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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Mercoledì 15 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

Audizione, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3194  Governo, approvato dal Senato recante «Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE e della direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE», del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 4 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Iannuzzi Tino (PD)  ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 11 
Pellegrino Serena (SEL)  ... 11 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Massa Federico (PD)  ... 12 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 12 
Massa Federico (PD)  ... 12 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 12 
Massa Federico (PD)  ... 13 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 13 
Braga Chiara (PD)  ... 13 
Mannino Claudia (M5S)  ... 13 
Marroni Umberto (PD)  ... 14 
Realacci Ermete , Presidente ... 14 
Cera Angelo (AP)  ... 14 
Mariani Raffaella (PD)  ... 14 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web tv.
  (Così rimane stabilito).

Audizione, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3194 Governo, approvato dal Senato recante «Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE e della direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE», del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3194 Governo, approvato dal Senato, recante «Delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE e della direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE».
  Ringrazio il Presidente dell'Autorità Nazionale AntiCorruzione, Raffaele Cantone, al quale, ricordando il lavoro che abbiamo avviato da tempo e che prosegue con l'esame del disegno di legge delega al Governo, segnalo che la Commissione ha deciso di svolgere solo due audizioni: la prima è stata quella del Ministro Delrio; la seconda è quella odierna. In seguito, procederemo all'acquisizione del resoconto delle audizioni svolte al Senato e alla documentazione che vorranno inviarci altri soggetti interessati dalla tematica del disegno di legge in esame.
  Per quanto ci riguarda, l'esercizio della delega deve essere conseguente ai temi che, nel corso di questi mesi, abbiamo sollevato analizzando i provvedimenti al nostro esame. Abbiamo esaminato, anche grazie al suo aiuto e a quello dell'Autorità Nazionale AntiCorruzione, i problemi che erano emersi già nel provvedimento cosiddetto «Sblocca Italia» (mi riferisco alla questione delle concessioni autostradali, che avevamo «disinnescato» prevedendo il parere preventivo dell'Unione europea) e quelli che si sono presentati nel corso di questi anni rispetto alla sovrapposizione di norme sugli appalti pubblici, soprattutto in Pag. 4relazione alle infrastrutture. A ogni modo, la delega è più ampia, perché riguarda tutti gli appalti pubblici. A questo proposito, la Banca d'Italia, proprio in occasione della discussione sul decreto-legge cosiddetto «Sblocca Italia», ci aveva ricordato che dal 2007 vi sono state oltre 600 modifiche al Codice degli appalti, con un'iperfetazione di norme che certamente non favorisce né la trasparenza, né l'efficacia dell'azione.
  Inoltre, abbiamo considerato le varie questioni che sono emerse nel corso di questi anni rispetto al project financing, al general contractor, alle varianti in corso d'opera, alla direzione dei lavori a carico del soggetto incaricato di svolgere i lavori stessi, alla centralità del progetto, al massimo ribasso e tanti altri temi che vorremmo il Governo affrontasse nella delega.
  Al tempo stesso, d'accordo con i due relatori, cercheremo di rafforzare il passaggio parlamentare nell'esercizio della delega, in maniera da poter controllare che la direzione intrapresa dal Governo sia conforme alle volontà del Parlamento, sia rispetto alla riduzione, alla semplificazione e alla certezza delle norme – con l'eliminazione delle norme previgenti, per evitare sovrapposizioni – sia rispetto ai nuovi indirizzi.
  Al riguardo, si è registrata una forte intesa con il Ministro Delrio, il quale, in audizione, si è pronunciato in maniera sostanzialmente conforme e coerente con le considerazioni che abbiamo svolto nel corso di questo periodo.
  Le chiedo, inoltre, un giudizio sulle eventuali modifiche rispetto al lavoro svolto dal Senato, che noi giudichiamo positivamente, anche se intendiamo produrre alcuni ulteriori miglioramenti. Per quanto riguarda la tempistica, intendiamo fissare il termine per la presentazione delle proposte emendative prima della pausa estiva, per poi procedere con l'esame del provvedimento all'immediata ripresa.
  Sottolineo un aspetto, che immagino qualche collega riprenderà, ossia che nel corso dell'esame al Senato è stato effettuato un forte investimento sui compiti dell'Autorità Nazionale AntiCorruzione: al riguardo, siamo d'accordo, anche se si prevede che i compiti non saranno più solo di anticorruzione, come si evince dal nome stesso dell'Autorità, ma anche di indirizzo e di qualificazione delle stazioni appaltanti. Vorrei capire se si sta svolgendo un lavoro per attrezzare l'ANAC in questa direzione.
  Do quindi la parola al dottor Cantone per lo svolgimento della sua relazione, al termine della quale daremo spazio alle domande.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Grazie, presidente. Le rivolgo un ringraziamento non formale per avermi dato la possibilità di partecipare alla seconda audizione. Proverò a svolgere una relazione molto breve. Mi interessa maggiormente rispondere alle domande nella fase successiva, sperando di essere in grado di farlo.
  Lei ha detto che acquisirà le audizioni svolte presso la Commissione lavori pubblici del Senato, dove, le ricordo, sono stato audito due o tre volte prima che iniziasse l'esame del disegno di legge. Sul provvedimento approvato dal Senato il mio giudizio è particolarmente positivo, perché, malgrado sia stato modificato molto rispetto al testo approvato dal Governo – nel senso che sono aumentati significativamente i principi e criteri direttivi – non credo sia stato snaturato. Infatti, sebbene su alcuni aspetti i criteri direttivi siano molto più precisi, essi non snaturano l'idea di un Codice molto più snello rispetto all'attuale. In particolare, si evidenzia l'idea di un Codice che non deve essere di iperegolamentazione, come lei prima affermava. Inoltre, si mantiene ferma l'indicazione molto forte che dopo l'entrata in vigore del Codice non dovranno esservi più deroghe e che queste ultime, eventualmente, dovranno essere già previste nella struttura del Codice. Infine, si crea un sistema di doppio livello, secondo una nuova concezione di regolazione più snella dal punto di vista normativo, di regolazione di secondo livello, attraverso l'ipotesi di soft regulation più di Pag. 5dettaglio, che è quella tipica dei bandi tipo, delle linee guida e così via. Il mio giudizio, quindi, è assolutamente positivo, perché, per quanto mi riguarda, il numero significativo di criteri direttivi introdotti non snatura l'idea di un Codice che sia particolarmente snello.
  Rispetto alle audizioni precedenti, oggi abbiamo un testo con il quale ci dobbiamo confrontare. Uno dei temi di maggiore dibattito, anche fra gli studiosi, in questo momento, riguarda il ruolo dell'ANAC. Fra l'altro, devo dire con grande piacere che il lavoro sul Codice degli appalti viene seguito in progress con una grandissima attenzione sia dai giornali specializzati sia dagli studiosi. Questo è il segnale di quanta attesa ci sia rispetto a uno strumento normativo ritenuto utilissimo.
  Per questo, la ringrazio di avermi dato la possibilità di precisare, in una sede ufficiale, un dato che è emerso da qualche preoccupazione espressa, in qualche caso, soprattutto dagli operatori del settore. Ricordo, infatti, che in un convegno pubblico di qualche tempo fa un imprenditore affermò che non fosse opportuno affidare la regolamentazione del mercato a un'Autorità che si chiama «Autorità Nazionale Anticorruzione», perché è come se il sistema bancario, invece di essere regolato dalla Banca d'Italia, fosse regolato da un'Autorità che si chiama «antiusura». Questa valutazione di tipo nominalistico mi fa un po’ sorridere, perché i nomi servono davvero a poco. Del resto, i nomi, in positivo e in negativo, hanno sempre rappresentato un elemento di nessun valore e di nessun peso. Quello che, invece, credo si possa evidenziare è che in questo anno di esperienza, dal decreto-legge di riforma della pubblica amministrazione, cosiddetto «Madia», che ha completamente modificato l'immagine e il ruolo, la struttura e la mission istituzionale dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, mi pare che l'Autorità abbia dato prova di essere ben altro rispetto a un mero sceriffo, come qualcuno pensava. Ha dimostrato, infatti, di essere un organismo in grado di seguire le attività, di svolgere il ruolo di regolatore e di occuparsi direttamente degli appalti, offrendo un'impostazione anche molto diversa rispetto a quella – con tutto il rispetto e senza nessuna volontà critica – della precedente Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che si era limitata, spesso, a intervenire e a prendere posizione sui singoli appalti in notevole ritardo rispetto ai fatti, anche se le decisioni assunte riguardo alla regolazione erano molto ben fatte.
  In questo senso, abbiamo provato a dare l'idea di un soggetto che si inserisce nel mercato con una funzione di regolazione. Abbiamo preso spunto dalla normativa speciale che ci attribuiva poteri con riferimento a Expo, per provare a estendere quell'idea di vigilanza in progress inserita nel nostro regolamento, ossia l'ipotesi di vigilanza collaborativa. Abbiamo già modificato il Regolamento del precontenzioso, provando a porci come uno strumento di interlocuzione del mercato in generale, quindi sia per le stazioni appaltanti, sia per gli operatori economici, attraverso pareri rapidi, efficienti e preventivi rispetto alle gare, proprio per svolgere una funzione di regolazione.
  Questo anno di esperienza è stato molto complicato perché, con la necessità di creare un organismo ex novo, abbiamo dimostrato la capacità dell'ANAC di svolgere un ruolo che non fosse semplicemente quello del controllore, come, peraltro, era già nei fatti. Certo, nessuno vuole sottovalutare il dato che i poteri che vengono attribuiti dal disegno di legge approvato al Senato sono molto rilevanti. Alcuni di questi sono già esercitati nei fatti. Per esempio, i bandi tipo sono già previsti dal Codice dei contratti e l'Autorità adotta sistematicamente le linee guida, vi è un rafforzamento della possibilità di intervenire direttamente e in modo più significativo sugli appalti. Inoltre, è attribuita efficacia vincolante a una serie di atti. Sono attribuiti, dunque, alcuni poteri nuovi all'Autorità, come quello relativo alla qualificazione delle stazioni appaltanti o la possibilità di tenere un Albo delle commissioni di gara, ma, tutto sommato, Pag. 6credo che tale impostazione sia in linea con l'idea di individuare un soggetto regolatore del mercato.
  Ovviamente, occorre compiere una scelta di tipo politico: se, cioè, un soggetto regolatore del mercato debba essere un organismo con una sua indipendenza, ferma restando la necessità di un confronto con la politica. Per esempio, io saluto con grande entusiasmo la previsione che per alcuni dei provvedimenti «paranormativi» dell'ANAC sia prevista una valutazione da parte del Parlamento. Questo è un segnale molto positivo.
  Tuttavia, credo che un ruolo di regolatore del mercato debba e possa essere svolto da un'Autorità con carattere di indipendenza; questo senza mettere in discussione il ruolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale pure alcune attività di regolazione sono attribuite dal disegno di legge. Il criterio seguito tende ad attribuire all'ANAC le funzioni di regolazione più delicate, per le quali una maggiore indipendenza è considerata un elemento positivo.
  Non sono in grado di predire da adesso l'impatto e la capacità di reggere del sistema. Abbiamo già organizzato un ufficio che, di fatto, ha la possibilità teorica di reggere questa tipologia di impatto. È chiaro, però, che non c’è la controprova di quella che sarà la tipologia di lavoro, né in che modo questo potrebbe impattare con l'attività dell'ANAC dal punto di vista quantitativo. Credo che l'ANAC stia già esercitando, in pratica, molti di questi poteri. Certo, la qualificazione delle stazioni appaltanti e la tenuta dell'eventuale Albo dei commissari di gara richiederanno un impegno enorme, soprattutto nella prima fase. La necessità di emettere i vari bandi tipo, soprattutto nel primissimo periodo, richiederà un tempo e un impegno enormi. Ovviamente, è una sfida rispetto alla quale diamo la disponibilità di servizio, fermo restando che, qualunque sarà la scelta politica, ci adegueremo.
  Tengo a precisare che la preoccupazione che un regolatore possa chiamarsi «Autorità AntiCorruzione» mi sembra solo nominalistica, perché abbiamo dimostrato con i fatti che il nostro obiettivo non era certo bloccare gli appalti, ma provare a farli fare, soprattutto nel rispetto delle regole e dei tempi, che è ciò che più conta. Basterebbe vedere le esperienze sull'Expo, ma anche quelle che stiamo provando a mettere in campo per la nuova forma di vigilanza collaborativa. Abbiamo attivato, in alcuni appalti anche importanti e oggetto di attenzione da parte della stampa (penso alla regione Lazio, alla regione Puglia, a moltissime stazioni appaltanti, alla struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio contro il dissesto idrogeologico), una notevole attività di controllo degli atti, anche con modifiche in corso, senza che questo incidesse neanche di un giorno sui tempi delle gare. Ci siamo, quindi, culturalmente attrezzati: ovviamente, abbiamo bisogno di capire che cosa ci vorrà per attrezzarsi materialmente, ma penso che sia troppo presto svolgere questa valutazione di impatto.
  Nel merito, condivido il disegno di legge strutturalmente così com’è. Se domani venisse approvato, sarei il primo a esserne entusiasta. Pongo solo alcune piccolissime questioni, anche perché, in questo periodo, abbiamo avuto contatti con diversi mondi che ci hanno sottoposto alcuni problemi, che pongo in termini critici. Alcune questioni provengono anche dall'esperienza quotidiana dell'attività di vigilanza. Ad esempio, osservo, in modo anche un po’ provocatorio, che il tema del general contractor, in questa struttura, resta sullo sfondo. Questa è certamente una delle tipologie contrattuali più problematiche, come mostrano le esperienze, non ultima quella della Metro C a Roma, che evidenzia in modo clamoroso come questo istituto sia utilizzato ben oltre la sua funzione. Infatti, l'idea è di trovare un soggetto che consegni il lavoro «chiavi in mano». Ovviamente, una volta che ha detto che per una determinata cifra lo farà, poi deve essere in condizioni di consegnarlo. Invece, nella pratica abbiamo visto che questo sistema si è trasformato in altro, perché si consentono le varianti e gli interventi sui prezzi e il general contractorPag. 7diventa una forma diversa di appalto, anche difficile da ritenere. Allora, anche nell'ottica di rilancio di una funzione diversa del general contractor, perché non prevedere il divieto assoluto di ogni forma di variante, con riferimento solo all'istituto del general contractor ? Sarebbe un modo per moralizzare il settore, perché se, con riferimento a uno specifico appalto, l'impresa se la sente di costruire una biblioteca per un milione di euro, assume un rischio di impresa. Se sarà brava lo farà; se capisce fin dall'inizio che per scavare ci sono, ad esempio, sicuri problemi per la presenza di residui storici, non si avventura proprio in questa operazione. Questo sarebbe un modo di utilizzare l'istituto del general contractor senza trasformarlo ed eviterebbe uno dei paradossi che ha caratterizzato ormai tutti i general contractor. Infatti, nella nostra esperienza di vigilanza, non vi è stato alcun general contractor – quantomeno per i grandi lavori, essendo quello lo scopo al quale l'istituto doveva assolvere – in cui non vi sia stata una quantità enorme di varianti. Qualcuno dice che per la Metro C c’è stato un aumento del 20 per cento, ma questo aumento significa 700 milioni di euro.
  Vi sono, poi, altre questioni sulle quali vorrei intervenire. Per esempio, è stato sollevato, da parte di molti, il tema che, rispetto alle direttive comunitarie, non vi sia stata una grande attenzione per le piccole e medie imprese. Devo dire che, effettivamente, nel disegno di legge delega non ci sono indicazioni precise in tal senso. Tuttavia, con l'attività concreta abbiamo già operato in questo senso – ciò dimostra come il livello di soft regulation possa intervenire già in questo sistema – proprio per garantire la partecipazione di micro, piccole e medie imprese, evitando però l'altro problema, ovvero il frazionamento degli appalti, che può esso stesso rappresentare un sistema di aggiramento delle regole della concorrenza, che è soprattutto un sistema di abbassamento del livello di controllo. In tutti i bandi tipo che abbiamo emesso e predisposto fino a questo momento c’è sempre una grande attenzione per la possibilità di individuare i lotti: si tratta di un concetto molto diverso dal frazionamento e che consente, soprattutto alle piccole e medie imprese locali, in alcuni settori, di essere particolarmente attente. Il sistema dell'imprenditoria – come l'ANCE dice sistematicamente – in Italia è formato in gran parte da medie imprese, che rappresentano il vero tessuto connettivo dell'imprenditoria edile. C’è un'attenzione da parte dell'ANAC in questo senso. Credo, però, che più che intervenire sulle norme, che sarebbe difficile e rischioso, forse basterebbe inserire anche una raccomandazione nell'ambito della relazione di accompagnamento, perché con gli strumenti di soft regulation si può intervenire anche senza bisogno di norme.
  Un altro dei passaggi su cui ritengo opportuno soffermarmi è il tema delle commissioni di gara. Personalmente, sono fra quelli che da sempre si sono battuti per l'idea delle commissioni di gara a estrazione, perché credo che uno dei meccanismi dietro ai quali si nasconde la logica dell'appalto «truccato» è proprio quello che prevede di utilizzare le commissioni di gara, le quali, soprattutto in alcune stazioni appaltanti, si ripetono, sia pure con un minimo di rotazione, e rappresentano un rilevante strumento di controllo del sistema degli appalti. L'idea che avevamo messo in campo, in modo sperimentale, nei confronti di Expo, e che ha funzionato, sta ponendo, però, alcuni problemi che mi sono stati evidenziati e che è opportuno che vi comunichi. Per esempio, è emerso ieri, nel corso di un incontro presso la Banca d'Italia, che è stazione appaltante, che, secondo una valutazione dalla stessa effettuata, con il sistema delle commissioni di gara previsto dal Codice degli appalti, il suo budget aumenterà di 4 milioni di euro, per pagare i commissari di gara che fino al giorno prima non pagava. La Banca d'Italia è un ente di diritto pubblico e, quindi, ovviamente, se le sarà richiesto lo farà. Tuttavia, si tratta di un tema che viene posto per le stazioni appaltanti. Credo, però, che non possa essere messa in discussione un'esigenza di indipendenza. Si potrebbe, forse, operare una Pag. 8valutazione, introducendo sistemi di contemperamento, tenendo conto che ci sono gare ordinarie per le quali questi meccanismi rischiano di ingessarla, paradossalmente, in senso opposto. Quello che rileva è che le commissioni di gara siano indipendenti, soprattutto nelle gare che contano, per cui si potrà prevedere un meccanismo di soglia o di tipologia di appalto. Personalmente, sono favorevole all'idea, che sta funzionando, ma mi pongo il problema se per ogni gara bisognerà chiedere sei nomi e se questo possa diventare un'ingessatura. Vi è anche un aumento dei costi, che ha un senso per gare rilevanti, ma potrebbe averlo meno per quelle minori.
  Un altro tema che mi è stato posto e che credo sia opportuno sottoporre alla vostra attenzione è quello della progettazione. Credo che il disegno di legge, su questo punto, faccia grandi passi avanti, perché prova a inserire l'idea che l'opera debba essere messa in gara quanto più avanzato sia il livello della progettazione. Ovviamente, questo pone problemi anche per chi fa la progettazione: si tratta, infatti, di una situazione che ormai si sta verificando sistematicamente nella pubblica amministrazione e che fa tornare a parlare del contributo del 2 per cento, sul quale si ritorna sistematicamente. Il provvedimento cosiddetto «Madia» aveva provato a eliminarlo, ma poi, in parte, ha fatto retromarcia. Personalmente, credo che quel contributo del 2 per cento abbia una sua ragion d'essere, perché tende a stimolare una serie di professionalità all'interno delle pubbliche amministrazioni. Forse, però, dovrebbe essere regolato. Il Codice potrebbe dare un'indicazione, sia prevedendo meccanismi di razionalizzazione del contributo, sia prevedendo dei tetti. Il 2 per cento, infatti, ha un significato di un certo tipo se la gara è di importo pari a 100.000 euro, ma ne ha un altro se la gara ha un importo di 3 milioni di euro. Spesso, fra l'altro, nella realtà, il 2 per cento è quasi spalmato a pioggia. Mi dicono i tecnici dell'Autorità che ci sono casi nei quali persino chi svolge semplicemente l'attività di mera scrittura prende una parte del 2 per cento. Forse, potrebbe essere opportuno, in questa prospettiva – anche per affrontare un altro dei temi che riguarda i piccoli e medi professionisti – garantire una maggiore partecipazione dei professionisti esterni, con un tetto alla possibilità di utilizzare il 2 per cento, quantitativo e soprattutto economico, collegato sia agli uffici, sia, eventualmente, alle stesse retribuzioni. Sicuramente, in alcune stazioni appaltanti, in alcuni uffici e in alcuni organi – tutti sappiamo a chi ci riferiamo – il contributo del 2 per cento rappresenta spesso lo stipendio vero e proprio dei soggetti. Nelle realtà e soprattutto negli enti locali, questo è una garanzia e uno stimolo importante a mantenere le professionalità all'interno degli enti, ma, utilizzato in questo modo vasto, spesso, per una sorta di eterogenesi dei fini, finisce per dare un'altra idea.
  Un altro punto su cui credo sarebbe opportuno intervenire è quello delle qualificazioni SOA. Personalmente, al riguardo ho una posizione da sempre nota, avendola espressa numerose volte. La mia idea è che quel sistema di qualificazione sia stato un errore. Tuttavia, siccome è quello che abbiamo, il punto vero è rafforzare quel sistema di controlli e di qualificazione. Abbiamo infatti verificato che, soprattutto per quanto riguarda il tema delle cessioni di rami d'impresa, esso rappresenta un modo attraverso il quale la vendita delle carte e spesso i criteri di qualificazione vengono effettuati semplicemente con una mera valutazione cartacea. Anche in merito a ciò, forse, si potrebbe prevedere un intervento per rendere più chiara, nella legge delega, la necessità di stabilire requisiti di forma e di sostanza nel caso di trasferimenti di rami di azienda. Difatti, questo è uno dei problemi su cui si confronta ogni giorno l'ANAC, che svolge il ruolo di controllo sulle SOA.
  Un'altra questione che vorrei sottoporvi riguarda il contenzioso. Su questo punto la legge delega apre a una serie di soluzioni abbastanza «in bianco». Con riferimento, ad esempio, al criterio che prevede la riduzione degli arbitrati, credo di essere in assoluto il soggetto che più di tutti ritiene Pag. 9che gli arbitrati nei lavori pubblici siano stati un disastro. Tuttavia, si pone il problema di capire se c’è uno spazio per tenere gli arbitrati nel settore dei lavori pubblici e anche di rendere omogenea questa disciplina rispetto, invece, al trend legislativo generale, dal momento che nei disegni di legge e anche nei decreti-legge che sono stati approvati dal Parlamento in tema di sblocco del sistema della giustizia si prevede un ampio ricorso al sistema degli arbitrati. L'esperienza che stiamo verificando ci porta a dire che i veri grandi problemi che si sono verificati con riferimento agli arbitrati riguardano soprattutto gli arbitrati liberi. Nel sistema dei lavori pubblici, infatti, esistono due tipologie di arbitrati: gli arbitrati liberi e gli arbitrati amministrati. Nel primo caso, ci si mette d'accordo e, quindi, il terzo arbitro, che spesso è il vero giudice, viene scelto dalle due parti. Nel secondo caso, quello degli arbitrati amministrati, il terzo arbitro viene scelto dalla Camera arbitrale che è istituita presso l'Autorità Nazionale AntiCorruzione: ciò, ovviamente, comporta anche la possibilità di scelta in un albo e di controllo successivo. Mi chiedo se, mantenendo l'indicazione sulla riduzione gli arbitrati, non si possa prevedere un meccanismo che prima di tutto stabilisca la regola che gli arbitrati debbano essere sempre amministrati, nel senso che il terzo giudice non possa essere scelto dalle parti, evitando un meccanismo dietro al quale si celano spesso le collusioni che poi portano alle decisioni. In secondo luogo, mi domando se non sia il caso di stabilire una regola che potrebbe rappresentare un modello per il futuro, con meccanismi sia di trasparenza sia di rafforzamento sul piano soggettivo. Abbiamo ormai la certezza – come la giurisprudenza ha più volte affermato, anche in casi eclatanti – che gli arbitri non sono neanche pubblici ufficiali, per cui, in caso di accertate ipotesi di corruzione, si è disposta l'archiviazione perché il fatto non costituisce reato. Per la coerenza del sistema e tenendo conto che l'arbitrato, anche sul piano internazionale, è uno strumento utilizzato sistematicamente, mi chiedo perché non usare il Codice degli appalti per rinforzare, anche dal punto di vista soggettivo, la situazione dei singoli, per esempio prevedendo che debbano essere pubblici ufficiali, adottando criteri di trasparenza e mantenendo saggiamente la regola che prevede una riduzione degli onorari, che rappresentano il vero disastro.
  Un ultimo dato, che riferisco pro domo mea, è relativo all'intervento sull'articolo 32 del provvedimento cosiddetto «Madia» sul commissariamento degli appalti. La norma, così come approvata dal Senato, non riduce particolarmente l'istituto del commissariamento, in ordine al quale vorrei fossero tenuti in considerazione non solo l'ambito e le modalità con cui lo stiamo usando senza esagerazione, ma anche la possibilità di utilizzarlo per risolvere questioni particolarmente delicate.
  Le ultime misure interdittive antimafia che sono state emesse a seguito di indagini rilevanti, che hanno riguardato strutture imprenditoriali con migliaia di dipendenti, se non avessero avuto la possibilità di un intervento attraverso la struttura del commissariamento degli appalti, avrebbero creato a dir poco problemi occupazionali. Stiamo parlando di realtà in cui erano occupati fra i 3.000 e i 15.000 dipendenti e che, attraverso l'istituto del commissariamento, senza creare danno, ma soprattutto senza dare vantaggi alle imprese interdette o oggetto di attività corruttive, hanno avuto effetti assolutamente positivi sul piano economico, sociale e della prosecuzione degli appalti. Quella norma non limita il sistema degli appalti, ma sposta la valutazione del commissariamento alla scelta della stazione appaltante di revocare o meno l'appalto – cosa che, già oggi, nei fatti esiste – e rischia di rappresentare, anche dal punto di vista del messaggio che si manda, l'indebolimento di un istituto che credo stia funzionando particolarmente bene.
  Da ultimo, anche come fatto simbolico, non sarebbe una cattiva idea prevedere espressamente nel Codice, tra le norme da abrogare, la cosiddetta «legge obiettivo». Un dato, infatti, deve emergere con assoluta chiarezza: il Codice sarà l'unico strumento Pag. 10normativo che dovrà essere utilizzato nella materia degli appalti. Questo è implicito, ma può essere utile mandare segnali di chiarezza, anche sul piano simbolico.
  Chiedo scusa se forse ho proceduto a volo d'uccello, ma mi sembrava opportuno intervenire su alcuni aspetti, piuttosto che fare una disamina generale.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente, il suo intervento è stato utilissimo. Dell'ultimo tema, in particolare, abbiamo già parlato in Commissione e, al riguardo, siamo d'accordo: quello che verrà scritto sarà lo strumento da usare, quindi tutti gli strumenti precedenti, inclusa la cosiddetta «legge obiettivo», dovranno essere superati. Se ha specifiche questioni da sottoporci, la ascolteremo volentieri. Abbiamo a disposizione 20 minuti per porre alcune questioni, in maniera che in sede replica il presidente possa svolgere le sue precisazioni. Tenga conto, presidente, che, in questo passaggio parlamentare, non tenderemo ad appesantire i contenuti specifici, ma a fornire indirizzi chiari. Siccome c’è un doppio passaggio, controlleremo anche come tali indirizzi verranno scritti.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Certo, a volte anche un'indicazione contenuta in una relazione può essere un elemento di grande forza.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire.

  TINO IANNUZZI. Grazie, presidente. Ringrazio e saluto il presidente Cantone. Sull'ultimo punto, proprio perché mi rendo conto che il messaggio simbolico che si trasmette con gli atti legislativi è fondamentale, rilevo che nella lettera iii) si prevede l'espressa abrogazione di tutte le disposizioni del Codice dei contratti, in cui confluiscono anche le leggi antecedenti, tra cui la legge Merloni e la cosiddetta «legge obiettivo». Ora, se psicologicamente serve, tali disposizioni possono essere indicate espressamente.
  Nell'auspicio che la ricchezza dei criteri e dei princìpi direttivi consenta al Governo di varare norme sufficientemente elastiche, generali e flessibili, che ricordino più il vecchio Codice del 1865 che non la Babilonia che abbiamo avuto successivamente, dalla legge Merloni alla «legge obiettivo», le pongo rapidamente tre questioni.
  In primo luogo, come ha detto il presidente Realacci e ha poi confermato lei, ritengo centrale la lettera o), perché le doglianze che costantemente si pongono rispetto alla lentezza e al blocco delle procedure e alla necessità di fare qualcosa che consente alle gare di appalto di arrivare rapidamente ai risultati finali, all'aggiudicazione delle opere e dei lavori, presuppone che ricostruiamo un momento, all'interno dell'amministrazione, che sappia definire con efficacia vincolante gli atti che debbono essere adottati dalle amministrazioni stesse nelle procedure di gara. Spesso ci scagliamo contro il contenzioso e contro la giustizia amministrativa, dimenticando che, in materia di appalti, si giunge alla res iudicata in un anno e che dobbiamo comunque fare i conti con l'articolo 113 della Costituzione. Il problema si supera e si pone fine all'atteggiamento e alla prassi di adottare, da parte delle amministrazioni, procedure di appalto, bandi di gara, lettere di invito, interpretazioni delle clausole, interpretazioni della tenuta in gara o meno dei concorrenti in maniera assolutamente eterogenea e difforme. Penso che il punto fondamentale sia come possiamo rafforzare normativamente e rendere ancora più netto il principio delineato alla lettera o), che riguarda la definizione degli atti, dall'atto iniziale del bando di gara all'interpretazione delle clausole di gara. Ella sa meglio di me che l'articolo 46 del Codice prevedeva la tassatività delle cause di esclusione e, nell'eterno conflitto tra favor partecipationis e par condicio, spingeva verso il favor partecipationis. Tuttavia, nei fatti, abbiamo una pluralità che rasenta la confusione. È quella la base del contenzioso, che si elimina se finalmente l'amministrazione adotta atti chiari e netti, che eliminino i Pag. 11margini oscillanti e diversificati di interpretazione nelle differenti fasi della procedura di affidamento. È chiaro che l'ANAC deve diventare il momento di amministrazione attiva in materia di procedure di gara e, quindi, deve compiere un salto di qualità, che è una fatica enorme e non si può realizzare soltanto grazie alla buona volontà sua o del consiglio, ma per il quale vi è necessità di un rafforzamento strutturale, come pure di una precisazione normativa.
  In secondo luogo, il discorso da lei svolto in relazione alle varianti si lega alla capacità di affermare la centralità del progetto. Noi possiamo affermare con chiarezza che a base della procedura di gara ci deve essere un progetto esecutivo, dotato di tutti gli atti di assenso ex lege necessari per l'appaltabilità di quel progetto. Ovviamente, dobbiamo avere la consapevolezza che i progetti esecutivi implicano tempi più lunghi e comportano anche costi. Tuttavia, da questo punto di vista, penso che tutto quello che ci porta in quella direzione sia la chiave di volta, perché più il progetto è completo, minore è la possibilità di ricorrere alle varianti; più restringiamo normativamente la griglia delle varianti, più si può ottenere un risultato che, nella pratica, le riduce davvero. Da questo punto di vista, è chiaro che la validazione del progetto, con i meccanismi di incompatibilità che sono previsti, qualificazione dell'impresa e qualificazione delle stazioni appaltanti, sono una triade da mettere a punto, anche con la complessità che ciò implica. Questa, però, è l'unica via possibile.
  Infine, pongo rapidamente un quesito specifico. In merito alla lettera hhh), che riguarda il subappalto, capisco bene che dobbiamo definire meglio la materia e prevedere anche ipotesi di pagamento diretto al subappaltatore. Tuttavia, francamente, mentre mi pare giusto prevedere, in sede di offerta di gara, le parti dei lavori e delle opere che si intendono svolgere in subappalto, mi pare una rigidità assurda dover indicare, già in fase di offerta, magari per un lavoro che si svolge in una regione completamente diversa o lontanissima, per ogni imprenditore, una terna di persone a cui affidare le parti di lavoro oggetto di subappalto. Tra l'altro, in molti casi questo pone gli operatori, soprattutto per i lavori che si svolgono al di fuori del proprio territorio di riferimento e di conoscenza, in balia di chi conosce quei territori e li conduce. Vorrei, quindi, un suo giudizio sull'eventuale soppressione di tale norma di cui alla lettera hhh).

  PRESIDENTE. Invito i colleghi a intervenire più brevemente, concentrando le questioni.

  SERENA PELLEGRINO. Nel ringraziare il presidente Cantone per la chiarissima esposizione, dalla quale emerge che non vi sono dubbi sull'analisi che ha illustrato, vorrei anche io accennare alla dimensione progettuale, perché è evidente, a mio avviso, che, in tale fase, nascono tutte le gravi problematiche relative a un appalto. Infatti, il progettista, nel momento in cui si trova ad avere tempi ridotti per presentare il progetto per la gara, preferisce presentare una documentazione esigua, poi vedrà quando si aggiudicherà la gara. Questo, quindi, è il nodo cruciale. Penso, quindi, che sia indispensabile la centralità della progettazione. Come ho già detto al Ministro Delrio, c’è un punto che l'ANAC deve rivedere, ovvero quello della relazione metodologica che viene richiesta nell'offerta economicamente più vantaggiosa e che, quindi, attribuisce al RUP (Responsabile Unico del Procedimento) la discrezionalità della scelta. In questo modo, ci ritroviamo di nuovo a dover mettere nelle mani di una sola persona la scelta di un progetto e si ripropone così il problema della corruzione. Chi si intesterà poi l'appalto e la sua progettazione ? Non sono assolutamente d'accordo riguardo alla contribuzione del 2 per cento. Ritengo che la terzietà del progettista debba essere sottoscrivibile. Ognuno deve svolgere il suo lavoro, non per i risparmi delle amministrazioni. Non credo che si debba andare verso quella direzione. Abbiamo visto che ci sono stati moltissimi problemi, spesso proprio in un Pag. 12campo completamente differente, come, ad esempio, nella progettazione dei piani regolatori. Propongo, pertanto, di eliminare il 2 per cento. Ribadisco che ognuno deve svolgere il proprio lavoro, essendo fondamentale a mio avviso la distinzione dei ruoli. Per quello che riguarda, invece, le varianti, è chiaro che, come diceva anche l'onorevole Iannuzzi, abbiamo aperto tutte le porte alla corruzione. Una variante, tuttavia, è indispensabile nel momento in cui il progetto viene fatto con la documentazione esigua, come dicevo prima. Il progetto esecutivo fatto fino alla scala 1:2 sarebbe l'ideale per evitare qualsiasi variante, ma credo sia praticamente impossibile e non possiamo pensare di eliminare la variante. Potremmo, invece, pensare di regolamentarla dal punto di vista dell'offerta economica. Insomma, dovremmo cercare di definire dei confini minimi, ma la bontà insita nel concetto di variante non deve essere eliminata. Infine, riguardo alla SOA siamo tutti d'accordo: controllare il controllore sembra veramente una follia. In merito all'articolo 32, riguardo al commissariamento degli appalti, ritengo che deve rimanere la bontà del concetto di commissariamento, ma non possiamo pensare che possa diventare una procedura ordinaria come nello «Sblocca Italia», con il commissariamento della tratta Bari-Napoli. Sono, inoltre, d'accordo riguardo all'abolizione della legge obiettivo. Tuttavia, qual era originariamente il risvolto positivo della legge obiettivo ? Non certo quello di dare la priorità ad alcuni interventi che hanno aperto le porte alla corruzione, ma capire quali sarebbero stati, eventualmente, i progetti all'interno di una legge obiettivo o comunque i progetti prioritari. Dal mio punto di vista, dobbiamo cercare sempre di utilizzare gli strumenti con le finalità positive.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare la collega Pellegrino, invito tutti alla brevità degli interventi.

  FEDERICO MASSA. Una delle ultime questioni che ha affrontato il presidente Cantone è quella relativa ai commissariamenti e all'articolo 32. Al riguardo, riterrei auspicabile tornare al sistema originario nella direzione che è stata accennata. Credo, infatti, che la possibilità di una valutazione discrezionale delle stazioni appaltanti sulla rescissione del contratto non solo faccia venire meno il carattere innovativo di quell'istituto, che, poi, ha consentito Expo, ma soprattutto la possibilità di un riflesso negativo sotto il profilo del contenzioso e dell'intervento dei tribunali amministrativi. È evidente che, congelando il reddito potenziale dell'imprenditore, il rischio che il TAR sospenda il provvedimento per danno grave e irreparabile è molto minore, trattandosi sempre di provvedimenti cautelari. Riterrei, dunque, che quello sia un sistema che ha dato frutti ottimi, per cui non capisco perché dovremmo cambiare un istituto che ha funzionato. Sulla questione delle varianti e delle progettazioni, farei una riflessione sulla possibilità di prevedere meccanismi per i quali la progettazione esecutiva, sia pure a monte della stipula del contratto, e cioè rigidamente nella fase di gara, venga in parte conservata in testa alle imprese. Se l'impresa è responsabile del progetto esecutivo, lo spazio per le varianti è estremamente limitato. Infatti, il contenzioso sta nell'esecuzione non idonea del progetto esecutivo, di cui è responsabile il soggetto titolare della realizzazione. Ora, credo che nella direzione indicata dal presidente Cantone – forse prevedendo garanzie fideiussorie efficaci, considerato che non si potrebbe vietare in assoluto la variante – si potrebbe spostare la responsabilità del progetto.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Lei dice di spostarlo verso l'impresa o verso la stazione ?

  FEDERICO MASSA. Se è l'impresa che fa il progetto esecutivo, si riduce drasticamente la possibilità dell'impresa di dire che l'esecutivo è fatto male.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Sì, ma Pag. 13se fanno un progetto esecutivo di un certo tipo, rischiano implicitamente di prevedere le varianti già con il progetto esecutivo.

  FEDERICO MASSA. No, perché il vincolo dell'importo sta a monte.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Su tale questione, proverò ad aggiungere alcune considerazioni.

  CHIARA BRAGA. Tralascio i ringraziamenti e le considerazioni generali sul senso di questo intervento normativo, che, dal nostro punto di vista, è assolutamente necessario e auspicabile anche per rimettere in moto in maniera più funzionale il sistema degli investimenti pubblici nel nostro Paese. Avrei solo due questioni molto puntuali da sottoporre all'attenzione del dottor Cantone. La prima riguarda uno dei criteri di esercizio della delega, in particolare il criterio definito alla lettera tt), nella quale si fa riferimento agli affidamenti in house. Nella delega si prevede la definizione di una garanzia di adeguati livelli di pubblicità e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici, prevedendo che l'ANAC istituisca un elenco di enti aggiudicatori degli affidamenti in house o che esercitano funzioni di controllo e di collegamento rispetto ad altri enti. Il tema degli affidamenti in house impatta molto sulla possibilità di accesso al mercato del lavoro e dei servizi da parte delle imprese e si collega anche alla valutazione che abbiamo fatto prima sugli spazi e sul riconoscimento di uno spazio di azione per le piccole e medie imprese. Le chiedo se si ritiene necessario, in questa definizione dei criteri di delega, anche un affinamento degli spazi o l'esclusione di alcuni settori per la possibilità di affidamento in house. L'altro aspetto, invece, riguarda alcuni ruoli già svolti dall'ANAC e alcune modifiche già introdotte nel nostro sistema normativo. Qualche giorno fa abbiamo letto i dati dell'applicazione di una norma introdotta dal decreto-legge n. 90, quella dell'obbligo delle comunicazioni delle varianti in corso d'opera. Il dato che ne è emerso, come lei stesso ha avuto modo di dire, dimostra un certo grado di reticenza da parte delle stazioni appaltanti e un certo ritardo nel livello di adempimento di questa norma, che riguarda naturalmente le varianti relative a importi sopra soglia e per un importo superiore al 10 per cento. Le chiedo se, a questo punto, non possa essere affrontata, sviluppata e valutata una modifica e un affinamento normativo nella fase dell'esercizio della delega e della definizione del nuovo Codice degli appalti.

  CLAUDIA MANNINO. Nel ringraziare il presidente Cantone, vorrei svolgere una prima osservazione sulle varianti. Infatti, ipotizzo, soprattutto per gli appalti che sono al di sopra di una certa soglia, che le varianti debbano essere quanto più previste. Il livello di progettazione deve essere quanto più di dettaglio, sin dalla fase della presentazione del progetto. Ben venga la sperimentazione che avete fatto nell'arco di questo anno, in particolare con Expo. Tuttavia, riteniamo che la fase gestita dall'ANAC, in quanto controllore, debba essere particolarmente dettagliata, anche per appalti di importanza molto inferiore, a partire anche dalla modalità con cui a volte le pubbliche amministrazioni gestiscono i loro appalti. Quindi, porrei l'attenzione non solo sulle imprese, ma anche sulla pubblica amministrazione. Ritengo che la soglia del 2 per cento della progettazione sia discutibile. Il problema, secondo me, si pone quando l'amministrazione è particolarmente piccola e la stazione appaltante potrebbe anche coincidere con il progettista. Allora, se non si riesce ad abolire totalmente questo principio, direi almeno di mettere in chiaro alcuni casi di esclusione. Vorrei infine sottoporre al presidente Cantone un mio dubbio riguardo al cosiddetto «provvedimento Madia» che ha citato. Alla luce del silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni, introdotto proprio da tale provvedimento, è nostra opinione che questo sia uno strumento che, probabilmente, accelera i tempi, ma fa nascere grossi problemi dal punto di vista delle procedure e anche Pag. 14della legalità. Mi chiedo, quindi, se lo strumento del silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni, in termini di appalti, non possa essere in assoluta contraddizione con quello che stiamo tentando di fare con la riforma degli appalti stessi.

  UMBERTO MARRONI. Vorrei segnalare al presidente Cantone due questioni relative alla funzione di controllo che abbiamo introdotto, assorbendo anche l'Autorità di vigilanza dell'ANAC. La prima questione riguarda i poteri e le verifiche. C’è un articolato molto complesso sulle concessioni, ma bisogna chiarirsi su due punti. Secondo me, le concessioni di opere pubbliche tout-court, senza fattori aggiuntivi e complessi – faccio un piccolo esempio su una realtà che conosco bene qui a Roma, cioè Tor Vergata – devono finire, anche perché sono semplici concessioni di opere pubbliche, non hanno complessità come le tariffe nelle l'autostrade. Vi sono due tipologie di concessioni che vanno verificate anche dall'ANAC, che ci può aiutare in tal senso. Le prime sono quelle che devono scomparire, per quanto diceva anche la collega Braga, perché tolgono la normalissima attività di competizione sul mercato dei lavori pubblici. Sulle seconde, anche legate a tariffe oppure a gestione complessa di infrastrutture (penso alle concessioni autostradali, che sono state tanto discusse), l'ANAC può dare una mano sugli obblighi contrattuali. Infatti, il grosso problema che si è verificato è relativo al fatto che le opere pubbliche previste da queste concessioni, di fatto, non sono state realizzate o realizzate con meccanismi di contrattazione e per vari motivi non è stata data loro piena attuazione. In sintesi, le prime, per esempio Tor Vergata, sono concessioni assurde, date a vecchi concessionari di opere pubbliche, che spesso sono anche enti pubblici, come le università. Peraltro, non credo ci siano solo a Roma, ma anche altrove. Le seconde pongono il tema del controllo degli obblighi dei concessionari. Inoltre, sempre riguardo alla verifica, farei attenzione sul fatto di intervenire come ANAC, o comunque come autorità di vigilanza, dopo la contrattualizzazione. Tutto questo lavoro va fatto possibilmente prima del contratto. C’è un caso specifico, come i lavori pubblici fatti a Roma, che ora vive un momento difficile. Il rischio è di avere l'effetto opposto che, in base al Codice civile, si disdice il contratto, si paga il 10 per cento dell'opera al privato, ma l'opera non si fa, quindi si ricomincia nuovamente. Ovviamente, se ci sono delle irregolarità, ben venga qualsiasi provvedimento. È necessario, però, che tutto ciò avvenga prima, altrimenti, paradossalmente, rischiamo di dare un vantaggio al privato e uno svantaggio all'amministrazione, che, a questo punto, prende i soldi senza fare i lavori. Questo è un punto molto delicato, quindi, a mio avviso, sarebbe opportuno che si attrezzi anche l'ANAC affinché ciò non avvenga, altrimenti rischiamo di avere un danno per la pubblica amministrazione, pur avendo un obiettivo positivo.

  PRESIDENTE. Forse abbiamo pure qualche caso comasco di vantaggi incerti, anche se non di questo tipo.

  ANGELO CERA. Dottor Cantone, lei è stato molto esaustivo. Mi permetta una considerazione. Come si prepara la pubblica amministrazione ? Ho la sensazione che ci preoccupiamo di vedere sempre il «diavolo» dall'altra parte, ma non consideriamo le pubbliche amministrazioni, che molto spesso sono legate a vecchi sistemi, con persone che stanno lì da trent'anni, con il blocco delle assunzioni e i comuni che, da tempo indefinito, non assumono più persone e non costituiscono, rispetto alla nuova normativa, un problema di applicazione.

  RAFFAELLA MARIANI. Nel ringraziare anzitutto per tutti gli utilissimi spunti e osservazioni che, in parte, avevamo svolto anche nella discussione in Commissione, vorrei rivolgerle una richiesta che riguarda il punto hh) che fa riferimento ai meccanismi di garanzia. Mi serve per citare la garanzia globale di esecuzione, rispetto alla quale molte imprese chiedono una verifica circa l'applicazione. Pag. 15È un tema che riguarda le garanzie per lo Stato, soprattutto nella gestione, applicazione e realizzazione delle opere, ma, in questo momento, per come è impostato il nostro sistema, pochissime grandi aziende riescono ad avvalersene, mentre la maggior parte delle aziende non riesce a ottenere le garanzie. Lei pensa che la revisione complessiva del Codice e un'impostazione molto più utile alla definizione e alla verifica del progetto e della realizzazione possano essere un elemento che aiuterà banche e assicurazioni a dare garanzie ? Noi dobbiamo contemperare le due cose, anche per le piccole e medie imprese che non hanno una struttura patrimoniale adeguata e, quindi, occorre poter essere i garanti di percorsi molto trasparenti, legalmente ineccepibili, per cui vi è anche la possibilità di ottenere garanzie. Diversamente, in questo momento accade che la concorrenza è molto ridotta, quindi dovremmo riuscire a contemperare le cose senza abolire il meccanismo. Riguardo alle questioni della qualificazione che lei ha citato, penso che dobbiamo coordinare un po'meglio – se ci riusciremo anche col vostro aiuto, faremo un'operazione di semplificazione – i vari commi che si occupano di qualificazioni, sia delle stazioni appaltanti sia delle imprese, ossia le lettere r), s) e nn), in modo da contemperare le questioni che sono emerse nel dibattito odierno.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Ovviamente, per chiarire meglio tutte le questioni affrontate ci sarebbe bisogno di molto più tempo. Comincerei dalla lettera o). Sono convinto che tale lettera sia la vera grande novità del sistema, quindi non la modificherei allo stato, perché, quando verrà applicata, permetterà di svolgere un'attività con una grande flessibilità, in quanto non individua precisamente cosa deve essere vincolante e che cosa no. Inoltre, anche il collegamento con la lettera p) individua i casi in cui l'ANAC trasmette apposite relazioni alle Commissioni parlamentari. Ribadisco, quindi, che non interverrei sulla lettera o), nel senso che, allo stato, mantiene quel livello di elasticità che consente di stabilire nella fase successiva che cosa deve essere vincolante, quali devono essere i poteri e così via, senza prevedere da subito un meccanismo preciso. Ovviamente, sono assolutamente d'accordo su questo punto, ovvero che quanto più possono funzionare dei meccanismi di riduzione della discrezionalità, soprattutto nella fase della redazione del bando, tanto più diminuiscono le possibilità di un contenzioso giurisdizionale. Noi l'abbiamo verificato. Quello dell'Expo è un tema di piccole dimensioni, ma siccome abbiamo visto i bandi di gara prima e molte volte siamo intervenuti su quelli che erano propri errori, che potevano essere dovuti anche a tante ragioni, quasi sempre in buona fede, nessun bando è stato impugnato successivamente. Allora, se i bandi di gara tipo, a cui ci si deve attenere, sono fatti bene, sono oggetto di verifica giurisdizionale e diventano una sorta di norma applicabile, è chiaro che si riduce automaticamente il sistema. È evidente, poi, che i bandi possono essere impugnati dinanzi al TAR. Lungi da me l'idea di dire che la giurisdizione amministrativa deve essere limitata. Anzi, mi piacerebbe che la giurisdizione amministrativa si occupasse meno di diritti soggettivi e più di atti, perché l'idea dei risarcimenti è diventata dominante, ma questo non è colpa dei giudici, bensì del sistema legislativo. Pertanto, sono dell'idea che, forse, la lettera o) garantisce, nella fase di attuazione, quella sufficiente elasticità.
  Credo che il tema delle varianti sia in assoluto uno dei più complicati. Il tentativo di intervenire con il Codice, limitandole, probabilmente rappresenta una sorta di grida manzoniana, perché le realtà pratiche sono assolutamente insuperabili. Resto, però, dell'idea che sarebbe un gran segnale se, soprattutto con riferimento alla tipologia di appalto, che più di ogni altra ha creato e sta creando problemi, anche dal punto di vista mediatico, si stabilisse il divieto della variante. Sul tema del general contractor, nel momento in cui venisse eliminata la variante o venissero stabiliti Pag. 16criteri draconiani chiari – per esempio interventi legislativi sopravvenuti, perché se cambia la legge non possiamo pretendere che il general contractor ne risponda – valorizzeremmo l'istituto, in quanto, a quel punto, l'imprenditore sa che dovrà operare «chiavi in mano», non potrà avere null'altro e dovrà chiudere. Per esempio, confrontandomi, in questo periodo, con il mondo delle imprese, qualcuno mi ha fatto una proposta che lancio, anche se non può essere riguardata in questa fase, pur essendo un argomento da considerare. Qualcuno propone di prevedere una sorta di premio collegato al ribasso d'asta per gli imprenditori che non presentano varianti. Questa potrebbe essere una soluzione intelligente. Credo sia un sistema di moralizzazione se, ad esempio, si fa un ribasso d'asta del 10 per cento – peraltro, i ribassi d'asta dovranno essere ridotti, soprattutto se si esce dall'idea del prezzo più basso – e nel contratto si stabilisce che, di quel ribasso d'asta, un pezzo può essere dato come premio per chi non fa varianti. L'imprenditore si pone la domanda se gli conviene fare la variante, sapendo che ha fin dall'inizio questa possibilità, cosa che non comporterebbe nessun danno per l'impresa. Se prima o poi una Commissione parlamentare si occupasse delle somme realmente risparmiate a seguito dei ribassi d'asta, verificheremmo che non c’è mai stato nessun risparmio, anzi quel risparmio quasi sempre è stato un danno. Per esempio, credo che occorra creare meccanismi incentivanti per evitare le varianti. Un tema cui accennava l'onorevole Iannuzzi è quello delle stazioni appaltanti: tanto più brave saranno le stazioni appaltanti, tanto più semplice sarà intervenire. Ne abbiamo parlato in altre occasioni, quando mi occupavo di altro ed ero un fautore della stazione unica appaltante, ma oggi sono pentito perché, dove sta funzionando, lo sta facendo malissimo. Dobbiamo creare un numero di stazioni appaltanti adeguato, ma che sia poi competente. Qualche giorno fa sono stato nella provincia di cui mi sono occupato da pubblico ministero e dove è stata creata forse la prima stazione appaltante, cioè a Caserta. Non c'era nessuno che non si sia lamentato. Alcuni di quegli amministratori li conoscevo e sapevo che si lamentavano per ragioni strumentali, ma altri erano certamente in buona fede. Se, per mandare l'appalto per i rifiuti, ci vuole un anno e mezzo solo per provare a fare il bando di gara, è naturale che le cose non vanno. Allora, le stazioni appaltanti devono essere poche, ma in numero sufficiente e qualificate. A quel punto, probabilmente eliminiamo il tema delle varianti. Con riferimento alla lettera hh), credo che la questione dei subappalti sia un tema molto delicato. Capisco benissimo che è uno dei temi su cui si rischia di ingessare e di limitare moltissimo il potere dell'imprenditore, ma aggiungo anche che il subappalto è uno strumento pericolosissimo, nel senso che è lo strumento dietro al quale molto spesso si nasconde la vera attività corruttiva. Nelle realtà soprattutto meridionali, il subappalto è lo strumento attraverso il quale si fa entrare o si tollera l'ingresso della delinquenza organizzata. È inutile che lo nascondiamo. Lo strumento del subappalto è uno strumento «all'italiana». Mi chiedo perché dovrei fare una grande gara e poi operare, di fatto, come una sorta di general contractor, cioè subappaltare quasi tutto. Ritengo quindi che quella norma abbia problemi applicativi pratici, soprattutto per i grandi appalti, ma nasce con un intento di moralizzazione, perché l'utilizzo del subappalto è un altro degli strumenti che viene utilizzato nella contrattazione corruttiva per assicurare qualcosa. Come sappiamo tutti, la «mazzetta» appartiene a un altro mondo. Lo strumento attraverso il quale opera la corruzione è soprattutto quello di assicurare, come dimostrano le indagini di questi giorni, al politico o al tecnico la possibilità di operare con un pezzo di lavori. Quella norma sui subappalti può essere, quindi, un limite, ma può avere una funzione di moralizzazione. Una terna, per imprese di grosse dimensioni, non rappresenta una impossibilità. Imprese che operano sistematicamente in certe zone sanno chi sono gli imprenditori di riferimento e forse indicarli prima può Pag. 17evitare sia il rischio di accordi collusivi dopo, sia il rischio di imporre all'impresa l'accordo collusivo. È persino una cosa a favore dell'impresa, per certi versi, ma mi rendo conto che il tema, obiettivamente, va affrontato.
  Per quanto riguarda la questione posta dall'onorevole Pellegrino, non sono affatto favorevole al 2 per cento. La mia è una posizione di mediazione. Salutai con entusiasmo l'eliminazione del 2 per cento, ma, siccome si devono sentire sempre le «due campane», soprattutto da parte degli enti locali venne un'idea per la quale l'eliminazione del 2 per cento spesso veniva considerata un aggravio anche dal punto di vista economico. Infatti, la progettazione per opere medie fatta all'esterno spesso costa molto di più, perché all'interno degli uffici tecnici, soprattutto locali – non dobbiamo pensare che vi sono solo delinquenti, perché se partiamo da questa idea è finito tutto – ci sono energie che, a volte, riescono a fare progettazioni per prezzi meno pesanti. Questo rappresenta anche un sistema di risparmio, ma quasi mai la progettazione dell'opera media porta varianti. Il problema vero è quello del 2 per cento, che diventa uno strumento sistematico, quando si fanno appalti di centinaia e centinaia di milioni. Lì, però, diventa un altro lavoro. Credo, quindi, che, più che eliminarlo, quel 2 per cento andrebbe moralizzato. Le idee che in questo senso ponevo vanno in questa direzione. Il commissariamento di cui parlavo non è quello dello «Sblocca Italia», ma quello previsto dall'articolo 32 del «provvedimento Madia», che riguarda il commissariamento conseguente a fatti corruttivi o a interventi di interdittive antimafia, non l'impresa o la struttura, ma il singolo specifico appalto, che, a oggi, con riferimento alle attività corruttive, abbiamo applicato solo in nove casi e non è mai stato presentato un ricorso. I lavori, peraltro, si sono svolti regolarmente. A questo proposito, vorrei dire, anche a nostro merito, che l'appalto della SOGIN riguardante i rifiuti nucleari è partito solo dopo il nostro commissariamento. Stiamo parlando dell'appalto più importante in questo momento in Italia. Quando è stato commissariato, si sono anche acquietate giustamente diverse preoccupazioni che venivano da parte della popolazione, perché, adesso, un ingegnere nucleare si occupa di quell'appalto, è un pubblico ufficiale e garantisce, paradossalmente, i cittadini più di quanto non avvenisse prima. Quindi, quell'istituto, così com’è, secondo me, va bene. Rispondo, quindi, anche a quello che diceva l'onorevole Massa. Se la norma della lettera sull'articolo 32 venisse eliminata, tutto sommato non sarebbe un danno, perché il rischio vero è che lasciare alle stazioni appaltanti la scelta se scorrere o meno la graduatoria rischia di creare il meccanismo dell'accordo collusivo. Questa, però, è una scelta. Sugli affidamenti in house di cui parlava l'onorevole Braga, dobbiamo capire bene – detto con franchezza – anche quali saranno i poteri che devono essere attribuiti all'ANAC per la creazione di quell'albo. Ovviamente, bisogna fare anche delle scelte di tipo culturale. Il punto vero è che le direttive comunitarie tendono ad ampliare l'area degli affidamenti in house. Ovviamente, l'esperienza breve, ma significativa, di questo periodo mi ha portato a dire che spesso gli affidamenti in house sono tutto tranne che in house, nel senso che rappresentano uno strumento per far finta di essere in house per poi esternalizzare attraverso il secondo passaggio. Se, però, creiamo le condizioni perché una società crei un ente pubblico o un ente in house per occuparsi di una serie di attività, abbiamo sbagliato probabilmente in quella sede. Sono, infatti, dell'idea che ognuno debba fare il suo mestiere. Forse, potrebbe essere utile la creazione di un albo. Infatti, se si è creata una «scatola vuota», che serve per fare i subappalti e per darli sostanzialmente a trattativa privata, facendo una verifica al momento dell'iscrizione nell'albo, forse si ottiene qualche risultato. Tuttavia, il punto vero è quello di fare la scelta anche in relazione alle direttive che tendono ad ampliare l'affidamento in house. Su questo bisogna stabilire politicamente se l'Italia ritiene di dover seguire l'Europa. Da convinto europeista, Pag. 18dico che non è che dobbiamo considerare le direttive come una sorta di «Vangelo» indiscutibile. Le direttive vanno applicate, tenendo presente che noi siamo l'Italia, quindi siamo una cosa diversa dalla Germania, dalla Grecia, dalla Finlandia e così via. Pertanto, dobbiamo capire come viene fatta quella norma. Se si attribuisce un potere di controllo sulle società in house che vengono inserite negli albi, forse si compie un'attività di moralizzazione. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che c’è una dimenticanza in relazione all'articolo 37 del decreto Madia perché non c’è nessun riferimento alla comunicazione all'ANAC. Quella norma aveva un effetto di moralizzazione, soprattutto sul piano psicologico e della deterrenza, ma ha funzionato in piccolissima parte, forse all'inizio di più. Le stazioni appaltanti mi dicevano che c’è stato un periodo in cui non facevano più varianti per paura. Poi hanno capito che la possibilità di controllo è quella che è e hanno ripreso a farlo. Per esempio, su alcune varianti particolari, come quella sul «mini-MOSE» di Como, attraverso la comunicazione della variante, siamo andati a vedere in anticipo se quell'attività si poteva fare o no, per cui lasciare quella regola sulla comunicazione nel Codice degli appalti può avere un senso, soprattutto se si stabiliscono le soglie. Sulla questione posta dall'onorevole Mannino e sulla soglia del 2 per cento, in parte, ho già risposto. Se fosse per me, sarebbe opportuno eliminarla, ma ha una sua ragione, come mi dicono soprattutto gli enti locali. Sono convinto, però, che vada ridotta. Sul silenzio-assenso, ritengo sia un istituto che fa obiettivamente paura e che va utilizzato tenendo presente su che cosa opera. Il tema vero è che ci sono delle attività autorizzative, soprattutto che riguardano le questioni ambientali, in cui è difficile utilizzare il silenzio-assenso. È anche vero che il silenzio assenso rappresenta uno strumento per stimolare le amministrazioni, perché una delle cose che rappresenta il meccanismo dietro il quale si nascondono i fatti corruttivi è la non decisione, che è lo strumento peggiore che c’è in questo Paese. Se non si decide, non ci si «sporca le mani», per cui nessuno potrà dire se hai fatto bene o hai fatto male perché, appunto, non hai fatto niente. Credo, quindi, che il silenzio-assenso vada utilizzato in modo intelligente. Essendoci alcune materie, come il diritto alla salute, su cui non può essere utilizzato, il problema è stabilire le materie precise che riguardano il silenzio assenso. Relativamente a quanto diceva l'onorevole Marroni, sono d'accordo sulle questioni della concessione delle opere pubbliche. La mia idea è che le concessioni vadano ridotte. Ovviamente c’è un tema molto importante che riguarda la capacità che avremo, con il Codice degli appalti, di intervenire su tale questione. È vero, infatti, che ci sono concessioni che riguardano il passato, ma ci sono anche attività molto interessanti. Si parla sempre delle autostrade, ma io vorrei parlare anche delle concessioni aeroportuali. Sono temi che vanno approfonditi, perché lì si creano rendite di posizione che sono veri e propri sistemi a vita, trattandosi di concessioni su cui bisogna intervenire sia nel momento genetico, cioè per come vengono fatte, sia su quanto durano e soprattutto sul modo di operare. Questo è un tema che non è stato affrontato: so bene che è un altro degli argomenti delicatissimi, riguardando il modo in cui devono comportarsi i concessionari nei confronti del sistema degli appalti. C’è anche qui il problema di dover trovare un giusto equilibrio fra rispetto assoluto del Codice degli appalti e affidamenti in house. Credo, però, che il tema delle concessioni sia di grande livello. Se, per esempio, andassimo a vedere oggi come vengono regolate gran parte delle attività che vengono svolte nei porti, che, in Italia, rappresentano un settore importante da un punto di vista economico, difficilmente troveremmo il rispetto del Codice degli appalti. Per quanto riguarda l'intervento dopo la contrattualizzazione, mi piacerebbe affrontarlo. È evidente che stiamo provando ad intervenire in progress, impedendo a volte la contrattualizzazione, ma è impossibile. Faccio un esempio che si è verificato adesso con un Pag. 19appalto che riguardava – lo possiamo dire perché è pubblico – la bonifica di una delle zone della Terra dei fuochi. Abbiamo verificato che quell'appalto era stato attribuito senza verificare il requisito soggettivo, cioè un soggetto condannato con sentenza passata in giudicato era stato ammesso alla gara. Che dovevamo fare ? Lì non c'era un problema di white list.
  Sulle ultime questioni emerse nel dibattito svoltosi, sono d'accordo relativamente alle pubbliche amministrazioni. Se, però, riduciamo le stazioni appaltanti e introduciamo un criterio di qualificazione, forse possiamo raggiungere il risultato perché all'interno delle pubbliche amministrazioni ci sono delle energie che vanno valorizzate. I due temi posti dall'onorevole Mariani richiederebbero ben altro tempo. Credo che la garanzia globale di esecuzione abbia funzionato malissimo, ma buttarla senza fare una riflessione sarebbe sbagliato. Che cosa, infatti, l'ANIA (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) ha detto alla AVCP (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici) in passato ? Non si fanno le garanzie globali di esecuzione, soprattutto quando vengono limitate a un certo numero di appalti molto rilevanti. Se, invece, si spalma su più tipologie di appalti, diventa conveniente. Qui, però, la riflessione politica deve essere anche sui costi. Se si chiede una garanzia globale di esecuzione seria, che non sia la solita carta firmata dalla società finanziaria ridicola, ciò incide sicuramente sui costi. Questa è una scelta. Il tema vero, però, è quello di creare meccanismi di incentivazione che tendano a evitare che i lavori non finiscano mai, perciò mi sono permesso di dire che quella situazione, in qualche modo, viene superata. Sono d'accordo riguardo al tema delle qualifiche. È opportuno, forse, prevedere tutto il sistema di qualificazione in un'unica norma per renderla più fluida e per capire chi qualifica cosa. C’è un punto che non viene affrontato e che propongo, quello della qualificazione delle imprese che fanno servizio e fornitura. Le devo dire che resto scettico, perché attribuire questo potere alle SOA non mi convince, quindi lo lascerei alle stazioni appaltanti, così com’è stato. Certo, ci sono state situazioni paradossali – come quella famosa del CARA di Mineo – perché si stabiliscono gli abiti su misura. Tuttavia, poi gli «abiti su misura» si vedono e le stazioni appaltanti, soprattutto se le riduciamo, possono essere in grado di fare la qualificazione in tema di servizi e fornitura.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il dottor Cantone della disponibilità, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.