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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (I Camera e 1a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 4 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, sulle tematiche e sulle problematiche inerenti all'Agenda europea sulla migrazione (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 3 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 13 
Migliore Gennaro (PD)  ... 13 
Finocchiaro Anna , Presidente ... 16 
Mazzoni Riccardo  ... 16 
Costantino Celeste (SEL)  ... 16 
De Petris Loredana  ... 17 
Cociancich Roberto  ... 18 
Fiano Emanuele (PD)  ... 18 
Invernizzi Cristian (LNA)  ... 19 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 21 
Bianchi Dorina (AP)  ... 21 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 22 
Finocchiaro Anna , Presidente ... 23 
Campanella Francesco  ... 23 
Agostini Roberta (PD)  ... 23 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 23 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 24 
Costantino Celeste (SEL)  ... 27 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 27 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del ministro dell'interno, Angelino Alfano, sulle tematiche e sulle problematiche inerenti all'Agenda europea sulla migrazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, sulle tematiche e sulle problematiche inerenti all'Agenda europea sulla migrazione.
  Diamo innanzitutto il benvenuto alla Presidente Finocchiaro e ai colleghi della 1a Commissione del senato.
  Ringrazio il ministro per la sua presenza e gli do la parola.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Grazie, signor presidente. Ringrazio i signori presidenti, presidente Mazziotti Di Celso e presidente Anna Finocchiaro. Ringrazio tutti voi, onorevoli deputati e onorevoli senatori, per avermi dato l'opportunità di fornire il mio contributo di conoscenza e di valutazione sui temi e sulle problematiche inerenti all'attuazione dell'Agenda europea sulla migrazione.
  Il mio è un ringraziamento che si estende in questa occasione anche al presidente del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, l'onorevole Laura Ravetto, e al presidente Gennaro Migliore, presidente della Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattenimento dei migranti di un'apposita Commissione di inchiesta su fatti connessi, perché sia con la Commissione affari costituzionali della Camera, sia con la Commissione affari costituzionali del Senato, sia con il Comitato Schengen e con la Commissione d'inchiesta il ministero che io presiedo ha avuto un'ottima collaborazione. Pertanto, il mio ringraziamento non è formale. Io considero ancora oggi questa occasione un'opportunità per illustrare in una sede istituzionale di così alto rilievo gli sviluppi che si sono registrati nel quadro interno e in quello europeo dopo l'approvazione dell'Agenda Junker.
  Mi scuso in anticipo se non sarò breve, ma ritengo che siamo in una fase molto importante. Cari colleghi, le legislature scandiscono i tempi delle democrazie e il loro scorrere, ossia il fluire delle legislature, consegna a chi di quelle legislature è protagonista, attraverso la propria esperienza di governo e, nella fattispecie, attraverso la propria esperienza in Parlamento, la responsabilità di guidare ciò che in quelle legislature accade.
  Noi siamo esattamente a metà, perché il primo Governo di questa legislatura si è insediato alla fine dell'aprile del 2013. Siamo esattamente al giro di boa di questa Pag. 4legislatura. I Governi sono cambiati, il Parlamento no. Ecco perché queste Commissioni hanno titolo e diritto a raccontare, insieme al Governo, anche in antitesi al Governo, quello che è successo in questi due anni e mezzo. Hanno il diritto e il dovere di farlo, con una contestualizzazione storica di ciò che è successo.
  A nessuno è dato di scegliere il tempo in cui vivere e neanche quello che si trova innanzi, non avendo scelto il tempo in cui vivere, ma a tutti è dato il diritto e il dovere di raccontare la propria versione dei fatti e di incastonare quei fatti in un tempo della storia che è quello che ci si prospetta innanzi.
  Noi non stiamo vivendo un tempo della storia ordinario. Quello che noi stiamo vivendo, è bene che ciascuno di noi lo ricordi a se stesso – non è un mio monito, è un mio ricordarlo a me stesso – non è un tempo della storia ordinario. Le vicende legislative che le Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato hanno affrontato non sono vicende legislative riguardo ai temi della migrazione che incrociano un tempo ordinario. Noi viviamo un tempo eccezionale. Se si prescinde da questa premessa, vi è una difficoltà a contestualizzare il momento che noi stiamo vivendo.
  Noi non viviamo un tempo ordinario perché stiamo gestendo il più grande flusso di profughi dalla fine della seconda guerra mondiale e la più grande ondata migratoria da quando l'Italia è un'unità fisico-geografica. Mai l'Italia era stata interessata da un tale flusso di migrazioni e mai l'Italia dalla fine della seconda guerra mondiale era stata interessata a un tale flusso di profughi, di rifugiati e di richiedenti asilo o protezione umanitaria in generale. Altro tema è l'aver dimostrato in questi due anni e mezzo che non è l'Italia, ma l'Europa a dovere affrontare e gestire quanto appena detto.
  Noi abbiamo fatto riferimento all'inizio di questa legislatura a questo giro di boa, ma sarebbe più corretto indicare una data alla quale io attribuisco l'inizio del tutto, ossia la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Nulla è stato più come prima dopo quella strage. Trecento migranti morirono a poche decine di metri dalla costa di Lampedusa. Centinaia di migranti morirono mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo. Il Governo non era presieduto dall'attuale Presidente del Consiglio e l'Italia era sola.
  Il Governo decise di varare un'operazione chiamata Mare Nostrum senza aspettare che qualcuno facesse qualcosa al posto dell'Italia, perché l'Italia capì che in quel momento, di fronte ai morti, serviva una reazione, e che la reazione non poteva essere una reazione diversa da quella umanitaria, cioè dall'idea che quel dramma avrebbe sì potuto verificarsi ancora, ma che non avrebbe dovuto più verificarsi a causa di omissioni o di responsabilità della comunità nazionale italiana.
  Quella fu una scelta politica, con una profonda sostanza etica. L'idea era che intanto le vite umane si salvano e poi, dopo che sono state salvate e sono vive e in grado di rispondere, si fa loro la domanda se siano richiedenti asilo o immigrati irregolari. Quella fu la scelta dell'ottobre-novembre 2013.
  Dico questo perché noi oggi siamo chiamati a parlare dell'Agenda Junker, ma, se io non avessi detto questo, noi non avremmo potuto collocare l'Agenda Junker nel posto esatto in cui nella storia quest'Agenda si colloca, cioè come il punto in cui comincia la nuova gestione dell'immigrazione da parte dell'Europa e si conclude la vecchia gestione da parte dell'Europa. Quello è il punto politico-istituzionale essenziale. L'Agenda Junker non è un indice e basta. Con tutti i suoi limiti, è esattamente una strategia nuova, che segna il confine con una vecchia strategia che portò i morti di Lampedusa e che era caratterizzata da omissioni e scaricabarile.
  Dopo quella vicenda noi andammo in Europa – nel frattempo si era insediato il nuovo Governo, quello del Presidente Renzi – a dire alcune cose molto semplici. La prima è che quel confine non era un confine italiano. La seconda è che a varcare quel confine non erano richiedenti asilo in Italia, ma richiedenti asilo in Pag. 5Europa. La terza è che era fin troppo presumibile che non tutto il flusso dei profughi e dei disperati e morti di fame, o moribondi di fame, avrebbe potuto attraversare il confine con l'Europa dall'unica porta di Lampedusa. Era altamente presumibile che altre porte si sarebbero aperte, perché non avrebbe retto l'unica porta di Lampedusa e non avrebbe retto l'unica rotta del Mediterraneo centrale.
  Abbiamo anche detto che nell'architettura della costruzione europea non esiste che ci sia un diritto di cittadinanza che non sia, al tempo stesso, retto da un diritto d'asilo e che non esiste nella storia degli ordinamenti costituzionali del mondo una federazione o un'unione di Stati che abbia cancellato le frontiere interne, come l'Europa ha fatto coraggiosamente con Schengen, senza ridisegnare e proteggere la frontiera esterna. Come è accaduto in grandi federazioni degli Stati, il tema della frontiera sarebbe stato il tema del futuro.
  Infine, abbiamo detto che su questo tema si sarebbe giocato il destino o il declino dell'Unione europea. Perché ? Un mercato e una moneta ce li siamo dati, ma quel mercato e la moneta, come la storia recente ci ha dimostrato, non sono stati idonei a fare un popolo europeo. Attraverso il mercato e la moneta abbiamo reso più efficienti le nostre economie, ma per fare un popolo ci vogliono diritti, doveri, solidarietà e responsabilità comuni.
  Queste battaglie sono state battaglie a lungo inascoltate. A lungo noi abbiamo dovuto caricarci da soli il peso dell'impopolarità, lo stesso che adesso sta cogliendo tutti i più importanti leader dei Paesi dell'Occidente che maneggiano le questioni migratorie. Abbiamo dovuto sopportare l'idea che tutto ciò dipendesse dalla gestione della frontiera del Governo italiano, quando non del ministro dell'interno italiano. L'abbiamo fatto salvando vite, arrestando scafisti – ringrazio in questa circostanza la magistratura e le forze dell'ordine – sequestrando e confiscando le loro imbarcazioni, facendo inchieste giudiziarie, avviando cooperazioni internazionali e addirittura scoraggiando alcuni a percorrere la rotta del Mediterraneo centrale perché la magistratura e le forze dell'ordine di questo Paese erano in grado di sequestrare e confiscare le imbarcazioni e, nel frattempo, di far stare detenuti donne e uomini accusati di essere degli scafisti in un ordine di grandezza superiore al numero 1.000. Abbiamo realizzato tutto questo a spese nostre, con l'operazione chiamata Mare Nostrum, finché l'Europa non si è accorta che quell'operazione di presidio della frontiera marina non poteva essere solo a carico del nostro Paese.
  Così l'Europa è scesa in mare e ha avviato l'operazione Tritone su egida di Frontex. Questo è stato il primo segnale. Abbiamo chiuso Mare Nostrum e siamo già all'autunno dello scorso anno. L'anno scorso di questi tempi abbiamo chiuso Mare Nostrum e abbiamo ottenuto il primo risultato.
  Purtroppo, come vedremo in appresso, la gestione dell'immigrazione è connotata da tragedie e, quindi, per ogni tragedia c’è un passo in avanti. Questa è la constatazione drammatica della lezione di questo biennio. Si arrivò così, dopo l'operazione Tritone, a una nuova strage nel Mediterraneo. Questa volta i funerali dei morti non furono celebrati a Lampedusa e neanche al molo del porticciolo turistico di Agrigento, ma a Malta, che generosamente si fece carico delle bare.
  Dopo quella tragedia nel Mediterraneo il Presidente del Consiglio Renzi chiese e ottenne, unico caso, anzi con un solo precedente, un Consiglio straordinario dei Capi di Stato e di Governo. A seguito di quel Consiglio straordinario dei Capi di Stato e di Governo i leader dell'Europa hanno deciso di darsi un'Agenda, incaricando i ministri dell'interno di compilarla dal punto di vista operativo, ma affidando loro un'azione di individuazione delle misure precise. L'Agenda nasce da un gesto di leadership in Europa dei Capi di Stato e di Governo, i quali decidono alcune cose che sono poi il contenuto dell'Agenda.
  Io credo che il racconto di questi due anni sia il racconto di un grande Paese che non rinuncia a essere grande, di un Paese che non diventa piccolo se la tragedia è Pag. 6grande e di un Paese che ha avuto la forza di collocarsi dalla parte giusta della storia. Quest'Agenda non ci sarebbe stata se l'Italia non fosse stata collocata dalla parte giusta della storia, quella di chi ha salvato vite, di chi ha fatto espulsioni, di chi ha fatto arresti, di chi ha contrastato le infiltrazioni terroristiche, ma soprattutto di chi ha salvato vite.
  Certo, rimane il retrogusto amaro di decisioni che hanno avuto un'accelerazione dopo che il corpo di un bambino, Aylan, è stato restituito alle spiagge e raccolto sulla spiaggia da un uomo in divisa. Rimane il retrogusto amaro di un camion in Austria con 60-70 morti. Rimane il retrogusto amaro di una tragedia alla frontiera tra la Grecia e la Macedonia. Rimane la somma di questo retrogusto amaro a dire che forse queste decisioni sono state accelerate quando le porte che noi avevamo previsto sarebbero state sfondate e sono, in effetti, state sfondate.
  Rimane il retrogusto amaro che altri morti ci sono voluti perché in Europa tutti capissero quanto fosse europeo ed epocale il fenomeno. Altrettanto, però, rimane la decisione. L'Europa ha deciso di cambiare marcia. Ha capito che nessuno avrebbe potuto dimenticare quello che accade ai confini dell'Europa stessa e che il buon vicinato non è solamente con i Paesi terzi del Mediterraneo, ma è anche con quei Paesi dell'Europa che presidiano e gestiscono le frontiere.
  Ecco perché io considero che la comunicazione della Commissione europea che va sotto il nome di Agenda Junker sia un documento di grande respiro, sebbene, come dirò in seguito, su alcuni dei suoi punti gravino ancora i condizionamenti e i freni imposti dalle logiche nazionali. È indubbio comunque che si tratti di un netto passo in avanti e soprattutto di una presa d'atto del cambiamento profondo della realtà migratoria, avvenuto non in virtù di fatti contingenti e di elementi transitori e reversibili, ma dell'azione di fattori di fondo strutturali, storici e sociali che chiamano in gioco le scaturigini stesse del fenomeno e che interpellano l'Occidente e l'Europa in una maniera che non era mai stata tanto radicale e tanto drammatica.
  Per questi motivi preliminarmente vorrei sottoporvi alcune altre riflessioni che io ritengo basilari ai fini della valutazione della complessità della questione migratoria in questo tempo della storia. Nonostante i processi di globalizzazione abbiano esteso ovunque la loro portata, continuano a manifestarsi in maniera consistente le diseguaglianze demografiche, economiche e sociali che hanno sempre rappresentato una formidabile spinta alle dinamiche migratorie. Va configurandosi con forte e crescente evidenza un mutamento del fenomeno, purtuttavia, ed è un mutamento del fenomeno caratterizzato non solo da modalità diverse, ma anche dall'emergere di nuove cause che si aggiungono a quelle tradizionali che solitamente hanno dato impulso ai flussi migratori. L'estrema povertà e la conseguente ricerca di sbocchi di vita meno precari si mescola alla necessità di mettere al riparo semplicemente la propria esistenza, gravemente minacciata da guerre civili, da scontri interetnici e da persecuzioni ideologiche o politiche.
  Si tratta di una trasformazione che è anche conseguenza dei conflitti che circondano l'Unione europea. Mi riferisco, in particolare, alla Siria, all'Iraq e, naturalmente, alla Libia, a cui possiamo aggiungere le infelici esperienze statuali della Somalia e dell'Eritrea.
  Sulla questione libica tante volte ci siamo soffermati. Comunico un solo dato a queste Commissioni: oltre il 90 per cento degli sbarcati in Italia parte dalla Libia, ragion per cui comprenderete bene come il tema dell'instabilità libica, per quanto ci riguarda, coincida quasi esattamente con il tema delle migrazioni nel nostro Paese.
  Questo vasto fronte di fermenti sanguinosi e di lotte cruente, che ha avuto significative ripercussioni sulla provenienza e sull'origine dei flussi, ha contribuito anche a determinare col tempo un andamento sinusoidale fluttuante delle rotte. Infatti, mentre in alcuni momenti la consistenza dei flussi migratori ha fatto sì Pag. 7che apparisse prevalentemente battuta la rotta del Mediterraneo centrale, in altre fasi, invece, come in quella attuale, il fenomeno ha registrato l'incremento della rotta del Mediterraneo orientale, con una maggiore pressione, quindi, sul confine turco-greco.
  Nel 2015 si è palesata una più netta rilevanza di quest'ultima direttrice, a cui ha concorso probabilmente anche la situazione siriana, come dimostra il fatto che la più alta percentuale di stranieri che ha utilizzato la rotta orientale fosse proveniente proprio dalla Siria.
  Il fenomeno migratorio in sé deve aver assunto dimensioni imponenti, come dimostra l'eloquenza dei dati ufficiali. Secondo l'Agenzia Frontex sono stati oltre 700.000 i migranti che dall'inizio dell'anno e fino al 30 settembre scorso hanno attraversato i confini esterni dell'Unione europea, con un aumento del 250 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2014. Di questi oltre 140.000 sono giunti sulle coste italiane, mentre, come accennavo, la parte prevalente è entrata in Europa attraverso la rotta balcanica oppure utilizzando rotte minori.
  La pressione derivante da questo eccezionale flusso di persone sta mettendo a dura prova i sistemi di accoglienza dei Paesi in transito, in particolare la Grecia, l'Austria e anche l'Italia, e anche di destinazione finale, cioè la Germania e la Svezia, e non accenna a esaurirsi. Le Agenzie internazionali sono pressoché unanimi nel ritenere che nel 2016 i numeri della migrazione si attesteranno quantomeno al livello di quest'anno.
  Un altro fattore di complessità, che è il portato di quella trasformazione strutturale di cui dicevo, deriva dal fatto che nella stragrande maggioranza dei casi siamo di fronte a esseri umani che richiedono asilo, o che sono comunque bisognosi di protezione internazionale. L'avvenuto mutamento del profilo del migrante ha finito per porre l'Europa di fronte a scelte laceranti, perché vanno tenute insieme due istanze parimenti legittime: da un lato, quelle derivanti dal diritto internazionale, dalla normativa comunitaria e dalle Costituzioni dei vari Stati membri, che impongono di offrire accoglienza, dall'altro quella delle comunità nazionali, che avvertono nell'incessante pressione migratoria una minaccia alla loro sicurezza e un'insidia alla conservazione del loro carattere identitario, delle loro tradizioni, della loro storia e appunto della loro stessa identità. Ecco perché la sfida a questa generazione di governo, ma anche a questo Parlamento è quella di far convivere queste due istanze, perché entrambe vanno interpretate e fatte convivere.
  Finalmente, anche grazie al continuo stimolo del nostro Paese, stiamo assistendo da alcuni mesi a questo nuovo approccio dell'Europa. Vi sono ancora, è vero, all'interno del contesto europeo posizioni improntate al prevalente perseguimento degli interessi nazionali. Tuttavia, la Commissione europea, insieme con un buon numero di Stati membri, sta seriamente operando per un riequilibrio della situazione a favore dei Paesi maggiormente esposti, nella consapevolezza, forse per la prima volta, della necessità di un cambio di registro.
  Già oggi vi è una maggiore presenza dell'Europa nel Mediterraneo. Lo testimonia la missione Tritone, la più importante – tengo a sottolinearlo – e la più grande operazione di controllo delle frontiere messa in campo dall'Unione europea sia in termini di partecipazione degli Stati membri (vi partecipano 25 Stati membri), sia in termini di budget, giunto a quasi 40 milioni di euro, che è tanto rispetto agli stanziamenti precedenti dell'Agenzia.
  Un'ulteriore dimostrazione è la missione navale EUNAVFOR MED, destinata al contrasto del traffico e della tratta di esseri umani, entrata nella seconda fase più propriamente operativa dagli inizi di ottobre scorso.
  Dopo l'approvazione dell'Agenda europea sulla migrazione e i seguiti che ne sono scaturiti vi è più Europa anche nel settore dell'accoglienza dei migranti. La ricollocazione dall'Italia e dalla Grecia rispettivamente di 24.000 e 16.000 persone ha già avuto inizio per alcune quote di Pag. 8migranti che hanno lasciato l'Italia per raggiungere la Svezia e la Finlandia. Si tratta di un processo di medio e lungo periodo che intanto si snoderà nell'arco di un biennio, ma che è destinato progressivamente a crescere.
  La ricollocazione dei migranti è stata oggetto, infatti, di una seconda decisione del Consiglio affari interni, che assegna in favore dell'Italia un'ulteriore quota di 15.600 migranti da ricollocare. L'attenzione verso i Paesi più esposti è resa ancora più esplicita da una clausola residuale in virtù della quale l'Italia e la Grecia potranno chiedere a loro vantaggio la riassegnazione di una quota extra complessiva di 54.000 migranti, qualora non assorbita da altri Paesi.
  È importante comprendere che siamo agli albori di un nuovo ciclo, il cui funzionamento richiede la solidità e l'interconnessione tra i due pilastri di questa nuova politica, cioè la ricollocazione dei migranti che hanno diritto a rimanere in Europa e il rimpatrio di coloro che non ne hanno titolo.
  Prevengo un'obiezione: fin qui ne sono stati ricollocati pochi. Rispondo: a parte che domani ne partiranno altri 20 per la Francia e domenica altri 50 per la Spagna, la mia risposta è che abbiamo cominciato, mentre pochi mesi fa nessuno immaginava possibile che avremmo cominciato.
  Solidarietà e responsabilità sono i due punti su cui verte tutta questa strategia, la solidarietà nel ricollocamento e la responsabilità dei Paesi di ingresso nel fare esattamente tutto ciò che loro compete per il discernimento tra i migranti irregolari e i richiedenti asilo e anche nelle operazioni di rimpatrio, di cui parlerò.
  Di certo c’è una cosa. Lo dico chiaramente: noi non concederemo più di quanto ci venga concesso. Tutta l'Agenda Junker si fonda su un negoziato che discende da questi due princìpi: solidarietà e responsabilità. Noi saremo responsabili se percepiremo la solidarietà. Se noi non percepiremo la solidarietà, non dico che non saremo responsabili, ma ridurremo le quote di partecipazione ai nostri obblighi derivanti dall'Agenda Junker esattamente alla quota di attribuzione di solidarietà che verrà fatta a nostro beneficio. Questo lo voglio dire in termini molto chiari, perché noi riteniamo che questo sia il giusto approccio negoziale con l'Europa.
  Il punto di collegamento tra i fondamenti di questo sistema in grado di assicurarne la fluidità è rappresentato dagli hotspot, cui alludevo poco fa. Agli hotspot è dedicato un importante passaggio dell'Agenda Junker ed è basato anche sugli hotspot il meccanismo della roadmap che l'Italia ha presentato all'Europa.
  Che gli hotspot rappresentino il frutto di un nuovo modo in cui l'Unione europea intende affrontare il fenomeno migratorio in un'ottica concretamente solidale lo dimostra proprio il fatto che il loro funzionamento sarà assicurato con il sostegno di esperti delle Agenzie EASO, Frontex ed Europol.
  Desidero in questa sede chiarire che nella concezione europea e, naturalmente, anche in quella italiana gli hotspot sono strutture destinate prioritariamente alla prima accoglienza e che in esse, come indicano i documenti europei, sarà possibile anche eseguire operazioni, come il fotosegnalamento, che, oltre a consentire l'esatta identificazione dello straniero, vengono anche a rispondere all'esigenza di ogni Stato membro di assolvere pienamente al proprio obbligo di alimentare il sistema Eurodac, la banca dati alla quale i dati derivanti dalle registrazioni vanno fatti affluire.
  Il Rapporto della Commissione europea del 15 ottobre scorso, in cui si esprime apprezzamento per gli sforzi compiuti dall'Italia nel dare attuazione alla roadmap, dà atto dei considerevoli passi in avanti che hanno riguardato proprio l'attivazione degli hotspot, il primo dei quali è già operativo a Lampedusa. Ce ne chiedono altri cinque. È chiaro che noi vogliamo vedere come funziona la relocation, come funzionano i ricollocamenti, prima di procedere avanti con i nostri doveri di responsabilità.
  Sulla scorta delle indicazioni contenute nello stesso rapporto è alla nostra attenzione l'ipotesi, ed è questo un elemento Pag. 9che sottopongo con particolare attenzione al presidente Finocchiaro e al presidente Mazziotti Di Celso, di un intervento che dia la necessaria cornice normativa alla operatività degli hotspot, soprattutto affrontando le ipotesi di un trattenimento più lungo quando ciò sia necessario a completare le operazioni di identificazione.
  Si tratta di un tema delicato, che verrà affrontato dal Governo con la massima attenzione ai diritti del migrante e alla dignità della sua persona, come potrete valutare nell'esaminare le norme che il Governo proporrà al riguardo. Voglio segnalare, però, che questo sarà un passaggio delicato e decisivo nel funzionamento di tutto il sistema. Mancano le norme che possano regolare il funzionamento di queste nuove strutture previste nell'Agenda europea e il Parlamento sarà chiamato a legiferare.
  Aggiungo che tutto il tema della strategia è collegato al sistema del ricollocamento e al tema di Dublino. È, dunque, di tutta evidenza come l'insieme delle iniziative appena descritte abbia aperto una breccia significativa nel muro di Dublino, postulando una più equa distribuzione dei richiedenti protezione internazionale. Questa è l'idea per la quale noi ci siamo sempre battuti, che consentirebbe di superare l'iniquità del principio del Paese di primo ingresso, iniquità che si riflette sia nei confronti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, menomati nei loro diritti e aspettative di vita familiare, ma anche sociale e lavorativa, sia nei confronti di quegli Stati membri che sono frontiera esterna dell'Unione europea.
  Altro aspetto di grande rilievo sta nel fatto che la relocation non è concepita dall'Unione europea come il frutto episodico di una situazione emergenziale, bensì, come ho detto, come l'abbrivio di una soluzione duratura. In tal senso la Commissione, facendo seguito a quanto previsto dall'Agenda europea, ha presentato una proposta di Regolamento che prevede in forma strutturata e stabile un meccanismo di ricollocazione obbligatorio, finalizzato a distribuire all'interno dell'Unione le persone con evidente bisogno di protezione internazionale in caso di afflusso massiccio e sproporzionato di cittadini dei Paesi terzi.
  Le misure che l'Unione sta portando avanti non si limitano alla relocation, ma vanno oltre. Nell'Agenda europea viene delineato un sistema di reinsediamento dei migranti che si avvicina molto all'idea di creare dei corridoi umanitari. In uno degli annessi all'Agenda si tracciano le linee di un intervento che, sotto la guida dell'Unione europea e in collaborazione con l'Alto Commissariato per i rifugiati, individua direttamente nel territorio dei Paesi terzi le persone vulnerabili e bisognose di protezione internazionale. Il loro trasferimento in Europa non sarà, dunque, il frutto di una scelta disperata di attraversamento del Mediterraneo carico di rischi, bensì l'approdo finale di un percorso garantito e protetto.
  Secondo la proposta della Commissione, il reinsediamento dovrebbe riguardare in un biennio 20.000 persone e sarebbe caratterizzato in questa fase sperimentale dal requisito della volontarietà, ma in seguito, anche in forza di un apposito provvedimento normativo, potrebbe diventare, sulla falsariga degli interventi di relocation, una misura strutturale e obbligatoria alla cui attuazione verrebbero dedicati adeguati finanziamenti europei.
  Come affermavo, l'altro aspetto fondamentale delle nuove politiche migratorie dell'Unione è costituito da un'efficace politica dei rimpatri. Proprio su questo tema è stata focalizzata l'attenzione in occasione sia del Consiglio GAI, sia del Consiglio europeo rispettivamente dell'8 e del 15 ottobre scorsi, sottolineandone l'importanza nel quadro delle azioni europee in materia di migrazione.
  In particolare, si è concordato sulla necessità di rafforzare, incrementandone anche le risorse finanziarie, l'azione di Frontex, ai cui voli congiunti di rimpatrio l'Italia partecipa attivamente, come ci viene riconosciuto nel citato rapporto della Commissione, in cui si riferisce sullo stato di attuazione dell'Agenda europea.Pag. 10
  Sempre sul piano dei rimpatri prosegue l'attività negoziale per rafforzare la cooperazione con i Paesi dell'Africa subsahariana. Io sono pienamente convinto, infatti, che una leva importante consista nel sollecitare il partenariato con i Paesi di origine e di transito dei flussi e che in quest'ambito sia decisivo l'uso mirato degli incentivi. La politica della mano tesa non può non rivolgersi innanzitutto verso quei Paesi che manifestano una reale volontà di collaborazione e che in questo senso ci aiutano ad aiutarli. L'introduzione nei documenti europei del principio more for more, cioè del dare di più a chi collabora di più, va proprio in questa direzione e la sua applicazione sarà al centro del vertice di La Valletta della prossima settimana, organizzato nell'ambito dei processi di Rabat e Khartoum incentrati sul dialogo Europa e Africa.
  In sostanza, dall'insieme delle misure che ho appena delineato emerge un quadro di convergenza dell'Europa sulle posizioni che l'Italia ha sostenuto con forza in questi anni. È l'Europa ad avere seguito la nostra strategia. Questa strategia è figlia di un indirizzo politico italiano, di un sacrificio italiano, di una scelta giusta del Governo italiano nel momento in cui quella scelta era difficile da assumere.
  Naturalmente, alcuni aspetti di governance del sistema vanno necessariamente affinati. Io mi concentro su un punto, perché su questo punto ho fatto già numerosi e duri interventi nell'ambito dei consessi europei.
  Voglio essere molto chiaro, come lo sono stato quando – e non era difficile prevederlo – dissi che non sarebbe stata possibile l'assunzione di questi migranti solo dalla rotta del Mediterraneo. Adesso, in rappresentanza del nostro Paese, ho detto in Europa una cosa molto semplice: se non funzionerà in modo efficace il meccanismo dei rimpatri, collasserà tutto il sistema, non italiano, ma europeo, di gestione della vicenda.
  Vi è una dimensione politica nel rapporto con le opinioni pubbliche dei Paesi dell'Europa e vi è una dimensione di pura funzionalità. Il continente europeo, seduto sul proprio benessere e a bassa crescita demografica, è in grado di comprendere l'accoglienza dei richiedenti asilo, di coloro i quali scappano da guerre e persecuzioni, ma, al tempo stesso, chiede ai Governi di dire con forza che non si possono accogliere tutti e che coloro i quali entrano nel territorio europeo non rispettando le leggi europee, al di là del loro giusto bisogno di cercare una vita migliore, non possono essere accolti, perché il nostro è un continente che può accogliere chi scappa da guerre e persecuzioni, ma che non può accogliere tutti.
  Dunque, quando il meccanismo funzionerà negli hotspot e quando negli hotspot sarà avvenuto il discernimento tra coloro i quali scappano da guerre e persecuzioni e i migranti irregolari, o funziona il meccanismo di rimpatrio degli irregolari, oppure il collasso, che può essere italiano, ma che presumibilmente sarà europeo, sarà del tutto inevitabile. Perché ? Perché lo status giuridico – su questo servirà l'intervento normativo – di questi soggetti non sarà lo status giuridico del richiedente asilo, che può stare in un centro di accoglienza governativo, entrarvi e uscire senza essere trattenuto, perché non c’è una condizione di trattenimento, in quanto trattasi di persona che chiede asilo. Si tratta di soggetto in attesa di rimpatrio.
  Dunque, ci vorranno delle forme di controllo di questi soggetti. Voi vi rendete conto che in un ordinamento giuridico democraticamente avanzato come quello del nostro Paese, fondato su regole del giusto processo, che ha un circuito «detentivo» di alcune decine di migliaia di detenuti nel sistema ordinario, non se ne può costruire un altro, che non è squisitamente detentivo, ma che comunque è di trattenimento in vista del rimpatrio, che valga magari due o tre volte il numero di quelli che sono presenti nel sistema detentivo derivante dal giusto processo e dalle regole di una democrazia avanzata, come quello del nostro Paese.
  Questo è ciò che io ho rappresentato a livello europeo. Anche in questa occasione per le prime due riunioni ho avuto un Pag. 11senso di solitudine, ma dalla terza riunione ho visto che i grandi Paesi dell'Europa hanno capito che non è un binomio fatto di relocation e hotspot quello della strategia Juncker e dell'Agenda Junker, ma è un trinomio, in cui un pilastro fondamentale è quello dei rimpatri.
  Abbiamo detto che ci sono delle cose da affinare. Aggiungo, dunque, che andrebbe ampliato il novero dei Paesi di origine dei migranti ammessi alla relocation. Abbiamo avviato dei confronti negoziali che mirano ad allargare l'istituto della ricollocazione a cittadini di altre nazionalità, come, per esempio, quella afgana, somala, nigeriana e maliana.
  Anche il termine per eseguire materialmente la relocation, ossia due mesi a far tempo dalla disponibilità manifestata dal Paese di destinazione, appare, in verità, troppo esiguo a fronte della complessità degli adempimenti richiesti.
  Infine, sembra non decisiva, almeno nei termini in cui è stata finora concepita, la proposta di costituire una lista di Paesi di origine sicuri, strumento che già non è risolutivo di per sé, considerato che non esime comunque dall'obbligo di valutare la domanda, che è una domanda di protezione internazionale e, dunque, da valutare caso per caso. Comunque, noi continueremo in ogni caso a mantenere attivo il dialogo con gli altri partner europei nei vari tavoli in cui il negoziato andrà avanti.
  Signori presidenti, onorevoli senatori e colleghi deputati, vorrei accompagnare le considerazioni che ho appena svolto sull'Agenda Juncker con alcuni dati di contesto dello scenario italiano, sottolineandone i punti di convergenza e di allineamento rispetto alle linee strategiche europee.
  Intanto desidero fornire un dato di raffronto tra il 2014 e l'anno in corso, che sta volgendo al termine. Se confrontiamo i periodi corrispondenti, possiamo apprezzare come i flussi abbiano finora subìto una leggera flessione in termini assoluti e percentuali. Dall'inizio del 2015 sono giunti in Italia, quasi esclusivamente dalla Libia, 141.000 migranti nel corso di 942 eventi di sbarco, circa il 10 per cento in meno rispetto all'analogo periodo del 2014, in cui si erano registrati 155.000 arrivi nel corso di 992 sbarchi.
  La nazionalità dei migranti è eterogenea, anche se i flussi più consistenti provengono dai Paesi del Corno d'Africa e dalle aree confinanti, ossia eritrei, somali e sudanesi, con percentuali rispettive del 27, dell'8 e del 6 per cento, nonché dalla Nigeria, 14 per cento.
  Dalla Siria si registra un flusso che si attesta sul 5 per cento, inferiore di ben 20 punti rispetto all'anno scorso, ma le ragioni stanno nelle cose che ho detto precedentemente, cioè nel cambio di rotta.
  L'Agenda Junker dà particolare risalto all'importanza del sistema di accoglienza, che deve essere in grado di assicurare una reale protezione dei richiedenti asilo. In questo perimetro, indicato nell'ambito delle azioni fondamentali del documento della Commissione europea, rientrano l'efficace strutturazione del sistema, basato su adeguate risorse, sia strumentali, sia finanziarie, e il potenziamento delle procedure di esame delle domande di protezione internazionale finalizzato anche al loro trattamento più rapido.
  Venendo a esporre la consistenza del sistema di accoglienza, informo che le varie strutture che lo compongono ospitano attualmente circa 100.000 migranti. Di essi 7.000 sono ospitati nei centri governativi, ossia nei Centri di primo soccorso e accoglienza e presso i CARA; 21.000 sono, invece, residenti presso gli enti locali che compongono la rete dello SPRAR, cioè il Sistema protezione per richiedenti asilo e rifugiati; e 72.000, infine, sono presenti nei centri di accoglienza allestiti in via temporanea, cioè attivati nei casi in cui non ci sia più la necessaria capienza nei centri governativi o nello SPRAR.
  Voglio anche sottolineare che è una costante preoccupazione del Governo fare sì che la sistemazione logistica dei migranti e, quindi, l'allocazione delle strutture risponda a criteri di sostenibilità sia sul piano infrastrutturale, sia su quello dell'impatto sociale, salvaguardando in ogni modo la dignità delle persone ospitate. Pag. 12Per questo motivo la governance del sistema si sta orientando sempre più verso un'accoglienza diffusa sul territorio, privilegiando l'insediamento degli stranieri in strutture di dimensione contenuta ubicate in aree meno popolose, dove maggiori sono le opportunità di un'efficace integrazione.
  Riguardo allo SPRAR, l'orientamento che stiamo portando avanti, ed è un orientamento che portiamo avanti ormai dall'avvio del mio mandato al Viminale, è quello della valorizzazione di questo strumento, che costituisce il vero motore dell'integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Anche a questo proposito si coglie la piena consonanza tra il modello italiano e le indicazioni che provengono dall'Europa, ove si pensi che l'integrazione rappresenta uno dei principali punti del documento della Commissione.
  Negli ultimi anni abbiamo aumentato esponenzialmente i posti disponibili nella rete dello SPRAR, portandoli dai 3.000 del 2012 agli attuali 21.814 collocati in 376 enti locali. Un recente avviso pubblico che permetterà di aggiungere altri 10.000 posti prevede che la quota di cofinanziamento a carico degli enti locali che vi aderiranno sia pari solo al 5 per cento rispetto a quella del 20 per cento prevista in precedenza. In questo modo si cercherà di stimolare l'adesione allo SPRAR dei comuni e degli altri enti del territorio, nella consapevolezza che solo un ampliamento significativo della platea dei soggetti che vi partecipano, invero ancora troppo modesta, potrà garantire una distribuzione dei migranti più capillare e soprattutto più sostenibile e, proprio per questo, anche più equa.
  A questo proposito comunico alla Commissione che ho appena concordato con il presidente dell'ANCI, il sindaco di Torino Piero Fassino, un appuntamento per domani, per affrontare le modalità operative di questa loro maggiore cooperazione e collaborazione a questo obiettivo.
  Un altro aspetto di cruciale importanza nell'efficiente gestione del sistema di accoglienza come indicato dall'Agenda europea è rappresentato dalla piena operatività delle Commissioni territoriali deputate a esaminare le domande dei richiedenti asilo. Lo scorso anno, grazie al contributo determinante del Parlamento – trovo questa occasione opportuna per ringraziare il Parlamento, essendo le Commissioni in seduta congiunta – abbiamo introdotto alcune misure volte ad accelerare e semplificare i procedimenti di riconoscimento.
  In particolare, come voi, essendone stati protagonisti, ricorderete, è stata più che raddoppiata la possibilità di istituire le Commissioni territoriali e le relative Sezioni, portandone il numero teorico massimo da 20 a 50, ed è stata anche cambiata la procedura, perché sono stati avviati i colloqui one-to-one in luogo dei colloqui collegiali.
  I risultati non sono mancati. Dall'inizio dell'anno alla data del 2 novembre le istanze definite dalle Commissioni territoriali sono state circa 53.000, con un aumento di circa il 79 per cento rispetto all'analogo periodo del 2014. Attendiamo risultati ancora più significativi nel prosieguo, considerato che le neoistituite Commissioni e Sezioni stanno operando solo ora a pieno ritmo e che non è stato ancora del tutto raggiunto il loro tetto massimo, visto che ne sono attive 41 su 50. Un'altra Sezione, già istituita, sarà operativa a breve.
  Per completezza, comunico gli esiti delle istanze di protezione internazionale definite quest'anno: status di rifugiato 6 per cento, status di protezione sussidiaria 15 per cento, trasmissione degli atti al questore per il rilascio del permesso di soggiorno umanitario 23 per cento, diniego di protezione internazionale 52 per cento, archiviazione del procedimento per irreperibilità del richiedente 4 per cento.
  Ulteriori miglioramenti per velocizzare e comunque rendere più performante il sistema dovranno interessare anche la fase contenziosa, ossia quella che fa seguito alla presentazione dei ricorsi avverso il diniego della protezione internazionale, in linea con le mozioni approvate proprio la scorsa settimana dall'Assemblea della Camera, Pag. 13in cui si auspica, tra l'altro, la costituzione di Sezioni specializzate presso i tribunali.
  Vorrei fare un cenno finale a un'iniziativa di carattere sperimentale che lega in maniera innovativa e socialmente rilevante il tema dell'immigrazione al volontariato civile. Si è appena chiuso, infatti, un bando di concorso del Ministero dell'interno che, nell'ambito del servizio civile nazionale, sta selezionando 20 operatori di età compresa tra i 18 e i 28 anni i quali, dal prossimo 1o gennaio, potranno essere impiegati in progetti volti a migliorare l'efficienza delle procedure di Dublino. Il miglioramento del nostro sistema, delle procedure di asilo, come delle soluzioni normative in materia passerà, dunque, anche attraverso il coinvolgimento e l'apporto di giovani energie intellettuali.
  Signori presidenti, onorevoli colleghi, senatori, mi accingo a concludere nell'auspicio di avervi fornito un approfondimento esaustivo delle tematiche che sono al centro dell'Agenda europea e di come esse abbiano finora trovato specifica declinazione nelle politiche e negli interventi del Governo nazionale. Sono a vostra disposizione, naturalmente, per eventuali ulteriori chiarimenti e informazioni.
  Dal quadro che ho tratteggiato emerge comunque con evidenza un dato incontrovertibile: il mutamento epocale del fenomeno delle grandi migrazioni è irreversibile. Si tratta di un dato che ci fa avvertire tutta la distanza da quel lontano 1990 che vide la definitiva approvazione della prima legge sull'immigrazione. Quell'intervento di venticinque anni fa nasceva in forma di decreto-legge, all'insegna della necessità di dare una risposta alle prime significative avvisaglie della questione migratoria. Ora l'esigenza è diventata ben altra, ossia quella di governare un fenomeno di grande complessità, che rappresenta una nuova sfida e una nuova frontiera per l'umanità.
  In questa prospettiva io credo che si possa accogliere per intero la necessità di sottrarre il problema migratorio al tentativo di farne una bandiera di parte, esposta a semplificazioni ideologiche o, peggio, a suggestioni regressive e a rigurgiti nazionalistici. Avremo a che fare ancora a lungo con il fenomeno della migrazione, la cui strutturale presenza in Europa e in Italia impone l'adozione di scelte e strumenti di governo calibrati sulla sua ormai riconoscibile e consolidata dimensione intercontinentale.
  È proprio su questo punto che voglio concludere, sul senso della responsabilità italiana in tutto questo. Noi siamo il Paese del grande intellettuale che previde e concepì l'idea dei corsi e dei ricorsi storici. In questo momento del mondo, in questo momento della storia, il destino non solo di un continente, ma di un globo intero si gioca nel Mediterraneo. Ancora una volta la sfida decisiva per il futuro del mondo si gioca nel Mediterraneo. Noi siamo chiamati non solo dalla storia, ma anche dalla geografia, a un protagonismo. Questo protagonismo noi intenderemo esercitarlo con tutta la storia e con tutti i valori di un grande Paese che non rinuncia a essere tale.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro per la relazione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DELLA 1a COMMISSIONE DEL SENATO ANNA FINOCCHIARO

  GENNARO MIGLIORE. Grazie, signor presidente. Grazie, presidente Finocchiaro. Grazie, signor Ministro, per la sua esauriente relazione che trovo largamente condivisibile per molti spunti, soprattutto per la ricostruzione che lei fa del cambio di passo relativo alla politica europea.
  Si tratta di un cambio di passo determinato evidentemente da un protagonismo italiano e, io aggiungo, anche tedesco. È evidente che l'idea che si dovesse trattare ogni persona che mette piede a Lampedusa o in una delle isole del Dodecaneso greco come un approdo in Europa e non Pag. 14un approdo in Italia o in Grecia sia un reale passo in avanti, che sarebbe sbagliato negare. Esso rappresenta, per quanto ci riguarda, l'elemento fondante da cui ripartire anche sul tema che lei ha accennato, e che io ritengo di sottolineare con ancora maggiore forza, del principio di cittadinanza europea.
  Il principio di cittadinanza europea non può essere definito solo sulla base di una simmetria tra le persone che richiedono asilo e quelle che appartengono ai Paesi nei quali vige l'accordo di Schengen. Una cittadinanza effettivamente europea si basa, in primo luogo, sulla condivisione di princìpi comuni su ciò che riguarda le persone e la capacità che gli Stati hanno di offrire delle risposte ai loro bisogni.
  Io mi vorrei concentrare solo su due punti, per evitare di fare un discorso troppo lungo. Il primo riguarda l'accenno che lei ha fatto all'efficienza del sistema dei rimpatri. Su questo punto io vorrei essere molto chiaro: gli hotspot non dovranno essere strutture detentive. Gli hotspot, come lei ha detto – lo dico a sostegno della sua tesi – sono delle strutture di identificazione che vengono comprese all'interno dell'Agenda Junker come progetto all'interno del quale i migranti non possono rimanere più che qualche giorno, perché poi devono essere destinati agli hub e da qui ai centri che, sperabilmente, devono avere la caratteristica di quell'accoglienza diffusa a cui il Governo sta puntando.
  C’è poi un punto che vorrei sottolineare soprattutto ai membri delle Commissioni, oltre che a lei, che riguarda la coerenza con il quadro normativo. Se sta cambiando l'orientamento europeo e, quindi, stanno cambiando di fatto le indicazioni e le normative europee di contorno, non può rimanere identico il sistema normativo italiano. Non parlo dell'applicazione delle direttive europee, ma del sistema normativo italiano, che risulta, così come altri in Europa, privo di quegli strumenti che possono affrontare una vicenda certamente imponente rispetto a quella che abbiamo vissuto nel corso degli anni precedenti in relazione alla dimensione dei profughi e dei richiedenti asilo, ma che, dal punto di vista della politica migratoria in generale, non è poi così imponente.
  Lei ricordava il 1990. Nel 1990 gli stranieri sul nostro territorio erano 500.000. Oggi sono 5,5 milioni. Non sono nati sotto i funghi nel corso di questi anni. Sono arrivati attraverso canali che via via sono stati sanati da una serie di sanatorie, con le quali si è arrivati a 5,5 milioni di migranti. Stiamo parlando, su una popolazione straniera di 5,5 milioni di migranti e di stranieri – sia comunitari, sia extracomunitari – di 100.000 persone all'interno delle strutture di accoglienza. Non stiamo parlando, quindi, di una percentuale rilevante, ma di poco meno del 2 per cento della complessiva presenza straniera sul territorio. Sono queste le persone che richiedono asilo.
  Quello che non va dal mio punto di vista – credo di rappresentare anche un'opinione più larga – è il principio, sul quale è stata basata tutta la legislazione vigente, in particolare quella che va sotto il nome di Bossi-Fini, dell'impossibilità di avere accessi legali sul nostro territorio. Quando lei dice che bisogna distinguere i richiedenti asilo da coloro i quali non hanno diritto, è il principio dell'avere diritto che in questo momento trova una sua difficile interpretazione. Sulla base della normativa vigente non c’è la possibilità di entrare, ma nel corso degli anni abbiamo visto qual è la richiesta che viene dalle Istituzioni europee, e non solo europee.
  Io ho partecipato, circa un mese fa, all'interparlamentare mondiale in cui nella risoluzione finale si chiedeva esplicitamente che tutti i Parlamenti si adeguassero nel dotarsi di una normativa che prevedesse vie di accesso legali. Ciò anche per evitare quella forma impropria di richiesta d'asilo da parte di persone che, non avendo altro strumento per accedere sul nostro territorio e conoscendo le lungaggini connesse al riconoscimento di questo status, richiedono l'asilo e, quindi, stanno all'interno del nostro sistema di accoglienza, mentre avrebbero tutta la Pag. 15possibilità, in un regime di cooperazione e anche di mutuo scambio con i Paesi di provenienza, di sperimentare una regolamentazione dei flussi.
  Questo è un punto decisivo rispetto alle politiche migratorie, che non saranno solo quelle emergenziali, sperando di risolvere, ovviamente, nel numero più breve di anni possibile, le vicende legate in particolare alla Siria e agli altri Stati attraversati da crisi. Ovviamente, questa è una petizione di principio molto ottimista. Saranno comunque fenomeni strutturali.
  Il secondo punto, oltre al cambiamento del complesso della normativa vigente, è relativo al nostro sistema di accoglienza. Colgo l'occasione per ringraziare il Ministero dell'interno per l'ampia, totale e precisa collaborazione rispetto all'attività d'inchiesta che noi stiamo svolgendo, di cui non parlo oggi, ovviamente, perché non c’è questa esigenza. Lei sa che la struttura del nostro sistema di accoglienza è erede di un'altra data, che è quella dell'avvio dell'emergenza Nord Africa del 2011.
  Lei ha detto che, quando non c’è più posto negli SPRAR e nei centri governativi, si va nei centri temporanei. Io sollevo il piccolo particolare che il 70 per cento va nei centri temporanei, centri che non possono, per loro natura, garantire uno standard di accoglienza anche rispetto agli investimenti e ai fondi che vengono destinati per le politiche di accoglienza.
  Faccio un esempio. Qual è l'operatore qualificato che si fa assumere, magari per fare assistenza psicologica o assistenza legale, da un centro che opera con un contratto a tre o a sei mesi e che deve accogliere poche decine di migranti ? Questo è il motivo per il quale la requisizione degli alberghi e l'attività di occupazione anche di strutture spesso non idonee, come stiamo verificando, rendono più difficile questo sistema.
  Devo dire la verità. C’è stato un impegno molto serio da parte del Governo a modificare le politiche in questo senso e ad allargare il sistema dello SPRAR, ma probabilmente vanno ripensati i criteri con i quali vengono costruiti i sistemi di accoglienza, che sono basati oggi sulla dimensione del pro capite pro die. Per chi non lo sapesse, si tratta del sovvenzionamento per ogni migrante ogni giorno, che, su una media di 30-35 euro, presiede più o meno a tutte le attività, che si tratti di centri governativi o di centri straordinari. Io credo che questa sia un'altra politica da cambiare.
  Inoltre – e concludo – io vorrei che ci fosse un'attenzione speciale nei confronti delle violazioni che vengono sistematicamente realizzate verso le donne e i minori, cioè i soggetti più vulnerabili. In particolare per quanto riguarda le donne mi fa piacere che nella sua relazione il Ministro abbia incluso anche la Nigeria tra i Paesi che possono permettere la relocation.
  Spesso si dice che la Nigeria è un Paese sicuro. In realtà dipende dalla zona. Mi riferisco, soprattutto per quanto riguarda le donne, ai problemi connessi alla tratta. Io so che il Ministero sta per proporre – non so se lo farà la Presidenza del Consiglio attraverso il Dipartimento delle pari opportunità – una normativa specifica per contrastare la tratta. Noi sappiamo che la stragrande maggioranza delle donne nigeriane è già all'interno della tratta quando parte. Questa è un'occasione assolutamente necessaria nella quale il nostro Governo deve garantire protezione a queste persone, anche per poterle denunciare in sicurezza, visto che molte di loro sono costrette a riscattarsi pagando ai trafficanti – che non agiscono solo tra una sponda e l'altra, ma anche all'interno del nostro Paese – una somma di denaro che arriva fino a 70.000 euro.
  Dico questo per sottolineare che abbiamo bisogno di andare in questa direzione e di migliorarla. Ringrazio per il suo contributo attuale e anche per gli avanzamenti nel corso di questi ultimi due anni, ma noi dobbiamo guardare in faccia la realtà: il sistema di accoglienza non è ancora al livello di altri sistemi di accoglienza europei ed è questo il motivo per cui noi dobbiamo garantire uno standard europeo non solo nelle politiche del riconoscimento dell'asilo e soprattutto, ovviamente, della salvezza delle persone in mare, ma anche nell'accoglienza. Questo, Pag. 16per quanto ci riguarda, farebbe fare davvero quell'ulteriore passo in avanti che è necessario al nostro Paese.

  PRESIDENTE. Colleghi, alle 16 riprendono i lavori dell'Aula alla Camera. Al Senato abbiano un margine di tempo più ampio. Io adesso ho iscritti a parlare il senatore Mazzoni, l'onorevole Costantino, la senatrice De Petris, il senatore Cociancich, l'onorevole Fiano, l'onorevole Invernizzi e l'onorevole Bianchi. Sono sette interventi. Nei limiti del possibile, se i colleghi potessero limitarsi a formulare o un'osservazione o un quesito, potremmo offrire a tutti la possibilità di esprimersi, riuscendo anche a sentire la replica del Ministro.

  RICCARDO MAZZONI. Presidente, accolgo l'invito, anche perché ricordo un mio collega giornalista che faceva domande di 50 righe per poi fare rispondere «sì» e «no» all'interlocutore, il che non era il modo più corretto.
  Io condivido con lei, signor Ministro, che l'Italia si è comportata da grande Paese, ma penso che l'Europa sia ancora troppo piccola. Tra quanto viene scritto ed enunciato nei vari Piani di accoglienza, come il Piano Juncker, e la loro applicazione sostanziale c’è ancora un abisso.
  Lei ha detto che si è aperta una significativa breccia nel muro di Dublino. Io credo che il muro di Dublino resti ancora in piedi. Se ci sono state deroghe, è perché la Germania ha applicato la clausola di sovranità nei confronti dei profughi turchi, ma, se non si mette normativamente a posto il Regolamento di Dublino, i problemi resteranno.
  Peraltro, l'Europa ci ha imposto una roadmap molto stringente. Vuole cinque hotspot entro fine 2015 e la ricollocazione riguarda solo i profughi arrivati in Italia dopo il 15 aprile e non quelli arrivati in precedenza. La somma di 24.000 è tuttora molto esigua, se si parla di un riequilibrio effettivo europeo.
  Passo alle domande. Che possibilità ci sono di rivedere Dublino ?
  È stato giusto ampliare le Commissioni territoriali, ma il Governo ha intenzione di semplificare le richieste di asilo e i ricorsi ? Se si manterranno i tre gradi di ricorso fino alla Cassazione, è chiaro che ci sarà una grande massa di ricorsi che restano fermi per anni, visti i tempi della giustizia italiana.
  Come ultima cosa, lei ci ha detto che ci vorranno forme di controllo degli irregolari, che non potranno più circolare liberamente. Questo significa che sarà riattivato il sistema dei CIE (attualmente su 12 se ne sono aperti 5) oppure si prevedono altri sistemi di controllo ?
  Grazie.

  CELESTE COSTANTINO. Grazie, presidente. Buongiorno, signor Ministro. Quando lei ha esordito dicendo che la sua relazione sarebbe stata lunga, sinceramente ne sono stata contenta, perché immaginavo e speravo che volesse approfondire alcuni nodi e alcune questioni e condividerli con le Commissioni che lei ha definito così autorevoli e preposte a farlo.
  Lei ha giustamente detto che i Governi sono cambiati e il Parlamento no. Appunto, signor Ministro, la storia la conosciamo. La conosciamo bene, a tal punto da dirle che lei ha dimenticato dei passaggi fondamentali nel racconto che ha fatto. Io ho trovato abbastanza sgradevole il suo riferimento al 3 ottobre 2013, individuandolo come uno dei momenti del vecchio – lei l'ha definita la fase vecchia – mentre non ha ricordato un'altra data, il 18 aprile 2015.
  Poiché io penso che non ci siano morti di serie A e morti di serie B, ricordo che Federica Mogherini diceva: «Il mio dolore è che ci sono voluti altri 900 morti per far sì che l'Europa si rendesse conto che la questione degli immigrati deve essere assunta da tutta Europa e non solo da Lampedusa, dalla Sicilia o dall'Italia». Quello che lei ha definito nuovo, in realtà, nuovo non era, perché esisteva già questo Governo. Lei era Ministro e questo succedeva nelle acque del nostro mare.
  Da lì si è riusciti, in realtà, a raggiungere poco. A parte quello che possiamo definire il riconoscimento di un tema, di un problema, lei ha omesso completamento Pag. 17due nodi centrali, che erano quelli che noi andavamo a chiedere all'Europa. Il primo è la modifica del Trattato di Dublino, che non ha minimamente citato in questa relazione. Rispetto alle quote europee, inoltre, ha dimenticato di dire che non c’è un regime sanzionatorio nel momento in cui, per esempio, si decide di non accogliere queste quote.
  Andiamo alle domande, perché è giusto l'invito che è stato fatto di essere brevi. Anch'io voglio farle delle domande sulla questione dell'accoglienza.
  Per quanto riguarda gli hotspot, prima si è parlato di accoglienza e poi si è anche aggiunto – ma l'ha detto l'onorevole Migliore, non l'ho sentito dire da lei – che la permanenza deve essere di pochi giorni. È poco chiaro quale sia la dimensione reale degli hotspot, se effettivamente serviranno come prima accoglienza, ossia solo per identificare, come avviene l'identificazione e quanto tempo si possa sostare all'interno.
  Noi attualmente abbiamo hotspot e CARA. Le faccio la domanda che è stata fatta in precedenza: avete intenzione di aprire nuovi CIE ? Sembrerebbe, infatti, che la tendenza sia questa.
  Poi c’è tutta la questione degli SPRAR, su cui andrebbe fatto un intervento maggiore.
  Mi fermo qui.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ROBERTA AGOSTINI

  LOREDANA DE PETRIS. Io evito una serie di considerazioni, ma una breve vorrei farla, anche perché, peraltro, il Ministro dell'interno era sempre lei. Il passaggio, che comunque c’è stato, da Mare Nostrum a Triton è una scelta che, come lei sa, abbiamo fortemente criticato. Per la verità, potremmo stare qui a discutere a lungo con una serie di dati rapportati anche all'efficacia su quello che lei ha enfatizzato nel salvare vite umane rispetto all'efficacia di Triton.
  Io, però, mi volevo concentrare su una questione. Penso anch'io che abbiamo la necessità di intervenire sul sistema di accoglienza. Anche lei ha affermato che dobbiamo andare verso un modello di accoglienza sempre più diffuso, ma noi ancora oggi abbiamo un sistema – riporto i dati che ha citato lei – tra i CARA e lo SPRAR, che è ancora molto insufficiente. La maggior parte dei migranti è infatti ancora all'interno dei centri temporanei.
  Lei sa che la 1a Commissione del Senato sta conducendo un'indagine conoscitiva. Recentemente siamo stati in Francia. Anche lì, per esempio, abbiamo visto che il sistema verso cui si sta andando, che probabilmente può dare i risultati migliori, è quello del modello diffuso.
  Anche qui si afferma questo a parole, ma in realtà i dati, Ministro – i dati sono quelli, sono oggettivi – continuano a indicarci che, invece, continuiamo su un modello diverso. Evidentemente c’è qualcosa che non funziona.
  In secondo luogo, lei ha fatto riferimento – francamente, questo lo trovo abbastanza preoccupante – alla questione dei migranti economici. Lei dice che per i profughi che scappano da guerre e persecuzioni questo è il sistema, pur con tutti i problemi che io ho segnato da risolvere. L'altra questione, cui lei ha fatto cenno, mi preoccupa abbastanza, perché anch'io non vorrei che alla fine saranno ineliminabili anche quelli. Oltre ai profughi economici vorrei ricordare che noi ci troveremo sempre più di fronte ai profughi ambientali, ossia a un fatto strutturale con cui dobbiamo assolutamente fare i conti e che non possiamo continuare a ignorare. Non possiamo, quindi, continuare a catalogare questi profughi solo e unicamente come clandestini.
  Qui il problema di che cosa intendiamo fare proprio per consentire un accesso legale credo sia una delle questioni assolutamente fondamentali, a meno che non vogliamo trasformare in mega-CIE, se così si può dire, tutto il territorio da qui per molti anni. Francamente, da alcune parole comincio ad avere anche qualche preoccupazione.
  Grazie.

Pag. 18

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DELLA 1a COMMISSIONE DEL SENATO
ANNA FINOCCHIARO

  ROBERTO COCIANCICH. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro per quest'ampia illustrazione. Io ho tre semplici, ma chiare, domande.
  Lei ha fatto riferimento a un calo di sbarchi nel territorio italiano e, se non ricordo male, ha indicato il numero 142.000, mentre l'anno scorso erano stati circa 170.000. Questa è una buona notizia o una cattiva notizia ? Questo significa che ci sono stati molti più morti o che c’è stato solo un rallentamento degli sbarchi ? Il rischio è di non vedere un numero significativo di persone che hanno perso la vita per effetto del fatto che l'operazione Frontex ha arretrato la linea di operatività delle nostre unità navali e che, quindi, oggi si sia in condizioni di salvare meno vite umane di quanto avveniva nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum.
  La seconda domanda riguarda il fatto che lei ha detto che noi non possiamo accogliere tutti quelli che vogliono venire in Europa. La mia domanda è: quanti ne possono venire, alla fine ? Abbiamo una programmazione ? La Germania ha detto che possono accoglierne fino a un milione. L'Italia, visto che il fenomeno è ricorrente – lei ha giustamente ricordato che siamo un Paese che su questo ha costruito una filosofia, che tutto torna, che i fenomeni si ripetono e che, quindi, questo è un fenomeno di lungo periodo – qual è la programmazione che noi possiamo mettere in atto, sapendo che questo è un fenomeno di lungo periodo ?
  Passo alla terza domanda. Io mi chiedo se non ci possa essere una riflessione su una modifica legislativa della legge Bossi-Fini relativamente a coloro che, essendo migranti di natura economica, sono interessati a venire in Italia non per stabilirsi in maniera permanente, ma per fare dei lavori di tipo stagionale, per esempio, che sono una parte importante.
  Ci sono delle zone interessate anche nel nostro Paese. Io ho incontrato recentemente l'ambasciatore del Benin, per esempio, che spiegava come la Puglia sia una regione in cui ci sono importanti aziende agricole che oggi si sorreggono grazie al lavoro di cittadini del Benin, i quali, però, sarebbero felicissimi di poter tornare nel loro Paese nel momento in cui è finita la stagione agricola. Questo evidentemente oggi non avviene e, quindi, loro sono prigionieri delle leggi vigenti, del Trattato di Schengen e della difficoltà di poter ritornare, una volta che fossero rientrati nel loro Paese.
  Mi domando se non si possa anche considerare un'evoluzione di questa legislazione che renderebbe meno drammatica la traversata, perché questo diventerebbe un flusso migratorio programmato, come avveniva nell'ambito della legge Turco-Napolitano. Ciò consentirebbe una gestione molto più tranquilla e pacifica di questa terribile situazione in cui noi ci troviamo adesso.

  EMANUELE FIANO. Ringrazio il Ministro per la relazione che ho trovato molto condivisibile su vari aspetti, comprese la filosofia di fondo e la sottolineatura del ruolo dell'Italia in questo periodo, anche per un cambiamento di ragionamento dell'Europa. Ovviamente, conosciamo tutti i limiti del processo in corso, ma io condivido lo spirito e la traccia che il Ministro ci ha fornito.
  Io volevo intervenire sui «compiti a casa» dell'Italia, in particolare sull'aspetto dell'esame di coloro che in questo Paese richiedono l'asilo. Mi permetto, quindi, di sottolineare al Ministro quattro punti che mi stanno a cuore, su uno dei quali – e comunque in generale sulla materia – recentemente la Camera dei deputati ha approvato delle mozioni, una del Partito Democratico, una di Forza Italia e anche altre di altri partiti di maggioranza.
  Innanzitutto ho motivo di chiedere se noi siamo soddisfatti della qualità e del lavoro complessivo delle commissioni di esame delle richieste d'asilo. Questo Governo ha raddoppiato il loro per diminuire Pag. 19i tempi di esame, cosa molto importante. Oltre fattore temporale, vi è l'aspetto – è un giudizio che, ovviamente, chiedo al Ministro, non l'esprimo io – della qualità del lavoro che compiono e del personale che compone queste commissioni.
  Vorrei sapere anche se riteniamo che questa forma di organizzazione del lavoro sia la migliore che conosciamo, o se non possa essercene una migliore. Domando, ad esempio, se non potrebbe funzionare per snellire quel lavoro, un esame preventivo della documentazione che serve da porre al vaglio delle commissioni. Alcuni, infatti, l'hanno proposto.
  Il secondo punto che mi interessa molto, anche con riferimento ad alcuni dati di cronaca di questo Paese, è quello che succede all'indomani degli eventuali dinieghi della richiesta d'asilo presso le commissioni, ovvero il ricorso alla magistratura ordinaria, che è, ovviamente, nel diritto individuale di coloro che hanno ricevuto questo diniego. Proprio a questo si riferivano diverse delle mozioni approvate dalla Camera dei deputati. Per esempio, posso citare quella da me presentata a nome del Partito Democratico. Noi abbiamo chiesto al Ministero della giustizia e al Governo di vagliare l'ipotesi di sezioni specializzate della magistratura per l'esame di questi ricorsi.
  È a tutti noi evidente che i tre gradi di giudizio a cui è possibile sottoporre l'istanza producono una situazione temporale che può essere anche molto lunga, nella quale lo status giuridico del soggetto richiedente il ricorso è quasi nel limbo. Il nostro primo vaglio della sua istanza è stato negativo. Lui ha, ovviamente, il diritto a un ricorso giuridico, ma in quel momento non vi è per il richiedente un obbligo di residenza in una delle strutture di accoglienza. Ricordiamo tanti episodi drammatici, di cui uno accaduto a Milano a una persona che era in attesa dell'esito del ricorso.
  Io credo che su questo punto si debba riflettere, e mi fa piacere che il Governo abbia espresso parere positivo alla Camera. Non so se anche al Senato vi siano state le stesse istanze. Il Governo ha già iscritto in alcuni provvedimenti la richiesta di tempi molto brevi su questi giudizi. Purtuttavia, mi preme sottolineare questo punto.
  L'ultimo aspetto che mi sento di sottolineare al Ministro riguarda la capacità di controllo centrale o periferico del ministero o delle prefetture – è qui presente anche il presidente della Commissione d'inchiesta sul sistema dell'accoglienza – sulla rispondenza di coloro che hanno vinto le gare d'appalto o per il sistema dello SPRAR o per l'accoglienza dipendente dagli incarichi conferiti o dagli appalti espletati dalle prefetture.
  Io credo che su questo punto occorra che – anche rispetto al riflesso sociale e alla qualità dell'esecuzione degli appalti di accoglienza – le associazioni, le cooperative, le strutture o addirittura i privati e le imprese che partecipano a questo sistema di accoglienza compiano fino in fondo i propri doveri rispetto ai capitolati d'appalto o comunque ai contratti che si eseguono.
  Io ritengo che occorra un ragionamento comune su questi aspetti e per questo motivo ho parlato, signor Ministro, dei nostri «compiti a casa». Ovviamente, al di là di quello che noi chiediamo all'Europa, questo riguarda la qualità del lavoro che compiamo in Italia. Questi aspetti, secondo me, hanno un'importanza fondamentale nel riflesso sociale complessivo per il Paese che il sistema dell'accoglienza e il sistema del vaglio delle richieste nel loro complesso comportano.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Onorevole Ministro, che dire ? Io sarei veramente curioso ogni tanto di vedere le vostre riunioni, per capire se veramente a nessuno scappi da ridere quando affrontate argomenti di questo tipo e se l'offerta che i nostri partner europei hanno fatto all'Italia è stata fatta seriamente, visto che sono morte migliaia e migliaia di persone.
  Diciamolo anche tutti: se qualcosa è cambiato, non è cambiato grazie alla leadership di Renzi o al nostro peso internazionale. Io mi ricordo che lei, signor Ministro, l'ultima volta che venne in Commissione Pag. 20a parlare di tale questione, disse – tra l'altro, forse per l'unica volta nella sua storia, ebbe l'applauso della Lega Nord – che o l'Europa cambiava, o lei avrebbe proposto al Governo di non pagare più all'Europa quello che doveva pagare. Non ricordo se ci fosse una tranche di 120 milioni di euro da pagare immediatamente dopo. Lei disse: «O l'Europa cambia nei nostri confronti, o noi non pagheremo più».
  L'Italia ha pagato. Abbiamo aspettato che morissero altre persone. Abbiamo aspettato che morisse un bambino su una spiaggia e che lo facessero vedere in tutta Europa. A quel punto, l'Europa, sulla pressione però delle proprie opinioni pubbliche, ha cambiato sì qualcosina, ma sostanzialmente non ha cambiato nulla.
  Lei ha parlato del grandissimo primo passo che, a fronte di 100.000 stranieri presenti in Italia, prevede la riallocazione di 150 in due mesi. Questo ho capito. Lei aveva parlato di 90 andati, più un'altra sessantina che dovrebbe partire nei prossimi tempi. Sono uno ogni 150 su 100.000 presenti in Italia. È un passo fantastico, che fa veramente capire soprattutto all'opinione pubblica italiana che l'Europa ha cambiato atteggiamento anche nei nostri confronti.
  Cito soltanto un dato: 150 extracomunitari sono presenti oggi nel comune di Valbondione, più precisamente nella frazione di Lizzola. Questa frazione di 100 residenti ospita 150 extracomunitari. Direi che è un risultato straordinario dopo due anni, le migliaia di morti e il bambino morto sulla spiaggia che piace a tutti sempre citare. È straordinario. Complimenti a voi per il lavoro che avete fatto in Europa.
  Io spero veramente che quanto meno abbiate avuto il buon gusto di non ringraziare i partner europei. Dopo tutti questi anni e questa offerta, che io definirei quanto meno imbarazzante, mi auguro che nessuno dei nostri esponenti del Governo abbia ringraziato l'Europa per avere fatto non so cosa. Ha aperto gli occhi ? Avete detto: «Grazie perché avete aperto gli occhi ?».
  Sinceramente, io sono allibito di fronte alla sua affermazione e ai dati che lei ha presentato, perché risulta che in Italia, nell'ultimo anno, il 6 per cento di coloro che sono arrivati hanno il diritto allo status di rifugiato. Il restante 94 per cento, quindi, non scappa dalle guerre. Le chiedo da dove arrivi.
  Lei ha presentato dei dati parziali e ci ha detto più o meno da dove arriva il 50 per cento degli extracomunitari che sbarcano sulle nostre coste. Gli altri 50 per cento da dove arrivano ? Non ha fornito questi dati. Non è che magari arrivano dal Pakistan e dal Bangladesh ? Che guerre ci sono in Pakistan e in Bangladesh ? L'Italia si chiede come mai dal Pakistan e dal Bangladesh arrivano a sbarcare a Lampedusa ? L'Europa questo se lo chiede ogni tanto, oppure dice: «Va bene, vengono dal Pakistan e dal Bangladesh, arrivano in Libia – non si capisce come – e poi ce li troviamo in Europa».
  Queste domande nei vostri grandissimi vertici internazionali – ne farete più o meno uno al mese, da quanto ho capito, perché ogni mese c’è un summit internazionale sull'immigrazione, in cui non so che cosa decidiate – ve le fate, oppure avete deciso, come ha esordito lei, ed è questa la cosa che mi preoccupa di più, che questo fenomeno è destinato a essere immutabile nei prossimi anni ?
  A me risulta che le centinaia di migliaia di migranti che arrivano soprattutto sulla rotta balcanica arrivino dalla Siria e dall'Iraq, da posti in cui c’è l'ISIS, c’è una guerra e ci sono coloro che torturano, ammazzano e sgozzano. Io mi auguro che l'Europa, quando vi incontrate in questi straordinari summit europei, ci dica come risolvere anche il problema della Siria e dell'Iraq. È una guerra destinata a durare in eterno, oppure l'Europa ha intenzione di fare qualcosa, magari di fingere che sulle proprie frontiere c’è un problema di questo tipo e non dire solo che arriveranno per i prossimi 15-20 anni ? Speriamo che l'Europa abbia anche un progetto per far sì che quello che succede in Siria e in Iraq finisca.Pag. 21
  Cosa dice l'Europa della situazione libica ? Signor Ministro, io vorrei capire qual è la posizione del Governo di fronte alle ultime affermazioni del Governo di Tobruk. Noi siamo il Governo che si fa umiliare da Tobruk. Noi abbiamo assistito la settimana scorsa – non so a chi interessi – al fatto che qualcuno è entrato in un cimitero in cui riposano defunti italiani e li ha oltraggiati. Questo interessa al Governo o non gliene importa nulla ? C’è la volontà di risolvere la situazione in Libia ? Facciamo pressioni in Europa perché qualcuno finga di interessarsi, oppure sarà destinata a durare così anche per i prossimi quindici anni ?
  La Somalia è un Paese talmente piccolo. Noi siamo l'Europa. Non riesco a capire perché qualcuno in Europa non ha avuto problemi a bombardare la Libia – e abbiamo visto quali sono stati gli effetti – e abbiamo paura di fare qualcosa in Somalia ? Poiché da quanto lei ha detto più o meno un quarto degli sbarchi è costituito da persone che arrivano dalla Somalia e dall'Eritrea, le chiedo se la comunità internazionale ha intenzione di fare qualcosa in Somalia e in Eritrea, oppure se ne frega altamente e dice: «Che vadano avanti a sgozzarsi e ammazzarsi». Non interessa niente a nessuno di quello che succede ?
  Quello che lei dice essere un fenomeno storico e immutabile, secondo noi, ma basta guardare i dati di fatto, deriva dalle guerre che sono state create dagli uomini. Lei ci sta dicendo che la posizione dell'Europa è di non intervenire in questi conflitti e di far sì che vadano avanti per i restanti 15-20 anni, perché tanto noi li risolviamo riempiendo di soldi le cooperative e tutto il sistema dell'immigrazione, così come è avvenuto negli ultimi due anni ?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Invernizzi.
  Mi avvio alla conclusione, presidente. Il Presidente Migliore ha parlato più di me, garantisco. Comunque mi avvio alla conclusione dicendole di fare i complimenti anche da parte nostra a Juncker e a tutti gli altri nostri partner europei, ringraziandoli di questi 20-25.000 rifugiati che, perché hanno aperto gli occhi, ci sgraveranno dalle nostre spalle.
  Grazie mille davvero.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DELLA 1a COMMISSIONE DEL SENATO
ANNA FINOCCHIARO

  DORINA BIANCHI. Vorrei ringraziare il Ministro Alfano per averci ricordato qual è stato il ruolo dell'Italia nella vicenda straordinaria ed eccezionale che sta colpendo il Nord Africa e per aver sottolineato come l'Italia sia uscita da una posizione di isolamento in cui si era ritrovata dopo una scelta politica ed etica fatta con Mare Nostrum.
  Faccio un richiamo soltanto alle agenzie che sono state riportate negli ultimi quindici giorni, in cui Lopez ha ringraziato il Ministro Alfano, come portavoce naturalmente del nostro Paese, per il ruolo svolto dall'Italia non soltanto in funzione delle vite umane che erano state salvate, ma anche per l'intera Europa.
  Vorrei ricordare, tra l'altro, ai rappresentanti soprattutto della Lega che l'ultima lettera che i due presidenti Juncker e Tusk hanno indirizzato ai 28 leader europei sollecita i Paesi dell'Unione europea al rispetto di tutti gli impegni, sia finanziari, sia di accoglienza, dei migranti, come a lungo ha chiesto l'Italia in questi anni, impegni che finalmente sono stati riconosciuti dall'Unione europea.
  A questo proposito volevo chiedere al Ministro, nel caso in cui da parte dei Paesi europei non ci fosse la collaborazione che oggettivamente è stata richiesta anche dai vertici dell'Unione europea, come l'Italia porterà avanti la propria politica.
  Non solo, lei ci ha detto che sono pochi i ricollocamenti che sono avvenuti rispetto ai circa 15.000 previsti. Volevo capire Pag. 22come il Governo andrà avanti su questa vicenda.
  Inoltre, una questione che è emersa, nonostante ci sia una riduzione rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, è quella delle fotosegnalazioni. Da questo punto di vista io le chiedevo come il Governo andrà avanti in relazione, in alcuni casi, al rifiuto da parte di alcuni stranieri di sottoporsi alle procedure di fotosegnalazione.

  GIUSEPPE BRESCIA. Ministro Alfano, io voglio darle un consiglio non richiesto, che è quello di non avere alcun approccio trionfalista quando lei viene ad annunciare in Parlamento i passi in avanti che si stanno facendo a livello europeo. Infatti, questi passi non sono assolutamente sufficienti per la risoluzione di un fenomeno che – come è stato detto da tanti colleghi, e spero che sia ormai il convincimento di tutti – è strutturale e destinato a crescere nel tempo per i motivi che ci siamo detti e per le cause che lo scatenano, ossia le guerre, i cambiamenti climatici e tanto altro, che rappresentano i fattori dell'instabilità dei Paesi da cui provengono queste persone. Avere un approccio trionfalista non serve a nulla. Bisogna pensare a quanto altro ancora bisogna fare per risolvere questi problemi.
  Per esempio, una cosa fondamentale, principale, che ormai tutti dicono, riguarda la questione del superamento di Dublino. Bisogna sottolineare maggiormente questo aspetto. Se c’è un Paese che deve parlare del superamento di Dublino, questo è l'Italia, perché è il Paese maggiormente colpito dalla condizione a cui ci costringe il Regolamento di Dublino, ossia ad accogliere i profughi che transitano per primi nel nostro Paese.
  Lei si deve fare assolutamente promotore principale di questo tema. Deve avere la forza politica di dire all'Europa di affrontarlo seriamente per cercare di superarlo davvero. Non si può pensare che questo cambio d'atteggiamento a livello europeo sia in qualche modo riconducibile a un superamento di Dublino. Non è così. Non facciamo finta di crederci. Andiamo fino in fondo alla faccenda e cerchiamo di superare quella condizione.
  Rispetto all'accoglienza, invece, nel nostro Paese, le do un altro consiglio non richiesto: eviti di fare l'errore che molti Governi hanno fatto di pensare di avere in tasca la soluzione e di calarla dall'alto senza prendere in considerazione il lavoro del Parlamento.
  Secondo me, lei ha avuto la dimostrazione di ciò negli interventi che si sono avuti, sia in questa sede, sia in tantissime altre sedi in cui ci siamo incontrati. Io faccio parte della Commissione d'inchiesta sui centri di accoglienza in Italia, assieme a tanti altri colleghi che sono intervenuti prima, ed ho avuto modo di vedere quanto sia elevato dal punto di vista delle competenze il tenore degli interventi. Ciò vuol dire che uno studio molto approfondito è stato fatto sul sistema d'accoglienza.
  Quindi, il secondo consiglio non richiesto che le do è quello di tenere molto in considerazione il lavoro che noi stiamo facendo e di proporre delle soluzioni insieme al Parlamento, non di calarle dall'alto. Il lavoro approfondito che stiamo facendo ci dice che noi siamo molto preoccupati per la situazione dei centri temporanei, come ha già fatto presente il Presidente Migliore. Non è possibile che il 70 per cento dei migranti ospitati nel nostro territorio permanga nei centri temporanei.
  Dopo tutto quello che è successo in Italia non cerchiamo ancora di mettere un punto a questa situazione e di rivedere nel suo complesso in maniera organica il Testo unico sull'immigrazione in Italia. Che cosa stiamo aspettando ? Si è venuta a creare un'altra mafia in Italia, non so se la quarta o la quinta. Non le conto più, ormai. Non c’è più nulla da aspettare. Bisogna affrontare e decidere di gestire questo fenomeno come mai si è fatto in questo Paese, purtroppo, e le conseguenze le stiamo vedendo solo ora. Bisogna gestirlo seriamente, in maniera strutturale, con una programmazione seria.
  Dobbiamo dirimere insieme tutte queste questioni: quelle che riguardano gli hotspot, le Commissioni territoriali, i centri, e decidere se dobbiamo tenere aperti Pag. 23o no i CIE, i CARA, eccetera. Questo lo dobbiamo decidere insieme, in maniera intelligente e oculata, per far sì che problemi come quelli, enormi, che mettono in ridicolo il nostro Paese, purtroppo, a livello internazionale, come quelli di Mafia capitale, non accadano più e per cambiare completamente rotta e formulare un sistema di accoglienza nel nostro Paese degno di questo nome.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brescia. Interverranno ora il senatore Campanella e poi l'onorevole Agostini e abbiamo finito. Se lasciamo qualche minuto al Ministro, sarà bene per tutti, perché poi alle 16 dovremo sospendere, ragion per cui molti quesiti resteranno senza risposta.

  FRANCESCO CAMPANELLA. Grazie, presidente. Sarò velocissimo.
  Grazie, signor Ministro, per la sua relazione. Dal tenore mi pare di intuire che, anche per la competenza che lei esplica all'interno del Governo, tutti i ragionamenti siano stati incentrati dal momento dell'arrivo dei migranti in poi. Dico quasi una banalità: il problema starebbe nel ridurre le condizioni che spingono i migranti a lasciare i Paesi d'origine.
  Io volevo chiederle molto semplicemente, come rappresentante del Governo, visto che tra l'altro sappiamo anche da quali Paesi questi migranti partono e che ci sono rapporti di imprese italiane con questi Paesi, che non ci sono estranei, che cosa fa l'Italia in questa direzione per ridurre le condizioni che spingono i migranti a partire. Che cosa fa, insieme all'Europa, per promuovere un intervento in questo senso ?
  Noi non possiamo immaginare di poter respingere tutte le persone che non riescono a vivere nel luogo in cui sono nate. Possiamo respingerle in parte, possiamo frenare questo flusso, ma il flusso permarrà, anche in considerazione degli squilibri economici e demografici che ci sono tra i Paesi di origine e i Paesi di destinazione. Pertanto, io immagino che la soluzione più adeguata sarebbe quella cui ho accennato, ma mi chiedo se in questa direzione il nostro Paese si muove e, se sì, in che termini.
  Grazie.

  ROBERTA AGOSTINI. Brevemente anch'io ringrazio il Ministro per la sua ampia relazione. Avrei solo un quesito, anche perché molte delle domande sono già state fatte dai miei colleghi. Vorrei sapere se il Ministro reputa adeguate le procedure di identificazione delle persone vittime di tratta. Ci sono state segnalazioni e anche quesiti che noi abbiamo posto, come parlamentari, circa l'adeguatezza di queste procedure e la capacità effettiva di identificare queste vittime di tratta e di conoscere la pericolosità anche di contesti che non necessariamente implicano conflitti armati o dittature. L'ultimo caso su cui ci sono arrivate delle segnalazioni riguarda alcune donne nigeriane di Ponte Galeria.
  Chiederei, quindi, al Ministro una valutazione sulle misure relative all'identificazione e poi all'eventuale accoglienza delle persone vittime di tratta.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  PRESIDENTE. Do subito la parola al Ministro, ricordando che la I Commissione della Camera ha approvato il 14 ottobre di quest'anno il documento finale sugli atti dell'Unione europea che riguardano le misure di protezione. Molti punti sono stati toccati già dal Ministro nella sua relazione.
  Segnalo solo un aspetto che non è stato toccato, sul quale chiedo al Ministro se faccia parte delle attuali discussioni. Mi riferisco alla questione, da un lato, del costo per i Paesi che dovranno sostenere i Paesi che rifiutano di partecipare all'operazione ricollocazione e, dall'altro, del compenso che ricevono i Paesi che ricollocano, i famosi 500 euro per migrante che sono nelle proposte e che, a giudizio della Commissione, potrebbero essere insufficienti Pag. 24per coprire i costi che il nostro Paese soprattutto andrà a sostenere per chi viene mandato in altri Paesi.
  Do la parola al Ministro Alfano per le risposte.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Grazie, presidente Mazziotti Di Celso. Grazie, presidente Finocchiaro. Io sarò rapido e spero di essere, al tempo stesso, esaustivo.
  In riferimento all'impostazione generale io sono un realista, perché credo che ci sia un principio, ossia quello di realtà, a cui nessun uomo di Governo può sottrarsi. Il realismo mi porta a dire che tutta la vicenda dell'immigrazione – una vicenda tragica e drammatica, che è tutta figlia di un tempo particolare della storia, un tempo che non ha precedenti nella storia recente – è stata gestita in Europa in un modo molto insufficiente fino a qualche tempo fa, che le cose stanno migliorando e che occorre ancora fare tanto.
  Pertanto, io non sono preso da alcun trionfalismo, ma considero avversario ogni nichilismo, ogni sconfittismo e ogni pessimismo, perché non credo che con il nichilismo, cioè rendendo negletta ogni buona risultanza dei nostri negoziati, e con il pessimismo, ossia dicendo che non ce la faremo mai e che l'Italia sarà sconfitta nei negoziati europei, faremo avanzare le cose. Io penso che, per fare avanzare le cose, si debbano far valere le nostre buone ragioni, che ci si debba mettere a posto non solo con la propria coscienza, ma anche con gli atti di governo, cosa che abbiamo fatto fin qui e alla luce, e che, sulla base di questo, si debba andare in Europa e dire chiaramente che noi siamo a credito e non a debito su questa grande partita.
  I popoli europei – l'hanno dimostrato, credo, anche le recenti elezioni europee dello scorso anno, oltre che tante elezioni politiche nazionali – non votano solamente sulle grandi questioni economiche, ma anche sulle grandi questioni dei diritti, della sicurezza e della migrazione. La nostra prospettiva non può essere una prospettiva miope. L'Italia ha il dovere morale, da Paese fondatore e da protagonista del Mediterraneo, di dare la propria visione e noi l'abbiamo data, ma non con un comizio e neanche con un convegno o un seminario di studi. L'abbiamo data con un investimento politico in ciò che abbiamo fatto nel Mediterraneo. Questo è l'approccio.
  Condivido l'idea di trovare le soluzioni in Parlamento ed è questa la ragione per la quale sono stato molto esplicito nel dire che dovremmo lavorare insieme nel trovare l'aggancio normativo – mi riferisco a varie domande; non cito i proponenti della domanda, per andare alla sintesi – sul tema dei luoghi in cui dovranno avvenire le procedure che preludono all'espulsione dei soggetti che non sono richiedenti asilo. Si tratta di luoghi che non possono essere «privi di copertura giuridica». Devono essere luoghi fortemente regolamentati e normati. Questo compito spetta al Parlamento e io non solo non mi sottrarrò al confronto, ma incentiverò l'idea di farlo insieme.
  Venendo al tema di Dublino, signori, qui bisogna essere molto chiari: Dublino è stato superato dai fatti. Come alcuni giuristi direbbero, adesso si tratta di adeguare il diritto al fatto. Noi con il meccanismo della relocation abbiamo vinto, perché ha vinto il nostro principio e ha perso il loro Regolamento. Questa è la sostanza. Ora occorre che le regole si adeguino al fatto, ma il fatto è già superato, perché il Paese di primo ingresso non ha più l'obbligo di trattenimento dei migranti, in quanto abbiamo stabilito che 40.000 andranno fuori dal nostro Paese, più la quota di quelli non eventualmente utilizzati di cui parlavo poco fa per l'anno a venire.
  È evidente che i numeri, in una fase di avviamento di procedure senza precedenti in un continente politico e giuridico che si muove in modo abbastanza rallentato, non sono facili. Il rodaggio non è semplice, ma abbiamo cominciato. È altrettanto evidente che le prime volte si usa il volo charter e la Guardia di finanza. Dopodiché, con tutti i centri che abbiamo in Italia e con tutti gli aeroporti che abbiamo in Pag. 25Italia, non sarà difficile farne partire sessanta, ottanta o cento al giorno alla spicciolata dai vari aeroporti. Il tema oggi è la messa in rodaggio delle procedure con i Paesi che accettano di prendere questi migranti.
  A proposito di questo argomento, chi di voi ha approfondito le procedure europee sa bene che poi vi sono decisioni prese a maggioranza dal Consiglio giustizia e affari interni, ossia dal GAI, che sono vincolanti per tutti. Quindi, anche chi ha votato contro è sottoposto alla regola. Questo è un principio che è venuto fuori durante questa discussione e che io voglio ribadire.
  Per concludere, Dublino è già platealmente in crisi. È evidente che è partito il procedimento, non in senso giuridico, ma in senso politico, che porterà al suo superamento anche sotto il profilo tecnico.
  Venendo alla questione che riguarda i migranti irregolari, io sono il Ministro dell'interno, interpreto le norme ed esprimo la mia sensibilità, e non credo che sia solo la mia. Noi, per quanto accoglienti possiamo essere sui richiedenti asilo, non ci possiamo fare carico, come Italia e credo neanche come Europa, di tutti coloro i quali non scappano da una guerra e da una persecuzione, ma inseguono il loro legittimo e giusto desiderio di una vita migliore, perché il nostro non è un continente in grado di accogliere tutti.
  Le dico di più, conoscendo la sensibilità della senatrice De Petris: o noi troveremo un punto di equilibrio reale tra l'obbligo, il dovere e anche il piacere dell'accoglienza e il punto di sicurezza tra accoglienza e sicurezza, tra accoglienza e rimpatrio dal punto di vista procedurale proprio dei migranti che sono irregolari, oppure un germe xenofobo rischierà di investire l'Europa. Se il punto di equilibrio non sarà individuato e ben calibrato, noi rischiamo alcuni rigurgiti dei quali non abbiamo alcuna nostalgia.
  Questa è una responsabilità enorme dei Parlamenti e dei gruppi dirigenti. Non si creda che con un'accoglienza indiscriminata si faccia un buon servizio, sia per l'oggi, sia per il domani, perché si rischia di ingenerare un rigetto da parte di una quota, forse anche maggioritaria, dell'opinione pubblica.
  Il senatore Cociancich chiedeva se questa sia una buona o cattiva notizia. Lo dicevo nella mia relazione. Sono cambiate un poco le rotte. È questo il punto. Io voglio anche ribadire rispetto ai nostri sforzi di accoglienza che vi sono Paesi come la Turchia, ma anche il Libano per altri versi, che accolgono milioni di profughi e che, quindi, anche dal punto di vista della cooperazione sono strategici per noi.
  Preciso, inoltre, che il cambio delle rotte, a flusso invariato e crescente sul piano generale di coloro i quali partono dall'altra riva del Mediterraneo, ha determinato un calo in Italia, ma i numeri dimostrano che non c’è stato un calo in Europa. C’è stato un calo in Italia, proprio perché c’è stato un cambiamento delle rotte.
  Una volta accertato questo, mi si chiedeva quanti se ne possano accogliere, se non si possono accogliere tutti. Questo è un dibattito che sta cominciando a svilupparsi in alcuni Paesi europei, quello del cosiddetto tetto. Posto che io non ho la sfera di cristallo e non so come possa concludersi questa riflessione, il punto riguarda i princìpi fondamentali dell'uomo. Nel momento in cui si accettano coloro che scappano da guerre e da persecuzione, come si fa a porre una quota ? Appena raggiunta la quota, si dice loro: «Resta di là e muori» ? Mi pare un tema difficilmente sostenibile in un ambito che tenga conto dei princìpi fondamentali dell'uomo e anche di tutte le Costituzioni moderne e democratiche che riconoscono il diritto d'asilo come un diritto fondamentale e anche come un dovere. È un diritto della persona e un dovere da parte dello Stato. Quindi, il tema del tetto massimo è un tema, a mio avviso, da iscrivere dentro questi princìpi.
  Sotto il profilo dell'integrazione e del tema dell'accoglienza di quote legittime regolari i precedenti Governi, anche con il Viminale guidato dalla Lega, hanno fatto sanatorie per centinaia e centinaia di migliaia Pag. 26di migranti che, come dice la stessa parola, non erano in regola e sono stati regolarizzati, proprio per incrociare il bisogno di lavoro. Non è questa la strategia di questo Governo.
  Tornando, invece, a una cosa che mi chiedeva il senatore Mazzoni riguardante i ricorsi, sto tentando di seguire l’iter dall'arrivo all'esame delle domande.
  Me lo chiedevano il senatore Mazzoni, ma anche l'onorevole Fiano e altri colleghi, tra cui il presidente Migliore.
  Stavo parlando del tema che riguarda la vicenda del secondo grado di giudizio, chiamiamolo così. Noi abbiamo posto in efficienza il primo grado di giudizio, cioè il giudizio delle commissioni. Secondo me, si può fare ancora meglio, andando oltre ai risultati eccellenti raggiunti in questi ultimi 10-12 mesi grazie alle nuove norme e alle nuove procedure.
  Il problema è che la gran parte di questi migranti fa appello e che il loro caso finisce di fronte alla magistratura ordinaria. Mi pare che il Ministro Orlando stia agendo bene e stia studiando un provvedimento per creare una sorta di corsia preferenziale – lo dico non usando un termine tecnico – per questo genere di ricorsi. Essi non hanno una loro complicanza intrinseca, cioè non sono di difficile esame da parte dell'autorità giudiziaria, ma, se vengono messi nel flusso di tutte le pendenze, è chiaro che si mettono a turno.
  Questo può produrre dei fatti, come quelli che si sono già verificati – un caso specifico lo ricordava il Presidente Migliore – per cui soggetti che erano già stati considerati non compatibili con il diritto d'asilo abbiano poi commesso dei reati in pendenza del giudizio della magistratura ordinaria. Ci sta lavorando, quindi, il collega Orlando e io credo che lo stia facendo con l'idea di una corsia preferenziale.
  Questo assorbe in parte anche la domanda che faceva l'onorevole Fiano riguardo il giudizio sul personale delle commissioni. Tenete conto che lo schema è completamente cambiato. Prima il modello era da esame di maturità, con tutta la commissione schierata e un migrante che veniva sottoposto alle domande. Tenete anche conto che adesso con il one-to-one tutto questo ha consentito un'accelerazione procedurale. Noi abbiamo inciso sulle due leve: il numero delle commissioni che fanno l'esame e il numero delle domande che vengono evase attraverso una procedura più semplice, che è il one-to-one, invece della commissione.
  Tutto questo fa i conti con la complessità della composizione della commissione, in cui siedono il rappresentante dell'ente locale, il rappresentante all'organizzazione multilaterale internazionale eccetera. Noi abbiamo fatto presente che, se c’è una fila di soggetti provenienti dallo stesso Paese, capiamo tutto il desiderio statistico delle organizzazioni e di tutti quelli che sono lì e che producono importanti statistiche e studi attraverso questo lavoro, ma che c’è anche un tema di efficienza e di fluidità del sistema sul quale noi abbiamo chiesto e abbiamo posto una grande spinta.
  C’è poi un tema che mi pare molto importante: qual è lo sforzo che noi stiamo facendo, onorevoli colleghi ? Si tratta di passare da un sistema che un anno aveva in accoglienza 20.000 migranti, un altro anno 15.000, un altro anno 30.000 e un altro anno 100.000 a un sistema che strutturalmente si collochi su numeri di accoglienza tali da poter reggere un flusso epocale, qual è quello che verso l'Europa si sta dirigendo e si è diretto.
  Ripeto, noi siamo 60 milioni di abitanti, 8.000 comuni e abbiamo 100.000 migranti nei centri. Se qualcuno di voi che ha dieci secondi da perdere per fare un calcolo mentale provasse ad applicare un parametro e una media, si renderebbe conto di come l'accoglienza diffusa non farebbe pesare su alcuna comunità in termini insostenibili la presenza di 100.000 migranti.
  Noi stiamo facendo comunque lo sforzo di organizzare uno strutturato sistema di accoglienza che si collochi su numeri ben superiori rispetto a quelli della nostra storia. Non è un lavoro semplicissimo ed è un lavoro che ha tutta una sua procedura, anche perché è tutto investito dal diritto pubblico. Si tratta di regole di funzionamento che devono essere assolutamente Pag. 27convalidate da una loro procedura correttissima, con la laboriosità di una procedura molto corretta e non improvvisata.
  L'onorevole Bianchi mi chiedeva che cosa accadrebbe se non ci fosse la collaborazione da parte della UE. Noi, e l'ho voluto ribadire, non concederemo rispetto all'Agenda Junker più di quanto ci venga concesso, perché l'Agenda Junker è stata negoziata. Ogni pezzo di negoziato che non viene realizzato non può che avere come reazione un altro pezzo di negoziato che non viene realizzato.
  Il senatore Campanella mi chiedeva come ridurre le condizioni che spingono i migranti a partire. È una domanda che meriterebbe una risposta molto lunga. L'Italia sta incrementando le spese in cooperazione internazionale e sta lavorando con i Paesi terzi soprattutto di origine e con quelli di transito, insieme all'Unione europea, per tentare una cooperazione.
  Mi permetto solo di dire una cosa che mi pare importante, e concludo, perché mi segnalano dalla presidenza che l'Aula sta per riprendere. Il tema dei rimpatri, il tema della cooperazione con i Paesi terzi, il tema dell'applicazione del principio more for more sono temi europei, perché è chiaro che la forza negoziale e contrattuale dell'Europa è superiore rispetto a quella di ciascun singolo Stato.
  Sulle procedure che riguardano le persone che sono state vittime della tratta, onorevole Agostini, noi, ovviamente, siamo attentissimi. Se ci sono delle segnalazioni o qualcosa che il Governo deve sapere, siamo pronti ad accogliere ogni forma di segnalazione in questo senso.
  Vi ringrazio.

  CELESTE COSTANTINO. Ministro, mi scusi, volevo semplicemente sapere se è nelle corde del Governo l'apertura di nuovi CIE. Ho capito il passaggio parlamentare, ma...

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Ho risposto due o tre volte, ma non mi sottraggo e rispondo nuovamente. Ormai in Italia è invalsa la tendenza a dire in inglese quello che appare greve da dire in italiano, da cui spending review al posto di «tagli» o di «revisione». La spesa è tutta una serie di cose.
  Al di là del significato di hotspot, che indica dei «punti caldi» di gestione della crisi, noi avremo bisogno di luoghi – i nomi non li abbiamo ancora concepiti – in cui dovranno essere assistite queste persone, con il massimo del riguardo alla loro dignità, ma nella logica del rimpatrio. Se devono essere rimpatriate, non possono gironzolare per il Paese. Questo è il punto di fondo. Come realizzare tutto questo lo stabiliremo insieme al Parlamento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Alfano e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.