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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 115 di Mercoledì 30 settembre 2015

INDICE

Audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata, Nando Dalla Chiesa.
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 3 
Meli Ilaria , ricercatrice dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 4 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Mirabelli Franco  ... 6 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Mattiello Davide (PD)  ... 9 
Ricchiuti Lucrezia  ... 9 
Naccarato Alessandro (PD)  ... 10 
Costantino Celeste (SEL)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Dalla Chiesa Nando , direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Terzo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata, Nando Dalla Chiesa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata, professor Nando Dalla Chiesa, che ringrazio per la sua presenza.
  Prima di introdurre il punto all'ordine del giorno, vorrei salutare la collega Celeste Costantino che è stata designata in rappresentanza del Gruppo SEL a far parte della nostra Commissione. Ne siamo onorati e molto contenti perché sappiamo che è impegnata da molto tempo nella sua terra di origine e qui a Roma per chiamare per nome la mafia e combatterla. Insomma, è un ottimo acquisto per noi. Tra l'altro, essendo l'unica rappresentante del suo gruppo, se entro domani ci perviene la designazione dal suo capogruppo come capogruppo di SEL in Commissione antimafia, è già invitata all'Ufficio di presidenza di domani.
  L'audizione odierna è dedicata all'illustrazione del terzo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali redatto dal professor Dalla Chiesa, insieme ai ricercatori universitari dell'Osservatorio, nell'ambito di un incarico della Commissione relativa a un'analisi delle principali dinamiche di azione della criminalità organizzata e della loro evoluzione nel contesto sociale ed economico delle regioni del nord Italia.
  Come si ricorderà, il primo e il secondo rapporto, dedicati rispettivamente all'infiltrazione mafiosa negli enti locali e nell'economia legale, sono stati illustrati nelle sedute del 6 maggio 2014 e del 24 febbraio 2015 e successivamente presentati in un convegno pubblico, prima a Torino e poi a Como.
  Il rapporto che si presenta oggi è dedicato al tema delle attività economiche illegali e alle attività «tradizionali» delle organizzazioni criminali, quali il narcotraffico, le estorsioni, la contraffazione, il gioco d'azzardo, il caporalato e la prostituzione.
  Ringraziamo il professor Dalla Chiesa, che è accompagnato dalla dottoressa Ilaria Meli. Gli cediamo, dunque, la parola per poi rivolgergli delle domande di approfondimento.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Grazie, presidente. Sappiamo che ci sono problemi di tempo, quindi cercherò di essere il più possibile sintetico sui principali risultati che abbiamo ottenuto.
  Le attività di cui ci siamo occupati questa volta sono quelle che non possono che essere svolte in modo illegale. Invece, la volta scorsa avevamo parlato delle attività che vedono penetrare le organizzazioni mafiose nei settori legali dell'economia. Richiamerei rapidamente gli ambiti che abbiamo indagato. Sono narcotraffico, estorsioni, usura, contraffazione e altre attività illegali come il gioco d'azzardo, il caporalato e la prostituzione.
  Ci sono due assenze significative rispetto al nostro progetto iniziale, ovvero il traffico d'armi e quello di esseri umani. Con ragioni fondate, il traffico d'armi Pag. 4viene tendenzialmente indicato tra una delle attività più remunerative svolte dalle organizzazioni mafiose. Il traffico di esseri umani è, invece, imputato alle organizzazioni mafiose soprattutto nella dialettica politica che riguarda il tema dei clandestini, per cui in molte occasioni si sostiene che dietro questi movimenti ci sia la regia delle grandi organizzazioni mafiose italiane.
  Per questa ragione, abbiamo indagato i cinque settori che vedete, più questi due settori, cioè il traffico d'armi e il traffico di esseri umani. Tuttavia, in questi due ultimi settori, nonostante il puntiglio e lo scrupolo nell'andare a visitare ogni angolo delle principali inchieste che sono state condotte nel nord Italia, non abbiamo trovato dei riferimenti consistenti.
  C’è una presenza davvero esigua nel traffico d'armi, mentre c’è un'assoluta assenza nel traffico di esseri umani. In questo c’è una concordanza tra il punto a cui siamo arrivati noi e le valutazioni che fanno, sulla base delle loro ricerche, anche i sociologi dell'immigrazione. Direi, quindi, che, almeno per quello che riguarda le regioni settentrionali, non siamo in grado di sostenere che ci sia una presenza delle organizzazioni mafiose in questi due settori che normalmente vengono imputati a loro. Peraltro, ciò accade più frequentemente e con più credibilità per il traffico d'armi perché il nord Italia è più vicino ad aree della ex Jugoslavia, in cui ci sono state bande militari e paramilitari sciolte da su cui si può presumere arrivino contingenti di armi che passino attraverso le organizzazioni mafiose.
  A ogni modo, queste due assenze parlano perché sono il frutto di un lavoro di ricerca e di ricognizione che non ha dato risultati, a partire dalle inchieste che sono state prese in considerazione.
  Ci sono, per contro, risultati interessanti su tutte e cinque le voci. Vorrei rappresentare alla Commissione che abbiamo una maggiore problematicità riguardo al narcotraffico. Ci sono, invece, novità sulle quali non avrei dubbi, per le modalità con cui si stanno presentando, sull'estorsione, sull'usura e anche sulla contraffazione.
  Parto dal livello problematico che presenta delle novità che, se fossero confermate, sarebbero molto rilevanti. Il settore degli stupefacenti è tradizionalmente controllato dalle organizzazioni mafiose, nel nord in particolare dalla ’ndrangheta che viene reputata l'organizzazione più forte sul piano europeo nel controllo del traffico di stupefacenti.
  Il lavoro condotto dai ricercatori, che, dopo i primi ritorni, è stato verificato anche da me con esponenti della magistratura e delle forze dell'ordine, pone alcuni problemi molto interessanti. In alcuni casi ci è stato detto perfino che la ’ndrangheta si sta ritirando dal traffico degli stupefacenti. In qualche altro caso ci è stato fatto notare che c’è una minore presenza rispetto a prima. Abbiamo cercato di avere il maggior numero possibile di riscontri, ma anche di ragionamenti che militassero a favore dell'ipotesi di un allentamento della presenza oppure a favore dei vantaggi che la ’ndrangheta potrebbe avere a rimanere in campo di affari illegali.
  La dottoressa Meli ha ripreso gli atti delle inchieste giudiziarie che hanno messo la lente di ingrandimento sulle attività delle singole locali di ’ndrangheta, verificando come, in effetti, già nel 2010-2011 solo una parte delle locali di ’ndrangheta risultassero coinvolte in attività legate al traffico di stupefacenti. Le chiedo di riportare i dati per dare un senso delle dimensioni che abbiamo trovato all'epoca, anche perché questo rende più credibile un insieme di ipotesi che si sono affacciate successivamente.

  ILARIA MELI, ricercatrice dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Come diceva il professore, ho cercato di riprendere gli atti delle principali operazioni che hanno individuato e indagato le locali lombarde, piemontesi e liguri, verificando se fosse riportata un'attività nel traffico di stupefacenti per ciascuna di esse.Pag. 5
  Per quanto riguarda la Lombardia, che è sicuramente il mercato più rilevante in termini numerici, su ventuno locali individuate negli anni da «Infinito», ma anche dalle inchieste più recenti dell'anno scorso, tredici sicuramente hanno operato nel settore. Su otto, invece, non c’è una certezza perché l'indagine non approfondiva il reato per il traffico di stupefacenti. Non tutte erano coinvolte nella stessa misura, infatti solamente due locali e una ’ndrina distaccata dalla locale di Seregno, il gruppo Stagno, avevano il traffico e lo spaccio di droga come attività principale.
  Infatti, la locale di Pioltello, anche in collaborazione con Fidanzati, quindi con cosa nostra, riforniva tutta la Lombardia. Questo è emerso sia da «Infinito» sia da un'indagine successiva del 2012. Per le altre, invece, il traffico di stupefacenti era un'attività residuale all'interno del più ampio panorama di attività legali e illegali che svolgevano. Addirittura l'operazione «Metastasi», che è più recente di quella di «Infinito», che riguarda il lecchese, indicava come ormai per le locali lombarde il traffico di stupefacenti non fosse più il core business della loro attività.
  Per il Piemonte e per la Liguria, invece, i dati sono meno recenti. Infatti, per il Piemonte ho analizzato quanto riportato nell'inchiesta «Minotauro» e per la Liguria l'operazione «Maglio 3», che è l'unica che indaga nello specifico le attività delle locali. In particolare, per il Piemonte che è un mercato meno florido rispetto alla Lombardia, abbiamo quindici locali, di cui solamente otto risultano attive nel traffico di stupefacenti. La cosa interessante è che per nessuna locale il traffico di stupefacenti è l'attività principale. C’è, però, un dato che risulta in controtendenza perché nel giugno di quest'anno c’è stato un sequestro di circa 400 kg di cocaina nel torinese e dall'indagine risultava che le famiglie del torinese rifornissero sia la Lombardia sia la Liguria.
  Questo è un dato in controtendenza rispetto a quello che era emerso in «Minotauro», ma è sicuramente più recente. Ovviamente, l'analisi si era fermata a quanto avveniva all'interno delle locali, non considerando alcune famiglie che non sono emerse come locali strutturate che non sono state inserite nelle tabelle che troverete nella relazione.
  Il dato sulla Liguria è ancora più interessante perché, su quattro locali individuate e indagate nello specifico, l'indagine esclude l'attività nel traffico di stupefacenti. Quindi, in questo caso non solo non la rileva, ma la esclude del tutto. Anche questo dato risulta particolarmente interessante e in qualche modo contraddittorio perché il porto di Genova è molto spesso inserito nelle indagini come un punto rilevante di snodo per le attività di importazione di cocaina da parte della ’ndrangheta. Anche questo emerge dall'indagine, ma poi ci sono anche dati contrastanti.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. L'aspetto importante è che questa analisi, fatta locale per locale, ci aiuta a capire che non tutti gli insediamenti ’ndranghetisti sono dediti all'attività di narcotraffico e che sono ancora meno quelli che svolgono questa attività come occupazione principale.
  Naturalmente, se non ci fossero stati questi sequestri e non temessimo che una brillante operazione di polizia possa sconfessare rapidamente quello che ci hanno detto esponenti della magistratura, delle forze dell'ordine e della DIA, presenteremmo un quadro più segnato.
  Pertanto, abbiamo cercato di tenere la massima prudenza anche confrontando tutte le opinioni che raccoglievamo dai nostri testimoni privilegiati. Tuttavia, non si può non pensare che una ’ndrangheta che cerca di istituzionalizzare di più la sua presenza nel nord e che vive con una certa consapevolezza il fatto che il rischio di subire delle pene per narcotraffico è molto più alto di quello di subire delle condanne per associazione mafiosa – abbiamo visto, infatti, che a volte, da parte della magistratura giudicante del nord, ci sono delle resistenze a riconosce la natura mafiosa dell'associazione – possa pensare di ridurre la sua attività nel campo che la Pag. 6espone di più sul piano criminale e cercare di concentrarsi di più sulle attività legali, che sono quelle che le danno dei ritorni molto forti in termini economici e anche sociali.
  Questa è un'ipotesi importante. Personalmente, fino all'anno scorso anch'io ho sostenuto che la ’ndrangheta è l'organizzazione che controlla il mercato degli stupefacenti e della cocaina a livello europeo in quanto contraltare dei narcos messicani in Europa. Tuttavia, quello che stiamo vedendo ci suggerisce delle ipotesi diverse.
  Autorevoli magistrati, con cariche importanti, ci hanno sottolineato come sarebbe controproducente lasciare terreni così vantaggiosi sul piano economico anche per il controllo del territorio, vista la capillarità delle relazioni che il controllo del traffico di droga garantisce. Al tempo stesso, però, ci sono stati fatti ragionamenti diversi, sostenendo che ci potrebbe essere un nuovo passaggio da parte delle organizzazioni mafiose, in questo caso da parte della ’ndrangheta, che ha usato il traffico di stupefacenti per fare il salto di qualità e ottenere le risorse necessarie per entrare nell'economia legale, ma che, una volta entrata nell'economia legale, le risulti difficile gestire insieme i due ambiti, o meglio coordinare la presenza nell'economia legale con una leadership nell'economia criminale vera e propria, ovvero nel traffico di stupefacenti.
  Cerchiamo di spiegare cosa sta succedendo con delle ipotesi, anche se abbiamo cercato di essere prudenti. Tuttavia, sembra sensato sostenere che ci sia qualcosa di nuovo, in particolare che ci sia una tendenza a concentrarsi e a spostarsi sulle attività di tipo legale che abbiamo esposto in precedenza (lavori pubblici, edilizia, sale giochi legalizzate, sanità e così via).
  Per il nord ci viene fatto questo tipo di analisi, anche se è stato molto complicato mettere insieme i pareri che nascono dentro le diverse regioni o tra protagonisti differenti. Del resto, anche sullo stesso territorio ci sono state fornite delle spiegazioni diverse. C’è chi ritiene che ci sia una strategia da parte dei clan ’ndranghetisti; c’è chi pensa che questo possa essere, per esempio nel caso di Milano, l'effetto di una minore disponibilità di risorse per fare indagini importanti sul narcotraffico, congiunto con una maggiore attenzione da parte della direzione distrettuale antimafia verso l'associazione mafiosa. Insomma, ci sono state date delle spiegazioni diverse.
  A ogni modo, l'analisi delle locali e della loro attività in Piemonte, in Liguria e in Lombardia e il fatto che non sia per nessuna di esse – tranne un caso in Lombardia e uno in Piemonte – considerata l'attività principale dagli stessi magistrati ci ha indotto a modificare il quadro che abbiamo presente. Bisogna, quindi, fare un'ipotesi.
  C’è, dunque, molta prudenza in quello che consegniamo alla Commissione, ma non potevamo non rassegnare il risultato di alcune valutazioni che vengono da più fonti.

  PRESIDENTE. È da escludere che si stiano dando un'organizzazione diversa rispetto alle locali per fare distribuzione di droga ? Chiedo questo perché la droga che circola non è diminuita.

  FRANCO MIRABELLI. O un compito diverso ?

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Abbiamo analizzato il ruolo delle organizzazioni straniere, che sarà poi oggetto del quarto rapporto. A questo riguardo, ci è stato già detto, per esempio, che sul mercato milanese le organizzazioni slave continuano a conquistare posizioni, ma non ci sono i segni di una cooperazione stretta tra le organizzazioni slave e la ’ndrangheta. Contemporaneamente, ci è stata segnalata la presenza della ’ndrangheta sul mercato dell’extasy dalla radice, cioè dall'Olanda.
  Questo può voler dire che si definiscono dei segmenti di mercato più limitati e che il traffico della cocaina, così come è stato concepito finora, viene lasciato a delle organizzazioni straniere, forse avendo anche un interesse a una convivenza Pag. 7pacifica con queste, anche se, come sappiamo, esse non sono particolarmente interessate ad arrivare a uno scontro frontale con le organizzazioni autoctone.
  A ogni modo, è difficile dire quali siano gli equilibri in una prospettiva strategica perché, mentre abbiamo visto delle filiere di cooperazione tra organizzazioni italiane e straniere, sul narcotraffico c’è soltanto dal punto di vista della distribuzione, nel senso che le organizzazioni minori lavorano per la ’ndrangheta che cerca di esporsi di meno sul territorio.
  Questa, però, non sarebbe stata una novità per noi. La novità è che l'organizzazione dello spaccio vede crescere il ruolo delle altre organizzazioni e che ci venga perfino teorizzato che da parte della ’ndrangheta ci sia un interesse ad avere un profilo più basso su questo settore. Forse, questa è la definizione che riesce a sintetizzare meglio le molte perplessità che abbiamo.
  È indubbio, però, che ci sia una ricerca di istituzionalizzazione della presenza nel settentrione, con un interesse a lavorare soprattutto sull'economia legale. Quello che abbiamo capito e che ci è stato spiegato con molta chiarezza e credibilità è che ci sia una ricerca di minore rischio sociale per la ’ndrangheta. Si punta, dunque, sulle attività a minor rischio, nel momento in cui, ormai, si sono impadroniti di fette di economia con bassi rischi, se non quello che venga loro imputato l'esercizio del metodo mafioso.
  Sulle estorsioni e sull'usura è interessante vedere i tipi di pratiche che ormai si sono consolidati nella gestione delle due attività. Noi abbiamo usato il termine «sostenibilità», nel senso che ci sono un'estorsione e un'usura sostenibile, con la costruzione di modalità di effettuazione delle estorsioni e dell'usura che trovano convenienza da parte del proprio interlocutore, con giochi di natura societaria e fiscale.
  Abbiamo visto come l'evasione fiscale stessa stia producendo un settore a sé nel gioco d'incontro tra imprenditori e organizzazioni mafiose. C’è, infatti, un segmento di economia che produce evasione fiscale. Ci sono gli specialisti dell'evasione fiscale, che non sono i commercialisti che lavorano per gli imprenditori, ma c’è un mercato delle false fatturazioni in crescita che è interessantissimo perché è davvero un settore economico.
  Per le estorsioni e l'usura, abbiamo provato a chiederci da dove vengono le vittime, che sono nel 25 per cento dei casi sconosciute, nel 29 per cento settentrionali e nel 46 per cento meridionali. Questo è un dato interessante perché ripropone schemi che ci sono già stati nei fenomeni di immigrazione anche all'estero: la vittima dell'estorsione ha una maggiore omogeneità culturale con l'estorsore; è già orientata a una rassegnazione oppure è inserita in una rete di obbligazioni, di favori, di scambi o di compaesanità che la porta ad accettare più facilmente questo meccanismo.
  Peraltro, abbiamo anche distinto le cause per cui c’è questa maggiore accettazione e abbiamo provato a vedere cosa succede nelle regioni. Per esempio, questa differenza è molto più chiara in Emilia-Romagna, dove la storia dell'insediamento mafioso è più recente e dove c’è una capacità di colonizzazione meno elevata di quella che si è dimostrata in Lombardia. Invece, in Lombardia sale la quota dei settentrionali perché c’è una capacità di condizionamento dell'economia locale e ci sono radici più profonde che consentono di attuare questi metodi senza ottenere delle resistenze.
  Nelle indagini emiliane, nelle intercettazioni troviamo più volte il riferimento, anche da parte degli stessi camorristi o ’ndranghetisti, al rischio che denuncino perché, appunto, qui si denuncia. C’è un'indagine in cui viene detto con molta chiarezza. Viceversa, nell’hinterland milanese e nella Brianza questo non viene vissuto come un grande rischio. C’è una maggiore padronanza della situazione locale e del territorio che parla per la storia dell'insediamento che è stato realizzato.
  Riguardo al settore economico delle imprese colpite, la piccola imprenditoria dell'edilizia e del movimento terra è l'ambito in cui l'estorsione viene maggiormente Pag. 8praticata. Tuttavia, è interessante vedere che questo vale anche per l'usura: si vanno a usurare piccoli imprenditori che lavorano nei settori più vicini a quelli in cui le organizzazioni criminali esercitano una sorta di giurisdizione. Sono loro che si rivolgono alle organizzazioni perché le conoscono, hanno una comunanza di affari e hanno stabilito dei rapporti di scambio e di favore.
  È interessante aver cercato di scomporre i settori economici colpiti da pratiche estorsive e usurarie, avendo visto la provenienza regionale di coloro che subiscono estorsione e usura. Tuttavia, mentre i meridionali sono prevalenti nell'estorsione, nell'usura non lo sono. Quindi, c’è una quota di imprenditori che si rivolge alle organizzazioni mafiose. I meridionali sono quelli che subiscono di più; quelli che si rivolgono, invece, per ottenere qualcosa che in quel momento serve alle organizzazioni mafiose sono soprattutto settentrionali.
  Siccome, fra l'altro, le indagini giudiziarie non ci consentono di avere tutti i dati – a volte anche per ragioni di copertura – delle regioni o del luogo di origine dell'usurato, abbiamo provato a fare un'esplorazione di ricerca per vedere quale sia l'origine regionale del cognome dell'usurato, ma il risultato non cambia in modo significativo.
  Il mercato della contraffazione ha conquistato delle dimensioni molto preoccupanti. Potremmo definirlo un mercato glocal, nel senso che, per i luoghi di produzione, riguarda soprattutto il sud, ma, per i luoghi di distribuzione e di smercio, molto il nord. Rileva, pertanto, delle forme di coalizione tra organizzazioni mafiose – in particolare, in questo caso, la camorra dimostra una vocazione autentica nei confronti dell'economia del falso – nel nord e straniere, soprattutto cinesi (ma abbiamo visto coinvolto anche il Libano e altri).
  Questo ambito è preoccupante perché la contraffazione, che è un mercato in crescendo (per alcuni sta acquisendo addirittura le dimensioni del mercato degli stupefacenti), è rivolta non soltanto all'abbigliamento e agli strumenti informatici, ma riguarda anche giocattoli e oggetti che vanno a contatto con i bambini o i medicinali, con effetti pericolosissimi. Insomma, è un mercato da tenere sotto controllo per le dimensioni e per le articolazioni che sta conquistando, soprattutto combinato con lo sviluppo della telematica.
  Vorremmo rassegnare alla Commissione anche questo elemento, che è molto importante. Per semplificare, direi che abbiamo estorsione e usura sostenibili, possibili cambiamenti importanti nel mercato degli stupefacenti e crescita abnorme del mercato della contraffazione.
  Dovendo chiudere – il tempo è tiranno – proporrei qualche osservazione complementare. La prima è la centralità, anche in questo mercato, della Lombardia, che gioca sempre un ruolo dominante in tutte le aree di sviluppo delle attività illegali. Peraltro, lo giocava anche nell'economia legale. Questo aumenta le responsabilità di chi non ha voluto vedere per decenni la crescita del fenomeno mafioso in Lombardia.
  C’è un'area grigia, che pure è molto importante. Quando parlo del mercato delle false fatturazioni o dell'evasione fiscale, vi sono specialisti che vengono in sostegno delle organizzazioni mafiose, confermando quello che abbiamo detto nel secondo rapporto, allorquando abbiamo presentato le occupazioni dei principali boss mafiosi, che non sono finanzieri, professionisti o altro. Infatti, qui si rileva una volta di più che le organizzazioni mafiose non sono capaci di svolgere in proprio determinate attività, ma si avvalgono di specialisti che prestano molto volentieri le proprie abilità professionali. Questo è un aspetto importante che emerge nella definizione di sostenibilità dell'estorsione e dell'usura e nella rilevazione del mercato delle false fatturazioni.
  Infine, la Commissione si occupa soprattutto dell'offerta criminale. Le forze di polizia e la magistratura pure si occupano dell'offerta, ma quello che emerge dallo studio che abbiamo fatto è la presenza di una forte domanda di servizi criminali, che interroga la società nel suo insieme. Pag. 9C’è domanda di droga e di denaro. A questo proposito, abbiamo introdotto il concetto di «credito mafioso», che non è immaginifico, ma corrisponde, come potrete vedere leggendo la relazione, a fenomeni autentici che vanno dal recupero crediti fino all'apertura di banche clandestine.
  In sostanza, c’è domanda di servizi di denaro, di fatturazioni false e di merci contraffatte. Difatti, i grandi stoccaggi di merci contraffatte vengono garantiti da organizzazioni criminali, ma poi vengono portati nei negozi dei dettaglianti, che è difficile che non sappiamo che cosa stanno mettendo in vendita.
  Infine, c’è anche una domanda di forza lavoro priva di garanzia e di tutele, come è emerso nell'analisi del caporalato.
  Pertanto, proporrei questo come un tema di riflessione che forse esula dal perimetro degli interessi della Commissione, ma alla fine di questa ricerca non si può non domandarsi perché questi servizi vengono richiesti.
  Finirei qui, presidente. Resto a disposizione, con la dottoressa Meli, per ulteriori approfondimenti. Aggiungo solo che abbiamo cercato di fare il lavoro già compiuto nelle altre due relazioni, cioè prendere le inchieste giudiziarie e reinterrogarle per avere tutti i dettagli possibili su chi è stato estorto, chi ha subito l'usura e così via, perché solo in questo modo si arriva a una scomposizione che dà delle informazioni ragionevoli, come quelle sulla differenza tra Emilia e Lombardia.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE MATTIELLO. Comincio con lo scusarmi perché alle 15 dovrò essere in Commissione giustizia. Sarò il più breve possibile. Nei territori settentrionali, una delle questioni ancora aperte è che cosa sia mafia e che cosa significhi rapportarsi con la mafia. Su queste questioni, il giudizio non è uniforme, consolidato e acquisito, ma c’è un dibattito, anche pericoloso in certe circostanze.
  Evoco due situazioni per chiedervi se su queste si è appuntata la vostra attenzione e se avete un'opinione. La prima situazione riguarda l'operazione «Albachiara» nel Piemonte meridionale. Si tratta della cosiddetta «mafia silente». C’è stata un'importante sentenza della Corte di cassazione che ha confermato le sentenze di primo grado, quindi ha riformato la sentenza di condanna. Credo che sia una sentenza molto importante perché ha detto che c’è mafia quando è provato il sodalizio, anche se non è stato ancora adoperato per commettere reati. La seconda è l'operazione «San Michele» nel torinese. Un'importante azienda torinese, la Set Up, per i magistrati torinesi è vittima di estorsione, ma per la prefettura di Milano, è meritevole di un'interdittiva antimafia. Set Up ha vinto importanti appalti in Expo. La prefettura di Milano interviene e, prendendo gli atti di Torino, sostiene che ce n’è abbastanza per concludere che questa azienda non possa più lavorare. Vorrei una vostra opinione in merito a questa vicenda a mio avviso molto sintomatica.

  LUCREZIA RICCHIUTI. Vi ringrazio per la relazione. Ne ho letto solo una parte, ma sono rimasta sconcertata, sul tema del traffico di stupefacenti, dell'ipotesi che faceva in relazione al fatto che non è più l'attività principale, come tutti pensavamo.
  Il dato che mi lascia perplessa è che, effettivamente, a Milano, come si è visto anche in alcuni articoli di giornale, le indagini sul traffico sono crollate drasticamente negli ultimi sette anni. Invece, in altre zone geografiche questa attività continua anche con successo da parte delle procure e delle forze dell'ordine.
  Mi rimane, però, questo dubbio. Giustamente, lei ha detto che è un'ipotesi, ma pensando al business che sta dietro al narcotraffico e a libri che abbiamo letto ultimamente rispetto a questo tema, trovo singolare l'ipotesi stessa, ovvero che le mafie, e nello specifico la ’ndrangheta, non abbiano più questa come attività principale. Mi piacerebbe capire perché, per Pag. 10esempio a Milano, questo tipo di indagini non ricorrano più come prima.

  ALESSANDRO NACCARATO. Sul credito mafioso, ovvero sulla domanda di denaro, mi chiedo se dal lavoro che avete fatto emerge anche un coinvolgimento degli istituti di credito, ovvero se utilizzano per il cosiddetto «credito mafioso» anche i canali di credito legali attraverso istituti veri e propri o intermediari finanziari.

  CELESTE COSTANTINO. Vi ringrazio anch'io della relazione. Il dato che mi colpisce di più, che è veramente disperante, è quello del 46 per cento di estorsione rivolta ai meridionali perché immagino popolazioni intere che si spostano pensando di buttarsi alle spalle il contatto e la convivenza con il fenomeno criminale e poi al nord si ritrovano a essere vessati nello stesso modo. Mi convince, però, la spiegazione che viene data, ossia il fatto di essere più facili alla rassegnazione.
  Se non ho capito male, si faceva l'esempio dell'Emilia come territorio in cui la penetrazione è entrata e dove, anche lì, c’è senso di rassegnazione. Vorrei un'opinione del perché in Emilia il fenomeno criminale è riuscito a penetrare quel tessuto sociale in maniera quasi analoga rispetto ai meridionali che vi risiedono.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, faccio anch'io una domanda. Possiamo aspettarci dal quarto rapporto sulle mafie straniere qualche risposta in più sulla droga, sulla tratta degli esseri umani, sulla prostituzione e sul caporalato ? Incrociando settori di attività mafiosa con le mafie straniere, si ha un completamento anche degli altri aspetti che sono stati toccati in questa relazione ?
  Non vorrei, infatti, che fossero la manovalanza di alcune attività illegali rispetto allo spostamento delle mafie italiane verso le attività legali. Dopodiché, in alcuni settori potrebbe essere il contrario.

  NANDO DALLA CHIESA, direttore dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata. Provo a rispondere velocemente.
  Sulla questione piemontese, è indubbio che ci sia una presenza di ’ndrangheta. Il problema è saperla riconoscere. Lo stesso vale per le imprese. Ho avuto modo di discutere con diversi esponenti delle istituzioni sul come si può riconoscere e qualche volta mi è capitato anche di dover dare dei pareri.
  Per esempio, uno che non abbia studiato nulla di mafia pensa che il fatto che un certo signore sia il padrino di battesimo di un figlio non voglia dire niente. Invece, questo vuol dire ancora di più della parentela perché viene scelto e non è un'eredità. Se un prefetto o un magistrato non coglie il senso profondo di questa relazione, incomincia a pensare che si tratti di coincidenze o di episodi insignificanti. Quindi, spesso si tratta anche delle capacità di chi deve valutare un determinato fenomeno. Ecco, nel caso piemontese mi sembra che ci siano stati difetti di valutazione rispetto al materiale di cui disponiamo.
  Le interdittive possono nascere. Ci sono, però, divergenze di valutazioni delle prefetture – ci sono state, per esempio, tra Mantova e Modena – sulla stessa ditta. Rinvierei, quindi, la questione a questa diversità di metri di giudizio, non al fatto che lo sia o meno. Ovviamente, lascio sempre aperte le porte alla possibilità che ci si sbagli. Tuttavia, stiamo vedendo che spesso c’è una difficoltà a capire che ci si trova davanti a organizzazioni mafiose o a segni della loro presenza.
  Per quello che riguarda gli istituti di credito, non abbiamo trovato una funzione diretta, ma molte complicità, anche nella segnalazione di persone che potrebbero essere sottoposte a usura, cioè i cui conti stanno andando in rosso, o di segnalazioni oblique che vengono fatte sulle persone a cui rivolgersi per ottenere quello che la banca non può dare.
  Sui meridionali, forse non mi sono spiegato bene. In Lombardia c’è il fenomeno della piena rassegnazione perché il radicamento, in provincia di Milano o in Brianza, è molto elevato e capillare. Come molte volte è stato lamentato dalla magistratura Pag. 11milanese e dalla direzione distrettuale antimafia di Milano, gli imprenditori ormai non parlano quasi più.
  Invece, in Emilia dove il radicamento è più recente e dove non è sempre la ’ndrangheta a essere presente, ma c’è anche la camorra, che forse ha una minore vocazione a radicarsi e a colonizzare, nelle intercettazioni telefoniche assistiamo spesso a dialoghi tra i membri delle organizzazioni che si lamentano del fatto che bisognava sapere che un certo soggetto non era cutrese, quindi avrebbe reagito o denunciato, oppure ci si segnala il rischio che qualcuno denunci perché è diverso. Pertanto, ricondurrei la diversità emiliana alla più giovane penetrazione e alla diversa qualità delle organizzazioni che si stanno introducendo o hanno messo radici.
  Riguardo a quanto dice la presidente, il quarto rapporto è sulle organizzazioni straniere. Tuttavia, avevamo in mente uno schema con la ’ndrangheta che gestisce il traffico di stupefacenti e poi affida i livelli più bassi a quella che chiamiamo «criminalità etnica».
  Dopodiché, avevamo fatto una seconda ipotesi, cioè le organizzazioni mafiose delegano determinati livelli, non necessariamente i più bassi, ma anche lo spaccio, pretendendo il versamento di risorse in termini di servizi, di soldi e così via, per il controllo del territorio. Questa mi sembrava l'ipotesi che mettesse d'accordo quello che sappiamo e immaginiamo con quello che ci veniva detto.
  In realtà, c’è anche una presenza molto importante di organizzazioni straniere che gestiscono tutto il ciclo, a volte sono perfino fornitori della ’ndrangheta. La frase che abbiamo sentito più volte dire è «a Milano c’è posto per tutti». Non sorgono dei conflitti perché nessuno è in grado, da solo, di rifornire il mercato milanese. Per questo torniamo al problema della domanda.
  Abbiamo una presenza sempre più vasta delle organizzazioni slave, ma da protagoniste, non da gregarie. Ho proposto delle ipotesi sul perché questo sia accaduto, ma ne suggerisco una in più.
  Per quello che riguarda il fatto che le locali di ’ndrangheta sviluppino, come interesse principale, il traffico di stupefacenti, una suggestione che potrebbe aiutare a capire qualcosa in più è che spesso non sono le locali che, come organizzazioni, svolgono il traffico di stupefacenti, ma all'interno delle locali viene lasciato libero corso ai propri elementi di fare quello che vogliono. Diversi collaboratori di giustizia dicono questo, quindi potrebbe essere un'altra spiegazione. Non lo fanno le locali, che non l'assumono come attività principale, bensì dei loro elementi di spicco.
  Questo va ulteriormente indagato in quanto al momento non ci sono degli elementi che possano suffragare questa tesi, ma la inserisco perché è giusto farlo.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre integrazioni da parte del professore e dei ricercatori, con la presentazione di oggi consideriamo pubblico il terzo rapporto, che alleghiamo al resoconto della seduta odierna. Poi, in Ufficio di Presidenza decideremo la sede e le modalità della presentazione.
  Nel ringraziare nuovamente gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

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