Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 44 di Martedì 9 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di Antonello Ardituro, nella qualità di ex sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli (Svolgimento e rinvio):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Ardituro Antonello , Ex sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Ardituro Antonello , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Ardituro Antonello , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.05.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Antonello Ardituro, nella qualità di ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Antonello Ardituro, nella qualità di ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, che ovviamente ringrazio per la presenza.
  La Commissione, come lei sa, si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
  L'audizione odierna rientra nell'approfondimento che la Commissione sta iniziando – anche se in realtà abbiamo già svolto alcune audizioni preliminari – sulla regione Campania, con l'obiettivo di focalizzare l'attenzione non solo sulle situazioni determinatesi più di recente, ma anche sulle situazioni più significative che continuano ad avere effetti nella realtà di oggi. Questa Commissione, così come i colleghi prima di noi, ha elaborato una copiosa relazione sulla situazione della Campania. I colleghi membri della precedente Commissione avevano, a loro volta, fatto una copiosa e dettagliata relazione sull'emergenza in Campania, in atto, purtroppo, da numerosi anni. Ancora una volta, quindi, la Commissione ritorna su alcune situazioni di quel territorio, posto che la Campania continua ad essere la regione in cui, pur essendo migliorate tante cose nella gestione del ciclo ordinario dei rifiuti, rimangono ancora diverse criticità (perlomeno, rimane da capire una fenomenologia che si è determinata in un arco di tempo riguardo alla gestione dei rifiuti e al tema delle bonifiche).
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  Lei è non solo un profondo conoscitore dell'azione del clan dei Casalesi, ma si è occupato in maniera specifica del ciclo dei rifiuti a tutto tondo in un periodo rilevante della storia recente della Campania, focalizzando la sua attenzione soprattutto nell'area di Napoli e Caserta. In più, credo che lei sia stato uno degli ultimi ad accogliere le dichiarazioni di Carmine Schiavone. Pertanto, ci interessava capire la situazione dal suo punto di vista, ovviamente in relazione alle questioni di cui noi ci occupiamo. Lei oggi svolge un'altra mansione, tuttavia, vista la sua esperienza, le chiediamo di fornire alla Commissione qualche ulteriore elemento di conoscenza al riguardo. Al termine, i colleghi che Pag. 4hanno seguito queste vicende – ma non solo loro – potranno intervenire per farle qualche domanda.

  ANTONELLO ARDITURO, Ex sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Grazie, presidente. Io ho svolto le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli fino al 25 settembre di quest'anno. Adesso sono componente del Consiglio superiore della magistratura. Per più di dieci anni sono stato nella direzione distrettuale antimafia e mi sono occupato essenzialmente del clan dei casalesi, come anche di altre organizzazioni criminali della provincia di Napoli.
  Nell'ambito di quest'attività, naturalmente, la vicenda dei rifiuti ha assunto assoluta centralità. Si può infatti certamente dire che, negli ultimi vent'anni, l'affare rifiuti sia stato l'affare centrale per quanto riguarda le attività della criminalità organizzata casalese nella provincia di Caserta, con il coinvolgimento anche di alcune organizzazioni criminali della provincia di Napoli.
  Se la Commissione riterrà, pur non avendo avuto la possibilità di redigere una relazione scritta, posso lasciare agli atti del materiale che potrebbe esservi utile. In particolar modo, nella mia audizione odierna farò riferimento ad alcune vicende che sono state da me riportate recentemente nella pubblicazione di un libro. In questo libro un capitolo è dedicato espressamente alla questione dei rifiuti e alle vicende della provincia di Caserta, in particolar modo con riferimento a due questioni che, a mio giudizio, sono centrali.
  Una è quella nota, ma che – lo devo dire – non è trattata in maniera dettagliata nella relazione del 2013 che ho avuto modo di consultare; ad essa viene fatto solo un rinvio, ma è una questione centrale, essendo quella che ha interessato i fratelli Orsi e Nicola Ferraro da due poli diversi e opposti, ossia dal punto di vista imprenditoriale e dal punto di vista politico; l'altra è una vicenda che ha trovato oggi riscontro in una sentenza emessa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere la settimana scorsa. Si tratta di un processo che io ho svolto fino alla requisitoria, che si è tenuta il 18 luglio dell'anno scorso. Tale processo ha visto coinvolti, per un verso, l'ex sindaco di Villa Literno, Enrico Fabozzi, che è poi diventato consigliere regionale ed è stato in carica fino a questa ultima tornata di rinnovo del Consiglio regionale; per altro verso, ha visto coinvolti anche due imprenditori, i fratelli Mastrominico, collegati al clan Iovine-Schiavone, imparentati, per certi versi, con Antonio Iovine; tutti e tre sono stati condannati per concorso esterno in associazione mafiosa. La vicenda dei rifiuti, se la Commissione mi darà l'opportunità di parlarne, c'entra molto con questo tipo di condanne. Fatta questa premessa, dal punto di vista di un'ipotetica scaletta argomentativa, credo che affrontare il tema dei rifiuti nella regione Campania significhi tenere presente quello che dicevo prima: dopo il grande affare della ricostruzione post-terremoto, viene, dal punto di vista economico, il grande affare dei rifiuti, quindi, dal punto di vista dei rapporti, l'affare tra imprenditoria, politica e camorra.
  Bisogna fare attenzione, perché non bisogna mischiare dal punto di vista logico e argomentativo due temi paralleli, che trovano soltanto alcuni momenti di incontro, ossia la gestione del ciclo illegale dei rifiuti e la gestione del ciclo legale dei rifiuti. Si tratta di due vicende diverse, che vedono protagonista sempre la camorra, ma che chiaramente vedono diversi attori coprotagonisti. Rispetto al momento illegale, che si caratterizza essenzialmente per il tema dello smaltimento illecito, dell'intombamento e della gestione di discariche abusive, il tema si gioca sul rapporto tra camorra e imprenditoria. Quando affrontiamo, invece, il tema del ciclo legale dei rifiuti, che è forse il tema più delicato da affrontare, a questi due protagonisti se ne aggiunge un terzo, la politica, o comunque la pubblica amministrazione, che ha gestito questo ciclo legale dei rifiuti.Pag. 5
  Per fare un piccolo quadro sul tema dell'intombamento e delle discariche abusive, molto è stato detto e molto è stato scritto negli atti giudiziari. Da ultimo, sapete che hanno fatto molto scalpore le dichiarazioni di Carmine Schiavone, che credo siano state riprese a partire dall'estate del 2013. Io ero il magistrato che si occupava della collaborazione di Carmine Schiavone in quel periodo. Sarebbe opportuno, a mio giudizio, che la Commissione facesse una riflessione su queste dichiarazioni, che vanno lette con attenzione e depurate dagli aspetti folcloristici o rimbalzati in maniera molto forte dalla pubblica opinione e dai mass media. Carmine Schiavone è un collaboratore di giustizia molto importante; è un collaboratore di giustizia sostanzialmente attendibile, su cui è stata costruita la storia processuale del contrasto al clan dei Casalesi; il processo Spartacus e altri processi si fondano in maniera significativa sulle sue dichiarazioni. La sua collaborazione, all'inizio degli anni Novanta, è soprattutto una collaborazione che rompe un muro dell'omertà, perché lui è il primo vero collaboratore di giustizia. È una collaborazione che, peraltro, interviene dall'interno della famiglia Schiavone, perché il capo è un cugino di Francesco Schiavone, detto Sandokan. È di tutta evidenza che questo è dirompente per un clan che, fino a quel momento, non aveva subìto perdite da questo punto di vista. Partiamo da un punto importante. Schiavone è un dichiarante ritenuto dalla magistratura attendibile, su cui si sono fatti processi importanti e aveva un ruolo significativo, perché gestiva i soldi del clan; egli gestiva la cassa del clan e questo è importante per interpretare le sue dichiarazioni. Ciò è importante anche per interpretare le sue dichiarazioni e per ricordarsi che, a mio giudizio, non contano tanto le dichiarazioni che Schiavone fa nel 2013, quanto il fatto che le abbia fatte nel 1996 e nel 1997 anche a una Commissione parlamentare (credo che il presidente del tempo fosse l'onorevole Scalia, se non ricordo male). Nell'agosto 2013 Schiavone rilascia un'intervista molto eclatante e poi, nel settembre 2013, viene sentito dal pubblico ministero della DDA di Napoli. In buona sostanza, si può dire che egli dice le stesse cose che aveva detto nel 1997: non dice niente di nuovo. Il caso scoppia perché dice queste cose pubblicamente e perché il verbale dell'audizione del 1997 era ancora, in gran parte o forse del tutto, segretato. Tale verbale verrà poi desecretato su iniziativa del Presidente della Camera, onorevole Boldrini. Quello che Schiavone racconta è importante innanzitutto per un dato: lui è il cassiere del clan e ci offre un'idea oggettiva del fatto che gli arrivavano i soldi della gestione illegale dei rifiuti. Egli ci racconta innanzitutto un'esperienza vissuta in prima persona. Come cassiere, infatti, riceveva i soldi dei rifiuti che venivano intombati e che provenivano dal Nord, per esempio dalla Toscana. Questo fatto è stato confermato anche da Antonio Iovine più di recente. Egli racconta, inoltre, di questo diffuso intombamento e indica anche alcuni punti in cui sarebbero interrati dei rifiuti. Qui c’è un problema, che andrebbe ulteriormente verificato e su cui, per la verità, è stato fatto solo qualche accertamento. È chiaro che le verifiche fatte nel 1997 non sono caratterizzate dall'attenzione e dalla capacità di riscontro, anche tecnologico, delle verifiche che si possono fare nel 2015; i mezzi a disposizione, la sensibilità sul tema, le strumentazioni a disposizione anche delle forze di polizia giudiziaria, come anche le tecniche per fare delle verifiche nei posti indicati da Schiavone sono molto diversi; nel 1997 alcune verifiche vengono fatte, alcune hanno buon esito e altre no, ma è chiaro che se fossero state fatte all'epoca con i mezzi di oggi, probabilmente il risultato sarebbe stato ulteriormente positivo.
  Ripetute nel 2015 queste verifiche sono più problematiche, perché i luoghi indicati non sono piccoli come questa stanza, bensì enormi terreni, enormi luoghi, come masserie e terre, che vengono di volta in volta identificati. Fare un accertamento di dettaglio, in profondità che possono anche superare i 15 metri, richiede, evidentemente, un dispendio di energie che bisogna poter mettere in campo e che non è Pag. 6detto sia l'autorità giudiziaria a doverle mettere in campo. Si tratterebbe di fare degli accertamenti molto costosi a fronte di esiti processuali pressoché nulli. Diverso è se queste attività siano messe in campo da autorità amministrative, le quali possono essere investite di questo compito. Comunque sia, i luoghi ci sono e sono indicati; anche oggi, attualmente, ci sono degli scavi in corso, in parte delegati all'autorità giudiziaria napoletana, a Casal di Principe e vicino allo stadio di Casal di Principe. Alcuni riscontri, quindi, sono stati fatti. Naturalmente, bisogna intendersi sui rifiuti intombati. Su questo tema io credo che si debba avere la capacità di depurare le dichiarazioni di Carmine Schiavone da un aspetto più folcloristico. È chiaro che un conto è se uno parla di rifiuti radioattivi, un altro è se parla di rifiuti tossici. I rifiuti tossici sicuramente ci sono e sono stati trovati, mentre i rifiuti radioattivi non sono stati trovati. Questo non significa che i rifiuti tossici non siano pericolosi e problematici per un determinato territorio. Dico ciò perché credo – lo ripeto – che si debba tener conto delle dichiarazioni di Carmine Schiavone per il fatto che lui in quel periodo, cioè nel 2013, sostanzialmente ripete quello che aveva detto nel 1997, ma questa volta lo grida in televisione, quindi, con un rimbalzo enorme. Secondo me, però, Schiavone arricchisce quel racconto televisivo con qualche aspetto eclatante. Ciò si spiega, probabilmente, con la sua condizione soggettiva: Carmine Schiavone, nell'agosto del 2013, quando rende quelle dichiarazioni, è per la prima volta dopo vent'anni un cittadino libero, avendo finito di scontare completamente la sua pena, anche agli arresti domiciliari (l'aveva finita di scontare a luglio). Egli è però anche un cittadino che non ha più il sostegno dello Stato, perché è uscito dal programma di protezione; è chiaro, quindi, che cerchi un po’ di visibilità in quel momento storico. Il fatto che Carmine Schiavone cerchi visibilità, però, comporta la necessità di depurare le sue dichiarazioni da questi profili; ciò non significa che egli stia facendo il buffone o che dica delle bugie, perché – lo ripeto – ci dice esattamente quello che aveva già detto nel 1997 davanti a una Commissione parlamentare (tant’è vero che, essendo stato poi desecretato quel verbale, se lo confrontate con le sue dichiarazioni, anche con quelle pubbliche, trovate una coincidenza significativa). Naturalmente, Carmine Schiavone non è il depositario delle informazioni più significative sulla storia dei rifiuti del clan dei Casalesi, proprio perché lui si occupava di altro: era il cassiere del clan. Tuttavia, lo ripeto, per un verso egli racconta un dato oggettivo (gli arrivavano i soldi della cessione di questo affare), per un altro individua in Bidognetti Francesco il soggetto che gestiva questo affare dei rifiuti industriali provenienti dal Nord. Questo dato di dichiarazione ha ricevuto riscontri processuali significativi già negli anni Novanta e, lo ripeto, viene ribadito recentemente dalle dichiarazioni di Antonio Iovine. Il tema dell'intombamento e della gestione delle discariche abusive è un tema che – io credo – debba essere affrontato tenendo conto della compresenza di più interessi, a partire da quelli della camorra, ma sicuramente anche di soggetti imprenditoriali o industriali, i quali avevano interessi dal punto di vista economico a non smaltire legalmente rifiuti, non solo per risparmiare sullo smaltimento, ma anche perché, verosimilmente, parte delle produzioni erano in nero, cioè non risultavano formalmente. Se produco in nero e devo smaltire ciò che deriva dalla lavorazione, non lo posso smaltire nel ciclo legale dei rifiuti, ma ho bisogno di smaltire tale produzione parallelamente. Credo che in questo settore sia opportuno tenere conto che c’è una fetta del problema che non interessa la camorra, ma che interessa, per esempio, le imprese locali che hanno questa stessa esigenza e che si affidano a soggetti, faccendieri e intermediari i quali possono essere anche sganciati dal profilo camorristico. Il fenomeno dell'intombamento e delle piccole discariche abusive è un fenomeno complesso, che a mio giudizio vede, per quello che emerge dai dati giudiziari, la presenza della camorra proprio perché essa sicuramente controlla il Pag. 7territorio, lucrando su queste attività e gestendo tale traffico macroscopico, soprattutto proveniente dal di fuori del territorio, ossia dal di fuori della regione Campania. Tuttavia, essa ha una sezione di traffico gestita a livello locale, a livello di circuiti, che potremmo definire anche di criminalità ordinaria, perché ci sono la produzione in nero, lo smaltimento più economico e la gestione di microintombamenti. Questo è un primo settore di riferimento che può essere oggetto di approfondimento. L'altro settore è quello del ciclo legale dei rifiuti, che secondo me è quello – forse – di maggiore interesse, o che dovrebbe essere di maggiore interesse per un approfondimento che voglia uscire dal momento giudiziario e porsi la questione del funzionamento di alcuni meccanismi. Che cosa posso segnalarvi ? Innanzitutto vi posso segnalare alcune enormi – a mio giudizio – questioni giudiziarie da cui trarre dei filoni di approfondimento e di riflessione. Faccio una premessa che deriva dalla mia esperienza e farò riferimento ad alcune questioni giudiziarie che coinvolgono ora esponenti politici di una fazione, ora esponenti politici di un'altra fazione, sottolineando che l'analisi, per la mia esperienza giudiziaria, è a trecentosessanta gradi. Naturalmente, non spetta a me fare le differenze: le farà la Commissione. Alcuni fatti hanno avuto un rilievo penale significativo, con politici, anche di rilievo nazionale, che sono detenuti. Altri fatti – forse – restano relegati a livello della responsabilità politica, ma a mio giudizio non sono meno rilevanti per il tema che voi trattate. Nella provincia di Caserta un'enorme questione è stata quella della gestione della Eco4 (penso che sia una materia che conoscete). Si tratta di un'enorme questione, che atteneva tutta al momento del ciclo legale dei rifiuti, della raccolta e del trasporto degli stessi. È una questione che coinvolge il Commissariato straordinario per i rifiuti e le attività che furono affidate a Fibe-Fisia per quanto riguarda lo smaltimento, secondo l'accordo per cui nella provincia di Caserta il consorzio si sarebbe occupato della raccolta e del trasporto. Su questa vicenda si è giocata una partita politica, imprenditoriale e al tempo stesso camorristica che, a un certo punto, si è intrecciata. I protagonisti di questa partita sono stati due soggetti imprenditoriali molto significativi: uno era Nicola Ferraro, l'altro era dato dai fratelli Michele e Sergio Orsi (Michele Orsi è stato ammazzato dalla camorra il 1o giugno 2008).
  In merito ci sono delle particolarità che secondo me vanno considerate. La prima particolarità, per esempio, sta nel capire una personalità come quella di Nicola Ferraro (ne posso parlare in audizione pubblica perché faccio riferimento a processi e ad atti pubblici). Nicola Ferraro è stato condannato in appello – non so se la sua condanna sia divenuta definitiva – per concorso esterno nell'associazione mafiosa clan dei Casalesi. Nicola Ferraro è secondo me è un personaggio che va studiato dal punto di vista sociologico, nel senso che l'idea che tutti avete del famoso tavolino a tre gambe, di siciliana memoria, che mette insieme l'imprenditore, il politico e il mafioso, trova in Nicola Ferraro una straordinaria identità nella stessa persona. Siamo in presenza di un soggetto che è un imprenditore dei rifiuti molto bravo e che acquisisce un know-how significativo. La Eco Campania, a un certo punto, prende gli appalti a Perugia e a Riva del Garda, cioè nel Centro-Nord: ha una sua struttura. Certamente, l'appalto che prende a Riva del Garda non lo prende perché la camorra glielo dà, ma lo prende perché, a un certo punto, è in grado di assumere una capacità imprenditoriale significativa.
  Nicola Ferraro, però, è anche un politico. Nel 2005 diventa consigliere regionale; egli ha fatto tutta la trafila politica nello schieramento politico che, con diverse denominazioni, segue il partito dell'onorevole Mastella, cioè l'UDEUR. Le denominazioni qualche volta sono cambiate ma l'UDEUR me la ricordo bene, quindi, la cito per identificare il partito. Nicola Ferraro è originario di Casal di Principe ed è un politico significativo nella provincia di Caserta. Tenete conto che in alcune elezioni a Casal di Principe, Pag. 8l'UDEUR prende il 33-34 per cento. Qualche volta nei processi ho fatto delle battute dicendo che Mastella a Ceppaloni non prende il 33 per cento, ma lo prendeva Ferraro a Casal di Principe nell'UDEUR, per dire che costui aveva una sua sostanza in un dato territorio.
  Poi Ferraro diventa consigliere regionale. Per diventare consigliere in Campania ci volevano tanti voti con le preferenze. Nicola Ferraro, però, è un soggetto mafioso, perché è un soggetto che ha un rapporto molto stretto con il clan Schiavone e con il clan Bidognetti. Fatta questa premessa su questo secondo aspetto sociologico, secondo me davvero significativo, questa persona riesce a tenere insieme diverse nature (ricordo che, a un certo punto, lui si trova ad avere un'inaspettata concorrenza da due soggetti che di rifiuti non sanno assolutamente niente, i fratelli Orsi, i quali sono proprio in difficoltà). Nicola Ferraro, insieme con il fratello, che credo si chiami Luigi, è un soggetto che gestisce la raccolta dei rifiuti a Castel Volturno e in tanti comuni del casertano; ad un certo punto spunta Orsi; Nicola Ferraro è un amico degli Schiavone, tuttavia, a un certo punto spunta Orsi e inizia sul territorio a farsi strada. In buona sostanza, Orsi fa l'accordo prima con i Bidognetti e, a quel punto, scalza Ferraro da alcuni comuni. Nicola Ferraro ha un appalto al Castel Volturno e praticamente l'amministrazione comunale glielo revoca perché deve rifare la gara. Orsi si è messo d'accordo con il reggente del clan Bidognetti, Luigi Guida, che poi inizia a collaborare con la giustizia nel 2009, quindi ci racconta direttamente queste vicende.
  A un certo punto, che cosa succede ? Sorge la grande questione, il grande affare dell'Eco4, cioè la possibilità che la società mista, a capitale pubblico e a capitale privato, possa gestire, in una fetta importante del territorio della provincia di Caserta, la raccolta e il trasporto dei rifiuti, perché dello smaltimento si occupa poi Fibe. Naturalmente, qui occorre mettere insieme la parte pubblica e la parte privata. La parte pubblica è quella che viene gestita a livello politico. Il protagonista degli atti processuali di questa vicenda è Nicola Cosentino, che sta celebrando il processo a Santa Maria Capua Vetere: è in stato di detenzione. Occorre, quindi, fare il bando, che viene costruito su misura; il vestito viene costruito a misura dei fratelli Orsi e della Flora Ambiente, che vincono il bando; pertanto, nasce la società mista che mette insieme gli interessi della politica e dell'imprenditoria.
  A un certo punto, però, c’è un passaggio di mano dal punto di vista camorristico. Di questo parla in maniera dettagliata un altro collaboratore di giustizia, fondamentale nel settore, Gaetano Vassallo, un imprenditore dei rifiuti che gestiva una discarica a Giugliano per conto della camorra, ma con rapporti con il Commissariato straordinario. A un certo punto, c’è un passaggio di mano della camorra: ciò che doveva essere gestito dai Bidognetti, viene passato agli Schiavone. Ciò avviene perché gli interessi politici e camorristici che coinvolgono l'onorevole Cosentino si avvicinano a quelli degli Schiavone e perché gli Orsi promettono più soldi, più posti di lavoro e più possibilità di gestione clientelare (vi semplifico quello che voi potete trovare in atti giudiziari facilmente reperibili, in quanto pubblici).
  Anche qui c’è un dato interessante: mentre gli Orsi si spostano con gli Schiavone, Ferraro si sposta con i Bidognetti e si realizza la teoria del pendolo, cioè si alternano con l'uno o con l'altro clan sui rispettivi territori per trovare appoggi. Nasce così un asse molto forte tra Nicola Ferraro e il clan Bidognetti, in particolar modo con Luigi Guida, il reggente del clan Bidognetti, personaggio molto particolare, che collabora e racconta tutta una serie di storie.
  Nel frattempo, per restare agli Orsi, a Cosentino e a tutti gli interessi che girano intorno a questa vicenda, che poi si complica e che vede un dato ambientale di infiltrazione molto radicato, per cui sicuramente vi saranno stati addentellati anche in altri settori della pubblica amministrazione, nasce un'idea, ossia quella di Pag. 9mettere in campo la possibilità di costruire un termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa. Anche questa, nella ricostruzione giudiziaria che viene fatta, è un'intuizione che accompagna gli interessi del clan Schiavone, che sono competenti per territorio – Santa Maria La Fossa è zona di competenza della famiglia Schiavone di Casal di Principe – e gli interessi politici dell'onorevole Cosentino, il quale intende fare da contraltare nella gestione di questo importante interesse e impianto alla gestione Fibe-Fisia, cioè quella che il Commissariato straordinario ha affidato a questo soggetto.
  Mentre si svolge questa vicenda, Nicola Ferraro si avvicina ai Bidognetti – le vicende di cui vi sto parlando sono del 2002, 2003 e 2004 – e a Luigi Guida. Nasce un rapporto molto stretto, molto importante e molto particolare, perché loro si rendono conto che sui rifiuti sono ormai perdenti: il clan Bidognetti è recessivo rispetto al clan Schiavone e gli interessi politici si sono ormai spostati sulla vicenda di Santa Maria La Fossa.
  Tuttavia, questo rapporto di Nicola Ferraro con Luigi Guida è un rapporto molto utile da scandagliare, perché Nicola Ferraro abbandona un attimo i panni dell'imprenditore dei rifiuti per vestire i panni dell'intermediario di camorra e di politica. Costui parla con il boss e gli dice: «nella zona in cui tu comandi – Castel Volturno, Villa Literno, Lusciano, tutta l'aria bidognettiana – io sono in grado di farti fare un accordo di base con i sindaci e con gli amministratori locali e possiamo gestire tutti gli appalti».
  L'accordo è un accordo base molto semplice: invece di lasciare che la camorra vada a fare le estorsioni dopo l'assegnazione degli appalti alle imprese, l'accordo viene fatto a monte, assegnando direttamente gli appalti alle imprese della camorra. In questo modo arrivano i soldi, non si fa casino sul territorio, non ci sono reazioni, non ci sono cantieri che si fermano, non ci sono problemi, non si dà nell'occhio e si mette la gente a lavorare. Questo è l'accordo di base e ve lo racconto perché da qui nasce la vicenda di Villa Literno.
  La vicenda di Villa Literno è secondo me, per come si dipana, una vicenda straordinaria. Che cosa succede ? Succede che il sindaco Fabozzi viene eletto nel 2003 e, subito dopo, si incontra con Guida e Ferraro, mettendo in pratica quello che vi dicevo prima, ossia decidendo quali sono i lavori che si devono fare a Villa Literno. Nicola Ferraro indicherà le ditte anche per conto di Luigi Guida; le ditte prenderanno gli appalti (Luigi Guida, quando racconta la vicenda nel suo linguaggio molto semplice, fa la differenza fra gli appalti grandi e gli appalti piccoli, cioè quelli europei e quelli non europei); egli conosce il meccanismo e ce lo spiega in questo modo: l'imprenditore pagherà una tangente da dividere in tre parti: in parte a Nicola Ferraro, in parte al sindaco e in parte a Guida, ossia la camorra, la politica e l'intermediario. Questo è l'accordo di base. Si fanno, quindi, una serie di lavori, ma poi succede una cosa molto importante, che secondo me dimostra come la vicenda dei rifiuti sia molto più importante e centrale nella storia della regione Campania di quanto si possa immaginare guardando ai singoli fatti.
  Siamo nel 2004, in piena emergenza rifiuti e non si sa dove mettere le ecoballe. Questo è un altro tema su cui, di qui a un attimo, diremo qualche cosa. La vicenda delle piazzole delle ecoballe è una vicenda spesso dimenticata nel dibattito pubblico (anche nella vecchia relazione non se ne fa un particolare approfondimento, mentre è secondo me molto importante).
  Non si sa dove mettere le ecoballe: tutte le volte che si va a individuare un'area la popolazione insorge. Ci sono comizi ovunque e anche a Villa Literno succede così. La regione sembra individuare un'area a Villa Literno. Iniziano però i cortei; il sindaco stesso si mette in testa al corteo, blocca tutto e si fa fotografare dalle forze di polizia che combatte. A un certo punto, però, egli non combatte più; a un certo punto, Villa Literno dà la disponibilità per accogliere la piazzola delle ecoballe e fa Pag. 10ciò utilizzando un meccanismo previsto dalla legge regionale. La legge regionale prevede, infatti, che la comunità che dà la disponibilità per l'insediamento delle ecoballe abbia diritto a un ristoro economico. Il Fabozzi, quindi, a un certo punto non combatte più. Naturalmente, qui bisogna capire perché non abbia più combattuto e ci sono dei dati che possono essere valutati. Fabozzi è un sindaco di una parte politica (mi ricordo come si chiamasse, se DS, PDS o PD, ma comunque si trattava di quel partito). Nel 2004 la regione è comandata dalla Presidenza Bassolino. Lui è molto amico di un importante riferimento politico casertano di quel partito, Achille Natalizio, che è il soggetto di riferimento dal punto di vista politico (questo è tutto negli atti processuali, che troverete ricostruiti nella sentenza che sarà pubblicata dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere).
  È chiaro che c’è la necessità di fornire una risposta. Probabilmente, anche per ragioni di carattere politico, egli lo fa: si mette a disposizione e a Villa Literno arrivano le ecoballe. Non è questo, però, il problema. Il problema è chi gestisce la piazzola delle ecoballe, cioè chi la costruisce, chi si occupa della gestione della raccolta del percolato della piazzola delle ecoballe e che fine fanno i soldi che la Regione eroga a Villa Literno come ristoro per avere concesso tale piazzola. A tutte queste domande nel processo si risponde che Fabozzi gestisce con la camorra e con le imprese della camorre, o con le imprese a lui vicine dal punto di vista politico. Vedete, quindi, che intorno a una semplicissima operazione, compiuta apparentemente nella completa legalità – metto a disposizione il mio territorio per costruire la piazzola delle ecoballe, che nessuno vuole – si costruisce un meccanismo economico, imprenditoriale, politico e camorristico enorme, che sfocia nella condanna di questo signore, per concorso esterno in associazione mafiosa, a dieci anni in primo grado da parte del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
  Che cosa c’è nel processo ? La piazzola delle ecoballe viene costruita da una ditta di una famiglia, la famiglia Tamburrino, di cui uno degli esponenti è il vicesindaco di Fabozzi; costoro hanno interessi economici comuni in altre società. La ditta che gestisce la gestione del percolato derivante dalle piazzole delle ecoballe è della famiglia Di Fraia, di cui un esponente fa parte dell'amministrazione Fabozzi e con cui il Fabozzi arriva, per interposta persona, a interessi economici di altra natura. Tamburino, quindi, paga la famosa tangente a Guida, a Fabozzi e a Nicola Ferraro, divisa per tre (120.000 euro, 40.000 per ciascuno), ma soprattutto i soldi che arrivano a Villa Literno: a Villa Literno arrivano 13 milioni di euro. Questi soggetti mettono in campo un sistema di riorganizzazione urbana complessiva del territorio di Villa Literno che viene assegnato a un'impresa, questa volta attraverso una gara – con il sistema su cui bisognerebbe fare qualche riflessione – dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Bisognerebbe, infatti, parlare di che cosa sia il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, cioè di che cosa sia il sistema al massimo ribasso e di come la camorra si inserisca nell'uno e nell'altro. Comunque, il lavoro viene assegnato a un'impresa, l'impresa Malinconico, il cui titolare è socio in affari di Antonio Iovine. Noi sappiamo ciò da prima perché Malinconico lo arrestiamo prima; poi Antonio Iovine inizia a collaborare con la giustizia e ci racconta questo straordinario rapporto, al 50 per cento, che aveva con Giovanni Malinconico, l'imprenditore che il sindaco Fabozzi sceglie per vincere la gara di riurbanizzazione di Villa Literno, che riesce a fare con i soldi dei rifiuti che ha messo a disposizione dell'amministrazione regionale per la costruzione della piazzola delle ecoballe. Lui riesce a fare, prima che la magistratura intervenga, da quadrato del cerchio, perché riesce a mettersi a disposizione politicamente per la sua cordata, a risolvere un problema, a far avere soldi sul territorio, a rimettere in sesto Villa Literno (13 milioni di euro a Villa Literno sono tantissimi), a guadagnare un sacco di soldi con le mazzette, a far lavorare la camorra e a garantirsi voti per la sua rielezione Pag. 11(viene infatti rieletto dopo quattro anni e poi diventa consigliere regionale). L'imprenditore Malinconico racconta serenamente di aver finanziato soldi per la campagna elettorale. Quando a Villa Literno viene sciolto il consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, occorre fare ricorso al TAR e pagare l'avvocato: glielo paga Malinconico. Questo è il contesto nel quale si svolgono queste vicende.
  Io mi fermo. Vi ho fornito il quadro. Mi direte voi se vi interessa approfondire qualcosa. Tuttavia, da ultimo, tra la vicenda dei fratelli Orsi, di Nicola Ferraro, dell'onorevole Cosentino, di Fabozzi e Villa Literno, vi sto parlando di un esponente politico di destra e di uno di sinistra, di questioni diverse, molto diverse: uno è già condannato, l'altro è detenuto e in attesa del giudizio. In ogni caso, vi rendete conto di come la vicenda diventi significativa. Vi voglio ora raccontare di un'altra vicenda, che vi aiuta ulteriormente a capire la complessità del tema e come esso impatti in maniera significativa.

  PRESIDENTE. I colleghi della scorsa legislatura la storia la conoscono, quelli della nuova forse no. Sarebbe opportuno rivederla, ripercorrendo il perché, a un certo momento, in questa situazione scoppia il conflitto tra i Bidognetti e il clan Schiavone, che è poi il motivo per cui viene ucciso Orsi. Le vicende sono veramente tante, ma ciò aiuterebbe a fornire un quadro completo per tutti coloro che non sono addentro questa vicenda.

  ANTONELLO ARDITURO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. La vicenda di Michele Orsi è una vicenda in parte avvolta dal mistero: bisogna limitarsi a riferire i fatti. Spetterà a voi, poi, fare eventuali approfondimenti. Michele Orsi è quell'imprenditore che, come abbiamo detto, con l'Eco4 gestisce questo enorme affare, mettendo a disposizione tanti soldi, facendo tanti soldi e facendo tanta clientela per la parte politica. Michele Orsi aveva un rapporto precedente con il Bidognetti, al quale aveva promesso soldi e pagava l'estorsione. A un certo punto, però, passa sotto l'ala protettiva degli Schiavone. Michele Orsi, a un certo punto, inizia a rendere alcune dichiarazioni alla DDA di Napoli, dichiarazioni vagamente collaborative, nel senso che dice e non dice: alcune cose le dice, altre le nega, ma inizia comunque un rapporto diverso rispetto a quello fisiologico del mafioso che non risponde. Lui, infatti, risponde, si fa interrogare e dice delle cose (naturalmente, dice delle cose molto difensive e, quindi, la sua posizione resta questa).
  Michele Orsi viene ammazzato il 1o giugno 2008 con un'azione particolarmente eclatante, secondo me la più eclatante degli ultimi quindici anni nella provincia di Caserta. Ammazzare qualcuno di domenica mattina alle ore 13 nella piazza di Casal di Principe, fuori da un bar, è un'impresa che non si può fare così; è un'impresa che coinvolge, evidentemente, la responsabilità ad alto livello dell'organizzazione criminale. Il processo dimostra che Orsi l'hanno ammazzato i Bidognettiani, ossia Setola, nell'ambito di un progetto di terrore che aveva messo in campo in quei mesi. Ci sono delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia – credo sia Oreste Spagnuolo – che raccontano che due giorni prima – o il giorno prima – dell'esecuzione di Michele Orsi, Setola dice al fratello di Nicola Ferraro: «dì a Nicola che domani gli faccio un bel regalo».
  Questi sono i dati oggettivi. Il processo è stato fatto. Il gruppo Setola è sicuramente responsabile ed è stato condannato. Se questa sia un'iniziativa di un pazzo, quale era Setola, cioè di un killer che non aveva mai alcun tipo di rispetto, neanche delle regole della camorra, oppure se sia un'operazione che prevede regie alte, allo stato, gli accertamenti giudiziari non l'hanno accertato. È certo, però, che un Michele Orsi collaboratore sarebbe stato una persona molto pericolosa dal punto di vista della ricostruzione di alcuni fatti, proprio perché li aveva vissuti in prima persona. Non eravamo ancora a questo punto, quindi, questo non lo possiamo sapere, ma il dato mi sembra questo.Pag. 12
  Vi dicevo che, secondo me, c’è una parte completamente assente dalla vecchia relazione – credo anche per una questione di tempistica, cioè di discovery di atti – ma che è molto importante. È una vicenda che vi posso iniziare a raccontare dalla fine, cioè dalla gestione che un'impresa legata al clan Zagaria fa della costruzione della discarica di Chiaiano. La discarica di Chiaiano è il luogo scelto dal sottosegretariato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, posizione di cui era titolare Guido Bertolaso. Dopo la fase del commissariamento, c’è il sottosegretariato che deve risolvere l'enorme emergenza rifiuti del 2008: c’è sia l'emergenza a Napoli, con le sue montagne di spazzatura per strada, sia quella vicenda terribile di cui mi sono occupato anch'io, che si è conclusa, anch'essa, con un processo che andrebbe studiato. Mi riferisco alla rivolta di Pianura, dove viene messo a ferro e fuoco un quartiere. Il tribunale di Napoli ha condannato un altro esponente politico, un consigliere comunale di Napoli, Marco Nonno, che è stato condannato per devastazione in primo grado. In ogni caso, ci sono montagne di rifiuti, quindi viene individuata Chiaiano come la discarica della città di Napoli: viene fatto l'appalto. Questa vicenda è compendiata in un processo nell'ambito del quale c’è stata l'esecuzione di una misura cautelare, che adesso è a dibattimento. Il processo ha visto coinvolti gli imprenditori che hanno vinto l'appalto e gli imprenditori a cui è stato affidato il subappalto per la costruzione della discarica di Chiaiano. Tuttavia, c’è qualche cosa che non funziona, perché prima ancora dell'inizio della procedura di gara, c’è un'intercettazione in cui gli imprenditori – che poi vinceranno il subappalto – dicono tra di loro di stare tranquilli, perché tanto con Chiaiano arriveranno tanti soldi e la discarica la costruiranno loro. Che cosa accade ? Accade che l'appalto viene vinto con una procedura complicata, perché c’è chi rinuncia e chi ha un problema. L'appalto viene vinto da un'impresa che si chiama IBI Idroimpianti, un'impresa che aveva già avuto qualche problema perché aveva svolto dei lavori in una discarica di Palermo (aveva avuto dei problemi di interdittiva, poi risolti); IBI Idroimpianti vince questa gara d'appalto e affida il subappalto per la costruzione della discarica a un'impresa che si chiama Edilcar; i titolari di questa impresa sono i fratelli Carandente Tartaglia.
  Questi signori sono stati arrestati per concorso esterno in associazione mafiosa, perché Giuseppe Carandente Tartaglia viene considerato socio di fatto di Pasquale Zagaria, il fratello di Michele Zagaria, l'ultimo dei boss dei Casalesi che è stato arrestato. La vicenda di Carandente Tartaglia e di Pasquale Zagaria è una vicenda enorme. Voi la potrete leggere nel dettaglio – se farete una ricostruzione di questi fatti – in questa richiesta di ordinanza di custodia cautelare che abbiamo scritto, ma bisogna capire di che si tratta. Parliamo di imprenditori che, a partire dal 1994, secondo le dichiarazioni di Gaetano Vassallo, di Emilio Di Caterino, di Roberto Perrone – per quanto riguarda il clan Polverino e Marano – di Luigi Guida e anche di persone offese di estorsioni, hanno sempre lavorato nel settore dei rifiuti. La loro impresa nasce in rapporto con il clan Mallardo...

  PRESIDENTE. Scusi, ma, visto che l'argomento, come avete capito, è piuttosto interessante e approfondito e noi abbiamo di fatto solo qualche minuto, io chiederei per gentilezza al dottor Ardituro di chiudere questo ragionamento qui, per poi aggiornarci e completarlo in seguito. Purtroppo, è una storia lunga e ci vuole tempo. Peraltro, le domande – io ne avevo già una fila – credo siano diverse. Le chiederei, quindi, di completare questa parte.

  ANTONELLO ARDITURO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In maniera molto breve, per punti, questa è una storia che va ricostruita. Si tratta di imprenditori inizialmente legati al clan Mallardo, che iniziano a lavorare nel giuglianese: ne parla Vassallo perché Vassallo ha la sua discarica a Giugliano.Pag. 13
  I Mallardo, quindi, li sostengono. A un certo punto, però, loro incontrano Pasquale Zagara; Pasquale Zagaria è la mente imprenditoriale del fratello Michele; ha tanti soldi, ha i mezzi, ha i camion e ha la possibilità del trasporto, pertanto si mettono insieme. In questo rapporto c'entra anche la IBI Idroimpianti, perché lavorava – parliamo del 1994 – a Giugliano. Le cose, quindi, evolvono. Per non farvi perdere tempo, in questa fase a me preme sottolineare alcuni dati che sono imbarazzanti e problematici. Da una semplice richiesta di acquisizione atti al Commissariato emerge che la Edilcar e le imprese di Carandente – quindi, di Pasquale Zagara – hanno svolto per Fibe-Fisia attività di trasporto e di costruzione per decine e decine di contratti e per milioni e milioni di euro. Noi abbiamo, da un punto di vista documentale, rapporti contrattuali tracciati tra Fibe-Fisia e Carandente, il che significa Pasquale Zagaria. Torna sempre nelle dichiarazioni – lo dice Vassallo, lo dicono altri e poi lo dice Iovine per un'altra vicenda a cui voglio fare un brevissimo accenno – l'esistenza di un ingegnere del Commissariato che ha rapporti con questa gente. Noi non sappiamo chi sia quest'ingegnere, perché nessuno ce lo riesce a dire, ma c’è questo ingegnere: ce lo dicono, da più parti, diverse persone. Si capisce che questi affidamenti non avvenivano per caso, ma secondo un filo logico: sono decine e decine. Tra l'altro, poi, questo Carandente è uno bravo, perché diventa il presidente del consiglio di amministrazione di un consorzio di soggetti imprenditoriali i quali, in tutta la regione Campania, si occupano del trasporto. Pertanto, egli riesce a gestire e a manovrare tutta una serie di cose. Dell'ingegnere parla, in una vicenda che collegata in parte con quella di Villa Literno, in parte con questa, Antonio Iovine, quando ci parla dei fratelli Mastrominico. Attenzione: i fratelli Mastrominico sono quelli condannati su Villa Literno perché erano i soci di quel Malinconico che vince il mega appalto di 13 milioni di euro. Costoro vengono condannati recentemente. Succede, quindi, un'altra cosa straordinaria. Anche in questo caso Fibe-Fisia deve acquisire un terreno su cui sistemare una piazzola di ecoballe, in località Pozzo Bianco: che cosa fa ? Prende in fitto questo terreno dalle due mogli di questi due signori Mastrominico, che hanno – guarda caso – un terreno disponibile. Viene quindi pagato un fitto decennale a 180.000 euro all'anno, 1,8 milioni: non c’è male per un terreno. Poi, Fibe-Fisia dà agli imprenditori Mastrominico, i mariti delle due donne, l'incarico di costruire la piazzola, di fare il massetto e via elencando: si tratta di altri 2 milioni di euro. Che cosa dice Iovine ? Dice che, quando Fibe-Fisia fa questo affare con i Mastrominico, Zagaria impazzisce perché questo affare lo doveva fare Carandente Tartaglia, il suo socio di fatto. Era infatti Zagaria che gestiva tutti questi interessi; se la prende, quindi, con i Mastrominico e li manda a chiamare. I Mastrominico, peraltro, non sono scoperti dal punto di vista camorristico e mandano a parlare con lui Nicola Panaro, il reggente del clan Schiavone. Panaro va parlare con Zagaria e gli dice: «i Mastrominico sono roba nostra. Qual è il problema ?» I Mastrominico riescono, quindi, a far fronte all'iniziativa di Zagaria per l'intervento degli Schiavone. Che cosa dice Antonio Iovine ? Dice di aver saputo da Nicola Panaro che anche i Mastrominico avevano con Fibe-Fisia un aggancio con questo ingegnere, di cui lui, però, non è in grado di dire il nome. Questo ingegnere, però, torna sempre. La vicenda delle piazzole delle ecoballe, quindi, è tutta una vicenda di terreni da mettere a disposizione e di incarichi da affidare. Il dato a mio giudizio preoccupante, al di là dei nomi delle persone, è la gestione fatta da Fibe-Fisia, la quale, al netto delle responsabilità, aveva avuto l'incarico: nessuno sapeva niente, nessuno ha colpe, ma il dato oggettivo, quindi il dato politico che per la Commissione credo sia interessante avere – è che i soldi del Commissariato sono finiti alla camorra, perché sono finiti a Carandente, ai Mastrominico e a Vassallo.
  Noi possiamo anche dire che non c’è alcuna responsabilità penale, perché fino a questo momento non siamo riusciti a dimostrare diversamente (non è un dato che ci interessa), tuttavia, il dato storico che lo Stato abbia messo dei soldi e che questi Pag. 14soldi per la gestione di questo disordinato ciclo dei rifiuti siano andati costantemente a imprese vicine alla camorra è un fatto oggettivo e documentale.
  Il problema è perché il ciclo dei rifiuti sia stato così disordinato. È di tutta evidenza che se io resto nell'emergenza vent'anni e la camorra ha i camion, i terreni e i mezzi per far fronte all'emergenza (naturalmente, attraverso dei prestanome), se cioè resto nell'emergenza e non organizzo il ciclo dei rifiuti in maniera significativa, inevitabilmente creo un'autostrada per gli interessi camorristici. Qualche volta questi interessi camorristici si sono sposati con gli interessi politici. Io vi ho citato le ipotesi di Fabozzi e di Casentino: questo è il dato. Mi fermerei qui.

  PRESIDENTE. Intanto la ringraziamo per la ricostruzione, non semplice. Concorderemo, in base anche alle sue esigenze, prendendoci il tempo adeguato, un'occasione per poter completare questo quadro e per poterle fare anche alcune domande. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.