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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 3 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 857  e abb. in materia di accesso dei lavoratori e delle lavoratrici ai trattamenti pensionistici e di riconoscimento a fini previdenziali dei lavori di cura familiare (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Poletti Giuliano , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 4 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 9 
Ciprini Tiziana (M5S)  ... 11 
Polverini Renata (FI-PdL)  ... 12 
Pizzolante Sergio (AP)  ... 13 
Rizzetto Walter (Misto-AL)  ... 14 
Simonetti Roberto (LNA)  ... 15 
Damiano Cesare , Presidente ... 16 
Di Salvo Titti (PD)  ... 16 
Tripiedi Davide (M5S)  ... 17 
Piccolo Giorgio (PD)  ... 17 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 18 
Damiano Cesare , Presidente ... 18 
Poletti Giuliano , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 19 
Damiano Cesare , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 857 e abb. in materia di accesso dei lavoratori e delle lavoratrici ai trattamenti pensionistici e di riconoscimento a fini previdenziali dei lavori di cura familiare.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 857 e abbinate in materia di accesso dei lavoratori e delle lavoratrici ai trattamenti pensionistici e di riconoscimento a fini previdenziali dei lavori di cura familiare.
  Ringraziamo il Ministro Poletti per la sua presenza. Vi comunico il timing dei nostri lavori: alle 16 riprenderanno i lavori dell'Assemblea, per cui alle 15 e 50 circa concluderemo la nostra audizione. Ringrazio anche per la disponibilità di tempo, che ci può consentire di fare una discussione approfondita. Naturalmente tutti dovranno limitarsi, in modo tale che si senta l'opinione di tutti i gruppi.
  Nel ringraziare ancora una volta il ministro per la sua disponibilità, ricordo che si tratta della prima audizione svolta nell'ambito dell'attività istruttoria che abbiamo deliberato, che proseguirà a partire dalla prossima settimana con l'audizione del presidente dell'INPS e di rappresentanti delle parti sociali.
  Ho già ricordato quali sono gli orari. Propongo che dopo la relazione del ministro seguano gli interventi di un rappresentante per gruppo, in modo tale che tutti parlino, possibilmente con delle domande e con degli interventi brevi e circostanziati (vi darò cinque minuti), anche per consentire successivamente ulteriori interventi da parte di tutti i deputati che intenderanno prendere la parola.
  Con l'avvio di queste audizioni, noi abbiamo ripreso la nostra discussione incardinata su numerose proposte di legge, praticamente di tutti i partiti. Il ministro ovviamente è a conoscenza di queste proposte.
  Alcune di queste convergono soprattutto su un punto, che è quello dell'introduzione di un criterio di flessibilità, una sorta di correzione strutturale all'attuale sistema pensionistico. Questa è la questione fondamentale che è oggetto del nostro confronto.
  Al tempo stesso, io credo che siamo tutti interessati – anche nelle proposte di legge ci sono dei risvolti su questo argomento – ad affrontare l'altro grande capitolo, quello degli esodati, che, per quello che mi riguarda, non è assolutamente esaurito, nonostante il fatto che noi abbiamo provveduto nell'arco di tre anni a conquistare unitariamente, partiti di maggioranza Pag. 4e di opposizione, ben sei salvaguardie, per un totale di oltre 170.000 lavoratori, creando un fondo «blindato» di 11,6 miliardi di euro.
  Dal mio punto di vista, si tratta di fare alcune precisazioni. In primo luogo, noi sappiamo che la correzione strutturale del sistema, che si rende necessaria per l'assenza di gradualità della riforma adottata al tempo del Governo Monti, non può essere risolta, ad esempio, pescando risorse e mettendo di nuovo in discussione il sistema di calcolo delle pensioni in essere. A mio avviso, questa sarebbe una strada molto conflittuale, soprattutto a livello sociale. In questo momento, non si tratta di inquietare 14 milioni di pensioni in essere con relative famiglie, data la situazione esistente.
  Allo stesso modo, pur contenendo alcune delle proposte presentate un ricalcolo con una penalizzazione – una di queste proposte prevede il massimo dell'8 per cento in caso di anticipo di quattro anni dell'andata in pensione – non pensiamo che si possa immaginare un ricalcolo sulla base del criterio esclusivamente contributivo, perché ciò costituirebbe una penalizzazione eccessiva, vicina al 30 per cento.
  Inoltre, ribadiamo il fatto che il fondo a disposizione dei lavoratori esodati ha al suo interno anche un meccanismo di compensazione. Per essere più chiaro, nel caso in cui le platee che abbiamo considerato fin qui fossero state, come capita in talune occasioni, sovrastimate, vale a dire quantificate con un numero superiore di persone che fruiscono del diritto effettivamente, riteniamo che quei risparmi debbano essere indirizzati a coprire altre platee, sottostimate o non ancora comprese.
  Peraltro, noi pensiamo che, anche a seguito di imprecisioni e restrizioni di scrittura, ci siano alcuni temi da approfondire, che sicuramente il ministro conosce e su cui ci darà qualche indicazione. Mi riferisco ai lavoratori dell'edilizia in mobilità; ai lavoratori di aziende fallite, che non sono ricompresi nelle salvaguardie a causa della mancanza di un accordo sottoscritto; agli accordi di carattere territoriale, non ricompresi nelle salvaguardie perché non rientrano in accordi sottoscritti in sede ministeriale; nonché all'annosa questione dell'interpretazione restrittiva da parte dell'INPS della cosiddetta «Opzione donna» istituita dal Ministro Maroni, che consente alle lavoratrici di 57 anni con 35 anni di contributi di andare in pensione, con il ricalcolo tutto contributivo.
  Si tratta di platee relativamente ridotte di lavoratrici e di lavoratori, per le quali si potrebbero trovare soluzioni, anche utilizzando in via compensativa le risorse risparmiate nell'ambito di questo fondo, non avendo bisogno di nuove dotazioni di carattere finanziario.
  Noi sappiamo che la materia è assolutamente complessa e delicata. Nessuno vuole fare propaganda. Noi siamo sempre e comunque interessati al massimo dell'unità nella Commissione e al massimo della convergenza, per ottenere dei risultati.
  Alcuni risultati relativamente al tema degli esodati si possono ottenere a breve per le platee piccole, come ho detto. Noi pensiamo che, più a lungo termine, nella prossima legge di stabilità, se il Governo lo vorrà, si potrebbero trovare, in un confronto con il Parlamento e con le parti sociali, le soluzioni più idonee per affrontare il famoso tema della flessibilità e della gradualità del sistema pensionistico.
  Naturalmente il ministro è perfettamente a conoscenza di tutte le proposte in quanto abbiamo fornito tutti i materiali.
  Do, quindi, la parola al Ministro Poletti per lo svolgimento della sua relazione

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Buongiorno a tutti. Naturalmente io cercherò di inquadrare in termini generali la valutazione e l'impianto che il Governo sta cercando di costruire intorno al tema della previdenza, anche perché credo che i progetti di legge, così come sono stati presentati, possano essere raggruppati per alcuni argomenti fondamentali, rispetto ai quali possiamo fare una riflessione generale.Pag. 5
  In seguito, naturalmente possiamo anche fare valutazioni più puntuali, ma in questo caso credo che sia utile avere un'idea di insieme su quello che stiamo immaginando di fare ai fini della valutazione del percorso legislativo delle proposte all'esame della Commissione lavoro.
  Il primo tema generale che credo vada affrontato è la modalità di discussione intorno a questo argomento. La previdenza è un tema particolarmente delicato, perché riguarda una quantità importante di persone. Stiamo parlando di cittadini che già oggi sono in pensione, ma anche di tutti gli altri cittadini che hanno un'aspettativa. Pertanto, io credo che sia necessario essere molto misurati, per non provocare allarmi o aspettative ingiustificati. Infatti, avere un quadro di certezza rispetto al proprio futuro è una delle condizioni che rende la società più coesa e più in grado di prendere delle decisioni rispetto al futuro stesso.
  In questo senso, io credo che vada sottolineato il lavoro che oggi è stato avviato a livello previdenziale dall'INPS rispetto alla cosiddetta «busta arancione» e, in termini generali, rispetto al fatto che ogni cittadino sia messo nella condizione di valutare, con i necessari elementi di certezza e di cautela.
  Infatti, in questo caso stiamo parlando di cittadini che possono fare proiezioni molto avanti nel tempo e, quindi, l'esito è largamente influenzato da dinamiche legate al PIL. Queste sono le variabili che oggi vengono utilizzate nelle previsioni elaborate all'interno della contabilità pubblica, da un lato, e dai grandi organismi internazionali di previsione, dall'altro.
  Che cosa capiterà nel tempo è certamente un elemento importante, ma io credo che sia sicuramente un bene che ognuno sia in grado di farsi un'opinione. Ritengo, infatti, che una buona conoscenza dal punto di vista previdenziale sia un elemento di trasparenza, da un lato, e di libertà, dall'altro, perché consente a ogni cittadino di fare una valutazione.
  È un'esperienza non semplice, che è in corso. Io credo che vada monitorata con molta attenzione e vada eventualmente ritirata, se dovesse mostrare degli elementi di problematicità. Comunque, in termini di scelta, io credo che avere una buona cultura previdenziale sia un modo giusto per affrontare il proprio futuro. Credo che questo sia un tema che vada messo alla base della nostra riflessione.
  Occorre molta misura, ma ciò non vuol dire non informare i cittadini e non avere un sistema trasparente, bensì non fare ipotesi prive di fondamento, a fronte di cittadini che hanno consapevolezza di qual è il contesto nel quale si stanno muovendo e nel quale potranno muoversi.
  Detto questo, passo al secondo tema. Il lavoro che il Governo vuole fare è evidente, perché c’è stata una dichiarazione molto chiara in questo senso del Presidente del Consiglio, che è stata ribadita anche dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal sottoscritto. Oggi c’è una convinzione sulla necessità di riconsiderare le normative in materia previdenziale attualmente in essere nel nostro Paese.
  Io credo che questo sia un tema che vada affrontato con riferimento a due elementi essenziali. Un primo elemento è riferibile al fatto che la normativa, quando è stata costruita, ha realizzato un blocco molto rigido, senza possibilità di costruire percorsi in qualche misura «alternativi» o, comunque, delle opzioni. Abbiamo uno schema rigido e assoluto, che non è in nessun modo adattabile a condizioni diverse.
  Io credo che questo non sia un modo adeguato di affrontare questo tema. Pertanto, abbiamo bisogno di aprire una riflessione su quello che abbiamo definito come il tema della «flessibilità».
  Teniamo conto che questa questione naturalmente incrocia in maniera molto chiara il tema dell'occupazione giovanile e quello del rinnovamento dell'investimento in conoscenza delle imprese. Infatti, è chiaro che anche gli investimenti in conoscenza delle imprese hanno bisogno di essere incardinati su competenze, su attitudini e su percorsi formativi che sono per lo più incarnati da persone più giovani.
  Peraltro, io credo che ogni comunità, per essere armonica, dovrebbe prevedere Pag. 6la presenza di tutte le generazioni. Ritengo che avere delle imprese, che sono delle comunità, a cui manca una parte importante, che è quella delle giovani generazioni, non sia né efficiente né efficace, aldilà del fatto che sia socialmente dannoso.
  Di conseguenza, dobbiamo affrontare questo tema da questo doppio punto di vista, tenendo conto che su questo versante abbiamo anche una problematica che ci viene rappresentata dalle stesse imprese. Queste ultime dichiarano una disponibilità, che va gestita, a promuovere percorsi di «staffetta generazionale», ossia a concordare la possibilità di sostituire una parte delle persone che maturano requisiti pensionistici con l'assunzione di giovani. Anche questo è un tema importante.
  Faccio un'ultima considerazione, riferita a un'esperienza che io credo vada riconsiderata molto seriamente, quella dei cosiddetti lavori socialmente utili.
  Noi veniamo da una storia, in forza della quale abbiamo utilizzato lo strumento dei lavori socialmente utili per i giovani. Io credo che questo sia un impianto sbagliato. I giovani debbono avere l'opportunità di avere un lavoro e una prospettiva, di maturare delle competenze e delle capacità e di essere inseriti in percorsi con un futuro.
  Abbiamo l'esigenza e la possibilità di costruire percorsi di uscita graduale dal mondo lavorativo, con momenti diversi e non secondo la logica secca attuale, per cui fino al 30 dicembre si lavora 38 ore e dal 1o gennaio si è in pensione. Credo che dobbiamo costruire qualcosa di più flessibile, più adatto e più corrispondente al nostro modo di vivere e di essere.
  Probabilmente, se dobbiamo immaginare delle forme di lavori socialmente utili, queste andrebbero usate più sul versante dell'invecchiamento attivo e dei percorsi di uscita dal mondo del lavoro, piuttosto che su quello dei percorsi di entrata. Io ritengo che nei percorsi d'entrata dobbiamo lavorare per avere delle opportunità di lavoro.
  Peraltro, in non rari casi, l'utilizzo dei lavori socialmente utili ha determinato un problema previdenziale. Infatti, molte di queste fattispecie sono prive di coperture previdenziali, per cui alla fine abbiamo persone che rimangono dipendenti da un sussidio o da un trattamento economicamente limitato e, ancor peggio, senza alcun tipo di copertura previdenziale. Credo che questo sia un danno ulteriore. Penso che questa sia una prospettiva che vada, per quanto possibile, rovesciata.
  Venendo al tema oggetto dell'audizione, noi abbiamo assunto l'orientamento di affrontarne la discussione in sede di legge di stabilità.
  In generale – in seguito parleremo di alcune questioni specifiche – con riferimento ai testi delle proposte di legge che sono stati depositati e presentati, credo che dobbiamo tentare di avere un approccio per quanto possibile organico a questo tema.
  Da una parte, abbiamo proposte di legge che si riferiscono al tema della flessibilità, per esempio quella sulla «quota 100» o altre simili, e, dall'altra, abbiamo proposte che riguardano i benefici per le lavoratrici madri o che fanno riferimento ai benefici per l'assistenza dei familiari di disabili gravi.
  Abbiamo una serie di situazioni che dobbiamo trovare il modo di comporre all'interno di una visione sufficientemente organica, anche perché la storia del nostro sistema previdenziale non è esattamente questa, ma è la storia di un sistema previdenziale che, essendo stato costruito per parti, ha prodotto anche alcuni elementi di iniquità, di scarsa efficacia o scarsa efficienza.
  Pertanto, abbiamo bisogno non di aggiungere ulteriori pezzi a un edificio, ma di provare a intervenire senza provocare sconvolgimenti e rivoluzioni. Come dicevo prima, credo che il tema previdenziale vada affrontato con molta misura, ma, nel momento in cui si interviene, bisogna cercare di raggiungere, attraverso l'intervento, più di un obiettivo. Se affrontiamo il tema partendo dall'idea della flessibilità, poi dobbiamo anche chiederci come alcune Pag. 7specifiche problematiche all'interno di quell'impianto possano trovare una risposta. Diversamente, dovremmo sommare una serie di iniziative che difficilmente riusciremmo a ricondurre a unità.
  Questa è la volontà del Governo. Noi naturalmente terremo nel giusto conto il lavoro parlamentare e quanto è stato predisposto o sarà predisposto nei mesi prossimi in vista di questa discussione, con un obiettivo non semplice da perseguire, che però credo vada esplicitato in partenza.
  La nostra valutazione è che un intervento sul versante previdenziale innanzitutto deve evitare quantomeno di aggiungere elementi di iniquità nel rapporto tra le generazioni. Noi dobbiamo valutare come rendere flessibile l'uscita, ma non possiamo scaricare debito pubblico od oneri previdenziali sulle giovani generazioni, che hanno già un carico di problemi rilevante.
  Infatti, il sistema previdenziale, come sapete, è costruito in modo tale che chi oggi lavora contribuisce al pagamento della pensione di chi è andato in pensione. Anche in prospettiva, questo problema tende a seguire la stessa dinamica, e noi sappiamo che, a causa dei cambiamenti legati all'andamento dell'occupazione e della numerosità delle varie fasce d'età, si possono determinare squilibri da questo punto di vista.
  Per questo, non possiamo adottare soluzioni che, magari, potrebbero dare soddisfazione a chi oggi ha un'aspettativa, ma poi scaricherebbero a valle, su un altro pezzo di società, problemi ulteriori. Pertanto, il primo problema che ci si pone è quello di trovare una soluzione che sia in qualche modo applicabile a tutte le persone che la utilizzeranno.
  Occorre immaginare una soluzione che garantisca un equilibrio efficiente ed efficace rispetto alla durata dell'anticipo dell'accesso al pensionamento. L'uscita si può anticipare di sei mesi, di un anno, di due anni o di tre anni. Quanto è lungo il periodo di possibile anticipo ? Questo naturalmente pesa sull'entità dell'onere che si scaricherebbe sul lavoratore. Pertanto, dobbiamo trovare un mix che non provochi un disincentivo assoluto, ma trovi un punto di equilibrio tra le diverse esigenze coinvolte.
  Rispetto alle modalità, abbiamo visto che le proposte di legge avanzano ipotesi diverse, che vanno giustamente considerate, così come ne vanno considerate altre.
  Io credo che, da questo punto di vista, dobbiamo partire da un presupposto di attenzione e di equità. Infatti, meccanismi lineari possono produrre un meccanismo automatico che «penalizza» proporzionalmente e nella stessa misura tutti, ma oggettivamente colpisce di più in proporzione chi ha un trattamento previdenziale più basso. Dobbiamo evitare che dei meccanismi lineari producano l'esito di colpire in proporzione più pesantemente chi ha un trattamento previdenziale più basso.
  Bisogna trovare dei meccanismi che compensino questi elementi. Questo è il lavoro a cui ci stiamo dedicando in questo momento, cercando di valutare tutti gli effetti. Infatti, un eccesso di onerosità diventa disincentivante; un eccesso di vantaggio provoca una domanda che può diventare esplosiva e, a quel punto, si mette seriamente in discussione l'equilibrio finanziario.
  Dobbiamo trovare un punto di ragionevole equilibrio, anche perché sappiamo che la spesa previdenziale è una componente assolutamente essenziale del monte della spesa del nostro Paese e, quindi, è assoggettata alle verifiche cui i bilanci pubblici e la finanza pubblica sono sottoposti.
  Noi lavoreremo su questo versante, applicando questi princìpi e trovando una modalità che ci consenta di non scaricare sul futuro questo problema e che abbia un punto di equilibrio razionale tra la durata della possibile anticipazione e la sua onerosità.
  C’è poi un problema specifico che dovremo esaminare, che non è molto semplice da affrontare, perché riguarda una caratteristica generale del nostro Paese, in forza della quale non raramente abbiamo mescolato politiche e interventi di tipo previdenziale con politiche e provvedimenti di tipo assistenziale.Pag. 8
  Questo è un elemento che avrebbe bisogno di essere, almeno in parte, affrontato e risolto, collocando correttamente queste situazioni.
  Da questo punto di vista, abbiamo uno specifico problema, che riguarda la situazione di quei lavoratori in età avanzata che perdono il posto di lavoro e che con gli ammortizzatori sociali non maturano i requisiti pensionistici.
  La prima risposta sarebbe che siamo di fronte a un classico caso da intervento assistenziale, ovvero a una persona che ha perso il lavoro e che non ha reddito adeguato per vivere decorosamente. Come facciamo a intervenire sul suo reddito ? Per le persone a ridosso della maturazione dei requisiti previdenziali, nel passato abbiamo utilizzato i prepensionamenti, gli «scivoli» e molti altri strumenti di questo tipo.
  Questo è un tema che si propone. Dovremo scegliere se risolverlo sul versante previdenziale, perché la flessibilità che immagineremo ci aiuterà ad affrontare anche questo tipo di problema, oppure con una strumentazione di tipo assistenziale-sociale, proprio perché in quel caso non stiamo parlando di una persona che ha la possibilità di scegliere liberamente.
  Come dicevamo prima, vi sono casi in cui in cui c’è una condizione e c’è una regola, e un cittadino valuta liberamente se considera dal proprio punto di vista utile, interessante e conveniente arrivare alla maturazione dei propri requisiti oppure anticiparli alle condizioni date.
  In questo caso, siamo di fronte a una situazione diversa: stiamo parlando di un cittadino che, contro la sua volontà, rimane senza lavoro ed è in una condizione socialmente problematica. Infatti, è difficile immaginare che un lavoratore a 62-63 anni sia agevolmente ricollocabile al lavoro. Sappiamo che abbiamo una fascia di persone che possono incontrare questa difficoltà.
  Peraltro, questo è un tema presente nella discussione europea. La disoccupazione di lunga durata e delle persone over 50-55 anni sono tra i temi più presenti nella discussione sul versante sociale a livello europeo, perché si tratta di una situazione presente in quasi tutti i Paesi europei. Non è un tema esclusivamente nostro, ma è un tema che fa riferimento alla situazione che dovremo affrontare.
  Per quel che riguarda la nostra volontà di agire in direzione della flessibilizzazione in uscita, abbiamo parlato del tema della «staffetta generazionale». Occorre provare a costruire un meccanismo che sia efficace, trovando la modalità attraverso la quale l'impresa possa partecipare alla promozione di questo tipo di situazione, in equilibrio con l'interesse collettivo. L'impresa può avere un interesse legittimo. Bisogna vedere come l'interesse legittimo dell'impresa coincide con l'interesse generale della collettività a procedere con quell'operazione. Io credo che dovremo affrontare questo tema.
  Detto questo sul piano generale e rispetto alle tematiche previste nei provvedimenti in discussione, sappiamo che abbiamo alcune altre specifiche situazioni. Io le cito rapidamente. In seguito, magari, nel dibattito, torneremo su queste questioni.
  Il presidente citava la vicenda degli esodati. Siamo di fronte a una situazione che, per quanto mi riguarda, posso sintetizzare in questa affermazione: io credo che noi dobbiamo conservare l'impegno di mantenere la destinazione delle risorse che sono state appostate per affrontare questo tema e dobbiamo fare un lavoro di ricognizione puntuale e attenta dell'utilizzazione di queste risorse, per verificare la possibilità di reimpiegarle puntualmente per altre eventuali situazioni.
  Questo è un impegno e una richiesta che noi abbiamo già espresso all'INPS, per verificare l'utilizzazione effettiva delle salvaguardie finora approvate.
  Riconfermato che la destinazione di queste risorse a questo scopo va mantenuta, io credo che, all'interno di questa condizione, sia giusto affrontare una riflessione che ci consenta di decidere come risolvere i problemi che sono ancora aperti.
  Insieme a questo, abbiamo un altro punto, che riguarda i lavori usuranti. Da Pag. 9questo punto di vista, credo si proponga un problema analogo. Ritengo vada fatta una verifica per evidenziare puntualmente se le risorse che sono state appostate a copertura degli oneri relativi ai lavori usuranti siano pienamente utilizzate oppure, se non pienamente utilizzate, consentano di riconsiderare le categorie o le situazioni. Anche su questo avevamo una destinazione puntuale. Dovremo verificare se le risorse destinata a quella finalità puntuale sono state pienamente utilizzate o se abbiamo margini per riconsiderare questa situazione.
  L'ultima questione che vorrei citare è la vicenda di «Opzione donna». A questo proposito, c’è un punto ancora non risolto: abbiamo il tema della «finestra mobile» e dell'interpretazione della norma. C’è una discussione aperta, che prosegue, nel senso che il Ministero del lavoro, insieme all'INPS e al Ministero dell'economia, continuano a discutere di questo tema, perché c’è un'interpretazione di una norma che oggi ci vede su opinioni e posizioni ancora non condivise. Fino a che non matureremo una posizione condivisa, noi manterremo questa situazione di incertezza.
  Il tema è posto ed evidenziato, ma a oggi non ha ancora sortito un'intesa che ci consenta di dire che il problema è risolto. Comunque, l'abbiamo assolutamente presente e continuiamo a lavorare per produrre una soluzione positiva.
  Questo è quanto io credo possa essere rappresentato, a seguito della valutazione delle proposte di legge che sono state depositate e sono all'attenzione della Commissione. Naturalmente, la discussione ci può consentire di approfondire temi specifici o valutazioni di merito rispetto a questi argomenti.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro. Sono già iscritti sei onorevoli di sei gruppi. Procedo come ho detto all'inizio: avete a disposizione cinque-sette minuti, se vogliamo poi avere la replica del ministro.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIALUISA GNECCHI. Cercherò di stare nei sette minuti, altrimenti mi verrà tolta la parola. Ovviamente ringraziamo il ministro per l'audizione.
  Chiariamo subito che noi conosciamo benissimo tutte le proposte di legge di tutti i gruppi, ed è compito normale della Commissione arrivare a un testo unificato delle proposte che sono esaminate in Commissione. Questo è il nostro compito istituzionale in Commissione, quindi questo faremo. In seguito, ovviamente penseremo a discutere con lei i testi ai quali arriveremo, perché questa è la funzione dei comitati ristretti e della Commissione.
  Noi sappiamo perfettamente che questo Governo non è responsabile della situazione previdenziale di cui si parla, quindi apprezziamo molto che il ministro valuti la «manovra Fornero» come un blocco rigido e privo di flessibilità, perché è quello che anche noi pensiamo.
  Infatti, si è trattato di risparmi sul sistema previdenziale andati a copertura del deficit pubblico. Pertanto, non era una riforma previdenziale. Si è trattato solo ed esclusivamente – non a caso si è chiamata «Salva Italia» – di una misura per salvare l'Italia, non le pensioni. Questa misura ha massacrato le pensioni, per salvare l'Italia.
  È evidente che da questo punto di vista noi adesso ci aspettiamo di poter lavorare in positivo sulle pensioni. Molti di noi sono stati eletti in questa legislatura pensando a una riforma vera delle pensioni – alcune delle cose che lei ha detto sono le stesse che pensiamo noi – invece, purtroppo, siamo ancora impegnati nella riduzione del danno.
  Anche il decreto-legge n. 65 del 2015, che dobbiamo convertire in legge entro 60 giorni, è la dimostrazione di quante iniziative e cose sbagliate ci fossero in quella manovra, probabilmente dettate dall'urgenza di salvare l'Italia.
  Una cosa positiva sul lungo termine del decreto n. 65, al di là della restituzione dei soldi, è la previsione che, in presenza di un PIL negativo, la rivalutazione del montante contributivo sia come minimo pari a 1. Questa è una cosa positiva per il futuro delle pensioni e anche per i giovani.Pag. 10
  Dunque, una cosa positiva c’è, però anche questa è solo «un'anticipazione», nel senso che è previsto che sia possibile recuperarla su futuri miglioramenti.
  Rispetto alle pensioni dei giovani – noi abbiamo una proposta anche su questo – noi vorremmo che fosse chiaro che non vogliamo in nessuna maniera alimentare lo scontro generazionale. Noi vogliamo ridurre il danno della «manovra Fornero», ma vogliamo che sia chiaro che non si deve alimentare lo scontro generazionale, come invece abbiamo visto che accade in questo periodo.
  Lei ha chiuso parlando dell’«Opzione donna». L’«Opzione donna» è una delle tante attuali situazioni a rischio. Infatti, per l’«Opzione donna» è stata già presentata una class action e il 7 ottobre ci sarà la prima udienza. Vogliamo aspettare anche su questo, come per il decreto-legge n. 65 del 2015, che i giudici dicano che la legge va rispettata ?
  Visto che lei ci ha detto che l'INPS e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono d'accordo, noi ci auguriamo che si riesca a far capire alla Ragioneria generale dello Stato che la legge prevedeva la maturazione del requisito entro il 31 dicembre 2015; la «finestra mobile» e l'aspettativa di vita, come per tutte le altre pensioni, si considerano dopo la maturazione del requisito.
  Noi pretendiamo anche che non siano necessarie risorse per confermare la legge, ma solo la correzione delle circolari n. 35 e 37 del 2012 dell'INPS.
  Oltretutto, si fa tanto parlare del sistema contributivo equo per tutti. Se quel sistema contributivo è equo per tutti, mettiamolo in pratica almeno per coloro per le quali la maturazione del requisito era prevista al 31 dicembre 2015.
  Abbiamo poi il problema delle salvaguardie. Noi ci teniamo a sottolineare, come ha detto già il presidente, che siamo assolutamente convinti che i lavoratori da salvaguardare non siano esauriti. Vogliamo assolutamente correggere le contraddizioni che ci sono nelle salvaguardie. Il presidente le ha già citate: i lavoratori edili, quelli che hanno perso il lavoro per il fallimento di aziende e tutte quelle persone che non sono incluse nei provvedimenti di salvaguardia solo per cavilli formali.
  È evidente che noi abbiamo bisogno – e lo chiediamo anche a lei, ministro – di dati certi e della quantificazione dei risparmi. Sottolineiamo che il comma 235 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 è stato tanto utile. Le risorse sono destinate a quello scopo e vogliamo che vengano utilizzate per quello scopo.
  Per esempio, le chiediamo di verificare quanti siano i lavoratori della scuola in attesa della salvaguardia per l'assistenza ai disabili. Visto che il primo settembre è vicino, si potrebbe cercare di attuare i «vasi comunicanti», perché essi possano andare in pensione e, quindi, facilitare la vita di tutti.
  Per il resto, sono tutte persone che hanno raggiunto sicuramente quota 100, 103, 104 o 105. Infatti, se avessero avuto quota 96 nel 2012, sarebbero già in pensione. È chiaro anche questo.
  Diciamo anche che c’è un problema reale riguardante l'età della pensione di vecchiaia delle donne.
  In questa Commissione, l'8 gennaio scorso, ci è stato risposto che si sarebbe lavorato per capire e dimostrare che non tutti i lavori sono uguali rispetto all'aspettativa di vita. Siamo arrivati al 3 giugno e dall'8 gennaio c'era l'impegno di tutti a lavorare su questo. Il primo gennaio 2016 scattano altri quattro mesi di incremento dell'età pensionabile in relazione all'andamento dell'aspettativa di vita.
  Questa è una richiesta immediata che facciamo, oltre a tutte le cose che vogliamo sistemare.
  Abbiamo poi alcune situazioni che sarebbero da correggere, come le ricongiunzioni onerose per tutti, una questione sulla quale tutta la Commissione lavoro della Camera e tutta la Commissione lavoro del Senato sono assolutamente d'accordo. Questo è uno dei tanti errori da correggere. Siamo assolutamente disponibili a tavoli tecnici e ad approfondimenti di ogni genere per poterli correggere.Pag. 11
  Lei ci pone il problema di evitare di aggiungere iniquità. Noi siamo certi che le nostre proposte non aggiungano iniquità, perché ovviamente abbiamo tenuto conto e vogliamo tener conto soprattutto dei giovani. È chiaro che, facendo andare in pensione un po’ di «diversamente giovani», di meno giovani o di anzianotti, diamo lavoro ai giovani. Dando un lavoro ai giovani, quindi una retribuzione regolare e una contribuzione regolare, facciamo già un grande passo in avanti anche per le pensioni per i giovani.

  TIZIANA CIPRINI. Ministro, secondo il Ministro dell'economia Padoan, i veri diritti acquisiti sono quelli basati sul sistema contributivo, ma noi ci stiamo domandando se il metodo puramente contributivo, stando così le cose, sia realmente costituzionale. Un sistema come quello contributivo – sarebbe meglio chiamarlo «assicurativo» – non garantirà in futuro una pensione dignitosa e porterà a pensioni da fame.
  Questo è proprio il problema di cui abbiamo parlato, cioè il problema delle nuove generazioni di precari, con carriere frammentate, che versano pochissimi contributi e avranno pensioni bassissime. Con il Jobs Act, purtroppo, sarà sempre peggio. Il problema riguarda anche tanti lavoratori autonomi, con le diverse casse previdenziali di appartenenza.
  In pratica, il sistema contributivo puro sembra essere una bomba a orologeria. Diverse sentenze della Corte costituzionale hanno ribadito con chiarezza che la pensione è una retribuzione differita. La suprema Corte ha invitato più volte il Governo e il Parlamento a introdurre un adeguato meccanismo che agganci le pensioni al reale mutamento del costo della vita. Inoltre, la Corte ha stabilito che la pensione deve essere idonea ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
  Mentre col metodo retributivo tutti sapevano a quanto sarebbe ammontata la loro pensione, con il sistema contributivo nessuno sarà capace di calcolare la propria pensione. La pensione, cioè, perde la sua natura pubblica e diventa legata all'economia e all'aleatorietà dei mercati.
  Emergerebbero, allora, alcuni punti nevralgici. Mancando i lavoratori con posto di lavoro stabile e continuativo e con buoni stipendi, come era un tempo, vengono meno alla previdenza pubblica i veri finanziatori di tutto il sistema, che così non può reggere.
  Inoltre, sembra che si voglia puntare a privatizzare la previdenza pubblica, con precise strategie messe in atto dai governi sin dal 1992. Si stanno portando spontaneamente i lavoratori verso la previdenza complementare, che allo stato è in mano ai privati (banche, assicurazioni e sindacati).
  Anche la ricordata operazione della «busta arancione» del presidente dell'INPS, Boeri, serve proprio a fare conoscere ai lavoratori la loro futura misera pensione, per spingerli ad aderire ai fondi pensione, la cui gestione allo stato è opaca e non trasparente. Praticamente, si sta giocando in borsa con la pensione degli italiani.
  Ecco allora che la questione pensioni non è più solo una questione riguardante i vecchi, ma coinvolge e travolge anche i giovani. Pertanto, non è assolutamente corretto parlare di conflitto generazionale.
  Quando presenterete la riforma dell'impianto pensionistico, come Governo, ritenete opportuno incontrarvi con noi della Commissione lavoro per confrontarci sul testo ?
  Per quanto riguarda i lavori usuranti, è nella volontà del Governo dare la possibilità anche agli edili di far parte di questa categoria ? In caso, ci potrebbe fornire i dati dei risparmi riguardanti la categoria dei lavoratori usuranti ?
  Facciamo un appello come Movimento 5 Stelle. Abbiamo molte competenze interne in questa Commissione. Mi riferisco, ad esempio, alla collega Gnecchi e allo stesso presidente Damiano. Pertanto, sarebbe opportuno che il ministro ci venisse ad ascoltare di più, facendoci visita più spesso in Commissione lavoro.
  Concludo con altre due domande. Dopo la sentenza della Corte, quante possibilità Pag. 12si hanno di approvare le proposte sulla flessibilità, abrogando, quindi, la «riforma Fornero» ?
  Infine, secondo lei, riconoscere un reddito minimo alle persone che non hanno abbastanza contributi per accedere al sistema pensionistico sarebbe una via d'uscita ?

  RENATA POLVERINI. Prima ancora di parlare di alcuni punti di merito, visto il suo intervento, vorrei parlare della modalità, che lei ritiene un elemento interessante quando si affronta un tema delicato come quello delle pensioni. Lei ha usato una frase che assolutamente condivido, dicendo che, in questo tema così delicato, non si devono fare ipotesi prive di fondamento.
  Siccome lei è il Ministro del lavoro e io naturalmente ho stima di lei anche sul piano personale, la pregherei, di qui a quando il problema non sarà affrontato con un provvedimento legislativo, che sia un decreto del Governo o una proposta di legge in Commissione, di invitare i suoi colleghi di Governo e in particolare il presidente dell'INPS a evitare di insistere quotidianamente su un tema così delicato.
  Mentre lei oggi fa un discorso di natura generale, per molti aspetti assolutamente condivisibile, io ho ascoltato quanto detto, non soltanto dal suo collega Ministro dell'economia Padoan, già ricordato dalla collega Ciprini, ma anche dall'ex commissario alla spending review, Cottarelli. Mi dispiace che il tema delle pensioni in qualche modo si abbini a quello della spending review.
  Inoltre, ascolto quasi quotidianamente il presidente dell'INPS che annuncia sue proposte di rivisitazione della legislazione sulla previdenza.
  Io non credo che sia la persona deputata a intervenire su una materia come questa. Semmai, il suo ruolo è quello di assicurare che l'istituto che presiede funzioni e, per esempio, eviti quei tempi lunghissimi per il pagamento della cassa integrazione ai lavoratori.
  Lo dico perché ritengo che il Governo, per le competenze che ha, e il Parlamento siano gli unici organi deputati a intervenire in materia legislativa, a maggior ragione su un tema così importante.
  La mia è una preghiera, perché la penso come lei: non è possibile allarmare ogni giorno le persone. Penso che un Paese civile non si possa permettere di fare immaginare ai pensionati in essere che, magari, di qui a breve il loro reddito, che già è diminuito rispetto allo stipendio, possa diminuire ancora. Immagino che, anche quando guardiamo ai giovani, dobbiamo farlo con senso di responsabilità e, quindi, orientarli e anche educarli a costruire un bagaglio previdenziale che possa garantire dei livelli di vita adeguati. Questa è la questione sulla quale le rivolgo veramente una preghiera.
  Le vorrei porre poche domande. Noi siamo già molto avanti rispetto all'elaborazione di una proposta comune di questa Commissione. Come è stato detto, abbiamo diverse proposte di legge, che in qualche modo inseriscono elementi di flessibilità in uscita alla «riforma Fornero».
  L'ultima forza politica a sposare la proposta del presidente Damiano è stata la Lega, che ormai di fatto ogni giorno dice di essere disponibile a votare quel provvedimento. Noi lo abbiamo già fatto da diverso tempo.
  Le chiedo se, per esempio, quell'ipotesi può essere presa in considerazione dal Governo. Io non credo che possa esser un'ipotesi per noi sostenibile e condivisibile quella di una penalizzazione del 25-30 per cento.
  Questa è una domanda che io le pongo, perché noi stiamo lavorando e il suo conforto ci darebbe la possibilità di andare avanti in maniera più serena.
  Ho inteso le sue parole, ma vorrei ascoltare una maggior determinazione quando si dice che in questo momento non c’è un'ipotesi di ricalcolo delle pensioni in essere. Questa è una cosa molto importante.
  Le vorrei chiedere un'altra cosa. La collega Ciprini parlava della previdenza complementare. Quella è stata una grande riforma delle pensioni, molto meditata. Nella consapevolezza che non c'era più la Pag. 13possibilità di assicurare una vecchiaia serena soltanto con la previdenza pubblica, si è lavorato perché le nuove generazioni potessero affiancare un secondo pilastro a quella previdenza.
  Per fare questo, naturalmente si erano usate risorse pubbliche per una forte campagna di sensibilizzazione. Io la penso come lei: bisogna far capire agli italiani qual è il loro futuro e orientarli rispetto a scelte importanti. Allora avevamo lottato molto per ottenere dal punto di vista fiscale una tassazione che potesse in qualche modo incentivare questo secondo pilastro. Come lei sa, il suo Governo è intervenuto nella direzione opposta.
  Alla luce di quanto è accaduto rispetto all'anticipazione del TFR, che non sembra aver avuto successo tra i lavoratori, perché, tutto sommato, conviene ricorrere alla cessione del quinto di stipendio – lei lo sa come lo so io –, mi domando cosa intende fare e se magari vuole fare una proposta per tornare al punto di partenza.
  Sul resto, naturalmente condivido quanto già è stato detto dalla collega Gnecchi e dal presidente sulla questione degli esodati, su quella dei lavori usuranti e su quella dell’«Opzione donna». Aggiungo anche che abbiamo il problema delle ricongiunzioni onerose, che comunque è sul tavolo e al quale dobbiamo dare una risposta.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor ministro, noi condividiamo la visione generale che lei ci ha proposto sul tema delle pensioni. Pensiamo che lei abbia ragione sulla «riforma Fornero», che noi abbiamo dovuto approvare. Molti di noi qua dentro l'hanno votata, me compreso, perché in quel momento sembrava l'unica possibilità che avevamo per affrontare una situazione drammatica del Paese.
  Tuttavia, come succede spesso in Italia, si passa da un eccesso all'altro: dall'essere uno dei Paesi con l'età pensionabile fra le più basse d'Europa, si è passati a essere il Paese con l'età pensionabile più alta d'Europa.
  Pertanto, correttamente e giustamente, sono stati presentati dei progetti di legge – anche noi ne abbiamo presentato uno, che credo sarà assegnato alla Commissione oggi – per rompere la rigidità in uscita di cui lei ha parlato, per fare in modo che ci possa essere una via d'uscita flessibile al percorso previdenziale.
  Noi abbiamo presentato anche un'altra proposta, perché, secondo noi, oltre alla previsione di una via d'uscita flessibile – lei ha ragione sul fatto che dobbiamo incrociare le proposte e valutare la disponibilità di risorse, per cercare un punto di equilibrio equo e giusto – è arrivato il momento di fare un'altra operazione, che pensiamo possa essere fatta già nell'ambito di questa riforma. Oltre a prevedere un'uscita flessibile dal lavoro e, quindi, un'uscita flessibile dal percorso previdenziale, occorre provare a fare un'operazione di ricucitura della vita previdenziale delle persone.
  In questi anni noi abbiamo chiesto, giustamente, e continueremo a chiedere che un Paese che vuole essere produttivo e competitivo, anche se incentiva il lavoro stabile e a tempo indeterminato con il Jobs Act, richiede flessibilità ai lavoratori rispetto alla propria attività lavorativa.
  Questa operazione di flessibilità, fondamentale per il Paese, non può che essere accompagnata da regole previdenziali che tengano conto delle tante interruzioni della vita lavorativa delle persone.
  Di conseguenza, noi chiediamo di accompagnare l'operazione di uscita flessibile, trovando i necessari equilibri che lei ha detto, perché naturalmente non bisogna sfasciare la finanza pubblica – e nessuno lo vuole – con la possibilità di ricostruzione della vita previdenziale.
  In questo senso, noi abbiamo presentato una seconda proposta di legge, che favorisce le ricongiunzioni e i versamenti volontari, ma nello stesso tempo favorisce anche la previdenza complementare. Infatti, nel momento in cui noi diciamo che si può andare in pensione prima con una riduzione del trattamento pensionistico, nulla vieta che si possa favorire la previdenza complementare, perché sappiamo Pag. 14che le nuove generazioni arriveranno ad avere una pensione molto al di sotto della propria capacità retributiva.
  Occorre vedere se, tutti insieme oppure all'interno di un percorso condiviso e ragionato, si riescono a ottenere tutte queste cose.
  Io sono perfettamente d'accordo con le cose che lei ha detto: questo è un provvedimento che, oltre a risolvere problemi di equità, ha una ricaduta sulla crescita del Paese, ma anche sulla capacità produttiva e sulla competitività del sistema, sull'occupazione giovanile e sull'investimento in innovazione, quasi sempre legato ai giovani. Io aggiungo anche la ricaduta sui consumi interni. È chiaro che la staffetta occupazionale consente di moltiplicare per due la capacità di lavoro e di spesa delle persone: se una persona esce e una persona entra, questo dà una capacità di spesa più alta alle persone.
  Proprio per questo, in conclusione, nel momento in cui noi diamo flessibilità, stabilità, certezze e regole, non possiamo permetterci di avere – mi dispiace dirlo – un presidente dell'INPS, il cui compito è gestire la previdenza, che destabilizza continuamente con i suoi interventi la discussione sulle pensioni.
  Se vogliamo dare sicurezze e regole, noi dobbiamo permettere a 14 milioni di pensionati di avere certezze sul proprio futuro. Se non ci sono certezze per il proprio futuro per 14 milioni di italiani e per quasi 14 milioni di famiglie, noi facciamo fatica a far ripartire anche i consumi interni del Paese.
  Io credo che non sia compito del presidente dell'INPS progettare e andare nelle trasmissioni televisive a proporre soluzioni che stravolgono e destabilizzano il sistema. Lo dico con tutto il rispetto che ci vuole. Le chiedo, ministro, di intervenire su questo.

  WALTER RIZZETTO. Ministro, grazie per la sua presenza. Le hanno già chiesto quasi tutto, anche in termini di riflessione. Io sarò molto breve. Vorrei capire soltanto un paio di cose.
  Rispetto ai provvedimenti di salvaguardia, sembra che gli ultimi dati INPS portino il numero degli esodati a 49.500 soggetti. Questo è quanto ho letto negli ultimi giorni.
  Vorrei capire se è intenzione del Governo intervenire, con una manovra o con un decreto, che secondo me, arrivati a questo livello, dovrebbe essere tranchant, nei confronti di queste persone, che evidentemente sono ancora esodate.
  Vorrei capire se, dalla legge sui famosi 26.000 soggetti che prevediamo di salvaguardare, possiamo di fatto, una volta per tutte, trovare coperture e modalità per arrivare a provvedere a 50.000 esodati. Vorrei capire qual è effettivamente la sua intenzione e quello che pensa rispetto a questa mia domanda.
  Ormai, come ricordato dalla collega Polverini, sembra che tutti si definiscano piuttosto soddisfatti della proposta di legge del presidente Damiano, in materia di flessibilità in uscita. Immagino che tutta la Commissione abbia voglia di parlarne un po’ prima della legge di stabilità. Abbiamo ormai depositato sei o sette – adesso non ricordo, presidente – proposte di legge rispetto a questo tema. Tuttavia, ministro, noi siamo alle porte dell'estate. Lei sa che in agosto qui si chiude per una ventina di giorni. Arrivati a settembre, è tempo di legge di stabilità. Noi avremmo intenzione di discuterne un po’ prima della legge di stabilità, al netto del fatto che è del tutto evidente che il Governo vuole mettere il cappello su questo intervento.
  Lei trova sostenibile la tabella A contenuta nella proposta di legge Atto Camera n. 857, presentata dal presidente Damiano, che prevede un'età intermedia di 66 anni, abbassando di due o tre anni l'accesso alla pensione, rispetto alla «manovra Fornero» ? Lei ritiene sostenibile quel più 8 o meno 8 per cento, oppure – ricalco in parte quanto detto da alcuni miei colleghi – si va verso tagli un po’ più pesanti ?
  Questo si collega a quanto lei dice sul fatto che, se ci dovesse essere una domanda esplosiva rispetto a questo tipo di Pag. 15provvedimento, potrebbe essere difficile trovare l'equilibrio finanziario. Dunque, i soldi ci sono o non ci sono ?
  Ministro, vorrei porle un'ultima domanda, che si articola su due microsettori. In primo luogo, vorrei sapere cosa vogliamo fare rispetto al settore privato. Molto spesso questa Commissione si è spesa per un problema interessante, che è quello delle lavoratrici autonome. Vogliamo arrivare a riconoscere i contributi figurativi alle lavoratrici del settore autonomo, qualora ci fossero dei periodi di astensione facoltativa dal lavoro ? Attualmente sono scoperte.
  Ho letto una sua dichiarazione su un'agenzia, ma sarà lei a confermarla o meno. Vorrei capire la sua posizione sulla cassa integrazione anche per aziende sotto i quindici dipendenti, che è facoltativa, in termini di spesa. Peraltro, su questo abbiamo già presentato degli emendamenti in occasione dell'esame della scorsa legge di stabilità.

  ROBERTO SIMONETTI. Grazie, ministro, per essere venuto in Commissione.
  È chiaro che non è questa la sede per fare propaganda, ma voglio ricordare all'onorevole Gnecchi che in Gazzetta ufficiale «la riforma Fornero» non è entrata per opera dello Spirito Santo, ma perché qualcuno l'ha votata in Parlamento. Mi sembra che il Partito Democratico sia stato uno dei partiti che hanno votato questa riforma. Forse qui sono uno dei pochi che non l'hanno votata. Il Partito Democratico è responsabile politicamente della «riforma Fornero».
  Ringrazio l'onorevole Pizzolante per l'onestà intellettuale con la quale oggi è venuto a esprimersi in Commissione.
  Detto questo, ministro, la ringrazio per essere venuto in Commissione, però la posizione che lei ha preso, a mio avviso, è un po’ tiepida, nel senso che la volontà è stata quella di immaginare soluzioni. Ma questo è il compito delle minoranze. Il compito del Governo è quello di prospettare delle opzioni concrete, sulle quali il Parlamento si esprime.
  Mi sembra che qui ci sia un'evoluzione contraria, nel senso che è il Parlamento, fortunatamente, che si riappropria di una materia delicata, che è stata invece mortificata da un'azione governativa all'epoca del Governo Monti, che ha rimesso mano al tema delle pensioni, creando delle difficoltà.
  Non voglio intestarmi nulla, ma la Lega Nord ha contribuito al dibattito con la raccolta di firme per l'effettuazione del referendum. La Corte costituzionale non l'ha ritenuto ammissibile, ma le firme c'erano. Questo significa che la cittadinanza ha dei problemi, creati da questa legge. Pertanto, è giusto metterci mano.
  Io non voglio entrare nel merito delle varie soluzioni. Noi ne abbiamo proposta una simile a quella del presidente Damiano, che non prevede delle penalizzazioni, ma che prevede anche delle clausole per i lavoratori precoci. Faremo il dibattito.
  Effettivamente, però, bisognerebbe capire se il Governo ha delle proprie posizioni e se ci sarà, quindi, una proposta governativa oppure una proposta parlamentare.
  Se noi inseriamo tutto nella legge di stabilità, come hanno già ricordato il collega Rizzetto e la collega Polverini, io ho paura che la Commissione che ne dibatterà sarà la Commissione Bilancio, a tre stanze da questa. Dunque, si parlerà più di spesa e di copertura che del merito, che è quello che è stato evidenziato finora, ovvero l'equità e il rapporto fra le diverse generazioni, un dibattito che solo la Commissione di merito è deputata a fare.
  La mia preoccupazione è che, se si arriva troppo a ridosso della legge di stabilità, questa diventi una bandierina che però forse non risolverà il problema.
  Chiedo a lei se ha la volontà di anticipare le posizioni del Governo in merito a quanto depositato dai gruppi parlamentari e dai singoli deputati, o se ha una propria posizione da portare nella Commissione di merito in un periodo antecedente alla Legge di stabilità.
  Vorrei capire anche quali sono gli spazi economici massimi per il Governo per Pag. 16attuare delle modifiche. Prima capiamo cosa fare e poi la copriamo, oppure prima copriamo e poi capiamo cosa fare ? Le cose possono viaggiare in parallelo, ma a volte la somma degli addendi non dà lo stesso risultato, anche se poi si arriva tutti allo stesso punto.
  La ringrazio per l'apertura, che non è inedita, ma rispetto a un mese fa è abbastanza rilevante. L'importante è che questo si tramuti in una realtà e non solo in un titolo o in uno spot.

  PRESIDENTE. Ho esaurito le richieste dei singoli gruppi. Poiché non ci sono gruppi che non hanno parlato e che intendono farlo, darei la parola a chi ne ha fatto richiesta. Avete al massimo cinque minuti.

  TITTI DI SALVO. Faccio tre semplici considerazioni, perché per il gruppo del PD l'onorevole Gnecchi ha già detto tutto quello che c'era da dire, dopo un lavoro lunghissimo che il nostro gruppo ha fatto in questi anni, all'indomani dell'approvazione della «riforma Fornero».
  Onorevole Simonetti, è giusto togliere la propaganda dal terreno di una discussione su argomenti così delicati. Forse anche immaginare un referendum, che chiaramente non sarebbe mai stato considerato ammissibile dalla Corte costituzionale, perché proponeva di intervenire su argomenti che avrebbero comportato variazioni di bilancio, era propaganda. Comunque, è giusto togliere di mezzo questi ragionamenti e andare al dunque.
  Faccio tre considerazioni. In primo luogo, il sistema contributivo è un sistema per sua natura flessibile. La «riforma Fornero» introduce una rigidità incompatibile con la ratio del sistema contributivo.
  Già il presidente, aprendo questa discussione, diceva che la flessibilità che bisognerà reintrodurre nel sistema non deve, però, abbattere in misura consistente la rendita pensionistica.
  Signor ministro, lei lo sa sicuramente, ma io lo voglio sottolineare: in tal modo si assisterebbe a un'inversione di senso, per cui le persone che vorrebbero andare in pensione, perché evidentemente più stremate e più in difficoltà per il tipo di lavoro che fanno, sarebbero quelle che verrebbero punite due volte con un taglio consistente. Svolgere fino a 70 anni un lavoro non faticoso e molto gratificante è certamente più possibile che svolgere fino a 70 anni un lavoro faticoso e non gratificante, dal quale si vorrebbe uscire.
  Questo taglio gravoso dei trattamenti ha anche un controsenso. In parte, questo controsenso c’è già nella «riforma Fornero», perché è possibile un minimo di elasticità soltanto se si raggiunge una certa rendita pensionistica. Quindi è evidente che fino a 70 anni lavoreranno le persone che oggi hanno i lavori meno remunerati.
  La seconda considerazione è molto più breve. La «riforma Fornero» ha punito particolarmente le donne. Penso che vada fatta una valutazione precisa su questo terreno, che è già stata annunciata. Io vorrei che la riflessione vertesse sulla possibilità di riconoscere contributi figurativi per i lavori di cura, perché in questo modo si potrebbe intervenire, facendo una cosa seria che fanno in altri Paesi.
  Concludo con una terza considerazione. Ho già ricordato che l'onorevole Marialuisa Gnecchi ha detto moltissime cose. Io non torno a nominare gli esodati, anche se tengo a sottolineare questo tema, così come le salvaguardie che sono state fin qui realizzate, anche se non sono ancora sufficienti. Ci sono altre ingiustizie particolarmente rilevanti per la loro paradossalità. Far fronte a queste ingiustizie non costerebbe molto. Forse si poteva intervenire su di esse prima della legge di stabilità.
  Intendo parlare del regime transitorio non riconosciuto ai ferrovieri per un errore di scrittura nel decreto-legge n. 201 del 2011. È da tutti riconosciuto che i ferrovieri non hanno l'applicazione del regime transitorio, soltanto perché, per errore, nell'articolo 24, comma 18, del decreto-legge si fa riferimento al «presente articolo», anziché al «presente comma».
  Mi riferisco anche alla definizione dell'anno solare per la maturazione di quota Pag. 1796 da parte degli insegnanti. Io penso che su questo non ci sia bisogno di aspettare la legge di stabilità, perché non si tratta di ridefinire un sistema, ma di intervenire su alcuni errori.

  DAVIDE TRIPIEDI. La collega Di Salvo mi ha anticipato. Vorremmo sapere proprio se sui macchinisti il Governo ha pensato a delle soluzioni. Ricordiamo che, mentre la loro aspettativa di vita è di 64 anni, vanno in pensione a 67. Ciò a causa di quell'errore formale, che la collega ricordava, per cui invece che al comma è stato inserito il riferimento all'articolo. È un errore che va veramente corretto.
  Pensiamo all'eventualità che succeda qualcosa a un macchinista di 67 anni che si trova da solo in sala macchine su uno dei nuovi Freccia 1000, che sfrecciano a 400 all'ora per chilometri e chilometri di tunnel. Bisogna tener conto anche della sicurezza pubblica e non solo di quella dei macchinisti.
  Mi scusi se sarò ripetitivo, ma vogliamo concentrarci di più sui lavori usuranti. Ricordo che c’è stata una risoluzione, che impegnava il Governo a utilizzare i soldi del fondo proprio per estendere la possibilità di andare in pensione a chi oggi svolge attività che non rientrano nella categoria dei lavori usuranti. Secondo il nostro punto di vista, un muratore non può lavorare a 67 anni in un cantiere, con tutti i pericoli che ci sono.
  Vorremmo avere qualche delucidazione sui dati. Ci sono ancora soldi in quel fondo ? Sono stati usati ? Come sono stati usati ? Quando potrebbe darci questi dati ?
  Inoltre, vorremmo sapere se non ritiene di dover accelerare su questa proposta e su tutte le altre, perché oggi in Italia c’è un'emergenza sulle pensioni. Ricordo che i pensionati e i pensionandi sono stati usati come bancomat dallo Stato per salvare l'Italia.
  Vorrei invitarla a tener conto delle competenze che ci sono all'interno della Commissione, come ha già ricordato la collega Ciprini. Cerchiamo di fare squadra per trovare una soluzione. Tutta la Commissione è molto sensibile a queste tematiche. La nostra paura è che si faccia come con il procedimento relativo alla sesta salvaguardia: la Commissione approva un testo definitivo, poi arriva il Governo e stravolge tutto, senza tener conto dei lavori della Commissione stessa.
  Io la ringrazio, con l'invito a frequentare più spesso la Commissione per ascoltarci un po’ di più.

  GIORGIO PICCOLO. Io vorrei fare solo qualche domanda e una premessa, perché la capogruppo Gnecchi, la collega Polverini e altri hanno già fatto il quadro di tutte le questioni, che io sicuramente condivido.
  In premessa, ringrazio il ministro per il tono che ha usato su una materia così complicata. È chiaro che qui non si può fare propaganda e che la «riforma Fornero» è stata fatta per problemi di cassa, perché si doveva salvare il Paese.
  Tuttavia, è vero anche che veniamo da anni in cui, invece di fare un ragionamento equilibrato, la cultura dominante è stata quella di dare meno ai padri e più ai figli. Questa è la cultura dominante che ci ha portato anche alla «riforma Fornero». Dunque, oggi non possiamo fare propaganda.
  Io condivido l'opportunità di separare l'assistenza dalla previdenza. Io credo che questo tipo di operazione debba essere chiaro.
  Un'altra risposta precisa è necessaria sulla questione ricordata dal presidente Damiano, ovvero sul sistema di calcolo. Uno degli elementi della «manovra Fornero» che hanno messo in discussione il rapporto di fiducia tra cittadini e Governo è stata la previsione di effetti retroattivi. Su questo dobbiamo essere chiari, quando si parla di sistemi di calcolo.
  La «staffetta generazionale» chiaramente è importante. Questo concetto stava anche in alcuni contratti. Questo, però, mette in discussione i rapporti padre-figlio. Lei si riferisce al fatto di accompagnare i lavoratori anziani a un part-time per favorire l'assunzione dei giovani ? È chiaro che questo in molte fabbriche si riduce alla questione padre-figlio, che io ho combattuto. Lei si riferisce a questo Pag. 18tipo di approccio quando parla di «staffetta generazionale» ?

  CLAUDIO COMINARDI. In Italia ci troviamo di fronte a dati molto inquietanti, anche dal punto di vista demografico. Questo, secondo me, dovrebbe essere il tema principale.
  Siamo il Paese più vecchio d'Europa. In alcuni regioni, per esempio in Liguria, gli ultrasessantacinquenni sono più numerosi rispetto ai giovani con meno di 25 anni. Abbiamo una natalità che è praticamente ferma allo zero.
  Nel contempo, abbiamo una contraddizione in termini: l'età pensionistica è tra le più alte d'Europa, la disoccupazione giovanile è tra le più alte d'Europa e l'emigrazione giovanile è seconda solo a quella della Romania.
  Come diceva giustamente lei, il sistema pensionistico si regge grazie alla contribuzione. Pertanto, dobbiamo porci il problema di questo fenomeno migratorio incredibile.
  Non è sufficiente dire: «Teniamo qua i nostri giovani». Innanzitutto, ci sarebbe da aprire un capitolo sulla ricerca, perché noi importiamo il 3 per cento di ricercatori e ne esportiamo il 16 per cento, per cui abbiamo un saldo negativo del 13 per cento. C’è un discorso legato al mondo della ricerca e della scuola e all'incrocio tra domanda e offerta di lavoro.
  Il Jobs Act non aiuterà assolutamente a creare una continuità contributiva. Pensiamo anche ai numerosissimi lavoratori autonomi e alle partite IVA. Che ruolo hanno oggi questi nella società ? Quale sarà il futuro che si prefigura loro ?
  Vi chiedo anche se conoscete il sistema previdenziale australiano. Visto che l'attuale presidente dell'INPS, Tito Boeri, sul sito Lavoce.info nel 2007 scrisse un articolo molto interessante proprio sul sistema previdenziale australiano, sarebbe interessante capire se il Governo ha preso in considerazione quel modello, soprattutto per quanto riguarda la pensione di tipo governativo, che diventa un diritto universale per tutti, indipendentemente dalla contribuzione.
  Questo tema in un certo senso si sposa con quello di cui noi parliamo da tempo, cioè il reddito di cittadinanza o reddito di sopravvivenza. Visto in quell'ottica, secondo me, questo tema sarebbe molto interessante da affrontare, tenendo in considerazione il fatto che in Australia la pensione governativa incide sul PIL solo per il 3 per cento, mentre in Italia siamo al 16 per cento.
  C’è poi tutto il discorso della previdenza complementare, che è un'altra questione, che però dovremo affrontare, per portare trasparenza ed etica. Infatti, banche, assicurazioni e sindacati hanno fatto veramente le cose peggiori ai danni dei lavoratori.
  Su tutte queste questioni vorrei conoscere, se è possibile, la sua opinione.

  PRESIDENTE. Abbiamo concluso. Mi pare che sia stato un buon avvio di discussione. Anch'io ho apprezzato l'apertura del Governo sul tema della flessibilità, che è un obiettivo comune, così come la conferma da parte del ministro che le risorse del Fondo destinato ai lavoratori esodati che verranno risparmiate saranno utilizzate per risolvere altre situazioni.
  La manovra che noi abbiamo in mente non è una manovra corporativa, cioè destinata a platee di persone che stanno per andare in pensione. Noi siamo convinti che sia una manovra economica, di politica sociale e occupazionale, perché salviamo persone che potrebbero diventare povere, se rimangono per cinque o sei anni senza reddito alcuno, e aiutiamo anche i giovani a entrare nel mondo del lavoro, evitando di avere fabbriche di settantenni, che non credo facciano comodo né ai lavoratori né agli imprenditori.
  Sui giovani, ministro, mi permetto di dire solo che noi spesso facciamo la differenza fra sistema contributivo e sistema retributivo. È vero che questa differenza esiste, ma la vera differenza è nel mercato del lavoro. Infatti, anche con un regime retributivo più favorevole, se si comincia a lavorare a 35 anni, non si hanno contributi o si hanno contributi bassi e si ha un lavoro discontinuo, alla fine, a 70 anni, si Pag. 19avranno solo venti anni di versamenti, se va bene; retributivo o contributivo, non c’è pensione che tenga.
  Do la parola al Ministro Poletti per la replica.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ringrazio il presidente e voi tutti per gli interventi.
  Io proverò a ripercorre le questioni che sono state poste, cercando di dare risposte puntuali, in ogni caso con l'impegno a utilizzare le vostre sollecitazioni e a fornirvi molto rapidamente le informazioni che eventualmente non fossi in grado di darvi oggi, per consentire a tutti di fare al meglio il proprio lavoro.
  Inizio da un primo tema di principio o di metodo: io credo che sia bene che ci sia un confronto tra il Governo, da un lato, e il Parlamento, dall'altro, incrociando gli elementi che sono già oggi in discussione. Ci sono delle proposte di legge, che hanno dei contenuti. C’è un lavoro che la Commissione può fare, in termini di costruzione di un testo unificato e di messa a confronto nel merito di queste posizioni.
  Io credo che sia utile che questo confronto si sviluppi, quindi da questo punto di vista c’è la mia disponibilità a discutere con la Commissione tutte le volte che questa riterrà utile e opportuno farlo.
  Detto questo, naturalmente il Governo mantiene la responsabilità delle proprie posizioni e valutazioni. Comunque, credo che possa rientrare in una dinamica di confronto e di dialettica politica esplicita e trasparente mettere in campo opzioni e valutazioni diverse.
  Noi oggi stiamo affrontando alcuni temi. Veniva citata la rivalutazione del montante contributivo. Non veniva citata, ma c’è nel decreto-legge n. 65 del 2015, la decisione del pagamento di tutte le pensioni al 1o giugno. Abbiamo cercato – e credo che questa sarà una tendenza per il futuro – di rendere più razionale e più trasparente tutto l'insieme.
  Ad esempio, anche se non fanno puntualmente riferimento al tema di cui discutiamo oggi, sia l'intervento sull'ISEE sia l'intervento sul DURC, due cose molto diverse l'una dall'altra, dimostrano che è possibile costruire banche dati dialoganti ed efficienti, in grado di far risparmiare fatica, tempo e disagio alle persone e alle imprese, contando sulla collaborazione attiva dell'INPS, dell'INAIL e di tutti i soggetti che sono interessati a intervenire. Io considero questo dato particolarmente rilevante, perché avere elementi di analisi puntuali, che ci consentono di valutare le politiche, diventa l'elemento essenziale per tarare le scelte future e correggere quelle passate.
  È in corso di pubblicazione in questi giorni un primo report del comitato di monitoraggio sull'ISEE. Si tratta di un comitato con le parti sociali e con una serie di altri soggetti, in cui esaminiamo le risultanze del monitoraggio. Io credo che sia importante, ad esempio, utilizzare questi elementi per valutare se l'impianto che è stato costruito produce gli esiti che ci si attendeva oppure se ci sono degli elementi di problematicità.
  Il metodo di analizzare le situazioni, monitorare, rendere pubblici e, quindi, trasparenti gli elementi di informazione consente e costringe, dal mio punto di vista, a essere coerenti nella valutazione e nelle modifiche. Io credo che questo tema valga per tutti gli elementi che dicevo prima, ma anche per le proposte che ci apprestiamo a presentare, e credo che vada sviluppato.
  Naturalmente ci sono alcune questioni di cui si è parlato – penso agli esodati e ai lavori usuranti – che hanno bisogno di questo approccio: dobbiamo controllare ciò che è accaduto e immaginare che cosa fare.
  Da questo punto di vista, per quanto riguarda i lavori usuranti, condivido la sollecitazione fatta in riferimento ai lavoratori edili. Io credo che questa sia un'area di lavoro che sarebbe ragionevolmente da ricomprendere nella categoria dei lavori usuranti. Parliamo di un settore che ha un ventaglio molto ampio di tipologie di lavoro, ma ritengo che alcune di queste avrebbero piena ragione di essere considerate come usuranti.Pag. 20
  Io credo che possiamo verificare e incrociare questi due elementi e che, nell'ipotesi in cui ci sia la condizione economica necessaria, questa scelta possa essere fatta, perché sarebbe il riconoscimento di un dato di fatto. Io credo che pensare che in quel settore non ci siano situazioni problematiche voglia dire non fare i conti con la sostanza delle cose.
  Dunque, a questa domanda io rispondo che penso valga la pena valutare la possibilità di intervenire su questo versante, fatta salva la verifica sulle risorse, che naturalmente è un elemento essenziale, ma non può essere l'unico che porta a decidere. Lo dice un componente del Governo.
  È chiaro che noi dobbiamo utilizzare al meglio tutte le risorse disponibili, ma, dall'altro versante, se ci troviamo di fronte a un'esigenza che conveniamo essere giusto affrontare, nel momento in cui si discute del bilancio di questo Paese, è legittimo che si dica: «Cari signori, c’è un tema di priorità. Adesso valutiamo insieme se questo è o non è un elemento prioritario, se dobbiamo o non dobbiamo, se possiamo o non possiamo dedicare risorse a questo tema».
  Io parto sempre dall'esigenza di usare al meglio tutte le risorse che sono già stanziate, ma questo non vuol dire escludere in assoluto la possibilità di una discussione, qualora convenissimo che c’è una situazione specifica che merita attenzione e rispetto alla quale serve recuperare risorse che oggi non sono ancora appostate.
  Io non lo considero un elemento pregiudiziale, ma un punto di partenza. Se convenissimo che c’è un'esigenza socialmente motivata e socialmente condivisa, non credo che la mancanza di risorse finanziarie possa essere l'unico metro che ci consente di prendere una decisione. Credo che questo sia un tema che vada affrontato.
  Per quanto riguarda gli esodati, ribadisco quanto ho affermato nella relazione. Io credo che vada fatta una verifica puntuale della situazione, considerando le misure che sono state proposte e cercando di capire se il mantenimento delle risorse per la finalità per la quale sono state appostate è conveniente e se eventualmente ci sono degli ulteriori elementi che possono essere utilizzati anche direttamente.
  C’è un problema di «vasi comunicanti» e c’è un problema relativo alla possibilità di affrontare alcune specifiche situazioni. Io credo che queste situazioni vadano verificate. Se sono compatibili, credo che non dobbiamo aspettare altri fatti, ma possiamo affrontarle.
  Ci sono, invece, situazioni un po’ più complesse. Lo stock dei finanziamenti e la quantità dei potenziali utilizzatori ci porrebbero un problema significativo di risorse. Bisogna che lo affrontiamo e che lo verifichiamo. Tuttavia, io credo che questo sia un tema che vada affrontato e che non possiamo amplificare o trascinare nel tempo. Questo tema deve trovare una sua ragionevole e razionale risposta, anche dal punto di vista dei tempi.
  Un'altra questione posta, che ritengo vada presa in considerazione all'interno del ragionamento generale che facciamo, è quella delle ricongiunzioni onerose. Da questo punto di vista, abbiamo situazioni che effettivamente hanno degli elementi di irrazionalità. Abbiamo cittadini che hanno fatto i loro versamenti e che sono passati dal settore pubblico al settore privato o viceversa, ai quali è difficilmente spiegabile perché ci sia un'onerosità rilevante.
  Penso che ricostruire i percorsi previdenziali sia un tema che vada affrontato. Noi, giustamente, stiamo ragionando in termini di flessibilità, ma abbiamo una serie di altre situazioni che potrebbero essere risolte non tanto e non solo con la flessibilità. Ci sono delle persone che potrebbero maturare i requisiti in ragione del loro trascorso previdenziale. Queste persone potrebbero non avere neppure bisogno di flessibilità, ma avrebbero bisogno soltanto di poter fare la ricongiunzione. Questo è un tema che dovremmo affrontare.
  Ritengo che il tema delle donne e del lavoro di cura sia uno degli elementi che vanno presi in considerazione nella riflessione generale. Sinceramente, in questo Pag. 21momento non sono in grado di dire quale possa essere la risposta, ma credo che questo sia un elemento da valutare, proprio perché, nella condizione che si è prodotta, questa è una delle conseguenze più pesanti che si sono verificate.
  Pertanto, all'interno di una riflessione che voglia mantenersi equa, occorre chiedersi cosa è accaduto a ognuno in questa situazione. Se c’è qualcuno che in questa situazione ha visto peggiorare in maniera particolarmente radicale la propria condizione, io credo che, nel momento in cui si introduce un elemento di flessibilità, ciò debba essere in qualche misura considerato.
  Naturalmente è del tutto evidente che questa questione ha potenzialmente una particolare rilevanza dal punto di vista economico-finanziario, quindi abbiamo bisogno di valutare questo aspetto. Credo che sia comunque un elemento di attenzione che va posto nella riflessione. La risposta naturalmente dovrà tenere insieme tutte queste componenti, però io penso che questo sia un elemento importante.
  Quando parlo di «staffetta generazionale», io non sto pensando al padre e al figlio, ma penso al fatto che ci sono imprese che hanno l'esigenza di rinnovare e hanno bisogno di competenze e di un ricambio significativo in termini numerici, con la presenza di giovani all'interno della loro compagine. Dobbiamo valutare se possiamo accompagnare tutto questo con un meccanismo di rotazione.
  A questo proposito, le esperienze di altri Paesi sono tante: pensionamenti parziali, part-time, meccanismi di avvicinamento al pensionamento, lavori socialmente utili. Le modalità che possono supportare questo processo possono essere diverse. L'importante è che conveniamo sul fatto che questa dinamica di relazione tra occupazione, giovani, imprese e previdenza ha una sua capacità logica di rispondere a un bisogno.
  Da questo punto di vista, mi permetto di dire in termini molto semplici e diretti che non convengo sulla valutazione secondo cui il Jobs Act peggiori le condizioni dei lavoratori dal punto di vista previdenziale. Io penso esattamente l'opposto. Il disastro che è stato fatto in questo Paese attraverso la precarizzazione è alle nostre spalle.
  Sappiamo che 85 avviamenti al lavoro su 100 erano precari, co.co.co., co.co.pro, associazioni in partecipazione, contratti a chiamata e tutto il resto. Io credo che, se oggi, anziché essere il 15 per cento, i contratti stabili diventano il 25 per cento, ciò significa che quel 10 per cento di lavoratori ha una condizione previdenziale decisamente migliore rispetto a quella precedente, che era interrotta, parziale, rientrante nella gestione separata e tutto quello che conoscete. Parliamo di persone con un contratto a tempo indeterminato e con un inquadramento previdenziale ordinario. Sinceramente, io faccio fatica a ritenere che non si possa condividere questa valutazione. Si può non essere d'accordo su quel contratto e su molte cose, ma sinceramente non si possono comparare le due situazioni.
  Per altri versi, ci potrebbero essere ragionevolmente degli elementi di problematicità, ma dal punto vista previdenziale considero che questi lavoratori si trovino in una condizione assolutamente migliore.
  Credo che anche questo costituisca uno degli elementi di valutazione della legge delega sul lavoro. Il vero profilo di rischio per quelle persone dipende dalla situazione precedente: carriere discontinue, interrotte e via dicendo.
  La scelta che oggi abbiamo fatto di investire pesantemente per promuovere i contratti a tempo indeterminato ha anche questa logica. Da questo punto di vista – su altre cose possiamo discutere –, non credo che questo possa essere un elemento che si può non condividere.
  C’è un tema che fa riferimento a un paio di quesiti. C'era, in particolare, una domanda specifica sulla cassa integrazione per le imprese con meno di quindici dipendenti. Stiamo lavorando a predisporre i decreti che andranno in discussione in questi giorni. Il nostro orientamento è avere ammortizzatori sociali per Pag. 22tutti i lavoratori di tutte le imprese sopra i cinque dipendenti. Questo è l'impianto.
  Naturalmente questo si realizzerà attraverso strumenti diversi, perché un conto è l'impresa artigiana e un altro conto è l'impresa industriale, ma l'orientamento è avere, per tutti quelli che lavorano in imprese sopra i cinque dipendenti, uno strumento di tutela in caso di crisi temporanea o di perdita stabile del lavoro. Questo è l'orientamento che abbiamo.
  Per quanto riguarda il tema della natalità e dei problemi demografici, è del tutto evidente che noi, come Paese, abbiamo un elemento di problematicità da questo punto di vista.
  Io credo che su questo versante le cause siano più di una, ma ritengo che la precarietà e la difficoltà a definire una propria prospettiva di vita siano sicuramente tra gli elementi che hanno contribuito a rendere più difficile la costruzione di un progetto di vita da parte delle persone.
  Pertanto, io continuo a pensare che introdurre meccanismi che aiutino ad avere una prospettiva stabile sia utile e positivo.
  Peraltro, sono anche convinto che questo tipo di impianto possa e debba produrre effetti positivi sul versante dell'occupazione, dei servizi e dell'economia. Se noi andremo in questa direzione, avremo occupazione più stabile, più opportunità, un potenziale di consumi positivo e un trattamento economico del lavoro migliore. Infatti, è del tutto evidente che un contratto precario viene pagato di meno, perché è meno tutelato.
  Tutti questi elementi messi insieme, dal nostro punto di vista, consentono un miglioramento della condizione sociale ed economica. D'altra parte, se non abbiamo più reddito distribuito, non avremo più reddito per i consumi e non avremo la ripresa dei consumi interni, l'altra gamba della crescita che noi vogliamo realizzare.
  Questa operazione tiene insieme queste due cose. Il tema è all'attenzione, ma io credo che lo possiamo legare a questo passaggio.
  Aggiungo un'ultima considerazione. Si faceva riferimento all'Australia. Ogni Paese ha costruito una sua storia previdenziale sulla base delle proprie condizioni specifiche. Abbiamo Paesi molto piccoli e abbiamo Paesi molto grandi con pochissima popolazione, che hanno una dinamica economica, di produzione e di distribuzione della ricchezza e delle logiche che non possono essere trasposte tali e quali nella nostra realtà, perché causerebbero un problema di compatibilità dal punto vista della finanza pubblica di difficile gestione.
  Io ogni tanto mi sento proporre soluzioni per altre materie, come le politiche attive, che prendono ad esempio la Danimarca. Io rispondo che l'Italia è un pochino più lunga e, quindi, probabilmente abbiamo bisogno di costruire strumenti che permettano di fare i conti con diversità ambientali, sociali, economiche e infrastrutturali clamorose. Quei modelli, che magari in quei contesti danno la risposta che devono, applicati a una condizione come quella del nostro Paese, probabilmente causerebbero problemi seri.
  C’è un tema proposto, che ha un suo valore, che riguarda il ragionamento che abbiamo provato a fare sulla lotta alla povertà. Io credo che il nostro Paese abbia bisogno di costruire una strumentazione da questo punto di vista. Possiamo discutere sul reddito minimo, sul reddito di inserimento o su altri strumenti, però questo Paese ha un'esigenza di questo tipo, perché le strumentazioni di tipo verticale-categoriale lasciano scoperta una parte importante dei cittadini italiani. Questo è un tema che ha bisogno di una sua risposta.
  Noi stiamo lavorando su questo versante, perché, quantomeno in prima battuta, abbiamo bisogno di usare più razionalmente tutte le risorse che ci sono. In seconda battuta, bisognerà aumentare le risorse disponibili, perché altrimenti non è possibile fare un vero piano di lotta alla povertà in questo Paese.
  Credo che questa sia una delle priorità che il nostro Paese deve scegliere di affrontare. Questo è un tema all'ordine del Pag. 23giorno che si collega anche ai problemi di tipo previdenziale prima citati. Infatti, è naturale che chi non ha reddito non maturi e non costruisca percorsi previdenziali degni di questo nome.
  Questo è un tema all'attenzione. Naturalmente la risposta va costruita tenendo conto di tutti gli elementi di cui parlavo.
  Per quanto riguarda la richiesta di dati, è compito e responsabilità mia raccoglierli il più rapidamente possibile e farli avere al presidente della Commissione, in modo che essa possa utilizzarli nei propri lavori.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.