Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 25 di Lunedì 22 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Fausto Zuccarelli:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Zuccarelli Fausto , Procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 8 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Zuccarelli Fausto , Procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli ... 9 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 11 
Zuccarelli Fausto , Procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 12 

Audizione del Colonnello della guardia di finanza, Raffaele D'Angelo:
Catania Mario , Presidente ... 12 
D'Angelo Raffaele , Colonnello della Guardia di finanza ... 12 
Catania Mario , Presidente ... 18 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 18 
D'Angelo Raffaele , Colonnello della Guardia di finanza ... 18 
Catania Mario , Presidente ... 19 
D'Angelo Raffaele , Colonnello della Guardia di finanza ... 19 
Catania Mario , Presidente ... 20 

ALLEGATI: Documentazione presentata dal Colonnello D'Angelo ... 21

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 13.35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Fausto Zuccarelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli, dottor Fausto Zuccarelli. Abbiamo oggi un'audizione che toccherà sia temi di carattere generale, sia auspicabilmente – ora vedremo – un focus specifico sul settore calzaturiero, per il quale è qui con noi il relatore, collega Filippo Gallinella, che sta lavorando sul tema.
  Io non mi soffermo ulteriormente. Do la parola al dottor Zuccarelli, pregandolo di tenerci la sua relazione sui temi anzidetti.

  FAUSTO ZUCCARELLI, Procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli. Grazie, presidente, per il cortese invito, che ho accolto con grande apprezzamento. Il tema per il quale questa mattina sono innanzi a voi è non tanto quello del contrasto ai reati di contraffazione, quanto piuttosto un focus sul diffuso fenomeno della contraffazione nel settore calzaturiero.
  È fuor di dubbio, e a voi ben noto, che il distretto napoletano, in uno a quello di Prato e ad alcuni distretti veneti, costituisce sicuramente una delle aree maggiormente interessate da questo tipo di commercio e soprattutto di industria.
  La contraffazione in Campania ha assunto da tempo il valore di ammortizzatore sociale. Come negli anni Settanta e Ottanta l'ammortizzatore sociale in Campania, soprattutto nella provincia di Napoli, era costituito dal contrabbando di tabacchi lavorati esteri, così attualmente si è progressivamente spostato dal settore del contrabbando di tabacchi a quello della contraffazione.
  In questo senso è sicuramente vero quella che la letteratura internazionale afferma quando ritiene che la contraffazione sia un victimless crime, cioè un crimine senza vittime, perché è un tipo di crimine che viene commesso a richiesta dell'utilizzatore finale. Passare per le strade delle città di Napoli e della sua provincia, così come di quella di Caserta, e osservare la vendita di merce contraffatta è diventata una caratteristica direi quasi della natura dei luoghi, perché nessuno vi fa più caso.
  Quali sono gli elementi di novità rispetto a un recente passato, per riferirsi all'attualità ? Sostanzialmente sono tre. Il primo è quello dello spostamento della fabbricazione del prodotto contraffatto da soggetti endogeni a soggetti esogeni. Mi riferisco ai player cinesi, che sempre di più sono presenti nella città di Napoli e nella Pag. 4relativa provincia e che, anzi, dominano e occupano una parte della città, che viene definita area cinese.
  Il secondo è quello delle rotte della contraffazione. Mentre fino a qualche tempo fa il porto di Napoli o anche quello di Gioia Tauro erano luoghi piuttosto intensi di arrivo di container provenienti dalla Cina o dal Far East in generale di prodotti contraffatti, attualmente questi porti sono soltanto di transito o, ancor di più, questi prodotti vengono introdotti nell'Unione europea da altri porti, non solo da quelli spagnoli e olandesi, ma anche da quelli inglesi. In tal modo, il container assume, se mi è consentito dirlo, una veste europea e riesce a superare con maggiore facilità i controlli.
  Il terzo elemento che vorrei rappresentare, sul quale poi cercherò di svolgere qualche breve riflessione, è l'esponenziale aumento della commercializzazione di prodotti contraffatti via web, tema sicuramente molto insidioso.
  Sul primo tema, quello dei cinesi, l'analisi criminologica del fenomeno indica che i cinesi e i loro soci italiani inseriti in contesti criminali fanno arrivare dalla Cina o da altri Paesi del Far East prodotti apparentemente neutri. Questo vale non soltanto per il tessile e la pelletteria, ma anche per le scarpe. In Italia, soprattutto nel distretto campano, c’è il processo di labellizzazione, ossia i label vengono apposti sul prodotto finito.
  Questo è dimostrato da un dato. Il Comando provinciale della Guardia di finanza di Napoli e, nella specie, il Nucleo di polizia tributaria, nel fornirmi alcuni dati che ho richiesto, ha, peraltro, evidenziato che, quanto meno negli ultimi due anni, non sono stati sequestrati, provenienti da questi territori stranieri, prodotti non contraffatti, proprio perché sono prodotti neutri e, quindi, come tali, non sospetti, non indicativi di alcuna violazione. La quantità del prodotto e, nella specie, delle scarpe che vengono poi materialmente sequestrate lascia intendere, invece, che quei prodotti siano stati nel nostro territorio finiti.
  In particolare, nell'anno 2014 – questi sono dati riferiti soltanto all'attività del Comando provinciale della Guardia di finanza di Napoli – sono state sequestrate circa 15.000 paia di scarpe contraffatte, mentre di importazione dall'estero di calzature vergini, ma destinate alla successiva contraffazione attraverso l'apposizione di loghi e marchi contraffatti, il numero dei sequestri è zero.
  Ciò che è più interessante è che nei primi quattro mesi del 2015 il numero delle calzature sequestrate, perché contraffatte, è di circa 9.000 paia. Rapportato ai 15.000 dell'anno precedente, il dato lascia intendere che il trend del prodotto commercializzato sia sicuramente superiore di circa il 30 per cento.
  Un altro dato che mi permetto di sottoporre all'attenzione della Commissione è quello della «pericolosità» di questi prodotti, ossia dei prodotti calzaturieri. Sono stati, infatti, sequestrati nell'anno 2014, insieme alle 15.000 paia di scarpe contraffatte, anche 245 chili di sostanze pericolose: 175 chili di colle, 36 di solventi e 34 di smacchiatori.
  Questo dato non deve essere sottovalutato perché sfugge sia all'osservazione del consumatore finale che utilizza il prodotto, sia soprattutto a chi investiga, tanto le forze dell'ordine, quanto la magistratura successivamente, in quanto ci si ferma al dato esteriore, cioè all'oggetto contraffatto e, quindi, all'oggetto criminale di per sé. È più subdola, invece, e non sempre facilmente identificabile l'utilizzazione di materiali o comunque di coloranti e di solventi che a distanza di tempo fanno insorgere malattie di varia natura.
  Dal punto di vista della distribuzione sul territorio, sono ben focalizzati sulla fabbricazione di questo tipo di prodotti – mi riferisco sempre alle calzature perché costituiscono il focus di questo incontro odierno – non solo alcuni quartieri della città di Napoli, ma anche una serie di comuni nell'area vesuviana. Mi riferisco al quadrilatero di Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano e San Gennaro Vesuviano. In particolare, a San Giuseppe Pag. 5Vesuviano c’è una cospicua presenza di operatori cinesi, ovviamente tutti soggetti che operano in nero. Altri comuni della provincia campana interessati da questo fenomeno sono quelli di Palma Campania, Casoria, Arzano, Melito, Mugnano e Afragola.
  Ciò che va rimarcato è che nel distretto di San Giuseppe Vesuviano, uno dei distretti industriali più interessanti per la contraffazione, vi è anche il distretto delle calzature napoletane, che comprende 24 comuni, dei quali 16 nella provincia di Caserta e 8 nella provincia di Napoli. In questo distretto del polo calzaturiero vi sono numerosissime imprese piccole gestite da cinesi.
  A titolo di esempio, posso riferire che non più tardi di qualche giorno fa, esattamente il 13 giugno 2015, nella città di Napoli i Carabinieri hanno proceduto all'apparente individuazione di una fabbrica di scarpe contraffatte. Dico apparente perché nell'informativa di reato si riferisce che i Carabinieri erano alla ricerca di sigarette di contrabbando in un cortile presso il quale era stata segnalata la possibile presenza di merci di questo tipo e, invece, hanno individuato un vero e proprio laboratorio.
  La cosa più interessante è l'aver trovato non tanto le scarpe con i loghi contraffatti e migliaia di scarpe ancora vergini ma pronte per essere lavorate, quanto soprattutto la presenza di macchine operatrici per la fabbricazione di questi prodotti alquanto sofisticate. Questo è un tema sul quale mi permetto di richiamare l'attenzione della Commissione, perché, come è noto, le modifiche normative consentono di affidare agli organi di polizia che ne facciano richiesta beni mobili registrati che siano stati sequestrati. Sarebbe utile – questo è un caso che, a titolo di esempio, va in questa direzione – poter attribuire alle forze di polizia, o anche ad altri enti, l'uso di prodotti informatici che vengono solitamente trovati in queste occasioni.
  Infatti, nell'occasione di cui vi sto fornendo riservata informazione – non cito il soggetto dell'indagato e, quindi, non ritengo sia indispensabile la segretazione di questo atto – sono stati trovati vari computer, stampanti laser e altri prodotti hardware che potrebbero essere particolarmente utili per l'utilizzo delle forze di polizia, tenuto conto che una comune doglianza di un po’ tutto il sistema è quella di avere sempre un'insufficienza di mezzi informatici che possano servire all'attività.
  Un altro dato sul quale mi permetto di richiamare l'attenzione della Commissione – in tal senso vi è già qualche indicazione nella relazione introduttiva che ho avuto occasione di leggere e di apprezzare – è di poter adeguatamente tutelare le macchine che vengono sequestrate. Nella pratica quotidiana succede sovente che, per l'impossibilità di trasportare altrove i macchinari sequestrati, essi vengano affidati in custodia se non al soggetto indagato, cioè a colui il quale gestisce la fabbrica abusiva, quanto meno al proprietario dell'immobile che lo ha locato.
  Solitamente noi troviamo che l'immobile è stato locato con un regolare contratto, anche registrato, di talché prima facie il proprietario dell'immobile, il quale solitamente afferma di nulla sapere quanto alla specifica attività illegale esercitata nell'immobile di sua proprietà, viene nominato custode di questi beni. La pratica quotidiana denota un'altissima percentuale di quasi immediati furti di questo materiale, che viene sottratto dal luogo di custodia, il che significa reimmettere in circolazione queste macchine operatrici, che hanno anche un costo notevole.
  Nella relazione cui facevo prima cenno, redatta dalla Commissione e dal suo presidente, si fa riferimento alla possibilità di utilizzare luoghi, quali caserme dismesse o altro, per poter custodire questo materiale. Sul punto richiamo l'attenzione della Commissione sulla necessità di poter individuare uno strumento che consenta di utilizzare subito questo materiale, o quanto meno di venderlo, in tempi brevi. Quando, in altre occasioni, siamo arrivati, dopo molti anni, alla vendita di questo materiale, o il materiale era ormai desueto dal punto di vista tecnologico, oppure le Pag. 6sue condizioni di conservazione non ne assicuravano più un adeguato utilizzo.
  Un ultimo dato vorrei rappresentarvi, ed è quello, se mi è consentito, di un'osservazione riguardo una proposta molto interessante che ho trovato nella relazione. Si tratta di individuare il reato ex articolo 474-ter, che è una forma a metà tra un'associazione a delinquere incompiuta e un perfezionamento della fabbricazione del prodotto contraffatto, nella competenza delle Direzioni distrettuali antimafia.
  Io ho qualche perplessità che questa possa essere la strada giusta, per due ordini di motivi. Da un lato, si avrebbe un polo, quale quello delle Direzioni distrettuali antimafia, competente per tutte le forme associative miranti alla contraffazione (l'associazione nel senso tecnico del termine, agli articoli 416, 473, 474 del Codice penale e di poi il 474-ter), senza che queste Direzioni distrettuali antimafia, almeno secondo l'osservazione che io in questi anni ho potuto raccogliere, abbiano il tempo – non la capacità, ma il tempo – di sviluppare indagini di carattere patrimoniale nei confronti dei soggetti che di queste attività si occupano.
  Il 474 è individuato come una forma aggravata. È sicuramente, o sarebbe, una novità per il panorama normativo italiano e, sotto alcuni punti di vista, anche internazionale, ma io non vedo perché questa forma di reato come circostanza aggravante non possa trovare una sua configurazione come reato autonomo e, quindi, avere, da un lato, le classiche figure del 473 e del 474, dall'altro, il reato associativo con tre o più soggetti che compiono questi reati e, come via mediana, una forma organizzata che individui quel crimine come reato autonomo.
  Questo consentirebbe di raggiungere sicuramente l'obiettivo sul quale io penso che tutti possiamo convenire, cioè la necessità di avere una strutturazione normativa che consenta l'utilizzo di tecniche investigative quali, in particolare, le intercettazioni telefoniche e telematiche e di poter perseguire con maggior possibilità di successo indagini di carattere patrimoniale.
  Presidente, se me lo consente, faccio un'ultima notazione in tema di reati via web. Potrà sembrare una forma anomala, ma la vendita via web non costituisce il futuro, bensì costituisce già il passato della contraffazione dal punto di vista criminale.
  Sotto questo aspetto dobbiamo tenere conto che lo strumento Internet, facilmente accessibile a tutti, permette di sviare la clientela, perché i brand contraffatti vengono immessi nella rete attraverso codici sorgente dei siti Internet – metatag o Java script – non consentendo, quindi, l'individuazione, se non postuma, del sito pirata. Peraltro, queste parole chiave, che non sono visibili all'utente, sono, invece, ben catalogate dai motori di ricerca, che restituiscono il sito fraudolento tra i risultati di ricerca con la parola chiave.
  Un ultimo dato sul quale vorrei richiamare la vostra attenzione è la posizione alquanto equivoca degli ISP, ossia degli Internet Service Provider. Ai sensi del decreto legislativo n. 70 del 2003 questi soggetti sono sostanzialmente esonerati da responsabilità.
  Se sotto l'angolo visuale e civilistico si è trovata una qualche soluzione, il problema si pone sotto l'aspetto penale, perché manca un qualsiasi riconoscimento legislativo del fenomeno dell’e-commerce, che va ricondotto di volta in volta alle norme in materia di contraffazione e/o di sofisticazione dei prodotti offerti in vendita e/o di vendita dei beni che, per espressa dichiarazione del venditore, costituiscono la replica fedele dell'originale.
  In definitiva, sarebbe altamente utile poter avere una disciplina penale della contraffazione via web con sanzioni che consentano l'utilizzo dell'intercettazione telematica, la quale diventa l'unico modo per poter risalire la filiera, atteso che, come è noto, i siti Internet vengono molto spesso attivati con l'utilizzo di generalità non veritiere. Pag. 7
  Quasi sempre si tratta di siti all'estero, il che comporta una difficoltà nell'individuare verità processualmente valide con mezzi rogatoriali alquanto scarsi e, quindi, una sostanziale disaffezione sia da parte dell'investigatore, che si tratti della Guardia di finanza, dei Carabinieri o della Polizia di Stato, sia del pubblico ministero. Queste sono indagini che, rispetto alla sanzione penale che potrà essere irrogate, richiedono, infatti, un altissimo dispendio di energie fisiche e materiali.
  Vi ringrazio per l'attenzione. Ovviamente, qualsiasi domanda vogliate pormi, sarò ben lieto, se ne sarò in grado, di rispondere.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Grazie, procuratore. Sono io che ringrazio lei per l'esaustivo intervento.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Grazie, soprattutto per la relazione. Le chiederò due o tre cose.
  Lei ha detto che il prodotto contraffatto per quanto riguarda pelletteria e calzature viene prevalentemente dalla Cina e che viene importato come neutro, in modo tale che riesca a bypassare i controlli. Viene poi labellato nel territorio italiano.
  Questo prodotto che viene contraffatto nel territorio italiano è tutto destinato, che lei sappia, al territorio italiano, oppure riparte per destinazioni estere ? In questo secondo caso, questa tipologia di comportamento si potrebbe evidenziare anche in tutti i Paesi dell'Unione o in Paesi extraeuropei. Questo è un tipo di approccio sul quale sarebbe bene fare una riflessione.
  L'altra questione che lei ha sottolineato è proprio la questione giuridica, ossia il fatto di mettere mano a determinate norme sulla contraffazione o sui reati per la contraffazione. Lei ha nominato gli articoli 416 e 473. Questo è un lavoro che la Commissione sta facendo su una revisione più generale per quanto riguarda i reati sia contro la fede pubblica, sia contro l'economia. Sicuramente questo tipo di giudizio che lei ha espresso è, quindi, utile per la Commissione.
  Tuttavia, io mi fermavo sul fatto che – non è solo lei che l'ha detto; è stato detto anche in altre audizioni – il materiale che viene sequestrato, ossia il materiale contraffatto, ma anche tutte le attrezzature necessarie per produrre questi beni, vengono in parte distrutti, perché si parla di materiali tossici o di prodotti contraffatti. Occorrono risorse per poterli distruggere.
  Per i materiali che vengono sequestrati, ossia per le attrezzature di lavoro, oppure per i computer e le stampanti, come ha detto lei, il problema forse è il tempo della giustizia. Io non so se sia tecnicamente possibile sequestrare un bene e renderlo disponibile finché non è finito il processo.
  Anche in questo caso, occorre pensare a come si possano velocizzare i tempi o evitare che si prescrivano determinati reati. Ci si scontra anche su questo fronte. Io mi immagino che, se alla fine del processo, l'imputato è dichiarato innocente per tanti motivi, o comunque non è colpevole, chi ha usato i suoi beni li debba anche risarcire per nuovi. Anche qui magari un chiarimento dal punto di vista proprio operativo sarebbe utile.
  In ultimo, sul web come si fa a responsabilizzare i gestori, i provider, che magari non sono neanche nel territorio italiano ? Non sarebbe più facile trovare un accordo con essi per far sì che, magari su segnalazione della Confindustria, di associazioni o del ministero, in quanto rappresenta determinate denominazioni d'origine, si possa intervenire ?
  L'Istituzione potrebbe segnalare che c’è su uno spazio di vendita online un prodotto contraffatto. Alibaba è il più grande e-commerce del mondo e non vende solo nel territorio italiano, ma anche all'estero. Se non facciamo questo, rischiamo di bloccare solo il fenomeno contraffattivo in Italia, che però rappresenta lo 0,5 per cento del fenomeno contraffattivo che c’è nell'Unione oppure nel mondo. Con questi ragionamenti sicuramente lei ci potrà fornire delle indicazioni.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Procuratore, aggiungo anch'io una brevissima integrazione a quanto già detto dal relatore, riprendendo un punto citato anche dal collega Gallinella.
  Noi avremmo, se ho ben capito, una tendenza a un flusso di prodotto che viene realizzato in Cina, o comunque in Asia, ma che entra senza essere stato labellizzato all'origine e su cui poi sul territorio nazionale viene fatta questa operazione. Avremmo anche, però, se ho ben capito, la permanenza di una filiera di produzione del prodotto contraffatto che si snoda totalmente in Italia. Con riferimento all'episodio del sequestro fatto dai Carabinieri Pag. 9con i relativi macchinari, io intuisco che i macchinari fossero per la totale lavorazione del prodotto, non semplicemente per la labellizzazione dello stesso. Questa è la prima domanda.
  La seconda domanda riguarda il tema Internet. Nella prassi della vostra procura, in tema di contraffazione, magari non soltanto calzaturiera, voi fate ricorso a provvedimenti di oscuramento dei siti o ad altre iniziative che non riguardano il provider italiano ? Lei ha accennato alla complessità delle rogatorie, alla frustrazione derivante e a tutto il resto. In buona sostanza, quali sono le prassi adottate, se esistono, in materia ?
  Do la parola al procuratore Zuccarelli per la replica.

  FAUSTO ZUCCARELLI, Procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli. Grazie, presidente. Mi consentirà di rispondere contemporaneamente sia a lei, sia all'onorevole Gallinella sul tema principale: qual è la filiera produttiva ?
  La filiera produttiva è duplice: da un lato, vi è quella di carattere – se mi è consentito dire così – endogeno, cioè il polo calzaturiero in cui si costruisce tutto, la scarpa dall'inizio alla fine; dall'altro lato, vi è quella che importa dall'estero un prodotto semilavorato che viene finito qui. Questo secondo aspetto sta nel tempo, almeno secondo la mia osservazione, prendendo la predominanza, per due ordini di motivi, sia perché il prodotto fabbricato altrove ha un indice di costo sicuramente inferiore a quello che viene fabbricato in Italia, anche se in nero, sia perché diventa più semplice acquisirlo.
  La grande quantità di prodotto che viene fabbricata necessita anche di luoghi per mantenere le materie prime e successivamente assemblare le stesse per arrivare al prodotto finito. Invece, avere un prodotto che sia già stato, nella sua struttura essenziale, fabbricato consente di poterlo più facilmente avere pronto per la successiva finitura. In questo senso, presidente, noi troviamo alcune volte piccoli laboratori in cui la scarpa viene formata dall'inizio alla fine e altri che, invece, sono targati – quello che ho citato da ultimo era in questo senso – soltanto per la finitura con i label posticci apposti sul prodotto.
  Il secondo dato riguarda il web e il sequestro. Come ho detto prima, noi interveniamo su qualcosa che costituisce il passato, ma che per noi, dal punto di vista investigativo e operativo, è presente, con tutte le difficoltà che ciò comporta. In tempi recentissimi, qualche giorno fa, il Comando unità speciali della Guardia di finanza ha portato a termine un'operazione chiamata Stop al falso online. Il generale comandante del reparto ha avuto la cortesia di inviarmi un comunicato stampa dal quale risulta che con la procura della Repubblica di Roma è stato sequestrato un gran numero di siti dedicati alla vendita di prodotti contraffatti.
  La difficoltà è che questi siti, solitamente esistenti all'estero, cambiano continuamente i propri termini tecnici di accesso, ragion per cui sequestrare un sito serve semplicemente a oscurare il sito nel momento in cui arriva sul nostro territorio, ma non a oscurarlo per tutti gli altri territori, atteso che in questo senso sarebbe necessario – mi sia consentito di esprimermi in maniera tecnica – una sorta di mandato di sequestro internazionale che valga quanto meno su tutto il territorio europeo.
  Il secondo aspetto è che, da questo punto di vista, il lavoro investigativo che deve essere compiuto non è di poco conto, impegnando sia il pubblico ministero, sia il giudice per le indagini preliminari, sia gli organi investigativi. Pertanto, si tenta, sovente in maniera infruttuosa, di risalire tutta la scala per cercare di oscurarlo all'origine.
  Quando qualche volta, soprattutto avendo la collaborazione degli americani, noi siamo riusciti a far qualcosa, immediatamente il soggetto «criminale» che gestisce il sito ne modifica la struttura e, quindi, il sequestro e l'oscuramento che noi effettuiamo hanno l'efficacia di un batter d'ali.
  È la stessa cosa – mi sia consentito di osservarlo, visto che mi occupo anche di terrorismo – che fanno gli jihadisti, i quali Pag. 10cambiano nell'arco anche della stessa giornata i loro profili Twitter e riescono, anche se un profilo è stato oscurato, a entrare in contatto con la rete e a mantenere i loro contatti. Ecco perché – mi permetto di insistere sul tema – sarebbe necessaria una normativa ad hoc sulla contraffazione via web.
  Veniamo al sequestro e all'affidamento dei beni. Con l'ultimo decreto antiterrorismo, poi convertito in legge, è stata prevista la possibilità di dare agli organi di Polizia giudiziaria e ai Vigili del fuoco l'uso di prodotti petroliferi che siano stati sequestrati. Questa è una norma un po’ distonica rispetto al contesto nel quale ci muoviamo, ossia il contrasto al terrorismo internazionale. È legge, come voi ben sapete, dall'aprile scorso.
  Io penso che anche in questo senso bisognerebbe trovare una norma che consenta, per rispondere all'onorevole Gallinella, di affidare immediatamente il bene al suo utilizzatore, evitando, da un lato, di pagare onerosissimi compensi di custodia di questi beni e, dall'altro, di avere il deterioramento di questi beni. Come diceva correttamente il relatore, onorevole Gallinella, quando questi procedimenti arrivano alla fine con una sentenza passata in giudicato e, quindi, il bene definitivamente confiscato può essere utilizzato, è ormai trascorso troppo tempo.
  In questo contesto io richiamerei la vostra attenzione anche su un dato, quello della necessaria collaborazione con il settore privato. La nostra legislazione e la nostra cultura, quelle latine e italiane soprattutto, hanno una certa ritrosia alla collaborazione nel settore criminale e penale con i privati. Infatti, se si guardano il Codice penale, il Codice di procedura penale o anche le leggi speciali, si nota che sono ben pochi casi in cui il privato può in qualche modo dare un ausilio all'investigatore e al giudice.
  Altrove non è così. Due anni fa io sono stato a Washington DC, presso l'Accademia della contraffazione e l'Ufficio brevetti americano e ho visto che gli americani hanno un approccio completamente diverso dal nostro. Criminalizzano pochissimo il settore della contraffazione, ma sono particolarmente incisivi dal punto di vista civile. In questo contesto applicano e strutturano delle sinergie col settore privato molto forte. Qui da noi questo non avviene.
  In tempi recenti con l'Unione industriali di Napoli si era avviato un progetto per la costituzione di un Museo della contraffazione, prendendo lo spunto – questa fu una mia idea che l'Unione industriali accolse – dal Museo Louis Vuitton che c’è a Parigi. Nel palazzo di Louis Vuitton si possono vedere il prodotto vero e, a fianco, il prodotto falso. Si hanno delle interessanti visioni sotto questo punto di vista, perché sono stati fabbricati e sono ivi presenti prodotti che noi raramente individuiamo.
  L'idea era stata quella di fare la stessa cosa a Napoli e ci si era mossi in questo senso. Io avevo già trovato una sinergia con un'unione di brand, i quali si erano dichiarati disposti a fornirmi i prodotti veri, mentre noi, il pubblico ministero con le forze dell'ordine, avremmo fornito i falsi. Sotto questo punto di vista di falsi non ce ne mancano.
  Questo progetto, che dal punto di vista del settore privato ha trovato grande consenso e grande disponibilità, da parte pubblica ha suscitato non poche perplessità. Trovare anche sotto questo contesto l'ausilio del settore privato che possa aiutarci anche a sostenere i costi di custodia o soprattutto di distruzione, che sono molto alti, sarebbe utile.
  Noi dobbiamo non fare confusione fra il costo di distruzione del bene contraffatto e il costo di smaltimento del bene contraffatto. Per il costo di distruzione vi sono molte ditte specializzate, oppure possiamo avere anche la collaborazione di enti pubblici con le aziende che si occupano, per esempio, della distruzione dei rifiuti, perché hanno mezzi trituratori.
  Quando entriamo nel settore dello smaltimento, invece, dobbiamo affrontare costi diversi. Sarebbe utile avere una sinergia con il settore privato, che ha la possibilità, dal suo canto, di recuperare questi oneri, queste spese, dal punto di Pag. 11vista tributario, perché potrebbe scaricare le relative spese. Nello stesso tempo, questo fornirebbe un'ulteriore immagine di contributo alla via della legalità, perché dal punto di vista commerciale questo potrebbe rappresentare all'utenza che si contribuisce alla costruzione della legalità nel nostro Paese.
  Spero di aver risposto alle vostre domande. Se ho omesso qualcosa, vi prego di dirmelo e farò ammenda.

  FILIPPO GALLINELLA. Scusi, ho una curiosità. Tutta questa quantità di merce contraffatta che viene prodotta in Italia è destinata al mercato prevalentemente italiano o no ? Anche altrove ci saranno dei canali di comunicazione verso altri Paesi.
  Una questione che durante il suo intervento mi è venuta alla mente ce l'hanno fatta presente soprattutto alcuni rappresentanti del settore delle calzature e della pelletteria. Nonostante essi siano a conoscenza che la merce contraffatta che viene venduta per strada rappresenta una minima parte, dal punto di vista economico, di quella che viene commercializzata, dal punto di vista dell'immagine del Paese – immagino i turisti che vengono da noi – ritengono un grave danno di immagine non vedere le forze dell'ordine poter immediatamente agire. Comunque sia, infatti, dopo un secondo, si ritrovano sempre queste persone, che fanno parte di una filiera criminale, ma ne sono l'ultimo anello, a vendere lì.
  È possibile immaginare un sequestro temporaneo di quella merce e lasciar andare queste persone ? Forse, in questa maniera, si reca un danno economico con il quale esse vengano disincentivate a vendere. Non so se lei ha fatto riflessioni o interventi su questo o se ce ne siano stati da parte di altri.

  FAUSTO ZUCCARELLI, Procuratore aggiunto presso il tribunale di Napoli. L'osservazione investigativa ci induce a ritenere che la gran parte di ciò che viene completato nel nostro distretto trovi un utilizzo a livello nazionale. Ciò che, invece, la criminalità organizzata destina all'estero viene completato altrove. In questo senso noi abbiamo avuto anche indicazioni che parte di questi beni vengono completati dal punto di vista della contraffazione anche in Paesi come la Spagna o la Germania.
  In questo senso io ritengo che si possano studiare meccanismi che, da un lato, preservino la garanzia dell'indagato sottoposto a indagini e, dall'altro, evitino allo Stato di spendere somme enormi.
  Una doglianza che le Dogane di Napoli, attraverso il loro direttore, mi rivolgono spesso è che vi sono decine e decine di container sequestrati nel porto di Napoli – e lo sono da anni – contenenti merce contraffatta per la quale, da un lato, è necessario attendere la definizione del processo e, dall'altro, vi è l'impossibilità di utilizzarla perché molte volte il prodotto in sé non consente di eliminare il label contraffatto, pena l'inutilizzazione del prodotto stesso.
  Per riferirsi al settore calzaturiero, l'apposizione su scarpe Hogan, Adidas o Nike dei label contraffatti finisce, a meno che la manodopera utilizzata non sia particolarmente accurata nell'esecuzione, per non consentire di utilizzare il prodotto. Se si va con taglierine o forbici a eliminare il label contraffatto, la scarpa diventa sostanzialmente inutilizzabile.
  In questi senso io ho pendenti sulla mia scrivania circa 60 richieste di onlus di vario tipo, tra cui anche la Croce Rossa, che mi richiedono di poter affidare loro questi beni per scopi umanitari. Quando è possibile, con il contributo soprattutto di agenti e ufficiali del Gruppo pronto impiego della Guardia di finanza di Napoli, noi assegniamo partite contraffatte, ma dobbiamo essere sicuri, da un lato, che il prodotto sia consegnato privo del label contraffatto e, dall'altro, che il bene sia effettivamente destinato per scopi umanitari.
  In passato, quando ci si è affidati a qualche onlus non a fondo sperimentata, ci si è resi conto che quei prodotti venivano reimmessi nel circuito economico e che, quindi, il pubblico ministero – mi sia consentito dire questo, voglio sperare che Pag. 12questo termine non venga in futuro utilizzato – diventava quasi inconsapevolmente un ricettatore di merce di provenienza illecita.
  Questo è, quindi, un settore estremamente delicato. Una specifica normativa sul punto che ci consentisse di affidare a soggetti testati, che non sono soltanto soggetti pubblici, ma anche soggetti privati, quali un'associazione riconosciuta in ambito nazionale o internazionale, questi beni potrebbe sicuramente fornirci un forte contributo.

  PRESIDENTE. Io ringrazio moltissimo il procuratore Zuccarelli e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Colonnello della guardia di finanza, Raffaele D'Angelo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del colonnello della Guardia di finanza Raffaele D'Angelo. Il colonnello D'Angelo è accompagnato dal tenente colonnello Walter Mela e dal maresciallo capo Ciro Greco.
  Do la parola al colonnello D'Angelo, pregandolo di tenerci la sua relazione in merito.

  RAFFAELE D'ANGELO, Colonnello della Guardia di finanza. Signor presidente, onorevoli deputati, desidero anzitutto porgere i miei saluti e un sentito ringraziamento per l'opportunità offerta alla Guardia di finanza di fornire un contributo conoscitivo e di esperienza ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
  Nel corso del mio intervento, dopo una sintetica descrizione della struttura organizzativa e dell'operatività del gruppo di Fiumicino, che io comando, illustrerò alcune operazioni di Polizia giudiziaria condotte di recente dal reparto nel settore della contraffazione di calzature, con riguardo alle metodologie investigative adottate e ai risultati conseguiti. Da ultimo, fornirò alcuni elementi conoscitivi con riguardo alla gestione concreta delle fasi di sequestro di materiali illegali.
  Per quanto riguarda la struttura e l'operatività del gruppo di Fiumicino, questo dipende gerarchicamente dal Comando provinciale di Roma e assolve a funzioni di carattere operativo ai fini della vigilanza doganale nei tre scali aeroportuali della Capitale: l'aeroporto Leonardo Da Vinci, l'aeroporto di Ciampino e l'aeroporto Urbe. Inoltre, sviluppa le attività investigative delle risultanze che scaturiscono dal servizio in ambito doganale.
  Il reparto è articolato su tre nuclei operativi alla sede di Fiumicino, con competenze rispettivamente sui terminal passeggeri per i controlli nei confronti delle persone e dei bagagli al seguito, sull'area commerciale per la vigilanza delle merci movimentate tramite vettore aereo, nel concorso per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica e il contrasto del terrorismo nell'intero sedime aeroportuale attraverso personale specializzato antiterrorismo e pronto impiego. In aggiunta, un quarto nucleo operativo opera con le medesime funzioni nello scalo di Ciampino e di Roma Urbe.
  Ciascuno dei nuclei operativi in cui è articolato il gruppo di Fiumicino dispone di una componente cosiddetta di volante, che svolge attività di contrasto di retrovalico. In sostanza, si tratta di una forma di vigilanza con proiezione e finalità essenzialmente investigative, che interessa le movimentazioni di merce e di persone che avvengono nelle immediate adiacenze degli spazi aeroportuali, anche al di fuori dell'area di vigilanza doganale propriamente intesa.
  Tali unità operative sviluppano servizi di carattere dinamico e procedono all'approfondimento degli input informativi e operativi acquisiti dai militari impiegati nei controlli all'interno degli scali. Come verrà meglio precisato in seguito, si tratta delle articolazioni del gruppo di Fiumicino che hanno materialmente eseguito le investigazioni che saranno successivamente illustrate.Pag. 13
  Dal punto di vista organizzativo il reparto dispone di una forza effettiva di oltre 500 militari, di cui un terzo con compiti di vigilanza doganale, un ulteriore 30 per cento incaricato delle citate attività di volante e la restante parte impiegata nei servizi di ordine pubblico e di gestione organizzativa della struttura. In linea generale, l'attività operativa del gruppo di Fiumicino mira a contrastare, nell'ambito degli scali vigilati, il verificarsi di traffici illeciti di qualunque natura, tra cui quelli di stupefacenti, di merci importate di contrabbando e, naturalmente, di prodotti realizzati in violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
  Limitando l'analisi a quest'ultimo fenomeno, preciso che nel periodo 2011-2014 il reparto ha complessivamente sequestrato quasi 12,5 milioni di prodotti contraffatti, non sicuri o con falsa o fallace indicazione di origine o provenienza, denunciando all'autorità giudiziaria 1.389 soggetti, di cui 52 colpiti da misure cautelari personali. In tale contesto sono state sequestrate oltre 845.000 calzature, o parti di esse, con marchio contraffatto, unitamente a 345 macchinari utilizzati per la loro produzione, 28 immobili adibiti a opificio o deposito, e sono state denunciate alla competente magistratura 94 persone, di cui 11 destinatarie di provvedimenti di restrizione della libertà personale.
  Sul piano operativo l'azione di contrasto sviluppata dal reparto si articola lungo precisi percorsi operativi, che mirano a realizzare un efficace dispositivo di vigilanza delle movimentazioni di merci e persone negli scali, pur in presenza di elevatissimi flussi di traffico. Da questo punto di vista si evidenzia che presso la zona merci dell'aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino vengono quotidianamente sottoposte al controllo, nell'ambito dei depositi doganali siti presso l'area denominata Cargo City, le spedizioni commerciali effettuate dalle oltre 100 compagnie di navigazione aerea che operano presso lo scalo aeroportuale.
  Le spedizioni da sottoporre a controllo vengono selezionate attraverso una mirata analisi di rischio che si basa sulla correlazione degli elementi caratteristici della spedizione, quali la provenienza, la destinazione, la qualità merceologica, la qualità dei prodotti movimentati, il confezionamento esterno dei colli, le caratteristiche dell'imballaggio, il valore della merce dichiarata in fattura e la sua commisurazione rispetto all'entità del nolo aereo. Dai conseguenti controlli eseguiti nell'ambito degli spazi aeroportuali possono emergere violazioni di varia natura, talune di immediata contestazione nelle forme previste, nonché utili spunti suscettibili di approfondimento attraverso l'avvio di mirate attività di indagine di Polizia giudiziaria, con proiezioni operative sul territorio.
  Con specifico riferimento al fenomeno della contraffazione, va segnalato che principalmente attraverso lo scalo aeroportuale di Fiumicino vengono introdotti nel territorio nazionale, talvolta in maniera occulta nel bagaglio dei passeggeri o in spedizioni di merce di varia natura, campioni di prodotti o di materiali con marchio contraffatto. Si tratta, in sostanza, di spedizioni propedeutiche a successive importazioni su più larga scala di prodotti finiti o di semilavorati da parte di organizzazioni criminali dedite ai traffici della specie nel territorio nazionale. Da questi spunti possono scaturire, come nel caso dell'indagine che di seguito illustrerò, autonome attività investigative sviluppate dal reparto con i poteri di polizia economica, finanziaria e giudiziaria.
  Passo alle recenti esperienze investigative nel contrasto della contraffazione e alle origini delle indagini. Ora traccerò un caso reale. L'attività investigativa di cui tratterò nel prosieguo è iniziata nel 2011 e ha preso le mosse dall'ordinaria attività di controllo operata ai varchi passeggeri dell'aeroporto di Fiumicino.
  Nel caso di specie, tra i soggetti in uscita dal territorio nazionale con destinazione extraeuropea era stato sottoposto a controllo valutario un cittadino di nazionalità cinese in partenza per la madrepatria, al fine di individuare eventuali esportazioni illecite di contanti. Durante la visita del bagaglio a mano il personale del Corpo operante ha avuto modo di rilevare Pag. 14che il soggetto in questione aveva nel bagaglio al seguito due paia di scarpe originali di marca Hogan e Nike complete di confezione.
  Il successivo controllo del bagaglio da stiva, oltre a far emergere la presenza di ulteriori paia di scarpe, parimenti del tutto regolari, permetteva di rinvenire un book fotografico di modelli di calzature di noti marchi con appunti manoscritti in lingua cinese.
  Le circostanze rilevate, pur non determinando l'assunzione nell'immediato di alcun provvedimento nei confronti del soggetto, hanno indotto il personale del reparto ad approfondire ulteriormente il profilo soggettivo dell'interessato attraverso la consultazione delle banche dati di polizia disponibili. Da tali accertamenti è emerso che la persona in argomento era stata controllata anche qualche giorno prima da parte delle forze di polizia mentre era in compagnia di propri connazionali e cittadini magrebini, questi ultimi gravati da precedenti specifici in materia di contraffazione.
  In relazione a tali risultanze, i militari operanti hanno intuito il possibile coinvolgimento del soggetto in traffici di materiale contraffatto, verosimilmente da produrre in fabbriche cinesi sulla base dei campioni originali trasportati al seguito. In questo senso il reparto ha attivato apposito monitoraggio per intercettare il rientro in Italia del cittadino cinese, al fine di avviare specifiche attività di pedinamento volte ad arricchire il quadro indiziario fin lì costruito.
  Dalle attività di osservazione occulta così avviate è stato possibile risalire all'abitazione romana di residenza dell'interessato, ad alcune delle attività commerciali al medesimo di fatto riconducibili pur in assenza di intestazione formale, alla frequentazione di più soggetti di origine magrebina, tra cui uno gravato da precedenti specifici in materia di contraffazione, individuato in quanto intestatario dell'autovettura utilizzata per alcuni degli spostamenti monitorati.
  Arrivo ai primi risvolti giudiziari. Sulla base di tali elementi il reparto ha inoltrato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma una preliminare annotazione di polizia giudiziaria, richiedendo per ulteriori approfondimenti dello scenario investigativo l'autorizzazione all'impiego di un apparato di radiolocalizzazione satellitare GPS. L'obiettivo di tale iniziativa era, naturalmente, quello di poter tracciare con maggiore precisione e senza correre il rischio di essere individuati i movimenti delle persone di interesse investigativo, come poi effettivamente operato.
  Infatti, grazie all'apparato GPS collocato sull'autovettura del soggetto sottoposto a osservazione, il reparto ha avuto la possibilità di ricostruire la mappa degli spostamenti e dei luoghi frequentati, accertando che il medesimo era solito incontrare connazionali dediti alla vendita al dettaglio di articoli contraffatti sul mercato capitolino.
  Gli ulteriori elementi raccolti hanno permesso di ricostruire la sussistenza di una struttura organizzata, non ancora configurabile come associazione a delinquere in senso proprio, verosimilmente dedita all'importazione e alla distribuzione sul territorio nazionale di ingenti partite di calzature contraffatte. In tale contesto il cittadino cinese originariamente individuato costituiva lo snodo per l'ordinazione dalla Cina della merce illegale, mentre le altre persone coinvolte gestivano la rete distributiva al dettaglio sul mercato romano e la raccolta dei relativi proventi illeciti.
  Al fine di corroborare con concreti elementi probatori l'ipotesi investigativa, d'intesa con l'autorità giudiziaria procedente, i militari del gruppo di Fiumicino hanno eseguito mirati sequestri di merce nei confronti di alcuni dei venditori al dettaglio che erano soliti rifornirsi dalla catena distributiva oggetto di indagine.
  Oltre che per l'accertamento di specifiche fattispecie di contraffazione, dette operazioni di polizia giudiziaria hanno permesso di avviare parallele e contestuali attività di monitoraggio dei tabulati telefonici dei cellulari in uso agli interessati, grazie alle quali è stato possibile risalire Pag. 15all'utenza riconducibile al principale fornitore di origine magrebina. Tale utenza, in particolare, è stata individuata attraverso il riscontro delle coincidenze tra i rilevamenti GPS degli spostamenti della vettura monitorata e i dati di localizzazione delle celle agganciate rilevate mediante i tabulati telefonici. L'insieme delle nuove circostanze emerse è stato compendiato in un'apposita comunicazione di notizia di reato nell'ambito della quale sono state richieste, come elemento indispensabile per la prosecuzione e l'ulteriore sviluppo delle indagini, intercettazioni telefoniche delle utenze sino a quel momento emerse come di interesse investigativo.
  Le indagini tecniche hanno da subito evidenziato l'esistenza di almeno due distinti canali di approvvigionamento di calzature contraffatte destinate allo smercio nella capitale, il primo relativo ad articoli prodotti e confezionati in Cina e introdotti occultamente nel territorio dell'Unione europea in container sdoganati in porti del Nord Europa da cui successivamente erano trasportati in Italia attraverso mezzi gommati nascosti da carichi di copertura; il secondo, riferito invece a calzature di alta qualità, principalmente di marca Hogan, prodotte in opifici della Campania.
  Più in dettaglio, le calzature interessate dal primo canale di distribuzione individuato erano di marca Adidas, Nike e Hogan. Queste ultime risultavano essere di media qualità, comunque inferiore a quella offerta dalla rete illegale italiana. Le differenze di qualità erano riconducibili, oltre che alla fattura intrinseca del prodotto, anche alle modalità di confezionamento, più curate per quelle nazionali, nonché al prezzo di cessione ai distributori, che era pari o poco più a 20 euro a paio per i beni di provenienza cinese e a oltre 30 euro per quelle nostrane.
  Sulla base dei nuovi elementi investigativi emersi, prontamente rapportati all'autorità giudiziaria, è stata ipotizzata l'esistenza, da un lato, di uno strutturato canale illecito di approvvigionamento dalla Cina di scarpe contraffatte destinate alla distribuzione nel territorio nazionale a opera di una rete di venditori composta prevalentemente da cittadini nordafricani e, dall'altro, di un'organizzazione criminale radicata nell’hinterland napoletano dedita alla produzione di calzature con marchio Hogan contraffatto, distribuite tra l'altro anche nel Lazio attraverso uno stesso referente locale di origine magrebina, coinvolto anche nel traffico di materiale cinese.
  Conseguentemente, l'originario fascicolo d'indagine è stato sdoppiato in due filoni, di cui uno trasmesso per competenza territoriale alla Direzione distrettuale antimafia del tribunale di Napoli e il secondo mantenuto alla sede di Roma per gli ulteriori sviluppi. Entrambi i fascicoli sono poi stati seguiti in parallelo dal personale del gruppo di Fiumicino.
  Per quanto riguarda il primo filone di indagine, il canale cinese, le indagini relative al gruppo di cittadini cinesi e di origine magrebina individuati sono state sviluppate ulteriormente attraverso le indagini tecniche e servizi di appostamento e pedinamento occulti. Le attività svolte, che si sono protratte per oltre un anno, hanno, in sintesi, consentito di intercettare due container di scarpe contraffatte importate dalla Cina, destinate in un caso al territorio laziale e nell'altro alla provincia di Caserta. In entrambe le circostanze i carichi di merce illegale risultavano essere stati oggetto di intermediazione da parte del gruppo facente capo al cittadino cinese originariamente individuato presso l'aeroporto di Fiumicino. I destinatari dei carichi, invece, erano, in un caso, il cittadino di origine magrebina di cui era stato già accennato il collegamento con l'intermediario asiatico e, nell'altro, un ulteriore soggetto di origine marocchina dedito al traffico illecito delle merci in Campania.
  Nel complesso, a seguito degli interventi di Polizia giudiziaria, sono state sequestrate oltre 100.000 calzature di marca Adidas, Hogan e Nike, con la denuncia di sei responsabili all'autorità giudiziaria. Dalle indagini è stato possibile riscontrare che i soggetti di origine marocchina coinvolti nei traffici in argomento finanziavano l'acquisto delle partite di merci legali non con capitali propri disponibili nell'immediato, Pag. 16ma piuttosto raccogliendo in anticipo ordinazioni e denaro dai propri committenti.
  Il secondo filone è il canale partenopeo. Con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Napoli sono state attivate intercettazioni telefoniche relative ad alcune utenze cellulari nelle disponibilità dei soggetti indagati. Le indagini tecniche hanno consentito di individuare un primo opificio clandestino ubicato nel comune di Volla, al cui interno venivano assemblate e confezionate scarpe Hogan contraffatte.
  In effetti, dall'ascolto delle conversazioni è stato possibile ricostruire il ciclo produttivo della merce illegale, che risultava così articolato: le diverse componenti della calzatura contraffatta, suola, tomaia ed etichette, erano realizzate in distinti laboratori; il pellame veniva tagliato da personale qualificato, i cosiddetti tagliatori; le parti in pelle o tessuto da cucire venivano poi affidate alle cosiddette cucitrici, ossia donne che di norma provvedevano all'assemblaggio dei pezzi nelle proprie abitazioni; infine, una rete di affiliati provvedeva alla raccolta delle varie componenti necessarie per la realizzazione del prodotto finito e al loro concentramento presso il laboratorio clandestino di assemblaggio finale.
  Con l'intento di giungere alla ricostruzione dell'intera filiera, conformemente alle direttive impartite dall'autorità giudiziaria, l'intervento presso l'opificio già individuato veniva temporaneamente rinviato, al fine di poter raccogliere ulteriori informazioni tramite l'ascolto delle utenze monitorate.
  Grazie a tale attività, oltre a effettuare l'individuazione della rete organizzativa dinanzi richiamata, è stato possibile risalire alla particolare procedura per la realizzazione delle suole delle calzature contraffatte. Sul punto va segnalato che la principale difficoltà per la produzione delle false Hogan è rappresentata proprio dalla particolare fattura delle suole, che presentano strati bicolore e un doppio marchio a rilievo posto sul tacco e sotto la suola, stampato con polimeri di gomma pressofusi. Per la realizzazione di tali segni di design è necessario un particolare macchinario industriale di significativo valore economico, superiore a 200.000 euro.
  Nel caso di specie, è emerso che l'organizzazione per la produzione delle suole si avvaleva di un unico produttore, che disponeva di due centri di fabbricazione ubicati in provincia di Napoli, Melito di Napoli e Grumo Nevano. Tale soggetto, in sostanza, si era assicurato una sorta di monopolio della produzione delle suole per le Hogan contraffatte, essendo dotato delle particolari attrezzature tecniche di cui si è fatto cenno.
  In effetti, si trattava di un produttore e commerciante di calzature artigianali italiane operate con un'avviata attività imprenditoriale del tutto lecita, alla quale, tuttavia, accanto alla produzione legale, aveva affiancato una parallela attività di realizzazione di suole con marchio Hogan contraffatto, con cui si assicurava notevoli margini di profitto.
  Per completare il quadro, va anche segnalato che la base per la produzione delle suole attraverso i predetti macchinari speciali è costituita da appositi stampi in alluminio che riproducono le impronte caratteristiche del marchio. Nel corso dell'indagine è stato accertato che gli stampi utilizzati nella circostanza provenivano, in via del tutto irregolare, da due dipendenti infedeli di una società marchigiana già fornitrice ufficiale della Hogan. Ciascuno degli stampi aveva un costo di circa 1.500 euro a paio e permetteva la produzione di un numero infinito di suole con il medesimo numero di calzata, cedute all'organizzazione a 2,5 euro al pezzo.
  Atteso l'elevato costo del singolo stampo, gli organizzatori del traffico disponevano esclusivamente di coppie di stampi per i soli numeri pari, più diffusi tra la popolazione, dai tagli tra il 36 e il 44. Le taglie dispari erano, invece, realizzate attraverso l'allungamento artificiale delle suole di numero pari più vicino a quello desiderato, il che rendeva il prodotto finale meno perfetto rispetto a quello ottenuto dagli stampi di numero conforme. L'azienda fornitrice delle suole, Pag. 17al fine di eludere i possibili controlli, consegnava direttamente il materiale prodotto ai magazzini in uso all'organizzazione, senza alcun preavviso, anche in tempo di notte e in via del tutto autonoma, disponendo delle relative chiavi di accesso.
  L'ulteriore sviluppo delle indagini di polizia giudiziaria operate attraverso monitoraggi riservati delle consegne delle componenti contraffatte di volta in volta individuate attraverso le intercettazioni ha permesso di risalire a ulteriori quattro laboratori dediti alla produzione di calzature recanti i segni distintivi mendaci ubicati nella provincia di Napoli, nonché di numerosi depositi di materie prime e di prodotti finiti di un centro di produzione di scatole con marchio falsificato.
  Le sopracitate attività, che si sono protratte per oltre due anni nell'ambito dell'operazione «41o parallelo», si sono concluse con la denuncia all'autorità giudiziaria di 49 soggetti, di cui 10 sottoposti a provvedimento restrittivo della libertà personale, il sequestro preventivo per l'equivalente di beni mobili e immobili per un valore pari a 2 milioni di euro, il sequestro di 16 locali a vario titolo adibiti a opificio-magazzino per la produzione degli articoli contraffatti, 215 macchinari industriali, migliaia di chilogrammi di materie prime e oltre 100.000 calzature contraffatti o parti di esse. Per utile consultazione è allegato alla presente un dossier fotografico che propone alcuni dettagli descrittivi degli elementi oggetto della presente illustrazione.
  Infine, parlerò della gestione concreta delle fasi del sequestro nella nostra esperienza operativa. Per concludere il presente intervento, formulerò di seguito alcune considerazioni relative alla gestione concreta delle operazioni di polizia giudiziaria nel settore della contraffazione.
  Al riguardo evidenzio che, a seguito dell'individuazione e del sequestro di prodotti o articoli recanti marchi contraffatti, la Polizia giudiziaria operante procede alla quantificazione puntuale della merce rinvenuta, catalogandola per tipo, modello e marchio di fabbrica illecitamente riprodotto. Ai fini dell'esercizio dell'azione penale è necessario eseguire sugli articoli in sequestro specifici accertamenti tecnici volti a comprovare la contraffazione dei marchi, nonché le caratteristiche tecniche dei beni e quant'altro possa risultare utile per il prosieguo delle indagini. Se, come accade sovente, costituiscono oggetto dell'intervento di Polizia giudiziaria prodotti contraffatti di marchi diversi, è necessaria una singola perizia per ogni brand, con il conseguente coinvolgimento dei periti delle case madri e degli studi legali preposti alla tutela.
  Una delle principali necessità che la Polizia giudiziaria deve soddisfare, contestualmente al sequestro, è quella dell'individuazione di idonee misure per la custodia della merce. In linea generale, va premesso che la Polizia giudiziaria è tenuta, in aderenza alle norme del Codice di procedura penale, a porre la merce sequestrata a disposizione dell'autorità giudiziaria, concentrandola negli appositi locali a ciò adibiti presso la cancelleria o la segreteria del competente tribunale.
  Va da sé che, in caso di sequestri di quantità particolarmente significativa, come spesso accade nel settore della contraffazione, tale possibilità risulta preclusa. Conseguentemente, la Polizia giudiziaria, su autorizzazione del pubblico ministero, procede di norma al concentramento dei prodotti presso le depositerie giudiziarie autorizzate, con oneri a carico del Ministero della giustizia.
  L'individuazione del soggetto depositario è operata sulla scorta di un elenco fornito direttamente dal tribunale. Talvolta la merce in sequestro viene affidata alla stessa controparte che disponga di locali idonei a preservare e garantire nel tempo la custodia dei reperti. In via del tutto residuale, e comunque con riferimento a sequestri di limitata portata, la merce è conservata presso il magazzino reperti del reparto interessato.
  Su disposizione dell'autorità giudiziaria viene anche operato il prelevamento di campioni di merce contraffatta, la cui custodia segue le medesime procedure in precedenza descritte. Sulla scorta delle disposizioni di volta in volta impartite dal Pag. 18pubblico ministero la merce in sequestro risultata contraffatta di cui è stata già operata la campionatura può essere avviata alla distruzione, con oneri parimenti a carico del Ministero della giustizia.
  Per la custodia dei beni strumentali utilizzati per la commissione dei reati di contraffazione – i macchinari industriali, le attrezzature utensili professionali, i mezzi di trasporto – invece, la custodia può essere affidata presso le depositerie giudiziarie per gli automezzi, i macchinari e le attrezzature industriali per cui sia possibile il trasporto. Vengono affidati in giudiziale custodia alla parte dopo la repertazione di rito gli apparati industriali intrasportabili ovvero che necessitino di personale tecnico per il loro smantellamento. È frequente che tali beni, nel caso di macchinari o attrezzature industriali efficienti e non obsoleti, vengano destinati alla vendita su autorizzazione dell'autorità giudiziaria procedente.
  Il processo di articolazione delle fasi concrete di esecuzione dei sequestri dinanzi descritti ha riguardato anche le operazioni di polizia giudiziaria tratteggiate in precedenza. Allo stato attuale, in linea con quanto disposto dal pubblico ministero, i macchinari oggetto di sequestro sono stati affidati in giudiziale custodia ai proprietari degli immobili diversi dai denunciati, mentre i prodotti contraffatti e i semilavorati sequestrati risultano tuttora in custodia onerosa presso la depositeria privata autorizzata, cautelati in container appositamente sigillati.
  Infine, rappresento che su Roma, in relazione allo stoccaggio delle merci, per contenere il ricorso alla custodia giudiziaria a titolo oneroso il Comando provinciale di Roma ha avviato opportune iniziative volte a individuare caserme dell'esercito site nell'area di competenza della procura capitolina che abbiano disponibilità di aree coperte o di locali idonei costantemente vigilati atti ad accogliere e custodire i voluminosi reperti.
  Ringrazio e sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio io il colonnello D'Angelo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Lei ci ha illustrato l'indagine. È interessante la fantasia di come i criminali, in questo caso, agiscano per lucrare. Voi avete pedinato questi soggetti, ma la merce, una volta prodotta – sicuramente lei lo saprà – a chi è destinata: al mercato, al magazzino, alla grande distribuzione o a negozi di scarpe ? È importante anche capire di chi sia la complicità, ossia il circuito finale. Questo è sicuro.
  Nel caso in cui – l'ho chiesto anche prima – voi troviate i venditori di strada, come vi comportate, sia come Guardia di finanza, sia come altre forze dell'ordine ? Le chiedo se è a conoscenza di questo. È fondamentale bloccare anche i canali di vendita. Nonostante sia complesso bloccarli all'origine, si pone tutta la questione che lei ha spiegato del sequestro e dello stoccaggio della merce e dei macchinari che è difficile, in qualche caso, gestire. Si parla di macchinari molto costosi, immagino anche dimensionalmente. Non ho idea di come siano fatti.
  Io vorrei conoscere questi dettagli operativi tecnici. Dal punto di vista della Commissione, che deve fornire strumenti per il contrasto alla contraffazione, lei ci può indicare anche quali sono, secondo lei, le debolezze del sistema legislativo, in modo da poterle far svolgere al meglio il suo lavoro ?

  RAFFAELE D'ANGELO, Colonnello della Guardia di finanza. Per quanto riguarda la distribuzione, in questa indagine e nelle altre che noi abbiamo avuto modo di sviluppare nel tempo, abbiamo visto che la distribuzione è rivolta verso i venditori di strada. Questa merce nell'operazione «41o parallelo» è stata distribuita in mercati rionali e a venditori di strada che operavano tendenzialmente in Campania e nel Lazio.
  È chiaro che la gran parte di coloro che acquistavano questi beni erano ben consapevoli Pag. 19che fossero beni contraffatti. La voglia di avere il prodotto griffato spingeva l'acquirente ad acquistare questi prodotti anche nella consapevolezza che fossero contraffatti.
  La particolarità della nostra indagine, però, mette in luce soprattutto il fatto che la produzione artigianale italiana sia una produzione di altissima qualità. È di altissima qualità perché è molto vicina a quella reale, tant’è vero che sono stati utilizzati macchinari, come gli stampi a cui ho fatto cenno prima, di fatto provenienti dalle case madri, o da coloro che forniscono le case madri.
  D'altro canto, si mette anche in luce che questi soggetti non hanno scrupoli. Oltre ad avere un prodotto contraffatto, ci sono anche problemi per la salute. Per quanto riguarda, per esempio, i numeri dispari, questi soggetti avevano solo gli stampi per i numeri pari. I numeri dispari di fatto consistevano in calzature che, oltre a essere più imperfette dal punto di vista visivo, erano anche imperfette per la salute, perché l'allungamento artificiale della tomaia le rendeva anche pericolose sotto questo profilo.
  Per quanto riguarda la gestione dei venditori di strada, le devo dire, purtroppo, che il mio reparto non svolge quest'attività, perché io comando il gruppo di Fiumicino e noi ci siamo occupati del livello d'indagine superiore. Normalmente, la Guardia di finanza si occupa di queste attività attraverso i reparti di pronto impiego. Sono loro quelli che possono fornirvi maggiori spunti su questo profilo.
  Per quanto riguarda, invece, la gestione dei beni, della merce contraffatta sequestrata e dei macchinari, effettivamente per noi operatori di polizia questo è un problema molto gravoso. È molto gravoso perché spesso, dopo che abbiamo proceduto al sequestro di questi beni, ci dobbiamo anche organizzare per capire dove possiamo custodirli e come possiamo renderne il meno onerosa possibile per lo Stato la custodia.
  Le iniziative che abbiamo attuato, ripeto, sono quelle di cercare di affidare alla parte, oppure, come diceva il procuratore prima, al proprietario dell'immobile, che è un soggetto terzo tra la Polizia giudiziaria e il soggetto che produce i beni contraffatti, questi macchinari. Affidiamo normalmente, però, solo quei macchinari che abbiamo difficoltà a smontare. Molti sono macchinari complessi e pesanti, che richiedono una manodopera specializzata per lo smantellamento. Chiaramente, è una cosa che non possiamo fare noi.
  È innegabile che i magazzini di custodia presso i quali si appoggia l'autorità giudiziaria siano stracolmi di merce. Lo sono perché il processo di smaltimento e di distruzione, come diceva lei prima, è legato all’iter processuale. Sarebbe utile avere una velocizzazione di questo iter o trovare un meccanismo che trasferisca il sequestro in confisca, con la possibilità di provvedere alla distruzione del bene. Questo è un processo che sicuramente deve essere attenzionato, perché la gestione di questi beni è molto onerosa.

  PRESIDENTE. Credo che abbiamo avuto una possibilità estremamente interessante, ossia quella di ascoltare proprio nei minimi dettagli – tutto è ripreso comunque puntualmente nella relazione – una vicenda investigativa particolarmente significativa. Io penso che sia molto utile, immagino anche al lavoro del relatore.

  RAFFAELE D'ANGELO, Colonnello della Guardia di finanza. Un'altra cosa importante nelle indagini che stiamo svolgendo anche attualmente è la transnazionalità del fenomeno della contraffazione. È una questione molto importante da attenzionare.
  Noi abbiamo notato, anche in questo caso specifico, che, così come diceva anche il procuratore prima, nazionalizzare il bene nella Comunità europea, in Paesi che non sono i destinatari finali di questa merce, ne rende il trasporto e il movimento all'interno dell'Unione europea molto più semplice e meno attenzionato. La prima attenzione, infatti, è verso quei porti e quegli aeroporti in cui ci sono gli arrivi internazionali dalle zone a rischio.
  Il fenomeno della transnazionalità mutua forse un po’ le tecniche che nel passato e tuttora si utilizzano per il traffico degli Pag. 20stupefacenti. Tali tecniche ora vengono attuate anche in questo settore. Sicuramente l'attenzione su questo profilo, nel tentare di trovare punti di collaborazione con le altre forze di polizia europee, è un punto nodale e fondamentale per cercare di contrastare questo fenomeno.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Torno a ringraziare il colonnello D'Angelo.
  Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 15.05.

Pag. 21

ALLEGATO

Documentazione presentata dal Colonnello D'Angelo.

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

Pag. 30

Pag. 31

Pag. 32

Pag. 33

Pag. 34

Pag. 35

Pag. 36

Pag. 37

Pag. 38

Pag. 39

Pag. 40

Pag. 41

Pag. 42

Pag. 43

Pag. 44

Pag. 45

Pag. 46

Pag. 47

Pag. 48

Pag. 49

Pag. 50

Pag. 51

Pag. 52

Pag. 53

Pag. 54

Pag. 55

Pag. 56

Pag. 57

Pag. 58

Pag. 59

Pag. 60

Pag. 61

Pag. 62