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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 106 di Mercoledì 22 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Comunicazioni della presidente in merito alle vicende note come «mafia capitale»:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Giarrusso Mario Michele  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Giarrusso Mario Michele  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Mirabelli Franco  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Occhiuto Roberto (FI-PdL)  ... 8 
Giarrusso Mario Michele  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Giarrusso Mario Michele  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 9 
Mirabelli Franco  ... 9 
Giarrusso Mario Michele  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Giarrusso Mario Michele  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Giarrusso Mario Michele  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta inizia alle 20.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

Comunicazione della presidente in merito alle vicende note come «mafia capitale».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni della presidente in merito alle vicende note come «mafia capitale». Ritengo infatti opportuno svolgere una riflessione in seno alla Commissione plenaria sui possibili sviluppi del filone di inchiesta dedicato a mafia capitale, cui la Commissione ha dedicato un'ampia attenzione sin dal disvelamento del grave fenomeno criminale, a partire dal dicembre del 2014 fino ad oggi, svolgendo con grande tempestività numerose audizioni.
  Abbiamo audito la procura di Roma nella persona del procuratore Pignatone, che abbiamo ascoltato due volte, e dell'aggiunto Prestipino, dell'ex sindaco Alemanno, dell'attuale sindaco Marino, del prefetto Pecoraro, del prefetto Magno che presiedeva la Commissione di accesso, di Lusetti presidente della Legacoop, acquisendo un'ampia mole di documentazione giudiziaria e amministrativa presso la procura della Repubblica di Roma, il comune di Roma Capitale e la prefettura di Roma.
  Al riguardo, un sentito ringraziamento per la leale e reciproca collaborazione prestata va rivolto a tutte le istituzioni citate, alla procura e in particolare al prefetto di Roma, che ha trasmesso la propria relazione, unitamente a quella della commissione di accesso, al comune di Roma immediatamente dopo la presentazione al Ministro dell'interno, mentre ancora pende, come è noto, l’iter previsto dall'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali in merito alla paventata ipotesi di scioglimento dell'ente locale per infiltrazione mafiosa.
  Naturalmente la medesima collaborazione è stata fornita dalla nostra Commissione, che sta esercitando le proprie funzioni d'inchiesta nel più scrupoloso rispetto delle forme e dei modi previsti dalla legge istitutiva, a cominciare dalla garanzia del mantenimento del segreto, ove apposto sugli atti acquisiti.
  Ciò premesso, le presenti comunicazioni sono volte ad offrire alla Commissione anzitutto le coordinate di metodo e poi alcuni spunti di merito per la prosecuzione dell'attività di inchiesta, su cui auspico che possa poi esserci un dibattito tra le forze politiche presenti in Commissione.
  In ciò mi riallaccio anzitutto a quanto affermato a nome del Governo dal Ministro della giustizia, onorevole Andrea Orlando, all'Assemblea della Camera dei deputati nella seduta dello scorso 25 giugno, recante all'ordine del giorno l'informativa urgente del Governo sulle vicende note come «mafia capitale» e al dibattito che ne è seguito in Aula.Pag. 4
  Il Ministro ha infatti premesso al suo intervento: «è tuttavia evidente come una valutazione complessiva della vicenda imponga già oggi una profonda riflessione del Parlamento e di tutte le forze politiche in esso rappresentate non solo su quanto è emerso rispetto ai fatti delittuosi commessi nella capitale, ma anche più in generale sull'evoluzione nel Paese dei fenomeni corruttivi e sulle prospettive di più efficace contrasto, rese possibili dal progressivo arricchimento degli strumenti di prevenzione e di repressione».
  A tale riguardo è appena il caso di ricordare che la stessa legge istitutiva assegna chiaramente alla nostra Commissione d'inchiesta il compito di svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e proporre misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia anche con riguardo alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali, nonché i compiti di accertare la congruità della normativa vigente e delle conseguenti azioni dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere normativo e amministrativo ritenute opportune per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato nelle regioni e negli enti locali e di accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso in tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale insediamento e comunque caratterizzate da forte sviluppo nell'economia produttiva.
  Ho accennato in premessa all'esigenza di individuare in prima battuta delle coordinate di metodo per il prosieguo del nostro lavoro, in modo da evitare fraintendimenti o strumentalizzazioni di una funzione costituzionale quale quella di inchiesta, che non può che svolgersi sempre nel massimo rispetto di tutti gli interlocutori istituzionali in campo e delle loro prerogative.
  Da un lato, infatti, sono ancora in corso le indagini giudiziarie e a breve si avvierà la celebrazione dei processi, dall'altro è ancora pendente, come è ben noto, il procedimento previsto dall'articolo 143 del Testo unico degli enti locali in merito allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguenti a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, e siamo in attesa delle determinazioni al riguardo del Ministro dell'interno, al fine della proposta che gli compete avanzare al Consiglio dei ministri in base all'articolo 143, commi da 4 a 7 del Testo unico.
  Di conseguenza, la riflessione che si propone in questa sede parlamentare e che la stessa Presidente della Camera ha definito giusta e opportuna in una dichiarazione di oggi alla stampa non può assolutamente essere volta a ripercorrere l'iter amministrativo fatto di documenti segreti e le valutazioni, che competono esclusivamente agli organi del Governo e che possono sfociare, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione prefettizia al Ministro dell'interno, come prevede la legge nella deliberazione del Consiglio dei ministri.
  Desidero infatti sgombrare il campo da alcuni timori, che mi sono stati espressi anche oggi da alcuni membri dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, in ordine al possibile rischio di interferenze con l'attività di Governo.
  Ciò che qui si intende sottoporre alla valutazione e poi al dibattito della Commissione d'inchiesta e che può costituire l'avvio della relazione che poi presenteremo al Parlamento è invece tutt'altro. Si tratta infatti di alcune considerazioni di ordine più generale sul fenomeno dell'infiltrazione mafiosa negli enti locali, che è veicolata soprattutto dalla corruzione e comunque dal malaffare, spesso diffuso a molti livelli politico-amministrativi locali soprattutto nel meridione, ma, come abbiamo visto, non solo.
  Il caso di «mafia capitale», per come è stata disvelata dalle indagini della procura di Roma e descritta nelle sue caratteristiche con termini ancora più pesanti nelle Pag. 5recenti sentenze in materia cautelare della Corte di cassazione, pone soprattutto un problema di verifica dell'adeguatezza degli strumenti di prevenzione e contrasto, specialmente per l'individuazione di nuove e più efficienti forme di rapporto tra Stato ed enti locali.
  In particolare, è ormai indifferibile un aggiornamento della normativa vigente in materia di scioglimento per infiltrazione mafiosa. Quella legge fu pensata per intervenire in forma sostanzialmente sanzionatoria nei casi di realtà amministrative locali tipicamente di piccole dimensioni e collocate nelle regioni di tradizionale insediamento delle organizzazioni criminali mafiose.
  I primi casi di applicazione della nuova legge nell'ormai lontano agosto 1991 riguardano infatti i comuni del sud di poche migliaia di abitanti, a partire da Casandrino a Napoli, a Taurianova a Reggio Calabria e prima ancora nell'entrata in vigore della legge di Bovalino e Limbadi in Calabria.
  Da allora abbiamo assistito soprattutto negli anni più recenti a una vera e propria escalation anzitutto in termini di coinvolgimento e infiltrazioni in comuni e regioni tradizionalmente ritenute immuni come il Piemonte (Bardonecchia 1995, Leinì 2012, Rivarolo Canavese 2012), la Liguria (Bordighera 2011, poi annullato, Ventimiglia 2012) e la Lombardia (Sedriano 2013).
  Purtroppo già si intravedono nuovi scenari territoriali come quelli posti dall'inchiesta «Aemilia», che lo scorso mese di giugno hanno indotto il prefetto di Reggio Emilia ad inviare una Commissione di accesso al comune di Brescello, oppure gli altri quattro comuni della provincia di Roma (Sacrofano, Castelnuovo di Porto, Morlupo e Sant'Oreste) cui è stato disposto l'accesso a seguito dell'inchiesta «Terra di mezzo».
  È inoltre cresciuta la rilevanza in termini di popolazione degli enti sciolti, arrivati progressivamente negli ultimi tre anni a comuni con decine di migliaia di abitanti. Tra i tanti Augusta (Siracusa) con 33 mila abitanti sciolto nel 2013, Quarto in provincia di Napoli con 36 mila abitanti sciolto nel 2013, Battipaglia (Salerno) con 50 mila abitanti sciolto nel 2014, fino al picco di Giuliano (Napoli) con 100 mila abitanti sciolto nel 2013.
  Anche la rilevanza amministrativa dei comuni sciolti è cresciuta e nel 2012 si è purtroppo arrivati a sciogliere per infiltrazioni mafiose per la prima volta un capoluogo di provincia importante come Reggio Calabria, comune di 180 mila abitanti. Solo lo scorso anno, dopo la proroga dello scioglimento, il comune è tornato a libere elezioni, dopo un periodo di amministrazione affidato a una commissione prefettizia, tra luci e ombre che la stessa Commissione antimafia ha potuto rilevare direttamente in occasione delle ripetute visite lì svolte durante il commissariamento, che sono state sottolineate in maniera molto efficace dal neo sindaco quando abbiamo svolto l'incontro con le regioni e i comuni.
  Infine attendiamo in questi giorni, dopo l'istituzione della commissione di accesso del dicembre 2014, le decisioni del Governo sul comune di Roma, la capitale della Repubblica.
  Roma è anche il comune più esteso territorialmente, il più popoloso d'Italia con quasi tre milioni di abitanti, oltre ad essere una delle più importanti città d'Europa. Se il fenomeno ha raggiunto tali dimensioni, è evidente che l'alternativa tra scioglimento e non scioglimento è assolutamente inappagante per far fronte alle esigenze di governo di una comunità di milioni di cittadini.
  Né del resto l'eventuale scioglimento sic et simpliciter delle assemblee elettive potrebbe essere ritenuto soddisfacente per gli effetti sostanzialmente punitivi anche per i cittadini, decisione che genera la misura dissolutoria, come si dice nel lessico amministrativo, e che tuttavia non può tradursi, in caso di non scioglimento, in una misura assolutoria della classe politica e soprattutto amministrativa in genere, che con i suoi comportamenti opachi anche nel caso di Roma ha comunque configurato quantomeno i presupposti per l'accesso Pag. 6al comune, al di là delle responsabilità penali personali che accerterà la magistratura.
  La situazione è senza dubbio gravissima, se anche un comune grande e importante, il più grande del Paese, come quello di Roma si è rivelato fragile e indifeso nei confronti di quella che è una piccola mafia, originale e originaria come ci ha insegnato il procuratore Pignatone, ma priva di tradizione egemonica e del radicamento profondo sul territorio, come nelle piccole realtà del meridione.
  Tuttavia un sodalizio criminale tutto sommato recente, pur senza controllare parte del territorio come le mafie classiche, ha potuto comunque occupare rilevanti spazi politici e amministrativi, condizionando pesantemente il processo di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi, come ha affermato da ultimo proprio oggi il tribunale del riesame di Roma in un'ordinanza su un'altra tranche dell'inchiesta «Terra di mezzo».
  È importante dunque anzitutto intervenire sulle norme in materia di scioglimento, alla luce di un'esigenza che ha avvertito lo stesso Governo, presentando un disegno di legge che è pendente oggi al Senato, l'Atto Senato 1687, attualmente in attesa di approvazione, del quale voglio qui ricordare gli elementi di sintesi più importanti: l'obbligo per gli enti locali sciolti di avvalersi di un'unica stazione appaltante per lo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica, l'incandidabilità per la durata di sei anni per tutte le elezioni amministrative, la specializzazione dei membri della commissione straordinaria che, nel caso di comuni con più di 15 mila abitanti, svolgano le funzioni commissariali in via esclusiva e di affiancamento e vengano sollevate dagli altri incarichi, mobilità obbligatoria presso altro ente o licenziamento del dipendente stesso anche ove non sia disposto lo scioglimento, misure che si aggiungono a quelle già previste dall'articolo 145 del Testo unico.
  Ripensamento dell'attività di gestione straordinaria dell'ente, svolta dalla commissione straordinaria finalizzandola, oltre che all'ordinaria amministrazione, al ripristino della legalità compromessa, ampliamento del novero degli enti nei cui confronti possono essere effettuati i controlli sulle infiltrazioni mafiose, non esplicita previsione delle società partecipate, che forse andrebbe aggiunta, e dei consorzi pubblici, con esplicita previsione anche a partecipazione privata.
  Queste norme, delle quali auspichiamo quanto prima l'approvazione, riguardano il caso di scioglimento dei comuni e rafforzano i poteri della Commissione. Va però colta la situazione di oggettiva straordinarietà per dimensioni e rilevanza della situazione del comune di Roma Capitale.
  Prima che essa diventi cronica e prima che si stabiliscano precedenti in grado di condizionare casi futuri, occorrerebbe adottare rimedi anch'essi di natura straordinaria, come potrebbe essere ad esempio anche da parte del Governo un decreto-legge che, traendo spunto dal caso romano, possa rappresentare l'occasione per adeguare la normativa attuale alle nuove e più complesse forme di manifestazione del fenomeno, inglobando le norme che sono pendenti al Senato e prevedendo, attraverso un provvedimento di urgenza, di introdurre nell'ordinamento, oltre alle misure post-scioglimento sopra elencate, anche altri strumenti ad hoc per affrontare le difficoltà della gestione di comuni più grandi che non siano da sciogliere, ma per i quali vi siano comunque elementi che individuano collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare.
  Occorre pertanto individuare una terza via, che vada oltre la semplice dicotomia tra scioglimento e non scioglimento, strumenti che rischiano di essere rozzi rispetto alla complessità del problema.
  Tale terza via potrebbe consistere in una forma di tutoraggio o assistenza dello Stato quale ente esponenziale della comunità nazionale rispetto all'ente espressione della comunità locale, senza che questo debba essere necessariamente commissariato Pag. 7e affidato all'amministrazione temporanea di funzionari dello Stato. Nel rispetto dell'autonomia del comune o dell'ente locale si può provare a immaginare una forma di accompagnamento temporaneo verso il ripristino della legalità e dell'efficienza dell'amministrazione, un processo di rafforzamento continuo che non privi il comune di una guida politica, ma che anzi la rafforzi agli occhi sia dei cittadini che del corpo amministrativo, troppo spesso purtroppo concausa della mala gestio dell'ente.
  In questo, in via di analogia potrebbe soccorrere la discussione già svolta in Commissione in sede di approvazione della relazione sui beni confiscati e sulla modifica del Codice antimafia nelle parti relative all'amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità.
  Alcuni spunti di riflessione ivi presenti in tema di ruolo dello Stato e degli organi di giustizia per la riconduzione alla legalità dell'impresa mafiosa potrebbero essere in via generale utilmente sfruttati per l'elaborazione di misure amministrative affidate allo Stato e agli uffici territoriali del Governo, per ricondurre alla legalità un'amministrazione infiltrata o compromessa anche in parte mediante anzitutto la riorganizzazione dell'ente, la riduzione dei centri di spesa, il rafforzamento delle funzioni di controllo interno ed esterno.
  Non si può infine non richiamare tutta la classe politica, come già fatto in occasione della relazione sul Codice di autoregolamentazione sulle liste elettorali, a una forma di autocritica, specialmente al proprio interno, in ordine al rafforzamento della dimensione etica della partecipazione all'attività politica anche attraverso l'approvazione di leggi di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione sui partiti politici e di una legge sulla regolamentazione delle lobbies e un'eventuale rivisitazione della legge sul finanziamento ai partiti.
  È stata già avanzata in questa sede mentre abbiamo incontrato il presidente di Legacoop la possibilità di ripristinare un emendamento già presentato a suo tempo, che impediva alle imprese o cooperative che abbiano appalti con un comune di finanziare l'attività politica dei politici di quel comune.
  La responsabilità nei confronti dei cittadini e degli elettori da parte di chi ricopre cariche politiche comporta necessariamente lo svolgimento di una funzione di guida e controllo delle amministrazioni, sia attraverso l'adozione trasparente di opportune misure organizzative, sia, laddove necessario, di denuncia e collaborazione con l'autorità giudiziaria, un percorso che del resto – si deve riconoscere – è stato avviato nel comune di Roma.
  Ritengo pertanto necessario che la Commissione prosegua su questo filone di inchiesta, procedendo all'audizione del prefetto Gabrielli appena sarà disponibile, della classe politica e partitica locale, del mondo delle cooperative e dei responsabili della gestione degli appalti del comune di Roma, che prosegua la sua attività avanzando delle proposte che riguardano, come suggeritoci anche dal procuratore Pignatone trovando risonanza positiva in ciascuno di noi, la legislazione che riguarda la cooperazione, così come le proposte avanzate nel caso in cui il Governo non dovesse prendere in considerazione l'idea di adottare in via d'urgenza le misure che potrebbero risultare utili per dipanare una questione così complicata.
  Nel riservarmi di presentare una proposta a tal fine, sottopongo pertanto ai colleghi l'opportunità di svolgere una discussione generale su queste mie comunicazioni in una prossima seduta, così come mi sembra di aver convenuto nell'odierno Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi, e procedere successivamente alla presentazione di una relazione.
  In quella sede ci sarà anche la possibilità di esprimere la nostra considerazione su quelle che saranno le determinazioni che il Governo prenderà e sul prosieguo delle indagini. Vi ringrazio.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Che vuol dire finiamo qua ? La decisione noi l'abbiamo contestata, non l'abbiamo accettata: Pag. 8non possiamo mettere la museruola alla Commissione antimafia, presidente, non è questo il nostro compito. Noi qui non possiamo essere spettatori, presidente.

  PRESIDENTE. Al di là della condivisione o meno del suo Gruppo, devo dare atto al vicepresidente Gaetti di aver sostenuto la necessità di una discussione, di un prosieguo, di un dibattito in questa sede.
  Il resto dell'Ufficio di Presidenza a maggioranza ha deciso di non dibattere questo pomeriggio, quindi io ritengo che le decisioni che vengono assunte debbano essere rispettate, anche se c’è un Gruppo che non è d'accordo, quindi in questo senso c’è una riconvocazione e tra l'altro dovremo sentire appena disponibile il prefetto Gabrielli e quella potrà essere un'occasione in cui riprendere la discussione.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Solo per capire, presidente, perché almeno da noi in Senato funziona così: quando l'Ufficio di Presidenza di una Commissione non ha l'unanimità, la decisione viene portata in Commissione, quindi qua penso che si debba dibattere almeno sulla possibilità di poter discutere di questo argomento.

  PRESIDENTE. Non cambierebbe i risultati, ma comunque lascio la parola al capogruppo Mirabelli.

  FRANCO MIRABELLI. Ormai sul valore degli Uffici di Presidenza, delle cose che ci diciamo, delle cose che concordiamo prendo atto che è cambiata la fase, però voglio che sia chiara una cosa, presidente: qui nessuno ha deciso di mettere la museruola a nessuno. C’è stata una discussione perché una parte significativa e, vorrei dire, maggioritaria dell'Ufficio di Presidenza dal punto di vista del peso ponderale riteneva che non fosse opportuno in questo momento fare questa discussione, il presidente ha insistito per fare una comunicazione indicando un percorso così come ha fatto, mi pare che abbiamo trovato un punto serio nel dire che la discussione si farà più avanti, anche perché già nell'Ufficio di Presidenza precedente avevamo concordato che nulla avremmo discusso prima di aver sentito il prefetto Gabrielli.
  Terza questione: mi pare onestamente che fare una discussione in questa Commissione che sia diversa da quella che si fa nei bar o in qualunque ambito sarebbe utile, se avessimo la possibilità di avere tutti il tempo per avere accesso agli strumenti che questa Commissione ha, quindi ai materiali, cosa che, come è noto, anche per la mole di materiale che c’è e per il fatto che può essere solo visionato in archivio non avviene.
  Credo che quella assunta dall'Ufficio Presidenza sia la posizione giusta, poi se bisogna votare, votiamo, però francamente mi pare una ennesima forzatura, assolutamente non necessaria.

  PRESIDENTE. Io ritengo di non mettere in votazione una decisione che è già stata assunta.

  ROBERTO OCCHIUTO. Come lei sa, il Gruppo di Forza Italia non ha partecipato all'Ufficio di Presidenza perché non ha componenti dell'Ufficio di Presidenza e peraltro per sua responsabilità non ha indicato ancora un capogruppo, io stesso faccio parte della Commissione solo da qualche giorno e quindi mi perdonerà se intervengo su una questione che è stata dibattuta in Ufficio di Presidenza per rappresentare invece in Commissione la posizione di Forza Italia.
  Credo che nella sua relazione, al di là del caso specifico che riguarda ciò che si evince dagli atti su «mafia capitale», lei ponesse una questione di carattere generale, una questione quasi di sistema. Poneva infatti la questione di una discussione sulla possibilità di produrre una innovazione legislativa che possa affrontare con l'equilibrio e la prudenza del caso anche questioni come quelle che oggi si stanno discutendo.
  Rispetto a questo vorrei che fosse chiaro che per quanto riguarda Forza Italia noi siamo assolutamente disponibili, non avendo partecipato all'Ufficio di Presidenza, Pag. 9ad assecondare le decisioni assunte nell'Ufficio di Presidenza. Riteniamo però che condizionare la discussione sulla possibilità di produrre qualche suggerimento in ordine all'innovazione legislativa che riguarda lo scioglimento dei comuni non debba dipendere dall'audizione del prefetto di Roma.
  Ci auguriamo quindi che questa discussione di carattere generale si faccia a prescindere dall'audizione del prefetto di Roma, quando l'Ufficio di Presidenza, quando la presidenza, quando la Commissione riterrà di farlo, ma in tempi assai brevi.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Presidente, mi scusi, questa è la seconda volta che noi abbiamo sue comunicazioni senza possibilità di dibattere, ma non è così che funziona questa Commissione. Almeno su quello che lei ci ha comunicato, che è cosa diversa da quella che dicono i commissari del PD, noi chiediamo di poter dibattere apertamente e pubblicamente secondo gli scopi di questa Commissione antimafia, che non è l'Ufficio di Presidenza.
  L'Ufficio di Presidenza è servente per far funzionare la Commissione antimafia, non per paralizzarne i lavori.

  PRESIDENTE. Nessuno paralizza nulla.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Se lei vuol fare le conferenze stampa, convoca la conferenza stampa, non convoca qua dei membri del Parlamento, facendogli fare le belle statuine senza poter intervenire a nome dei cittadini che rappresentiamo, signor presidente.
  Questo deve essere chiarissimo, perché è la seconda volta e non lo può fare, questa è una Commissione d'indagine, non è, signor presidente, un gruppo di studio. Con questa Commissione noi abbiamo i poteri dell'autorità giudiziaria, se il prefetto Gabrielli è in vacanza e non può venire, lei lo convoca con i poteri dell'autorità giudiziaria, perché non è una commissione di studio, ma è una Commissione con cui la politica deve riuscire a indagare se stessa, e in questa storia è chiaro ed evidente a tutti che la politica sta arrancando dietro la magistratura.
  Ci sono già due inchieste della magistratura successive su Roma e noi stiamo ancora qua a decidere se possiamo discutere di questa vicenda ? Abbiamo già un'interferenza pesantissima della politica, noi dovremmo convocare Renzi e farci spiegare perché ha intimato a tutte le sue strutture che non avrebbe sciolto il comune di Roma.
  Ricorda che avevamo sollevato questa cosa ? Dovremmo farcelo spiegare dal Presidente del Consiglio, perché questo è il compito di questa Commissione, e chiediamo ancora una volta di poter intervenire e dibattere su quello che ha detto, signor presidente.

  PRESIDENTE. Posso chiedere che questo avvenga in una prossima seduta, anche perché così è stato deciso ?

  RICCARDO NUTI. Sì, presidente, l'Ufficio di Presidenza ha deciso così, come ha detto anche il collega del PD, però non trova spiegazioni il fatto che dobbiamo aspettare per forza il prefetto Gabrielli. Noi possiamo fare domani o lunedì una plenaria in cui ne parliamo, senza aspettare la disponibilità del prefetto.

  PRESIDENTE. Va bene, in ogni caso il prefetto non è in vacanza.

  RICCARDO NUTI. Però a prescindere dalla presenza del prefetto possiamo parlarne.

  FRANCO MIRABELLI. Era solo per fare un esempio, nel senso che stavamo dentro un percorso, ma non ho alcun problema ad affrontare la discussione prima. Vuol dire che facciamo una discussione sulle proposte che ha fatto il presidente rispetto a una modifica legislativa che si può applicare a Roma ma non solo riguardo allo scioglimento dei comuni, non che facciamo una discussione su Roma Capitale, perché senza aver sentito il prefetto e senza aver letto gli atti che, com’è Pag. 10noto, sono secretati, a parte quelli che escono sui giornali, faccio fatica a capire come facciamo a fare una discussione.
  Se il punto è fare una discussione sulla relazione del presidente...

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Collega, hai avuto due settimane per leggerli come tutti noi che siamo venuti qua per leggerli !

  PRESIDENTE. C’è anche un altro problema, senatore Giarrusso, che è molto semplice: se facciamo tra di noi una discussione, come è giusto che facciamo, alla luce degli atti che sono a nostra disposizione, in questo momento questa discussione non può che essere segreta, perché gli atti sono secretati.
  Mi sono quindi permessa di avanzare questo, e voi avete notato che non c’è alcun riferimento e gli elementi che ho utilizzato sono frutto di atti che sono assolutamente pubblici e quindi qui ci fermiamo. Aggiorniamoci, se volete farlo senza sentire il prefetto, lo facciamo senza sentirlo, ci aggiorniamo e discutiamo.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Su questo, presidente, avremmo anche da ridire, perché la segretezza di queste relazioni non ha alcun senso...

  PRESIDENTE. No, senatore Giarrusso, questa cosa non è vera...

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Questi non sono atti di un'autorità giudiziaria: sono atti di un'indagine amministrativa, di una verifica dell'operato di un'amministrazione pubblica, la cui segretezza originariamente era prevista per mettere al riparo le decisioni future, ma in questa vicenda la trasparenza è fondamentale !

  PRESIDENTE. Quando nella prossima legislatura lei sarà deputato della Repubblica e approverà la prossima legge istitutiva della Commissione antimafia potrà cambiare il comma 2 dell'articolo 5, che dice che «la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi dell'articolo 1 siano coperti da segreto».
  Noi manteniamo i documenti nel regime nel quale li riceviamo, quindi li abbiamo ricevuti segreti e li manteniamo segreti. Se lei vuole offrire una norma nella quale la Commissione antimafia autonomamente desecreta i documenti, lo scrive nella legge e, se riesce a farla approvare, lo possiamo fare, ma ad oggi non lo possiamo fare.
  Consiglio quindi di chiudere qua, chiedo scusa a Mineo e a Buemi che avevano chiesto di parlare, ma penso che sia preferibile chiudere qua. Grazie.

  La seduta termina alle 20.55.