamo essere in diversi luoghi nel tempo.
  Passando al programma che è stato sviluppato dalla Comunità europea e al quale ho partecipato, negli anni 1970-1980 la Comunità europea e i suoi scienziati, che io reputo persone colte e preparate, hanno ottenuto un finanziamento di 100 milioni di dollari per trovare una soluzione alla messa in sicurezza delle scorie nucleari.
  Questa ricerca è terminata nel 1980, io vi ho partecipato come fornitore di un sistema di trasmissione dati che captava i dati dal fondo del mare e li inviava via satellite alla centrale di ricezione dei dati in Germania. Ho fornito una boa particolare, in grado di essere ormeggiata a 4.000 metri di profondità che era frutto di un mio studio, più tutta l'elettronica.

  PRESIDENTE. Quindi lei si è proposto a suo tempo come specialista...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. No, io ero uno dei fornitori dei sottosistemi di questa ricerca.
  La Comunità europea ha terminato gli studi e c’è stata una richiesta da parte della Comunità europea a tutti i centri di ricerca: una ricaduta positiva per tutti i cittadini che hanno pagato questa ricerca. I 100 milioni di dollari furono spesi da Paesi della Comunità europea, più Stati Uniti, Canada e Svizzera, quindi tutti i cittadini di questi Paesi hanno diritto alla fruizione del frutto delle ricerche fatte con i loro soldi, ma la Comunità europea ha chiesto ai centri di ricerca di creare un feedback, cioè di fare in modo che ci fosse un ritorno di immagine o finanziario, cedendo la tecnologia o parte della teologia o cedendo delle royalties o delle autorizzazioni.
  Il centro di Ispra ha quindi presentato in numerose occasioni ufficiali tutta la tecnologia a tutto il mondo, perché era pubblica, disponibile per tutti. Hanno fatto i modellini, le pubblicazioni, tutti gli studi che sono raccolti in sei volumi disponibili a Bruxelles, alla Biblioteca della Comunità europea, e non c’è assolutamente nulla di segreto e non potrebbe neppure esserci.
  Il risultato del marketing della Comunità europea al fine di recuperare denaro o immagine è terminato con un nulla di fatto, cioè non hanno trovato nessuno interessato né a dargli dei soldi per le royalties, né a comprare niente. Si sono Pag. 5quindi rivolti ai fornitori come me ed altri, chiedendoci di dare una mano a trovare qualche fruitore di questa tecnologia per dimostrare a Bruxelles che i soldi spesi avevano avuto un minimo di ritorno, che c'era stato qualcosa di utile a tutti i cittadini europei che avevano pagato.
  Di conseguenza, sono andato a Ispra, dove ho avuto come altri fornitori tutta la documentazione necessaria per fare del marketing a favore della comunità, a favore del centro di ricerca.
  Quando ho esaminato la tecnologia ho fatto due considerazioni. La prima è che andava ingegnerizzata dal punto di vista più industriale, per avere la possibilità di ridurre i costi che la Comunità europea considerava degli optional in questo settore, e in secondo luogo dal punto di vista legale, perché mi sono sempre preoccupato di fare delle attività secondo le leggi in vigore.
  Dato che ero in contatto con altri due fisici nucleari che voi conoscete, abbiamo cercato di organizzare uno studio per proporre ad altri centri di ricerca all'estero questa tecnologia, come fruitori governativi non abbiamo mai trattato con delinquenti, con mafiosi o gente di questo genere.

  PRESIDENTE. Mi scusi, solo per capire, voi come fruitori avevate già una società o lei lavorava come libero professionista ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Avevo iniziato come libero professionista con altri liberi professionisti, poi abbiamo deciso di costituire una società per poter presentare a istituti governativi un progetto più completo, che avesse una valenza tecnica, una valenza legale e una valenza operativa che riguardava la parte geologica del progetto.
  Per questo motivo il mio avvocato e anche socio era stato incaricato di informarsi presso uno studio legale specializzato in diritto internazionale se non vi fossero possibili ostacoli, e l'esito di questo studio è stato positivo, perché all'epoca c'era una convenzione abbastanza semplice che vietava di buttare rifiuti in mare, cioè di aprire la finestra e buttare la spazzatura in strada, cosa che mi sembra logica. Faccio presente che da piccolo ero nei Verdi, ne Il Sole che ride, quindi ero particolarmente ambientalista.
  Il concetto di Ispra era totalmente diverso. Si tratta di mettere dei rifiuti a bassa radioattività in contenitori sigillati e resistenti nel tempo, che a loro volta sono messi in questi penetratori che, lanciati in zone sismicamente stabili con strati di argilla, vanno a infilarsi a 20-30 metri sotto il fondo del mare, quindi si tratta di un seppellimento in sicurezza, tanto che tutta la tecnologia è stata sviluppata per capire a quale velocità potevano cadere, quale poteva essere l'errore nella caduta e tutto il sistema telemetrico per tenere sotto controllo comunque l'oggetto una volta seppellito. Questa era la tecnologia che potete trovare liberamente dappertutto.
  Fra parentesi, l'ho rivista su Scienza e vita di sei mesi fa in edizione francese.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, voi che specializzazione avevate ? Qual era in questo caso il suo background ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. In questo caso come azienda avevamo sviluppato la boa, nelle zone di interramento individuate dalla Comunità europea per fare i primi esperimenti di caduta, perché i francesi avevano fatto i penetratori lunghi e stretti, gli inglesi li avevano fatti larghi e corti, gli italiani alla loro maniera, quindi ognuno voleva vedere come cadessero, che velocità raggiungessero, quanto andassero sotto il fondo del mare per studiare tutti i parametri.
  Per calcolare la velocità di caduta, l'impatto e la profondità di interramento sono state realizzate delle apparecchiature elettroniche e anche dei robot in grado di controllare sul fondo, a 4.000 metri di profondità, e il sistema per captare questi dati e trasmetterli direttamente a Darmstadt a Ispra, in modo da avere il monitoraggio puntiforme di ogni lancio e di Pag. 6ogni posizione, è stato sviluppato da un'azienda da me costituita.
  Sono emigrato dall'Italia circa 40 anni fa, sono stato iscritto all'AIRE fino a sei mesi fa, quindi, avendo vissuto in Inghilterra e poi in Svizzera dove lavoravo, per me non sussisteva il problema di rapporti con l'Italia, se non tramite il centro di Ispra...

  PRESIDENTE. Quindi lei aveva già un'azienda che si occupava di elettronica ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, la Marine electronics industry.

  PRESIDENTE. Scusi se chiedo magari anche delle cose note.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Ci mancherebbe ! È un'azienda che trovate ancora nei registri, perché tantissimi anni fa qui sul Tevere con il professor Moccheggiani per l'Università La Sapienza avevo scoperto i piloni del ponte di Muzio Scevola con una imbarcazione attrezzata con queste apparecchiature che dalla Svizzera portammo sul Tevere a Roma, perché mi sono occupato anche di archeologia e di lavori di questo genere.

  PRESIDENTE. Quindi questa azienda esiste ancora...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. No, non esiste più, finita questa cosa non ha più avuto lavori.
  Il concetto quindi era questo: proporre a istituzioni nazionali una tecnologia e una serie di informazioni legali e tecniche su come eventualmente queste nazioni, quindi Unione sovietica, Stati Uniti, Australia e altre nazioni, potessero fruirne se e quando avessero voluto.
  Non è successo nulla, gli svizzeri hanno verificato che non c’è stata mai alcuna attività minimamente illegale ma neanche in essere.
  Con la prima uscita sul quotidiano Cuore noi ci siamo ritirati: il problema non è nostro, il materiale radioattivo italiano viene mandato da ENEA a Sellafield o in Francia e tutti gli italiani sulla bolletta della luce pagano un fisso per qualche milione di euro che tutti i mesi il Governo italiano paga, mentre io non sono in Italia, non pago l'ENEL e non è un mio problema, ma tutti voi continuate a pagare per questo disservizio.

  PRESIDENTE. Quindi dopo avevate costituito questa società che immagino sia questa ODM.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, Oceanic Disposal Management.

  PRESIDENTE. Che aveva questo scopo e quindi avevate già preso contatti con una serie di Paesi o no ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. No, questo è un altro aspetto che è emerso con luci ed ombre. Sempre sul sito internet erano disponibili le carte geologiche riconosciute ormai in maniera internazionale, dove nei fondali dell'oceano ci sono zone di argilla sismicamente stabili e molto spesse, atte ad accogliere eventualmente i penetratori. Queste zone sono confinanti con delle nazioni.
  Il progetto dal punto di vista ingegneristico era proposto in questa maniera: la nazione che ha il materiale a bassa radioattività (non ad alta radioattività) lo mette nei contenitori stagni, che sono di acciaio speciale per resistere milioni di anni.
  I contenitori andavano infilati nei penetratori, che sono oggetti da 70-80 tonnellate l'uno, quindi molto pesanti. Di conseguenza si era studiato in quale località rivierasca in zone sismicamente stabili con fondali d'argilla poter realizzare l'officina per il riempimento dei penetratori, dove poteva arrivare il materiale radioattivo incapsulato in sicurezza (qui non parliamo di delinquenti) e infilato nel penetratore.Pag. 7
  Intorno a queste zone ci sono tante nazioni, quindi salto subito alla Somalia di cui comunque mi chiederebbe lei. Avevamo preso dei contatti per sapere se, qualora qualche nazione fosse interessata e pensasse di utilizzare secondo le leggi della regolamentazione le zone di fronte, fossero disposti a ospitare l'officina di riempimento.
  Di fronte alla Somalia ce n’è una, che confina con la Somalia, con l'India e con altri Paesi. Dato che abbiamo sempre agito nella massima legalità contattando le Ambasciate o i rappresentanti delle nazioni, nel caso della Somalia abbiamo avuto un dubbio e abbiamo fatto una bella comunicazione alle Nazioni Unite, dichiarando che avremmo trattato solo con le nazioni rappresentate all'ONU, la Transistria, l'Azerbaijan di sotto, non ci interessavano, perché non avevano la minima credibilità, quindi non le avremmo neanche contattate.
  Abbiamo richiesto informazioni alle Nazioni Unite che ci hanno risposto molto gentilmente più o meno che non lo sapevano, perché a quanto pare erano in due in quel momento, uno a nord e uno a sud, che sostenevano di essere il presidente, quindi chiuso il discorso, finito lì.
  D'altra parte, nel verbale della perquisizione fatta a casa mia, firmato da cinque o sei persone ci sono 70 cartelline di 70 nazioni, non di una, e nel verbale firmato da sei non c’è il certificato di morte di Ilaria Alpi, che è saltato fuori poi all'improvviso. Vi anticipo la domanda anche perché non si è mai trovato.

  PRESIDENTE. Ci spieghi questa cosa.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Basta prendere il verbale di perquisizione per comprendere come le sei persone non abbiano trovato niente, perché non c'era niente.
  Le dirò di più: essendo di origine mezza genovese, io risparmio e le cartelline le uso da una parte e dall'altra. Se tiriamo fuori la cartellina Somalia, posso mostrarvi come da una parte e dall'altra ci sia scritto altro, perché per non stare a comprare ogni volta cartelline nuove noi le usiamo due volte, però basta prendere la cartellina e guardarla.

  PRESIDENTE. Quindi non è mai stato rinvenuto niente che abbia avuto a che fare con questa storia nella perquisizione di casa sua ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. In che senso ?

  PRESIDENTE. Rinvenuto da parte degli organismi inquirenti.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Assolutamente no, e, se avessero trovato qualcosa, intanto mi avrebbero subito processato e poi l'avremmo letto su qualche giornale dopo due giorni, per cui assolutamente niente.
  Non dimentichiamo che lo stesso Neri, che ha avviato tutta l'inchiesta, in un anno che al momento mi sfugge ha chiuso l'indagine.

  PRESIDENTE. Sì, ma adesso noi non siamo qui per rifare i processi...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Aggiungo una cosa. La cosa che stupì moltissimo quando vennero da me gli inquisitori, che oltretutto erano stati ospitati tranquillamente, è che dissi al procuratore che tutte le informazioni che voleva erano su internet, erano pubbliche, non c'erano segreti o foto da fare.
  Era quindi sufficiente scaricarle da internet all'indirizzo ODM.ch, perché avevamo sede in Svizzera, per trovare tutto in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), perché noi eravamo in contatto con migliaia di studenti negli Stati Uniti e con professori universitari, quindi bastava semplicemente guardare.
  Il procuratore rimase molto sorpreso, perché in quegli anni effettivamente internet non lo conosceva nessuno, io lavoravo Pag. 8con della gente del CNR per cui lo usavamo, ma nessuno lo conosceva. I nostri rapporti erano infatti essenzialmente con statunitensi, perché in America era già più conosciuto.
  Proprio per evitare qualunque forma di... e forse anche per preveggenza, abbiamo sempre messo tutto pubblico fin dall'inizio, dal primo secondo, e infatti il risultato è stato che non è stato trovato nulla di penalmente rilevante, mai.

  PRESIDENTE. Ribadisco che noi vorremmo ricostruire...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Mi sono preso la briga di leggere le 600 pagine precedenti e le altre 600 precedenti e mi sono fatto una cultura sulla vostra attività.

  PRESIDENTE. Per noi è un piacere sapere che qualcuno legge in maniera dettagliata i lavori che facciamo, che sono comunque sempre frutto di dichiarazioni di qualcuno, non ci inventiamo cose. Volevo chiederle come fosse organizzata questa società ODM, chi fossero i soci, se possa illustrarci questo rapporto con Convalexius, visto che emerge a più riprese.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Molto volentieri, Convalexius è stato il ministro della sanità del Governo austriaco.
  Il problema di Vienna è che dall'altra parte del confine, a pochi chilometri c’è una centrale nucleare in un brutto (non pessimo) stato e giustamente i viennesi, che tengono alla loro Vienna, non desiderano che dall'altra parte del confine possa accadere un incidente nucleare.
  Quando Convalexius ha saputo di questa ricerca, ci ha invitato a passare il confine (era ancora un Paese dell'est con tutte le problematiche relative) e a visitare la centrale nucleare con il Governo (credo slovacco, ma non ricordo che Governo fosse) perché noi avevano fondati timori in quanto erano proprio di fronte (non c'era ancora stato l'incidente di Chernobyl, ma comunque era abbastanza logico). Con Convalexius siamo andati a vedere questa centrale....

  PRESIDENTE. Ma questo prima di costituire la società ODM ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Non mi ricordo, ma la società ODM era soltanto un contenitore per dare una giustificazione societaria a un progetto di professionisti che iniziava a diventare una realtà.

  PRESIDENTE. Quindi lei aveva questi contatti con Convalexius perché...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sono loro che ci hanno chiamati...

  PRESIDENTE. Quindi vi hanno chiamato in quanto voi...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sapevano di questa ricerca e volevano trovare un sistema per evitare ulteriori rischi.
  Sono stato con lui e con qualcun altro, abbiamo visto la situazione e tutti questi problemi e abbiamo detto che non avremmo toccato niente perché non eravamo degli operativi, in quanto curavamo la parte scientifica, quindi avrebbero dovuto chiedere alla loro università di contattarci e con l'università avremmo dato loro tutta l'assistenza. Sarebbero stati poi il loro Governo e i loro ministri a decidere quale strada intraprendere, non era compito nostro.
  Compito nostro era solo l'ingegneristica, la parte operativa era dei Governi, perché tutta questa attività (io parlo di attività lecite) deve essere fatta da un ente governativo preposto.

  PRESIDENTE. Quindi la vostra attività fondamentalmente era quella dell'ingegnerizzazione dei processi...

Pag. 9

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Noi abbiamo iniziato a ingegnerizzare la prima parte del processo, poi abbiamo detto che sarebbe stato eventualmente cliente, il fruitore, l'utilizzatore che con i suoi tecnici e i suoi scienziati in base alle sue esigenze avrebbe proseguito il progetto, perché comunque occorrevano anni.

  PRESIDENTE. Voi quindi qui avevate rapporti con ENEA ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Assolutamente no, perché, essendo tutto su internet, sicuramente dei tecnici dell'ENEA erano nell’équipe di Ispra ma tutti conoscevano questa tecnologia. Non parliamo di segreti, parliamo di una cosa pubblica, perché a questa ricerca hanno lavorato centinaia di scienziati italiani, francesi, quindi non avevamo alcun bisogno di contattare...
  Sinceramente, dato che non ho mai avuto molta fiducia nei Governi di allora e infatti ero emigrato, mi son ben guardato dal contattare l'ENEL perché, essendo stato da giovane nei Verdi, sapevo dei problemi di Caorso, dei problemi dei vari, piccoli reattori di ricerca negli ospedali, ma me ne sono guardato bene perché c’è un ente istituzionale che se ne deve occupare, a me non interessa perché è una cosa che esula dalle nostre competenze.
  Le nostre competenze erano sviluppare una tecnologia dal punto di vista ingegneristico, punto e basta. Se un domani gli italiani avessero pensato di utilizzarla, a parte che secondo me l'Italia non ha modo, ma si rivolge a Ispra e gioca in casa.
  Oltretutto Ispra ha reattore nucleare da qualche parte e anche loro porteranno in Francia le scorie.

  PRESIDENTE. Era solo per capire se ci fosse un rapporto formale tra ENEA e...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Io ho conosciuto tantissime persone, siamo stati a tanti congressi, ai congressi ci si conosce come voi in politica vi conoscete tutti, ma il fatto che vi conosciate tutti non vuol dire che ci siano chissà quali rapporti.

  PRESIDENTE. La domanda era se ci fossero dei rapporti formali tra la vostra organizzazione...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Assolutamente no, i rapporti di collaborazione scientifica e tecnica sono sempre stati con tutti, aperti, liberi e disponibili e tutti gli aggiornamenti erano sul web, proprio per evitare malintendimenti.

  PRESIDENTE. Secondo lei perché c'era questo interesse (abbiamo i documenti) dei Servizi segreti su questa attività ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Bisogna chiederlo a loro.

  PRESIDENTE. Lei non ha mai avuto rapporti con qualcuno dei Servizi ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, ho avuto dei rapporti molto soft quando il colonnello Martini di Brescia mi chiamò perché era morto suo figlio, che era della Guardia di finanza ed era precipitato con un elicottero in Sardegna, cadendo in mare. Il colonnello voleva quindi sapere se fosse possibile trovare un sistema per localizzare l'elicottero e ho detto che l'avremmo fatto volentieri.
  Mi ha spiegato che lì c'erano i Servizi, mi ha presentato alcuni, che d'altra parte erano sicuramente venuti a casa mia e avevano fatto le foto e il film. Io non chiedo a nessuno né la carta d'identità, né il certificato penale, perché non ho nulla da nascondere e, se l'altro ha qualcosa da nascondere, sono affari suoi, quindi sicuramente in quell'occasione di quella possibile assistenza c'erano altre persone, perché era l'epoca degli attentati, ma ripeto solo in questa forma.Pag. 10
  Successivamente in un'altra forma quando, dato che da bambino avevo sviluppato e costruito dei veicoli subacquei (sono stato uno dei primi a realizzarli) ho avuto un altro contatto per una questione tecnica e ho partecipato come consulente tecnico nella localizzazione dei rifiuti per Di Pietro, quando era procuratore a Milano, per localizzare un povero morto con il procuratore Greco sempre per il tribunale di Milano, quindi ho lavorato anche in questo settore e, se qualcuno mi chiede una collaborazione tecnica, io la fornisco gratis e liberamente, poi non possiamo conoscere gli intendimenti presenti, futuri o nascosti...

  PRESIDENTE. Quindi lei non ha mai lavorato per loro ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Assolutamente no. Poi ci sono i millantatori, ho letto che ho lavorato per tantissimi Servizi segreti e la cosa mi fa molto piacere, ma non è assolutamente vero.

   PRESIDENTE. Dalle carte che abbiamo avuto, alcune delle quali sono state desecretate (lei sa che c’è un'opera di desecretazione in atto rispetto a quegli anni)...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, per fortuna.

  PRESIDENTE. Sicuramente un interessamento c'era stato, in che modo e in che maniera non ci è dato sapere, addirittura si erano interessati per una probabile relazione con rapporti con la Corea del nord sempre per smaltire rifiuti radioattivi.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sicuramente è giustissimo, ma non solo con la Corea del nord. A parte che sui Servizi risulta dalle varie denunce che ci sono una ventina di false informative, tenete anche presente che nelle 70 cartelline non c’è solo la Corea che ha problemi aperti, ma ci sono altre 68 nazioni. Avete dimenticato gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Australia o l'Unione sovietica, che è il principale produttore di scorie nucleari e le butta semplicemente nel mare di Barents con del cemento intorno.
  Il fatto di estrapolare 2 nomi su 70 dimostra secondo me un modo di fare poco corretto, perché è vero che siamo stati all'ambasciata della Corea a Vienna a chiedere se fossero interessati a questa tecnologia, hanno detto arrivederci ed è finita lì, anche perché i coreani non so cosa ne facciano ma non lo vengono a dire a nessuno !

  PRESIDENTE. Presumo che questa attività che, come giustamente ha detto lei, dopo non è andata avanti vi sarà costata dei soldi...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Pochissimo, ringraziando Iddio, anche perché come professionisti avevamo altre attività e l'avevamo vista come qualcosa di prestigioso, perché è importante cercare di risolvere questo problema che nessuno ancora ha risolto.
  In questo momento Bill Gates sta sviluppando la nuova centrale nucleare senza scorie, vediamo se ce la fa. La Comunità europea ha investito 100 milioni di dollari, un investimento deciso dalla Comunità europea e approvato dai comitati tecnici. Certo le cose sono cambiate, ma sicuramente c'era una valenza positiva, perché che la Comunità europea investa tempo e danaro a questi livelli su fantasie mi sembrerebbe anche grave politicamente parlando.

  PRESIDENTE. Le faccio le ultime domande prima di dare la parola ai colleghi. L'altra questione su cui c’è stata ampia discussione riguarda la nave affondata...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Quale nave ?

Pag. 11

  PRESIDENTE. La Rigel e la famosa pagina della sua agenda, il famoso lost the ship su cui qualcuno ha indagato, perché quel giorno l'unica nave che è affondata è la Rigel, che è una nave di cui non si è mai trovato il relitto finale, avvolta anche questa nel mistero.
  Nella sua agenda sono state trovate anche altre sigle, nel foglio c'era scritto STB, quindi vorremmo capire se anche questa fosse una società che si stava occupando...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. O magari una banca. Le rispondo in maniera molto tranquilla. Se lei prende la mia agenda e sfoglia le prime pagine, troverà il mio gruppo sanguigno, dove abitavo, cosa facevo ed ero in Inghilterra perché abitavo in Inghilterra, a Guernsey.
  Quel giorno dovevo prendere il solito traghetto che non è partito perché c'era brutto tempo, e infatti avevo annotato lost the ship perché l'inglese è stata la mia lingua mamma, tante volte pensavo e sognavo in inglese e scrivevo gli appunti in inglese come faccio ancora adesso. Lost vuol dire perdere, perdere money o job, soldi o lavoro, non vuol dire affondare (sank). Se uno vuole utilizzare lost come piace a lui, per carità, però questo è l'inglese, quindi c’è già un errore di traduzione che viene utilizzato alla bisogna.
  A quell'epoca ero in Inghilterra e poi mi scusi, presidente, ma le pare che, se fossi stato minimamente coinvolto in un affondamento, avrei scritto «oggi è affondata una nave» ? Non solo, ma, se lei guarda la mia agenda, troverà che non c’è alcun nome, alcun riferimento a nulla che sia in relazione con la nave, che se non sbaglio era affondata con un carico di marmo per truffare l'assicurazione, per cui furono condannati gli armatori.
  A questo punto, c’è qualche riferimento in tutte le mie agende (non hanno preso un'agenda, hanno preso venti anni di agende) con qualche amatore proprietario della Rigel ? No. Con qualcuno dell'equipaggio della Rigel ? No. Allora, se vogliamo tradurre l'inglese come si vuole, noi l'accettiamo, però...

  PRESIDENTE. Che interesse c'era da parte sua sulla questione delle navi ? C'era quell'interesse per una tipologia di nave che rientrava sempre nel progetto...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. No, assolutamente. Il discorso è questo: tempo prima come tecnico navale avevo un cliente interessato a comprare un ro-ro per fare una nave officina, contattai diversi broker navali, dai quali ricevetti una serie di offerte fra le quali anche la Messina per la Jolly Rosso, perché era in vendita.
  È chiaro che il mio cliente mi chiese quanto volessero e se li valesse o fosse tutta ruggine, quindi il mio incarico sarebbe stato quello di verificare le possibili unità da acquistare, come se lei per comprare un'auto usata si rivolgesse a un professionista.

  PRESIDENTE. Quindi l'utilizzo di queste navi non aveva nulla a che vedere con il progetto ODM ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Assolutamente nulla, tanto che sempre nei documenti non citati troverà delle altre navi che avevo contattato perché ho contattato i principali broker italiani che sono a Genova, che trattano le navi per conto di armatori che intendono venderle. Se però come professionista ti si chiede di visitare appartamenti e l'appartamento è di un mafioso, da quando in qua anche tu sei mafioso ?
  Ancora peggio, alcuni giornalisti non trovando nulla hanno detto «era nella sua disponibilità», ma, se lei come entomologo va a visitare qualcosa e le dicono che «è nella sua disponibilità», lei è andato come professionista, quindi a seconda di come vogliamo leggerlo diventa nella mia disponibilità, ma sono illazioni, tanto che la magistratura ha appurato che non c'era nulla di penalmente rilevante.

Pag. 12

  PRESIDENTE. Quali erano i soci dell'ODM ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Il mio avvocato, Gaspari Vaccari, un socio svizzero, il Molaschi, ma avete tutti questi nominativi, un legale svizzero, ma tenete presente che all'epoca, quando hanno effettuato le indagini bancarie, hanno trovato 10.000 dollari, perché non avevamo spese, lavoravamo già all'epoca in rete, parlo di vent'anni fa e avevamo sostituito le molecole con gli elettroni, cioè lavoravamo tutto in rete, avevamo già le linee con gli altri ricercatori ma esclusivamente in rete.

  PRESIDENTE. Lei quanto tempo è stato in Tunisia ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Per 13 anni.

  PRESIDENTE. Dove presumo abbia continuato un'attività...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Io in Tunisia ho realizzato e adesso venduto la prima fabbrica di aerei leggeri e un cantiere navale, dove ho fatto dei ristoranti galleggianti, delle piccole imbarcazioni in acciaio, ho progettato e costruito il più grande ristorante galleggiante di Biserta.

  PRESIDENTE. Lei è ingegnere ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, ho fatto meccano-navale essenzialmente.

  PRESIDENTE. Chiederei ai colleghi se abbiano qualche domanda da porre, anche perché non è una storia nuova.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Io ho messo nel mio sito tutte le informazioni e, visto che scrivo per un quotidiano di Genova, ogni settimana uscirà una serie di articoli su questa vicenda, perché, presidente, per dodici anni mi sono rifiutato di rilasciare interviste se non agli organi istituzionali, lei mi ha chiamato e io colgo l'occasione per togliermi dei sassolini che mi sono rimasti nella scarpa, come è mio diritto, e ho anch'io tante domande.

  PRESIDENTE. Abbiamo colto l'occasione per sentirla...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Vi ringrazio perché mi ha fatto molto piacere.

  PRESIDENTE. Perché credo sia giusto sentire le varie parti in causa, anche perché noi non dobbiamo rifare processi: ci interessa ricostruire un fenomeno storico che ha luci ed ombre in situazioni difficili e complicate, risposte mai avute, dubbi che si ripropongono ciclicamente, collegati a varie questioni...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sulla stampa.

  PRESIDENTE. Non è solo la stampa, perché noi non seguiamo necessariamente il lavoro della stampa: sono situazioni che emergono anche da documenti ufficiali di organismi importanti, quindi ci interessa ricostruire un fenomeno il più possibile «veritiero» in base agli strumenti che abbiamo, perché crediamo che sia giusto per i nostri cittadini avere un'idea di cosa è capitato in questo Paese, che ha ancora qualche mistero riguardante soprattutto quegli anni, quindi il nostro lavoro serve a questo.

  STEFANO VIGNAROLI. Vorrei avere maggiori dettagli per quanto riguarda la condanna del Tribunale di Bolzano, che è prescritta però la prescrizione non vuol dire innocenza. Lei doveva essere arrestato e invece non lo è mai stato e mi domando Pag. 13perché, quindi vuol dire che aveva una certa protezione, visto che poi è andato all'estero.
  Apprendo adesso che il certificato di Ilaria Alpi non si trovava nella sua casa, però mi incuriosisce il fatto che lei abbia chiesto perché avrebbe dovuto scrivere sulla sua agenda che aveva affondato una nave, però mi sembra curioso che lei si sia appuntato di aver perso un traghetto, episodio non così significativo, quindi vorrei un maggiore approfondimento su questo.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Mi scusi, ha fatto già tre domande. Potrei intanto rispondere a queste ?

  STEFANO VIGNAROLI. Ne ho altre due.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Facciamo a tappe. Per quanto riguarda la condanna di Bolzano è verissimo, a parte che come tutti mi professo innocente, ma comunque c’è stata una condanna.
  Io mi trovavo già in Tunisia a un indirizzo noto a tutti, compreso gli inquirenti, che sono andati in ufficio, dove gli hanno dato il mio indirizzo, indicando il cantiere navale perché ero già all'estero, iscritto all'Aire, la mia compagna è nel consiglio di amministrazione della Camera di commercio tunisi-italiana.
  Sulla stampa tunisina ci sono stati diversi articoli che mi riguardavano come imprenditore, e c’è stato un convegno della regione Lombardia per invogliare gli investitori lombardi a investire in Tunisia in cui mi hanno intervistato, quindi ero notissimo, il mio indirizzo era noto a tutti, mi ha chiamato La7, mi ha chiamato il Financial Times, mi hanno chiamato Palladino e tutti i giornalisti del mondo.
  Se qualcuno avesse voluto dire che dovevo essere arrestato e portato in Italia, ci sono delle procedure previste dalla legge per cui il Ministero degli esteri si rivolge a quello degli interni tunisino, il quale fa la richiesta, io ho il mio avvocato e c’è tutta una procedura prevista dalla legge, che gli avvocati conoscono bene.
  Poiché l'Italia non ha mai avviato questa procedura forse per l'insussistenza sostanziale della cosa, da parte mia non ho potuto fare altro che accettare il fatto che l'Italia non ha mai richiesto nulla, ma non mi sono mai nascosto e l'elenco delle mie interviste sulla stampa italiana ne è una prova.
  Non sono stato né fuggiasco, né nascosto, perché il mio indirizzo era noto a tutti, compresa l'Ambasciata, perché l'ambasciatore mi invitava a casa sua il 2 giugno, festa della Repubblica, o per qualche altro avvenimento senza alcun timore, perché quello che lei dice non è mai risultato alle autorità italiane in Tunisia.
  Torniamo sulle lost ship. Capisco che lei possa chiedere perché l'abbia scritto, ma io scrivo quello che voglio sull'agenda, perché sull'agenda faccio delle annotazioni brevi anche in diverse lingue (la mia prima lingua è stato il tedesco). Di conseguenza, se lei prende la mia agenda (la invito a farlo), troverà tante annotazioni e, se prende quelle degli altri dieci anni che mi hanno preso, le trova in tutte le lingue.
  Se vogliamo fare della dietrologia, io prendo la sua agenda e sicuramente in una data di questi affondamenti troverò qualche sua annotazione che posso leggere dicendo che lei ne sa qualcosa, ma è tanto falso che in realtà collegamenti con qualunque di queste navi affondate, comprese quelle del futuro, non ci sono state mai !
  Le posso solo dire di prendere la mia agenda, di sfogliarla insieme e vedrà che le passa questa idea. Qual era la terza domanda ?

  STEFANO VIGNAROLI. Era sul certificato di Ilaria Alpi.

  PRESIDENTE. Però le chiedo una cosa, perché si è parlato di certificato di morte, ma in realtà non era un telex che fu trovato tre suoi documenti ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta.Pag. 14Allora, l'unico certificato di morte che c'era a casa mia...

  PRESIDENTE. Non è un certificato, si parlava di un telex...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Io ho letto di tutto, ma l'unico certificato di morte che c'era a casa mia era di mia suocera, che è morta a casa mia, ed è il certificato italiano di una donna anziana morta per tumore. Se avessero mai trovato qualcosa del genere, nell'inventario ci dovrebbe essere e nell'inventario dovrebbe essere messo in evidenza.
  Nell'inventario invece non lo trova e l'inventario è stato firmato da sei persone, non il famoso Scimone e basta, perché a casa mia erano in sei più noi, quindi ci sono otto firme, e gli altri sei cosa dicono, si sono dimenticati tutto ?

  STEFANO VIGNAROLI. Su Ilaria Alpi sono tante le cose che non si trovano, quindi questo rafforza ancora di più il mito, però...
  Le chiedevo innanzitutto che affari abbia ancora in Tunisia, perché adesso si trova a Mazara, quindi se possa dirci che interessi abbia in quel posto, e, visto tutto quanto riguarda il capitano De Grazia, il possibile avvelenamento, in quell'epoca le navi a perdere, quindi era un periodo caldo, lei si dichiara comunque estraneo a questi fatti, però che idea si è fatto della morte del capitano De Grazia ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Rispondo velocemente. Ho lasciato la Tunisia prima dell'elezione del presidente, perché ho avuto la fortuna di vendere le mie attività ormai passive a dei giovani investitori ingegneri tunisini che sono andati e vanno avanti.
  Se lei guarda su internet Avionav.TM e trova l'azienda aeronautica tunisina che produce aerei, cerco di aiutare questi ragazzi in ogni modo dal punto di vista tecnico. Del cantiere navale abbiamo reso le chiavi al Governo perché era in affitto, in quanto i clienti del navale non ci sono più, la Tunisia lavora con gli italiani e i francesi, l'Italia e la Francia sono in crisi, quindi sono messi peggio di noi.
  Personalmente, avendo sempre fatto anche attività giornalistica, non credo più molto nella stabilità di questo Paese e ce ne siamo andati a Mazara del Vallo perché degli amici mi hanno detto di andare perché è molto bella, io non l'avevo mai vista, l'ho trovata molto bella, in ordine e pulita, un posto simpatico, vivo vicino alla casba, per cui sento sempre parlare in arabo i tunisini sotto casa e la cosa mi fa anche piacere perché so quattro parole in arabo.
  Sono pensionato e non faccio più nulla, ho smesso di fare qualunque attività se non quella giornalistica, che faccio gratuitamente, senza prendere un centesimo, semplicemente per il gusto di poter scrivere quello che si pensa in maniera libera e senza impedimenti.

  PAOLO ARRIGONI. Sui penetratori oceanici non ho ben capito e quindi faccio questa domanda: voi come società ODM fornivate solo il sistema di telecontrollo oppure anche il contenitore, il penetratore ?
  Quanti lanci sono stati fatti di questi penetratori, se tuttora sia operativo questo sistema e se le risulti che in alcuni casi sia stato immesso del materiale ad alta radioattività.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Senatore Arrigoni, andiamo piano perché sta facendo una lista della spesa. Iniziamo dalla prima domanda.

  PAOLO ARRIGONI. La prima era se voi come società ODM fornivate solo il sistema di controllo o tutto il pacchetto chiavi in mano.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Come società Marine electronic industry, dall'Inghilterra, dove abitavo, avevo fornito al centro atomico di Ispra il sistema di Pag. 15monitoraggio della caduta dei penetratori sperimentali, che furono sperimentati dalla Comunità europea, quindi il sistema per calcolare la velocità, calcolare l'affondamento nell'argilla e la posizione esatta, perché quando si buttano diversi oggetti in mare si deve evitare che uno vada sopra l'altro. Questo è stato precedente, durante il periodo della ricerca scientifica.
  Come ODM era semplicemente un gruppo di 3-4 tecnici (io con altri due fisici nucleari) che abbiamo iniziato a sviluppare un software di calcolo, un algoritmo, per calcolare esattamente il tipo di spessore dell'acciaio necessario a evitare che possibili fenomeni di corrosione avvenissero prima del tempo di decadimento dell'energia del materiale ionizzato.
  Ogni scoria nucleare ha il suo periodo di vita, si doveva mettere in un contenitore di acciaio che avevamo sviluppato con una formula particolare, calcolando lo spessore in base anche alla quantità termica che questo materiale emette, in modo che l'oggetto di protezione avesse una durata di vita superiore.
  Lo sviluppo di questi algoritmi, di questi calcoli ci aveva molto impegnato, perché era la parte secondo me predominante. Se devo mettere qualcosa che nel tempo mi rilascia delle energie, del calore e sotto l'argilla posso comunque avere dei problemi di corrosione, che sono stati calcolati in maniera scientifica, devo avere degli spessori di acciaio tali che il mio contenitore resista fino a quando questo materiale radioattivo non emette più radiazioni pericolose, perché il materiale radioattivo non è un veleno, non è arsenico che ne metti un po’ e muori, ma è un paio di scarpe, una tuta, qualcosa usato in un centro che è stato caricato di energia che rilascia nel tempo, quindi il fattore determinante è il tempo. Come ODM non abbiamo mai fatto altro.
  Il centro atomico di Ispra: la Comunità europea ha testato diversi tipi di penetratori perché ogni centro di ricerca (i tedeschi, i francesi e gli americani che trova nelle pubblicazioni scientifiche) hanno sviluppato il loro contenitore lungo, stretto, largo, pesante, non pesante, perché non si conosceva il fenomeno di caduta nell'acqua.
  Sono stati quindi caricati su una nave e sono state effettuate delle prove in Atlantico con la boa di rilevamento dati per raccogliere i dati di lancio dei penetratori inerti, perché nessuno ha toccato materiale radioattivo.
  Dalle ricerche è emerso che dopo 400 metri di caduta libera la velocità si stabilizza comunque sui 140 chilometri all'ora, e a prescindere dalla resistenza all'avanzamento nella caduta libera questi sono i parametri. Raggiunge quindi questa velocità che si mantiene.
  Il fatto che sia più largo, più stretto o più lungo andando a conficcarsi in uno strato di argilla è relativo, ma c'erano altri problemi, perché ognuno di questi in coda aveva un sistema di trasmissione dati perché qualunque cosa dovesse accadere al penetratore era monitorato via satellite, avevamo una finestra dalla NASA nel Transit, e il centro atomico aveva tutti i dati a Darmstad, in Germania.
  Si tratta quindi di momenti separati: il primo momento è quello della Comunità che ha fatto le prove, noi non ne abbiamo mai fatte, anche perché non avrebbe senso fare una prova, non era il nostro compito né il nostro obiettivo: il nostro obiettivo era fornire una tecnologia a chi avesse voluto utilizzarla e svilupparla a sua volta nella fase finale.

  PAOLO ARRIGONI. Quindi un utilizzo non è mai stato fatto ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Che io sappia, no. Che io sappia nessuno l'ha mai fatto, perché sarebbe anche un'operazione illegale.

  PAOLO ARRIGONI. Io le chiedo questo a prescindere dalla liceità.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Lei si immagini se degli scienziati, dei tecnici... a parte il fatto che il materiale Pag. 16radioattivo non si trova nel cassonetto della spazzatura e gli ospedali che hanno materiale debolmente radioattivo come le radiografie li mandano ai centri di stoccaggio, c’è un ente che dovrebbe essere l'ENEA (non so bene le cose italiane e non lo voglio sapere) e l'ENEA che interesse può avere a fare qualcosa di illegale quando tutti gli italiani con la bolletta della luce le versano soldi per pagare milioni di euro tutti i mesi agli inglesi e ai francesi ? A livello di logica che interesse può avere ?

  PAOLO ARRIGONI. Questa è la logica per cui, una volta sviluppato il progetto, può darsi che qualcuno l'abbia utilizzato, per cui le ho posto la domanda...

  PRESIDENTE. Anche in maniera illecita.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Noi abbiamo messo su internet tutta la parte tecnica, tutta la parte calcolo, tutta la parte di disegno tecnico dei penetratori. Internet è un sistema libero, che si può usare nel bene e nel male, il delinquente e l'onesto, noi non possiamo essere responsabili dell'utilizzazione.
  Io ho scelto di rendere le cose pubbliche per evitare manipolazioni, perché più le cose sono chiare e nette fin dall'inizio per tutti... e nonostante questo Cuore era uscito con l'articolo su navi e guai, giornalista senza un minimo di etica che quando è tornato a casa mia e mi ha chiesto cosa pensassi di questo articolo gli ho risposto che aveva fatto benissimo, che i suoi telefoni erano sotto controllo e mi faceva piacere, perché speravo che i telefoni dei giudici e di tanti onorevoli siano tutti sotto controllo, così ci togliamo il problema !

  PRESIDENTE. Non si può.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Non si può ancora, però nel mio caso sì. Io sono per la massima trasparenza.

  PAOLO ARRIGONI. Ancora due domande. Lei ha detto di aver pubblicato tutto il progetto su internet, ma ha pubblicato proprio tutto, in modo tale che un esperto, un tecnico, visionando quanto da lei pubblicato poteva essere in grado di replicare e rendere operativo ?
  Seconda domanda: lei ha parlato di un rapporto con il colonnello del Corpo forestale dello Stato Martini di Brescia, ma l'ha avuto solo riconosciamo in quella occasione ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. L'ho visto un paio di volte per questo problema suo personale.
  Per quanto riguarda il discorso su internet, sono d'accordo con lei che il fatto di dare diffusione totale dei dati va nel bene e nel male, dipende dall'utilizzatore. Secondo il mio parere, se una persona è onesta, prende quei dati ed essendoci i volumi a Bruxelles con tutta la ricerca dal punto di vista scientifico, tecnico, finanziario, legale, c’è tutto, perché la Comunità europea con quei 100 milioni di dollari ha fatto sei volumetti che sono a disposizione di tutti, ma la Commissione li ha acquisiti e anche la Procura li ha acquisiti.

  PRESIDENTE. Quindi non c'erano brevetti ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Dal punto di vista legale non c'erano brevetti, perché le ricerche effettuate dalla Comunità sono pubbliche.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ma anche un organismo pubblico può fare delle ricerche e poi brevettarle.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Lei ha perfettamente ragione e centra un altro problema: in effetti a un certo punto l'esperto legale cercò di brevettare qual cosa perché brevettandolo avrebbe avuto un maggior valore se mai qualcuno l'avesse comperato.Pag. 17
  Non so se hanno brevettato qualcosa, sono venuti a chiedermi di brevettare il mio sistema di comunicazione e ho detto all'avvocato che ero un fornitore, avevo fornito un servizio secondo delle specifiche tecniche, ma la tecnologia era mia. Se lei compra una penna biro per il centro atomico, non può dire che la tecnologia è sua suo perché l'ha comperata, perché è della fabbrica della penna a biro.
  C’è stata un po’ di discussione al riguardo e il sistema di comunicazione dati è rimasto di mia proprietà, perché non potevano prenderlo. Hanno cercato di prendere dai fornitori il massimo per poterlo rivendere, nel mio caso ci hanno provato ma non ci sono riusciti, perché io sono fornitore di un sistema completo e funzionante, la tecnologia ha sistemi di trasmissione dati, sistemi di lettura e di calcolo, il software di analisi del segnale che ho sviluppato io e quindi ne faccio quello che voglio.
  Ci siamo capiti su questo punto e la Comunità europea ha cercato di dare a tutti i fornitori una possibilità per portare a casa un risultato, dopo che loro non lo hanno portato a casa perché hanno presentato il sistema a diverse convenzioni scientifiche e, se lei parla con Murray o con Avogadro o gli altri scienziati dell'Ispra, vi diranno di averlo presentato dappertutto.
  Hanno fatto uno scafandro che andava giù a 4.000 metri (non so quanto l'abbiamo pagato), hanno speso una montagna di soldi, hanno realizzato tantissima tecnologia e giustamente a un certo punto Bruxelles ha chiesto se si potesse riuscire a portare a casa qualcosa ma zero, quindi si sono rivolti ai fornitori chiedendo se si potesse riuscire a portare a casa qualcosa, ma la mia risposta è stata zero, perché qui non si poteva far niente, quindi il problema era loro e dovevano risolverselo.
  Non l'hanno mai risolto perché su Scienza e vita francese sei mesi fa è uscito un bel servizio dove fra i vari sistemi c’è ancora questo, perché non sanno cosa fare, ma non è un mio problema.

  LAURA PUPPATO. In relazione ai sassolini che lei potrebbe togliersi della scarpa e che potrebbero interessare la nostra Commissione limitatamente a questo campo, che cosa può anticiparci ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Niente, senatrice. Dopo quella sulla carta che viene dal futuro, trovata a bordo della Jolly Rosso penso al discorso di Ilaria Alpi, perché su questo forse avete anche dimenticato qualcosa e quindi ci sto ripensando anch'io.
  Visto che mio malgrado sono stato tirato in mezzo a questa vicenda, voglio capire perché, visto che questa cosa mi ha rovinato la vita. Se va su internet, trova che il mandante dell'omicidio della giornalista, RAI 3 era sempre lì e non è una cosa simpatica, RAI 3 ha fatto una trasmissione, Blu notte, la cui prima puntata era sull'ingegnere del buco nucleare, cose pesanti.

  PRESIDENTE. Se comunque lei avesse qualcosa da dire, noi siamo ben disponibili ad ascoltarla anche in seguito. Ci rifletta.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. La ringrazio, ci sto pensando, si sono diverse cose che non sono ancora emerse secondo me, ma non sono un inquirente, però dal punto di vista esclusivamente tecnico ci sono delle cose che adesso mi piace dire, tanto i giornali non li legge nessuno e al limite per pochi secondi, per cui non ha importanza.

  PRESIDENTE. Però, come giustamente diceva la senatrice, questo...

  LAURA PUPPATO. Come cittadino italiano è anche un dovere, se lei ha informazioni che possano essere utili, lei le dovrebbe dare a prescindere.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sono d'accordo con lei.

Pag. 18

  PRESIDENTE. La Commissione non è un giornale...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. La domanda che si sono fatti tutti è questa: per quale motivo il maresciallo Scimone che è andato subito in pensione e Martini, che ha dato le dimissioni dal corpo ed è andato a lavorare a Milano, come mai queste persone che hanno seminato non voglio dire zizzania ma lo vorrei dire, hanno creato dell'allarme importante, hanno seminato con magistrati forse più attenti all'immagine che alla sostanza delle cose delle situazioni molto brutte, perché Neri ha impiegato quattro anni per chiudere l'inchiesta che mi riguardava, non sei mesi, per quale motivo ci sono state queste attività che definirei anomale ?
  Guardi la cartina della Jolly Rosso affondata il 14 dicembre, la Capitaneria di porto dichiara in Commissione che è salita e poi non è salita e poi non si ricorda, un comandante della Capitaneria non ricorda in Commissione se è andato a bordo (prima dice sì e poi dice no).
  Se lei legge gli atti del tribunale di Genova, si fa presente che l'unica cartina a bordo portava i punti di tracciamento della nave, che ha avuto una falla, è entrata l'acqua perché è un ro-ro, quindi non ha compartimenti stagni, come erroneamente scritto da incompetenti a Genova, ha iniziato ad affondare, il capitano ha cercato di salvarla, quando la nave era ingovernabile ha chiamato l'elicottero che ha salvato l'equipaggio, e la nave è spiaggiata.
  Non c’è mai stato inquinamento, portava tabacco e dei container e non ci sono mai stati casi di chissà quali malattie delle popolazioni intorno, mai.

  PRESIDENTE. Lei fa riferimento alla Jolly Rosso ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì. A questo punto salta fuori Legambiente in una bella pubblicazione (trova il link nel mio articolo), mi chiama Palladino e mi dice «ecco la carta dell'ODM con gli affondamenti». Si trattava di una cartina inglese vecchissima in bianco e nero del Mar Mediterraneo, dove sono segnati gli affondamenti di quattro navi che sono avvenuti anni dopo la Jolly Rosso, è la cartina che arriva dal futuro perché chi l'ha scritta l'ha fatto quattro anni dopo l'affondamento, perché sono segnate quattro navi che sono affondate negli anni successivi.

  PRESIDENTE. Scusi, che tipo di relazione aveva...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. La relazione è che hanno detto che quella era la cartina dell'ODM perché qualcuno l'ha scritto sul bordo a sinistra (la stessa mano che ha scritto i nomi delle navi).
  Io capisco tutto, capisco che Legambiente abbia fatto una bella cartina e l'abbia pubblicata nel suo report Navi a perdere, che qualcuno abbia scritto a fianco ODM così come poteva scrivere il nome di uno qualunque di noi, poteva scrivere Montedison, e poi sui giornali è uscito che era la cartina trovata a bordo di una nave affondata quattro anni prima. È la carta che viaggia nel tempo, è una carta quantica perché passato presente e futuro sono uguali, siamo nella fisica quantistica, infatti il mio articolo dice proprio così con una frase di Einstein che riguarda la fisica quantistica. Questa carta prova che Einstein aveva ragione !

  PRESIDENTE. Scusi, questo rapporto con Martini avviene prima o dopo le indagini che sta facendo ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Non mi ricordo, ma sicuramente c'era già l'ODM, eravamo all'inizio. Martini mi ha chiamato in occasione della scomparsa del figlio, nelle famose agende sequestrate ci sarà.

  PRESIDENTE. Qual era però l'interesse a metterle su collo questa situazione ? Io Pag. 19posso capire un concorrente, non credo Legambiente...

  LAURA PUPPATO. Lei si è fatto un'idea ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Certo, dopo dodici anni sono riuscito a farmela. Secondo il mio parere nelle grandi organizzazioni come nei grandi partiti c’è sempre qualcuno che magari per motivi personali di scalata di successo e di visibilità compie delle azioni al limite della legalità (mi dispiace perché io sono iscritto a Legambiente).
  Ho incontrato Marco Ferrigno a Bruxelles, avevano un problema per localizzare non so cosa e mi ha chiesto una consulenza, poi ci sono degli altri ex compagni di partito (si fa per dire), ma a un certo punto qualcuno ha iniziato secondo me a creare un qualche cosa che poi gli è sfuggito di mano, perché i procuratori un po’ vanagloriosi hanno preso il lato più eclatante e meno serio.
  Voi avete una bellissima dichiarazione di una persona importante in Commissione che dichiara che i giornalisti fanno le inchieste ma i corpi inquirenti fanno le indagini e sono due cose diverse.
  Noi abbiamo avuto in Svizzera la televisione dei Grünen che sono venuti a intervistarmi, hanno fatto le riprese degli uffici, sono arrivati con grancassa mediatica tutti i giornalisti, hanno scassinato le porte, hanno rubato dei documenti, hanno messo fuori lo striscione di Greenpeace, hanno scritto «mafia» e hanno fatto il loro film, tutti condannati poi in procura per effrazione.
  Mi hanno chiamato comunicandomi che i giornalisti avevano occupato l'ufficio e ho potuto solo chiamare la polizia, che però in questi casi arriva sempre dopo, ha constatato l'effrazione, sono andati in procura ma ovviamente hanno avuto una condanna, quella per gli amici e non quella dei nemici, e automaticamente la cosa è finita lì.

  PRESIDENTE. Quindi lei pensa che ci sia stata una sorta di diatriba politica interna o un movimento politico che poi dopo sia sfuggito di mano...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Ho questa impressione che qualcuno sia partito come giustamente fanno tante inchieste come Mare blu, Terra dei fuochi perché ci sono tantissimi problemi.
  Qui a mio parere hanno iniziato a commettere qualche piccolo errore quando hanno inventato dei documenti che hanno dato ai procuratori occasione per trovarsi nei guai, perché Neri non ha avuto la condanna perché è un giudice, ma – parliamoci chiaro – la Commissione Taormina l'ha richiamato brutalmente, perché ha dichiarato il falso.

  PRESIDENTE. Sicuramente, però, questa non era una piccola situazione. Sul tema delle navi, abbiamo visto anche dalla documentazione dei servizi che un'attenzione forte c'era sul pericolo del traffico di rifiuti radioattivi. Oltretutto, a quei tempi non esistevano i NOE, nuclei specializzati.
  Erano due, di fatto, i nuclei che indagavano su quelle questioni, come credo lei sappia: uno era quello di Brescia, l'altro era il capitano De Grazia, che tra l'altro stava seguendo un filone che nulla aveva a che vedere con ciò perché riguardava le frodi assicurative per l'affondamento delle carrette. Succede anche oggi, abbiamo avuto anche recentemente qualche segnalazione. Attorno a questa situazione, poi, sono emerse altre vicende, come è noto.

  STEFANO VIGNAROLI. È interessante e le chiedevo proprio la sua visione visto che tutti questi anni è rimasto volente o nolente coinvolto. Mi faceva piacere capire la sua versione su tutte queste vicende, che sono abbastanza complesse e per le quali forse non basterebbe tutta la giornata.
  Prendo ad esempio un articolo di Il Fatto Quotidiano che riassume un po’ alcune questioni, dove si afferma che lei si faceva chiamare De Angeli, su cui vorrei conoscere la sua versione, e che comunque in Tunisia avrebbe ancora degli affari con la società Avionav e anche per la costruzione Pag. 20di navi o, comunque, imbarcazioni destinate all'immigrazione clandestina in Nord Africa. Può risponderci su questo ?
  Ancora, ha avuto contatti all'epoca e di che tipo con De Grazia, ma in particolare con i suoi collaboratori, Scimone e Martini ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Mi fa piacere che citi Il Fatto Quotidiano perché, quando Palladino ha capito che aveva sbagliato target, ha passato la mano a un suo collega, che ha scritto un articolo senza firmarlo. Ho chiamato il direttore, Gomez, per dirgli che si sarebbe preso una bella denuncia. A parte i copy and paste, gli articoli a casa mia si firmano. Tutta la risposta, ovviamente, è sul mio sito internet.
  Il signore in questione, a quanto mi risulta un giovane giornalista praticante di Milano, ha fatto il copy and paste, come tanti giornalisti fanno. Andrea Tornago, bravissimo, che non ha mai telefonato, non si è mai fatto vivo. Non penso che sappiano bene cosa sia l'etica. Adesso è una parola strana. Prima di scrivere, per lo meno ci si parla visto che tutti hanno il mio indirizzo, chiamava lo stesso Palladino: se mi avessero chiamato, avrei alzato la cornetta e risposto. Non c’è un segreto.
  Tornago ha riportato delle cose interessanti: «Nel corso di attività informativa diretta nei confronti di un'organizzazione criminale transnazionale – scrive l’intelligence italiana nel maggio del 2010 – volta a verificare il coinvolgimento di cittadini italiani nella fornitura di imbarcazioni destinate all'immigrazione clandestina dal Nord Africa, è emerso il ruolo di rilievo di un cittadino italiano residente in Tunisia successivamente identificato in Comerio Giorgio, il quale sarebbe coinvolto anche in un presunto traffico di stupefacenti e armi». Hanno dimenticato la bomba atomica.
  È molto preciso. Io avevo, secondo Il Fatto Quotidiano, un cantiere di costruzione di barche e gommoni nella località mineraria di Zriba. Naturalmente, località minerarie si fanno le barche, mentre i minatori scavano le miniere al mare. Io che ero in riva al mare nel più grande cantiere navale della Tunisia.
  Ho sempre realizzato costruzioni in acciaio esportate con tutti i documenti della Dogana. In Tunisia c’è il più grande ristorante galleggiante della Tunisia, lì a Biserta, dove lei può andare a mangiare quando vuole. Si chiama Le Phenicien. Non ho mai costruito gommoni, mai trafficato. Si immagini in Tunisia, col controllo di Polizia che c’è, che controlla le e-mail, Skype, quando si esce, chi si vede e, d'altra parte, un’intelligence incredibile che vede un cantiere navale in una località mineraria, che non esiste sulla carta geografica, veramente un’intelligence furbissima e che vorrei capire chi è. Ho cercato di parlare con Tornago per chiedergli chi fosse. Inoltre, l’intelligence non avvisa in ambasciata, dove vado sempre, che c’è lì un criminale che costruisce gommoni per mandare via i tunisini e traffica in cocaina. Caspita ! È un’intelligence distratta.
  Allora, su questo Tornago, non conoscendolo, non posso dare giudizi. Ho anche scritto al direttore un paio di lettere per dire che non potevano andare avanti a fare certe cose, copy and paste così pesanti senza uno straccio di prova. Il mio avvocato, infatti, mi ha consigliato di denunciarli per diffamazione. Cosa denuncio ? Tra otto anni sarà tutto decaduto. Lasciamo perdere. La macchina del fango funziona in questa maniera. È questo il sistema per rovinare la gente. Io scrivo che l’intelligence dice qualche cosa su qualcheduno: quale intelligence ? Quale ? Dove ?
  Chiediamolo a Tornago. Questo è un altro sassolino che mi toglierò: caro Tornago, dov’è quest’intelligence ? Un’intelligence che non avvisa l'ambasciata dove abbiamo i Carabinieri, i servizi, io sono in contatto normalmente come giornalista con l'addetto dell'ambasciatore, che si occupa della parte politica perché è arrivato lì Renzi mentre eravamo lì ? Tutte le volte che è arrivato qualcuno in Tunisia eravamo lì a vederli e a intervistarli. Trafficanti di droga ? Con l’intelligence che non dice niente ?

Pag. 21

  PRESIDENTE. Questo esula dall'attività della nostra Commissione.

  STEFANO VIGNAROLI. In ogni caso, lei non si è mai fatto chiamare De Angeli ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Attenzione, con mio zio, Giorgio De Angeli, dal quale ho preso il nome, ex ufficiale di Marina, di 92 anni ben portati e che verrà in Italia nei prossimi giorni a farsi un giro, ho un'ottima relazione. Di cognome faccio De Angeli e in Tunisia, come in tutti i Paesi arabi – non so come si chiami lei...

  PRESIDENTE. Onorevole Vignaroli.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Non mi chiamo Giorgio Comerio, ma Giorgio Comerio De Angeli, perché dato che hanno pochi nomi e cognomi, se non mettono anche il cognome del nonno, del bisnonno, del papà, non ne vengono a capo. Nel mio caso, il nome è Giorgio Comerio De Angeli, che a loro va benissimo, perché il De Angeli sembra «Ben Angelis» traslitterandolo in arabo in maniera un po’ strana. In tantissimi documenti, quindi, devo mettere Giorgio Comerio De Angeli, perché si va in Polizia a sporgere una denuncia, chiedono il cognome di padre, madre, nonna, perché inseriscono sempre «Ben».
  È verissimo, quindi, che mi chiamo Giorgio Comerio De Angeli. È assolutamente vero ed è obbligatorio. Quando si va in tribunale o da qualunque parte, si devono dare tutti questi riferimenti. L'informazione, quindi, è perfetta, giusta, corretta, legale.

  STEFANO VIGNAROLI. Su De Grazia...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Non ho mai conosciuto De Grazia. Non ho nessuna idea. Ci sono due autopsie fatte da una persona. Ho letto tutti i vostri lavori, per cui so esattamente quello che sapete voi. Oltretutto, lei era vicepresidente, quindi li ha seguìti tutti.

  PRESIDENTE. Ero capogruppo.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Era capogruppo, quindi li ha seguìti tutti.

  LAURA PUPPATO. Non riesco a capire: suo padre si chiamava De Angeli ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Mia mamma.

  PRESIDENTE. Le pongo ancora un paio di questioni. È emersa, ad esempio, quella di Pinocchio, che ho visto che ha ripreso anche nel suo sito Internet.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, l'articolo. Vuole sapere chi è. Hanno desecretato gli atti ? Non si sa ancora.

  PRESIDENTE. Non lo so. Credo di no. Noi l'abbiamo audito, ma in forma riservata.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Nella vostra relazione finale...

  PRESIDENTE. Ci sono i contenuti, ma non è scritto chi è la persona.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. L'informatore Pinocchio.

  PRESIDENTE. Così si chiamava. È uno degli informatori della Forestale.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Ce ne sono due.

Pag. 22

  PRESIDENTE. Avevamo capito che quello che si chiama Pinocchio fosse uno, che appunto ci ha messo al corrente di una serie di situazioni.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Tramite il colonnello Martini.

  PRESIDENTE. Trova una parte di contenuti nella relazione, quello che abbiamo potuto pubblicare.
  Nella sua attività ha mai incontrato qualcuno che avesse questo nomignolo, che le sia stato presentato...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Il mio avvocato, come ho scritto. Secondo il mio parere, si tratta del mio avvocato, Gaspari Vaccari, responsabile dal punto di vista della giurisprudenza relativa all'attività. A mio giudizio e secondo la mia sensazione – oltretutto, ho un bel naso – Pinocchio era lui, perché era del Foro di Brescia, era in contatto con Martini.
  Prima di qualunque attività, nel muovermi da una parte o dall'altra, lo chiamavo chiedendogli cosa ne pensasse, per evitare qualunque possibile malinteso. Chi era informato di tutto era l'avvocato Gaspari Vaccari. Anche i professionisti possono tradire, ma nel senso buono del termine. Non ne faccio una colpa a nessuno, non era mio difensore in niente. Peraltro, mi ha fatto perdere l'ultima causa. A parte questo, per la condanna che ho avuto devo ringraziare, in tre gradi di fatture, quest'avvocato. Secondo il mio parere, è quest'avvocato.
  Una cosa che mi farebbe piacere poter conoscere dagli atti desecretati è l'identità di Pinocchio. È lui che ha dato l'informazione Martini, che col suo carisma, la sua posizione le ha date a chi poteva agire. Secondo me, come in una valanga, tutto è cominciato con una piccola pallina che ha iniziato a cadere e pian piano ha trascinato dentro tutti, ma creando una valanga da un niente, alimentato secondo me da Pinocchio e poi dall'altro ingegnere, che avete sentito, i famosi altri collaboratori. Sono tutti lì: Billy, l'ingegner Carlo Giglio, Pinocchio, che non si sa chi sia, hanno creato questa cosa, poi ci si trova con una valanga...

  PRESIDENTE. Dall'esperienza maturata in precedenza, credo che questi fossero informatori utilizzati, come è giusto, dagli organi inquirenti, che per alcuni tratti forse sono stati importanti nelle indagini, ma sento di dire che non è da lì che viene l’input, certo per quello che è a mia conoscenza e per gli atti formali.
  Vorrei porle ancora due questioni. Quando ha avuto a che fare con la Jolly Rosso per quell'attività di cui ci diceva, ha incontrato anche personaggi – non è colpa sua – che dopo ha imparato che avevano che fare con la malavita organizzata o, comunque, con situazioni «malavitose» ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Assolutamente no, anche per un motivo.

  PRESIDENTE. Questo può capitare...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Si può fare una campagna elettorale e trovarsi ad aver baciato Riina.
  Personalmente, sono molto poco socievole, e quindi i miei incontri sono avvenuti a convegni scientifici, a qualche convegno in Canada, generalmente all'estero. In questo settore in Italia non ho mai incontrato nessuno. Ripeto poi che il fatto che fosse tutto su internet, che ci fosse uno scambio di e-mail, di informazione era libero. A maggior ragione in quel momento, a me non interessava conoscere l'interlocutore. Io ricevo una domanda da uno studente, che magari non è uno studente ma il figlio di un malavitoso, che mi chiede che cosa si può fare: io gli rispondo dove può trovare i dati e punto, full stop.
  Per non essere coinvolto, non avendo mai fatto politica, evito incontri elettorali. Non si sa mai con chi si è, ti scattano quattro foto e poi dicono che eri abbracciato a uno che hanno messo in galera, per Pag. 23cui chissà che cosa avrà fatto. Ragazzi, l'Italia è così. È pericolosissimo. Sono situazioni estremamente rischiose.

  PRESIDENTE. Ci tenevamo a capire se nella sua interlocuzione, visto che era un potenziale business...

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Ho sempre evitato.

  PRESIDENTE. Un conto è che lei sapesse che andava a parlare con Tizio, Caio o Sempronio; altro discorso è se dopo magari si è reso conto di aver avuto anche un'interlocuzione, a volte anche uno scambio di e-mail con certi personaggi.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Presidente, io già abitavo all'estero, ho cercato di evitare il più possibile questo genere di contatti, poi ripeto che sono finiti lì, che non ho mai chiesto i documenti o la fedina penale di chi incontro.

  PRESIDENTE. Ho un'ultima mia curiosità personale. Relativamente a questo suo interesse nell'ingegneria, Comerio è un nome abbastanza comune, ma imprese anche storiche, importanti nelle sue zone si occupavano di elettronica, di meccanica all'inizio: lei discende da una famiglia che si occupava storicamente di meccanica fine, di elettronica ?

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Discendo da una famiglia che da 130 anni ha la società Comerio Ercole, prima era a Busto Arsizio, adesso a Castellanza, che produce...

  PRESIDENTE. C’è una tradizione culturale.

  GIORGIO COMERIO, persona informata di fatti rilevanti ai fini dell'inchiesta. Sì, 130 anni di industria. L'altro mio parente, Luca Comerio, pioniere della cinematografia italiana, era il fotografo e il cineasta della Prima guerra mondiale. Pillitteri ha scritto diversi libri al riguardo. Veniamo, quindi, da una tradizione che nasce per cercare di fare qualcosa di nuovo. Ovviamente, non sempre le ciambelle escono col buco, che non mangiamo. A volte vanno, altre no. Tante volte i soldi si perdono, qualche volta si guadagnano, ma non è quello per me il fattore significativo, quanto fare qualcosa di nuovo che gli altri non hanno mai fatto. Questo mi è sempre piaciuto fare, continuo a farlo e continuerò a farlo.

  PRESIDENTE. La ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 12.45, è ripresa alle 13.20.

Audizione del direttore generale di Solvay, Marco Colatarci.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale di Solvay, Marco Colatarci, che ringrazio per la sua presenza, accompagnato dagli avvocati Fabio Cintioli e Paolo Di Giovanni, consulenti, nonché dall'ingegnere Aldo Trezzi, consulente tecnico.
  L'audizione odierna ha a oggetto la situazione del sito d'interesse nazionale di Bussi nell'ambito del nostro approfondimento sulle bonifiche. Al di là delle ultime vicende venute alla ribalta della cronaca nazionale, in realtà, come Commissione, avevamo già stabilito un percorso di audizioni con una visita ispettiva presso Bussi, al fine di un aggiornamento sullo stato delle bonifiche nel Paese (includendo, quindi, i siti d'interesse nazionale e non solo). Abbiamo visitato anche siti che non sono di interesse nazionale, in alcuni dei quali eravate operativi, ma ciò che vorrei ribadire è che la nostra attività non nasce a causa delle situazioni che si sono determinate – su cui sicuramente faremo Pag. 24degli approfondimenti – ma era già prevista, proprio per la complessità che tale sito riveste da tutti i punti di vista.
  Come sapete, la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. Avverto quindi i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno e consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandoli comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. Do ora la parola all'ingegnere Colatarci per lo svolgimento di una piccola relazione introduttiva, avvertendo che, se lo ritiene, potranno intervenire i suoi collaboratori in qualsiasi momento, dopodiché seguiranno eventuali domande da parte dei commissari. Infine, poiché ci avete consegnato – e abbiamo già a disposizione – molto materiale, vi chiederei un breve riassunto della situazione, dello stato dell'arte e di quelle che, a vostro avviso, sono le principali problematiche aperte d'interesse della nostra Commissione.

  MARCO COLATARCI, direttore generale di Solvay. Sono il direttore generale di Solvay in Italia, quindi responsabile delle attività del gruppo in Italia. Ho anche delle cariche societarie che sono abbastanza inerenti al tema che trattiamo. Sono infatti presidente e amministratore delegato della Solvay Specialty Polymers Spa, proprietaria del terreno, dell'immobiliare di Bussi, ma anche presidente del consiglio d'amministrazione della Solvay Chimica Bussi, che insieme ad altre società esercita le proprie attività in Bussi. Attualmente, per darci una dimensione, il sito ha un'estensione di 24 ettari dedicati alle attività industriali. Il resto della proprietà, circa 67 ettari, è esterna al sito, dove non incidono attività industriali. Nel sito ci sono diverse società, come la Silysiamont, la Isagro e la centrale elettrica di Edison.
  Il sito è abbastanza particolare, se così si può definire, perché, innanzitutto, ha una lunghissima storia. È uno dei siti chimici più antichi in Italia. È stato costituito nel 1898 e già nel 1902 ha iniziato le proprie attività industriali con il primo impianto di elettrolisi. Ha quindi trascorso tutto lo scorso secolo cambiando e ampliando molto le attività industriali. Di fatto, lì è stata esercitata tutta la chimica italiana, se così si può dire, con produzioni che sono andate dall'elettrolisi al mercurio, all'attività di clorometani, di derivati di cloro, perossidati, ad attività di additivi per benzine negli anni Sessanta, come il piombo tetraetile e così via, fino alle attività dei giorni nostri, come la chimica fine, i silicati e i perossidati particolari (come quello che definiamo il PAP, una molecola particolare nel settore della detergenza). Questo serve a determinare il lungo percorso industriale del sito.
  In passato il sito aveva un'importanza strategica estremamente elevata. Dagli anni Trenta al 1945 è stato gestito dal Ministero della guerra perché, ovviamente, sito d'interesse bellico, quindi si possono capire le varie complessità del sito stesso. Solvay lo ha acquisito nel maggio del 2002, quando ha acquistato, dal Gruppo Montedison, la società Ausimont. Abbiamo acquistato il sito insieme a un perimetro internazionale, che consisteva nel sito di Porto Marghera, in quello di Bollate, in Lombardia, in quello di Spinetta Marengo, in Piemonte, e appunto in Bussi, in Abruzzo, nonché in altre attività e siti stranieri negli Stati Uniti e in Giappone. La nostra storia comincia nel 2002, quando nel maggio, appunto, diventiamo proprietari. Ci siamo sempre posti verso il territorio, le istituzioni pubbliche e tutti i vari stakeholder come proprietari non responsabili di eventuali inquinamenti e, comunque sempre, a disposizione – nei fatti che dimostreremo – delle autorità per cercare tutte quelle attività e best practice che potessero uscire da una storia sicuramente complessa.
  Se abbiamo fatto – come abbiamo fatto – dei ricorsi al TAR, è stato a titolo sicuramente conservativo, per tutelare la Pag. 25nostra azienda e comunque non abbiamo mai utilizzato la cosiddetta sospensiva, ovvero abbiamo sempre continuato a portare avanti le nostre attività. Tengo a precisarlo perché tutte le volte che ci siamo posti verso le autorità pubbliche, ovviamente abbiamo rimarcato questo concetto, che crediamo sia di nostra pertinenza.
  Per fare brevemente la storia delle tematiche di cui dovremo parlare, iniziamo nel 2002, poi, i colleghi, l'ingegner Trezzi, l'avvocato Di Giovanni e l'avvocato Cintioli, ovviamente ciascuno per le rispettive competenze, potranno sicuramente entrare in maggiori dettagli. Mettiamo a disposizione, oltre ai documenti già mandati alla Commissione, tutti gli atti del procedimento penale che stiamo vivendo come parte civile, tutti gli atti amministrativi e tutti gli atti tecnici che l'ingegner Trezzi gestisce. Questi documenti, quindi, sono a vostra disposizione.
  Abbiamo in atto un arbitrato con Edison e, per la consegna di quegli atti, abbiamo bisogno di una richiesta formale. Qualora, però, questa arrivasse, siamo a totale disposizione. Parlavamo del tema pregnante per cui siamo qui oggi. Nel 2001 viene presentato un piano di caratterizzazione da Montedison, che viene ricevuto dal comune, che con una lettera auspica il proseguimento di queste attività. Noi entriamo nel 2002, come abbiamo detto, ma già tra la fine di quell'anno e l'inizio del 2003 ci viene chiesto di ottemperare a una vecchia richiesta di Edison di cedere dei terreni che avevamo fuori del perimetro dello stabilimento, per cui cominciamo a eseguire qualche studio e qualche caratterizzazione del terreno.
  Scopriamo, in quel momento, le famose discariche a monte 2A e 2B, in qualche modo sì autorizzate, ma per rifiuti urbani e speciali, non per quelli tossici e nocivi. Tra l'altro, in due diligence, in data room, agli atti di acquisizione questi non erano stati manifestati dalla venditrice. Dobbiamo procedere, quindi, alla caratterizzazione per cedere questo terreno, come da nostre pratiche interne; cominciamo, così, un po’ a scoprire la realtà del sito, che sicuramente era diversa da quella che ci era stata rappresentata, tanto che già nel 2003 la conferenza di servizi aperta dal comune e dalle autorità locali rifiuta il piano di caratterizzazione presentato da Edison e ci chiede di presentarne uno ai sensi della 471 del 1999, allora in vigore.
  Cominciamo a lavorare, a eseguire analisi molto profonde e ci accorgiamo che, innanzitutto, esiste un problema di inquinamento che esce dal perimetro del sito per quanto riguarda la falda. Le discariche sono, appunto, ricovero di elementi che non si possono ricondurre a quando erano state autorizzate, quindi, iniziamo la procedura necessaria e le prime attività estremamente importanti, prima di caratterizzazione, poi di attività vera e propria di sistemazione del sito.
  Creiamo la barriera idraulica, cominciamo i primi emungimenti dal sito, mettiamo in esercizio la prima barriera idraulica, puliamo il collettore 10 facendo un relining interno, ovvero realizzando un rivestimento nuovo a tutela delle eventuali fuoriuscite. Cominciamo a gestire da un punto di vista imprenditoriale e industriale il sito sulle tematiche ambientali. Ci confrontiamo, quindi, con i problemi della falda e cominciamo a trattarla.
  Le tematiche idrogeologiche non sono sicuramente facili da capire, non sono immediate. Cominciano i vari studi di modelli idrogeologici, ovviamente suffragati dai vari campionamenti che stiamo facendo; piano piano questa barriera idraulica prende sempre più potenza, sempre più forma e nel 2006 viene addirittura potenziata. Questi studi ci portano a scoprire che esiste anche una falda profonda, che non era stata determinata dalla precedente proprietà, di fatto fortemente inquinata da cloruri e derivati da mercurio, comunque confinata in pressione. Facendo quest'attività, scopriamo anche questo e potenziamo ancora il sistema di trattamento di acqua di falda per portare avanti le necessarie attività. Siamo nel 2005 e l'analisi preventiva del piano di caratterizzazione ci viene autorizzata dal comune, e quindi le attività vanno avanti in maniera abbastanza regolare.Pag. 26
  Nel 2006 cambia il decreto, dal 471 si passa al 152, per cui lì c’è sicuramente un momento di riallineamento; dobbiamo riformulare e riadattare gli aspetti comunicativi e autorizzativi, ma sicuramente le attività operative continuano perché il sistema, ormai, è stato messo in piedi e sta funzionando, tanto che ci dà tutti i dati, tutte le caratterizzazioni, che poi ci porteranno a realizzare l'ulteriore nuovo potentissimo trattamento di acqua di falda che abbiamo iniziato a progettare dal 2008 e che vedrete nella vostra visita in stabilimento.
  Esiste, infatti, un impianto – è uno dei più importanti d'Italia – che riesce a trattare circa 120 metri cubi di acque sporche e porterà, secondo le nostre ipotesi e determinazioni, alla completa pulizia della falda in un percorso che, tecnicamente parlando, possiamo collocare in 6-10 anni. È sicuramente un impianto importante, come dicevo uno dei più grossi d'Italia, commissionato alla società tedesca Zublin, che ha un'esperienza storica in questo campo.
  Siamo arrivati agli anni 2006-2007. Nel 2005 viene nominato il commissario, architetto Goio, che deve occuparsi delle problematiche del bacino dell'Aterno. Nel 2006 viene scoperta dalla Guardia forestale la cosiddetta discarica Tre Monti, che è la particella catastale 50, una discarica al di fuori del nostro perimetro. Noi non abbiamo mai avuto proprietà di questa particella e quindi neanche della gestione.
  La procura della Repubblica parte con le proprie attività, vengono chiusi dal commissario architetto Goio i pozzi di Sant'Angelo perché si scopre un inquinamento dei pozzi di emungimento dell'acquedotto di Pescara, quindi, ovviamente, il problema della compromissione ambientale del sito viene alla ribalta nazionale: siamo nel 2006-2007. In questo momento c’è anche il passaggio della procedura amministrativa dal comune alla Regione e, anche in questo caso, si perde un po’ di tempo sulle attività amministrative e documentali ma, lo ripeto ancora una volta, questo fatto non ci ferma nelle attività di pulizia e messa in sicurezza che volevamo e dovevamo fare.
  A questo periodo risalgono due fatti importanti, di cui uno sociale estremamente importante e uno «industriale». Relativamente al primo, nel 2009 nel perimetro c'era anche la società Medavox, una joint venture di Evonik Degussa, perché all'atto dell'acquisizione l'Antitrust non aveva consentito a Solvay di esercitare le attività dei perossidati. Questa società non è mai stata di Solvay ed è passata alla gestione della società Medavox, che nel 2009 decide di chiudere con una cassa integrazione speciale, di fatto con il licenziamento di 150 persone, così creando nel territorio una tensione sociale, come possiamo immaginare, sicuramente molto importante.
  Parallelamente, come dicevo, avviene un altro fatto industriale. Nel 2003 acquistiamo da Montedison una produzione elettrolisi anodo-catodo a mercurio; nel 2008 la sostituiamo con una tecnologia di nuova generazione pulita a membrana, per cui gestiamo l'elettrolisi tre anni; poi, già a settembre del 2008, smantelliamo tutto, puliamo tutta la vecchia elettrolisi e mettiamo in funzione le nuove celle. Ovviamente, lo smaltimento avviene secondo le norme vigenti, in maniera corretta. Questi sono due fatti secondo me importanti: la chiusura di Medavox, il cambio di tecnologia di Solvay e il successivo smantellamento dei vecchi impianti che erano i clorometani e i derivati di acido cloridrico.
  Nel 2008-2009, quindi, la società si impegna a effettuare questo tipo di pulizie senza che quest'attività si interfacci con le tematiche del sottosuolo, fatte sicuramente con un certo tipo di tecnologie.
  A maggio del 2008, se non ricordo male, passiamo a SIN, sito d'interesse nazionale, quindi tutta la procedura passa al Ministero dell'ambiente. Tra il 2008 e il 2009 il commissario viene dotato di un fondo di 50 milioni di euro con un decreto legislativo dedicato alla reindustrializzazione delle attività perché, come dicevo, Pag. 27venivamo fuori dall’«evento» Medavox, che aveva di fatto creato una grossa tensione sociale sul territorio.
  A questo punto ci sono due fasi. Una vede il procedimento penale che la procura della Repubblica porta avanti. Ovviamente, noi siamo parte civile in questo processo e, comunque, abbiamo dato sempre tutta la nostra disponibilità agli organi istituzionali per dare tutte le informazioni che avevamo a disposizione (siamo sempre nel 2008-2009 e ai 50 milioni di euro del commissario architetto Goio, per collocare un po’ le tematiche). Andiamo al Ministero dell'ambiente per presentare il piano di caratterizzazione e i relativi piani di messa in sicurezza. Comincia, appunto, l'interlocuzione con il Ministero. Come dicevo all'inizio, ribadiamo in tutti questi passaggi amministrativi o di relazione con le istituzioni che siamo proprietari non responsabili, quindi dedichiamo anche delle risorse economiche sicuramente rilevanti, ma non ci sentiamo di assumerci la responsabilità. Ricordo ancora una volta, infatti, che siamo entrati in questo sito nel 2002. Al Ministero comincia l'attività di piano di caratterizzazione e di iter che porta alla messa in sicurezza d'emergenza. Il ministero ci chiede di fare alcune cose, tra cui la determinazione e il potenziamento della barriera idraulica. Noi venivamo già da una storia sicuramente importante e quindi abbiamo una disclosure di tutte le attività che abbiamo svolto. Ci chiede di lavorare su degli hot-spot, quindi, come dice il termine, a pulizie localizzate e di mettere in sicurezza le discariche 2A e 2B che – lo ricordiamo – sono state scoperte da noi nel 2002.
  Stendiamo un piano operativo, lo portiamo al Ministero, con cui ne discutiamo e che ci prescrive una messa in sicurezza delle discariche a monte rimodellando i perimetri e i livelli, creando un capping di tipo leggero, per creare, come dice il termine stesso, una messa in sicurezza d'emergenza e creare le condizioni perché un eventuale inquinamento non potesse uscire. Ovviamente, ci prescrive anche una serie di caratterizzazioni e di analisi, che noi portiamo avanti.
  A questo punto, l'aspetto sociale, come dicevamo, era estremamente delicato. Il sindaco di Bussi, a seguito del decreto-legge per la reindustrializzazione gestita dal commissario, lancia una procedura per interesse di eventuali reindustrializzatori sull'area. Solvay non aderisce a questa richiesta dicendo che non è interessata a una reindustrializzazione o a un potenziamento dei propri impianti. Si presenta una società locale di Chieti, ben conosciuta, la Toto Spa, che propone sicuramente un bel progetto, che di fatto, se non ricordo male, richiede un investimento di 300 milioni di euro, l'assunzione di 400 persone, la costruzione di un cementificio e l'utilizzo della ferrovia interna – il sito è dotato di un raccordo ferroviario – per costituire una società che faccia manutenzione ai carri ferroviari e una società che costruisca i coppi, ovvero le strutture interne in cemento armato prefabbricate per la realizzazione dei tunnel, per i quali, come sappiamo, la Toto è altamente specializzata.
  Ci viene chiesto di essere disponibili a non ostacolare questo progetto. Ovviamente, a fronte di qualche richiesta, una tra tutte quella che gli organi istituzionali testimonino e sottoscrivano che la nostra condotta dal 2002 è stata diligente, siamo a disposizione per cedere la proprietà a ricavo zero, perché riteniamo che come strategia il Gruppo Solvay, anche con quanto è successo ultimamente, ovvero l'uscita dal settore del cloro, non abbia più interesse industriale nel sito stesso. Parallelamente, se arriva un'occasione per creare reddito sul territorio, una certa attività imprenditoriale, ben venga. È un po’ un nostro modo di comportarci e di lavorare.
  Purtroppo, dopo un anno e mezzo di discussioni con la provincia, con il Ministero dell'ambiente nella persona del direttore Pernice, con l'Avvocatura dello Stato, con il commissario, con la Regione Abruzzo – all'epoca il vicepresidente onorevole Castiglione era al tavolo delle nostre discussioni – il progetto non ha avuto seguito per vari motivi. Il motivo principale – anzi, direi l'unico – è che il gruppo Pag. 28Toto a un certo punto si è ritirato. Ci sono state anche le elezioni, col cambio dell'amministrazione comunale di Bussi – del sindaco – e una serie di momenti che non hanno portato a una soluzione di continuità nell’iter di relazione.
  Arriviamo al 2012, quando c’è da dire che la procura della Repubblica apre anche un fascicolo nei nostri confronti per inquinamento delle acque di falda e vengono recepite dalla struttura del processo di base varie tematiche e relazioni. C’è poi una relazione specifica del CTU, che di fatto porta a scagionare totalmente la condotta dei colleghi di Solvay e anche del sottoscritto, quindi, l'avviso di garanzia viene archiviato ad agosto dello scorso anno. Direi che anche da questo punto di vista, fortunatamente anche a livello personale, siamo usciti nel migliore dei modi.
  Il nuovo sindaco fa un nuovo avviso di richiesta di reindustrializzazione e rispondono una decina di imprenditori di vario genere, alcuni chimici, che vogliono continuare l'attività chimica ponendosi a valle della filiera produttiva, altri in altri settori, che vanno dalla piccola e media azienda, dall'artigianato, a imprenditori sicuramente con attività un po’ più importanti da un punto di vista tecnologico. Ancora una volta siamo a disposizione per queste richieste.
  Nello stesso periodo il MISE, da capping leggero, ci chiede il capping pesante (pesante e leggero si riferiscono concettualmente al tipo di film utilizzato)....

  PRESIDENTE. Mi scusi, il MISE o il MATTM ?

  MARCO COLATARCI, direttore generale di Solvay. Mi scusi, il MATTM. Il Ministero dell'ambiente ci chiede il capping pesante, ovvero un capping definitivo, che a questo punto cozza con il concetto di reindustrializzazione, sempre motivo di discussione, perché il definitivo viene considerato come in permanente, come dice la parola stessa. C’è un po’ di ping pong, su cui il professor Cintioli, l'amministrativista che ha seguìto tutta questa fase, può insieme a Aldo Trezzi entrare sicuramente nel dettaglio.
  ISPRA, chiamata a dare il proprio parere, dà ragione a noi dicendo che è giusto fare un capping leggero perché si tratta di una messa in sicurezza. Il Ministero ci chiede il pesante, anche perché in quel periodo è entrata in vigore la nuova normativa per la gestione delle discariche. Di fatto, arriviamo a presentare una serie di progetti anche insieme al commissario, in cui si passa da pesante a leggero, ma poi il Ministero chiede al commissario di utilizzare un'area di servizio nelle discariche 2A e 2B per creare una discarica temporanea di esercizio delle due attività.
  Si arriva ai giorni nostri, in cui l'opinione pubblica e le autorità locali rifiutano questa soluzione perché spingono per una bonifica radicale delle discariche 2A e 2B, ma contemporaneamente richiedono anche un'attività di reindustrializzazione interna.
  Arriviamo, poi, ai giorni nostri – i colleghi potranno entrare maggiormente nel dettaglio ed è abbastanza non banale – quando nasce un progetto gestito dal commissario, in cui si bonificano le discariche 2A e 2B con asportazione dei rifiuti in esse contenuti e si procede a un'attività di messa in sicurezza preventiva interna allo stabilimento per consentire la nuova reindustrializzazione. Questa è un po’ la storia molto veloce, con una serie di passaggi.

  PRESIDENTE. Mi scusi. Ha ricostruito tutto molto bene, in modo molto chiaro e credo che sia stato anche opportuno per i commissari, perché non è facile, se non si è del posto, capire esattamente la situazione. Abbiamo audito recentemente sia il direttore Pernice, sia l'architetto Goio, che – lo ricordo ai colleghi – attraverso SOGIN – cosa che ci ha lasciati un po’ perplessi perché normalmente si occupa di questioni legate al nucleare, ma probabilmente da statuto possono fare anche altro – doveva incontrare voi per cercare di capire come si sarebbero dipanate le ultimissime situazioni, presumo con quest'idea. A che titolo siete in questo progetto ?

Pag. 29

  MARCO COLATARCI, direttore generale di Solvay. Innanzitutto...

  PRESIDENTE. L'ultimo tassello.

  MARCO COLATARCI, direttore generale di Solvay. Innanzitutto, su SOGIN abbiamo avuto la stessa reazione che ha avuto lei. Voglio sottolineare che di nucleare non c’è assolutamente niente. Attraverso una sua consociata, la Nucleco, SOGIN svolge anche attività di remediation nella propria struttura societaria e sicuramente ha le competenze per svolgere quest'attività.
  A fronte di un eventuale accordo di programma che ci permetta di tornare, per capirci, alle condizioni che definivamo sul progetto Toto, abbiamo messo a disposizione, pur essendo proprietari e non responsabili, le aree interne e ufficializzato, o comunque sottoscritto, che nello spirito di risolvere una tematica estremamente importante, faremo qualche sforzo per finanziare anche la parte interna e le attività di SOGIN. Su questo, però, magari vale la pena sentire i colleghi e amici, il professor Cintioli e Aldo Trezzi, che ovviamente hanno delle competenze molto maggiori di me su quest'aspetto.
  Voglio solo sottolineare che, da quando è entrata nel sito, la società Solvay ha investito dal 2003 a oggi 15 milioni di euro in attività che non erano state preventivate, in cosiddette remediation, per sistemare le attività di cui ho parlato sino adesso. Spenderà nel 2015 altri 5 milioni di euro per la conclusione del TAF (Trattamento delle acque inquinate), che vedrete, così come sta spendendo ancora sul capping. Ho un po’ concentrato la mia esposizione sulle relazioni amministrative e relazionali con i vari enti e organi, ma quelle attività per mettere in sicurezza il sito le abbiamo fatte, le stiamo portando avanti e adesso stiamo facendo il capping delle discariche anche se magari, quando il progetto sarà portato avanti, non avrà nessun senso perché si mette un telo e poi si tira via.
  Per dare gli ultimi due numeri e poi lasciare ai colleghi gli eventuali approfondimenti – ce ne sono tanti, come potete immaginare un po’ anche dal pathos di questa mia esposizione – abbiamo fatto più di 3.000 caratterizzazioni, che vuol dire fori, analisi, campionamenti – 104.000 analitici – nonché analisi di quello che tiravamo fuori, sino al 31 dicembre 2014, in aggiunta a quelle che stiamo facendo. La situazione non è facile, ma è questa. Ci siamo: l'obiettivo della società che rappresento è di cercare di mettere in piedi tutte le best practice, a tutti i livelli, per cercare di risolvere un problema. Sicuramente riteniamo che sia anche nostro dovere partecipare con le nostre competenze e i nostri eventuali finanziamenti, sempre però sottolineando che, come dicevo e come ripetiamo ormai alla stregua di un mantra, siamo proprietari del sito non responsabili.

  PRESIDENTE. Se non dovete subito specificare qualcosa, procederei con le domande.

  PAOLO CINTIOLI, consulente legale Solvay. Vorrei intervenire brevemente per spiegare l'attualità, cioè i contenuti della disponibilità che ha dato Solvay recentemente rispetto alle amministrazioni. Sono professore ordinario di diritto amministrativo e avvocato del Foro di Roma; assisto Solvay sui temi di mia competenza dal 2008 fino a oggi. Presidente, forse può essere utile un attimo prima delle domande, segnalare molto brevemente i contenuti della disponibilità di massima che Solvay ha già dato nelle negoziazioni in atto con l'amministrazione riguardo all'intervento immediato da eseguire sul sito di Bussi.
  Ricordato che Solvay, nella peggiore delle ipotesi sul piano giuridico – davvero la peggiore – è come proprietario non responsabile obbligato a eseguire sul sito le misure «di bonifica», sebbene il Ministero ci abbia già qualificato come proprietario non responsabile, quindi come tenuti solo a misure di prevenzione, quand'anche così non fosse e non avessimo le note ministeriale del 2014, secondo cui solo le misure di prevenzione dobbiamo Pag. 30fare, ma si ritenesse dunque che dobbiamo fare la bonifica del sito, è pacifico che l'obbligo di bonifica, come recita peraltro la sentenza del TAR del Lazio che ci riguarda, va nei limiti del valore del fondo.
  Questo significa che il soggetto proprietario di un sito inquinato non responsabile, quand'anche ritenuto obbligato alla bonifica, liberandosi della proprietà del fondo assolve pienamente a ogni obbligo di legge, quindi è obbligato nei limiti del valore del fondo.
  Ebbene, per ragioni che evidentemente non attengono ad aspetti giuridici, ma a strategie e a profili di social responsibility che riguardano la società, Solvay ha sempre ritenuto e ritiene ancora oggi di fare più di ciò che la legge prevede e prescrive. Dato che esiste questa legge del 2010, che voi tutti conoscete, che prevede la possibilità di una reindustrializzazione del sito e la disponibilità di somme di denaro pubblico per essa, dato che Solvay ha sempre, sin dal 2010, dichiarato di non avervi un interesse personale, come di non averne al rilancio, ha però dato la disponibilità al trasferimento a titolo gratuito dell'intera proprietà del sito, evidentemente pur restando a carico di Solvay tutte le somme spese per misure di remediation, quindi appartenenti al genus bonifica, ricordate dall'ingegner Colatarci poc'anzi e pur esistendo una disponibilità di massima, da definire nei dettagli, a effettuare ulteriori investimenti che riguardano il capping o, in alternativa – pensiamo che a oggi non abbia molto senso un capping se poi si deve reindustrializzare l'area – a dare l'importo corrispondente alla mano pubblica.
  Ricapitolando, il contenuto del possibile accordo è il trasferimento gratuito, il mantenimento di queste somme spese e in più l'erogazione di ulteriori somme. Mi sembra importante, dal punto di vista della società, che questo venga ribadito anche in questa sede.

  PRESIDENTE. Direi di passare alle domande. Visto che l'esposizione è stata chiara e i documenti sono pervenuti, ci interessava capire l'ultimo passaggio, che ci mancava e che ci avete spiegato. Possiamo quindi passare alle domande (ovviamente, nel rispondere, direte quello che ritenete opportuno). Do quindi la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi incuriosisce conoscere il contratto di compravendita del 2001 – se non ricordo male – tra Edison e Solvay. A me risulta che gran parte della dirigenza di Edison sia rimasta e poi passata a Solvay; mi sembra quindi un po’ strano che Solvay non fosse a conoscenza dell'entità e del pregresso di quello che era stato. Nel contratto erano previsti degli sconti, delle clausole ?
  Tutti sapevano quanto fosse inquinato il sito. Relativamente allo sconto, che eventualmente genera plusvalenza – voi avete citato 15 milioni di euro – ma se lo sconto fosse stato di 100 milioni di euro, si tratterebbe di una bella plusvalenza: mi domando se sia presente quest'aspetto. A chi è fatta la cessione del terreno ? Ho in mente un passaggio al comune: mi sembra singolare che un comune piccolo si assuma la responsabilità e la proprietà di un terreno così disastrato. Ancora, in questo terreno è stata poi fatta una caratterizzazione ? Mi sembra anche strana l'idea di una colata di cemento per mettere un tappeto sopra nella reindustrializzazione e mi domando: se Filippi – se non ricordo male il nome della società farmaceutica – è un vostro fornitore, che relazione avete con quest'azienda anche a livello di bilancio e di volume d'affari ?
  Su 2A e 2B mi domando quali sia la reindustrializzazione prevista in quel sito. Quei 50 milioni di euro dovevano andare per la reindustrializzazione e vorrei capire...

  PRESIDENTE. Lo chiediamo a Goio e al Ministero !

  STEFANO VIGNAROLI. Mi domando perché per le varie prescrizioni del Ministero ricorriate sempre al TAR. L'ultima domanda: sulla lettera che vi ha mandato Pag. 31Pernice, il direttore del Ministero, sugli obblighi di Solvay a eliminare i rifiuti dal sito, che si rifaceva comunque a una legge non ancora in vigore, qual è la vostra opinione ?

  MARCO COLATARCI, direttore generale di Solvay. Ha fatto tantissime domande. Io rispondo alle più semplici. Non esiste, che mi risulti, uno sconto all'atto di negoziazione su queste tematiche, poi chiederò all'avvocato Di Giovanni di entrare nel merito. Per quanto riguarda l'industrializzazione delle aree 2A e 2B, onestamente non so chi possano essere i reindustrializzatori. Ho sentito e letto dai giornali, ma non lo so. Per le altre domande, che sono estremamente importanti, con il permesso del presidente lascio la parola ad Aldo Trezzi e a Fabio Cintioli per rispondere.
  Quanto alle relazioni che abbiamo con Filippi, non c’è solo lui. Lo conosciamo, è un imprenditore veneto, ma marginalmente lavora insieme a noi. Prende qualcosa, è un distributore, ma lavora con noi come lavora con Bayer e tanti altri, non abbiamo nessun legame né societario né di altra natura. Abbiamo un rapporto normale tra un grosso gruppo e un piccolissimo distributore. Ci sono altri imprenditori che si sono affacciati. Inoltre, da ingegnere quale ero, vorrei precisare che non è una colata di cemento. Esiste un progetto che non è una colata di cemento. Vorrei anche un po’ sfatare questo concetto abbastanza colorito della colata di cemento. Non è questo, ma lascio i colleghi rispondere in maniera puntuale sui punti che ha enunciato.

  PAOLO DI GIOVANNI, consulente legale Solvay. Per quanto riguarda il discorso della fattispecie inquadramento, della fattispecie contrattuale, si trattava di un contratto di acquisizione formulato secondo la practice dell'epoca del 31 dicembre 2001 con closing a maggio del 2002. In questo contratto di acquisizione c'era un corrispettivo, come ovviamente deve essere essendo una cessione di partecipazioni sociali; c'erano inoltre delle cosiddette dichiarazioni a garanzie, tipiche di questi contratti di acquisizione.
  Tra le dichiarazioni di garanzie, in una in particolare si diceva che Ausimont tra le varie altre società era in compliance con la normativa ambientale. Si allegava un piano di caratterizzazione che individuava alcuni fatti di inquinamento. Vedo, quindi, un corrispettivo e una garanzia. Dello sconto non c’è traccia, tanto che abbiamo iniziato un arbitrato nel momento in cui abbiamo capito che la garanzia era stata violata in considerazione del fatto che l'inquinamento era sostanzialmente superiore rispetto a quanto era stato rappresentato, non solo a noi ma anche alle autorità, con un piano di caratterizzazione.
  Un'altra delle domande è anche una domanda di dolo incidente, in considerazione del fatto che quello stesso piano di caratterizzazione è l'elemento decettivo per arrivare a certe condizioni contrattuali. La posizione dalla società, quindi, è di rigettare qualsivoglia tipo di sconto, che davvero non ha senso in questo tipo di inquadramento contrattuale. C’è un arbitrato in corso, azione di natura puramente civile, che giungerà alla sua conclusione negli anni a seguire.

  ALDO TREZZI, consulente tecnico Solvay. Sono Aldo Trezzi, della ditta Ramboll Environ di Milano. Siamo consulenti di Solvay per la parte tecnico-amministrativa per l'iter di caratterizzazione e bonifica dalla fine del 2004. Una cosa importante da sottolineare è, appunto, ciò di cui era a conoscenza Solvay all'atto dell'acquisizione per quanto riguarda le tematiche ambientali. Ebbene, Solvay era a conoscenza solo del piano di caratterizzazione contenuto all'interno del documento HPC del 2001, predisposto da Ausimont e poi in pratica rigettato da parte della conferenza di servizi, che ne ha richiesto uno nuovo. Nel 2003, utilizzando sempre Hencer per non perdere la memoria storica seppur recente, Solvay ha richiesto a Hencer, come si chiamava in quel momento, di predisporre il nuovo piano di caratterizzazione. Ebbene, le indagini e tutte le Pag. 32attività che hanno portato a nuovi risultati di questa caratterizzazione indicano chiaramente una condizione di contaminazione significativamente superiore a quella rappresentata nel 2001, sia dal punto di vista della distribuzione della contaminazione su tutto il sito, sia della magnitudo, quindi delle concentrazioni. Inoltre, viene scoperto anche che una contaminazione sta uscendo dal sito, per cui viene subito da parte di Solvay attivata una messa in sicurezza d'emergenza, di cui invece nel piano di caratterizzazione del 2001 non veniva dato conto. Sono le attività che Solvay ha fatto di propria spontanea volontà che hanno portato a...

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma questo grado di inquinamento differente viene riconosciuto dalla stessa ditta tecnica che ha operato prima oppure no ?

  ALDO TREZZI, consulente tecnico Solvay. Viene riconosciuto dalla stessa ditta tecnica, dopodiché Solvay si trova con due piani di caratterizzazione molto differenti nei risultati fatti dalla stessa ditta e chiede una cosiddetta second opinion, per cui viene da Environ e chiede un confronto tra i due piani di caratterizzazione. A quel punto, noi avevamo fatto un confronto mettendo in luce le differenze sostanziali di questi due piani di caratterizzazione.

  PAOLO CINTIOLI, consulente legale Solvay. Per le domande sul soggetto a cui trasferisce Solvay, rispondo io. Solvay è sul sito ed esercita la sua attività: ad oggi viene chiesta dalla pubblica amministrazione, cioè dal commissario straordinario e dal ministero, una disponibilità al trasferimento. È evidente che siamo disponibili a trasferire la mano pubblica. Oltretutto, credo che sia dovere e responsabilità della mano pubblica, dell'amministrazione, identificare, con le procedure che si riterranno, il privato. Non è certo compito nostro identificare il privato.
  Se poi le amministrazioni ci diranno che il trasferimento a titolo gratuito del fondo, che Solvay è disponibile a fare, dovrà essere fatto a Tizio piuttosto che a Caio, entriamo in congegni di carattere tecnico-giuridico che forse non interessano immediatamente l'attività della Commissione. Se, però, la domanda di fondo è a chi trasferisca Solvay, trasferisce a un'amministrazione pubblica: Comune, Regione, Ministero ? Qui entriamo in problemi di norme di contabilità di Stato un po’ particolari, perché credo che servirebbe addirittura il Ministero dell'economia a disciplinare la mano. Non è, però, un problema che riguarda Solvay, la quale, più che offrire la propria disponibilità a trasferire gratuitamente il terreno, non credo possa fare. Del resto, l'alternativa è che Solvay mantenga il terreno in proprietà ed eserciti l'attività industriale nei limiti in cui riterrà di farlo, se del caso, come già è avvenuto, contenendo il proprio impegno industriale. A questa domanda così rispondiamo.
  È vero, sono stati fatti più ricorsi al TAR. Ciò è già stato detto dall'ingegner Colatarci ma ci teniamo a sottolineare – posso testimoniarlo come consulente e avvocato di Solvay – che sono tutti ricorsi con i quali non abbiamo mai utilizzato il ricorso al TAR con gli strumenti cautelari – quindi con la sospensiva – per impedire l'esecuzione delle attività che in quel contesto l'amministrazione ci chiedeva di eseguire. Perché li abbiamo fatti ? Li abbiamo sempre fatti perché sino al 2014, esattamente sino al 4 febbraio, il Ministero ci chiedeva di fare queste cose, ma non si impegnava nella qualificazione delle misure.
  Chiedevamo che il Ministero dicesse che quelle erano misure di prevenzione e che riconoscesse la nostra qualità formale di proprietario non responsabile. Il Ministero, viceversa, parlava di misure genericamente e lasciava nell'ambiguità il tema se addirittura si sospettasse una responsabilità di Solvay come inquinatore. In tutti i ricorsi chiediamo proprio al giudice amministrativo di accertare l'illegittimità nella parte in cui non si preoccupa di chiarire che la responsabilità sta altrove, chiarimento che poi è stato fatto dal Ministero tra il 2013 e il 2014. Questa è un'altra risposta che le do.Pag. 33
  Da ultimo, relativamente agli atti del direttore generale del MATM, dell'avvocato Pernice, anche questo è un punto molto importante secondo noi. Voglio solo ricordare questi atti: 4 febbraio, l'avvocato Pernice qualifica quelle prescritte a Solvay come misure di prevenzione, quindi da allora abbiamo anche questo riconoscimento di carattere formale del tipo di misura che ci viene richiesta. Scusate se insisto su questo punto, ma è molto importante.

  PRESIDENTE. Ho capito. È il tema fondamentale. È il riconoscimento del fatto che non siete voi i responsabili dell'inquinamento.

  PAOLO CINTIOLI, consulente legale Solvay. Tra l'altro, segnalo ancora che il ricorso al TAR serviva a mantenere integro il diritto di rivalsa, già esercitato da Solvay in sede arbitrale per chiedere il risarcimento di tutti i danni, di tutto quello che spenderemo, a Edison.
  Per quanto riguarda l'atto dell'avvocato Pernice, direttore generale, nei confronti di Edison, è un atto separato rispetto a quello che riguarda Solvay, a cui il MATM chiedeva un impegno a eseguire una serie di misure che sono state ricordate, qualificandole come misura di prevenzione. Nel contempo, con apposito provvedimento del 9 settembre 2013, ha ordinato a Edison di rimuovere non soltanto tutti i rifiuti della mega discarica di proprietà di Edison, ma anche i rifiuti collocati nell'area di proprietà Solvay.
  Quest'atto è stato confermato dal TAR Abruzzo con un'ampia motivazione, nella quale il TAR Abruzzo riconosce la proprietà del sito e racconta la storia che avete già sentito, cioè dice che questo sito è stato inquinato in una certa data e poi è stato trasferito in una data posteriore, nel 2002, a Solvay.
  È vero che il Consiglio di Stato ha riformato e annullato questa sentenza del TAR Abruzzo, ma come ognuno di voi potrà avere l'occasione di vedere leggendo la sentenza, lo fa solamente per una ragione di carattere formale che riguarda la circostanza che è stata utilizzata una norma ormai abrogata come fondamento dell'ordine, mentre si sarebbe dovuto utilizzare la norma sopravvenuta nel codice dell'ambiente, senza tornare sul tema degli accertamenti delle responsabilità. Ad oggi, quindi, l'unico giudice che si è occupato, dal punto di vista del diritto amministrativo, di questo tema è il TAR Abruzzo, che ha spiegato la storia che tutti conoscono.

  LAURA PUPPATO. Limiterò molto le domande perché ad alcune sono già state date delle risposte esaurienti. Rispetto alla reindustrializzazione del sito, è stata fatta una perimetrazione ? Avete parlato di 24 ettari che sono nelle vostre disponibilità dirette e, se non sbaglio, di un'altra sessantina di ettari esterni al sito: quando si è parlato in queste due occasioni, 2010 e 2013, di reindustrializzazione, si è partiti dal presupposto di capire di che cosa si stesse parlando, di quali aree ?
  D'altra parte, concepisco da quanto detto ora dall'avvocato che tutela Solvay che la vostra «serenità» nell'andare o restare in larga parte nasce dal fatto che è in piedi quest'arbitrato internazionale nei confronti di Montedison, per la quale immagino stiate mettendo a punto tutti i costi che avete subìto nel corso di questi anni, vostro malgrado in quanto proprietari non responsabili, per porli a loro carico eventuale. Alla luce anche della dichiarazione di proprietari non responsabili, che dalle vostre affermazioni pare sia stata resa dal Ministero nel corso del 2013, sono stati fatti passi avanti in questo arbitrato o siete ancora al punto iniziale della semplice richiesta delle cifre che spenderete e che avete già speso ? Si sono sanate contestazioni, ci sono state ammissioni ? Potete fornirci degli elementi utili ?

  MIRIAM COMINELLI. In realtà, mi ricollego alla domanda finale della senatrice Puppato sempre per quanto riguarda l'arbitrato: secondo voi, la prosecuzione di questo arbitrato ha dei riflessi sulle attività di bonifica ? Avete una previsione dei tempi di conclusione del procedimento ?

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  STEFANO VIGNAROLI. Un'altra domanda sull'arbitrato riguarda la sede in cui ha luogo – se in Italia – e se all'estero ci sono altri contenziosi con Edison e anche per altri siti e questioni.

  STELLA BIANCHI. Vorrei tornare su una cosa a cui accennavate prima: la stessa società fa la caratterizzazione per la proprietà precedente e per voi, ma dà risultati diversi. Ha un mandato diverso dalla prima società rispetto a quello avuto da voi ? Com’è possibile che la stessa società riscontri nei suoi risultati una caratterizzazione così diversa ? Sembra come se avesse avuto o un perimetro ristretto prima o un perimetro più ampio dopo.
  Che cosa spinge, inoltre, Solvay, appena acquisisce il sito, a chiedere una nuova caratterizzazione se ne ha una ? Appena entrati, vi rendete conto che la situazione non è come immaginavate che fosse, quindi, vi accorgete che serve un'analisi più approfondita: è così ?
  Visto, però, che Solvay in questo settore ha un'esperienza decennale e che a me, già solo ascoltandovi ora, sono venuti in mente casi clamorosi di inquinamento di grandi chimici, come l'ACNA di Cengio da noi, ma anche Silence Spring di Rachel Carson, l'inquinamento dei chimici negli Stati Uniti, come ha potuto pensare che quel sito non presentasse un inquinamento rilevante ?
  Inoltre, riuscite ad aiutarci a ricostruire il valore a cui è stato acquistato lo stabilimento all'epoca ? A prezzo di mercato, con un controvalore che era esattamente quello che il mercato chiedeva, oppure con un prezzo più basso per qualche motivo ?

  STEFANO VIGNAROLI. Per la conversione delle membrane da mercurio, avete preso dei soldi pubblici ? Sono 3 milioni di euro, se non ricordo male. Mi interessa capire se sono soldi – visto che abbandonate il sito – che verranno persi, oppure se c’è l'impegno da parte di chi subentra di riutilizzarli.

  PRESIDENTE. Avete avuto questa tipologia di problemi nella trattativa che avete fatto con Ausimont nei siti che avete citato: trattandosi di una compravendita un po’ più ampia, che non ha riguardato solo Bussi, con la stessa società avete avuto problemi analoghi anche negli altri siti ? Li state verificando, oppure questa circostanza si è verificata solo per Bussi ?
  Sulla verifica l'onorevole Bianchi è stata molto chiara. Anche per me è interessante capire vista la vostra esperienza che avete. Su un sito del genere non c’è stata una «precauzione preliminare», ma una reciproca fiducia. Sarebbe interessante capire le considerazioni che hanno portato a prendere la situazione così com'era. Sull'interlocuzione con Ministero, Regioni ed enti locali, non l'avete detto esplicitamente – mi sembra che ci sia stata un po’ di complicazione – nel senso che sono intervenuti vari enti con situazioni diverse, in momenti diversi ma, lo ripeto, è un tema che affronteremo con chi di dovere. Ci sembra che tutta la procedura, già di per sé complicata, non sia stata semplificata dagli enti pubblici.
  Ancora, il TAF avrà un costo di gestione non indifferente, perché è evidente che un impianto del genere dovrà costare forse qualche milione di euro all'anno di gestione per sei o dieci anni: quando abbandonerete il sito, chi si farà carico di questo costo ? Chi compra ? Il pubblico, oppure è una partita che vi siete tenuti da gestire ? Non è un problema indifferente. Infine, quante persone vostre lavorano oggi all'interno dell'attività ?

  MARCO COLATARCI, direttore generale di Solvay. Comincio dall'ultima: 72. Per quanto riguarda il TAF, riteniamo che non vada oltre il milione all'anno, ma per dare una cifra esatta dobbiamo aspettare le prime prove di esercizio per la gestione dei fanghi di risulta. È chiaro che in funzione di questo e dello smaltimento di questo inciderà.
  Non abbiamo ancora affrontato e definito l'esercizio. Fa parte di un asset della società e farà parte di una discussione e di una trattativa. L'importante è che funzioni e vada avanti.Pag. 35
  Per quanto riguarda le perimetrazioni della domanda della senatrice Puppato, il progetto Toto voleva tutto, perché le aree a monte erano propedeutiche e servivano all'impianto di produzione di questi rivestimenti. Toto voleva tutta l'area, prendeva tutto, tranne la parte a sinistra, l'idrografica del fiume, dove esercitano le tre società che dicevamo.
  Per quanto riguarda il finanziamento, non ci è stato dato. Abbiamo avuto solo la prima piccolissima parte – non vorrei sbagliarmi, ma poi sarò più preciso, magari giovedì – ma si tratta di 200-250.000 euro. Il resto non è stato allocato e portato avanti. Il valore dell'impianto a membrana della conversione è stato tutto, quindi, tranne questi 250.000, salvo beneficio d'inventario – sarò più preciso giovedì – a carico della società.
  Per quanto riguarda l'arbitrato, abbiamo pagato non poco il Gruppo Ausimont e comunque lascio all'avvocato Di Giovanni affrontare il tema, ivi comprese tutte le attività di arbitrato e di risposte.
  Quanto al fatto se sapessimo o meno, c'erano documenti di data room, dove abbiamo trovato quello di cui parlavo, ma i colleghi Trezzi e Cintioli ne parleranno in seguito. Sicuramente, i vari cambiamenti di linea politica della Regione e del comune, con forma semplificata, hanno creato dei momenti di discontinuità, ma abbiamo sempre cercato di gestirli in maniera corretta. Lascio ora la parola ai colleghi, che risponderanno anche su quanto posso aver dimenticato.

  PAOLO DI GIOVANNI, consulente legale Solvay. Per quanto riguarda l'arbitrato e lo stato dell'arbitrato, si tratta di un arbitrato internazionale con sede a Ginevra di fronte alla camera di commercio internazionale, secondo una clausola assolutamente standard in tutte queste grandi acquisizioni.
  L'arbitrato è iniziato nell'aprile 2012 con la nostra domanda, cui è seguìta una risposta da parte di Edison. Come da regolamento della Camera di commercio internazionale, poi si perviene alla definizione del cosiddetto terms of reference, un atto di immissione, in cui si delinea il perimetro della controversia arbitrale.
  C’è stata una prima memoria arbitrale con documentazioni e prove da parte di Solvay, una risposta da parte di Edison, che sollevò numerosissime eccezioni preliminari, quali difetto di giurisdizione del collegio, eccezioni di prescrizione del sistema di indennizzi, quindi dei rimedi indennitari previsti a favore di Solvay nel contratto di acquisizione, anche prescrizione dell'azione di dolo incidente, difetto di legittimazione attiva della Solvay belga. L'arbitrato fu, infatti, promosso da entrambe le società, sia la mamma sia la figlia italiana.
  Nel momento in cui sono state sollevate tutte queste eccezioni, si è creata una parentesi endoprocedimentale in cui il tribunale arbitrale ha deciso che si discutesse di queste eccezioni preliminari. Per un paio d'anni, quindi, non abbiamo più trattato del merito in senso stretto e proprio, ma di questioni fondamentalmente giuridiche particolarmente complesse, com’è stato riconosciuto anche dal tribunale arbitrale.
  Di tutte queste eccezioni, una è stata accolta, e cioè il difetto di legittimazione attiva della società belga, quindi l'arbitrato andrà avanti tra la società italiana ed Edison; se ben ricordo, una è stata rimessa al merito perché intrinsecamente legata al merito, ed è quella dell'eccezione di prescrizione, quinquennale, dell'azione di dolo incidente che abbiamo proposto. Come sapete, infatti, tra un'azione di dolo contrattuale e una di dolo incidente ci sono termini di prescrizione diversi. È stata, invece, rigettata la loro eccezione sulla prescrizione annuale ai sensi del contratto sulla vendita dell'azione della richiesta indennitaria.
  In considerazione del fatto che erano pendenti entrambi i procedimenti penali – abbiamo delle doglianze anche sul sito di Spinetta – francamente anche per una ragione di costi e di conferenza di tipo processuale, una volta che è stato emesso un lodo parziale che ha deciso, come vi ho appena spiegato in maniera molto sintetica, queste eccezioni preliminari, le parti Pag. 36hanno deciso di chiedere al tribunale arbitrale internazionale una sospensione del procedimento arbitrale fino a definizione di entrambi i procedimenti penali, in modo che le parti, avendo le due sentenze dei procedimenti penali, potessero a quel punto articolare le loro difese in maniera un po’ più organica, auspicabilmente evitando l'accavallarsi di risultanze di procedimenti penali e arbitrali.
  Dal punto di vista dei tempi, nel momento in cui verranno depositate le motivazioni della sentenza del tribunale di Alessandria afferenti le problematiche del sito di Spinetta, si dovrà decidere un calendario procedurale. A quel punto continuerà l'arbitrato che in questo momento è sospeso con una fase di merito, un'udienza istruttoria finale e, presumibilmente, anche delle memorie conclusionali. Servirà un bel po’ di tempo.

  STEFANO VIGNAROLI. Non avete altro, quindi, con Edison oltre a questo ?

  PAOLO DI GIOVANNI, consulente legale Solvay. Devo essere sincero, sono un legale in quest'arbitrato e non ho personalmente notizia di altri contenziosi con Edison al di fuori di questo. Alla sua domanda, ripeto che ha sede in Ginevra. Quanto alla correlazione con la bonifica, a mio modo di vedere da legale, non c’è alcuna correlazione con la bonifica e va avanti secondo la procedura amministrativa la nostra azione di natura civilistica.

  PAOLO CINTIOLI, consulente legale Solvay. Intervengo solo per una chiosa a quanto diceva il collega. Io sono solo di supporto sulla vicenda arbitrale, ma una delle eccezioni costantemente riportata da Edison consiste nel fatto che al tempo in cui la contaminazione si è verificata non esisteva ancora nell'ordinamento giuridico italiano un obbligo in materia di bonifica. Questo è utilizzato per respingere le richieste di rivalsa e di risarcimento sulle spese che, viceversa, a titolo di bonifica sta sostenendo Solvay.
  Continuo rapidamente solo per rispondere alla domanda del presidente sulle incertezze dell'amministrazione, che effettivamente non possiamo negare che ci siano state. Voglio anche ricordare che dal 2008 al 2013 si sono succeduti già ben tre direttori generali diversi della direzione generale competente del Ministero dell'ambiente.
  Solo perché la Commissione abbia un'idea, nel dicembre del 2008 viene chiesto sulle discariche a monte un capping di tipo leggero; nel febbraio 2010 il ministero, dopo che Solvay presenta il progetto ed è pronta a eseguirlo, ci ripensa e dice che non vuole più il capping leggero che ha chiesto, ma uno di tipo pesante. Nel frattempo, però, pochi mesi dopo entra in vigore la legge speciale per la reindustrializzazione, e quindi comprendete bene che non ha più senso che il capping sia effettuato.
  Si aprono le trattative con Toto, passa un altro anno e mezzo, le trattative non vanno a buon fine. Solvay presenta un progetto per la realizzazione del capping pesante prescritto nel 2010 e il Ministero, con l'ISPRA, ci ripensa ancora e dice che rivuole un capping leggero, in fondo idoneo, migliore e può meglio consentire un'ipotesi di reindustrializzazione. Credo che già solo questa sequenza vi faccia capire anche un po’ la difficoltà di Solvay, come descritta dall'ingegner Colatarci e che, da legale esterno, posso testimoniare. Solvay ha sempre mantenuto la disponibilità, ma effettivamente l'amministrazione nel corso del tempo ha fatto delle richieste di contenuto oggettivamente diverso.

  ALDO TREZZI, consulente tecnico Solvay. Vorrei fare un approfondimento sulla data room. La società venditrice è obbligata a inserire in data room tutta la documentazione relativa alle problematiche ambientali. Ebbene, nella data room di vendita del sito di Bussi sul Tirino esisteva un solo documento tecnico, il documento HPC del 2001, il piano di caratterizzazione, solo sulla base del quale Solvay ha potuto fare le sue valutazioni e che a posteriori si è rivelato non completo e non Pag. 37contenente tutte le informazioni che già tra l'altro la precedente proprietaria conosceva.
  Nel 2007, infatti, quando comincia le sue attività di acquisizioni documentali, la procura rileva che esiste una serie di indagini ambientali che nei decenni precedenti la precedente proprietaria aveva realizzato e che non erano state messe a disposizione nell'ambito della data room. Come ho già detto, ciò ha portato alla predisposizione di un nuovo piano di caratterizzazione che smentiva quello precedente.
  Questi due documenti sono stati valutati attentamente, è stato predisposto un documento di confronto e sulla base di questi risultati Solvay ha deciso di cambiare consulente, ovviamente non fidandosi più di chi aveva seguìto precedentemente Ausimont e che stava seguendo lei, e subito ha predisposto due claim contro la venditrice. Da questo momento è cominciata la parte parallela di procedimento amministrativo relativo a claim e, successivamente, arbitrato.

  PAOLO DI GIOVANNI, consulente legale Solvay. Intervengo soltanto per ribadire un concetto che credo di aver già espresso. Il fatto che in data room vi fosse un piano di caratterizzazione era, ad avviso di Solvay, particolarmente recettivo: ingannevole. Non si trattava dell'ipotesi, come accadeva in tutte le acquisizioni precedenti, in cui l'acquirente metteva a disposizione una due diligence ambientale, un documento a valenza interna, che quindi poteva anche avere un coefficiente di affidabilità poco rilevante. Il documento si inseriva in una procedura di bonifica, che andava all'autorità italiana. La valenza ingannevole, oggettiva per un documento del genere, soprattutto confrontato, come si faceva per le acquisizioni prima del DM n. 471 del 1999, era di una certa portata, anche per chiarire la posizione della società all'epoca.
  Una delle difese di Edison, se ben ricordo, è che in realtà si trattava di un piano di caratterizzazione preliminare, ma Solvay ha chiarito in varie sedi che non esiste un piano di caratterizzazione preliminare, ma il piano di caratterizzazione. Quel piano non teneva conto di analisi ben specifiche condotte sul sito precedentemente, e quindi c’è qualche problema che viene fatto valere su vari campi.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Ci vedremo giovedì. Se avremo in mente qualcosa di particolare, ve lo faremo sapere. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del general counsel di Edison, Piergiuseppe Biandrino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del general counsel di Edison, l'avvocato Piergiuseppe Biandrino, che ringrazio per la presenza, accompagnato dall'ingegnere Andrea Del Frate, dal dottor Marco Margheri, direttore affari istituzionale e dell'Unione europea di Edison, dal dottor Remo Maoli, direzione affari istituzionali di Edison, e dal dottor Andrea Prandi, direttore relazioni esterne e comunicazione di Edison.
  L'audizione odierna ha a oggetto la situazione del SIN di Bussi nell'ambito dell'approfondimento sulle bonifiche. Noi stiamo conducendo una serie di approfondimenti sui siti di interesse nazionale. In realtà, è un'attività di cui ci eravamo già occupati nella scorsa legislatura, ma non avevamo attenzionato né Bussi né Cogoleto, perché non avevamo fatto in tempo nella nostra pianificazione. Abbiamo ripreso questo lavoro dalla situazione fatta dai nostri colleghi.
  Ho detto anche durante quella di Solvay che la nostra audizione era già stata programmata anche rispetto alle ultime situazioni emerse dalla stampa. Per chiarezza, l'avevamo già progettata fin da marzo. Come sapete, la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno Pag. 38e consentendolo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandoli comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Nel dare la parola all'avvocato Biandrino per lo svolgimento della sua relazione introduttiva, ricordandogli che saranno poste delle domande dai colleghi, vi pregherei di focalizzare la vostra attenzione sul tema di nostro interesse. Non c’è bisogno, infatti, di fare la storia del sito, che conosciamo già. Abbiamo già ricevuto tutti i documenti. Vi chiediamo di focalizzare la vostra introduzione sulle questioni che ritenete di importanza per la Commissione, quelle su cui sono aperti anche diversi contenziosi, sia con la pubblica amministrazione, sia con l'altra azienda che abbiamo sentito, con cui avete in corso quest'arbitrato di carattere internazionale. Non c’è bisogno che ci raccontiate cos’è il sito, che cosa ha fatto: sono tutte cose che diamo per acquisite. Vi chiediamo di focalizzarvi sulle questioni che giudicate più importanti e più d'interesse per noi. Al termine vi rivolgeremo alcune domande.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Benissimo. Onorevole presidente, onorevoli commissari, consentitemi innanzitutto di rivolgere un ringraziamento, non di circostanza, di Edison e mio personale per quest'audizione che rappresenta, dopo quasi dieci anni e malgrado la nostra disponibilità e le nostre richieste, la prima opportunità di esporre la nostra posizione sulle vicende che riguardano il sito di Bussi sul Tirino fuori dalle aule giudiziarie.
  La mia presentazione si articolerà, o forse è meglio dire che si articolava, in quattro capitoli: il primo si proponeva di delineare la storia industriale e societaria dello stabilimento di Bussi, che, stante l'esortazione del presidente, cercherò di contenere nei termini minimi che però occorre comunque fissare per dar sostegno ai capitoli successivi; il secondo affronterà il tema della gestione dei rifiuti nel sito con riferimento alle note discariche, le cosiddette discariche nord e il sito Tre Monti; il terzo è un breve cenno alle normative ambientali in vigore all'epoca della costituzione di queste discariche (prometto che, malgrado l'estrazione professionale, cercherò di essere il più laconico e il più chiaro possibile); infine, formulerò alcune considerazioni conclusive sulla posizione di Edison.
  Considerato il tempo a disposizione, cercherò di contenere l'esposizione frontale in circa mezz'ora, seguendo una traccia scritta, onde riservare poi spazio alle domande che loro riterranno di rivolgermi.
  Anzitutto, qualche cenno alla storia industriale e societaria del sito. L'origine, come loro già sapranno, risale addirittura alla fine dell'Ottocento e rappresenta un prodotto tipico della cultura industriale italiana del tempo, orientata a sopperire alla carenza strutturale di materie prime con l'utilizzo ottimizzato delle risorse interne e con l'impiego di tecnologie di trasformazione, di tempo in tempo efficientate e ammodernate, beninteso tenuto conto dello stato dell'arte delle conoscenze nei tempi per come si sono evolute.
  Il sito di Bussi per certi aspetti rappresenta un modello paradigmatico dell'evoluzione e dello sviluppo della chimica nazionale. La scelta del sito, come già sapranno, dipese storicamente dalla circostanza che tutti questi processi industriali che si sono svolti laggiù sono o erano per lo più accomunati dal processo di elettrolisi e dalla conseguente necessità di disporre di ingenti quantità di energia elettrica da fonte idrica, la cui produzione era appunto favorita dalla peculiare condizione orografica e idrografica di Bussi.
  È utile richiamare che, in occasione della Prima, ma soprattutto della Seconda guerra mondiale, il sito di Bussi fu militarizzato dallo Stato e utilizzato per l'industria bellica, destinato tra l'altro alla produzione di ingentissime quantità di aggressivi chimici, tra cui il famigerato gas iprite e difosgene. Fino al 1964 la proprietà degli impianti e la gestione delle attività produttive svolte nel sito di Bussi videro un avvicendamento di numerose Pag. 39imprese e un coacervo di soggetti che non è agevole e forse neppure utile in questa sede districare e distribuire nei tempi e nei settori delle diverse produzioni industriali.
  È, peraltro, di assoluta evidenza che i caratteri e la durata dell'insediamento debbono avere determinato nel sito già agli inizi degli anni Sessanta una pesante condizione di contaminazione delle oggi cosiddette matrici ambientali, per ricorrere appunto a un'espressione che, per la sensibilità e l'assetto della disciplina giuridica dell'epoca, non sarebbe stato neppure possibile utilizzare.
  Alla fine del 1964 il sito di Bussi viene appreso dalla Montecatini, acquistato in particolare dalla società Dinamite Nobel, e collocato nell'ambito della complessa articolazione organizzativa divisionale dell'allora prima industria chimica italiana nella divisione prodotti per l'industria. Poco dopo, nel 1966, avviene la fusione con Edison, la quale, peraltro e a dispetto dell'identità di denominazione, non è affatto la Edison di oggi: era la Edison Società elettrica, fondata nel 1884 – l'anno scorso si è celebrato il 130o anno dalla fondazione – reduce dal processo di nazionalizzazione dell'energia elettrica, alla cui produzione la società era stata fino ad allora dedita.
  La Edison, allora, incorpora la Montecatini e assume dapprima la denominazione di Montecatini Edison e, quindi, quella di Montedison. Alla fine degli anni ’70 la Montedison si trova alle prese con rilevanti difficoltà finanziarie e con manovre industriali e politiche che suggeriscono una profonda riorganizzazione dell'azienda, una trasformazione che avrà il suo esito societario. Si trasforma la Montedison di allora da conglomerata universale, cioè da società unica che gestiva una serie assolutamente disparata di attività sotto un'unica entità giuridica, a gruppo societario costituito da una serie di controllate, a ciascuna delle quali vengono conferite aziende già facenti capo alle diverse divisioni.
  Nel 1981 nascono così Montepolimeri, Montedipe, Fertimont, Resem e Ausimont, ciascuna di esse dotata di piena autonomia gestionale, delle risorse umane e di tutti i mezzi tecnici, finanziari e operativi necessari per lo svolgimento della propria attività. Ciascuna di queste società, come dicevo, è posta quale subholding settoriale a capo di un proprio gruppo societario, in modo tale da assicurare, attraverso la loro separazione, una più efficace funzionalità gestionale di attività sempre più economicamente e tecnicamente specializzate.
  In particolare, Ausimont, destinata ad assumere un'importanza singolare nelle vicende di Bussi...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Ci faccia una sintesi. Magari ci può lasciare la documentazione e noi la metteremo agli atti.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Richiamo solo i passaggi fondamentali. Nel 1981, come ho detto, Montedison assume un ruolo di holding di partecipazione industriale, al vertice di un gruppo societario molto articolato. La vecchia Divisione prodotti per l'industria (DIPI) viene conferita in Ausimont.
  Edison oggi, quale successore universale di terzo grado della Montecatini e della Montedison, come vedremo, non dispone di alcuna propria documentazione relativa a questi fatti, perché, con il passaggio alle società divisionali, emblematicamente c’è stata una cesura di conoscenze. Infatti, tutta la documentazione venne trasferita alle società divisionali, che operavano la gestione delle attività industriali facenti capo al gruppo.
  Tengo a dire che oggi Edison, anche in ragione di quello che tra poco vi dirò, non ha conservato alcuna memoria dei fatti relativi al sito, né nel vissuto dei propri dipendenti né in quello dei propri manager. Quello che vi espongo oggi qui è tratto esclusivamente da atti e documenti, questi ultimi prodotti in particolare da Ausimont o acquisiti dall'autorità giudiziaria presso di essa nei procedimenti giudiziari che hanno riguardato gli amministratori e i dirigenti della società che si sono avvicendati nei periodi di riferimento. Proseguo molto rapidamente, ma devo richiamare necessariamente...

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  PRESIDENTE. C’è un motivo molto semplice: voi ci avete già mandato una documentazione, che noi ovviamente mettiamo agli atti e che sarà oggetto di consultazione. Pertanto, come abbiamo detto ai precedenti interlocutori, ci interessa focalizzare l'attenzione sulle questioni...

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Richiamo una circostanza che, in base all'introduzione che lei, presidente, ha fatto poco fa, credo possa essere utile per inquadrare il tema dei rapporti tra noi e Solvay relativamente alla vicenda di Bussi. Nel contesto di una ristrutturazione del gruppo Montedison, che venne avviata dopo la crisi successiva ai fatti di Enimont e, quindi, all'acquisizione della proprietà del gruppo da parte del gruppo Ferruzzi, venne avviata una campagna di dismissione di tutte le attività non-core, nel tentativo di operare un risanamento del gruppo Montedison e di rifocalizzarne la missione industriale proprio sull'energia. Si trattò di una sorta di ritorno alle origini da parte di Edison, che aveva incorporato Montecatini 30 anni prima.
  In questo quadro, si colloca anche la dismissione di Ausimont. Richiamo alla vostra attenzione il fatto che Ausimont venne costituita nel 1981. Da allora, ha camminato con le proprie gambe autonomamente, come gestore delle attività industriali relative ai prodotti per l'industria, essendo la proprietaria del sito di Bussi, attraverso una delle sue controllate, Montefluos, nonché gestore delle attività industriali svolte in questo sito dal 1981 in poi. Sia beninteso che non venne ceduto il sito di Bussi, bensì l'intero patrimonio aziendale. Come rappresentazione di ciò, vennero cedute le azioni dell'Ausimont.
  Non mi trattengo sulle tecniche che caratterizzarono questa dismissione. Mi sento, però, di richiamare un particolare. Venne adottata la tecnica del full discovery, ovvero della piena messa a disposizione dei futuri acquirenti di tutti gli elementi che li ponevano in grado di valutare la consistenza aziendale e lo stato del patrimonio delle società che veniva venduto.
  In questo quadro, coloro che negoziarono, tra cui il sottoscritto, rendendosi conto delle problematiche legate a un'attività chimica svolta storicamente, proposero un testo contrattuale a tutti coloro che parteciparono all'asta informale, che faceva riferimento alla prestazione da parte del venditore, ovvero da parte di Montedison, di piene garanzie ambientali. In particolare, le garanzie ambientali comprendevano anche la parte interna ai siti produttivi.
  Quando si passò a una trattativa one-to-one con Solvay, da parte dei negoziatori di allora di quest'ultima pervenne una proposta, che fece cambiare il nostro atteggiamento e la struttura contrattuale che avevamo impostato in sede di asta informale. Ci venne domandato di non prestare garanzie ambientali specifiche in site, cioè sui siti industriali, ma di contrattualizzare unicamente una garanzia per la parte esterna ai siti industriali, in cambio di uno sconto di prezzo consistente.
  La spiegazione che di ciò venne data da uno dei protagonisti della trattativa, il general counsel di Solvay, che, assieme a un altro alto dirigente del gruppo, era il mio contraddittore, venne sintetizzata, in una dichiarazione che è a verbale dell'arbitrato attualmente in corso, in questi termini: «Noi abbiamo detto ok. Possiamo prenderci il rischio relativo ai costi di bonifica interni, perché io penso che noi abbiamo una visione chiara del genere di rischio, benché non ne conosciamo la grandezza. Tecnicamente noi sappiamo di che cosa si tratta e che cosa si tratta di affrontare, poiché noi abbiamo impianti e abbiamo impianti storici. Il gruppo Solvay possiede, infatti, anche in Italia, siti produttivi storici con caratteristiche generali analoghe a quelle di Bussi ed è, conseguentemente, del tutto consapevole delle problematiche ambientali a essi connesse».
  Edison oggi qui vi parla come erede di terzo grado della Montecatini e della Montecatini Edison. Richiamo questi passaggi societari perché, a mio avviso, sono rilevanti. Pag. 41La Montecatini venne incorporata dalla Edison, costituendo la Montedison. Compart, già Ferruzzi finanziaria, che aveva acquisito il controllo del gruppo, incorporò quella Montedison nell'anno 2000. Infine, nel 2002, Italenergia, la joint-venture tra FIAT e EDF, che aveva lanciato nel 2001 l'offerta pubblica di acquisto (OPA) sul gruppo, ha incorporato, assieme con altre società, la Montedison, che in realtà era già la Ferruzzi finanziaria. Dunque, ci sono tre passaggi societari.
  In modo evidente, noi siamo gli eredi senza beneficio di inventario della vecchia Montecatini e della vecchia Montedison. Allo stesso modo, mi sento di dire che dagli anni 2000, quando ebbero luogo queste operazioni, non siamo gli eredi di Ausimont dalla sua costituzione, ovvero dal 1981.
  La ricostruzione societaria e fattuale del sito di Bussi, che ho dato loro in una pillola – magari è stata un po’ troppo indigesta, ma mi sembrava il minimo – scandisce sostanzialmente tre stagioni di relazioni tra sito e persone giuridiche: i primordi, dalle origini ottocentesche fino al 1964; il periodo Montecatini-Montedison, dal 1964 al 1980; e, infine, il periodo Ausimont-Solvay, dal 1981 a oggi. Edison, che oggi vi parla per il mio tramite, è succeduta negli obblighi di Montecatini e Montedison per effetto di questo cannocchiale di fusioni.
  Vengo ora alla gestione dei rifiuti presso il sito. L'esposizione del tema delle cosiddette «discariche», che io credo sia il punto di maggiore interesse, non può prescindere, secondo noi, da una premessa, che renderà più chiara la comprensione dei problemi che oggi si pongono all'attenzione di tutte le istituzioni. Innanzitutto, le discariche di Bussi sono ubicate in due luoghi differenti. Immagino che lo sappiate già, ma...

  PRESIDENTE. Conosciamo questa parte.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Sono state realizzate e gestite in epoche tra loro diverse, da soggetti tra loro differenti. Peraltro, credo che nelle slide che vi abbiamo fatto avere troviate riscontro di quello che vi sto dicendo. Mi sento di fare fin da ora una piccola premessa giuridica, anticipandola rispetto agli altri commenti. Come loro sanno perfettamente, la prima normativa intervenuta in Italia a disciplinare la gestione dello smaltimento dei rifiuti risale al 1982 ed è contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 915. Infatti, è soltanto con l'adozione di questo decreto che si sono stabiliti per la prima volta i divieti di dispersione e di abbandono incontrollato nell'ambiente dei rifiuti ed è stato al contempo fissato l'obbligo di sottoporre ogni discarica, a far data dal 16 dicembre 1982, a preventiva autorizzazione. Entrata in vigore la disciplina del 1982, lo stabilimento di Bussi, ormai sotto la proprietà e la gestione di Montefluos, che dall'inizio del 1981 divenne conferitaria del sito, decise di chiedere l'autorizzazione allo smaltimento nello stesso luogo dove già storicamente venivano abbancati i rifiuti rinvenienti dal ciclo produttivo.
  Da qui hanno origine le due discariche, di cui immagino vi abbia parlato chi mi ha preceduto: la 2A e la 2B. Vi sarà noto che queste due discariche sono state regolarmente autorizzate dall'ente competente, cioè dalla regione Abruzzo. Entrambe hanno una storia «tracciata» dal punto di vista amministrativo. Nel 1987 venne domandato un ampliamento della 2A, autorizzato dalla regione Abruzzo. Nel 1990, la 2A viene chiusa, quindi in quell'anno cessa la gestione di questa discarica.

  PRESIDENTE. L'obiezione che viene mossa è che queste discariche erano regolarmente autorizzate, ma trattavano rifiuti diversi da quelli autorizzati: a voi ciò risulta ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Secondo le risultanze degli atti processuali e della documentazione processuale, a noi questo non risulta. Mi permetto di dire che occorre fare una distinzione. Cosa diversa è una pratica, Pag. 42che può essere avvenuta sul sito, relativa alla presenza, in quegli stessi luoghi in cui si sono realizzate le discariche, di rifiuti abbancati precedentemente alla richiesta di autorizzazione. Logicamente le due discariche nord sono state realizzate in quella zona dello stabilimento dove, già prima del decreto n. 915, venivano abbancati i rifiuti di risulta delle lavorazioni industriali.
  A distanza di tempo, questo può essere complesso da distinguere. Non è escluso che presso quelle discariche, precedentemente all'autorizzazione e alla gestione delle stesse, siano stati abbancati rifiuti, che poi possono essere finiti in un coacervo indistinto.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi scusi, si sta riferendo anche alla Tre Monti ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. No, per il momento sto parlando solo delle discariche nord. Non mi soffermerei su queste discariche, perché, come credo di aver spiegato, oggi sono «patrimonio» e onere di Solvay, essendo nate, vissute e morte in un'epoca di competenza di Ausimont. Parlando, invece, della discarica Tre Monti, che è tutt'oggi di proprietà di Edison e della quale si è parlato, anche sui media, molto diffusamente, voglio premettere una notazione sulla sua estensione, o meglio sulla quantità dei rifiuti che vi sarebbero stati stoccati nel tempo. Infatti, di essa si è parlato come di una megadiscarica abusiva o iperbolicamente come della discarica dei veleni più grande d'Europa o addirittura del mondo.
  Si è parlato in particolare – faccio una cernita dei vari articoli che si sono succeduti sui giornali – di 175.000 metri cubi piuttosto che di 138.600 metri cubi di rifiuti stoccati, per un peso, di volta in volta, quotato in 250.000, 240.000, 214.000 o 194.000 tonnellate.
  Queste stime, francamente un po’ ondivaghe, sembrano fondarsi, a nostro modo di vedere, su un assunto che pare scarsamente verosimile: la massa di rifiuti sarebbe pari all'estensione piana dell'area (circa 33.000 metri cubi), per una profondità media di 5 metri, stimata, peraltro con errori evidenti e visivamente rilevabili, da parte dell'impresa Cericola, che nel corso delle indagini preliminari, su incarico del Corpo forestale dello Stato, ebbe accesso all'area e effettuò alcuni rilevamenti. Se si moltiplicano 33.000 metri quadrati per 5 metri di profondità stimata media, si ricavano proprio quei 165.000 metri cubi di cui parliamo.
  Secondo noi, questo è un macroscopico equivoco, che mal cela un'evidente sovrastima, perché confonde rifiuti e terreni potenzialmente contaminati. Nel procedimento di Bussi non è incartata alcuna prova che dia conto del fatto che quel terreno sia stato livellato mediante abbancamento di rifiuti. Un conto sono i terreni contaminati, un altro conto è la massa dei rifiuti !
  D'altronde, devo dire che, allo stato, almeno a nostra conoscenza, è sostanzialmente impossibile effettuare una stima curata della quantità e della qualità dei rifiuti che sarebbero stati stoccati sul suolo e nel sottosuolo dell'area Tre Monti, perché, a quasi dieci anni dal suo sequestro giudiziario e dal suo affidamento in custodia al commissario delegato per il bacino Aterno-Pescara, di essa non è stata effettuata alcuna caratterizzazione conforme alla normativa in materia e alle buone tecniche. Anzi, a quanto è dato sapere, può ritenersi che alcuni interventi effettuati su di essa, in particolare quello richiamato da parte della ditta Cericola, che ebbe il primo accesso sui luoghi, possono aver compromesso lo stato originario del sito, potenzialmente espandendovi le contaminazioni.
  I soli elementi a nostra disposizione riguardo alla gestione di tale area sono ricavabili sempre dagli atti del procedimento penale, in cui si rinviene riscontro documentale del fatto che, in un limitato periodo di tempo (probabilmente dal dicembre del 1971 o dall'inizio del 1972 fino al 24 maggio 1972, per circa sei mesi), si è provveduto a stoccarvi i cosiddetti «pesanti» delle code di trattamento dei clorometani, un ciclo produttivo che allora Pag. 43veniva svolto presso lo stabilimento di Bussi. Intendo subito sottolineare che tale pratica, peraltro, era nota alle autorità locali, per le comunicazioni numerose datene dalla società in più occasioni e a più riprese. Più in generale, la società aggiornava puntualmente l'autorità giudiziaria dell'operatività impiantistica dello stabilimento. Anche di ciò avrete trovato riscontro nella documentazione che vi abbiamo fornito.
  I risultati di tali attività sono richiamati in particolare in quattro rapporti, che si avvicendano dal febbraio al maggio del 1972. In sintesi, questi rapporti confermano: la conoscenza da parte delle autorità pubbliche locali della prassi di interramento di quelle sostanze, l'assenza di qualsiasi evidenza di percolamenti o infiltrazioni – a quell'epoca, il laboratorio chimico provinciale fece alcuni accessi e svolse alcuni monitoraggi, concludendo per l'assenza di evidenze di percolamenti, infiltrazioni o rilasci di sostanze – e la cessazione degli interramenti il 21 maggio 1972.
  Dal maggio del 1972, nessuno più si occupa della discarica Tre Monti, che cade in un oblio totale. Non vi è più alcuna traccia documentale di essa e del suo utilizzo, né vi è memoria da parte di alcuno prima dell'indagine intrapresa dall'autorità giudiziaria nel 2007. Infine, se mi consentite, faccio un breve cenno alle ragioni per le quali oggi l'area Tre Monti, individuata come Particella 50, è ancora nostra. In sintesi estrema, quest'area fu acquistata da Montecatini in tempi remoti, in un'epoca in cui vi era una politica industriale tipica delle fasi espansive dell'industria chimica, nella quale ci si sforzava di disporre intorno all'opificio di un'estensione di terreno la più vasta possibile, a prescindere dalle necessità produttive. Attorno agli stabilimenti chimici, compreso quello di Bussi, il gestore acquistava quanti più terreni possibile, in vista di eventuali future complementazioni dell'impianto industriale stesso.
  Ci si rese conto, però, che questa vasta entità di terreni non era necessaria. Quando venne costituita la società divisionale, originariamente, quei terreni vennero conferiti, ma quasi subito vennero scorporati dal primo conferimento. Sia beninteso che non sto parlando soltanto della Tre Monti, ma di un complesso di terreni, che nel 1983, quando vennero riscorporati dalle società divisionali e riappresi da Montedison, erano migliaia di particelle, con valori denunciati, che erano all'incirca il 20 per cento del reale, di 800 milioni di lire di allora. Stiamo parlando di un ingente patrimonio immobiliare, in cui era ricompresa anche la Tre Monti.
  A quel punto, quella particella, assieme ad altri beni immobili, compresi dei fabbricati, non si è più mossa dal patrimonio della Montedison e, quindi, dell'attuale Edison. È circolata attraverso alcune società partecipate al 100 per cento dal gruppo, in cui, di volta in volta, i beni venivano allocati per questioni di miglior gestione del patrimonio immobiliare, ma in sostanza è sempre stata parte del patrimonio di Montecatini-Edison, di Montedison e, quindi, dell'Edison di oggi. Dal 2005, con la contrazione drammatica della gestione immobiliare del gruppo, è stata appresa direttamente dalla Edison S.p.A. attuale. Vi risparmio uno sguardo di sintesi sulle norme vigenti all'epoca della costruzione delle discariche.

  PRESIDENTE. Lo abbiamo visto. È chiaro che tutta la normativa ambientale arriva negli ultimi 15-20 anni e ciò vale anche per le discariche.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Tengo a fare un'unica sottolineatura a questo proposito, perché mi sembra rilevante. Parlo solo della Tre Monti, perché, per le ragioni che ho illustrato, mi astengo dal fare commenti sulle altre due discariche. La Tre Monti, allo stato delle nostre conoscenze, che derivano dagli atti del processo, è stata fatta oggetto di un abbancamento di rifiuti per un limitato periodo di tempo, che noi collochiamo in quei sei mesi a cavallo tra il 1971 e il 1972. Le evidenze documentali mostrano che l'attività di utilizzo a quel fine di quel pezzo di terra è cessata nel Pag. 441972, ovvero dieci anni prima del decreto n. 915, non so quanti anni prima del decreto Ronchi e quasi mezzo secolo prima del Codice dell'ambiente attualmente in vigore.
  Concludo con un'annotazione finale sulla posizione di Edison, perché l'occasione è troppo ambita per lasciarsela sfuggire. Come certamente sapete, il Consiglio di Stato ha recentemente annullato un provvedimento del Ministero dell'ambiente volto a imporre a Edison la rimozione dei rifiuti, in forza di un richiamo a una legge che è stata giudicata evidentemente abrogata. Peraltro, voglio dire, scandendola con forza, una cosa che, a mio avviso, è di rilievo: Edison è da sempre sensibile al tema della salvaguardia dell'ambiente e può vantare credenziali molto risalenti di disponibilità ad affrontare vicende, anche molto remote, di cui debba farsi carico a titolo di successore giuridico di società che ha via via incorporato nel corso della sua lunghissima storia.
  Ciò ovviamente può avvenire solo ove dapprima siano delineati, in modo chiaro e fondato, i termini giuridici ed economici di tale eventuale responsabilità, che – beninteso – è una responsabilità di tipo patrimoniale. Per ciò che concerne la vicenda di Bussi, mi permetto di dire che non mi sembra che le pronunce giudiziarie che si sono fin qui succedute consentano di affermare che tali condizioni si siano verificate.
  Ciò nondimeno, con riferimento al sito Tre Monti, di cui Edison, come dicevo, è attuale proprietaria, mi preme ricordare che la società si è assunta l'onere economico di far fronte ai costi di alcuni interventi di messa in sicurezza, predisposti e condotti dal commissario delegato. In particolare, ci siamo fatti carico dei costi, ammontanti a circa 1,8 milioni di euro, delle opere di copertura (il cosiddetto capping) dell'area posta sotto sequestro. Credo che di ciò il commissario delegato abbia dato atto a questa Commissione. Per il resto, riteniamo che ogni ulteriore intervento non possa prescindere da una caratterizzazione effettuata con le modalità previste dalla normativa, che ancora, a molti anni di distanza, come ho già richiamato, non è stata compiutamente realizzata. Mi pare che lo stesso commissario abbia riconosciuto che tale opera è avvenuta a tutt'oggi solo in modo parziale e incompleto.
  A Edison continuano a mancare, malgrado numerose richieste, rivolte a più riprese all'ufficio commissariale, gli elementi tecnici ed economici di valutazione degli eventuali impegni da assumersi. A quanto pare, peraltro, non siamo i soli a versare in questa condizione, poiché nella riunione della conferenza dei servizi del 6 febbraio scorso la stessa ARTA ha richiesto l'acquisizione dei dati di caratterizzazione degli inquinanti presenti nella discarica Tre Monti. Questi dati sarebbero in possesso del commissario Goio e sono stati richiesti allo stesso fin dall'aprile del 2014, ma, a un anno di distanza, da quello che ci consta, non erano stati rilasciati.
  Voglio ricordare anche che, ove mai fosse stata data da parte nostra una disponibilità piena e incondizionata ad aderire a quanto veniva richiesto dalla pubblica amministrazione, neppure questo avrebbe consentito di fare più di quello che abbiamo fatto, in considerazione di provvedimenti e di iniziative spesso contraddittori e francamente, ai nostri occhi, poco comprensibili, attuati dai diversi soggetti e dai diversi organi che hanno competenza amministrativa su quel sito.
  Cito a titolo di esempio una sequenza che secondo me è emblematica del difetto di coordinamento delle azioni amministrative che sono state svolte sulla Tre Monti. Il 9 settembre 2013 a Edison perviene la richiesta del Ministero dell'ambiente di procedere alla rimozione dei rifiuti e al ripristino dello stato dei luoghi entro 30 giorni. Mi riferisco al provvedimento annullato dal Consiglio di Stato lo scorso febbraio. Il 10 settembre l'ufficio commissariale ci richiede il pagamento di una prima parte dei lavori riguardanti il completamento di un confinamento laterale della discarica, che – lo ricordo – in una conferenza dei servizi del 2012 era stato valutato propedeutico a una messa in sicurezza definitiva.Pag. 45
  Dunque, il 9 settembre il Ministero dell'ambiente ci domanda di fare il clean up e il 10 settembre l'ufficio commissariale ci domanda di contribuire al confinamento, propedeutico a una messa in sicurezza del sito definitiva. L'11 settembre il commissario delegato ci dava notizia dell'avvio di una gara d'appalto per procedere alla caratterizzazione dell'area. I primi due interventi sono tra di loro in contraddizione. Il terzo avrebbe dovuto precedere entrambi, perché, per progettare adeguatamente un intervento, la caratterizzazione è assolutamente indispensabile. In conclusione, noi non abbiamo mai fatto mancare la nostra disponibilità e ci sono esempi preclari di questa apertura, tuttavia quello che ci è sembrato mancare a volte è stato un clima di collaborazione e di trasparenza, che ci coinvolgesse e ci mettesse a parte di quanto veniva programmato e compiuto su quel sito.
  Auspico davvero che l'attività di questa onorevole Commissione e il contributo che essa porterà a un chiarimento e al dialogo tra attori privati e pubblici, nonché tra un attore pubblico e l'altro, che devono concorrere a dare soluzione alla situazione in cui versa il sito di Bussi, possa inaugurare davvero una nuova stagione di confronto sereno e consapevole. Anche per questo, vi rinnovo il ringraziamento che vi ho rivolto all'inizio per l'opportunità offertaci con questa audizione. Ovviamente rimango a disposizione per domande o chiarimenti.

  PRESIDENTE. Non so se noi saremo in grado di mettere tutti attorno a un tavolo e non è neanche il nostro compito: ci sono altri enti. Sicuramente stiamo cercando di capire, ma non dobbiamo rifare il processo o entrare nei processi in atto. Queste sono situazioni che ovviamente spettano alla magistratura.
  Ci interessa capire quali sono le problematiche principali e soprattutto ricostruire la storia di quella situazione. Aldilà degli aspetti processuali, che avranno il loro corso, stiamo cercando di capire, in base alle nostre responsabilità, cosa non funziona o non ha funzionato e quali sono le situazioni che possono aiutare a risolvere il problema. Tutta questa vicenda si conclude con il fatto che i cittadini di quei luoghi continuano a non trovare delle risposte soddisfacenti. Questa è la cosa che ci preoccupa di più.
  È evidente che ogni soggetto porta sul tavolo le proprie giustificazioni, anche perché in questo caso, aldilà di eventuali responsabilità penali che, come dicevo, sono frutto di procedimenti in corso, ci sono degli esborsi dal punto di vista economico non indifferenti.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO VIGNAROLI. Io ho già chiesto a Solvay se nel contratto esisteva uno sconto. Io davo per scontato che un'azienda come la vostra o come Solvay conoscesse, grossomodo, l'entità del danno ambientale. Pertanto, ho chiesto loro se nel contratto, che se non ricordo male risale al 2001, era stato riconosciuto uno sconto per quanto riguarda la cessione. Mi hanno risposto che non è così. Se ho capito bene, voi, invece, poc'anzi avete confermato che nel contratto di compravendita era previsto uno sconto per quanto riguarda l'acquisizione di questi siti, proprio in virtù del fatto che sia voi che Solvay eravate a conoscenza dello stato dell'inquinamento. Ovviamente non so quantificare questo stato di coscienza, però presumo che voi riusciate a darmi la cifra, in termini economici, di questo sconto. Di che ordine di grandezza parliamo ? Lo sconto è di 10 milioni di euro, una cifra che grossomodo finora Solvay ha messo nella bonifica, oppure c’è una plusvalenza, nel senso che questo sconto è quantificabile in 100 milioni di euro ? Qual è questa clausola ? Mi piacerebbe anche vedere il contratto.
  Trovo grave che ancora non si sia fatta la caratterizzazione del sito Tre Monti. Visto che ci sono quei 50 milioni di euro che vanno alla reindustrializzazione e, invece, in quel sito avete messo voi i soldi, mi domando se è prevista in quel sito una reindustrializzazione. Comunque, è stato messo un capping, che se non sbaglio è Pag. 46costato 2 milioni di euro, anche perché l'inquinamento è sotto. Per quanto riguarda la palancatura, ovvero la perimetrazione di quest'area, vi chiedo se mi confermate che sono stati spesi 3 milioni di euro. I consulenti – non ricordo chi – hanno dichiarato che questo, più che migliorare la situazione, poteva peggiorarla, perché si andava potenzialmente a bucare anche le falde impermeabili. Inoltre, vorrei sapere se la ditta che ha eseguito i lavori è iscritta all'albo, come è previsto dal decreto n. 152.
  Voi avete accennato al fatto che l'ARPA, in questo quadro dove non si è fatta la caratterizzazione, non ha i campioni, che sono in mano al commissario. Mi domando se voi siete a conoscenza del fatto che l'ARPA ha denunciato che i campioni sono stati presi dal commissario, senza sapere nemmeno dove e come. L'ARPA dovrebbe essere presente durante i prelievi, invece era assente e ha dichiarato che non si sa nemmeno dove sono stati prelevati questi campioni.
  Per quanto riguarda la vicenda del 1972, all'epoca c'era un assessore democristiano che denunciò questa cosa. Se ho capito bene, voi dite che dal 1972 in poi non è stato più interrato nulla dentro al sito Tre Monti. Mi risulta che le autorità ne erano a conoscenza, però era stata una scelta autonoma di Montedison (non so quale fosse il nome all'epoca): non c'era, però, nessuna autorizzazione.
  Comunque, era una scelta dettata dal fatto che non si sversavano più i rifiuti, compreso il mercurio, nel torrente, ma si accatastavano in silos temporaneamente – per sei mesi – e poi si portavano fuori. In realtà, quei rifiuti sono rimasti sempre lì. Domando perché sono rimasti sempre lì e se è vero che si è continuato, anche dopo il 1972, a sversare in questo sito. Non ho altre domande per adesso.

  PRESIDENTE. Do la parola a Piergiuseppe Biandrino per la replica.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Ovviamente rispondo in base a quello che è a mia conoscenza. Voglio chiarire bene il tema dello sconto, per evitare equivoci. Nel contratto di vendita delle azioni Ausimont da Montedison a Solvay, per come lo si può leggere oggi, non vi è traccia del tema dello sconto, perché viene dedotto un prezzo a forfait e globale per il trasferimento di proprietà di queste azioni. Nel contratto non vi è traccia di questa vicenda.
  Io alludo, invece, alla fase delle trattative, che, come credo di avere accennato, videro come protagonisti noi delegati Montedison per la parte venditore e i delegati Solvay per la parte acquirente. Queste trattative sono riportate per tracce nella documentazione precontrattuale, che dà conto che in una prima versione del contratto, che venne divulgata non soltanto a Solvay, bensì a tutti coloro che manifestarono un interesse nell'acquisizione del gruppo Ausimont, era dedotto quello che nel gergo di queste operazioni viene chiamato full set reps and warranties ambientali, ovvero un set di rappresentazione delle garanzie esteso, secondo le pratiche correnti. Infatti, non ci illudevamo di trovare un acquirente disposto ad assumersi quel tipo di rischio.
  Inoltre, c’è traccia del fatto che, quando si passò alla trattativa in esclusiva con Solvay, questa bozza di contratto venne modificata – a seguito appunto dell'interlocuzione precontrattuale – e al posto delle garanzie, in particolare quelle relative ai siti industriali, venne rilasciata un'unica garanzia riguardante Porto Marghera. Bisogna sempre collocare le cose nel tempo. Quella garanzia venne rilasciata perché quando cominciò la trattativa era il 2001-2002, ed era ancora in corso il processo di Marghera, che si concluse alla fine del novembre 2002. Questo era un tema all'attenzione di tutti gli acquirenti, Solvay compresa.
  Pertanto, nel contratto definitivo c’è un set completo di garanzie ambientali, anche in site, relativo a Marghera, mentre per gli altri siti industriali, non soltanto per Bussi, ma per tutti i siti di proprietà del gruppo Ausimont, non vi è più la garanzia Pag. 47contrattuale relativa agli inquinamenti e allo stato ambientale degli stabilimenti industriali.
  A fronte di ciò, nella documentazione precontrattuale c’è traccia che il prezzo negoziato in vista della vecchia bozza contrattuale era di un certo livello, mentre quello con il quale si è concluso l'accordo è sensibilmente inferiore.

  STEFANO VIGNAROLI. Sa quantificare questa cifra ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Parliamo di una trentina di milioni di euro.

  STEFANO VIGNAROLI. Non 100 milioni di euro ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. No.

  STEFANO VIGNAROLI. Questo riguarda soltanto quel sito di Bussi oppure il complesso ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Noi vendemmo delle azioni, non vendemmo degli stabilimenti. Tutta l'operazione è dedotta in quel contratto ed è un'operazione di vendita di azioni. Per quanto riguarda la reindustrializzazione...

  PRESIDENTE. Non l'abbiamo detto all'inizio, ma forse può essere utile: voi dentro al sito avete ancora una centrale: ci dica soltanto che impianto è.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Si tratta di una centrale termoelettrica, che è attualmente in esercizio, la cui produzione è destinata alla rete di trasporto nazionale.

  STEFANO VIGNAROLI. Io mi riferivo a Tre Monti.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Se lei si riferisce a Tre Monti, debbo confessare che non mi è noto alcun piano di reindustrializzazione di quel sito specifico. Stiamo parlando di un'area a gerbido di 33.000 metri quadri, a fronte del complesso di 24 ettari in cui consiste lo stabilimento. Sono al corrente, per averlo letto sui giornali, del fatto che alcuni attori locali o nazionali hanno «divisato» l'ipotesi di reindustrializzare il sito industriale, ma penso che alludessero allo stabilimento Solvay e non già alla Particella 50.
  Sulla palancolatura, devo confessare che non so nulla. Noi siamo stati destinatari di richieste di soldi da parte del commissario delegato Goio, eccezion fatta per il progetto di capping, per il quale, come ho accennato, vi fu una condivisione circa l'opportunità e al quale accedemmo perché era un intervento che non toccava il sottosuolo, come è evidente, ma riguardava soltanto la superficie della Particella 50. Per il resto, noi siamo stati destinatari del recapito di richieste di pagamento. Evidentemente abbiamo effettuato alcuni ragionamenti interni con i nostri tecnici e ci siamo posti il tema, dell'utilità prima e dell'opportunità poi, di un'operazione di questo genere, in termini di messa in contatto dei diversi strati del sottosuolo che questa può comportare. Tuttavia, su come sia stata fatta e perché poco o nulla sappiamo. Sulle ditte esecutrici sappiamo meno ancora.
  A un certo punto, in particolare relativamente all'effettuazione del capping, noi avevamo domandato di poter conoscere quali erano le modalità di selezione e poi di individuazione del contraente esecutivo, però, che io sappia, nulla ci è stato comunicato a questo riguardo. Ci è stato comunicato l'affidamento, ma circa i requisiti e il possesso delle referenze tecniche o delle qualificazioni io francamente non so nulla. Per ciò che riguarda l'ARTA, vorrei spiegarmi meglio per non indurre in confusione. A noi risulta, dalla lettura di un verbale della conferenza di servizi del 6 febbraio 2015, che l'ARTA ha domandato l'acquisizione dei dati di caratterizzazione degli inquinanti presso la discarica Tre Monti, in possesso del commissario delegato e, peraltro, già richiesti allo Pag. 48stesso dall'aprile del 2014. Devo desumere che alla data del 6 febbraio 2015 l'ARTA non era ancora in possesso di queste informazioni da parte del commissario.

  PRESIDENTE. Lo sentiremo da loro direttamente. Ha altre risposte ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Sì, c'era la questione del 1972. L'onorevole commissario osservava giustamente che non era stata rilasciata nessuna autorizzazione. Non era stata rilasciata nessuna autorizzazione perché a quell'epoca non c'era un procedimento amministrativo che riguardasse quel tipo di attività e che prevedesse la necessaria autorizzazione a fare quel tipo di azione. Stiamo parlando del 1971-1972 – lo ripeto – cioè dieci anni prima del decreto n. 915.

  STEFANO VIGNAROLI. Tuttavia, era stato detto che doveva essere temporanea !

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Così risulta che è stata. Richiamo sempre il fatto che le notizie che do sono ricavate dalla lettura degli atti giudiziari. L'abbancamento fu temporaneo e durò sei mesi. Quel tipo di rifiuti, per quello che ci consta dalla lettura dei documenti interni, venne poi recapitato a Marghera per l'incenerimento.

  STEFANO VIGNAROLI. Dunque, chi ha messo lì quei rifiuti e quando ? Quelli abbancati lì per sei mesi sono stati portati via per l'abbruciamento ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. No, mi riferisco ai rifiuti prodotti dopo. Da quello che si ricava dalla lettura di alcuni rapporti interni allo stabilimento, dopo il maggio 1972 i rifiuti venivano stoccati in contenitori di metallo piuttosto che di calcestruzzo e periodicamente venivano portati via da lì e recapitati a Marghera, dove era stato realizzato un inceneritore di rifiuti industriali. Credo di aver risposto a tutte le domande.

  STELLA BIANCHI. Poco fa ci ha descritto l'evidenza con la quale possiamo desumere che, pur in assenza di uno sconto nel contratto perché ciò non è previsto nella vendita di azioni, c'era la consapevolezza di un danno ambientale presente nel sito. L'acquirente doveva conoscere questo danno, perché veniva meno una garanzia. Ho capito bene il passaggio che ci ha descritto ? Me lo preciserà meglio, però, da come lei ci ha descritto poc'anzi le trattative precontrattuali, io capisco che, dal vostro punto di vista, l'acquirente era consapevole che su quel sito c'era un rischio molto forte di danno ambientale esistente: ho capito bene ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Ho riportato una frase di una deposizione del general counsel di Solvay, che era delegato alla trattativa per l'acquisizione da parte di Solvay di Ausimont. I termini sono quelli che ho riportato, virgolettati: «noi abbiamo detto ok, possiamo prenderci il rischio relativo ai costi di bonifica interni, perché io penso che noi abbiamo una visione chiara del genere di rischio, benché non ne conosciamo la grandezza. Tecnicamente noi sappiamo di che cosa si tratta e che cosa si tratta di affrontare, perché noi abbiamo impianti, abbiamo impianti storici».
  Come dicevo, è una cosa notoria che Solvay anche in Italia – basti pensare agli impianti di Rosignano – è proprietaria di impianti che, per tecnologie applicate presso gli stabilimenti e per risalenza nel tempo dell'insediamento industriale, le danno consapevolezza di come si faceva la chimica in quegli anni.

  STELLA BIANCHI. Ho altre due domande molto brevi. A fronte di questa consapevolezza che, come mi chiarisce, l'acquirente doveva avere, a maggior ragione doveva essere consapevole il venditore. Pertanto, mi chiedo perché sono state adottate delle procedure che hanno comportato quei danni ambientali e perché non avete messo in atto nessuna forma di bonifica o di prevenzione dell'ovvio danno alla salute delle persone, che ora si ritrovano Pag. 49a essere avvelenate per il fatto che la falda è infiltrata. Evidentemente, se l'acquirente ne era consapevole, sono certa che il venditore, a maggior ragione, fosse consapevole di quello che stava facendo. Vorrei sapere se, consapevoli del danno ambientale che esisteva nello stabilimento, non vi sembrava troppo ottimistica la caratterizzazione che venne allegata alla data room di cui ci dicevano poco fa i rappresentanti di Solvay, secondo la quale non c'era nessun problema rilevante di danno ambientale. Se c'era questa consapevolezza, quella caratterizzazione non vi sembrava poco opportuna ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Per ciò che riguarda la consapevolezza del venditore, ricordo piuttosto bene le dismissioni che si sono susseguite dal 2001 al 2005, nel quadro del riorientamento strategico del gruppo Montedison-Edison verso l'energia, a cui accennavo poc'anzi. Peraltro, quella di Ausimont fu tra le prime dismissioni di quella stagione. Ne erano state realizzate altre ben prima, nella stagione che andò dal 1993, con la crisi del gruppo Ferruzzi e l'ingresso del dottor Bondi e del professor Rossi alla testa del gruppo, al 1998-1999. Io posso parlare, per essere stato presente, del periodo dal 2000 in poi, ovvero della stagione in cui prese abbrivio il turn around della Edison di nuovo verso l'energia.
  Per le dismissioni che facemmo per Ausimont, per l'agroalimentare, per la cantieristica, che è ancora residuale, eccetera, svolgemmo quella che nel gergo si chiama vendor due diligence. Forse sono stato troppo rapido nell'esporre le cesure societarie e manageriali che si sono verificate dalla fine degli anni 1970 al 2000. Io non so contare le generazioni manageriali e di dirigenza che si sono avvicendate. Le società sono delle entità giuridiche, ma camminano, ragionano e fanno le cose con la testa, sulle gambe e con le mani delle persone che le dirigono.
  Francamente, credo di poter dire che in quella stagione, nel 2000, non ci fosse nessuno in Montedison che avesse la consapevolezza di ciò che si trattava nel sito di Bussi. Certamente credo di poter escludere che ci fosse qualcuno a conoscenza delle circostanze che poi emersero in fase di indagine, in particolare di quelle relative alla particella 50.
  Questo credo di poterlo affermare, di certo per quello che riguarda me personalmente. Io sono ormai piuttosto vecchio, ma è solo dal 2000 che ho assunto la responsabilità degli affari legali e societari del Gruppo Edison. Negli anni di cui parliamo andavo alle scuole elementari e poi via via fino alle università qui in Italia e all'estero e credo che nella stessa condizione fossero la gran parte o tutti coloro che mi hanno accompagnato in quest'avventura. Questo è quanto mi sento, in franchezza, di dire.

  STELLA BIANCHI. La ringrazio. È davvero singolare che l'acquirente debba conoscere qualcosa che il venditore non conosce. Imparo sempre cose nuove. La ringrazio di questa conoscenza perché, francamente, non mi sarei mai aspettata questo: se io vendo una macchina usata, la conosco meglio io, ma va bene. Grazie della nuova informazione. Quanto alla caratterizzazione, le chiedo se non vi sembrasse un fatto strano.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Se mi è consentita una microreplica, io ho cercato di dirlo al meglio delle mie capacità di spiegazione: dall'altra parte noi avevamo un venditore che non ha mai cessato di occuparsi di chimica e che ha sempre fatto solo quello.

  PRESIDENTE. Intende un acquirente.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Scusi, un acquirente.

  STELLA BIANCHI. Quindi, per definizione...

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. No, io non sto dicendo niente di più di quello che ho riportato, ma non sto dicendo neanche niente di Pag. 50meno. Per quanto riguarda la caratterizzazione, ricordo rapidissimamente che questi sono gli anni di entrata in vigore del decreto Ronchi. I decreti attuativi, in particolare – credo di ricordare bene – sono del 1999. Il DM n. 471 è del 1999. Era, quindi, di un anno più vecchio, per così dire, dell'avvio del processo di dismissione di Ausimont. A quell'epoca io credo di poter dire che tutti gli operatori si cimentavano con le operazioni di caratterizzazione come degli apprendisti, perché la normativa era nuova. Non c'erano esperienze significative di applicazione. Le tecniche che venivano richiamate in questa normativa erano agli albori e all'affaccio.
  Del resto, da quello che comprendo, ma qui mi inoltro in un terreno che non è il mio, la caratterizzazione è un work in progress. Si parte facendo determinate attività sul sito. Vengono effettuate alcune operazioni di «assaggio» e di impostazione del lavoro di conoscenza. Dopodiché, da quelle ci si muove e si progredisce per approssimazioni successive.
  Noi eravamo in una fase iniziale. In data room venne, quindi, immessa la documentazione che in allora aveva uno stato di una determinata compiutezza. Eravamo in una fase iniziale della caratterizzazione, che poi, da quello che ci risulta, venne portata avanti, su quelle basi, dall'acquirente e completata.

  PRESIDENTE. Al di là del decreto Ronchi, questa era una società di livello internazionale, era una multinazionale. Diciamo che in Italia siamo partiti un po’ più tardi rispetto alle prassi che già venivano realizzate negli Stati Uniti. Questa società, la prima che ha fatto la caratterizzazione, quella di cui si parlava adesso e che ha fatto la caratterizzazione, mi sembra fosse una multinazionale: non era una società italiana. Non c’è dubbio che all'inizio tutti abbiano dovuto prendere le misure con il nuovo decreto, ma è anche vero che dalla discussione – ripeto, c’è tanto di perizia – mi sembra emergere che la prima caratterizzazione che fu fatta fosse assolutamente e palesemente inadeguata rispetto ad alcune situazioni che sono state riscontrate. Pertanto, la domanda che io mi permettevo di fare era se rispetto a questa situazione l'azienda che aveva chiesto di fare questa operazione, ossia voi, abbia fatto qualche azione in merito oppure no. Voi avete tenuto per buona quella prima caratterizzazione, che mi sembra tutti abbiano messo in discussione nella sua pochezza e povertà dal punto di vista tecnico ? Non so se la domanda sia chiara. Voi avete contestato il fatto che si trattasse di una caratterizzazione «inadeguata» ? Vi siete mossi o l'avete presa per buona ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Provo a rispondere nei limiti delle mie conoscenze e poi cedo la parola...

  PRESIDENTE. Se vuole intervenire qualcun altro, basta che si qualifichi e lo può fare.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Intanto vorrei fare una precisazione. La caratterizzazione del sito venne effettuata da Ausimont, non da Montedison. Venne, quindi, effettuata dalla società che in allora e dal 1981 era proprietaria e gestore del sito.

  PRESIDENTE. Scusi, vorrei capire. Ho perso un pezzo e le chiedo scusa: la caratterizzazione, quindi, da chi venne commissionata ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Venne commissionata da Ausimont all'HPC – mi sembra che si chiamasse così – che era il consulente tecnico che venne incaricato delle operazioni.
  Francamente, confesso i miei limiti: io non so valutare il merito del lavoro che viene svolto. Ho un concetto chiaro in testa, che è quello di cui ho parlato poco fa: la caratterizzazione è un processo che si svolge nel tempo. Quello che venne depositato in data room era il consolidamento dell'attività che era stata svolta da HPC al tempo in cui venne allestita la data Pag. 51room. Credo che i lavori fossero in corso da un anno o poco più, collocandoli nella rima temporale degli avvenimenti.
  Quel risultato venne messo a disposizione dell'acquirente per com'era. Certamente c’è una responsabilità da informazione. Si muove tutto sul piano contrattuale. Non è un caso che noi e Solvay abbiamo delle opinioni differenti. Dal momento che è in corso un arbitrato, evidentemente non abbiamo trovato una collimatura tra la nostra visione dei fatti e la loro. Sta di fatto, però, che questo è un piano che riguarda i rapporti contrattuali tra noi e Solvay. Non riguarda, o non dovrebbe riguardare...

  PRESIDENTE. Era interessante capire questa questione della caratterizzazione, che non è un dettaglio. Al di là dei vostri aspetti contrattuali – voi ve la state giocando a certi livelli e, per l'amor di Dio, sono questioni che avranno il loro iter legato al diritto – il fatto di dire che un sito non ha inquinamento esterno, ovvero ha inquinamento esterno e che c’è una falda profonda, oppure che non c’è una falda profonda, ha un rilievo che non è solo di natura contrattuale, legata al fatto che ciò significa che bisognerà spendere più soldi e decidere chi li debba spendere. Anche in termini di interventi di bonifica, cambia completamente l'intervento. Se si dice che non c’è una falda profonda sotto, che non c’è inquinamento di una falda profonda, oppure che un inquinamento è confinato, mentre in realtà non è confinato, cambiano tante cose. L'effetto ambientale, se prendiamo la questione da un punto di vista pubblico, è completamente differente, perché sono diverse le operazioni di messa in sicurezza o di bonifica che vengono fatte. È vero che un piano di caratterizzazione può essere definito in progress, ma fino a un certo punto. Se per il piano di caratterizzazione, come giustamente avete sottolineato voi per la discarica Tre Monti, si deve conoscere per poter intervenire, lo stesso ragionamento vale per l'intero stabilimento. Si deve conoscere che cosa c’è per poter mettere in atto poi le operazioni più efficienti ed efficaci. Quello è un punto, secondo me, piuttosto importante, ed è per questo motivo che vi è stata fatta questa domanda. La domanda riguarda quale fosse il vostro grado di conoscenza e se voi ne aveste conoscenza. Lei mi dice che è stata Ausimont, ma io le ripeto la domanda: vi risulta che sia stato fatto qualcosa ? Avete preso per buona quella caratterizzazione o l'avete contestata ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Scusate, ma a costo forse di ripetermi, vi dico che io sono in grado di rispondere nei limiti delle conoscenze che ho. Quella caratterizzazione venne commissionata e venne eseguita...

  PRESIDENTE. Voi dite che non ne avevate la titolarità: è stata messa lì punto e basta !

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Aggiungo una cosa soltanto: venne eseguita ai fini della notifica agli enti ai sensi del DM n. 471. Non era, che io sappia, una caratterizzazione sulla base della quale ci si proponeva di fare un progetto di bonifica. Il DM n. 471 dava la facoltà ai soggetti che fossero interessati di denunciare una situazione di potenziale inquinamento e prevedeva che la notifica fosse accompagnata da un documento preliminare di caratterizzazione.
  Da quello che rammento quel documento, che fornì la base per la notifica ai sensi del DM n. 471, conteneva alla fine un'espressa riserva di approfondimenti e di indagini successive da effettuare anche in contraddittorio e con l'assenso degli enti. Quello era quanto all'atto dell'allestimento della data room ci venne messo a disposizione da parte dell'oggetto della vendita e quello noi abbiamo collocato in data room. Non so se c’è qualcuno che vuole aggiungere qualcosa, ma questo è il limite di ciò che io so.

  STELLA BIANCHI. Io continuo a non capire una cosa che spero lei mi aiuti a capire. Voi ci avete detto che era previsto – se ho capito bene – un full set reps andPag. 52warranties, ossia una gamma di garanzie ambientali, che viene meno tranne che per Porto Marghera. A fronte di questo c’è un pagamento inferiore rispetto alla somma iniziale, quantificabile in una trentina di milioni di euro. A fronte di ciò, ossia della presumibile necessità di assicurazioni da possibili rischi e danni ambientali, che porta ad uno sconto, c’è una caratterizzazione secondo cui non c’è alcun problema, non c’è alcun inquinamento e va tutto bene. Quella va in data room. Queste due cose insieme, secondo voi, creano una contraddizione ? Vi sembrano in contraddizione, oppure è tutto normale ? A fronte di garanzie per rischi ambientali che vengono meno, ragion per cui c’è uno sconto, e di una caratterizzazione che dice che è tutto a posto, queste due cose stanno insieme o c’è una contraddizione ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Confesso che io non ho affatto presente questo aspetto. Se volete, possiamo fare un approfondimento successivo. Non mi risulta, però, in franchezza, che quel documento, che aveva le caratteristiche preliminari cui ho fatto cenno, dicesse che andava tutto bene sul sito. Sarebbe stato piuttosto singolare che, parlando di uno stabilimento industriale e chimico con quelle caratteristiche di vetustà e con quella storia alle spalle, un documento, ancorché preliminare, di caratterizzazione dicesse che era uguale a un prato verde: ciò non mi risulta. Se desiderate un focus, un approfondimento sul contenuto di quel documento, lo possiamo fare e ve ne possiamo dare conto in una fase successiva.
  D'altro canto, tengo a fare un'annotazione che, per carità, è assolutamente ovvia e di cui mi perdonerete. Ausimont aveva evidentemente dei problemi ambientali legati al fatto che era una società che storicamente faceva chimica da tempo molto risalente. Aveva un patrimonio di tecnologie e un portafoglio di prodotti davvero peculiari, in particolare nella tecnologia dei fluorurati, tant’è che era un oggetto del desiderio da parte di più attori internazionali.
  Chi comprò Ausimont a quell'epoca non la comprò per farsi carico di problemi ambientali, evidentemente, ma la comprò perché riteneva che dentro Ausimont ci fosse un patrimonio di conoscenze e di possibile espansione commerciale, cosa che poi avvenne. Io non credo che il Gruppo Solvay, al di là di questi fatti, si sia pentito di essersi reso acquirente di Ausimont. Sarei sorpreso di questo fatto. Oggi, qui, la materia è tale per cui il focus è centrato sul tema dell'ambiente, ma il contratto dedicava all'ambiente alcune clausole. Il resto era volto a dire che l'oggetto fosse ben altro che lo stabilimento di Bussi.

  PRESIDENTE. È chiaro. Noi focalizziamo l'attenzione sul sito e sulla situazione. Non c’è dubbio, però, che l'operazione complessiva sia stata un'operazione non sicuramente centrata sulla caratterizzazione del sito.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Anche quando si mette a confronto lo sconto di prezzo con il problema, occorre tenere presente che quell'aspetto faceva parte di una trattativa che è durata mesi e che aveva per oggetto non la valorizzazione degli oneri ambientali relativi al sito di Bussi, ma il prezzo per l'acquisto di un complesso aziendale, quale quello di Ausimont di allora, che – lo ripeto – era appetito da più di un operatore internazionale.
  Per ritornare anche alla risposta che fornii forse un po’ frettolosamente al suo collega onorevole, i 30 milioni – o quello che fu lo sconto nelle trattative – non debbono leggersi come l'esatto corrispettivo della valutazione in capo all'acquirente dei possibili oneri ambientali relativi ai siti industriali. Si parlava di alcune centinaia di milioni di euro, nel complesso dei quali venne trattata anche quella partita, così come se ne trattarono diverse altre disparate.

  STEFANO VIGNAROLI. È stato lei a sottolineare il fatto che questo sconto era Pag. 53legato alle garanzie ambientali e non ad altro, ossia non a questioni economiche.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. L'ho sottolineato – mi scusi se interloquisco direttamente – per dire che c'era una relazione, per così dire, qualitativa. La quantità, come ho detto, si iscriveva in una trattativa molto più ampia. Pertanto, sarebbe fuorviante, sarebbe un errore di prospettiva dire che nell'aspettativa dell'acquirente o del venditore quello rappresentava il valore del rischio.

  STEFANO VIGNAROLI. Ho altre due domande. Una riguarda quella lettera che il Ministero (nella persona del dottor Pernice) mandò e che secondo me – vi chiedo un parere – è stata un po’ frettolosa (oltre al fatto che si citasse una legge non più vigente, come il Consiglio di Stato ha poi decretato). Perché è stata mandata, secondo voi, questa lettera, che imponeva, in maniera frettolosa, appunto, utilizzando una legge passata, la rimozione dell'inquinamento ?
  La seconda domanda riguarda i pozzi di Sant'Angelo. Fino al 2007, dopo qualche anno di apri e chiudi, dopo un periodo di tempo, finalmente sono stati chiusi questi pozzi. Purtroppo, i cittadini hanno ricevuto acqua inquinata per anni e anni. Non voglio rifare il processo, anche perché non spetta a noi, ma vorrei una conferma: vorrei sapere se dalle carte risulta che nel 1992 Montedison fosse a conoscenza dell'inquinamento dell'acqua potabile. Risulta che ci sia una consulenza in cui questo è stato messo per iscritto e con la quale si avvertiva Montedison che quei pozzi, che poi servivano i cittadini, erano inquinati: ciò vi risulta ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Non credo di aver compreso bene la domanda. C'era una consulenza ?

  PRESIDENTE. C'era una consulenza che segnalava l'inquinamento dei pozzi.

  STEFANO VIGNAROLI. C'era una consulenza che nel 1992, da tanto tempo, segnalava già il pericolo che quei pozzi...

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Parliamo dei pozzi di Sant'Angelo ?

  STEFANO VIGNAROLI. Sì.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Per quanto riguarda la lettera del Ministero dell'ambiente, francamente il motivo per cui sia stata inviata e si sia collocata in quella stranissima scansione temporale che vi ho richiamato – cioè quel 9-10-11 settembre – non lo conosco.

  STEFANO VIGNAROLI. È stata inviata anche, stranamente, alla Guardia di finanza.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Non lo so. Io posso fare un commento o posso arguire qualche cosa sulla base di echi e di accenni che sono stati fatti a margine delle controversie giudiziarie che si sono avute su quel provvedimento.
  A proposito della normativa abrogata, si trattava della legge che introduceva l'ecotassa, per intenderci. In funzione di assicurare quel prelievo fiscale essa imponeva una serie di divieti e di obblighi, tra cui anche quello di rimuovere gli accumuli di rifiuti proprio a fini quasi erariali. Rimuovendoli e destinandoli a discarica, quell'attività generava gettito. Quello era lo scopo.
  È indubbio che il tentativo di richiamarsi a quella normativa, se avesse avuto successo, avrebbe probabilmente e in modo significativo semplificato i procedimenti amministrativi che sono oggi imposti dalla normativa che, però, nel frattempo è entrata in vigore. Mi riferisco al decreto Ronchi del 1997 e al Codice dell'ambiente del 2006.
  Questa, però, è un'opinione assolutamente personale. Io non ho riscontro del motivo per cui sia stata inviata quella lettera. Ho, viceversa, riscontro che non è stato un caso isolato, perché ho l'eco del fatto che il tentativo di richiamarsi a quella normativa sia stato compiuto dal Pag. 54Ministero dell'ambiente relativamente anche ad altri siti, con quali esiti, francamente, non lo so.

  PRESIDENTE. Quanto alla questione della conoscenza della consulenza ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Sui pozzi di Sant'Angelo io confesso di non avere il dominio di tutti gli atti del processo. Sono uno sterminio di pagine. Che mi risulti, di una consulenza fatta a Montedison relativa al possibile inquinamento dei pozzi di Sant'Angelo io non ho sentito parlare. In questi termini non ne ho sentito parlare, francamente.
  Del resto, faccio fatica a immaginare la possibilità da parte di personale dello stabilimento, perché tale doveva essere, se fosse andata così, o di qualcuno incaricato dallo stabilimento di accedere a quei luoghi per fare dei prelievi. Non ne vedrei neanche lo scopo, ma, ripeto, ho una conoscenza evidentemente non approfondita di tutte le carte. Da quello che mi rinviene io non ho notizia di una consulenza in questi termini.

  PRESIDENTE. Volevo chiedere una cosa. Rispetto alle vostre conoscenze sul sito di 24 ettari dello stabilimento, ma anche delle aree fuori, vi risulta che vi sia una conoscenza o che ad oggi ci sia una caratterizzazione ? Si è in grado oggi, secondo voi, di dire che cosa c’è esattamente in quel sito e che cosa bisogna fare ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Nello stabilimento ?

  PRESIDENTE. Nei 24 ettari ! Voi avete fatto prima un riferimento preoccupante, perché avete detto che c’è una particella di 33.000 metri quadri, la cosiddetta particella 50, rispetto alla quale, ad oggi, non si è a conoscenza di che cosa ci sia. Si è detto che, se ci sono dei dati, non sono a vostra conoscenza. Una delle domande era se vi risulta, visto che voi siete uno degli operatori dentro il sito – lo chiederemo poi anche all'Agenzia ambientale – un quadro conoscitivo basato su caratterizzazioni fatte in precedenza e poi su quelle nuove di Environ tale da offrire uno stato dell'arte di conoscenza. La domanda è nel senso di scongiurare che poi qualcuno trovi, magari tra due anni, altri 20.000 metri quadrati in cui ci sia un deposito. Poiché quel sito, giustamente, come avete detto voi, ha una storia, presumere che ci siano altre situazioni in cui si possano avere concentrazioni di inquinanti particolarmente pericolosi oggi, normati con la normativa attuale, potrebbe essere una possibilità elevata, visto che cosa è sempre stato fatto in quel sito. Questa è la prima domanda. La seconda è in merito alla vostra particella. Credo che adesso il custode sia il commissario, ma presumo che, una volta a conoscenza di ciò che c’è in maniera dettagliata, ci siano poi, di conseguenza, delle opere di messa in sicurezza permanente o di bonifica che dovranno essere eseguite, se si rileveranno concentrazioni. In quel caso la bonifica sarebbe un onere vostro ?

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. La ringrazio di queste due domande, anche se è retorica questa volta, perché sono due domande particolarmente impegnative. Sulla caratterizzazione io qui sono costretto a riferire, come si dice, de relato. Per quello che ci risulta, negli anni a partire da quando Solvay ha preso la società e, quindi, conseguentemente lo stabilimento, le attività si sono susseguite in modo ingente. Ho sentito parlare di svariate migliaia di prelievi. Se tutto ciò componga un quadro attendibile sullo stato ambientale dello stabilimento non ho gli elementi per potermi esprimere.
  Certamente, con la sensibilità di un povero giurista d'impresa, che quindi fa un altro mestiere, mi sembra che, in base alla massa di dati di cui oggi si dispone da parte di Solvay innanzitutto, ma anche, credo, di altri attori pubblici che interagiscono con la società, potrebbe auspicarsi che il quadro sia attendibile. Questo è ciò che mi sento, allo stato, di dire.Pag. 55
  Per quanto riguarda la bonifica, signor presidente, non se ne abbia a male, ma noi abbiamo un'opinione un po’ differente, almeno dal punto di vista strettamente normativo. Parlo della Tre Monti. Ricordo a me stesso che in quell'area, per quello che ci è dato sapere, si è svolta un'attività collocata in quel periodo di tempo di cui abbiamo parlato. Si tratta di un periodo di tempo in cui non c'era una normativa. Obblighi di bonifica, lo sappiamo bene, sono stati introdotti nel 1997 e poi ripresi nel 2006, con il decreto Ronchi e il Codice dell'ambiente.
  Ci sono oggi nel Codice dell'ambiente – non vorrei fare un'esposizione in punta di diritto – due norme che rilevano, gli articoli 192 e 242. Il 192 fa riferimento alla posizione del proprietario che, con dolo o colpa, abbia comunque partecipato alla compromissione del territorio. Il 242 introduce nel nostro ordinamento, con alcune variabili rispetto al decreto Ronchi, la figura del cosiddetto responsabile dell'inquinamento.
  Io non posso non considerare la situazione oggettiva in cui versò il nostro de cuius, ossia il soggetto estinto di cui noi siamo eredi di terzo grado – mi piace sempre richiamare questa circostanza – che era una società che operò in un'epoca in cui normative in materia di rifiuti non ve n'erano. Anzi, c'era uno stato dell'arte che noi abbiamo richiamato in alcune slide che vi abbiamo fornito. C'era uno studio piuttosto interessante dell'Organizzazione mondiale della sanità che dava conto di quello che era allora lo stato di percezione del tema e anche di una certa ingenuità nelle proposte tecniche relative alla gestione dei rifiuti solidi. Addirittura si parlava di «scarichi solidi». Non c'era ancora neppure il concetto di rifiuto.
  Queste circostanze, secondo me, debbono avere un rilievo in termini di qualificazione delle condotte. Se si dice che uno paga in quanto deve pagare, ossia in quanto responsabile, io non riesco, forse per il mio paraocchi di giurista, ad affrancare il concetto di responsabilità a quello di violazione di norme di legge. Questo è forse, lo confesso – ripeto – il mio paraocchi.
  Allo stesso modo, non riesco a liberarmi di un altro tema, che è quello dell'irretroattività. Io credo che ciascuno di noi debba essere messo in condizione di valutare le conseguenze delle proprie condotte con riferimento a un quadro normativo preciso. Essere criminalizzati o vedere riqualificare le proprie condotte retrospettivamente a cinquant'anni di distanza, secondo me, genera un problema di legalità significativo.
  Questo non fa venir meno le considerazioni che ho fatto in conclusione, ossia la consapevolezza di essere gli eredi di società che hanno fatto del gran bene al territorio – stiamo parlando di tempi in cui lavorare alla Montecatini o all'Ausimont era un plus per quelle popolazioni – ma che, ad anni di distanza e, consentitemi, con una buona dose di senno del poi, hanno lasciato anche delle eredità ambientali pesanti. Di questo noi abbiamo dato conto in altre circostanze, in altre circostanze significative, di saperci assumere le nostre responsabilità al di fuori di qualificazioni giuridiche. Se la domanda è se noi ci riteniamo destinatari di un obbligo di bonifica ai sensi della normativa vigente, io faccio fatica a rispondere di sì. Non faccio fatica a dire e a ribadire, invece, ampia disponibilità a un dialogo in cui ciascuno degli attori si faccia carico del proprio pezzettino di croce. Quello che veniva fatto nella particella 50 – lo ribadisco ancora – era noto a tutti. Non stiamo parlando di un fenomeno attuato da gente che, nottetempo, in gran segreto e all'insaputa di tutti gli attori del territorio, interrava chissà che cosa. Venne fatta questa scelta perché qualcuno chiese di fare così, perché era meglio fare così che continuare a fare quello che veniva fatto prima: erano tutti consapevoli del fatto che lì dentro venissero interrati quei materiali !
  Accanto a Solvay e a noi, per quanto riguarda la particella 50, credo che forse debbano essere coinvolti, a loro volta, i vari attori pubblici e i vari eredi. Il Pag. 56laboratorio chimico provinciale credo non esista più, ma ha emesso i bollettini di analisi che davano conto che non c'erano percolamenti.

  PRESIDENTE. Tenga presente che una volta le analisi che venivano fatte dal laboratorio di igiene e profilassi rispetto ai percolati delle discariche...

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Signor presidente, certamente c'era quella stessa consapevolezza, o inconsapevolezza, che dall'altra parte caratterizzava gli operatori industriali. La discarica di Bussi non è l'unica discarica d'Italia, altrimenti voi avreste...

  PRESIDENTE. 57 siti di interesse nazionale, più, forse, 3.600-3.700 tra siti vari inquinati. È un po’ un'eredità del passato, ognuna con le sue specificità.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. La specificità, che io credo di dover sottolineare ancora alla vostra attenzione, è che lì la condotta venne portata avanti e poi smessa in un limitato periodo di tempo, che si colloca nella fascia di anni di cui ho detto, almeno per quello che risulta dalle carte del processo. Pertanto, non era più in corso ed è cessata dieci anni prima della prima normativa italiana in materia di rifiuti.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Se avremo bisogno di altri approfondimenti, vi contatteremo.

  PIERGIUSEPPE BIANDRINO, general counsel di Edison. Grazie davvero a tutti voi. Vi lascerei, dal momento che sono stato costretto a condensarne il contenuto, la traccia scritta.

  PRESIDENTE. Tutti i documenti che ci potete lasciare, li cataloghiamo ufficialmente, ragion per cui la accettiamo ben volentieri. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del direttore generale dell'ARTA Abruzzo, Mario Amicone.

  PRESIDENTE. Vi chiedo scusa per il ritardo, ma abbiamo avuto due audizioni piuttosto impegnative. Do lettura dello speech formale che di norma leggiamo ai nostri auditi.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale dell'ARTA Abruzzo, dottor Mario Amicone, che ringrazio per la presenza. Il direttore Amicone è accompagnato dal direttore tecnico dottor Giovanni Damiani.
  L'audizione odierna ha a oggetto la situazione del SIN di Bussi nell'ambito dell'approfondimento sulle bonifiche. Come sapete, verremo in Abruzzo giovedì prossimo per fare un sopralluogo, ma l'argomento è quello delle bonifiche in generale (stiamo facendo queste visite in vari Siti di interesse nazionale, quindi, anche a Bussi). Avevamo già messo in calendario questa missione, ancora prima delle recenti situazioni che hanno riguardato le attività processuali. Avverto, dunque, i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta – questo nel caso aveste delle notizie da tenere riservate – invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  Do quindi la parola al dottor Amicone, avvertendo che, se lo desidera, può far intervenire anche il collega Damiani. La situazione generale è alla nostra conoscenza. A noi interessava capire da voi, in primo luogo, qual è lo stato dell'arte di vostra conoscenza del sito, perché sulla situazione della caratterizzazione abbiamo avuto notizie diverse dai vari enti che abbiamo ascoltato. Qualcuno dice che, a tutt'oggi, c’è uno stato dell'arte di conoscenza piuttosto realistico. Altri, come Edison, rispetto alla particella di cui loro sono proprietari, la cosiddetta particella 50 – quindi, rispetto alla cosiddetta discarica Tre Monti – dicono che, in realtà, Pag. 57lo stato di conoscenza ancora non c’è. Almeno, loro non sono a conoscenza di quale sia la tipologia di contaminanti che sono presenti. Tra l'altro, essi fanno riferimento, nell'audizione, a una dichiarazione che voi, come ARTA, avete fatto – credo il 6 febbraio – in una Conferenza di servizi, in cui «denunciate» il fatto di non avere ancora avuto, per il tramite dell'architetto Goio, conoscenza della situazione. Visto che la discarica Tre Monti è uno degli oggetti dei contenziosi vari, io credo che capire almeno che cosa ci sia, sarebbe quanto mai opportuno, al di là del fatto che poi si dovrà anche capire chi la bonificherà e/o la metterà in sicurezza, perché, in realtà, credo che quello sia l'elemento finale. Vi chiedo, quindi, di farci un brevissimo quadro sullo stato dell'arte di vostra conoscenza, per quella che è, ovviamente, la vostra attività. Poi magari vi faremo qualche domanda. Do la parola al dottor Amicone.

  MARIO AMICONE, direttore generale dell'ARTA Abruzzo. Sperando di aver fatto cosa utile, noi abbiamo preparato una piccola relazione storica che parte dall'inizio. La consegniamo agli atti. Per non farvi perdere tempo, poiché non conosco passo passo la vicenda, è venuto oggi con me il direttore tecnico, che è la memoria storica del SIN di Bussi; egli è colui che partecipa alle Conferenze di servizi fatte negli ultimi tempi, anche per la caratterizzazione, che abbiamo fatto e rifatto più di una volta (non mi ricordo se sia già stata approvata). Ci è stato chiesto di rifare una riperimetrazione dell'area SIN. Abbiamo prodotto cartografie e altri documenti alla Regione, che credo abbia approvato e trasmesso il tutto al Ministero. Per quanto riguarda i dati di Goio – questo è scritto nella relazione – noi abbiamo soltanto analizzato i campioni che Goio ci ha fornito e che aveva fatto lui, come commissario. Li abbiamo analizzati, ma senza poterli validare, perché non avendo fatto noi anche i campionamenti, non possiamo garantire che si tratti di campioni fatti a regola d'arte o in quel posto. Abbiamo fatto l'analisi di ciò che ci hanno portato, ma il campione, per essere validato, deve essere fatto dalla A alla Z dalle stesse persone e dallo stesso ente. Farei ora parlare il direttore, dottor Damiani, che conosce Bussi a menadito. Sicuramente non gli sfuggirà ciò che a voi può interessare di sapere.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al dottor Damiani.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Grazie, presidente. La situazione è questa. La vicenda comincia quando l'Agenzia ha scoperto la contaminazione delle falde; giornalisticamente, questo passaggio passa per vari presunti scopritori, ma la verità vera è che tutto parte dalla direttiva europea 2000/60/CE, che per la prima volta chiede a tutte le regioni di fare un monitoraggio sulle falde sotterranee.
  Nel 2003 la Regione Abruzzo effettua uno stanziamento e incarica l'Agenzia del monitoraggio. Da questo monitoraggio, che si fa per la prima volta nella storia della nostra regione, emerge che la valle del Pescara è gravemente contaminata da solventi clorurati. Si ripetono le analisi e, poiché lì c’è un campo pozzi da cui si attingeva acqua potabile, la nostra preoccupazione, avendo sempre segnalato fin dall'inizio tutto agli enti preposti, è stata quella di approfondire. Per un momento non ci siamo occupati, quindi, dell'intera regione, ma della valle del Pescara. Nel 2004, attorno ad agosto, si scoprì la situazione del campo pozzi, che fu denunciata regolarmente alla procura e a tutti. Per quanto riguarda il SIN, invece, va detto che, prima che diventasse SIN, la competenza era del comune di Bussi. Pertanto, l'Agenzia, come dalla memoria che il mio direttore ha depositato, ha seguito tutte le fasi da quando l'area era ancora Montedison ed entrava Solvay come proprietà.
  Dal 28 maggio 2008, con l'istituzione del SIN, la competenza della titolarità degli interventi, del coordinamento e della Conferenza di servizi passa al Ministero dell'ambiente. In quest'ambito noi abbiamo Pag. 58lavorato. La situazione ad oggi è la seguente: il Ministero dell'ambiente ha coordinato e coordina tutte le attività del SIN tranne la discarica di Tre Monti, ossia la particella a cui lei, presidente, faceva riferimento. Questo perché essa è di competenza esclusiva del Commissario delegato, architetto Adriano Goio.
  Noi non conosciamo che cosa c’è dentro questa discarica se non dagli atti processuali; conosciamo ciò dagli atti processuali perché, quando la procura incaricò i due consulenti tecnici di ufficio, i dottori Di Molfetta e Fracassi, loro ci riversarono una valanga di analisi da fare. Si tratta di analisi che noi abbiamo fatto per la procura a fini di giustizia e per il Commissario Goio – che le cofinanziava, ma che normalmente non si fanno – dal momento del prelievo allo studio di una caratterizzazione. Noi siamo stati la macchinetta che faceva le analisi, per capirci, la parte terminale del processo. Le analisi sono state svolte anche dai consulenti tecnici d'ufficio e noi, formalmente, non le conosciamo. Io le conosco perché ho letto gli atti del processo, ma come ARTA non le conosciamo.

  PRESIDENTE. Dunque, voi non siete mai stati coinvolti nello schema generale. Siete stati solo il laboratorio in cui si facevano le analisi.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Il laboratorio l'abbiamo fatto in due circostanze. Nella prima fase, quando fonti anonime hanno riferito alla Forestale che c'era una discarica, la Forestale si è recata sul posto e venne incaricata. L'area viene messa sotto sequestro e la Forestale non ci fa mettere più piede, né avvicinare all'oggetto. Ci porta, però, le analisi da fare per conto della procura. Dal prelievo ai risultati, la gestione non è stata nostra. Noi siamo stati d'ausilio per una parte limitata, anche se molto importante, che è quella analitica. Successivamente, il commissario, come è riportato nella memoria che abbiamo consegnato, ha tenuto a fare un'altra campagna di analisi e ha voluto che la facesse l'ARTA. L'ARTA voleva partecipare alla definizione del piano di campionamento, in termini di profondità e di distribuzione spaziale e temporale. Tutto questo, però, non ci è stato concesso. Infatti, nella convenzione che abbiamo avuto con il commissario, c’è scritto chiaramente che i prelievi e le modalità sono tutti a carico del commissario e dell'organismo commissariale. Noi siamo chiamati esclusivamente a essere esecutori delle analisi. Allo stato attuale, quindi, la situazione è questa: noi conosciamo la situazione del SIN all'interno del polo industriale, dove facciamo le analisi di verifica almeno sul 10 per cento dei campioni – ma sono sempre di più – quando i campionamenti e le analisi sono fatte dai privati, mentre...

  PRESIDENTE. Scusi, in quel caso, con Solvay fate i campioni in contraddittorio. Loro hanno fatto i piani di caratterizzazione. Voi fate i campionamenti in contraddittorio e le analisi parallele.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Facciamo le analisi parallele e validiamo.

  PRESIDENTE. Validate il dato, come si fa da tutte le parti.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Come si fa da tutte le parti, di prassi. Talvolta abbiamo validato anche il 30-40 per cento dei campioni fatti. Si presume che, se il 40 per cento offre dati coerenti, tutto il resto sia coerente.

  PRESIDENTE. Avete trovato delle situazioni particolarmente diverse rispetto ai campioni, oppure no ? Avete validato i dati senza problemi ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Sì, sempre, tranne in un'ultima occasione, in cui i nostri risultati erano profondamente diversi, ma parliamo di una sostanza rinvenuta all'interno del polo industriale a grande profondità. Non era una soluzione di acqua con Pag. 59inquinante, ma vi prevaleva l'inquinante rispetto all'acqua. In questi casi l'analista ha la necessità di fare diluizioni, talvolta anche di decine di migliaia di volte. È evidente, quindi, che l'errore analitico, rimoltiplicando per decine di migliaia di volte, si amplifica e che si possono trovare risultati diversi. Resta il fatto che tra 800.000 e 700.000, in questo caso, se il limite è uno o dieci, il dato è trascurabile. Tuttavia, Solvay, che tiene a essere molto precisa, ha chiesto la ripetizione delle analisi. Noi abbiamo detto che si stanno per fare e che possono essere fatte solo sullo stesso campione, mettendosi d'accordo sulle modalità e sul numero di diluizioni, ossia su tutta la procedura. In tal caso arriveremmo sicuramente a risultati coerenti.
  L'ARTA ha fatto anche il piano di caratterizzazione di tutte le aree pubbliche esterne allo stabilimento, tranne, come sempre, la discarica cui noi non possiamo avvicinarci. Questo piano è stato concordato con l'ISPRA e, successivamente, in maniera puntigliosa, è stato approvato dal Ministero, che con il suo staff tecnico ci ha chiesto ragione persino del prezzo di ciascuna singola analisi e dell'ubicazione dei piezometri. Questo piano sta per essere avviato in esecuzione operativa.

  MARIO AMICONE, direttore generale dell'ARTA Abruzzo. A proposito della caratterizzazione, prima ci è stato detto dell'area SIN. Poi, invece, abbiamo dovuto scindere l'area pubblica da quelle private, ossia quelle delle ferrovie, delle autostrade e dei terreni che passano di là. Abbiamo dovuto fare questo a parte.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Nel frattempo, poiché le aree private, per fortuna, ricadono in privati importanti e non in piccoli privati – parliamo delle Ferrovie dello Stato, dell'ENEL, della Società Autostrade e dell'ANAS – il Ministero ha chiesto a tutti questi soggetti privati di farsi redigere il piano di caratterizzazione dall'ARTA. Apro una parentesi: noi ci chiamiamo ARTA e non ARPA, perché in Abruzzo ARPA sono le autolinee pubbliche regionali. Se si parla di ARPA, si pensa al pullman. Poiché l'acronimo era occupato, la T sta per «tutela» dell'ambiente.

  PRESIDENTE. Siete l'unica in tutta Italia !

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Siamo l'unica in tutta Italia perché c'erano le Autolinee regionali pubbliche abruzzesi. Detto questo, il Ministero ha fatto la richiesta a questi soggetti per avere un quadro di caratterizzazione dell'intero SIN che avesse la stessa logica, con criteri di uniformità e, quindi, di efficientamento.
  In quest'ottica noi abbiamo già redatto il piano di caratterizzazione per le Ferrovie dello Stato nell'area della stazione. ENEL, invece, l'ha fatto per conto suo, anche se ha utilizzato, credo, gli stessi criteri. Siamo in attesa di completare anche le caratterizzazioni con i privati, se ce lo chiederanno, perché chiaramente non possono essere obbligati.
  Per quanto riguarda la discarica Tre Monti, allo stato attuale c’è un'ultima novità. La novità è che c’è l'esposto di una famiglia che ha la disgrazia di abitare al confine con la discarica e che ha un pezzo di terreno con un orto. Nel terreno di sua proprietà insistono ben tre piezometri, di cui uno fatto dalla regione e altri due dal Commissario Goio. Questa famiglia vuole sapere, giustamente, che cosa c’è sul suo suolo e qual è l'acqua che ha utilizzato per irrigare quell'orto, ragion per cui, attraverso un legale, ha fatto un esposto.
  La procura della Repubblica ci ha autorizzato a intervenire su quei piezometri per fare uno studio ambientale. Questo studio è partito immediatamente – stiamo parlando di vicende recentissime, addirittura di giorni – ma il Corpo forestale dello Stato, che ha accompagnato i nostri operatori in questo rilievo, ci ha fatto presente che due dei tre piezometri erano stati realizzati dal Commissario Adriano Goio e che quindi erano un limite invalicabile anche per noi.
  Nonostante le richieste che noi abbiamo fatto di poter accedere sia ai piezometri Pag. 60dentro la discarica, sia a quelli esterni realizzati da Goio, i nostri dati si fermano sugli undici piezometri che abbiamo realizzato come ARTA, oltre che su quelli che abbiamo derivato dai pozzi esistenti – per non scavare noi i piezometri abbiamo utilizzato dei pozzi esistenti – e dai pozzi di Sant'Angelo. Chiaramente, c’è questo quadro conoscitivo che ci manca e che sentiamo il bisogno di approfondire scientificamente, ma non ne abbiamo né la competenza, né la responsabilità.

  PRESIDENTE. Ad oggi, al di là di ciò che è stato studiato dentro il sito, che fuori è di competenza di Solvay, per capire gli andamenti della falda e situazioni particolari, si è ancora in una fase di studio: è così ? Io non conosco bene la geografia e il monitoraggio delle falde, ma presumo che se c’è una falda profonda contaminata, questa falda si muova da qualche parte. C’è lo stato della conoscenza di come si muove questa falda, c’è un monitoraggio costante di questa situazione o ancora no ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. No. C’è il monitoraggio avviato nel 2003, aderente non allo studio dei SIN, ma alle esigenze della direttiva quadro europea 2000/60/CE per monitorare lo stato generale della qualità delle acque sotterranee in Abruzzo. Ci sono poi studi puntuali fatti, anche in maniera molto impegnativa, nel 2006-2007, quando ci fu il gran clamore perché quest'acqua veniva mescolata a quella buona proveniente da monte, ossia dal Giardino, che è una sorgente importantissima. Da una parte, abbiamo avviato, con gli sforzi che potete immaginare, perché la nostra Agenzia con la spending review è in condizioni veramente molto difficili di personale e di mezzi...

  MARIO AMICONE, direttore generale dell'ARTA Abruzzo. Volevo precisare che molti di quei monitoraggi forse non sono più serviti, perché, per quanto riguarda l'acqua potabile, sono stati chiusi quei pozzi e sono stati fatti due pozzi in alto, che dovrebbero essere al riparo dalle falde.

  PRESIDENTE. Questo certamente. Mi interessava capire se, con riferimento alla perimetrazione del sito, laddove, ovviamente, c’è una responsabilità, Solvay se ne sta occupando. Nelle caratterizzazioni fatte nel passato si era detto addirittura che fosse stata trovata una falda profonda che non era stata denunciata. Pare, inoltre, addirittura che l'inquinamento abbia dei plume all'esterno, almeno questo ci diceva Solvay, ossia che non sia tutto dentro il sito. Vorremmo capire se lo stato esterno ci sia qualcuno che oggi lo sta in qualche modo seguendo.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Non adeguatamente. Noi lo stiamo seguendo rispetto a monitoraggi del 2003 e con indagini spot, appena possiamo. Una di queste è in corso.

  PRESIDENTE. Non c’è, però, un progetto regionale o nazionale.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. C’è il progetto di caratterizzazione del SIN, che invece lo prevede alla grande, con nuove trincee e nuovi...

  PRESIDENTE. È solo del SIN o è anche esterno al SIN ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. È del SIN, perché il SIN è stato delimitato, sulla base delle conoscenze iniziali, in maniera prudenzialmente un po’ più larga. Probabilmente oltre qualche area dentro, altre potrebbero esservi fuori.

  PRESIDENTE. Quindi, avete riperimetrato il SIN ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Adesso vi è una prima richiesta di riperimetrazione, con l'esclusione di alcune aree che apparivano contaminate Pag. 61e che, in realtà, risultano pulite. Peraltro, sono a monte idrologico e, quindi, resteranno pulite.

  PRESIDENTE. Con il Commissario, quindi, voi non avete un rapporto di alcun tipo ? Lui vi chiede solo di fare delle cose.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Noi abbiamo solo la possibilità di fare quello che ci chiede.

  MARIO AMICONE, direttore generale dell'ARTA Abruzzo. Non è un rapporto collaborativo nel senso che ci si sente per decidere cosa fare o cosa non fare. Lui ci chiede di fare una cosa, noi la dobbiamo fare e la facciamo.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO VIGNAROLI. Lascia un po’ perplessi il fatto che ci sia una mancanza di comunicazione. Sicuramente questo è un caso complesso, perché si tratta di varie proprietà e di vari siti e la falda cambia da posto a posto, ma il fatto che non ci sia ancora una caratterizzazione valida e che non ci sia comunicazione io lo trovo grave.
  Voi sostenete, anche nella Conferenza di servizi, che vi arriva il campione ma che voi non potete nemmeno sapere dove è stato preso. Siete meri...

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Siamo meri esecutori di analisi.

  STEFANO VIGNAROLI. Questo io lo trovo assurdo, francamente. Vi chiedo, inoltre, per quanto riguarda la palancatura e questo studio che è stato fatto, se le ditte che sono state scelte per operare, come è obbligo in base al decreto legislativo n. 152, sono iscritte all'albo dei bonificatori. Vorrei sapere anche se questo progetto lo ritenete valido o meno. È stato messo, infatti, in discussione, sostenendo che anzi potrebbe addirittura peggiorare la situazione, perché va a bucare terreni impermeabili e, quindi, potrebbe allargare ancora di più la situazione.
  Ancora, vorrei sapere se vi risulta che tra quindici giorni ci dovrebbe essere la firma di un accordo di programma, se voi state partecipando. Mi risulta anche che non sia stata fatta la VAS complessiva. Inoltre, con riferimento al fiume Pescara, dove è stato trovato del mercurio addirittura lungo tutto il tragitto, considerato che il fiume è esondato diverse volte – tre volte quest'anno, se non sbaglio – mi domandavo se siano stati fatti dei campioni anche lungo i terreni che hanno ricevuto l'acqua esondata. Mi domando se sia stato fatto un campionamento lungo tutto il tracciato del fiume, che è esondabile, ragion per cui presumibilmente i terreni hanno ricevuto acqua inquinata. Vi chiedo, infine, se vi risulta che ci sia stata una perizia nel 1992 riguardo la storia dei pozzi di Sant'Angelo e se vi risulta una relazione per conto di Montedison in cui veniva certificato che nel 1992 già si sapeva che l'acqua di questi pozzi era inquinata. Mi domando perché non si sia intervenuti, visto che quei pozzi sono poi stati chiusi nel 2007.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Per quanto riguarda le palancolature, noi non sappiamo niente sulle ditte che hanno lavorato. È una questione che ci è completamente estranea. Per quanto riguarda la validità dell'intervento, l'Agenzia ritiene che esso non abbia alcuna validità – del resto, anche la regione si è espressa in questo senso ripetutamente – perché non isola il fiume e perché la discarica risulta essere, dai dati e dagli atti, in una buona misura in ammollo. L'acqua del fiume permea dentro la discarica e poi in parte finisce sotto falda, ragion per cui l'inquinamento viene restituito molto più giù, e, in parte minore, per un tratto contamina il fiume.
  Per quanto riguarda il tema del mercurio, va chiarito che il mercurio di cui si Pag. 62parla è lì da circa cento anni. La produzione di cloro-soda, ottenuta dalla scissione del sale marino, è stata fatta storicamente con celle a catodo di mercurio, una tecnologia che – si diceva – doveva essere abbandonata fin dagli anni Settanta e che, invece, si è continuato, come ha scritto anche Casson nei suoi libri, a tenere senza ristrutturare, come per esempio a Marghera. Negli anni Settanta si è scoperto, infatti, che si può fare a meno del mercurio e lavorare la stessa produzione con membrane osmotiche che non emettono questo particolare inquinante. Va chiarito che la polemica sul mercurio scoppia, paradossalmente, quando il mercurio stava finendo, perché quella produzione è cessata nel 2007 (a settembre mi pare di ricordare, ma potrei essere impreciso). Poi ci sono state la bonifica dei luoghi e la fine di quella produzione. Oggi il mercurio si trova in tracce minime e talvolta è assente completamente nelle acque dopo cento anni, mentre lo si trova nei sedimenti più vecchi e nelle zone di deposito, dove storicamente si è accumulato.
  Faccio presente che in epoche passate si racconta di gente che aveva come fonte secondaria di reddito la raccolta del mercurio con un mestolo nelle pozze lungo il fiume. Uno ci è morto. Poi questo mercurio veniva rivenduto a Roma. È esistito, quindi, un periodo antico in cui non si conosceva la tossicità di questo metallo, che veniva messo tranquillamente nelle vernici come antimuffa, nelle vernici murali e nel MOM antipidocchi sulla testa dei bambini. C’è stato, dunque, un periodo in cui non sapevamo niente e un periodo in cui si è scoperta l'enorme tossicità del mercurio.
  Faccio presente che con la legge Merli, la n. 319 del 1976, si poneva un limite alla concentrazione del mercurio. Montedison aveva uno scarico di 1.500 litri al secondo. Anche se fosse stata dentro i limiti, il quantitativo totale dei litri e, quindi, di mercurio alla fine si sarebbe assommata a tonnellate/anno.
  Questo mercurio poi è stato trovato dall'Istituto zooprofilattico nei pesci. Oggi stiamo assistendo alla fine del mercurio nel fiume Pescara, proprio all'ultima coda. È tra i parametri che noi andiamo a ricercare. La caratterizzazione, invece, c’è stata sui sedimenti del porto di Pescara, che è oggetto di dragaggio. Sono stati analizzati pressoché annualmente. Almeno nella mia memoria storica c’è una presenza antica di mercurio che via via è quasi finita, perché i sedimenti nuovi sono fanghi «freschi», recenti, che non contengono più questo particolare metallo.

  STEFANO VIGNAROLI. Non può essere che sia andato via perché si è depositato in queste esondazioni e si è diluito nei terreni limitrofi ? Per questo motivo chiedo se siano stati controllati i terreni lungo tutto il tragitto.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Con riguardo a questo, la terza risposta è no: non abbiamo controllato le aree di esondazione, ma sicuramente le abbiamo controllate in parte laddove ricadono dentro il SIN. Abbiamo fatto i carotaggi come SIN e sicuramente continueremo a controllarle. Per quanto riguarda la perizia del 1992, non è una perizia rivolta a Montedison. Esiste un certificato di analisi – oggi si chiama rapporto di prova – che nel 1992 diceva, credo alla Cassa per il Mezzogiorno che stava realizzando gli otto pozzi in località Sant'Angelo, che c'era la presenza di solventi clorurati. Poiché questa non era un'analisi di controllo, ma un'analisi per privati, noi non abbiamo saputo in quale pozzo il campione sia stato preso, dove e come. Era un campione in cui è stato detto che ci fossero solventi clorurati. Non c'era neanche l'Agenzia: parliamo del 1992.

  PRESIDENTE. Gli auditi hanno fatto spesso riferimento al fatto che queste fossero attività autorizzate per quelle che erano le autorizzazioni del tempo. Più che di attività autorizzate hanno parlato di grado di conoscenza, facendo riferimento ad alcune analisi dei laboratori di igiene e profilassi, soprattutto, se non ricordo Pag. 63male, riguardo alla questione del percolato delle discariche. In quegli anni – lei è un po’ una memoria storica – io non credo che le analisi dei percolati delle discariche fossero particolarmente raffinate. Mi riferisco a quelle che si facevano nel 1973-74-75.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Presidente, è esattamente così. Grazie per aver posto il tema. Se non consideriamo la straordinaria e strabiliante evoluzione che c’è stata nel campo della strumentazione analitica, molte cose non le capiamo. Prima per avere un'analisi di pesticidi occorrevano giorni e lo specialista lavorava sull'unico gascromatografo di tutta la regione. Chiaramente l'attenzione era rivolta all'insalata e ai cibi piuttosto che all'ambiente generale.
  Faccio presente che, quando noi eravamo laboratori di igiene e profilassi, non c'era alcuna legge che ci diceva di andare a controllare i fiumi e che, se noi l'avessimo fatto, molti da parte politica ci avrebbero detto che stavamo spendendo denaro pubblico andando a spasso lungo i corsi d'acqua. Ciononostante, a Pescara questo si faceva, ma si faceva per piombo e mercurio, due contaminanti che vengono tutti e due dall'area. C’è stata, infatti, la produzione di piombo tetraetile dalla SIAC (Società Italiana Additivi Carburanti). Del mercurio ho già detto. L'analisi dei fiumi non si faceva sicuramente per i pesticidi e per tante altre cose. Oggi abbiamo avuto un'imponente evoluzione nel campo analitico. Il gas-massa è normale in un laboratorio, mentre prima era un sogno. Abbiamo, però, poco personale e, quindi, il fattore limitante è questo. Noi lavoriamo allo stremo delle forze. La produzione è aumentata e anche la produttività, ma rispetto al fabbisogno ci vorrebbe di più.

  MARIO AMICONE, direttore generale dell'ARTA Abruzzo. Non ci potete aiutare !

  PRESIDENTE. No, non è vero. Qualcosa possiamo fare: ci stiamo provando. Adesso stiamo lavorando su questa legge nazionale, che sicuramente non vi fornirà molte risorse ma, se non altro, non ve ne porterà via. Almeno si stabilisce che quelle che rimangono sono e restano quelle. Dopodiché, si dovrebbe lavorare più in sinergia, ma questo è argomento di altra discussione, che al Senato è presente.

  STEFANO VIGNAROLI. Ho una domanda. Vi risulta che, allo stato attuale, tuttora, le discariche 2A e 2B non siano recintate e che fino a due anni fa i cittadini ci andassero a prendere la cicoria ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Della cicoria non so nulla, francamente.

  STEFANO VIGNAROLI. Attualmente ci si può tranquillamente passeggiare e andare dentro. Non c’è neanche una protezione o una recinzione.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Credo che, invece, sia indicato il sequestro. Quella discarica è stata bisequestrata ! È stata sequestrata una volta dalla procura e poi c’è stato un provvedimento di risequestro. Adesso io non mi ricordo lo stato della recinzione ma, sicuramente, essendo sotto sequestro, ci saranno state delle indicazioni, dei cartelli di «Area sotto sequestro». Posso dire che nell'ultima Conferenza di servizi è stato presentato un piano per la rimozione totale delle due discariche 2A e 2B. Esso dovrebbe essere operato con una piazzola in cui, a piccole aliquote, si prenderebbe il materiale lì presente. Una volta analizzato, a seconda della qualità chimico-fisica, esso avrebbe lo smaltimento o la destinazione più economici, più vantaggiosi, fino a riportare a una sorta di green field, ossia di campo verde, la zona, arrivando all'incontaminato. Questo è un progetto che è stato esposto e che dovrebbe essere condotto Pag. 64con 46-47 milioni dei 50 che la legge per il terremoto a L'Aquila ha destinato per lo sviluppo economico delle popolazioni terremotate. È un progetto presentato dai tecnici del commissario. Non so come la pensi Solvay in merito, perché, da una parte, Solvay ha l'obbligo di fare un capping di copertura. Dall'altra, invece, c’è un progetto di rimozione di queste discariche. Non so come andrà a finire, ma sicuramente ci sono due iniziative non molto coerenti tra loro.

  STEFANO VIGNAROLI. Questi soldi erano destinati alla deindustrializzazione ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Alla bonifica e alla reindustrializzazione.

  STEFANO VIGNAROLI. Quindi, su queste discariche 2A e 2B che programma di reindustrializzazione c’è ? Vi è un pannello fotovoltaico ? I soldi destinati, se non ricordo bene, erano proprio destinati alla reindustrializzazione. Com’è, invece, la situazione dei terreni all'interno dell'area industriale ? So che in quest'area, nella mappa gialla, c’è un inquinamento superiore a quello della discarica Tre Monti: com’è la situazione ? Fino a dove si è fatta la caratterizzazione e qual è il progetto di bonifica e di reindustrializzazione ? Vorrei sapere se si tratta solo di stenderci un manto di cemento, per poi andare a metterci delle industrie sopra nuovamente o meno.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Su questo potranno essere molto più precisi il commissario con i suoi tecnici e il Ministero dell'ambiente, a cui il progetto è stato illustrato. Poiché eravamo anche noi in Conferenza di servizi, però, posso dire che risulta che sulla discarica si intende fare quello che ho detto, ossia rimozione e migliore destino, liberando circa 5,5 ettari a monte bonificati. Essendo a monte idrologico, le zone resteranno bonificate, perché da monte arriva acqua pulita. Viceversa, per quanto riguarda la reindustrializzazione, noi non abbiamo alcuna competenza, ad oggi. Essendo di competenza commissariale, il commissario la può fare. Si pensa di mettere una copertura in telo impermeabile, con sopra delle lastre di cemento, mi pare di 10 centimetri o meno, su cui fare una reindustrializzazione leggera, perché queste lastre possano tenere il peso.

  STEFANO VIGNAROLI. Gli inquinanti, se non sbaglio, sono arrivati a 40 metri di profondità.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Anche di più: li hanno trovati anche a 50 metri !

  STEFANO VIGNAROLI. Rimarranno lì, quindi ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Localmente sì, ma c’è una barriera a valle di pompaggio. Non si tratta, quindi, di una bonifica, ma di una misura di prevenzione e di messa in sicurezza (MISE). Ad oggi la bonifica riguarderebbe solo la rimozione delle due discariche. È evidente che il piano di bonifica si può fare solo dopo la caratterizzazione, avendo il modello concettuale della discarica tridimensionale e sapendo anche come andiamo a bonificare. Lo debbo dire: la cosa che colpisce è che qui, fino ad oggi, c’è stata una visione non nazionale della vicenda, ma piuttosto provinciale o addirittura domestica. Per fortuna, con il Ministero dell'ambiente abbiamo avuto l'ISPRA, ma una situazione del genere avrebbe dovuto mobilitare – è un parere personale, che esprimo proprio tra parentesi – tutte le energie migliori dello Stato, quali l'ENEA, l'ISPRA, il CNR, l'Istituto superiore di sanità e le università che si sono occupate di solventi clorurati. Io credo che solo con una coesione del genere, mobilitando il meglio che questo Paese può esprimere in argomento, avremmo potuto affrontare la situazione. Pag. 65Vedo che, invece, si lavora in maniera piuttosto parziale, provinciale. Mi viene in mente questa parola.

  PRESIDENTE. Le devo chiedere una cosa, perché lei è stato nominato dal Commissario delegato Goio. Nell'audizione che abbiamo fatto Goio ha detto che lei, avendolo denunciato, gli ha fatto perdere un mucchio di tempo. Fa riferimento al dottor Damiani e dice che, come privato, in questo caso, lei avrebbe...

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. All'epoca sì.

  PRESIDENTE. Lei avrebbe denunciato il Commissario Goio: ci dice qualcosa in merito ? Se sottolinea che la vicenda fu «all'epoca», non si tratta di una vicenda recente.

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. No, questa vicenda si trascina da un po’ di anni (non ricordo esattamente quanti). Io sono direttore tecnico da due anni.

  PRESIDENTE. È avvenuta prima della sua qualifica di direttore tecnico ?

  GIOVANNI DAMIANI, direttore tecnico dell'ARTA Abruzzo. Sì. Io ho tentato, da cittadino, ma esperto in materia, qualche interlocuzione con il commissario, il quale ha sempre negato che la discarica avesse dentro la falda e che fosse a contatto con il fiume. L'idea era quella di pervenire a una messa in sicurezza effettiva. Rendendomi conto che la bonifica potrebbe richiedere tempi lunghissimi e cifre da capogiro, ho pensato che sarebbe opportuno spendere quel poco che c’è per fare un'ottima compartimentazione, in maniera che l'inquinamento non vada più verso l'ambiente esterno. In questo modo avremmo risolto i problemi.
  Il commissario tirò fuori un progetto di capping, ossia di copertura superficiale. Peraltro, portò il progetto al parere – non all'approvazione, ma al parere, perché lui non ha bisogno di approvazione – della Conferenza di servizi, che pose 18 «prescrizioni» di parere, quasi tutte ignorate. Sapendo qual era la situazione del fiume che entrava in questa discarica e inquinava, essendo arrivati a un tale livello di non comunicazione, io ho sentito che il mio dovere fosse di riferire alla procura che non si stava facendo una MISE effettiva, perché il capping era altamente insufficiente e perché i piezometri nell'intorno dicevano che la falda era molto superficiale. In una data in cui il fiume era andato in piena, anche i piezometri avevano aumentato il livello, il che significava che c'era comunicazione totale tra fiume e sito contaminato. La procura, a L'Aquila, ha nominato un CTU che ha fatto delle interviste. Per lungo tempo è stata negata l'esistenza della falda. È successo, alla fine, che la questione è stata archiviata, sia perché il CTU non ha svolto, a mio giudizio, opportunamente il suo compito, sia perché la motivazione era più o meno che bisognava vedere l'intenzionalità di sbagliare. Pertanto, la questione fu archiviata. So che successivamente fu trasferita al Consiglio d'Europa, non avendo avuto soddisfazione in Italia, sempre e solo al fine di mettere in sicurezza la discarica, mai contro le persone, mai e poi mai. Il Consiglio d'Europa ha spiegato che la questione non era di sua competenza e, quindi, non ha proceduto.
  Tutto questo non ha fatto perdere alcun tempo, perché è stato realizzato il capping. È stato fatto tutto ciò che bisognava fare per realizzare il capping, ma non per compartimentare e isolare questa discarica dalle falde. Quando è stato presentato il progetto di alcune palancole, la regione ha detto di essere in disaccordo assoluto. Io ho visto il progetto e ho ritenuto che non c'entrasse niente. Allo stato attuale, l'aspetto che dispiace, innanzitutto come cittadino, ma ancora di più come direttore tecnico, è che noi abbiamo una discarica che figura come se fosse messa in sicurezza, ma che, in realtà, non lo è. Peraltro, che non lo è Pag. 66non lo dico io, ma lo dice lo stesso commissario, il quale, dopo aver negato per anni che la discarica stesse in ammollo, davanti ai giornalisti di Report, venuti a fare un'intervista, alla domanda: «Esiste la discarica ?» ha risposto: «Sì. È completamente in ammollo. C’è la falda». Ha cambiato, quindi, completamente opinione. Anche i suoi dati relativi al progetto delle palancole portano in allegato i dati dei suoi piezometri, i quali indicano chiaramente che la discarica è in massima parte in ammollo. Lo dice lo stesso commissario, ragion per cui io lo posso ripetere.
  Resta il fatto che dispiacerebbe se questa cosiddetta megadiscarica non fosse effettivamente messa in sicurezza e che passasse legalmente dalle carte come messa in sicurezza, quando, in realtà, poi non lo è.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo e ci scusiamo ancora per avervi fatto aspettare. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.40.