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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Giovedì 18 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione di Andrea Cavicchi, Presidente di Confindustria di Prato:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Cavicchi Andrea , Presidente di Confindustria di Prato ... 3 
Cenni Susanna (PD)  ... 4 
Cavicchi Andrea , Presidente di Confindustria di Prato ... 4 
Catania Mario , Presidente ... 5 

Audizione di Luca Giusti, Presidente della Camera di Commercio di Prato:
Catania Mario , Presidente ... 5 
Giusti Luca , Presidente della Camera di Commercio di Prato ... 5 
Catania Mario , Presidente ... 7 
Cenni Susanna (PD)  ... 7 
Giusti Luca , Presidente della Camera di Commercio di Prato ... 7 
Catania Mario , Presidente ... 8 

Audizione di Giuseppe Cristiani, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A.:
Catania Mario , Presidente ... 8 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 8 
Catania Mario , Presidente ... 11 
Cenni Susanna (PD)  ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 11 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 12 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 13 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 13 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 13 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 13 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 13 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 13 
Catania Mario , Presidente ... 14 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 14 
Catania Mario , Presidente ... 14 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 14 
Catania Mario , Presidente ... 14 
Cristiani Giuseppe , rappresentante della Stefano Ricci S.p.A ... 14 
Catania Mario , Presidente ... 14 

ALLEGATI: Documentazione presentata dagli auditi ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14,15.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Andrea Cavicchi, Presidente di Confindustria di Prato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca tre audizioni che ruotano intorno al tema del «sistema Prato», quindi di tutta la problematica tessile moda che fa capo alle criticità storiche del pratese, audizioni chieste in particolare dalla collega Cenni, relatrice per la problematica di Prato.
  Il lavoro su Prato sarà infatti uno dei primi documenti che produrremo come Commissione e sarà preparato dalla collega Cenni.
  Lascio la parola al dottor Andrea Cavicchi, Presidente di Confindustria di Prato.

  ANDREA CAVICCHI, Presidente di Confindustria di Prato. Grazie, presidente. Ringrazio la Commissione per l'invito e la grande attenzione posta sul problema di Prato e sui temi che avevo già trattato a Prato.
  Noi abbiamo vari problemi riguardo alla contraffazione. Abbiamo una comunità cinese che produce capi made in Italy sul nostro territorio, che realizza sia capi non brandizzati, sia capi con brand, ma su questo si soffermerà il Presidente della Camera di Commercio di Prato, Luca Giusti, che ha anche alcuni dati su questa problematica.
  Vorrei sottoporre all'attenzione della Commissione una ricerca che abbiamo realizzato come Confindustria Prato insieme all'Istituto Buzzi, l'Istituto Tecnico di Prato che è un laboratorio di analisi, dove abbiamo analizzato 67 capi d'abbigliamento comprati in vari negozi, ossia catene famose, multimarca o mercati. Abbiamo trovato valori molto preoccupanti da vari punti di vista.
  Abbiamo fatto un'analisi confrontando le regole ecotossicologiche dei capi d'abbigliamento che ci sono in Europa con quelle della Cina, evidenziando tante difformità nella composizione dei capi, quindi anche delle fibre.
  Sul nostro territorio (in questo caso di Prato, ma anche a livello nazionale) circolano quindi capi con sostanze tossiche nocive vietate, che spesso hanno dichiarazioni false di composizione e sono privi di fibre pregiate.
  Questa ricerca dimostra la mancanza di controllo sul territorio italiano, come si può verificare anche a livello europeo sulla correttezza delle dichiarazioni dei capi e delle etichettature, ma soprattutto l'importazione nel nostro territorio di sostanze chimiche tossiche e, mentre nelle produzioni tessili c’è un grande controllo per la legislazione sul controllo delle sostanze tossiche e dei processi produttivi, nel commercio non c’è.Pag. 4
  Forse rischia di esulare dal tema della contraffazione, ma constatiamo spesso uno squilibrio tra le dogane europee e le dogane di Paesi come la Cina e l'America, quindi sollecitiamo un'attenzione su questo punto. Lascerò agli atti la ricerca su cui quindi non mi dilungherò.
  Un problema molto importante è l'ingresso sul nostro territorio di tessuti privi di controllo alle dogane e di etichettature. Il Presidente della Camera di Commercio ci potrà dare un'indicazione delle quantità di tessuti sequestrati. Tale ingresso irregolare di tessuti sul nostro territorio mette a dura prova la fabbricazione di tessuti italiani, perché poi anche questi tessuti risulteranno italiani (se ne è discusso nell'incontro a Prato) e spesso nelle confezioni cinesi si trova il capo made in Italy.
  A livello europeo si sta parlando del marchio made in Italy e della tracciabilità dei capi, ma abbiamo una falla sul controllo dei semilavorati introdotti nel nostro territorio, che creano un problema ambientale e di contraffazione dei tessuti, che non sono italiani ma che risultano tali. Grazie.

  SUSANNA CENNI. Un ringraziamento sincero perché mi rendo conto che venire qua a Roma, soprattutto in questi giorni in cui molti di voi saranno impegnati a Pitti, rappresenta un sacrificio di cui vi siamo molto grati, però stiamo cercando di fare seriamente il nostro lavoro per dare un contributo al tessuto produttivo del territorio pratese, ma più in generale del territorio italiano.
  Il dottor Cavicchi e il Presidente della Camera di Commercio Giusti ci avevano già fornito un quadro molto rilevante nell'incontro di Prato, però sarà utilissimo acquisire la ricerca anche ai fini del lavoro che trasmetteremo alla Camera. Ci era già stato rappresentato anche dal sindaco il tema dell'arrivo dei tessuti attraverso canali non chiari e quindi dell'esigenza di comprendere in quali dogane ci sia questa falla.
  Vorrei rivolgerle una domanda, dottor Cavicchi, su una questione che in parte avevamo già affrontato ma su cui stavamo riflettendo con il Presidente Catania. Al di là di tutto il lavoro di repressione e di contrasto dei vari soggetti, che va affinato e coordinato meglio, mi chiedo se a suo parere potrebbe essere un'indicazione utile, fra quelle che cercheremo di dare al Parlamento e al Governo quando trasmetteremo la nostra relazione su Prato, quella di sollecitare e sostenere la costruzione di filiere etiche nella produzione, con la disponibilità del mondo produttivo a lavorare in questa direzione, per certificare il più possibile la filiera, oppure se riteniate questa strada solo un aggravio di burocrazia poco utile.
  Questa strada potrebbe rappresentare da un lato un ulteriore contributo all'azione di contrasto, dall'altro un elemento di valorizzazione del nostro made in dove non riusciamo ad arrivare attraverso una battaglia infinita che stiamo conducendo anche nelle sedi comunitarie.

  ANDREA CAVICCHI, Presidente di Confindustria di Prato. Colgo l'occasione per farvi i complimenti, perché state facendo un buon lavoro, e noi oggi siamo venuti proprio nell'intento di dare un contributo, oltre a quello della volta scorsa, quindi esprimo il mio plauso per il lavoro che state facendo a Prato e mi fa piacere che ci sia un'attenzione, perché si tratta non solo di Prato, ma di un'area molto più vasta (si parla di Firenze e della pelletteria in cui ci sono molti problemi di contraffazione).
  Questo settore della moda, che è ancora trainante, presenta molti rischi nel processo. La via del percorso etico è una delle strade corrette. Cercando di non complicare troppo la vita agli imprenditori, dobbiamo riuscire a tracciare con trasparenza i prodotti che vengono realizzati sul nostro territorio o anche fuori, perché quello che non riusciamo a tracciare entra in una zona grigia, in cui si mette a repentaglio il consumatore e l'immagine stessa del prodotto e di tutto il processo produttivo.Pag. 5
  Come made in Italy, laddove non c’è un riconoscimento europeo, non c’è un obbligo di tracciabilità, la sicurezza del consumatore non è tutelata appieno, rischiamo di mettere a repentaglio l'immagine che ancora riusciamo a trasmettere all'esterno.
  Due giorni fa c’è stata l'inaugurazione di Pitti, abbiamo visto un grande interesse e anche una grande attenzione del Governo testimoniata dalla presenza del Ministro dello sviluppo economico Guidi, un'attenzione forte al settore della moda che è ancora trainante, però abbiamo molti problemi.
  La tracciabilità del prodotto e la valorizzazione etica dei processi produttivi sono un percorso idoneo. Tra l'altro, come associazione industriale di Prato stiamo facendo anche un percorso (ho presentato velocemente una ricerca) sulla sostenibilità del processo produttivo dal punto di vista ambientale perché, mentre lavoriamo su determinati parametri di controllo ambientale degli scarichi, il nostro distretto ha un sistema centralizzato di depurazione delle acque, effettuiamo controlli delle aziende sugli scarichi industriali e abbiamo un sistema sostenibile dal punto di vista produttivo, altri Paesi non lo hanno, anche la Turchia, sistema industriale molto forte e organizzato.
  Il problema è anche lavorare sempre più su semilavorati, perché stiamo importando tantissimo inquinamento. Non è questa la sede per affrontare tematiche quali l'inquinamento e il rispetto ambientale, però quando parliamo di moda dobbiamo fare un progetto a trecentosessanta gradi, che consideri il problema ambientale, il problema etico, una totale tracciabilità, perché i problemi vanno di pari passo e spesso dove c’è scarso rispetto ambientale c’è anche scarso rispetto dell'uomo, quindi poca trasparenza etica. Le rispondo quindi di sì, rispetto alla questione delle filiere etiche.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente di Confindustria di Prato, Andrea Cavicchi.

Audizione di Luca Giusti, Presidente della Camera di Commercio di Prato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente della Camera di Commercio di Prato, Luca Giusti, che ci fornirà ulteriori elementi sulla contraffazione in senso stretto, intesa come violazione dei marchi.

  LUCA GIUSTI, Presidente della Camera di Commercio di Prato. Grazie, signor presidente, grazie ai componenti della Commissione per questa grande opportunità di illustrare la situazione piuttosto complessa e difficile che stiamo vivendo sul nostro territorio.
  Cercherò di essere sintetico, perché mi interessava darvi ulteriori dati che sono emersi dalle ultime verifiche, dagli ultimi controlli e anche dagli ultimi punti sullo stato dell'arte del nostro territorio.
  Il fenomeno della contraffazione ha assunto dimensioni internazionali ed è oggi in ogni settore produttivo. Sulla base delle risultanze della banca dati IPERICO curata dal Ministero dello sviluppo economico, degli oltre 13.000 sequestri effettuati nel 2013 dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle dogane quasi il 40 per cento appartiene al comparto tessile, per cui capite bene che ci riguarda veramente da vicino come effetto non indifferente sulla capacità delle nostre imprese di stare sul mercato con una concorrenza di questo tipo.
  Secondo i dati Censis, in Italia il mercato del falso vale 6,9 miliardi di euro, di cui 2,5 relativi al settore tessile, abbigliamento e accessori. Si tratta quindi di numeri importanti che coinvolgono direttamente il nostro distretto.
  Il Regolamento comunitario n. 765/2008 ha disposto che gli Stati membri debbano adottare dal gennaio 2010 specifici programmi di vigilanza anche a livello locale. Da qui trae origine il protocollo di intesa tra il sistema camerale Unioncamere e il Ministero dello sviluppo economico.
  Per questo motivo abbiamo stipulato una convenzione fra le Camere di Commercio Pag. 6e Unioncamere allo scopo di coordinare e rafforzare le diverse attività di vigilanza e controllo del sistema camerale, a tutela dei consumatori e a garanzia della leale concorrenza tra le imprese.
  Per quanto concerne alcuni dati sui controlli effettuati nel periodo compreso fra dicembre 2010 e maggio 2015, la Camera di Commercio ha sottoposto a controllo circa 1.600 prodotti offerti in vendita ai consumatori, sottoponendone alcuni ad esami di laboratorio, anche perché la Camera di Commercio si occupa delle verifiche sulla etichettatura di origine e sulla composizione dei prodotti, per valutare se corrispondano a quanto indicato dalle etichette.
  A seguito di questi controlli sono state comminate sanzioni per oltre 450.000 euro. Nella maggioranza dei casi i dati si riferiscono a etichette non conformi al prodotto, ossia non c’è corrispondenza fra la tipologia di prodotto offerto e l'etichetta che ne dovrebbe descrivere la composizione, quando addirittura non ne è totalmente sprovvisto.
  La nostra competenza è sull'etichettatura, quindi la Camera di Commercio non ha competenze dirette in materia di pirateria e contraffazione per quanto riguarda il tessile moda, che è invece un elemento estremamente importante.
  Dal nostro punto di osservazione emerge che la contraffazione è soprattutto un problema culturale. Occorre quindi un'ampia informazione e sensibilizzazione dei consumatori, l'individuazione degli organi che devono effettuare i controlli, dei loro poteri e delle modalità, perché oggi ci troviamo in una situazione paradossale.
  Se infatti andiamo a effettuare un controllo e sospettiamo che il prodotto non corrisponda a quanto riportato dall'etichetta, possiamo procedere con il sequestro, ma nel tempo che intercorre dalle analisi al risultato i soggetti coinvolti ottengono il dissequestro, noi non arriviamo a contrastare in maniera efficace questa problematica. Considero quindi veramente importante il lavoro che fate, perché è indispensabile avere un quadro chiaro degli strumenti a disposizione e delle modalità con cui si affronta questo problema.
  Alcuni dati. Le aziende stanno iniziando a utilizzare gli strumenti relativi alla proprietà intellettuale in maniera più intensiva: nel 2014 a Prato sono stati depositati 275 marchi nazionali, di cui 131 nel settore tessile, mentre sul versante dei marchi internazionali nello stesso anno ne sono stati depositati 8, tutti legati al mondo del tessile.
  Questo elemento conferma la vocazione del nostro territorio, il livello di impatto dell'innovazione in un settore come quello tessile. Si ritiene opportuno consegnare alla Commissione una relazione riepilogativa, relativa a tutti i marchi e i brevetti che sono stati depositati.
  Considero importante anche un altro aspetto che può non sembrare direttamente collegato al fenomeno della contraffazione, ma in realtà lo è, cioè la presenza sul nostro territorio di un gran numero di aziende a conduzione extracomunitaria, in particolare di etnia cinese, perché penso che attraverso un esame chiaro della situazione si percepisca come questo possa influire in maniera pesante sull'attività che le aziende svolgono nel nostro territorio.
  Vi leggo alcuni dati significativi. Nella provincia di Prato le imprese straniere attive al 31/12/2013 (andiamo per anno di iscrizione e l'ultimo report non è stato ancora completato) erano così composte: su 40.000 imprese circa il 30 per cento sono a conduzione straniera, di queste il 45 per cento da imprenditori di etnia cinese, ma il dato più eclatante è la vitalità di queste aziende.
  Solo l'1,8 delle 5.000 imprese condotte da imprenditori di etnia cinese ha infatti più di 10 anni di vita, il 10,4 per cento è stata costituita fra il 2003 e il 2006, il 46 per cento è stata costituita più di 6 anni fa e il 42 per cento ha meno di 2 anni di vita (abbiamo un turnover del 45 per cento circa).
  Questo la dice lunga sulle modalità con cui queste aziende operano nel settore specifico della moda e su quanto possa essere difficile contrastarne l'attività.Pag. 7
  Se ci fosse necessità di ulteriori dati o di chiarimenti, sono a vostra disposizione. Prima parlavate della filiera etica; io sono anche Presidente di Unionfiliere, il sistema camerale che si occupa delle filiere (oro, moda, nautica, edilizia) e stiamo percorrendo la strada della trasparenza, della tracciabilità dei prodotti, in modo che ogni prodotto possa essere ben identificato nel luogo, nel modo e soprattutto nel percorso che effettua fino alla sua presentazione al consumatore.
  In particolare, in Toscana come sistema camerale stiamo mettendo a punto un processo (siamo in una fase abbastanza avanzata, ma non ancora definita) che è quello della filiera della legalità con i grandi brand soprattutto legati alla tematica della pelletteria. Sono coinvolti la regione, tutti i grandi brand che si sono dimostrati sensibili a questo, le parti sociali, le istituzioni, per cui dovrebbe essere una filiera che si muove nella direzione da lei auspicata di identificare il percorso di realizzazione di determinati prodotti.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Giusti. Sicuramente la collega Cenni vorrà porle delle domande, ma mi pare particolarmente importante questo ultimo riferimento.

  SUSANNA CENNI. Ringrazio il Presidente Giusti che ci ha detto cose molto interessanti, perché fra l'altro la Toscana, di cui conosco bene alcune di queste esperienze, da alcuni anni sta tentando di lavorare proprio sui marchi etici a livello più generale, però trovo particolarmente interessante questo tema legato ai grandi marchi, perché abbiamo visto anche qualche strumentalizzazione giornalistica riguardante alcuni grandi marchi.
  Lo ritengo quindi un punto rilevantissimo da approfondire. Fra l'altro, nelle prossime settimane avremo un'audizione del Presidente Rossi, del comune di Firenze, per recepire i vari punti di vista.
  Noi stiamo provando a mettere assieme i possibili suggerimenti, quindi ci è utile capire da voi cosa potremmo suggerire, in quanto credo sia utile lavorare sull'attività di contrasto e la certificazione di tracciabilità anche in modo innovativo.
  Nella missione a Prato ho molto apprezzato le esperienze di alcune imprese che siamo andati a visitare, quali i microchip o altre iniziative di supporto dal punto di vista della tracciabilità e dell'innovazione. Stiamo valutando la possibilità di estendere alcuni strumenti di aiuto alle imprese, che fino ad oggi hanno riguardato i macchinari, anche a questo tipo di investimenti.
  Mi chiedo però quale altro strumento di aiuto potremmo dare alle imprese, per convincerle a intraprendere questo percorso. Voi lo state già facendo come sistema camerale, però potremmo forse individuare strade per rendere conveniente questo percorso.

  LUCA GIUSTI, Presidente della Camera di Commercio di Prato. Noi pensiamo questo: le imprese sono sempre molto sensibili agli effetti di ricaduta sulle proprie attività.
  L'effetto più importante che può ricevere un'impresa nell'adottare una certificazione o un sistema che ne identifica il prodotto e la sua tracciabilità è la premialità. Questo significa non contributi a pioggia senza senso, ma ottenere punteggi più alti nell'ambito di eventuali bandi, maggiore attenzione a determinati strumenti messi a disposizione dalle istituzioni, di qualunque genere essi siano, poter avere un riconoscimento in premi, legati a oneri contributivi inferiori o almeno leggermente inferiori.
  Basta davvero poco per far sì che le imprese si rendano conto che effettivamente c’è un interesse che va nella direzione di valorizzare quanto fanno, perché è necessario trasmettere il messaggio che chi adotta un procedimento etico corretto è portatore di una cultura che si sta perseguendo come obiettivo finale e per questo deve vedersi riconoscere una premialità, altrimenti sarà molto difficile convincere le imprese a intraprendere questo percorso.
  Abbiamo realizzato la filiera della legalità con la regione Toscana sul tema Pag. 8legato alla pelletteria, ma stiamo già parlando con il distretto pratese, con gli amici industriali, perché è un tema che ci vede direttamente coinvolti, per cui siamo nelle fasi iniziali di un percorso che in tempi brevi potrà concretizzarsi in qualcosa di molto più sostanzioso.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente della Camera di Commercio di Prato, Luca Giusti.

Audizione di Giuseppe Cristiani, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Giuseppe Cristiani, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A, che ringrazio per la sua presenza. L'avvocato è accompagnato dal dottor Sanesi, responsabile del settore mercati, dall'avvocato Iandoli dello studio esterno che collabora con la Stefano Ricci S.p.A, e dal dottor Alberto Cristiani, responsabile per il settore contraffazione.
  Rinnovando ancora il ringraziamento all'avvocato Cristiani, lo prego di illustrarci l'esperienza di impresa sul tema del contrasto alla contraffazione.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Sono io che la ringrazio, presidente, insieme a tutti i membri della Commissione, per averci dato l'opportunità di poterci confrontare su un tema che ci è molto caro.
  Siamo qui come rappresentanza della Stefano Ricci piuttosto numerosi, perché siamo costretti ad essere in forze per quanto riguarda la tutela dalla contraffazione e del brand. Abbiamo delle problematiche particolari relativamente alla contraffazione, probabilmente diverse da quelle delle altre aziende e che per ordine metodologico cercherò di esprimere in maniera compiuta.
  Ho organizzato il mio discorso preparandolo naturalmente in un certo modo, ma ascoltando quello che è emerso qui nelle discussioni ho avuto un punto su cui ancorare il discorso che sto per portare avanti: estetica ed etica. Spesso le due cose anche a livello mediatico non sono andate d'accordo, e in questo momento non fa bene a nessuno, soprattutto nel made in Italy.
  Devo ancora in premessa collocare il posizionamento del brand della Stefano Ricci, che probabilmente in Italia non è molto conosciuta perché il suo fatturato si concretizza per il 98 per cento all'estero e probabilmente il restante 2 per cento ha anche una composizione di cliente estero che compra in Italia.
  Cosa fa la Stefano Ricci ? Dal 1972 in poi, partendo dalle cravatte, fa abbigliamento esclusivamente maschile, accessori che gli analisti finanziari vanno a posizionare nel superlusso. A noi questa definizione non piace, preferiamo da italiani convinti che questo venga definito eccellenza.
  I nostri prodotti non sono costosi, sono molto costosi, perché racchiudono e rappresentano – a nostro modesto avviso – il massimo della capacità manifatturiera italiana e della ricerca assoluta della qualità dei materiali, perché la filosofia è che il lusso e nello stesso tempo il made in Italy sia sinonimo di capacità artigianale, di manualità, ma soprattutto sintesi di una cultura che ci appartiene, che ci è propria e che non possiamo assolutamente dimenticare anche in un piccolo manufatto.
  Noi non abbiamo problemi di filiera perché probabilmente non abbiamo filiera, nel senso che è prodotto tutto in Italia, in particolare a Firenze. Ci sono solo due unità produttive, una a Firenzuola, un'attività di pelletteria dove si cerca di insegnare, perché è venuta meno in determinati ambiti territoriali la capacità, laddove ci arrivano tantissimi curricula di grandi esperti in marketing, ma pochissimi di pellettieri capaci di lavorare in un certo modo; l'altro in Basilicata, a Castelmezzano, considerato uno dei borghi più belli d'Italia, perché lì c'era la disponibilità di materiale (il termine è brutto) umano italiano in condizione di produrre in Italia. La denominazione sociale della società è «Fatto in Italia».Pag. 9
  Sull'etica noi abbiamo chiesto di ottenere da una società specializzata nel settore il rating etico, perché vogliamo capire non da soli, ma confrontandoci con il mondo esterno quali possano essere le nostre eventuali criticità.
  Noi facciamo tutto in casa, ma quello che si fa in una filiera cortissima (faccio riferimento ad esempio al capo spalla) è fatto da un unico fornitore, che è assolutamente controllato, ispezionato, e aderisce a tutti i nostri princìpi, così come altri piccoli fornitori hanno la stessa best practice, quindi si allineano alle linee guida che sono state date dalla Stefano Ricci, che naturalmente ha tutte le ISO, la 28999, la 18000, la 9000, ha l'organismo di vigilanza, ha il codice etico, perché la Stefano Ricci con cinquanta negozi posizionati in tutto il mondo deve confrontarsi non solo con la normativa italiana ed europea, ma con le normative sia dei Paesi Far East che di altri Paesi.
  Qual è la problematica dopo questo lungo (chiedo scusa a lei, presidente, e tutti i membri della Commissione) inquadramento della società, senza il quale mi sarebbe stato difficile spiegare le nostre criticità, sotto il profilo della lotta alla contraffazione ? Non conviene copiare il nostro prodotto, ma questo in senso non assoluto ma relativo, perché fare un falso verosimile costerebbe troppo.
  Nello stesso tempo, però, alcune tipologie di prodotto che abbiamo sono assolutamente appetibili sul mercato del falso, perché hanno una grandissima richiesta soprattutto in Cina. Oggi, quindi, abbiamo problemi di contraffazione non attraverso i venditori ambulanti o sulle spiagge, ma sull'e-Commerce, perché soprattutto sulle piattaforme cinesi c’è una possibilità di acquistare dei falsi qualche volta verosimili, ossia prodotti che si avvicinano molto al prodotto originario, in particolare le cinture, con questa fibbia particolare disegnato da Stefano Ricci che in Cina spopola, viene richiesta in maniera incredibile.
  Noi abbiamo adottato due linee di salvaguardia, con le piattaforme finalizzate all'e-commerce con il deposito del copyright in Cina e quindi problemi e confronti con la normativa cinese, e poi un'azione di notificazione immediata alle piattaforme che stanno esponendo e dando la possibilità di commercializzare un falso.
  Loro oscurano la pagina, perché hanno paura non della normativa cinese, ma della normativa degli Stati Uniti che è molto più sanzionatoria da questo punto di vista.
  Non voglio addentrarmi su questo, perché vorrei passare invece all'altro punto della contraffazione che ci dà più fastidio, più di questa vendita on line del falso, verosimile o meno che sia.
  Noi abbiamo tre marchi, Stefano Ricci, la testa dell'aquila e l'SR, il logo della Stefano Ricci che rappresentano non tre brand differenti di posizionamento, ma la stessa cosa, perché alle volte i bottoni di una giacca piuttosto che un capo viene contraddistinto con il logo dell'aquila e quindi è un marchio depositato a ulteriore protezione rispetto al copyright.
  Noi abbiamo in oltre cento Paesi il deposito del questi tre marchi, in diciotto classi, continuiamo a portare avanti questo tipo di tutela; probabilmente adesso la estenderemo in altri cinquanta Paesi, il che significa che noi abbiamo un ambito di tutela e di contenzioso mondiale.
  Ci vedete quindi così numerosi perché condividiamo questo tipo di discorso in senso armonico e raccordato, perché abbiamo notato che il vero attacco che noi subiamo sotto il profilo contraffattivo è che tutti, cercando di sfruttare la notorietà di Stefano Ricci in Cina, in Russia o negli Stati Uniti, vogliono chiamarsi Ricci, tutti vogliono far passare dei prodotti che non sono neanche nella concezione produttiva della Stefano Ricci come prodotti Ricci.
  Questo per quanto riguarda non solo i marchi, ma anche i domini. A noi non è capitato perché abbiamo cercato di fare una politica attenta di acquisto dei domini, ma spesso noi ci troviamo a combattere con Esteban Ricci o con qualcosa che gli si avvicini molto e abbia questo denominativo Ricci, non perché copiano il prodotto in sé, ma perché attraverso una Pag. 10contraffazione che possiamo definire intellettuale, una speculazione, vogliono far passare dei prodotti come una linea di qualità italiana mentre sono tutt'altro.
  È opportuno precisare che la Stefano Ricci non solo produce tutto in Italia, ma (tengo particolarmente a dirlo) ha sede in Italia e paga le tasse in Italia, pur avendo quattordici società all'estero che partecipano al bilancio consolidato. Supero questo tema, anche se per me non è di poca importanza, perché meno attinente all'argomento di cui stiamo discutendo oggi.
  Quale può essere una nostra riflessione e un piccolo contributo di iniziativa da dare in questo contesto ? La tutela del brand da un punto di vista sia professionale che di energie è costosa, è impegnativa, e un'estensione del marchio di deposito in varie categorie ha delle cifre importanti, che una società che si è già strutturata, che ha già ha avuto la sua affermazione e il riconoscimento sul mercato può anche sostenere in termini di costo e di energie professionali.
  Spesso però vediamo delle società piccole che, quando sono riuscite a superare un punto di equilibrio e si accorgono di aver conquistato una piccola fetta di mercato e di doversi occupare di tutela del brand, magari si trovano il dominio già acquistato, perché qualcuno in Corea ha già preso il loro nome. Questi esempi non sono di fantasia, ma sono fatti che ho visto e con i quali ci siamo dovuti confrontare anche per altre realtà più piccole rispetto alla Stefano Ricci.
  Sono d'accordo col Presidente della Camera di Commercio di Prato, Luca Giusti, quando sostiene che spesso è la premialità che spinge a intraprendere simili percorsi, anche se non dovrebbe essere così; però la premialità è vista anche come un'attenzione verso un settore, non necessariamente come una richiesta di contributo con il cappello in mano, e assume un significato di vicinanza da parte delle istituzioni.
  Da questo punto di vista valutare per i piccoli brand (io non sono un portatore di interesse, non è certo la rivendicazione personale o dell'azienda che rappresento a spingermi a questo ragionamento) una forma di sgravio contributivo per la difesa, il deposito, la tutela del brand è sicuramente in linea con la tutela del made in Italy e quindi della capacità manifatturiera italiana, che non può diventare come quella inglese, che nel frattempo si è persa e ormai è solo una capacità commerciale piuttosto che produttiva, cosa che sarebbe un male per il Paese.
  Chiudo con un piccolo esempio. Stefano Ricci è il Presidente del Centro di Firenze della moda italiana, il dottor Cavicchi è il Vice Presidente, il Presidente Giusti è consigliere del Centro di Firenze per la moda, la holding che ha Pitti e altre società del settore della moda, e tutti insieme siamo riusciti, quando ancora non ero consigliere di UniCredit, quindi non ero in una posizione di conflitto di interessi, a siglare un accordo con UniCredit per quanto riguarda il made in Italy, per sostenere finanziariamente le piccole aziende che producono in Italia e accompagnarle in un percorso all'estero anche consulenziale e di incontro con i mercati.
  Questo è il terzo anno, il primo anno sono stati impegnati 100 milioni di euro, il secondo anno sono stati impegnati 250 milioni di euro, il terzo anno non ho ancora il dato definitivo, ma sicuramente questa cifra è stata superata.
  Cerchiamo di fare tutto quanto ci compete nell'ambito delle possibilità e nei limiti del confronto positivo, perché non tutto quello che viene realizzato all'estero deve essere seguito, anzi partirei da un punto di orgoglio, perché è l'estero che copia noi, non noi che dobbiamo sempre ispirarci a qualche modello fuori Italia.
  L'ulteriore ipotesi che abbiamo messo in pista come UniCredit è quella di fare una piattaforma per la filiera, per cui il brand che dà dei prodotti da realizzare a un suo fornitore mette in linea di rating bancario lo stesso fornitore, con possibilità di sconti e anticipazioni sulle fatture a condizioni economiche che non potrebbe avere senza il sostegno della casa madre.
  È in via di sperimentazione, per il momento la risposta sul mercato è molto positiva, ma non sono in condizione di Pag. 11fornirvi dati significativi. Vi ringrazio, forse ho parlato più a lungo del dovuto, ma sono certo che voi comprenderete, giustificandomi con la passione che metto in questo lavoro e quando si parla non solo della Stefano Ricci, ma in generale dell'Italia.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocato. Chiedo alla relatrice se abbia delle domande da porle.

  SUSANNA CENNI. Grazie, presidente. Un ringraziamento sincero anche per la passione con cui i vari temi ci sono stati rappresentati.
  Sono anch'io convinta che questa battaglia, che credo ci veda tutti sullo stesso fronte, sia assolutamente necessaria per non disperdere il nostro manifatturiero e che sia una battaglia giusta, perché si esce dalla crisi prima di tutto se si difende il nostro made in Italy, quindi nell'azione che questa Commissione d'indagine sta cercando di fare c’è una grande motivazione da questo punto di vista oltre che una convinzione personale come cittadina toscana, che passa assolutamente in secondo piano.
  Ho trovato molto interessante alcune delle cose che lei ci ha raccontato e avrei qualche curiosità. Lei ha parlato di rating etico, vorrei capire meglio di cosa si tratta, che tipo di certificazioni, chi stia lavorando a questo tipo di riconoscimento.
  Ha fatto riferimento al marchio che lei qui rappresenta e ai rischi di contraffazione che riguardano il pacchetto dell'e-commerce, versante incredibilmente grande, che innova continuamente e reagisce agli oscuramenti con nuove aperture, come ieri ci hanno riferito anche i rappresentanti della procura di Roma che hanno aperto tanti fascicoli sulla contraffazione nel web.
  Lei ha parlato dell'esperienza degli Stati Uniti più dinamica nell'azione di contrasto sul web, quindi vorrei sapere se ci siano degli spunti che possiamo assumere anche nel nostro lavoro.
  Non si può generalizzare parlando di tutti i brand, di tutto il manifatturiero e di tutto il settore moda, ma c’è un tema assolutamente centrale che riguarda il consumatore. Se per alcuni brand il rischio è inferiore, perché mai un consumatore si recherebbe sulla strada a cercare un prodotto di un certo tipo, alcune indagini, comprese quelle del Censis, hanno evidenziato la tendenza soprattutto nei giovani consumatori a non percepire la gravità del reato nel momento in cui si compra un falso.
  Siccome sono noti i numeri del danno non soltanto alle imprese, ma anche alla quantità di occupati, laddove alcuni si lamentano del prodotto che costa troppo e il giorno dopo della mancanza di posti di lavoro, senza rendersi conto di tutto questo insieme, mi interesserebbe capire come promuovere una battaglia che convinca il consumatore ad andare in questa direzione.

  PRESIDENTE. Lascio la parola al rappresentante della Stefano Ricci S.p.A., avvocato Giuseppe Cristiani.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Mi scusi ma partirò dall'ultima domanda e poi magari mi aiuterà a ricordare le precedenti.
  L'ultima domanda, se non ho capito male, è riferita al problema del rischio del consumatore e quindi della consapevolezza o meno del consumatore di acquisire prodotti che sono palesemente falsi.
  Non se ne abbia a male, ma nell'ambito della moda il falso è più donna che uomo, nel senso che se si guarda a uno studio specifico e a quello che vediamo tutti i giorni sulle spiagge, si tratta di borse e accessori, rispetto al falso per uomo che può essere l'orologio. Traccio questo perimetro per delimitare l'ambito del discorso.
  È un problema culturale, ma il problema culturale non è solo nel falso: il problema culturale è oltre il falso, perché quando si compra un prodotto vero su costo cento del prodotto 80% è brand e 20% è qualità, è proprio materia del prodotto. Spesso si dice che quando il mix è 30%/70% è già un buon prodotto, immaginiamo Pag. 12quindi il falso cosa possa essere in termini di tossicità o di pericolosità in senso assoluto !
  Ecco perché un altro dato importante della capacità creativa e manifatturiera italiana è un rapporto più equilibrato nel mix fra brand e qualità del prodotto. Le pagine pubblicitarie che noi vediamo sui giornali, quali che siano, anche quelli del treno, che rappresentano l'immagine di un certo prodotto, vengono pagate dal consumatore, quindi quando nel cento, dato cento il prezzo del prodotto, c’è questo mix con il discorso relativo alla quantità o alla tossicità del prodotto, è difficile contrastarlo.
  Il sistema mediatico e di costume si è spinto molto nella logica del consumismo, tutti naturalmente hanno diritto a volere, ma quanti possono comperare un prodotto che ha dei costi ingiustificabili ?
  La signora benestante comunque compra il falso di un certo tipo di borsa, pur potendosi comperare il vero, perché è una questione culturale, perché ha fatto l'affare, quindi entriamo in una questione di carattere sociologico. Qui ci vorrebbe una campagna di sensibilizzazione e, mentre prima ho espresso il concetto dell'etica e dell'estetica, andrebbe rafforzato il concetto della logica e del buon senso: non si compra un giocattolo a un bambino quando è prodotto probabilmente in certi Paesi, senza alcuna attenzione sulle vernici, solo perché è griffato.
  Oggi bisognerebbe che il consumatore uscisse fuori dal concetto di griffe, di fashion e andasse alla sostanza effettiva della qualità del prodotto, e questo è solo un fenomeno culturale.
  All'inizio i russi si vestivano tutti di nero con la camicia nera, poi man mano hanno scoperto la qualità del prodotto italiano e hanno cominciato a vestirsi meglio, forse ancora con le scarpe non ci siamo, però le scarpe servono per portare avanti le gambe e sulle gambe le idee, e le idee devono essere quelle della logica e del buonsenso. Questa è cultura, concetto a cui noi qualche volta abbiamo abdicato.
  Siamo l'unica società per il momento che ha voluto essere sottoposta a questo rating etico, che non è una certificazione, perché noi abbiamo tutte le certificazioni possibili e immaginabili, e qui vado al confronto con gli Stati Uniti.
  Negli Stati Uniti, per quanto riguarda i mercati finanziari o le società quotate ci sono solo quattro regole fondamentali, ma se vai a violare una di queste quattro regole sei definitivamente fuori, non hai possibilità di negoziazione.
  Per quanto riguarda questo valore etico, la società porta avanti questo tipo di analisi per poi dare un rating con dei suggerimenti per poter migliorare su tutto. Noi abbiamo scelto di farla per quei motivi: perché oggi puoi sbagliare senza saperlo, come spesso accade a tutti i cittadini italiani, le leggi sono tantissime e quindi puoi essere in difficoltà senza rendertene conto.
  Nel concreto i mercati anglosassoni sono molto attenti a questo, spesso anche la dogana; la Stefano Ricci è luogo doganale, è esportatore autorizzato, quindi fa dogana in casa, nel senso che quando spedisce può attestare sulla fattura di che tipo di prodotto si tratti, e il rating etico ci aiuta perché spesso in dogana, soprattutto per quanto riguarda pelli o pellami pregiati (coccodrillo e altro tipo di pelle di qualità), chiedono soprattutto in alcuni Paesi se vi è il rating etico.
  Noi quindi lo abbiamo fatto non solo perché siamo virtuosi, ma anche perché era opportuno farlo, per avere una linea di maggiore semplicità nell'esportazione di alcuni prodotti e nel contempo, pensando a un mercato finanziario estero, l'investitore soprattutto dei Paesi Far East presta molta attenzione a questo discorso.

  PRESIDENTE. Avrei anch'io una cosa da chiederle. Riferendosi alla contraffazione nell'e-commerce e al fatto che a volte su alcune piattaforme sono offerti prodotti contraffatti che hanno una qualità verosimile, voi intervenite sulla piattaforma e la piattaforma rimuove l'offerta. Lo fate direttamente, lo fa il vostro studio legale, avete una relazione diretta ?
  Quando parliamo di piattaforme ci riferiamo ai gruppi importanti, eBay, Amazon Pag. 13o ad altro ? Viene rimossa l'offerta a livello planetario o parliamo di una rimozione che riguarda soltanto il mercato italiano ?

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Grazie, presidente. Facciamo questa attività di contrasto all'e-Commerce attraverso società specializzate, dopo aver depositato tutta la documentazione (copyright e marchi) a comprova che la proprietà industriale e intellettuale è della Stefano Ricci.
  Questa società riesce a intercettare queste pagine sulle piattaforme più importanti e notifica che in quel momento la piattaforma sta dando la possibilità di vendere un prodotto contraffatto. A questo punto quella pagina viene oscurata, ma non finisce lì: il controllo deve essere continuo e costante, perché se ne oscura una ma se ne riapre un'altra.
  Attraverso questa società che fa un lavoro specifico abbiamo bloccato transazioni e abbattuto nell'ultimo semestre oltre un migliaio di pagine contraffattive.

  PRESIDENTE. Due cose sempre sul punto: è un oscuramento planetario o l'oscuramento che la piattaforma decide di applicare riguarda esclusivamente il web disponibile in Italia ?
  Credo che lei non abbia nulla in contrario a indicarmi qual è la società in questione.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Assolutamente, anzi abbiamo come documentazione il report di questa società, la Convey di Torino.

  PRESIDENTE. Lo acquisirei volentieri.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Di solito le piattaforme sono cinesi, quindi il fermo della pagina non è planetario, ma è riferito a quella pagina, a quell'inserzione e a quel momento.

  PRESIDENTE. In primis sul mercato cinese, quindi non è un oscuramento limitato al nostro mercato, all'Italia.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. No, assolutamente.

  PRESIDENTE. Lei ci lascerà del materiale perché questo aspetto ha una rilevanza nell'approfondimento che stiamo facendo.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Se mi permette, presidente, stiamo anche sperimentando attraverso un'altra società la possibilità di intercettare le carte di credito che acquistano i falsi e di bloccare i pagamenti.
  In questo però dobbiamo verificare la compatibilità delle normative Paese per Paese, perché abbiamo anche messo allo studio (ancora non siamo arrivati a una conclusione e non si può sbagliare) se non solo le grandi compagnie di carte di credito, ma anche gli spedizionieri possano essere ritenuti sodali con chi mette simili prodotti su piattaforme di e-Commerce, ma ancora non abbiamo dei precedenti giurisprudenziali, siamo però con delle azioni legali in corso.

  PRESIDENTE. Su questo posso chiederle qual è la società di cui vi avvalete per questo tipo di approfondimento ?

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Lo inserirò nella documentazione, perché le due società hanno dei punti di congiunzione, ma la specificità dell'una è prevalente rispetto alla specificità dell'altra.
  Poniamo molta attenzione nel selezionare i nostri consulenti e le società di servizio per offrire questo tipo di intervento, perché il nostro problema sulla contraffazione e soprattutto su quella dell'e-Commerce è fondamentalmente un problema cinese. Parlo di falsi verosimili perché li abbiamo anche acquistati e spesso la confezione è molto simile a quella vera anche se magari la cintura è Pag. 14fatta in maniera diversa. Ho portato una cintura per mostrare quali presìdi abbiamo cercato di porre in essere, ma non vorrei abusare del vostro tempo e della vostra pazienza.

  PRESIDENTE. Se la relatrice lo ritiene pertinente, ascoltiamo volentieri la sua illustrazione.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Con il vostro permesso la mostro prima al presidente e alla relatrice e poi faccio girare.
  La cintura ha tre livelli: la cintura normale, la cintura preziosa e la cintura ancora più preziosa. Questa è quella base, è realizzata nella migliore qualità del coccodrillo perché la società Stefano Ricci non ha mai fatto saldi né liquidazioni, non ha outlet, se il cliente ha piacere lo compra e lo paga, altrimenti sceglie un altro tipo di prodotto.
  L'interno della cintura è fatto in vitello, perché rende il materiale più prezioso. Questa è la fibbia e qui c’è tutto il nostro mondo: questo rappresenta uno dei marchi della Stefano Ricci, poi abbiamo il copyright, poi abbiamo il disegno depositato, poi abbiamo l'ologramma per la tracciabilità del prodotto, il punzone e, attraverso una società specializzata terza, abbiamo delle tracciature sul prodotto rilevabili agli infrarossi.
  Con una pistola ad infrarossi si riesce infatti a rilevare queste bande che ad occhio nudo non si vedono e che non danno assolutamente fastidio al prodotto.

  PRESIDENTE. Al di là della qualità, quindi, gli elementi di identificazione sono l'ologramma e queste tracciature.

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. In più anche un microchip.

  PRESIDENTE. Dove si trova ?

  GIUSEPPE CRISTIANI, rappresentante della Stefano Ricci S.p.A. Tecnicamente non glielo saprei dire, ma in modo da non dare fastidio al prodotto.
  Noi dobbiamo avere la tracciabilità assoluta del prodotto perché qualora un cliente debba cambiare la cintura o fare una riparazione dobbiamo essere sicuri che questo prodotto sia stato fatto dalla Stefano Ricci. Qualche volta ci hanno portato prodotti anche ben confezionati che però la Stefano Ricci non aveva mai fatto. Si tratta quindi di falsi di creatività, perché mai disegnati dalla penna della Stefano Ricci.

  PRESIDENTE. Quindi riepilogando: ologramma, microchip, tracciatura ad infrarossi.
  Possiamo quindi chiudere questa utile audizione, certi che la relatrice avrà molto materiale per il lavoro in corso.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

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