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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 96 di Mercoledì 10 giugno 2015

INDICE

Pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Buemi Enrico  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Buemi Enrico  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Buemi Enrico  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Buemi Enrico  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Buemi Enrico  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Buemi Enrico  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Mirabelli Franco  ... 14 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 14 
Mirabelli Franco  ... 14 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Mirabelli Franco  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Falanga Ciro  ... 15 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Torrisi Salvatore  ... 16 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Torrisi Salvatore  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Mirabelli Franco  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Mirabelli Franco  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Mirabelli Franco  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Falanga Ciro  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Falanga Ciro  ... 19 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 20.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca le comunicazioni della presidente. In base a quanto convenuto nella riunione di ieri, nell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, tali comunicazioni costituiscono il seguito di quanto era all'ordine del giorno della precedente seduta del 29 maggio scorso in merito alla verifica di cui all'articolo 4 del codice di autoregolamentazione in materia di formazione delle liste elettorali approvato dalla Commissione nella seduta del 23 settembre 2014. Mi riallaccio, pertanto, innanzitutto al documento da me depositato agli atti della Commissione nella scorsa seduta, di cui intendo riassumere ed esplicitare ulteriori contenuti. La legge 19 luglio 2013, n. 87, ha istituito per la durata della XVII legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali similari, anche straniere. La legge prevede che tra i suoi compiti la Commissione antimafia abbia quello di indagare sul rapporto tra mafia e politica, con riguardo alla sua articolazione nel territorio e negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive (articolo 1, comma 1, lettera f)) e, altresì, quello di svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e di proporre misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia (articolo 1, comma 1, lettera n)).
  Il tema del rapporto tra mafia e politica è da tempo presente nei lavori della Commissione antimafia. Esso è stato oggetto di una specifica relazione alle Camere nel 1993. Vale altresì la pena di ricordare la precedente relazione di Pio La Torre, in cui il rapporto tra mafia e politica era ampiamente indagato. Esso è stato poi in seguito chiaramente indicato come compito della Commissione da parte delle leggi istitutive. A partire dal 2001 compare, infatti, un esplicito riferimento alle connessioni, comprese quelle istituzionali, del fenomeno mafioso. Dal 2006 è attribuito alla Commissione anche il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali. Dal 2008 alla Commissione è attribuito il compito di indagare sul rapporto tra mafia e politica riguardo alla sua articolazione nel territorio e negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive.Pag. 4
  In attuazione del compito stabilito dalla legge l'attuale Commissione antimafia, nella riunione del 23 settembre 2014, ha approvato una relazione in materia di formazione delle liste delle candidature per le elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali. La relazione approvata dalla Commissione, com’è noto, contiene una proposta di autoregolamentazione rivolta ai partiti politici, alle formazioni politiche, ai movimenti e alle liste civiche affinché si impegnino in occasione di qualunque competizione elettorale a non presentare e nemmeno a sostenere, sia indirettamente, sia attraverso il collegamento ad altre liste, candidati che non rispondano ai requisiti previsti dal codice medesimo, che sono ulteriori e più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente che ne costituisce, naturalmente, il presupposto. Ci si riferisce, in particolare, al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, emanato in attuazione della cosiddetta legge Severino. Il codice enumera, in particolare, una serie di condizioni collegate a situazioni giudiziarie non coperte da segreto e, dunque, pubbliche, a partire dal rinvio a giudizio, che vengono considerate ostative, naturalmente per libera scelta di chi vi aderisce, alla candidatura in qualsiasi competizione elettorale. Esso, inoltre, anticipa la soglia di rilevanza della situazione processuale già al decreto di rinvio a giudizio e prende in considerazione non qualsiasi reato, ma solo alcune fattispecie, in particolare i reati di mafia e alcuni di quelli considerati reati spia di possibile infiltrazione e condizionamento mafioso, come la corruzione e la concussione. Il codice prevede, altresì, che la Commissione parlamentare d'inchiesta, nell'ambito dei poteri a essa conferiti e dei compiti previsti dalla legge istitutiva, verifichi la corrispondenza delle liste elettorali presentate dalle forze politiche che aderiscono al codice di autoregolamentazione e alle prescrizioni del codice stesso (articolo 4). Tale proposta, peraltro, rinnova e amplia gli analoghi codici di autoregolamentazione approvati in Commissione antimafia nelle sedute del 23 gennaio 1991 (X legislatura), del 27 novembre 2007 (XV legislatura) e del 18 febbraio 2010 (XVI legislatura).
  Per inciso, la previsione relativa all'effettiva verifica delle liste non era, peraltro, contenuta espressamente nei precedenti codici, sebbene essa sia stata effettuata, con modalità diverse, sia nella X, sia nella XVI legislatura.
  Il primo codice di autoregolamentazione fu elaborato nella X legislatura dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie istituita con la legge 23 marzo 1988, n. 94, presieduta dal senatore Gerardo Chiaromonte, in allegato alla relazione approvata nella seduta del 23 gennaio 1991.
  In assenza di una disposizione del codice che prevedesse espressamente una verifica, la questione tuttavia si pose, in un primo momento, in relazione a due tornate di elezioni amministrative nel 1991. Dopo lo svolgimento di quelle elezioni la Commissione divulgò in conferenza stampa un elenco non nominativo delle violazioni riscontrate alle previsioni del codice. I nominativi furono, tuttavia, trasmessi ai segretari dei partiti nazionali che avevano accolto il codice di autoregolamentazione.
  In un secondo momento, invece, in relazione alle elezioni per la Camera e il Senato del 5 e 6 aprile 1992, la Commissione divulgò con i comunicati stampa del 31 marzo, del 1o aprile e del 2 aprile 1992, pochi giorni prima delle elezioni politiche, i nominativi di trentotto soggetti, anche ben noti, la cui candidatura era in contrasto con le previsioni del codice, in quanto rinviati a giudizio o condannati con sentenza, anche non definitiva, per delitti di mafia, per reati contro la pubblica amministrazione, quali la concussione o la corruzione, e ancora per altri reati spia di varia natura, di cui all'articolo 1 di quel codice. Di tale pubblicazione, peraltro, non vi è traccia negli atti parlamentari, ma solo sugli organi di stampa, in quanto la Commissione aveva già concluso i propri lavori ed era, peraltro, conclusa la legislatura.Pag. 5
  Il secondo codice di autoregolamentazione fu elaborato nella XV legislatura dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie presieduta da Francesco Forgione (legge 27 ottobre 2006, n. 277), in allegato alla relazione approvata dalla Commissione nella seduta del 3 aprile 2007. Pur in assenza, anche in questo caso, di una disposizione del codice che prevedesse una verifica, la questione, tuttavia, non si pose, anche per l'anticipata conclusione della XV legislatura.
  Il terzo codice di autoregolamentazione è stato elaborato nella XVI legislatura dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, presieduta da Giuseppe Pisanu, nella seduta del 18 febbraio 2010.
  Il codice non prevedeva una verifica preventiva ma affidava al momento successivo alle elezioni la fase del controllo; la questione fu poi posta subito dopo l'approvazione del codice e si avviò una verifica la cui effettuazione richiese circa un anno.
  La divulgazione dei risultati, ivi compresi i nominativi di quarantaquattro soggetti la cui candidatura risultava in contrasto con il codice di autoregolamentazione, avvenne dopo lo svolgimento delle elezioni, in occasione della seduta della Commissione tenutasi il 9 febbraio 2011.
  Ritengo altresì utile ricordare ancora una volta che anche la proposta formulata dalla Commissione nella corrente legislatura, come in precedenza, dichiara espressamente in premessa che «la mancata osservanza delle disposizioni del codice o anche la semplice mancata adesione allo stesso non dà luogo a sanzioni, semmai comporta una valutazione di carattere strettamente etico e politico nei confronti dei partiti e delle formazioni politiche». La sua valenza ai fini di una valutazione delle candidature è, pertanto, di natura esclusivamente politica e non vincolante sotto il profilo giuridico ed è offerta al dibattito politico-istituzionale per un ripensamento e un rinnovamento dell'etica e della deontologia delle forze politiche, nonché di tutti i soggetti che si propongono per una competizione elettorale a qualsiasi livello territoriale.
  La relazione approvata il 23 settembre 2014 dalla nostra Commissione è stata inserita nel calendario dei lavori dell'Assemblea di Camera e Senato, come poi è avvenuto, sempre su richiesta della Commissione e per decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo delle due Assemblee. Tale proposta è stata, infatti, discussa in Aula, sia al Senato, sia alla Camera, nelle sedute rispettivamente del 29 ottobre 2014 e del 27 aprile 2015.
  Con riferimento al codice può essere, inoltre, utile ricordare che i criteri ivi contenuti hanno ricevuto anche un espresso riconoscimento legislativo nelle previsioni delle leggi del 2008, istitutive della Commissione, e del 2013, nella XVI e nella XVII legislatura.
  Tali leggi hanno previsto, infatti, l'onere a carico dei componenti della Commissione – della nostra Commissione – di dichiarare se nei loro confronti sussista una delle condizioni previste dal codice di autoregolamentazione e di informare immediatamente la Presidenza della Camera di appartenenza qualora una di queste situazioni sopravvenga a proprio carico successivamente alla nomina.
  Per far parte di questa Commissione, infatti, bisogna essere in regola con il codice che abbiamo approvato. Vi sarà pervenuta una lettera a mia firma nella quale io vi invito a dichiarare al Presidente della rispettiva Camera di appartenenza di poter far parte legittimamente di questa Commissione, in quanto in regola con il codice che abbiamo approvato.
  A seguito dell'approvazione del codice e in vista delle elezioni regionali del 31 maggio, anche in considerazione del dibattito che si era aperto, particolarmente attento alle qualità personali e morali dei candidati più che ai programmi oggetto della competizione elettorale – questo aspetto è ben espresso nella relazione depositata il giorno 29 maggio – l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, su proposta del vicepresidente Fava convenne di avviare Pag. 6l'istruttoria per la verifica della corrispondenza ai requisiti indicati nel codice stesso di tutti i candidati alle consultazioni regionali del 31 maggio, in ossequio a quanto previsto dall'articolo 4 del codice medesimo. Ripeto, si convenne di avviare l'istruttoria.
  Dopo tale seduta fu mia cura prendere immediati contatti con il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per chiedere se fosse possibile avvalersi della collaborazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (ai sensi dell'articolo 7 della legge istitutiva della Commissione) allo scopo di verificare la fattibilità operativa di quanto previsto dall'articolo 4 del nostro codice. In particolare, dati i tempi ristretti, si è prospettata in prima battuta una priorità per le regioni Campania, Puglia e Liguria, per le quali sono state contestualmente richieste alle prefetture competenti tutte le liste dei nominativi dei candidati alle consultazioni regionali con le relative generalità. La scelta cadde su queste tre regioni per via del dibattito, che si era aperto in maniera particolare sulla stampa, nel quale si faceva riferimento a liste di candidati definiti con un termine che noi non abbiamo mai usato e che io non userò neanche questa sera, che riguardavano particolarmente quelle tre regioni. Noi decidemmo, pertanto, dato il poco tempo a disposizione, di prendere in esame quelle tre regioni.
  Con lettera pervenuta in data 18 maggio la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (DNAA) si è dichiarata disponibile ad avvalersi, per la prima volta, dei propri poteri di accesso ai sistemi informativi giudiziari rafforzati dalla recente entrata in vigore della legge 17 aprile 2015, n. 43, contro il terrorismo e ad avviare una rilevazione straordinaria sui sistemi informatici di gestione dei registri generali delle procure distrettuali e circondariali, nonché del Ministero della giustizia, in ordine alle informazioni giudiziarie attinenti all'eventuale pendenza di procedimenti penali a decorrere dalla fase del rinvio a giudizio e in relazione a uno specifico elenco di reati previsto dal codice di autoregolamentazione e di misure di prevenzione personale e patrimoniali a decorrere dall'applicazione del decreto. A tale proposito la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha chiaramente comunicato che «tali informazioni non sono coperte da segreto investigativo, attenendo a una fase successiva al promovimento dell'azione penale e dell'azione di prevenzione». Cito tra virgolette, perché questa è la lettera della Direzione nazionale. La stessa DNAA, inoltre, precisava che ogni altra informazione, pure richiamata nell'articolo 1 del codice di autoregolamentazione (esistenza di misure cautelari, stato di latitanza, esecuzione di pena a sentenza definitiva e via elencando) non era nella disponibilità della stessa DNAA.
  Occorre, pertanto, rimarcare che la rilevazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha costituito un enorme sforzo conoscitivo possibile in tempi brevi sui dati giudiziari a livello aggregato. Tuttavia, essa non ha potuto comprendere altre condizioni, per lo più diverse da quelle rilevabili dal giudice penale, rilevanti ai fini del codice stesso, quali quella relativa alla condanna con sentenza anche non definitiva di primo grado per danno erariale, per esempio, o per reati commessi nell'esercizio della carica elettiva, prevista dall'articolo 1 del codice, ovvero quelle relative alle cariche dei comuni sciolti per infiltrazioni, ovvero anche ai soggetti rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero che hanno ricoperto la carica di sindaco o di componente delle rispettive giunte di comuni e consigli provinciali sciolti sempre a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267. Al riguardo, peraltro, non risulta che altri soggetti dispongano di tali dati in forma centralizzata presso cui poterli reperire in tempi ridotti. Questa è la situazione della centralizzazione dei dati del nostro Paese.
  In questo momento non siamo in grado di dire con precisione quali siano Pag. 7le situazioni giuridiche alle quali ho fatto prima riferimento. Allo stesso modo, non appaiono immediatamente disponibili molte altre informazioni sulle condizioni previste in materia di incandidabilità dalla legge Severino. Al riguardo desidero ribadire quanto già evidenziato nella mia comunicazione del 29 maggio, cioè che una delle principali risultanze al termine della presente inchiesta è l'estrema difficoltà in cui gli uffici elettorali si trovano a operare in sede di verifica preventiva richiesta dalla legge sulla sussistenza di condizioni ostative alla candidatura. In sostanza, il controllo preventivo effettuato da parte degli uffici elettorali preposti al controllo delle liste oggi avviene pressoché esclusivamente in base a una mera autocertificazione dei candidati. Su tale circostanza, che in alcune realtà locali, soprattutto nel meridione, può acquisire contorni di drammatica rilevanza per il rischio di inquinamento a monte di tutto il circuito elettorale, occorrono innanzitutto una riflessione da parte di tutte le forze politiche e poi misure urgenti da parte del Parlamento e del Governo. Non è possibile effettuare questa verifica in ventiquattr'ore.
  Torniamo al percorso della nostra Commissione. La DNAA ha così provveduto all'estrazione ed elaborazione dei dati richiesti, che tecnicamente richiedono circa quarantott'ore, fornendo pertanto un primo riscontro in data 20 maggio, precisando, tuttavia, che l'attendibilità e il livello di aggiornamento degli stessi registri vanno riferiti al rispetto da parte dei singoli uffici giudiziari delle regole di inserimento e di completezza informativa. «Per tale ragione appare opportuno – è sempre la DNAA che ci scrive – che in relazione a ciascuna delle posizioni dell'elenco siano operati a cura della Commissione ulteriori approfondimenti presso l'ufficio giudiziario competente, che possa confermare lo stato della procedura». I dati che ci sono stati forniti della DNAA dovevano essere verificati e così noi abbiamo, naturalmente, proceduto a fare, come poi vedremo successivamente.
  Le modalità di utilizzo dei dati eventualmente risultanti dalla verifica della DNAA sono state, quindi, sottoposte alle valutazioni dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione. In particolare nella riunione di mercoledì 20 maggio ho relazionato in ordine al riscontro fornito dalla DNAA sulla verifica del codice e sulle connesse implicazioni anche ai fini dell'eventuale applicazione della legge Severino. La presidenza ha, in particolare, prospettato anche la possibilità di procedere alla divulgazione dei nominativi acquisiti in esito alla verifica, del resto fondata su dati pubblici, ma solo ove accertati definitivamente presso le procure distrettuali e circondariali di competenza, attraverso l'acquisizione anche dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti. Tale proposta ha trovato l'appoggio del vicepresidente Fava, del vicepresidente Gaetti e dell'onorevole D'Uva. L'onorevole Vecchio, il senatore Buemi, il senatore Falanga e il senatore Mirabelli hanno espresso in quella sede perplessità e contrarietà in merito all'ipotesi di divulgazione...

  ENRICO BUEMI. No...

  PRESIDENTE. Perplessità e contrarietà.

  ENRICO BUEMI. Contrarietà...

  PRESIDENTE. Ho parlato di perplessità e contrarietà – se volete posso fornire una sfumatura sulle varie posizioni – in merito all'ipotesi di divulgazione degli esiti della verifica prima della data delle elezioni. L'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stato, quindi, aggiornato all'indomani. Nella successiva riunione di giovedì 21 maggio, che si è svolta alla presenza del vicepresidente Gaetti, del vicepresidente Fava, del segretario Marco Di Lello, del senatore Franco Mirabelli, dell'onorevole Francesco D'Uva, Pag. 8del senatore Peppe De Cristofaro e del senatore Falanga, rappresentante di Forza Italia pro tempore allora e sopraggiunto a conclusione della riunione, si è largamente convenuto sulla necessità di proseguire il lavoro e sull'opportunità di divulgare i dati eventualmente acquisiti con la verifica, rinviando tuttavia la decisione definitiva al momento in cui fossero stati acquisiti effettivamente i dati definitivi e completi, atteso che il tempo occorrente alle procure era in media di uno o due giorni lavorativi. Si conveniva, inoltre, sulla necessità di acquisire tali dati non solo per le tre regioni prioritarie, ma anche per i candidati di tutte le sette regioni al voto, ivi compresi tutti i candidati alla carica di presidente della giunta regionale. Gli elenchi di tali candidati sono stati, pertanto, immediatamente acquisiti presso le prefetture e trasmessi alla DNAA, secondo le disposizioni subito impartite dalla presidente.
  I lavori dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, sono stati poi aggiornati a martedì 26 maggio. Prima di tale riunione, peraltro, diversi componenti della Commissione hanno rilasciato a organi di stampa e televisivi dichiarazioni relative all'esistenza di una lista di nominativi già verificati, affermando che la Commissione Antimafia aveva deliberato di rendere noti i risultati della verifica condotta. Nella giornata di sabato 23 maggio, tuttavia, la presidenza ha diramato un comunicato stampa in cui, con riferimento a quanto apparso sugli organi d'informazione, precisava che le risultanze della verifica ancora in corso sarebbero state valutate dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione convocato per martedì 26 maggio, smentendo tutte le indiscrezioni e diffidando chiunque dall'utilizzare la Commissione per diffondere arbitrariamente informazioni di natura tendenziosa o per perseguire scopi strumentali e impropri. Martedì 26 maggio, nella riunione dell'ufficio di presidenza, sempre integrato dai rappresentanti dei gruppi, la presidente riferiva preliminarmente che non erano ancora disponibili tutti i dati definitivi, sia per alcune difficoltà riscontrate presso le prefetture, sia per i tempi tecnici occorrenti alla DNAA e alle procure. In particolare, risultavano ancora incompleti i dati relativi alla Campania, per la quale erano disponibili e verificati esclusivamente i dati della provincia di Napoli. La presidente ha conseguentemente sottoposto all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, la decisione sul da farsi, se cioè pubblicare immediatamente i dati disponibili e verificati relativi alla Liguria e alla Puglia, oppure differire la decisione al momento in cui tutti i dati fossero completi, anche dopo le elezioni. Personalmente, pur essendomi espressa più di una volta sulla necessità di pubblicare prima della scadenza elettorale gli elenchi dei nomi, ho chiaramente manifestato in quella circostanza il mio orientamento per l'ultima soluzione, cioè per quella di valutare la possibilità di procedere successivamente, anche perché non si sapeva se si potesse concludere il lavoro. Mi rimisi, però, all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per la decisione finale. L'ufficio di presidenza si espresse unanimemente, con la sola eccezione dell'onorevole Andrea Vecchio, nel senso di procedere subito alle pubblicazioni dei dati già disponibili e verificati e, con riferimento alla Campania e alle altre regioni mancanti, di rinviare al successivo 29 maggio la divulgazione dei restanti dati, ove riscontrati, dando mandato alla presidente di concludere e rendere pubblici gli esiti del lavoro. Gli altri presenti alla riunione erano, oltre alla sottoscritta naturalmente, il vicepresidente Fava, il segretario Marco Di Lello, il senatore De Cristofaro, il senatore Mirabelli, l'onorevole D'Uva, l'onorevole Vecchio e il senatore Falanga. Nel corso della riunione la presidente ha, pertanto, comunicato gli esiti della verifica per Liguria e Puglia, fondati sull'istruttoria tecnica effettuata dai magistrati consulenti della Commissione ai fini della valutazione giuridica in merito alla riconducibilità alle previsioni del codice di Pag. 9autoregolamentazione delle pendenze giudiziarie accertate a carico di candidati sulla base delle comunicazioni delle competenti procure. A tale proposito, con riferimento alla Liguria, la presidente ha comunicato che non si riscontravano casi di violazione del codice, mentre in Puglia i casi erano quattro, oltre a un caso dubbio, legato però all'applicazione della legge Severino. Ho, quindi, sottoposto ai colleghi le risultanze relative ai casi della Puglia, prima in forma anonima e, dopo aver acquisito eventuali obiezioni, comunicando i nomi. Si è, quindi, passati a esaminare i casi della provincia di Napoli. Abbiamo iniziato a leggere senza nomi e cognomi le situazioni giuridiche dei casi della Campania. Dopo pochi minuti, dopo la lettura credo dei primi tre o quattro casi, abbiamo interrotto, in quanto mi è stata data notizia che sugli organi di stampa erano già pubblicati i nominativi relativi alla Puglia che erano stati comunicati in precedenza. In tale frangente il rappresentante del gruppo del MoVimento 5 Stelle ha ammesso di aver riferito tali nominativi ai propri colleghi tramite il telefono cellulare, senza che ciò costituisse necessario collegamento tra chi dichiarava questo e quanto era uscito sugli organi di informazione, perché poteva essere avvenuto anche per colpa di altri. Non sto attribuendo le responsabilità a nessuno. A quel punto, c’è stato un tumulto in Aula. Io mi prendo la mia parte per la reazione che ho avuto in quella circostanza. Ho interrotto la seduta riservandomi di informare immediatamente dell'accaduto i Presidenti delle Camere, come poi prontamente è avvenuto. In seguito ho, inoltre, diramato un comunicato stampa in cui stigmatizzavo la grave violazione del segreto dei lavori della Commissione, riportando in allegato i quattro nominativi della regione Puglia ormai divenuti pubblici, con l'abbinamento corretto tra nominativi e situazioni giuridiche, che invece nella prima divulgazione non era stato comunicato correttamente.
  Nei successivi giorni di mercoledì 27 e giovedì 28 maggio la DNAA ha completato la trasmissione dei dati ancora mancanti, per i quali sono stati contestualmente avviati riscontri presso le procure competenti. In particolare, la procura della Repubblica presso il tribunale di Salerno in data 27 maggio ha fornito il riscontro relativo al caso dell'onorevole Vincenzo De Luca, trasmettendo una corposa documentazione di oltre 300 pagine, subito messa a disposizione dei magistrati della Commissione ed esaminata all'indomani insieme a tutti gli altri casi restanti. Su tale caso specifico, inoltre, per la sua delicatezza, nel momento in cui ne sono venuta a conoscenza, io ho inteso acquisire personalmente un ulteriore riscontro diretto per definitiva sicurezza presso il procuratore di Salerno la mattina di venerdì 29 maggio, subito dopo aver avuto la notizia e subito prima della riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, e della seduta della Commissione, che per massima correttezza istituzionale ho ritenuto di convocare, pur avendo già avuto mandato a completare la verifica.
  Nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, di venerdì 29 maggio erano, pertanto, presenti, oltre alla presidente, i vicepresidenti Gaetti e Fava, il segretario Marco Di Lello, i capigruppo Franco Mirabelli, Francesco D'Uva, Ciro Falanga, Marcello Taglialatela, Peppe De Cristofaro e Tito Di Maggio. In tale riunione la presidente ha dato conto del completamento di tutte le verifiche, proponendo tuttavia di dare comunicazione dei nominativi dei soggetti i cui casi rientravano nelle previsioni del codice direttamente alla Commissione plenaria, convocata subito dopo la riunione, mediante un elenco da allegare ai resoconti sommario e stenografico della seduta. I membri dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, hanno concordato con la proposta della presidente, ad eccezione del deputato Di Lello, il quale ha manifestato obiezioni in merito alla mancata comunicazione preventiva dei nominativi all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

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  MARCO DI LELLO. (fuori microfono) Anche il mio richiamo alla distinzione tra prescrizione e assoluzione deve trovare spazio in questo resoconto. Tra le obiezioni di Di Lello c’è anche questo tema che lei ricorderà e di cui si è discusso.

  PRESIDENTE. Va bene. Possiamo integrare ciò che ho detto aggiungendo che c’è stato un cambiamento di prospettiva rispetto alla volta precedente, nel senso che la volta precedente le andava bene che si certificasse – questo vale la pena che resti a verbale – che tutti sono innocenti fino a condanna definitiva, ma anche che tutti rimangono imputati fino a che non c’è una sentenza definitiva. Siccome noi prendiamo in esame la figura dell'imputato con i carichi pendenti, l'imputato resta tale fino a quando non c’è una sentenza definitiva. Anche a fronte di una prescrizione, contro la quale si ricorre, non c’è una sentenza definitiva e la persona resta imputata. Nella prima fase su questo punto abbiamo concordato tutti. Nella seconda fase sembrava che questo non le andasse più bene, ma si è convenuto di procedere in questo senso. Tutto è verbalizzato e le situazioni sono state indicate come tali. È stata pubblicata la fotografia del carico pendente di ciascun soggetto. L'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha inoltre dato mandato alla presidente a riferire direttamente agli organi di informazione sulla risultanza della verifica, mediante una conferenza stampa fissata subito dopo la seduta plenaria convocata per le ore 13. In tale seduta, in base a quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, appena svolta, fu consegnato alla Commissione un documento contenente le comunicazioni in merito alla risultanza della verifica suddetta, con un elenco allegato di diciassette nominativi di candidati inclusi nelle liste elettorali delle sole regioni Puglia (quattro) e Campania (inizialmente tredici), non essendosi registrati casi nelle restanti cinque regioni. Dall'elenco della Campania, tuttavia, dopo poche ore è stato espunto il nominativo di una persona, in base alla documentazione immediatamente prodotta dal suo avvocato. Si trattava di un caso rientrante nelle previsioni del codice, per il quale era pendente un ricorso in Cassazione, che non risultava ancora deciso alla data del 29 maggio. La sentenza, invece, era stata pronunciata e il mero dispositivo di assoluzione era stato comunicato all'interessato, peraltro con un'imputazione riportata in modo erroneo, mentre non erano state ancora depositate le motivazioni, come comunicato dalla stessa segreteria della Corte di cassazione. Conseguentemente, la sentenza non risultava ancora registrata in nessuna delle banche dati giudiziarie. Peraltro, le motivazioni della sentenza risultano essere state depositate solo in data odierna. Non si è trattato, pertanto, di un errore ascrivibile alla Commissione, ma di un procedimento in parte ancora in itinere, anch'esso emblematico delle difficoltà oggettive di una verifica da svolgere necessariamente in tempi brevi e della prudenza adoperata nell'accertamento in dettaglio di ciascun caso.
  Mi avvio ad alcune considerazioni conclusive. Considero significativi alcuni numeri, per cogliere la portata di un lavoro complesso svolto nei pochi giorni che vanno dalla presentazione delle liste alla conclusione della campagna elettorale. Il totale dei nominativi dei candidati alle elezioni regionali, trasmessi dalle prefetture competenti e inviati alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo dalla Commissione per un primo vaglio delle posizioni giudiziarie, era di oltre 4.300 unità. I procedimenti giudiziari segnalati dalla DNAA per i quali si sono effettuati riscontri presso le procure competenti sono stati in totale novantacinque, a carico di settantasette soggetti. Le procure distrettuali e circondariali interpellate dalla Commissione per la verifica successiva dei dati forniti dalla DNAA sono state in tutto ventotto. L'elenco finale comprende sedici nominativi, appartenenti a svariati partiti e formazioni politiche. Tale numero corrisponde Pag. 11a una percentuale ridotta delle segnalazioni iniziali della DNAA e a una percentuale minima sul totale dei candidati alle cariche regionali su cui si è votato. Gli organi della Commissione, segnatamente la presidente, che ne ha la rappresentanza, e l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che ha funzioni di programmazione dei lavori ed esamina le questioni relative allo svolgimento dell'inchiesta, si sono mossi rigorosamente nell'ambito delle proprie competenze, nel rispetto dei compiti e dei poteri assegnati a tal fine dalla Costituzione e dalla legge istitutiva. Parimenti, si è svolto il compito dato con imparzialità e correttezza, attenendosi esclusivamente al codice di autoregolamentazione approvato all'unanimità in Commissione antimafia il 23 settembre 2014 e offerto alla discussione parlamentare di tutti i senatori e tutti i deputati rispettivamente nelle sedute del 29 ottobre 2014 al Senato e del 27 aprile 2015 – pochi giorni prima della presentazione delle liste e dell'avvio della campagna elettorale, peraltro – alla Camera, senza che fosse mossa obiezione alcuna, né di merito né di metodo. Nell'elenco finale non sono stati ricompresi taluni casi, pur emersi e con ogni probabilità rilevanti ai fini dell'applicazione della legge Severino, nell'impossibilità di disporre di dati giudiziari relativi alla sussistenza di tutte le condizioni previste dalla citata legge. Non sono stati, altresì, ricompresi dati, sebbene trasmessi in alcuni casi, relativi a reati diversi da quelli previsti dal codice, sebbene a volte connessi. Ad esempio, non sono state riportate imputazioni per reati diversi da quelli rientranti nelle previsioni del nostro codice, anche quando riferite alla medesima condotta.
  Ci si è limitati a riportare con verità e completezza dei dati pubblici massimamente certificati, in quanto acquisiti presso la magistratura competente, e relativi a situazioni processuali che sono espressione autentica e garantita di un potere dello Stato direttamente riconducibile, attraverso la funzione giudiziaria, alla sovranità popolare, in ossequio al principio della nostra Costituzione (articolo 101), per cui la giustizia è amministrata nel nome del popolo. Il notevole sforzo compiuto in Commissione antimafia è stato improntato al massimo rigore e alla massima imparzialità. È singolare che chi se ne duole, addirittura lamentando la violazione della Costituzione e presentando denunce penali, sebbene sia candidato a cariche politiche, non riponga la stessa fiducia né nella massima istituzione rappresentativa, il Parlamento, né nelle informazioni acquisite presso le autorità giudiziarie. Pertanto, prima ancora che infondate, le accuse di aver dato vita a un'iniziativa sul piano umano volgare e diffamatoria, sul piano politico infame e sul piano costituzionale eversiva sono semplicemente inaccettabili.
  Il lavoro della Commissione è stato effettuato esclusivamente come un'opera di conoscenza, in linea con la funzione costituzionale dell'inchiesta parlamentare, che, come riconosciuto dalla Corte costituzionale in più occasioni, è volta a mettere a disposizione delle Assemblee delle Camere tutti gli elementi utili affinché queste possano, con piena cognizione delle situazioni di fatto, deliberare la propria linea di condotta, sia promuovendo misure legislative sia invitando il Governo ad adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti del caso. Questo lavoro è, più di ogni altra cosa, il frutto di un'iniziativa largamente condivisa dai gruppi parlamentari. Lo spirito non è stato e non è quello di creare indebite black list né tantomeno improprie white list, bensì solamente quello di assolvere a un compito della Commissione stabilito dalla legge. Nella nostra ricognizione non potevamo comprendere altre casistiche o situazioni non meno imbarazzanti sotto il profilo dell'opportunità politica o della moralità pubblica. In essa sono contemplati solo ed esclusivamente i casi riconducibili ai requisiti previsti dall'articolo 1 del codice di autoregolamentazione. Il fatto che la politica non sia riuscita a fare un'opera di pulizia preventiva al suo interno non vale a far venire meno un preciso dovere Pag. 12giuridico né a renderlo inopportuno. Stupisce che non ci si renda conto che legittimare ostracismi politici fondati su inchieste private o voci pubbliche, anche amplificate dagli organi di informazione, ma non sostenute da precisi elementi probatori, come previsto dalla legge, finirebbe per colpire al cuore la nostra democrazia e le nostre istituzioni.
  Il codice di autoregolamentazione, infatti, è uno strumento essenzialmente politico e non giuridico, elaborato nella sede parlamentare e di cui i partiti e le formazioni politiche possono liberamente dotarsi, al fine di evitare che le singole vicende giudiziarie possano ricadere sulla credibilità o sulla stabilità delle istituzioni nazionali, regionali e locali. Questo è quanto io ho ritenuto di riferire alla Commissione per il lavoro che è stato svolto. Ciò non toglie che, nel futuro, quando i gruppi lo riterranno opportuno, si debba dedicare un'apposita seduta per stabilire come si reputi più opportuno affrontare il nostro ruolo nell'indagare il rapporto tra mafia e politica. Naturalmente, da questo punto di vista, i ragionamenti di opportunità politica e anche di rapporto con il codice che abbiamo approvato sono non solo legittimi, ma auspicabili, per un dialogo sempre più chiaro, fecondo e costruttivo tra di noi.
  Ho ritenuto necessario che fosse ristabilita la correttezza dell'operato della Commissione, dell'ufficio di presidenza e della presidenza, perché le offese che ci sono state rivolte non sono un fatto personale, ma toccano il cuore delle istituzioni.

  FRANCESCO D'UVA. Voglio soltanto segnalare sul resoconto che, riguardo alla seduta di martedì 26 maggio, il MoVimento 5 Stelle era favorevole alla pubblicazione dei nomi. In particolare, noi avevamo chiesto che, oltre a quelli della Puglia, venissero pubblicati anche quelli della provincia di Napoli. Alla fine, si è arrivati alla soluzione, suggerita dal segretario Di Lello, di pubblicare i nominativi della Puglia immediatamente e di tutta la Campania una volta disponibili. Ci tenevo a farlo presente.
  Sempre con riferimento a quella seduta, voglio altresì segnalare l'assenza del vicepresidente Gaetti, con cui comunicavo a mezzo cellulare per tenerlo aggiornato, ma al quale non facevo certamente nomi e cognomi, ritenendo questa informazione superflua, considerata la decisione presa successivamente di pubblicare i nomi da lì a mezz'ora. Segnalo anche che c’è stata una discussione di due ore sul nome appartenente a una forza politica avversa al MoVimento 5 Stelle, di cui la stampa non ha dato alcuna notizia. Faccio presente che questa persona non rientrava nel codice che ci siamo dati, però, se fosse stata volontà del MoVimento 5 Stelle colpire l'avversario, non avremmo avuto alcun problema a divulgare quel nome. Valutiamo anche chi ha abbandonato i lavori dell'ufficio di presidenza prima che si discutessero gli altri nomi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Gaetti, infatti, non figura tra coloro che erano presenti quel giorno. Come ho premesso, ho riportato per correttezza i motivi per i quali ci sono stati tumulti in aula – usiamo questo termine che è riportato – e ho premesso che la sua dichiarazione non voleva affatto ricondurre la responsabilità automaticamente a chi aveva dato la notizia.

  ENRICO BUEMI. Io vorrei semplicemente capire come sviluppiamo la discussione. Se prima facciamo un'operazione di definizione del verbale del passato e poi passiamo a eventuali valutazioni politiche, allora mi riservo di intervenire nella seconda fase per quanto riguarda il merito.
  Rispetto alla dinamica dei fatti, io voglio far rilevare che, anche a suo tempo, durante la discussione riguardante il codice di autoregolamentazione, avevo espresso delle perplessità. In seguito, di fronte all'esigenza di promuovere un'iniziativa di stimolo e di sensibilizzazione delle forze politiche rispetto alla problematica del rapporto tra mafia e politica e Pag. 13tra corruzione e politica, avevo dato la mia adesione, pur avendo rilevato ripetutamente la criticità del lavoro che ci apprestavamo a fare e la valenza non generale di quanto veniva varato, perché ovviamente lasciava all'ampia discrezionalità delle forze politiche la scelta di applicare o meno il codice.
  Voglio far rilevare che l'adesione al codice a me non risulta essere stata comunicata formalmente da nessuna forza politica. Se la realtà è diversa da quella che io sto affermando, il presidente mi può smentire. Sarebbe una cosa utile. A me risulta che nessuna forza politica e nessuna lista abbia dichiarato formalmente, in qualsiasi sede, di aderire a questo codice. Ma questo è un fatto marginale rispetto alla difficoltà di arrivare alla definizione di queste liste, condividendo o meno l'esigenza delle liste stesse.
  Nella riunione dell'ufficio di presidenza che, se non ricordo male, ebbe luogo il 20, presidente, anche a fronte di notizie riportate dal Corriere della Sera sull'intenzione di pubblicare l'elenco dei candidati impresentabili prima delle elezioni, io manifestai preoccupazione e contrarietà. A questo fatto si aggiunse la fuga di notizie sui nominativi, che proprio in quelle ore circolavano. A fronte di questo, ho invitato la presidente della Commissione a non comunicare i nominativi in questa sede, avvertendo che, qualora ci fosse stata l'intenzione di comunicarli, io non avrei più partecipato alle sedute di questo ufficio di presidenza, proprio per evitare di essere coinvolto in un'attività che io ritengo fortemente lesiva dei diritti dei cittadini, siano essi colpevoli, innocenti, sotto giudizio, raggiunti da un avviso di garanzia e quant'altro. Voglio che questo sia chiaro. In seguito, non ho più partecipato all'attività dell'ufficio di presidenza, proprio per le ragioni che ho evidenziato poc'anzi.
  Presidente, avrei gradito che fosse stata richiamata nella ricostruzione la mia lettera formale inviata a lei e al Presidente del Senato, circa la necessità di fare una verifica con l'Autorità garante della privacy, a fronte dell'utilizzo di informazioni che sono disponibili alle parti, ma non sono pubbliche. L'avviso di garanzia non è un avviso urbi et orbi.

  PRESIDENTE. (fuori microfono) Non parliamo di avviso di garanzia.

  ENRICO BUEMI. L'acquisizione di una serie di elementi...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Buemi. Su questo punto ovviamente le risponderò.

  ENRICO BUEMI. Io sto parlando d'altro. Non dico che è stato comunicato all'esterno l'avviso di garanzia, ma che gli avvisi di garanzia sono diventati elemento corroborante per la valutazione di questo elenco. Non potete smentirlo, perché questo è accaduto.

  PRESIDENTE. Veramente no.

  ENRICO BUEMI. Detto questo, la mia preoccupazione è anche quella di tutelare diritti che, seppur in riferimento a personalità sotto giudizio, dovevano essere tutelati. Le vicende successive, ovvero l'incertezza dei riferimenti giuridici e delle situazioni soggettive, nonché la difficoltà di acquisire informazioni complete, in un tempo così breve, qual era quello che avevamo di fronte, hanno portato alle criticità e ai risultati che abbiamo dovuto registrare. Concludo affermando che la vicenda ha avuto una sua strumentalità ampia, che purtroppo non ha portato beneficio a questa Commissione.

  PRESIDENTE. Senatore Buemi, la sua contrarietà risulta nella mia relazione. Il fatto che lei non abbia più partecipato emerge dai nominativi di chi ha preso parte all'ufficio di presidenza, tra i quali lei non figurava. Per quanto riguarda, invece, la sua richiesta, tengo a precisare, come ho già ampiamente ricordato, che i dati sui quali noi abbiamo fatto la nostra analisi sono dati pubblici, di cui tutti Pag. 14possono venire a conoscenza. Non c’è niente di riservato. Non sto a citare comunque i poteri che ha questa Commissione, che può addirittura...

  ENRICO BUEMI. (fuori microfono) All'interno, non all'esterno.

  PRESIDENTE. Sì, noi possiamo acquisire degli elementi senza avere il vincolo della legge sulla privacy e, dagli elementi che passano attraverso la nostra inchiesta, rendere pubblici i nostri risultati. Tuttavia, in questo caso non c'era bisogno di scomodare...

  ENRICO BUEMI. Con atti formali che responsabilizzino tutti.

  PRESIDENTE. Non c’è dubbio. Tuttavia, torno a ripetere che noi abbiamo fatto riferimento solo a dati pubblici. Di conseguenza, il tema della riservatezza non c'entra. È stato stigmatizzato l'uso strumentale di nomi che non c'entravano niente e che sono stati fatti uscire in maniera arbitraria. L'ho fatto immediatamente, perché questo nuoceva. Le strumentalizzazioni sono un'altra cosa.

  FRANCO MIRABELLI. So che l'onorevole Buemi è notoriamente indisciplinato, però mi sembrava che ieri in ufficio di presidenza avessimo assunto un orientamento, che ovviamente la Commissione può sempre smentire. Tuttavia, mi sembrava un orientamento di buon senso distinguere il momento necessario di messa agli atti di una ricostruzione delle vicende dal momento in cui affrontare una discussione che, a mio avviso, per il bene di questa Commissione, dovrà riguardare le modalità con cui, d'ora in avanti, interpretiamo quei compiti che la legge istitutiva ci attribuisce rispetto ai rapporti tra mafia e politica e rispetto alle liste. Io terrei separate le due questioni.
  Avevamo concordato, al di là della questione della ricostruzione, di non riaprire la discussione oggi. Io starei su quel punto. A proposito della ricostruzione, se usiamo la parola «tumulti», riferiamola anche al mercoledì sera, perché forse ce ne sono stati di più il mercoledì sera. Al di là della battuta, io manterrei l'orientamento che ha assunto ieri l'ufficio di presidenza. Come diceva il senatore Buemi, forse abbiamo bisogno di un po’ di tempo per approfondire e mettere in campo ipotesi di lavoro. Un po’ di tempo non vuol dire secoli, ma qualche giorno o qualche settimana.

  MARCO DI LELLO. Presidente, io credo che sia giusto puntualizzare e chiarire alcuni aspetti. Dico subito la mia opinione sulla premessa. Se mi si chiede se sia stato giusto o meno indagare sul rapporto mafia-politica, io rispondo che è stato assolutamente giusto. Lo prevede, peraltro, l'articolo 1 della legge istitutiva. Prendo per buono l'invito appena espresso dal senatore Mirabelli, che so essere patrimonio comune, di spostare in avanti la discussione sui limiti e i confini dell'azione di questa Commissione. Entriamo nello specifico. Intanto, visto che ne stiamo parlando e che hanno avuto – ahimè – un ruolo nella vicenda che ci occupa, ci sono alcune contraddizioni all'interno del codice pure approvato da questa Commissione che vale la pena di evidenziare...

  FRANCO MIRABELLI. Faccio una mozione d'ordine. Ho fatto la proposta di chiudere la discussione se non ci sono questioni di merito sulla ricostruzione. Se ognuno ci aggiunge un pezzettino, apriamo la discussione.

  MARCO DI LELLO. Io ho molto da discutere sulla ricostruzione. Scusami, Mirabelli, non mi vorrai mica negare questo ?

  PRESIDENTE. Si attenga alla ricostruzione. Le considerazioni di carattere generale...

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  MARCO DI LELLO. Mi serve per farle capire dove c’è l'errore. Il tema dell'imputazione, dal mio punto di vista...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Lello, capiamoci subito, per tranquillità. Se l'errore è riconducibile al codice, non è oggetto di questa discussione.

  MARCO DI LELLO. No, all'interpretazione che del codice che lei ha fatto.

  PRESIDENTE. Io ?

  MARCO DI LELLO. Lei.

  PRESIDENTE. L'ufficio di presidenza.

  MARCO DI LELLO. No, lei. Così chiariamo anche il verbale. Se lei mi chiede...

  PRESIDENTE. (fuori microfono) Aveva una mozione il senatore Mirabelli ?

  MARCO DI LELLO. Mi ha tolto la parola, presidente ? Me la dà, me la toglie ? Mi faccia capire. Stavo parlando...

  FRANCO MIRABELLI. Presidente, se l'intervento è sulla ricostruzione, è sulla ricostruzione.

  PRESIDENTE. La ricostruzione è la ricostruzione, l'interpretazione è l'interpretazione.

  MARCO DI LELLO. Io non ho ancora iniziato a parlare. Capisco che lei ha tante virtù, tra le quali anche quella del vaticinio, presidente. Magari, se mi fa parlare, verificherà lei e mi toglierà la parola se riterrà incongruente il mio intervento.

  PRESIDENTE. Segretario Di Lello, prego.

  MARCO DI LELLO. Grazie, presidente. Nel codice ci sono elementi che impongono un'interpretazione. Le farò alcune domande che sono per me retoriche, ma che credo abbiano una grande rilevanza nella ricostruzione che ci è stata fornita e che a me è parsa parziale. Se noi siamo – come dice – meramente in sede di attuazione, la prima domanda a cui chiedo una risposta, presidente, è perché si sia arrivati alla discussione il 20 maggio. Perché siamo arrivati al 20 maggio ? Poi la ricostruzione con le date mi permetterò di farla anche io. Di chi è la responsabilità se si arriva al 21 maggio...

  CIRO FALANGA. (fuori microfono) Presidente Bindi, intervengo sull'ordine dei lavori. Presidente, scusi, se abbiamo deciso che questa adunanza dovesse avere come oggetto la fotografia del percorso che abbiamo adottato, stabilendo che poi avremmo avuto un altro momento in cui avremmo discusso delle eventuali interpretazioni ovvero omissioni ovvero errori commessi da lei o comunque dall'ufficio di presidenza, io credo che ci dobbiamo attenere a questo.
  Ieri in ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, abbiamo deliberato che l'adunanza di questa sera sarebbe stata destinata a offrire a tutta la Commissione la fotografia e il resoconto di ciò che si era verificato nel corso dei lavori durante i vari uffici di presidenza. Ora, se si vuole discutere anche di un'eventuale interpretazione del codice di autoregolamentazione malamente interpretato dalla presidenza o dall'ufficio di presidenza, io sono ben disponibile a farlo, però vorrei sapere in quale giorno e quindi ricevere un ordine del giorno a tal fine programmato.
  Il senatore Buemi ha fatto un'affermazione che, a mio avviso, è falsa, laddove ha asserito che l'avviso di garanzia in qualche modo ha corroborato non so cosa. Non ho capito bene che cosa avrebbe corroborato. Comunque sia, in questa Commissione non è stata mai citata una persona che avesse semplicemente l'avviso di garanzia e non anche, invece, il provvedimento del GIP di rinvio a giudizio. Indi, voler «accusare» – seppur con il garbo che il senatore Buemi Pag. 16è solito portare nelle sue parole – che noi avremmo utilizzato l'avviso di garanzia indicando un determinato candidato e con ciò in qualche modo offuscando l'immagine di quel candidato, è una falsità. Noi non abbiamo mai parlato di soggetti destinatari di avvisi di garanzia.
  Per quanto riguarda la mozione sull'ordine dei lavori, presidente, o ci atteniamo all'ordine del giorno oppure io lascio questa adunanza.

  CLAUDIO FAVA. Presidente, una mozione e una richiesta a lei vorrei farla io. Credo che sia legittimo fare una mozione sull'ordine dei lavori, ma vorrei che queste mozioni venissero fatte alla fine degli interventi. Se l'intervento deve essere interrotto, questa responsabilità dobbiamo attribuirla soltanto alla presidenza. Se noi permettiamo che uno dei componenti di questa Commissione possa essere interrotto, adducendo ragioni di razionalità nella discussione complessiva, naturalmente la discussione ne risente. Vorrei rimettere alla presidente il compito di richiamare l'oratore al tema della discussione e – se è il caso di interrompere – di farlo. Se, però, diamo spazio alle interruzioni degli altri colleghi...

  PRESIDENTE. Vicepresidente Fava, la ringrazio. Mi sembrava di essere già stata chiara con il segretario Di Lello: personalmente non ho nessun problema se devo rispondere a delle domande, perché sono molto preparata, quindi non ci sono problemi. Rispondo anche molto volentieri, anzi personalmente quasi lo preferisco. Tuttavia, ieri sera abbiamo obiettivamente deciso che ci saremmo attenuti sostanzialmente alla verbalizzazione di quello che è avvenuto. Il senatore Buemi vuole che sia precisato che lui non c'era eccetera, io gli ho detto che, appunto, lui non c'era, ma se vuole rimarcarlo possiamo rimarcarlo. L'onorevole D'Uva tiene a ribadire che il MoVimento 5 Stelle aveva chiesto anche la pubblicazione dei nomi parziali e possiamo fare questa precisazione. Se, invece, dobbiamo entrare nel merito delle questioni, cioè se il codice va bene o non va bene...

  MARCO DI LELLO. La ricostruzione...

  PRESIDENTE. La ricostruzione la facciamo. Se, però, vogliamo ragionare del futuro, a questo punto sono io per prima a porre una mozione sull'ordine dei lavori.

  MARCO DI LELLO. Scusi, presidente, visto che stavo parlando, le chiedo la parola. Il tema è se io posso parlare del passato e non del futuro. Posso parlare del passato ?

  PRESIDENTE. Certo.

  MARCO DI LELLO. Grazie. La mozione Mirabelli richiamava il fatto che noi avremmo discusso di come interpretare l'azione e l'attività della Commissione in altra seduta. Ma questa è l'occasione per discutere di quanto è avvenuto o questa Commissione non deve discutere di quanto è avvenuto ?

  SALVATORE TORRISI. Presidente chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.

  MARCO DI LELLO. Presidente, mi ha tolto un'altra volta la parola.

  PRESIDENTE. L'ordine dei lavori, come lei sa, precede tutto. Prego.

  SALVATORE TORRISI. Secondo me, i colleghi componenti della Commissione hanno tutti il diritto di parlare. Io non ero presente ieri sera, ma, per quello che avevo saputo dell'esito della riunione dell'ufficio di presidenza, a me sembra che si fosse concordato all'unanimità che stasera si sarebbe ascoltata la relazione della presidente e poi il dibattito – che è legittimo, anche rispetto alle argomentazioni che sono state introdotte – si sarebbe svolto in una seduta successiva. A me sembra che questa sia una relazione che ha fatto la presidente su quello che è accaduto. Tutti noi componenti possiamo intervenire in una successiva seduta per integrare la relazione, per chiedere modifiche della stessa, per entrare nel merito. Io rinvierei il prosieguo Pag. 17di questa discussione a un'altra seduta, tenendo fede a quello che è stato il deliberato dell'ufficio di presidenza ieri sera.
  Non so cosa dirà l'onorevole Di Lello, può darsi che alcuni rilievi sull'interpretazione del codice possano essere anche compatibili con le mie idee. Tuttavia, mi sembra – lo dico con molto rispetto per la posizione del collega – un modo surrettizio per intervenire nel merito dell'applicazione del codice di autoregolamentazione che è stata fatta nell'ultima occasione. Mi sembra più corretto, per salvaguardare la decisione di ieri sera e per impedire che quello di stasera sia un dibattito incompleto e contraddittorio per certi versi, rinviare il prosieguo dei lavori a un'altra seduta. In tal modo – in questo senso il mio è un intervento sull'ordine dei lavori – non si impedisce assolutamente al collega Di Lello di intervenire, perché è una sua facoltà, ma si interrompe la discussione. Peraltro, credo che tutti abbiamo l'esigenza di leggere in modo approfondito la relazione, studiarla, quindi fare gli interventi opportuni. La mia richiesta è di concludere i lavori stasera e poi, per il prosieguo del dibattito, non ci può essere una differenza...

  PRESIDENTE. Quante sono le richieste di conclusione dei lavori ?

  ENRICO BUEMI. Presidente, mi scusi, ma io sono stato accusato da un collega di aver affermato il falso, quindi non accetto il fine aula.

  PRESIDENTE. D'accordo, senatore Buemi, lei può replicare, le accuse di falso si respingono. Però nessuno ha mai preso in considerazione gli avvisi di garanzia.

  ENRICO BUEMI. Lo accetto. Accetto la sua affermazione, ma lei deve anche accettare l'ipotesi, che io ho posto nella lettera che le ho mandato, che ci fosse un problema di questo genere.

  PRESIDENTE. Ma non c'era.

  ENRICO BUEMI. Dopodiché, visto che vogliamo mettere i puntini sulle «i», io le posi una precisa domanda rispetto a un candidato. Ma quella mia domanda a verbale non esiste. In quell'occasione ho fatto una precisa domanda. Ho chiesto «Caio o Sempronio c’è nell'elenco oppure no» ? Mi è stato risposto «no». Le ragioni possono essere le più svariate: incompletezza di informazione o altro...

  PRESIDENTE. Non so a cosa lei si riferisca. Senatore Buemi...

  ENRICO BUEMI. Senza offesa, mi sono allontanato già una volta e mi allontano nuovamente.

  PRESIDENTE. Se lei è alla ricerca di pretesti, si accomodi pure. Cosa vuole che le dica, senatore Buemi ? Io non so a che nome lei si riferisca. Francamente non lo so. Se, comunque, è stato un nome che è stato fatto qui, la risposta la trova leggendo la relazione. Non si preoccupi. Se lo vuole fare adesso, glielo spiego meglio. Se lei fa nome e cognome, io spiego.

  ENRICO BUEMI. A me non interessano i capri espiatori, né della presidenza né di altri.

  PRESIDENTE. Neanche a me.

  ENRICO BUEMI. Però la verità storica la dobbiamo affermare.

  PRESIDENTE. Senatore Buemi, vuol fare l'integrazione al verbale ? La faccia. Caio o Sempronio non lo conosco, abbia pazienza. Mi dica chi è Caio o Sempronio. Per cortesia, adesso ci dice chi è Caio o Sempronio.

  ENRICO BUEMI. No, io ho chiesto esplicitamente del candidato De Luca: è in elenco oppure no ?

  PRESIDENTE. Perfetto.

  ENRICO BUEMI. E lei mi ha risposto: «al momento»...

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  PRESIDENTE. Che le ho risposto ?

  ENRICO BUEMI. «...no».

  PRESIDENTE. Perfetto. Se lei rilegge la relazione con la quale ho introdotto questi lavori, troverà la risposta. Se non vuole fare la fatica, la risposta gliela do io. La persona alla quale lei fa riferimento è entrata in questo elenco il 29 maggio mattina, perché gli atti sono arrivati dalla procura il 27 maggio e sono stati studiati in maniera molto accurata. Come lei ben sa, poteva esserci anche nel caso della Severino, ma abbiamo deciso di non fare la lista della Severino, perché la lista della Severino la fa chi deve applicare la Severino. Noi abbiamo deciso di andare oltre la legge Severino. Questa è stata la decisione che abbiamo preso tutti insieme e a quel momento la risposta la trova ed è documentata. Gli atti riguardanti la persona alla quale lei ha fatto riferimento sono pervenuti il 27, non so se parlare di primo pomeriggio o di tarda mattinata, forse di primo pomeriggio. Erano 300 pagine, che sono state accuratamente studiate e io sono stata informata dell'esito di quelle pagine il venerdì mattina. Ho fatto la verifica, come ho detto qui, con il procuratore della Repubblica di Salerno, perché non mi sfuggiva la delicatezza della questione, e in quel momento la cosa è stata comunicata.

  FRANCO MIRABELLI. Nessuno vuole troncare la discussione, però, presidente, faccio un ragionamento semplice. Alla Commissione antimafia una discussione recriminatoria, una volta rimessi a posto i dati e una volta fatta la ricostruzione, non ci serve. Lei sa che non abbiamo condiviso, che c’è stata perplessità o contrarietà rispetto a...

  PRESIDENTE. A cui è seguita una decisione unanime...

  FRANCO MIRABELLI. Si figuri, non sto mettendo in discussione questo. Però credo che sia evidente che c’è una discussione aperta sul futuro. Questa discussione la dobbiamo fare serenamente, anche guardando agli errori che ci sono stati o che qualcuno pensa che ci siano stati, o alle cose positive che ci sono state. La discussione però deve guardare al futuro, e la condizione, secondo me, è che ci dedichiamo a questo e chiudiamo con la polemica politica.

  PRESIDENTE. Senatore Mirabelli, siccome non mi voglio assumere la responsabilità di interrompere una riunione, lei mi fa una mozione, la mettiamo ai voti...

  FRANCO MIRABELLI. No, io sto chiedendo a tutta la Commissione di riconvocarsi, quando lei deciderà, dando un po’ di tempo per riordinare le idee, per fare questa discussione. Non voglio impedire a nessuno di intervenire, però penso che quella discussione si possa fare meglio dentro una prospettiva...

  PRESIDENTE. Senatore Mirabelli, ritengo che debba essere fatta una mozione e io la metto ai voti. Per quanto mi riguarda, se mi attengo a quello che è stato deliberato, ritengo che abbiamo concluso. Tuttavia, siccome ci sono diverse interpretazioni, non datemi la responsabilità di impedire una discussione perché è l'ultima cosa che voglio fare.

  CIRO FALANGA. Presidente, come mozione d'ordine le chiedo di riconvocare l'adunanza ponendo all'ordine del giorno la discussione di merito – un po’ più ampia direi – relativa a tutto il lavoro che è stato fatto e anche a una riflessione più opportuna sul codice di autoregolamentazione e sulla sua eventuale interpretazione. Possiamo anche deliberare e decidere un'interpretazione autentica. Così facciamo un buon lavoro per il futuro, non tralasciando di considerare l'opportunità di valutare la tempistica, perché il tempo è stato il nostro peggior nemico, nel senso che abbiamo avuto pochi giorni.

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  PRESIDENTE. Non allunghiamo, senatore Falanga. È una posizione formale quella di rinviare ad altra seduta la discussione per il futuro.

  CIRO FALANGA. Perfetto. Grazie.

  MARCO DI LELLO. Presidente, se posso, prima della conclusione vorrei lasciare un'affermazione a verbale. Visto che la maggioranza decide che bisogna concludere e impedire il dibattito, quindi io voterò contro la proposta Falanga, vorrei che fosse messa a verbale la contestazione della ricostruzione dalla signoria vostra fornita.

  PRESIDENTE. Va bene, onorevole Di Lello.
  Metto in votazione la proposta del senatore Falanga.
  (È approvata).

  L'ufficio di presidenza deciderà quando mettere all'ordine del giorno il prosieguo della discussione per il futuro. Grazie.

  La seduta termina alle 21.25.