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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII Camera e 8a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 17 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Iannuzzi Tino , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, nell'ambito dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (Atto n. 283) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica):
Iannuzzi Tino , Presidente ... 3 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 4 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 13 ,
Filippi Marco  ... 13 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 ,
Filippi Marco  ... 14 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 ,
Filippi Marco  ... 14 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 ,
Filippi Marco  ... 14 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 15 ,
Filippi Marco  ... 15 ,
Mannino Claudia (M5S)  ... 15 ,
Crosio Jonny  ... 17 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 18 ,
Crosio Jonny  ... 18 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 18 ,
Crosio Jonny  ... 18 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 18 ,
Massa Federico (PD)  ... 18 ,
Cioffi Andrea  ... 19 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 20 ,
Cioffi Andrea  ... 20 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 20 ,
Cioffi Andrea  ... 20 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 21 ,
Cioffi Andrea  ... 21 ,
Esposito Stefano  ... 21 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 23 ,
Mariani Raffaella (PD)  ... 23 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 24 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 25 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 25 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 26 ,
Massa Federico (PD)  ... 28 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 28 ,
Esposito Stefano  ... 32 ,
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione ... 32 ,
Iannuzzi Tino , Presidente ... 32

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA VIII COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI TINO IANNUZZI

  La seduta comincia alle 16.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, nell'ambito dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (Atto n. 283).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, nell'ambito dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (Atto n. 283).
  Ringraziamo e salutiamo il dottor Raffaele Cantone per il contributo sicuramente di straordinaria utilità e significato che ci renderà.
  Saluto il presidente Matteoli e tutti i colleghi e le colleghe della 8a Commissione Lavori pubblici, comunicazioni del Senato. L'audizione si svolge congiuntamente tra le Commissioni di Camera e Senato competenti in materia, così come sarà congiunta anche l'audizione, la prossima settimana, del ministro Delrio, anche nello sforzo convenuto tra le presidenze delle due Commissioni e i relatori delle due Commissioni di addivenire alla formulazione di un parere unitario e condiviso, con condizioni e osservazioni, che raccolga nel medesimo testo e nelle medesime considerazioni le valutazioni, le proposte e le preoccupazioni delle Commissioni Lavori pubblici della Camera e del Senato.
  Procederei secondo uno schema, presidente Matteoli, abbastanza consolidato. Darei subito la parola al presidente Cantone, che ci renderà la sua relazione; dopodiché faremo un giro di domande, un intervento per ciascun gruppo (potremmo decidere un intervento per ciascun gruppo di Camera e Senato chiedendo uno sforzo di sintesi), e poi ulteriori domande.
  Il presidente Cantone ha dato una disponibilità temporale di grande ampiezza e di grande cortesia nei nostri confronti. Ovviamente sta a noi avere, negli interventi, la dovuta sintesi per consentire in tempi ragionevoli lo svolgimento di questa audizione.
  Nel salutarlo nuovamente, do la parola al presidente Cantone.

Pag. 4

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Nel ringraziare il presidente, mi scuso per il ritardo, ma sono atterrato da poco da Parigi, dove si è svolto un incontro organizzato dai Ministeri della giustizia dell'OCSE.
  Proverò a svolgere alcune considerazioni di carattere generale sul Codice, riservandomi poi, nei limiti, di rispondere a eventuali domande e scusandomi se non sarò in grado di rispondere a tutte. Si tratta di un documento molto corposo, quindi non so se sono in grado di rispondere al momento a tutte le domande, per cui vi chiedo la cortesia, eventualmente, di potermi riservare di rispondere per iscritto.
  Preliminarmente credo che sia fondamentale ringraziare la Commissione che ha lavorato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, presieduta dall'avvocato Manzione, che ha visto la partecipazione di una serie di tecnici, di professori anche non componenti dell'Autorità Anticorruzione e del Ministero delle infrastrutture. Il lavoro messo in campo è comunque molto significativo e, peraltro, è stato fatto in tempi brevissimi, considerato che il Codice è stato licenziato sostanzialmente a fine anno.
  Credo che gran parte degli obiettivi che erano indicati siano stati raggiunti. Ci sono alcune piccole criticità che però non fanno venir meno, a nostro avviso, l'idea di un Codice che rappresenta sicuramente una svolta, una vera e propria piccola rivoluzione copernicana. Esso infatti sposta l'attenzione su molti argomenti rispetto al passato, cambiando la prospettiva e concedendo maggiore discrezionalità alle pubbliche amministrazioni, prevedendo sicuramente meccanismi di maggiore semplificazione, con la possibilità di interventi di soft law.
  Sotto questo punto di vista, vorrei aggiungere, sempre in questa fase preliminare, che l'ANAC – che ovviamente, come dirò anche nel prosieguo, è destinataria di poteri significativi, molto importanti – si sta apprestando in tutto e per tutto a raccogliere la sfida.
  La prima sfida è la possibilità di scrivere le linee guida che dovranno sostituire il Regolamento del Codice dei contratti. Sappiamo tutti che si è trattato di una scelta anche molto tormentata del Parlamento. Noi proveremo a metterle a disposizione del Governo, che dovrà emanarle attraverso un decreto del Ministro delle infrastrutture, in tempi compatibili con l'entrata in vigore del Codice.
  In questo senso, abbiamo istituito presso l'ANAC una Commissione aperta agli esterni, presieduta dal consigliere Michele Corradino, un consigliere di Stato particolarmente esperto nel settore degli appalti, composta da magistrati amministrativi, magistrati ordinari, avvocati dello Stato, appartenenti al mondo dell'Accademia. Ciò perché noi riteniamo che queste linee guida, che rappresentano anche una sperimentazione dal punto di vista delle scelte che sono state ad oggi fatte, costituiscono sicuramente una sperimentazione assolutamente nuova, che non può fallire.
  Le linee guida rappresentano una novità che non deve essere la copia del Regolamento, anche dal punto di vista della struttura, e su questo, proprio perché si tratta di una novità, dobbiamo provare a confrontarci col mondo dell'Accademia, raccogliendo anche prima i rilievi critici, che pure ci sono stati, rispetto a una scelta di novità.
  Vorrei partire da alcune considerazioni di carattere generale e poi affrontare considerazioni di tipo più specifico, sottolineando rilievi su alcune norme, su cui riteniamo che possano esserci problemi di coordinamento.
  Un primo rilievo riguarda la lunghezza del Codice. Oggettivamente, dal punto di vista dei numeri, se si mettono insieme il Codice precedente e il Regolamento – come tutti sappiamo, è stato emanato nel passato a quattro anni di distanza dal Codice e di fatto era un altro Codice – la riduzione è notevole e significativa, perché queste saranno le uniche norme del Codice dei contratti; non ci sarà un altro articolato, perché non ci sarà il Regolamento. Certo, rispetto alle aspettative, il numero degli articoli è comunque rilevante, ma credo che questo sia anche dovuto al fatto che le disposizioni della legge delega hanno introdotto numerosissimi criteri di indicazione Pag. 5 al Governo che non avrebbero potuto non essere raccolti, considerato che la legge delega, rispetto al testo originario, è scesa molto in profondità e le indicazioni in essa delineate hanno sicuramente inciso con maggiore corposità nel Codice. Tuttavia, credo che resti sicuramente uno strumento molto più agile rispetto al passato.
  In questo senso, credo che il Codice sia uno strumento innovativo positivo, che raccoglie con intelligenza le direttive comunitarie, anche tenendo conto delle peculiarità del nostro sistema. L'idea di raccogliere puramente le direttive, dimenticando che l'Italia è un po’ diversa dalla Svezia e che i sistemi giudiziari – e, in generale il sistema-Paese – sono completamente diversi, sarebbe stata sbagliata. Le direttive vengono raccolte, peraltro, in modo intelligente, con maggiore semplificazione e riconoscimento dell'autorità della pubblica amministrazione. Su questo punto, per troppi anni abbiamo sentito dire che non si facevano appalti perché la pubblica amministrazione si riteneva bloccata; oggi non ci saranno più alibi, poiché la pubblica amministrazione dispone dei poteri, che, ovviamente, ci aspettiamo che utilizzi. Un altro dei meccanismi tipici dell'immobilismo non dipende spesso dalle regole, ma anche dalla paura di applicare le regole. Oggi si investe sulla discrezionalità della pubblica amministrazione e ci si attende che essa compia le proprie scelte. Ciò, fra l'altro, diventa anche più credibile, perché l'idea, che pure era stata perseguita, della riduzione delle stazioni appaltanti è nei fatti. È stata effettuata una riduzione delle stazioni appaltanti che, più che essere fatta con la logica del taglio lineare, viene fatta con la logica qualitativa. Si introduce un meccanismo di qualificazione delle stazioni appaltanti, che rappresenta una novità assoluta nel nostro sistema e che supera un'idea culturale secondo cui tutti possono fare tutto. Quindi, c'è una maggiore trasparenza nelle scelte, per una tendenza a dover indicare tutto; c'è un'opzione chiarissima verso l'abbandono del prezzo più basso e verso l'idea di appalti che devono garantire la qualità.
  Si tenga presente che si lavora sull'idea di una pubblica amministrazione che ha più discrezionalità, ma accompagnando questa scelta, che è delicata per molti aspetti, anche con una serie di regole che in qualche modo blindano il rispetto di questa maggiore discrezionalità. Uno dei temi che tratterò è quello delle commissioni di gara. Si registrano criticità nelle scelte di stabilire commissioni di gara estratte a sorte per ogni genere di appalto, ma questo sistema è una scommessa sul piano della trasparenza, che è ovviamente necessaria se si vuole optare per un sistema di maggiore discrezionalità. Sappiamo tutti che l'ipotesi dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che teoricamente rappresenta un sistema che garantisce la qualità, amplia però a dismisura la discrezionalità e in qualche modo l'arbitrio. Quell'arbitrio va oggettivamente limitato, creando meccanismi di trasparenza e anche di indipendenza delle opzioni di gara.
  C'è un'apertura alla tecnologia, con l'introduzione di strumenti nuovi. Ovviamente bisognerà capire fino a che punto poi le amministrazioni saranno in grado di intervenire. Per esempio, viene introdotto il partenariato per l'innovazione. Ci sono ipotesi di nuovi meccanismi che riguardano la qualificazione. Personalmente, credo che la scelta di mantenere il sistema delle SOA sia una scelta intelligente, forse necessitata, perché in tempi così brevi creare un meccanismo di qualificazione alternativa sarebbe stato impossibile; tuttavia, il Codice prevede espressamente la possibilità che su questo meccanismo si possa tornare, prevedendo un obbligo dell'Autorità Nazionale Anticorruzione di presentare una relazione a distanza di un certo periodo per verificare le criticità del sistema di qualificazione.
  Sul sistema di qualificazione tornerò nel prosieguo, perché alcune previsioni sul rating non sono del tutto comprensibili.
  È inutile dire che il Codice punta moltissimo sull'Autorità Nazionale Anticorruzione. Credo che l'acronimo ANAC sia in assoluto quello più utilizzato dal Codice. Grandi sono, al riguardo, le novità. All'ANAC vengono attribuiti poteri di controllo, Pag. 6il potere di esprimere pareri, di vigilanza, ma soprattutto di regolazione. In qualche caso, a mio avviso, i poteri di regolazione dovrebbero essere meglio calibrati, ma si tratta sicuramente di una scelta diversa rispetto al passato.
  Considerato che parliamo di ANAC e che, come già accennato, occorre dover raccogliere una sfida oggettivamente molto significativa, pongo subito due temi che in qualche modo sono alle spalle di questa vicenda. Uno è il tema delle sanzioni. Il Codice prevede un'opzione per la quale i proventi delle sanzioni debbano essere attribuiti al Ministero delle infrastrutture. È una scelta politica e, come tutte le scelte politiche, va rispettata. Vorrei però semplicemente far presente un dato: siccome il potere sanzionatorio è attribuito all'Autorità e prevede anche la difesa in giudizio, l'ANAC, per le difese in giudizio, si avvale dell'Avvocatura dello Stato e ad essa attribuisce quasi le stesse somme che incassa con le sanzioni. C'è una lievissima discrasia: il paradosso dell'attribuzione dei proventi delle sanzioni al Ministero delle infrastrutture dovrebbe quanto meno comportare la possibilità che le spese per i procedimenti in materia sanzionatoria venissero poi ribaltati su un'amministrazione che ha diritto ad irrogare le sanzioni, altrimenti rappresenta una partita di giro al contrario.
  Noi paghiamo all'Avvocatura onorari anche molto bassi e i proventi delle sanzioni – non si tratta di cifre notevoli – sono attribuiti al Ministero delle infrastrutture. Stiamo parlando di cifre che non mutano il tema vero, che invece è legato alla necessità che l'ANAC metta in campo una strumentazione che sia all'altezza della sfida del Codice. Lo abbiamo evidenziato qualche giorno fa nel piano di riordino, sottolineando come quelle riduzioni alla capacità di spesa oggi diventano difficili da gestire con i poteri che attribuisce il nuovo Codice, sottolineando che noi non abbiamo bisogno di ulteriori fondi da parte del sistema pubblico, in quanto disponiamo di fondi che però dobbiamo semplicemente avere la possibilità di spendere. Su questo punto ho parlato di recente con il Presidente del Consiglio, che mi ha assicurato che, in tempi brevissimi, su questa vicenda sarà predisposta una soluzione. Noi chiediamo semplicemente di poter utilizzare i soldi che abbiamo in cassa e che provengono da un sistema di autofinanziamento che viene mantenuto, come è giusto che sia, all'interno del Codice. Credo che possiamo anche attrezzarci culturalmente per questa sfida, che richiede non enormi investimenti – dobbiamo fare investimenti che siamo in grado di sostenere per gli anni successivi –, ma anche un piccolo rimpinguamento del personale, nei limiti della pianta organica prestabilita.
  Dopo aver accennato ai rilievi positivi, provo a dire qualcosa di meno positivo. Credo che l'impianto abbia qualche criticità di carattere generale. Se infatti bisogna riconoscere che è stato fatto in questi tempi brevi un lavoro sicuramente egregio per la quantità e per la lunghezza degli articoli, per la complessità degli argomenti trattati, va detto che c'è qualche problema dal punto di vista della tecnica legislativa. Per esempio, a me non piacciono – ma probabilmente è anche un mio difetto culturale – i testi legislativi che utilizzano sistematicamente la tecnica del rinvio. Questo Codice è pieno di meccanismi che utilizzano la tecnica del rinvio. Capisco che la tecnica del rinvio è un meccanismo che serve per abbreviare, però spesso, quando non si richiamano gli istituti, si rischia di creare qualche confusione. E qualche confusione nel Codice c'è: ad esempio, nella norma sul subappalto, l'articolo 105, che considero una delle norme più complicate, viene richiamato l'articolo 89, comma 10, che però non c'entra nulla, riferendosi la norma, evidentemente, a un altro comma. Il meccanismo e la tecnica del rinvio ovviamente rendono sempre più complicata la capacità di effettuare l'interpretazione. Occorre controllare meglio i richiami degli articoli. C'è, ad esempio, una norma in cui si cita sia il Regolamento che le linee guida, ma il Regolamento non c'è più. Più precisamente, nell'articolo 24, comma 2, si prevede che «con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'ANAC», siano definiti i requisiti che devono Pag. 7possedere i soggetti. Dopo si parla di linee guida, ma il decreto ovviamente non contiene linee guida e riguarda un atto di tipo regolamentare: nei commi successivi si fa riferimento alle linee guida di cui ai commi precedenti. Si tratta di questioni di tecnica legislativa derivanti dalla complessità di un lavoro svolto in tempi brevissimi. Per esempio, all'articolo 73 si parla a un certo punto di «autorità» e non si capisce qual è l'autorità, perché nelle indicazioni principali l'ANAC viene indicata come «ANAC» e non genericamente come «autorità».
  Ci sono alcune discrasie che rendono abbastanza complicato il testo, ma non escludo che questo sia dovuto anche a una lettura particolarmente veloce del testo. Riteniamo particolarmente importante una norma, che avevamo sponsorizzato nella fase di attuazione delle direttive, che riguarda il rating di legalità a favore delle imprese. Il rating di legalità viene affrontato dagli articoli 83 e 84, con un criterio che io ho fatto fatica a capire: nell'ultimo comma dell'articolo 83 si stabilisce che è istituito presso l'ANAC il sistema di qualifica delle premialità delle imprese, connesso a criteri reputazionali, però nell'articolo successivo si prevede che, nell'ambito del sistema di qualificazione, si attribuisce il rating delle imprese in base a indici qualitativi e quantitativi alle SOA; quindi, non si capisce quale dei due soggetti dovrà svolgere il sistema di qualificazione.
  Tra l'altro, tra i criteri definiti nella direttiva non si consentiva e non si prevedeva che dovessero essere le SOA a doversi occupare della valutazione delle qualità e si diceva espressamente che le SOA rimanessero per la valutazione dei requisiti tecnici, non per la valutazione dei requisiti qualitativi.
  Altre disposizioni rendono qualche collegamento non del tutto chiaro, così come un'altra problematica attiene alle ripetizioni presenti nel Codice. Una, che credo sia particolarmente importante, riguarda un istituto importante: il partenariato. Nella parte codicistica è contenuta una definizione molto precisa del partenariato, che però non è del tutto in linea con la definizione che viene data nelle norme di carattere generale.
  Credo che sotto questo profilo debba essere svolto un lavoro di editing del Codice e in questo senso il contributo delle Commissioni è fondamentale.
  Voglio provare però provare a entrare nel merito e a individuare una serie di punti che mi sembrano problematici, partendo dalle definizioni, su cui ho un appunto veloce, che preferisco solo esporre: la definizione dell'articolo 3 rispetto a quella dell'articolo 180 del partenariato evidenzia qualche problema, perché nell'articolo 3 si fa riferimento solo alle opere fredde e manca ogni riferimento al cosiddetto «partenariato istituzionale», che invece nell'articolo 180 viene recuperato.
  Vado in ordine, riservando però alla fine una valutazione che riguarda specificamente l'ANAC. Mi permetto di dare anche un giudizio per le norme diverse da quelle che riguardano specificamente l'ANAC, perché l'impianto del Codice è fondamentale.
  L'articolo 20 introduce una norma assolutamente innovativa: l'opera pubblica realizzata dal privato. Credo che questa sia una scelta intelligente e coraggiosa, perché, come credo di aver già rilevato nel corso di un'audizione dinanzi a una delle due Commissioni, l'assenza di una norma di questo tipo aveva dato luogo a qualche paradosso, cioè a privati disponibili a fare gratuitamente opere pubbliche che non ne avevano avuto la possibilità. Tale norma, però, così appare eccessivamente generica.
  A parte che è difficile individuare una copertura diretta da parte delle direttive, ma la norma dovrebbe prevedere un principio assoluto: ovvero che il privato faccia le opere personalmente e direttamente, che non possa fare subappalti e che, nel caso in cui dovesse farli, segua il Codice dei contratti, perché in quel criterio, così come è previsto, praticamente concediamo al privato quello che non concediamo al concessionario, quindi il privato potrebbe svolgere qualunque tipo di attività, di fatto secondo un sistema privatistico. Ben venga, quindi, l'impostazione, ma deve essere precisata nei contenuti. Pag. 8
  Credo che anche l'articolo 30 sia particolarmente importante, perché si parla dei princìpi di aggiudicazione degli appalti e mi chiedo se tra di essi non vada fatto anche un riferimento ai casi in cui si debba scegliere il socio privato di una società, perché sappiamo benissimo come, soprattutto nel sistema delle società locali, la scelta del socio privato significa di fatto attribuzione di una serie di attività che riguardano lo svolgimento delle attività in house.
  L'articolo 50, sulle clausole sociali del bando e degli avvisi, è una norma sulla quale si è svolta una grande discussione in Commissione e in Parlamento; più volte abbiamo espresso pareri che ci sono stati chiesti dall'VIII Commissione del Senato. Credo che tale norma del Codice sia troppo stringata e generica e necessiterebbe di essere maggiormente specificata e che traduca meglio l'idea per la quale si è optato, ossia prevedere un'ampia possibilità delle clausole sociali. Giusta o sbagliata, questa è l'indicazione del Codice.
  L'articolo 77 affronta il tema delle Commissioni di aggiudicazione. È inutile dire che questa è una delle norme più complicate, perché qui si scontrano esigenze reali. Le Commissioni di aggiudicazione esterne sono un'indicazione che viene dalla delega e non ci sono indicazioni di eccezioni, cioè la legge delega non sembra indicare criteri che consentano di graduare il meccanismo; in essa si fa una graduazione che ha una sua giustificazione, perché ci sono questioni che vanno poste con riferimento alle Commissioni di gara.
  So che Consip e ANAS hanno fatto una valutazione dell'impatto, dal punto di vista economico, del ricorso alle Commissioni di gara esterne e mi rendo anche conto che una generalizzazione dei meccanismi di Commissioni di gara esterne è pericolosa, ma questa è una scelta che non può essere definitivamente eliminata, perché il tema della scelta del criterio, non del prezzo più basso, ma dell'offerta economicamente più vantaggiosa, richiede, quale contrappeso, quello delle Commissioni di gara in qualche modo estratte a sorte.
  Si può fare una valutazione, ma credo che la norma, nel caso in cui individua criteri come quello della particolare complessità, rischi di lasciare aperta la strada a una serie di valutazioni discrezionali eccessive. L'individuazione delle Commissioni di gara solo per le procedure sopra soglia non mi sembra un'indicazione in linea con le indicazioni della legge delega.
  Sui motivi di esclusione va fatta una piccola riflessione. Non c'è nessun riferimento alla disciplina antimafia: noi ovviamente crediamo che questo mancato riferimento non sia di per sé determinante, perché la disciplina antimafia si applica comunque e credo che sarebbe opportuno richiamare i relativi riferimenti.
  Credo che sia stata una scelta intelligente aver sburocratizzato una serie di requisiti soggettivi ed essere intervenuti sulle questioni del DURC in modo da renderlo più agevole, dato che vi erano state situazioni paradossali. Per esempio, farei qualche riflessione sull'articolo 80, comma 5, lettera c) e sul comma 13, che lascia alle stazioni appaltanti la valutazione della sussistenza dei presupposti in caso di gravi comportamenti illeciti.
  In tal modo, rischiamo di aprire una breccia, pur essendo sicuro che questa norma non sarà mai applicata, perché nessuna stazione appaltante si assumerà questa responsabilità; il fatto, però, di prevederla consente a qualcuno di utilizzarla. "Gravi comportamenti illeciti" cosa sono? Visto che ci sono i reati specificamente indicati, quali sono gli altri gravi comportamenti illeciti: sono, per esempio, gli accordi collusivi? Non si rischia, attraverso un'indicazione che non si ritrova in nessun altro strumento normativo, certamente non nei codici di procedura penale, di lasciare un criterio troppo ampio?
  L'articolo 83 riguarda il soccorso istruttorio. Il comma 9 introduce il soccorso istruttorio oneroso: a me sembrerebbe che, nella legge delega, ma anche nella direttiva appalti, questa possibilità non ci sia. Certo, l'idea del soccorso oneroso ha anche un senso: è anche un modo di stimolare l'imprenditore ad essere più attento, perché è evidente che l'imprenditore che può utilizzare Pag. 9 senza limiti il soccorso istruttorio procederà alla presentazione della documentazione di gara in modo anche un po’ superficiale, con conseguenze che possono essere pericolose per l'efficienza del sistema; qualche problema sul piano della legge delega c'è.
  Vi è poi un'altra norma che indirettamente riguarda la qualificazione: il comma 5, che prevede che per la dimostrazione dei requisiti di capacità economico-finanziaria gli operatori economici devono indicare il fatturato annuo. Questa è una norma che finisce per essere in contrasto con l'idea di un Codice che voglia dare grande apertura alle piccole imprese o persino, come più volte dice il Codice, alle microimprese, perché, se chiediamo il fatturato dell'ultimo anno, ovviamente limitiamo la possibilità di partecipare a quelle imprese che nell'anno precedente abbiano avuto problemi di tipo economico. Credo sia molto più opportuna l'idea del triennio.
  La norma sull'avvalimento, ovviamente, incontra il nostro assoluto e totale favore, perché finalmente prova a mettere dei punti a un sistema che abbiamo dovuto importare perché in qualche modo ci è stato imposto, che però è stato utilizzato come una logica per aggirare il sistema di qualificazione dell'impresa. Si tratta quindi di una norma utilissima, perché richiede non solo un avvalimento dei requisiti formali, ma anche un avvalimento dei requisiti sostanziali, quindi ben venga.
  C'è semplicemente un problema di coordinamento, perché il secondo periodo del comma 11 detta una norma che riguarda categorie di qualificazione, quindi credo che sia opportuno spostarla nella norma dell'articolo 84: si tratta solo un problema di coordinamento, perché la norma sull'avvalimento, secondo me, va nella giusta direzione.
  Per quanto riguarda l'articolo 102, rilevo che la norma, tendenzialmente ben scritta, non fornisce alcuna indicazione sul tema, del pagamento da parte dell'appaltatore, ma si limita semplicemente a prevedere che all'esito del collaudo il RUP rilascia il certificato di pagamento ai fini dell'emissione della fattura da parte dell'appaltatore. Visto quello che è accaduto spesso nei rapporti tra stazioni appaltanti e appaltatori, forse sarebbe necessaria una regolamentazione più precisa di come dovrà essere effettuato il pagamento.
  L'articolo 104 riguarda la garanzia per l'esecuzione di lavori di particolare valore. Noi crediamo che sia stata una buona scelta quella di aver sostanzialmente eliminato la garanzia globale di esecuzione: di fatto, la garanzia viene eliminata con la creazione di uno strumento nuovo, che consiste in una cauzione extra costi.
  Forse, però, proprio perché si tratta di una possibilità da parte delle stazioni appaltanti, che dovrebbe garantire significativamente le stazioni appaltanti rispetto al rischio delle riserve, sarebbe opportuno prevedere che venga assegnata all'ANAC la possibilità di individuare con linee guida i criteri a cui far riferimento per utilizzare questa forma nuova di garanzia, ovviamente anche previo coinvolgimento degli operatori del mercato.
  Sappiamo che la garanzia globale di esecuzione, che era un'ottima idea, è fallita perché le assicurazioni non hanno dato la disponibilità, essendo un sistema non conveniente; l'idea era buona ma il rischio anche in questo caso, se non si individuano con chiarezza i criteri, è che anche questa utile forma di garanzia finisca per essere meno significativa.
  L'articolo 105 è una norma che a noi non sembra molto chiara proprio per come è stata scritta, ed è certamente una delle norme su cui c'è anche maggiore discussione in questi giorni, dopo l'emissione del testo.
  Prima di tutto, come ho già indicato, nel riferimento all'articolo 89 comma 10 c'è un errore, in quanto il riferimento esatto è all'articolo 89, comma 11, però di fatto il limite del 30 per cento viene previsto solo per le categorie super specialistiche: si lascia alla stazione appaltante un potere eccessivo, ossia la possibilità di prevedere per le categorie non super specialistiche un'appaltabilità anche al 100 per cento. Ovviamente questa è una scelta politica che può anche avere una sua ragione, se si ha un sistema di coinvolgimento del mondo imprenditoriale Pag. 10 non in grado di partecipare agli appalti. Faccio fatica, però, proprio per la mia provenienza culturale, a non associare l'idea del subappalto a certe, particolari situazioni. Sappiamo tutti che, soprattutto in alcune realtà, il subappalto maschera molte altre cose: è un istituto che va mantenuto perché non se ne può fare a meno, ma, a mio avviso, occorre prevedere una serie di limitazioni più chiare.
  L'articolo 106, che riguarda le modifiche dei contratti, le cosiddette «varianti», prevede la comunicazione all'ANAC da parte delle stazioni appaltanti per il rilascio del relativo nulla osta anche della cessione dei crediti. In realtà, però, pur prevedendo che questi atti debbano essere sottoposti all'ANAC, non fa capire davvero cosa l'ANAC debba fare. Sarebbe quindi opportuno individuare la tipologia di controlli che deve svolgere l'ANAC, se si tratti di una tipologia di controllo puramente formale o si richieda invece un meccanismo di maggiore approfondimento, ossia fino a che punto debba spingersi il controllo dell'ANAC. Credo che sia interesse di tutti stabilirlo con precisione, anche al fine di evitare interpretazioni successive.
  Credo inoltre che nell'articolo 110, che riguarda le procedure in caso di fallimento, bisognerebbe aggiungere l'ipotesi del concordato in bianco, che è un istituto previsto dalla legge fallimentare e che non è indicato fra le ipotesi specifiche.
  L'articolo 177 è uno degli articoli più complicati e riguarda gli affidamenti dei concessionari. Credo che la legge delega prevedesse un criterio preciso, quello dell'individuazione di una quota pari all'80 per cento. La norma lo rispetta e, sia pure prevedendo un regime transitorio abbastanza lungo, prevede un meccanismo di controllo dell'ANAC; qual è però, il potere di controllo dell'ANAC? Questa è una norma fondamentale, quindi bisogna individuare la conseguenza del potere di controllo, non necessariamente una sanzione, perché l'ANAC può mettere in campo una serie di attività, per esempio un potere d'ordine. Si potrebbe anche non prevedere la sanzione, ma prevedere un potere d'ordine che sia prodromico rispetto alla sanzione e che consenta al concessionario di rimettersi in carreggiata. Io sono sempre restio, quando si toccano tali questioni, a prevedere immediate sanzioni: sarebbe molto meglio bypassare la sanzione attraverso un altro meccanismo; però occorre riflettere sul fatto che questo potere di controllo sarà già complicatissimo, non essendo semplice verificare se sia stato dato l'80 o il 20 per cento; se poi a ciò si aggiunge che non c'è alcuna possibilità di intervenire ex post, si arriva alla conclusione che tale norma può provocare qualche problema di efficacia.
  L'articolo 183 riguarda la finanza di progetto. Su questo farò un riferimento puramente formale. Credo che sia stata una buona idea quella di sopprimere la procedura a doppia gara, però manca ogni riferimento al caso che non segua la proposta dei privati e ci sia un'inerzia da parte della pubblica amministrazione nell'inserimento di quelle proposte nei programmi pluriennali: ciò accadeva nel vecchio sistema e credo rappresentasse un criterio di controllo rispetto all'operato delle pubbliche amministrazioni, essendo un meccanismo di reale concorrenza. Se infatti un privato voleva fare un'opera pubblica e la proponeva a un comune, a una provincia o a una regione, prima di dire «no» bisognava spiegarne le motivazioni; oggi così sembrerebbe che non ci sia necessità di farlo. La proposta quindi è di tornare alla norma precedente, cioè di prevedere un'indicazione in questo senso.
  Per quanto attiene all'affidamento a contraente generale, avevamo avuto l'impressione che si volesse andare verso l'eliminazione dell'istituto, ma l'istituto resta, perché la lettera sss) prevedeva l'espresso superamento delle disposizioni della legge obiettivo; tutto sommato, si tratta di una scelta politica, su cui noi abbiamo sempre espresso qualche riserva. Credo che bisognerebbe ammettere con chiarezza che l'istituto del contraente generale sia un istituto che abbia dato pessima prova di sé.
  Vengo al tema trattato nell'articolo 203. Questa è una norma utilissima, perché prevede i criteri del monitoraggio delle infrastrutture degli insediamenti prioritari. La Pag. 11norma specifica che, nelle more dell'adozione del decreto da parte del Ministero, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'interno del 2003, che istituisce e regolamenta l'attività del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza, il famoso CASGO. Poiché quel comitato ha dato buona prova di sé in questi anni, lavorando bene e seguendo buone linee guida, bisognerebbe dare un'indicazione nel senso di mantenerlo, avendo esso dato buona prova anche quale supporto per arginare infiltrazioni mafiose.
  Sull'accordo bonario, il Collegio consultivo tecnico e la Camera Arbitrale, il Codice compie una serie di scelte coraggiose, anche se, a mio avviso, bisognerebbe meglio coordinare gli istituti. Sicuramente l'accordo bonario è molto più credibile rispetto al passato, essendovi una maggiore indipendenza del soggetto che dovrà procedere all'accordo bonario, ma la norma può essere facilmente elusa attraverso il riferimento al Collegio consultivo tecnico.
  È vero infatti che il Collegio consultivo tecnico è un organismo di valutazione puramente facoltativo, però è un organismo che segue tutto il lavoro, che viene nominato in base a criteri di minore indipendenza rispetto a quelli dell'accordo bonario e che finisce per consentire di raggiungere lo stesso meccanismo transattivo, cioè quello di un accordo fra appaltatore e imprenditore. Ritengo che andrebbe operato un maggiore coordinamento fra i due istituti e che possa essere dato un riferimento diverso a un ruolo della Camera Arbitrale. La norma sulla Camera Arbitrale quasi riprende quella del vecchio Codice. La Camera Arbitrale presso l'ANAC rimane uno strumento che serve quasi soltanto a individuare i soggetti che dovranno partecipare alle Commissioni e a riscuotere la tassa che deve essere pagata sulle sentenze.
  Se vogliamo davvero provare a rilanciare fra gli strumenti alternativi anche quello dell'arbitrato, soprattutto un arbitrato amministrato, bisognerebbe prevedere maggiori poteri della Camera Arbitrale, anche con la possibilità di dettare linee guida che individuino i criteri a cui dovranno attenersi gli arbitri. Io non sono affatto un amante dell'arbitrato e ho salutato con grande entusiasmo la norma della legge Severino, però tale strumento in qualche caso ha consentito quantomeno di individuare in tempi brevi i risultati, perché spesso il mancato ricorso all'arbitrato viene fatto da parte delle stazioni appaltanti, non tanto perché c'è sfiducia nei suoi confronti, ma perché si tende a lucrare i tempi lunghissimi che vengono utilizzati soprattutto dalla giustizia ordinaria, per cui gli appalti vengono pagati in genere ai figli o ai nipoti degli appaltatori, con uno dei sistemi che dal punto di vista dell'economia ha creato maggiori problemi alle imprese.
  Credo che una possibilità di autoregolamentazione dei criteri, utilizzando il criterio dell'appalto amministrato ed eliminando definitivamente l'appalto libero, potrebbe anche consentire qualche riferimento preciso e un riutilizzo della Camera Arbitrale e dell'arbitrato. Ovviamente, però, bisogna coordinare le norme in materia (gli articoli 205, 207 e 210).
  Prima di accennare alle norme che riguardano l'ANAC – che ho lasciato per ultimo, non in cauda venenum ma dulcis in fundo – vorrei svolgere alcune considerazioni sui prezzi di riferimento, la cui disciplina nel Codice non è stata proprio riprodotta. L'Autorità sta preparando una segnalazione al Parlamento e al Governo, per evidenziare che forse c'è un eccesso di aspettativa rispetto a questa tematica, soprattutto perché la legge, con riferimento ai percentili, lascia aperta una serie di problemi. I prezzi di riferimento, nell'impostazione del Codice, svolgevano un ruolo importante soprattutto in alcuni ambiti, quindi l'assenza di regolazione degli stessi, forse, non è proprio opportuna. Perché, quindi, non la attribuiamo a chi se ne deve occupare davvero? Questa è una rilevazione statistica che deve fare l'ISTAT: cosa c'entriamo noi con la rilevazione dei prezzi di riferimento?
  Per quanto riguarda le disposizioni sull'ANAC, sottolineo che i poteri che vengono affidati ad essa sono molti e significativi e le consentiranno davvero di svolgere il ruolo che viene affidato. Forse qualche Pag. 12norma andrebbe meglio calibrata anche dal punto di vista topografico.
  L'articolo 95 prevede, ad esempio, al comma 15, la disciplina delle varianti e gli obblighi di comunicazione dell'ANAC. Credo che questa previsione debba essere spostata nell'articolo 213, riguardando i poteri dell'ANAC.
  Il comma 2 dell'articolo 213 prevede una delle maggiori novità del Codice, cioè il potere di soft regulation, sul quale esprimo soddisfazione in quanto si fa riferimento a bandi tipo, linee guida, capitolati, contratti tipo e qualunque altra tipologia, dimostrando che la materia della soft regulation, a differenza delle fonti legislative, è una materia aperta. Se però non si prevede almeno un obbligo di tenere in considerazione le linee guida, senza prevedere il carattere vincolante, si corre il rischio che le linee guida diventino «grida manzoniane». Nessuno vuole individuare il carattere vincolante perché sarebbe pericoloso, ma perché non prevedere quantomeno un obbligo di motivazione per le stazioni appaltanti, nei casi in cui si ritiene di non adeguarsi? Le linee guida vengono fatte anche alla luce di una consultazione degli stakeholders; se le stazioni appaltanti evidenziano anomalie, ben venga che non si adeguino, ma se lo fanno senza nemmeno motivare, si rischia di perdere qualche passaggio.
  Siamo ovviamente d'accordo con il meccanismo della centralizzazione delle banche dati e siamo favorevoli all'idea che l'AVCPASS venga trasferita al Ministero delle infrastrutture (del resto, la legge delega su questo punto è chiarissima e noi stessi lo avevamo chiesto), ma, forse, dovrebbe essere chiarito anche dal punto di vista nominativo, per evitare confusioni, che si tratta due banche dati diverse.
  Ho già detto delle sanzioni: è una scelta politica che noi rispettiamo, però teniamo a evidenziare un dato, cioè che, per l'Autorità, l'attività sanzionatoria, oltre ad essere un costo per gli uffici, come è fisiologico, è anche un costo significativo in termini di spese legali. Proviamo eventualmente a stabilire un meccanismo di compensazione.
  Nell'articolo 83, comma 10, è previsto un potere sanzionatorio collegato ai meccanismi di premialità e di penalità. Anche in questo caso sarebbe opportuno riportare questa norma nella norma generale dell'articolo 213, così come osservo che l'importante disposizione prevista nell'articolo 211, comma 2, è inserita fuori contesto.
  L'articolo 211, comma 2, introduce una vera e propria ipotesi di ADR, su cui ovviamente siamo assolutamente favorevoli, perché prevede la vincolatività del parere di precontenzioso ma solo nei casi in cui entrambi i soggetti decidano di volersi sottoporre, fermo restando le impugnazioni al comma 2, però, si prevede una norma che non ha nulla a che vedere con il meccanismo della raccomandazione, perché riguarda un potere di raccomandazione generale, che prescinde dalla richiesta delle stazioni appaltanti. Questa norma, che è utilissima e che fra l'altro prevede un intervento pesantissimo da parte dell'ANAC, con la possibilità di adottare anche direttamente i meccanismi di autotutela, va però inserita nell'articolo 213.
  Un'ultima indicazione è di carattere più lessicale. Il comma 9 dell'articolo 213 dispone che l'Autorità si avvale dell'Osservatorio, ma forse sarebbe meglio dire, per evitare di far intendere che l'Osservatorio sia quasi una monade isolata, che «l'Osservatorio opera presso l'Autorità», in quanto esso è un organismo servente rispetto all'Autorità e non ha una sua autonomia giuridica.
  Infine, in materia di concessioni autostradali, il comma 7 prevede la possibilità di chiedere all'ANAC pareri sugli schemi di convenzione dei concessionari autostradali. Io non so se questo possa rientrare nelle competenze dell'ANAC e non sia una competenza dell'Autorità di regolazione dei trasporti; vi segnalo che si tratta di un'attività di regolazione che credo sia competenza dell'ART più che dell'ANAC.
  Ovviamente ci sono tanti argomenti di cui avrei voluto parlare, ma ho segnalato gli aspetti che considero più significativi. Ritornando sul tema del rating, credo che tale questione sia stata una scelta importante, ma vorrei che fosse più chiaro chi fa Pag. 13il rating dell'impresa. Vi sono infatti tre disposizioni che riguardano il rating: l'articolo 83, che prevede presso l'ANAC la possibilità di individuare criteri di premialità; l'articolo 84, che concede alle SOA la possibilità di attribuire i punteggi (e su questo punto avrei qualche perplessità le cui ragioni sono chiaramente individuabili); l'articolo 213, che prevede che l'ANAC debba svolgere un ruolo di supporto, che di fatto già svolge grazie a un rapporto convenzionale con l'Antitrust, per il rating di legalità che viene dato dall'Antitrust. Quanti rating di legalità devono esserci? Credo che questo meccanismo, che fino a questo momento è stata un'intuizione brillante ma di scarsissima utilità, vada regolato in modo unitario, perché non si può prevedere un rating di legalità che valga ai fini delle banche, diverso o comunque ulteriore rispetto al rating di legalità valido negli appalti dato dall’Antitrust, dall'ANAC o dalle SOA. Questi strumenti, che in modo coraggioso il Codice introduce fra i criteri che possono essere presi in considerazione ai fini della valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, diventeranno particolarmente ambiti dalla società. Occorre però chiarire quale rating dovrà essere dimostrato dalla società: quello dell’Antitrust, quello delle SOA o quello dell'ANAC?
  Siccome questa è una delle scelte di fondo importanti da parte del Codice, credo che su questo punto debba essere opportunamente data una chiarificazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente il presidente Cantone per la sua relazione estremamente compiuta e dettagliata. Vedremo come poter assicurare con massima rapidità la trasmissione ai Commissari del resoconto documentale della sua audizione, anche perché alcune indicazioni sono molto puntuali, di merito, precise e si possono tradurre già in condizioni vincolanti ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni.
  La sua relazione è ricchissima di spunti e di riflessioni e, quindi, inevitabilmente alimenterà un dibattito particolarmente intenso proprio per la qualità, la ricchezza e la rilevanza degli argomenti trattati, tra le altre cose – mi fa piacere – anche con una visibile e crescente passione del giurista verso i temi del diritto amministrativo e degli appalti, in chi come Lei parte da un'impostazione giuridica molto proiettata sul terreno del diritto penale.
  Procederei quindi a un intervento per gruppo, alternando tra i gruppi di Camera e Senato, per poi lasciare spazio ad ulteriori domande.

  MARCO FILIPPI. Nel ringraziare il presidente Cantone per l'ampia e notevole mole di spunti e di suggestioni che ci ha offerto, vengo subito alle domande che voglio porre, partendo dalle questioni più generali e passare a quelle più di dettaglio.
  Lei ha parlato della struttura, quindi, se possibile, vorrei avere un suo giudizio anche sull'organicità della stessa. La mia sensazione è che sostanzialmente ricalchi l'impostazione del vecchio Codice dal punto di vista della struttura. Non mi riferisco al testo, ma allo spirito della legge delega: probabilmente ci aspettavamo una maggior distinzione tra le fasi di affidamento dei lavori (penso alla progettazione, all'affidamento, alla realizzazione e al collaudo). Vorrei sapere se questo tipo di impostazione sia condiviso o se la struttura del Codice sia adeguata.
  Abbiamo rilevato anche una certa ampiezza dei settori speciali, cioè quelli per i quali è esclusa l'applicazione. Vorrei conoscere la sua opinione al riguardo e soprattutto, visto che non c'è un richiamo al Codice, come l'ANAC intervenga.
  Gradiremmo conoscere anche lo stato dell'arte delle linee guida di ANAC e sapere come esse si integrino con il Codice. Lei ha già parlato della natura non vincolante, ma, visto che sono previsti nell'ambito del Codice più di 40 decreti attuativi, vorrei capire come questi meccanismi si integrino anche dal punto di vista temporale del regime transitorio.
  Vorrei avere anche un suo giudizio rispetto alla riduzione delle stazioni appaltanti, che credo sia uno dei temi fondamentali su cui ci siamo molto spesi e su cui il dibattito, anche in Commissione, è stato particolarmente vivace. Pag. 14
  C'è poi la questione che riguarda i contratti segretati, un altro aspetto particolarmente delicato. Chi è che controlla, magari ex post, gli atti e le procedure? Questo è un altro elemento sensibile rispetto a quello che si è verificato nel passato.
  Condivido quanto ha affermato sull'aggiornamento dei prezzi. La mia preoccupazione era appunto quella di sapere chi se ne occupa. Se ho capito bene, ha fatto riferimento all'ISTAT.
  Inoltre, vorrei sapere se ritiene che, per la fattispecie delle concessioni autostradali, un tema che negli anni passati ha costituito un elemento di particolare attenzione, sia il caso di prevedere nel Codice una procedura specifica, o comunque come pensa di poter intervenire, anche dal punto di vista della soft law. Infatti, mi sembra che i termini siano molto generali – non voglio dire «generici» – rispetto a fattispecie che invece, come sappiamo, hanno previsto diverse casistiche.
  Venendo ai temi specifici e avviandomi alle questioni conclusive, vorrei sapere cosa pensa dell'obbligatorietà di previsione delle gare, che al momento non c'è, magari sei mesi prima della scadenza, per quanto riguarda gli appalti di servizi. Questa è una questione che spesso dà luogo a proroghe o comunque a contenziosi nelle attività relative ai servizi. Insieme alle clausole sociali, che lei ha opportunamente richiamato, questo è uno dei temi su cui c'è stata un'attenzione in Commissione.
  Vorremmo avere una sua valutazione sull'obbligatorietà della previsione sei mesi prima. Questo può costituire un elemento virtuoso tra il soggetto che gestisce il servizio e quello subentrante, in un eventuale momento di affiancamento. Dopo diventa tutto più difficile. Se lo prevediamo, probabilmente si può dare una maggior disciplina. Vorrei sapere cosa ne pensa al riguardo.
  Inoltre, mi interessa avere una sua valutazione sui valori delle soglie, tema particolarmente importante. Io segnalo un aspetto, ma ce ne sono molteplici. L'articolo 36 consente la possibilità dell'aggiudicazione diretta per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mentre per quelli da 40.000 a 150.000 euro si prevede una procedura negoziata con tre soggetti e per quelli da 150.000 euro a un milione di euro, sostanzialmente...

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Tutto.

  MARCO FILIPPI. Tutto. Io avrei detto l'80 per cento. In questi ultimi casi è prevista la procedura negoziata da tre a cinque soggetti. La sensazione che personalmente avverto è che vi sia una certa allergia nel nostro Paese a fare le gare, come c'è una certa allergia a pagare le tasse e come c'è una certa allergia a rendere trasparente e tracciabile il momento dell'affidamento. Ritiene che io abbia sbagliato? Questa è una sensazione che mi premeva esprimere.
  Inoltre, mi interessa avere una sua valutazione rispetto ai criteri di frazionamento in lotti, che ovviamente costituiscono un principio di recepimento della direttiva. Nel Codice si riporta il concetto dei lotti funzionali, che però non si riscontra negli elementi di principio della direttiva. Al di là di questo...

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Quale poteva essere l'alternativa?

  MARCO FILIPPI. Sono io che lo chiedo a lei.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Io, onestamente, me lo sono chiesto, ma non ho idee.

  MARCO FILIPPI. Allora, le pongo un'altra questione indiretta. Siccome è previsto che la stessa stazione appaltante possa poi riaccorpare eventuali lotti frazionati, qual è il criterio con il quale la stessa stazione appaltante riaccorpa? È la previsione nel bando o, più semplicemente, la mancanza di un'offerta o, ancora, una migliore offerta? Sono aspetti problematici, che non conoscono una regolamentazione. Chi è stato presente in un'amministrazione pubblica Pag. 15 si rende conto dei «giochi e dei magheggi» che si compiono.
  Infine, il contenzioso è uno degli aspetti principe di questi anni ed è un fenomeno dolente. Io sono un po’ sorpreso, anche se lei ha dato una motivazione che assolutamente assumo. Ritrovare l'istituto dell'arbitrato fa venire davvero l'allergia, in questo caso, a chi ne ha visto gli effetti in questi anni. Ho notato che sono spariti quei tentativi che il legislatore negli ultimi anni aveva cercato di introdurre, tipo il contrasto alle liti temerarie. C'è questo aspetto del precontenzioso che chiama direttamente in causa l'ANAC. Giustamente lei diceva che, però, non è strettamente vincolante, perché comunque i soggetti possono intraprendere un giudizio.
  Rispetto a questo aspetto, che è una delle questioni più delicate che abbiamo di fronte, vorrei capire meglio come lei ritiene che si possa perfezionare e correggere. Mi fermo qui, anche per rispetto degli altri colleghi.

  PRESIDENTE. Anche perché tutto questo richiederebbe un'ulteriore audizione.

  MARCO FILIPPI. Mi sono limitato. È un decimo delle questioni che avrei voluto porre.

  CLAUDIA MANNINO. Ringrazio il presidente Cantone per questa audizione. Personalmente condivido molte delle criticità sollevate.
  Mi permetta una valutazione forse politica: noi ci aspettavamo, così come era stato annunciato, una totale riscrittura del Codice. Anche alla luce delle sue osservazioni, purtroppo, questo ci sembra più che altro un adeguamento del Codice attuale alle esigenze delle direttive. Probabilmente ciò è dovuto a una questione temporale. Le criticità che lei ha sollevato, anche rispetto ad alcuni aspetti prettamente di correttezza formale, dal mio punto di vista ce ne danno conferma. Questo ci dispiace. Per rimanere sul piano generale, noi ci saremmo aspettati che le direttive prevedessero tutte le modalità dell'esecuzione delle gare di appalto o dei contratti in genere sopra soglia. Per i contratti sotto soglia, io avrei preferito che fosse scritto in maniera molto più semplificata e anche meglio diviso per capitoli all'interno di questo testo.
  In particolare, questi continui rimandi a cui lei faceva riferimento, secondo me, sono il frutto di una mancata riscrittura. Le pongo una domanda, anche se su questo lavoro parlamentare sicuramente la risposta potrà avere un effetto nullo. Le chiedo se non ritenga che sia il caso, invece, di pensare a una totale riscrittura del testo, concentrandosi al massimo su tutto ciò che era sotto soglia.
  Alla seconda domanda che le vorrei porre lei mi ha, in parte, già risposto in termini di fase transitoria e di soft law. È una domanda che avevamo già posto anche in fase di delega. Vorrei sapere materialmente a quale ritmo o in quali tempi (sei mesi, un anno, tre mesi) l'ANAC riuscirà a pubblicare i vari provvedimenti che le sono stati delegati.
  Inoltre – anche su questo ha già dato qualche spunto nella sua relazione – vorrei sapere se l'ANAC ha la struttura per farlo. Probabilmente la questione delle sanzioni, così come da lei sollevata, potrebbe essere una soluzione che aiuterebbe l'ANAC a fare queste verifiche.
  A proposito dei criteri di aggiudicazione, nella legge delega si è voluta avviare una sfida di maggiore responsabilizzazione delle stazioni appaltanti. Le chiediamo se, nell'ottica della soft law che l'ANAC dovrà redigere, saranno salvaguardati dei criteri di soggettività nell'aggiudicazione delle gare o nelle valutazioni da parte della commissione.
  Faccio un'ulteriore considerazione sui contratti sotto soglia, che in parte è stata già fatta da chi mi ha preceduto. Rispetto all'articolo 32 e in particolare all'articolo 36, crediamo che sia necessario stabilire con quale criterio ci si vuole adoperare per i contratti sotto soglia.
  A nostro avviso, ci sono anche refusi notevoli. Ad esempio, per ciò che riguarda le procedure negoziate, ancora oggi si parla addirittura di procedura negoziata senza pubblicazione. Noi crediamo che questo Pag. 16criterio possa essere abbondantemente superato.
  Allo stesso modo, nell'articolo 93, si afferma ancora che le assicurazioni devono essere effettuate in contanti o con fideiussioni. Crediamo che, nel 2016, con l'ANAC e con questo grande potere, parlare ancora di soldi in contanti nel contratto degli appalti sia sicuramente anacronistico.
  Vengo ora alle pubblicazioni. Nella delega era stato detto chiaramente – o almeno questo è ciò che io avevo interpretato – di dare massima trasparenza a tutte le fasi della gara. Io immaginavo quell'emendamento, più volte rimaneggiato in fase di delega, in maniera molto semplice. Noi avevamo parlato di un sito unico dove pubblicare tutte le gare e tutti i documenti a esse relativi. Oltre al fatto che la pubblicazione di tutti i documenti di gara è rimandata in diversi articoli, ci sono documenti che riusciremo a pubblicare addirittura solo dal 18 ottobre 2018. Io immaginavo una cosa molto più semplice: un sito istituzionale dove pubblicare l'estratto del bando, l'importo, le categorie, la polizza e le scadenze; il comune o comunque le stazioni appaltanti avrebbero avuto la loro chiave di accesso, così come coloro che vogliono partecipare alla gara. Tutto sarebbe stato inserito in un unico sito istituzionale su scala nazionale.
  Non credo che nel 2016 ciò sia frutto della fantasia o se dipenda dalla volontà politica o dalla ristrettezza dei tempi.
  In questi giorni, tra le varie versioni del provvedimento che sono state divulgate da metà gennaio fino ai primi di marzo, tutti abbiamo ricevuto diverse segnalazioni. Io mi chiedo se, oltre alle valutazioni che lei ci ha consegnato, si possa dare un'occhiata anche alle ulteriori segnalazioni che noi come Commissione riceveremo, perché ci sono veramente dei contributi molto importanti.
  Entrando nello specifico, ma senza dilungarmi e provando a non ripetermi, vorrei un chiarimento rispetto alla vecchia classificazione dei progettisti come soggetto economico. Considero positiva l'introduzione del concetto di progetto definitivo, però si mette a gara per le competenze che può avere il progettista. Io sono architetto, non mi definisco un soggetto economico e ho qualche difficoltà a fare proposte economiche su un progetto che è identificato come progetto culturale.
  Faccio un altro riferimento puntuale sulle emergenze (articolo 163). Le direttive, anche nei vari considerata, affermano che le uniche emergenze sono quelle di carattere ambientale. Sappiamo bene che nella delega non si è voluta inserire questa specifica delle emergenze ambientali. Di conseguenza, mi chiedo cosa sono per l'ANAC le emergenze. Se le emergenze devono prevedere sei mesi di iter di gara, non vedo più quale sia l'emergenza. Probabilmente l'emergenza deve essere qualcosa che non necessita neanche della progettazione.
  Faccio un'ulteriore considerazione riguardante le società organismo di attestazione (SOA). Le SOA nelle direttive europee non esistono. Questo concetto si incrocia anche con le procedure negoziate di cui all'articolo 36.
  Io non condivido per niente il fatto di porre un limite ai partecipanti che possono aderire a una determinata gara: non ne vedo il motivo. Si potrebbe dare la possibilità ad altri soggetti, che quantomeno hanno le certificazioni SOA, di partecipare. Sarà la commissione, partendo da chi è stato invitato, a prendere in considerazione anche gli altri progetti.
  Ho una domanda sull'avvalimento. Questo tema è già stato affrontato da lei, quindi non mi ripeto. Chi controlla nel dettaglio i criteri di avvalimento, sia come competenze che come accessibilità?
  Faccio un'ultima considerazione sull'articolo 50 e sull'accreditamento delle stazioni appaltanti. Nella legge delega si è parlato genericamente di riduzione delle stazioni appaltanti. Visto che i criteri di accreditamento sono abbastanza semplici, le chiedo se, secondo lei, ha senso che la Consip e le regioni ne siano escluse. Peraltro, si tratta di caratteristiche che sia le regioni che la Consip dovrebbero avere abbastanza facilmente e non capisco perché debbano essere escluse dai criteri di accreditamento.

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  JONNY CROSIO. Ringrazio il dottor Cantone della sua presenza e della sua relazione, che sicuramente leggeremo puntualmente nel resoconto stenografico. Mi sarà utile, per quanto mi riguarda, per avanzare tutte le proposte che vorremo fare al relatore in sede di recepimento di questo importante passaggio.
  Non vorrei porle delle domande specifiche, ma approfitto del fatto che oggi le Commissioni di Camera e Senato siano oggi riunite, per cercare di favorire l'elaborazione di un documento che sia il più possibile sinergico tra le due Commissioni. Spesso, all'interno della Commissione del Senato vengono elaborati pensieri che non trovano lo stesso percorso all'interno della Camera. Non lo dico con tono polemico, ma per favorire la possibilità che i relatori trovino una convergenza su questo importante tema.
  Voglio fare delle considerazioni, che credo siano importanti e che con il dottor Cantone abbiamo fatto anche in occasione della sua audizione al Senato.
  Senza dubbio questo testo è un grande passo avanti per il nostro Paese. Tuttavia, io voglio pensare che non sia un punto di arrivo. Non è neanche un punto di partenza, ma è un punto di transito. Lo dico in virtù del fatto che, se noi guardiamo oltre i confini del nostro Paese, le cose forse vengono scritte e fatte in maniera diversa.
  Io ho un po’ di esperienza professionale al di fuori del Paese. Riporto una battuta che gira: dicono che quando arrivano le imprese italiane per le opere, non arrivano un ingegnere e un tecnico, ma prima un avvocato. Questa è consuetudine nel nostro Paese, ma poi ci si accorge che negli altri Paesi, invece, ci sono le condizioni per lavorare.
  Perché dico questo, dottor Cantone? Alcune ottime imprese che ci sono in Italia fanno delle ottime operazioni al di fuori dei confini nazionali e non riescono a farle all'interno del nostro Paese. Ci si chiede: perché? Noi l'abbiamo detto più volte. Innanzitutto, come dicevo prima, ci sono più avvocati che ingegneri. Questo avviene perché il nostro è l'unico Paese in cui ci sono i «riservisti». Io li chiamo così, facendo una battuta. Per prima cosa, quando mi aggiudico un'opera, chiamo tre ingegneri e dico: «Fai una fila di riserve e alla fine, quando tiriamo i conti, vediamo dove arriviamo».
  Cito un'opera su tutte. Il presidente Matteoli sa che io ogni tanto sono un po’ sopra le righe. Sulla variante di valico abbiamo fatto due gallerie che a base d'asta valevano 480 milioni di euro e c'erano 530 milioni di riserve. Perché?
  Io non ho la soluzione a tutto, però una considerazione va fatta, dottor Cantone. Se in questo Paese, oltre a fare tutto il lavoro che lei dovrà svolgere sulla corruzione e quant'altro, che è fondamentale, riuscissimo a stabilire come principio la progettazione ben fatta, un progetto di qualità, sarebbe diverso.
  Non lo dico io. Se noi chiediamo alle imprese che hanno lavorato fuori dai confini del nostro Paese perché riescono a lavorare, ci rispondono: «Perché mi dicono cosa devo fare, perché c'è un progetto fatto bene, codificato, che ha determinate caratteristiche e mi mette in condizione di poter lavorare». Questo è molto importante.
  Io credo che uno dei motivi della morte delle opere pubbliche e del delirio che abbiamo visto in questo Paese sia l'appalto integrato, che esiste solo in Italia. Ce lo siamo detto, dottor Cantone, lo ricordo bene.
  L'appalto integrato è una follia, perché innanzitutto abbiamo i nostri migliori ingegneri che devono sottostare alla volontà delle imprese. L'impresa deve fare cassa; c'è la competizione, c'è il mercato. Noi lo capiamo benissimo, ma è un grosso problema. Questo squalifica le professionalità e accentua, invece, la competizione economica, che non porta alla buona riuscita dell'opera, ma la pregiudica. Questo ha creato i grossi problemi del nostro Paese.
  Rivolgo un appello a tutti i colleghi affinché si lavori in questo senso. La progettazione è fondamentale, perché determina la qualità dell'opera e la buona riuscita della stessa.
  Ho cominciato a leggere e ho visto che ci sono alcune imperfezioni. Ne cito solo una. Rispetto all'articolo 23, va benissimo Pag. 18prevedere tre livelli di progettazione, che sono lo studio di fattibilità, il progetto definitivo e quello esecutivo, però è abbastanza anomalo e tipicamente italiano scrivere che il definitivo e l'esecutivo dovrebbero essere svolti preferibilmente dallo stesso soggetto.
  In altri Paesi non funziona così, perché c'è un sistema di codificazione della progettazione che fa sì che prendere un progetto definitivo e trasformarlo in esecutivo sia estremamente semplice, in quanto il definitivo è fatto con determinate regole che mi mettono in condizione di fare l'esecutivo con certe regole.
  In Francia hanno il CPN2000 e in Svizzera hanno il CRD, che è codificato col Codice dei costi di costruzione, e non puoi «scappare». Dovremmo cominciare a guardare verso un'evoluzione del genere, che sarebbe sicuramente importante.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Mi sembra che il Codice vada in questo senso.

  JONNY CROSIO. Sì, voglio dire che dobbiamo favorire sempre di più. Perché dico questo? Concludo, dottor Cantone. Con il project financing, non vorrei che noi facessimo uscire dalla porta l'appalto integrato e lo facessimo rientrare...

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Sono due cose diverse.

  JONNY CROSIO. Sì, però non vorrei che lo facessimo rientrare «dalla finestra». Forse penso male – è un mio limite – ma lo dico anche per stimolare il dibattito.
  A proposito di dibattito, è sicuramente affascinante l'articolo 22, che prevede il dibattito pubblico. Io sono molto favorevole. Forse siamo stati attratti dal fatto che in Francia lo si usa, ma ci sono altre condizioni rispetto al nostro Paese.
  Mi permetto di osservare che, se vogliamo fare un dibattito pubblico che abbia gli stessi risultati di quello francese, dobbiamo tener presente una cosa. Altrimenti, rischia di diventare la morte della riforma che noi vogliamo fare. Il dibattito pubblico in Francia sostituisce di fatto la VIA. Sia chiaro. Sostituisce la VIA, nel senso che la struttura ministeriale predisposta per l'autorizzazione di VIA agisce sulla base dei risultati del dibattito pubblico. In Francia è così.
  A supporto di questo – lo dico sempre a beneficio di una riflessione – c'è una piattaforma di ragionamento, che è la pianificazione del territorio, che soddisfa determinate regole. Non possiamo pensare di realizzare opere pubbliche, se i piani di assetto idrogeologico devono ancora essere fatti e valutati o sono precari, oppure se i piani di coordinamento provinciali e regionali e i piani di governo del territorio a livello locale non hanno una sinergia tra di loro, come troppo spesso capita, purtroppo, nel nostro Paese. In tal caso il dibattito pubblico si affossa prima di cominciare.
  Lancio un appello: forse dobbiamo cercare di favorire anche nel nostro Paese un cambiamento di passo, ma anche di mentalità. Credo che questo sia fondamentale. Ci sono le condizioni per farlo, perché lo dimostriamo quando usciamo dai confini. Cerchiamo di favorirlo anche nel nostro Paese.
  Io mi scuso, dottor Cantone, perché purtroppo sono andato fuori tempo massimo e mi devo allontanare, ma leggerò la sua risposta sul resoconto stenografico.

  PRESIDENTE. Senatore Crosio, siccome lei, nell'enucleare l'albo professionale dei «riservisti», ha anche indicato a stretto giro avvocati e ingegneri, ora diamo la parola, per una concatenazione delle iscrizioni, prima al ceto forense, con il collega Massa, e poi al mondo tecnico, con il senatore Cioffi.

  FEDERICO MASSA. Sarò telegrafico, in quanto non è questa la sede per approfondire i singoli aspetti del dibattito. Non ritualmente devo ringraziare il dottor Cantone, perché la relazione ha toccato punti di merito assai significativi. È un apprezzamento di carattere generale.
  Mi permetto di partire da un piccolissimo dubbio che mi ha suscitato l'introduzione. Pag. 19 Naturalmente ci si potrà chiarire meglio. Mi riferisco ai criteri per i giudizi arbitrali, su cui io avrei qualche piccola perplessità. Essendo l'arbitrato riconducibile alla giurisdizione e essendo eventualmente soggetto al percorso giurisdizionale dell'appello, penso che forse si potrebbe lavorare meglio sul precontenzioso, che questa caratteristica non ha e che, quindi, si presta meglio alla possibilità di indicazioni.
  Faccio una riflessione rispetto alla norma sul processo amministrativo. Sono stato autorevolmente sollecitato dai rappresentanti dell'Unione nazionale degli avvocati amministrativisti su questo. Tuttavia, non vengo qui per fare il portavoce, ma segnalo un problema che a mio modo di vedere è di grande attualità.
  Mi riferisco all'obbligo di impugnare immediatamente, non solo le esclusioni, ma anche le ammissioni. Qui si pone una questione che rischia di paralizzare i tribunali amministrativi, perché sganciare l'ammissione dall'interesse nei confronti di un'impresa che si sia resa aggiudicataria rischia, nella fase iniziale della gara, di scatenare un contenzioso generalizzato.
  Credo che, se devo impugnare l'ammissione di uno dei concorrenti e questo interesse è di tutti i concorrenti nei confronti di tutti, e se c'è il vincolo per il quale, nel caso non lo impugno all'inizio, non posso più farlo, rischiamo di scatenare una situazione difficilmente gestibile.
  La questione delle qualificazioni delle stazioni appaltanti va benissimo, ma, a mio modo di vedere, questa previsione va raccordata con il sistema delle competenze amministrative e istituzionali.
  Mi spiego meglio. Per esempio, cosa succede per gli appalti che ricadono nell'ambito territoriale di un certo numero di comuni, laddove lì non si individui una stazione appaltante qualificata? Nel caso di un'opera pubblica pensata necessaria e ideata per il territorio di cinque o sei comuni – naturalmente vado per approssimazione – se la stazione appaltante non è qualificata, noi neghiamo il Codice identificativo gara (CIG). Questo va benissimo, però io devo capire chi può appaltare quell'opera ed evitare che una situazione di questo tipo incida sui tempi di realizzazione dell'opera stessa. Questo potrebbe costituire una complicazione nella programmazione dell'esecuzione dei lavori pubblici.
  Un altro problema di dettaglio, che potrebbe non essere di dettaglio, è quello relativo alla cessione del credito. Viene innovativamente previsto che la cessione del credito debba essere comunicata all'ANAC.
  In questo Paese, quando si dice che si comunica qualcosa a qualcuno, senza stabilire cosa deve fare il soggetto destinatario della comunicazione, già si apre un problema. Qui c'è un sistema, apprezzabilissimo e molto ben definito nel Codice, di tracciabilità dei pagamenti.
  Intervenire su uno dei sistemi attraverso i quali le imprese si finanziano, anche in corso d'opera, secondo me può determinare una questione di rapporto. Penso a operazioni di factoring, a operazioni di finanziamento con gli istituti di credito e quant'altro.
  Queste mi sembrano le questioni fondamentali, accanto alla mia piena adesione ad alcune perplessità del dottor Cantone. Penso alla realizzazione da parte del privato dell'opera pubblica, che è un istituto assolutamente innovativo. Io non credo che un privato realizzi un'opera pubblica a spese sue tanto per farla. Bisogna capire come questo si incrocia con la programmazione delle opere pubbliche, la decisione e quant'altro. Lasciare questa previsione indefinita mi sembrerebbe pericoloso.

  ANDREA CIOFFI. Innanzitutto, mi scuso con il dottor Cantone, perché noi teoricamente siamo legislatori, ma ci dilunghiamo un po’. Amiamo parlare. Questo è il nostro limite.
  Vorrei ringraziarla per la sua relazione, che è molto specifica e molto dettagliata e ovviamente costituirà la base del lavoro che faremo, almeno al Senato, così come abbiamo fatto in sede di elaborazione della legge-delega. Tutte le forze politiche, al di là dell'appartenenza, hanno provato a lavorare insieme. Purtroppo alla Camera – bisogna dirlo – sono state introdotte modifiche Pag. 20 che, forse, era meglio non introdurre. Mi riferisco al famoso 80-20 di cui lei ha parlato.
  Il problema è molto concentrato sui rilevanti poteri dell'ANAC e sul grandissimo numero di adempimenti ad essa attribuiti.
  Noi, come gruppo, pensiamo che forse le cose che dovete fare sono un po’ troppe e la paura è che esse portino ad affossare quella che potrebbe essere una riforma fatta bene.
  D'altra parte, come sappiamo e come lei ci ha riferito, forse bisogna capire se avete le risorse umane e i soldi per fare tutto questo. Forse bisognava lasciare qualcosa al Ministero, ma questa è una scelta politica generale.
  Quanto ci ha detto e le molteplici criticità che ha evidenziato ci fanno pensare che, nella stesura, il gruppo che ha elaborato la bozza abbia forse subìto qualche sollecitazione di troppo. È una mia ipotesi. Probabilmente qualche sollecitazione di troppo lascia aperta qualche porta.
  Penso che sia fondamentale ribadire il ruolo del responsabile unico del procedimento (RUP). Io insisto molto sul RUP, perché tutto gira intorno ad esso. Di conseguenza, bisogna affidargli grandi competenze e grandi responsabilità. Forse dovremmo ribadire bene qual è il ruolo del RUP, perché, al di là dell'arbitrato, che a me personalmente non è mai piaciuto, il ruolo del RUP è quello che dovrebbe sbrogliare le cose.
  D'altra parte, quando si parla, per esempio, del fatto che bisogna valutare le riserve e, quindi, l'accordo bonario, prima si diceva che fino al 10 per cento dell'importo di contratto bisognava valutare e così via, mentre ora siamo passati dal 10 al 15 per cento. Abbiamo aumentato la soglia rispetto al vecchio Codice. Forse è il caso di riportarla al 10 per cento.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Il 15 è complessivo, comunque, è tanto e sono d'accordo.

  ANDREA CIOFFI. Bisogna stare attenti. Come lei sa bene, i RUP ogni tanto scrivevano: «Si ritiene che l'importo di riserve accoglibili al di sotto del 10 per cento...». Pertanto, questa cosa andava sempre avanti. Forse è il caso di intervenire con specificità.
  Riprendo solo alcuni passaggi. Per esempio, all'articolo 1, comma 2, lettera b), si afferma che «l'amministrazione, sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica, indice una gara». Più di una volta si dice che si fanno le gare sulla base degli studi di fattibilità tecnico-economica, cioè sul vecchio progetto preliminare.
  Mi sembra che dobbiamo stare molto attenti a come facciamo le gare, perché rimettere a base di gara il progetto preliminare oppure lo studio di fattibilità tecnico-economica (chiamiamolo così) può produrre una serie di distorsioni, che sono quelle alle quali siamo andati incontro.
  Dobbiamo stare molto attenti da questo punto di vista, anche nelle definizioni. Ci sono alcune cose che potrebbero essere dei «cavalli di Troia», ovvero dei modi con cui si possono far rientrare alcuni passaggi. Dovremmo stare molto attenti anche sulla parte che riguarda le definizioni.
  All'articolo 20, che lei ha citato, si afferma: «l'amministrazione, prima della stipula della convenzione, valuta che il progetto di fattibilità delle opere da eseguire, con l'indicazione del tempo massimo...»
  Il progetto di fattibilità viene fatto fare dal proponente. Forse è il caso di ribadire il concetto che...

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Si riferisce all'articolo sulla spesa del privato?

  ANDREA CIOFFI. Sì. Bisogna stare molto attenti, perché, se noi vogliamo cambiare un po’ questo Paese, dobbiamo far sì che le amministrazioni inizino a fare i progetti, altrimenti non lo cambieremo mai. Se noi demandiamo a qualcun altro il compito di progettare, troveremo sempre un concessionario che ci viene a dire: «Guardi, qua è bello fare questa autostrada; gliela propongo». È una storia che conosciamo bene. Pag. 21
  Molte altre sono le osservazioni e cercherò di essere rapido, in quanto potrei parlare per ore.
  Nel partenariato pubblico-privato forse sarebbe il caso di disciplinare la rescissione in danno al privato se non vengono rispettati dei parametri nell'erogazione del servizio. Noi dovremmo intervenire in maniera forte contro il privato nel caso in cui non vengano rispettati i parametri in base ai quali è stato siglato l'accordo. Anche sulle rescissioni bisogna essere attenti.
  Porre il rischio a carico del privato è giusto. Tuttavia, nel comma 3 dell'articolo 180 noi leggiamo: «Con il contratto di partenariato pubblico-privato sono altresì disciplinati anche i rischi incidenti sui corrispettivi derivanti da fatti non imputabili all'operatore economico». Dobbiamo stare attenti che i fatti non imputabili all'operatore economico non costituiscano il modo per fare tutte quelle cose che noi vorremmo evitare.
  Anche nell'ambito della finanza di progetto si parla dello studio di fattibilità. Ritorna spesso nel Codice il fatto che si possa continuare a lavorare sullo studio di fattibilità.
  C'è poi una questione che riguarda l'ANAC. L'ANAC farà questo Regolamento di soft law. Lei ha detto che dovrebbe essere, se non obbligatorio, qualcosa del genere. Dobbiamo stare attenti, se abbiamo eliminato il Regolamento, a non fare di nuovo il Regolamento.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Io non parlo di questo.

  ANDREA CIOFFI. Lo so, presidente. Mi permetta di fare un po’ il provocatore in senso buono, nell'ottica di svolgere un lavoro proficuo.
  Se me lo permette, oltre al controllo ex post, quando c'è scritto al comma 2 che «trasmette alle Camere, immediatamente dopo la loro adozione, gli atti», forse è bene prevedere una specie di controllo ex ante. Su questo vorrei una sua opinione.
  Ricordiamo tutti la storia delle circolari ministeriali Se c'era un funzionario bravo, riusciva a fare bene le circolari, pro domo di qualcuno. Sicuramente non capiterà mai all'ANAC, almeno fin quando sarà lei presidente. C'era un vecchio politico che diceva: «a pensar male, si fa peccato». Tuttavia, forse è bene fare anche un controllo ex ante. Vorrei una sua parola relativamente a questo.
  Infine, riguardo al subappalto, lei ci ha stimolato sul fatto che non c'è limite. Questa è una vecchia sollecitazione che arriva dall'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE). È una loro posizione, per carità!
  Ricordiamo che avevamo il limite del 30 per cento sulla categoria prevalente. Forse avremmo dovuto prevedere il limite del 30 per cento su tutto l'importo dell'appalto, che sarebbe cosa ben diversa, perché in quel modo si potevano subappaltare grandissime parti. Forse avremmo dovuto inserire una norma del genere.
  Vorrei sapere se secondo lei bisogna inserire una soglia sull'importo complessivo oppure sulla categoria prevalente. Io ritengo che vada inserita sull'importo complessivo, però vorrei avere una sua opinione in merito.

  STEFANO ESPOSITO. Ringrazio il presidente Cantone. Io sarò breve, perché il quadro che ha illustrato nel suo intervento è molto vicino alle considerazioni e valutazioni che abbiamo fatto in questa prima fase. Questo naturalmente ci conforta, perché significa che quelle che potremmo definire criticità, usando forse un termine eccessivamente pesante, oppure questioni da affrontare per poterle in qualche modo indirizzare verso una maggiore chiarezza, sono sostanzialmente le stesse che lei ha richiamato.
  Faccio solo alcune considerazioni su due temi che, secondo me, sono un po’ l'asse portante del Codice.
  Il primo è il tema del subappalto. Noi riteniamo che sia necessario ricondurre a una valutazione che non generi alcuna licenza di interpretare la norma come la possibilità di subappaltare al 100 per cento le opere.
  Personalmente, avendo letto gli atti della Commissione e ricevendo in queste Pag. 22ore, così come richiesto, peraltro, dalle due Commissioni, le osservazioni delle associazioni e dei portatori d'interesse, non nego di essere rimasto particolarmente colpito da un fatto.
  Presidente Cantone, alcune associazioni di categoria che della maggiore tutela del subappalto hanno fatto la loro bandiera, dalle quali quotidianamente ci capita di ricevere nei nostri territori la sollecitazione per una maggiore attenzione ai limiti del subappalto e alla tutela dei subappaltatori, per evitare un mercato troppo selvaggio, in realtà sono i maggiori sostenitori della possibilità di subappaltare al 100 per cento un'opera.
  Che dire? Ne prendiamo atto. Noi facciamo i legislatori e naturalmente procediamo secondo quella che è stata la lettera, ma anche lo spirito della nostra discussione, sicuramente al Senato ma credo anche alla Camera. Cercheremo di essere ancora più precisi, per togliere qualunque possibilità di una valutazione di liberalizzazione del subappalto.
  Credo che questo tema, con le linee guida che l'ANAC sta elaborando, vada il più possibile coordinato.
  Ritengo anche che, come ha già detto il senatore Filippi, le soglie vadano ricollocate nel loro giusto ordine, perché, peraltro – lo dico in termini formali – l'utilizzo dello strumento dell'offerta economicamente più vantaggiosa è criterio guida delle direttive. Se noi lo applichiamo solo per il residuale 18-20 per cento degli appalti in Italia, andiamo contro le direttive europee. Voglio essere molto chiaro.
  Questo è un lavoro che noi intendiamo fare. Personalmente sono confortato su questi punti dal suo intervento.
  Io le pongo altre questioni. La prima è relativa a un tema che mi sta molto a cuore, ma che mi vede preoccupato per come è stato inserito: il dibattito pubblico. Io credo che il dibattito pubblico vada regolato attraverso un atto legislativo del Parlamento, non demandato a un decreto attuativo.
  Così com'è scritto, rischia di essere interpretabile. A proposito di questioni legali, collega Massa, così com'è scritto, rischia di essere uno strumento che può essere tirato da una parte e dall'altra, e la cui applicazione, essendo un sistema complesso, richiede un dettaglio che nell'articolo 22 io non intravedo. Le chiedo quindi una valutazione al riguardo.
  Inoltre, ritengo che il tema delle clausole sociali vada ampiamente rafforzato. Com'è noto, io mi sono espresso criticamente rispetto all'inserimento della clausola sociale del 100 per cento per i call center, per una ragione molto semplice: le clausole sociali non sono ammesse dalla stessa direttiva europea in una logica di passaggio d'appalto. Noi avevamo il tema importante dell'organizzazione d'impresa.
  Lo dico e lo lascio nuovamente a verbale, perché io non vorrei che venisse giù tutto il castello. Siccome in questi anni sono stati fatti pagare prezzi molto alti e la generica quanto trasversale responsabilizzazione delle stazioni appaltanti che si intravede nella scrittura del Codice non mi convince – non per mancanza di fiducia, lo dico con grande franchezza – men che meno mi convince che siano le stazioni appaltanti a decidere o meno l'inserimento della clausola sociale.
  La clausola sociale o c'è o non c'è. Di sicuro non può esserci in una logica del 100 per cento, ma questo non significa che può non esserci.
  Su questo dobbiamo stare attenti: abbiamo una serie di sentenze del Consiglio di Stato e alcuni pronunciamenti della Corte costituzionale. Questo è un tema delicatissimo. Il castello non deve essere abbattuto per un eccesso. Bisogna tener conto della direttiva europea e delle sentenze.
  Ci sono alcuni elementi riguardanti il transitorio che meriterebbero di essere affrontati, a cominciare dal fatto che i progetti definitivi che sono stati approvati prima dell'entrata in vigore non vengono azzerati. Su questo è necessaria un'accortezza, altrimenti non chiudiamo il sistema.
  Lo dico perché ho qualche preoccupazione sulla formulazione di questo aspetto.
  Mi riferisco agli articoli 200 e 216. È una mia valutazione che, visto che ne ho l'occasione, le sottopongo. Pag. 23
  L'ultima questione concerne il tema della finanza di progetto. Credo che serva un compattamento intorno ad alcuni articoli che parlano di finanza di progetto. Sono state dette cose che condivido da alcuni colleghi, a cominciare dal collega Cioffi.
  Tuttavia, sono preoccupato per il fatto che sulle concessioni autostradali e in particolare sui rinnovi — in merito ai quali noi siamo stati chiari, specificando «gara a evidenza pubblica», in modo da non creare fraintendimenti — cominci a far breccia un'idea che il project diventi lo strumento per il rinnovo delle concessioni.
  Il project è uno strumento per realizzare eventualmente nuove opere. Riguardo alla questione che la concessione possa essere rinnovata con una proposta di project financing su interventi che dovevano essere fatti in regime di concessione per avere un vantaggio competitivo, non escludo di proporre alla discussione di queste autorevoli Commissioni una precisazione su questo punto rispetto al project, perché sarebbe ben singolare che ci trovassimo in questa situazione.
  Per tutto il resto, io sono per un forte incentivo al partenariato pubblico-privato, dentro un quadro che mi pare con qualche aggiustamento possa finalmente essere reso efficace ed efficiente rispetto a quanto forse abbiamo visto fino a oggi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Esposito anche per la puntualità di alcune osservazioni importanti per il parere.
  Do la parola alla collega Mariani, omologa del collega Esposito nel suo lavoro alla Camera.

  RAFFAELLA MARIANI. Condivido moltissime osservazioni e molti rilievi che il presidente Cantone, con grande competenza, ha proposto, perché sono anche nostre preoccupazioni.
  Intanto, faccio un riferimento a una questione di metodo che è la più eclatante che abbiamo rilevato e che riguarda il numero veramente cospicuo di decreti attuativi citati nel decreto legislativo. Ne abbiamo contati una cinquantina e, per molti di essi, non ci sono riferimenti temporali.
  Credo che, nell'attività di sistemazione e, oltre che di semplificazione, di riordino del lavoro onerosissimo che ha dovuto fare la Commissione in breve tempo, noi dovremmo riuscire, se possibile, anche a dare chiarezza rispetto a questi strumenti. Ci dovremmo chiedere quando si possa definire la definitiva attuazione di questo Codice, visto che in alcuni casi non vi è neanche un termine perentorio per la definizione dei decreti.
  Io lo ritengo uno dei lavori più importanti che dobbiamo fare, insieme a quello che ci vede preoccupati per tutte le norme transitorie per l'applicazione. In alcuni casi, sarebbe interessante anche verificare come ridurle nel numero e magari tenere la sostanza in una parte molto più ridotta di decreti attuativi. Dovremmo applicarci su questo e penso che l'ANAC potrà darci una mano, insieme al Ministero.
  Le questioni che ha citato il senatore Esposito mi vedono d'accordo e riguardano soprattutto il tema del subappalto. Sul subappalto non aggiungo altro perché mi sembra che ampiamente sia venuta fuori dalla discussione la nostra preoccupazione, soprattutto in riferimento alla non aderenza con lo spirito che avevamo utilizzato nella scrittura della delega, anche se formalmente nella delega non avevamo indicato dal nostro punto di vista – questa può essere stata una limitazione – un riferimento al limite della percentuale.
  Intendo dire, in riferimento alla qualificazione dell'impresa, alle soglie e anche alla parte di avvalimento, dal mio punto di vista, che era abbastanza chiara l'intenzione del legislatore, anche se penso che abbiamo ampio spazio per fare un lavoro di dettaglio.
  Io raccomando anche a noi stessi e a tutti di approfondire molto bene il tema del project, tenendo distinta tutta la parte che riguarda anche l'appalto integrato e discutendone con grandissima attenzione. Alcuni rilievi, che riguardano l'ammissibilità, gli apporti e soprattutto le verifiche in riferimento agli aspetti finanziari, io credo possano avere ancora un miglioramento, anche arrivando a elementi più innovativi che non trovo in questa scrittura che mi Pag. 24sembra molto simile alla vecchia impostazione e che, fino in fondo, non è quello che volevamo.
  Vi sono altre questioni che riguardano più in generale il tema dell'avvalimento, già richiamato, e che riguardano le concessioni, come ha detto il senatore Esposito. Si tratta di moltissimi punti che vogliamo approfondire nell'arco della discussione dei prossimi giorni. Tuttavia, io credo che il lavoro si può fare impegnandoci nel dettaglio, anche tenendo conto delle moltissime osservazioni che alle nostre Commissioni stanno pervenendo da tutto il mondo che ha chiesto di essere audito e al quale abbiamo chiesto un contributo sintetico.
  Per quanto riguarda, invece, la valutazione del miglioramento della scrittura e della semplificazione, emerge la necessità di una lettura attenta di tutte queste osservazioni che penso riusciremo a fare in un periodo molto breve di grande lavoro, ma che sicuramente potrà dare un contributo utile. Lo dico perché la scelta di fare un lavoro unitario e di costituire con un unico decreto legislativo sia il recepimento delle direttive che il riordino è una scelta importante che il Governo ha voluto fare e che abbiamo condiviso, ma che naturalmente comporta un'attenzione massima anche all'applicazione e alla fase transitoria.

  PRESIDENTE. Presidente Cantone, rapidamente alcuni flash.
  Devo dire però, che c'è una premessa importante che sento il dovere di fare. Trovo eccessive le polemiche sul numero degli articoli del Codice (219) che sarebbero troppi. In realtà il Codice sostituisce il decreto legislativo n. 163/2006 (Codice dei Contratti) ed il Regolamento n. 207/2010, i quali, messi assieme, in precedenza raggiungevano ben 620 articoli, con in più una molteplicità di allegati. Capisco anche la difficoltà per il Ministero di predisporre il decreto legislativo al nostro esame, perché la legge delega, che abbiamo prescelto e costruito assieme in Parlamento, da un lato ha il pregio di essere diffusa e lata, e quindi di prevedere già come normazione vigente alcune regole e alcuni princìpi; dall'altro lato, invece, non identifica in maniera secca e stringata i criteri e i princìpi direttivi, come l'articolo 76 della Costituzione ci impone, ai fini dell'esercizio della delega da parte del Governo.
  Tuttavia, c'è un punto molto delicato, Presidente Cantone. Il Codice punta sulla semplificazione e sullo snellimento, ma sulla natura giuridica delle linee guida è necessario – mi permetto di sottolinearlo con preoccupazione ai relatori Esposito e Mariani – dire parole chiare nel Codice, perché le linee guida sono state prefigurate sostanzialmente come lo strumento sostitutivo del vecchio Regolamento di esecuzione e di attuazione n. 207 del 2010.
  È vero che giustamente non abbiamo previsto la tipizzazione delle linee guida come fonte regolamentare, ma nel comma 5 della legge delega le abbiamo costruite, comunque, a mio sommesso avviso, come un atto amministrativo di carattere generale. Certo, è un atto amministrativo non regolamentare ma di carattere generale, in quanto tale necessariamente deve essere vincolante, perché i comportamenti delle imprese e dei progettisti debbono conformarsi ad una serie di regole estremamente di dettaglio e estremamente particolari, che prima erano collocate nel Regolamento di esecuzione n. 207 e che ora devono stare nelle linee guida, con la flessibilità, la snellezza e l'elasticità delle linee guida; altrimenti rischia di cadere tutto il sistema del nuovo Codice.
  Poi, non possiamo lamentarci se il giudice amministrativo determinerà la caducazione delle nuove regole normative. Dobbiamo chiarire che quegli aspetti, non disciplinati nel Codice sugli appalti, sono regolati nelle linee guida, che conseguentemente hanno un valore di fonte secondaria non regolamentare, cioè di fonte secondaria subordinata alla legge e che quindi non può confliggere con la legge, ma che può e deve utilizzare tutti gli spazi di oggetto e di contenuto che la legge ha rimesso con una formula amplissima alle linee guida.
  Da questo punto di vista, le linee guida debbono essere vincolanti e non meramente facoltative per le stazioni appaltanti o per le imprese. Altrimenti rischiamo di introdurre una fonte che non ha alcun Pag. 25concreto valore. Le linee guida non possono essere un invito o una sollecitazione, ma devono essere una norma cogente e vincolante.
  Vorrei aggiungere due flash rapidissimi, presidente.
  Uno dei punti fondamentali – le chiedo il suo giudizio – su cui si gioca la sfida del Codice è il ripristino della centralità della progettazione, sia per restituire efficienza e rapidità all'esecuzione dei lavori pubblici sia per garantire linearità, correttezza di comportamenti e trasparenza, nonché per porre un argine definitivo al meccanismo perverso e devastante di varianti, di riserve, collusioni, corruzioni, illegalità, degenerazioni di diversa e gravissima natura.
  Gli articoli del nuovo Codice, dal 23 al 27, ridisciplinano i tre livelli di progettazione. Al di là del mutamento terminologico della precedente progettazione preliminare negli studi di fattibilità, siamo di fronte alla tradizionale tripartizione, con rinvio a un DM del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per definire i contenuti della progettazione. Le chiedo, visto che questo è nodo fondamentale, se a suo avviso queste norme sono sufficienti per fare uno sforzo concreto, incisivo e cogente che produca effetti nella direzione decisiva di riaffermare la centralità del progetto. Lo chiedo perché tutta l'architettura da legge delega e del nuovo Codice si basa su questo principio fondamentale.
  Infine, riguardo al meccanismo di aggiudicazione, siamo di fronte al terreno principe del ripristino di ampi spazi di discrezionalità amministrativa: più si va verso l'offerta economicamente più vantaggiosa (verso cui bisogna andare), più si pone in primo piano il meccanismo della discrezionalità della Pubblica Amministrazione, che, quindi, deve essere congruamente attrezzata e preparata.
  Io penso che il massimo ribasso abbia dato prove pessime. Prima, si contestava questo meccanismo di aggiudicazione alle amministrazioni al di sotto del Garigliano e nella Magna Grecia e nel Mezzogiorno; poi nel nord del Paese tutti si sono resi conto che il massimo ribasso produceva disastri incommensurabili anche in quelle regioni; quindi l'ironia verso il Sud, è stata rimpiazzata dalla giusta e corretta esigenza di riformare il sistema e di ridurre drasticamente l'area di applicazione del massimo ribasso.
  Tuttavia, devo dire suscita perplessità il massimo ribasso sotto la soglia di un milione di euro, senza prevedere contestualmente un meccanismo di automaticità nella esclusione delle offerte anomale. Lo dico perché noi sappiamo che il meccanismo di verifica dell'anomalia delle offerte sino a oggi non ha funzionato, comportando un dispendio enorme di tempi e di procedure e portando alla fine complessivamente anche alla lievitazione del prezzo di aggiudicazione.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Questo dovrebbe essere automatico.

  PRESIDENTE. Dovrebbe essere automatico, infatti, nel senso che dovrebbe essere fissata la soglia di esclusione automatica delle offerte anomale, che superano una certa soglia. Invece il meccanismo previsto nel nuovo Codice in itinere delle contestazioni, delle controdeduzioni e delle giustificazioni, che pure può sembrare più garantista, causerebbe una dilatazione dei tempi e l'inevitabile diffondersi del contenzioso.
  Per chiudere, sul subappalto mi soffermo solo su un punto, presidente.
  Condivido l'impostazione del Codice e devo dire che il subappalto è servito in tanti casi a nascondere gravissime ed inammissibili degenerazioni, situazioni molto gravi, illiceità e comportamenti antigiuridici, dal punto di vista penale, oltre che etico e deontologico. Occorre, quindi, voltare pagina per affermare la legalità in questo campo. Sappiamo, però, anche che il subappalto è uno dei pochi meccanismi attraverso cui, di fronte al meccanismo del general contractor, le piccole e medie imprese, soprattutto nel Mezzogiorno, hanno trovato un minimo e sia pure esiguo ed insufficiente spazio di mercato.
  Cito l'esempio di un'opera pubblica che per la tratta campana è conclusa, cioè la Pag. 26Autostrada Salerno-Reggio Calabria. In quel caso, senza subappalti, naturalmente quelli eseguiti a regola d'arte e nel rispetto delle leggi, praticamente per le piccole e medie imprese del territorio non ci sarebbe stato spazio per nulla, visto che le grandi imprese si sono aggiudicati tutti i lavori.
  Mi pare che fissare già in sede di gara l'obbligo dell'indicazione dei nominativi delle tre ditte cui ci si rivolgerà per le diverse tipologie di lavori del subappalto – considerato l'arco temporale che sappiamo essere molto ampio in Italia, tra l'inizio della gara e l'avvio e l'esecuzione dei lavori – possa determinare un meccanismo che costringerà le imprese a dover chiedere, soprattutto fuori dal proprio territorio, all'impresa più importante della zona dove si svolge l'appalto l'indicazione dei nominativi cui rivolgersi, che magari dopo anni quando iniziano i lavori potrebbe rivelarsi datata e superata. Inoltre tale meccanismo potrebbe non essere utile ai fini della scelta della migliore ditta, com'è nello spirito normale del subappalto, per compiere queste tipologie di lavori.
  È una questione che noi abbiamo già’ affrontato alla Camera, modificando l'ambito originario della norma. Questo obbligo di indicazione potrebbe essere previsto per i subappalti che hanno una esecuzione a breve termine, o per quelli che hanno profili particolari per specializzazioni e importo.
  Dobbiamo, infatti, riservare grande e concreta attenzione a quelle piccole e medie imprese o a quelle microimprese cui lei si è riferito, la cui tutela pure è uno degli obiettivi della riforma.
  Grazie, presidente, di nuovo per la cortesia. Naturalmente le chiederemo di farci avere, una traccia documentale che sia la più possibile accurata relativa alle indicazioni su modificazioni che lei già oggi con estrema puntualità ha delineato, perché esse rappresentano un utilissimo lavoro per il Parlamento, visto il tempo ristrettissimo che abbiano innanzi a noi per l'espressione del parere da parte delle Commissioni di Camera e Senato.
  Do la parola presidente Cantone per tutte le sue osservazioni, per le risposte, per le repliche e per ulteriori precisazioni.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Mi auguro, avendo un impegno successivo, di riuscire ad essere breve nella replica, che richiederebbe molto più tempo.
  Provo a partire dalla fine, cioè dalle sollecitazioni espresse dal presidente Iannuzzi, perché esse mi consentono di approfondire considerazioni già espresse.
  Sul tema delle linee guida, ci dobbiamo intendere perché questa doppia parola viene utilizzata moltissimo nel Codice, anche se ce ne sono varie tipologie. Ce ne solo alcune che sostituiscono il Regolamento e che, venendo recepite nel decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, hanno carattere vincolante. Tuttavia, c'è tutta un'altra serie di linee guida che dovranno essere emanate nelle fasi successive e che sono quelle prestabilite espressamente dal Codice, con riferimento a specifici articoli. Con riferimento a singole situazioni, il Codice prevede che l'Autorità debba emanare linee guida esplicative che sono diverse dalle linee guida sostitutive del Regolamento e che dovrebbero rappresentare una sorta di indicazione e di cornice. Le linee guida, con riferimento ai singoli istituti, dovrebbero essere specificamente quelle previste nelle singole norme del Codice. C'è un terzo livello di linee guida che l'ANAC emette anche nelle materie che non sono espressamente previste nell'ambito dei suoi poteri di vigilanza e di regolazione di carattere generale. Poi ci sono quelle individuali, ma anche quelle extra ordinem, cioè quelle non espressamente indicate dalle norme legislative.
  In merito a questo terzo livello di linee guida, sono assolutamente d'accordo sul fatto che non debbano essere vincolanti. Ovviamente, senatore Cioffi, nel fare riferimento al carattere vincolante, mi riferivo soprattutto ai bandi tipo. Credo che il tema dei bandi tipo abbia senso solo se noi prevediamo un meccanismo che sia in qualche modo vincolante, perché, se i bandi tipo sono anche frutto di una lunga consultazione del mercato, alla fine non Pag. 27valgono nulla. Le linee guida, invece, sono un sistema di regolazione, quindi non bisogna prevedere un carattere vincolante, ma un carattere che consenta in qualche modo anche di stabilire la motivazione per la quale non ci si adegua. Ritengo che, più che essere vincolanti, le linee guida dovrebbero essere come i pareri.
  Il tema dell'offerta economicamente vantaggiosa e dei caratteri discrezionali impliciti nell'offerta stessa può essere in qualche modo ristretto appunto dalla possibilità di prevedere dei bandi tipo che siano in grado di evitare una serie di fughe in avanti. Questo è il punto cui soprattutto mi riferivo. Sono quindi dell'idea che ci siano vari tipi di linee guida. Quelle sostitutive del Regolamento sono certamente vincolanti, mentre per le seconde il legislatore non dice nulla e, quindi, non dovrebbero essere vincolanti. In questo caso, forse c'è un limite nell'indicazione normativa che dice che l'ANAC regola con linee guida. Le terze sono in mare aperto e nasceranno quando ci saranno i problemi interpretativi. È chiaro che quelle rappresentano un sistema di soft law che non dovrà essere vincolante. Tuttavia, credo che quelle linee guida dovranno essere vincolanti per le questioni sui bandi tipo.
  Sul ripristino della centralità della progettazione, devo ammettere che ho fatto uno sforzo a leggere il Codice e non ho capito se, su questo punto, siamo riusciti o meno nel nostro intento. In certi passaggi, ho l'impressione di sì perché, per esempio, l'indicazione che il progetto esecutivo e definitivo debba essere fatto dallo stesso soggetto mi sembra un passo in avanti significativo. Lo dico perché chi fa il progetto definitivo sa che deve fare anche quello esecutivo. Oggi, questo meccanismo di vincolo mi sembra importante, perché significa rimettere in qualche modo al centro la progettazione. C'è un tentativo di coinvolgere il mondo professionale all'esterno, anche se resta il famoso contributo del 2 del cento, che non si riesce completamente a eliminare. Questo sembra un’«araba fenice» perché, ogni volta che lo si elimina, ritorna sotto mentite spoglie, per cui alla fine rimane.
  Sulla questione dell'offerta anomala, signor presidente, io non sono d'accordo. Credo che l'idea di individuare meccanismi di esclusione automatica rischi di essere persino peggiore, perché l'esclusione in sé dell'offerta automatica consente meccanismi di tipo collusivo: se noi sappiamo dove si ferma l'offerta automatica, rendiamo la gara spesso inutile. In un appalto importantissimo in materia di telecomunicazioni, la Consip ha ritenuto congruo un ribasso del 92,7 per cento. Certo, questo è ancora sub iudice, ma è una di quelle situazioni clamorose. Comunque, la Consip ha svolto una valutazione lunghissima in cui ha spiegato che c'era una ragione. Le offerte successive sono state dell'83 o dell'82 per cento, quindi c'era qualcosa che non andava. Certo, lì ci sono altri problemi probabilmente, ma ne parleremo in un'altra occasione.
  La soglia di anomalia rischia di essere un meccanismo in cui il bando svolto con determinate modalità rappresenta esso stesso uno strumento collusivo. Io credo che quella norma, così come prevista dal Codice, anche se di stampo burocratico, abbia un senso.
  Ritengo che sicuramente il subappalto sia stato uno strumento importante per favorire la media e piccola impresa, ma occorre avere cautela: sappiamo cosa vi si è nascosto dietro.
  Non ero entusiasta dell'idea della terna, che, di fatto, il Codice ha già neutralizzato, dato che serve veramente a poco. Sono d'accordo con quanto affermava il senatore Cioffi: se si stabilisce un limite nel rispetto dello spirito della norma, deve essere un limite per tutto, cioè non si può stabilire il 30 per cento per una categoria e il subappalto libero per altre, perché non mi sembra che il Codice preveda questo. Certo, il 30 per cento non è affatto poco, anzi è veramente tanto. Di fatto, se noi prevediamo il meccanismo dell'appalto libero, facciamo in modo che chi vince l'appalto fa il general contractor, ma senza dover fare il subappalto, dato che nella scelta del subappaltatore non bisogna utilizzare il Codice dei contratti. Stiamo attenti su questo meccanismo. Pag. 28
  Le domande sono state tante, come gli stimoli provenienti dalle vostre osservazioni.
  Il senatore Filippi parlava di un'impostazione generale del Codice. Ammetto che anche io mi sarei aspettato una cosa diversa, però devo anche ammettere che, con questi tempi, non era possibile pensare alla riscrittura di un codice con un'altra impostazione, essendo anche la legge delega così complicata. Credo che questo sia quanto di meglio si poteva fare, tenendo presenti i tempi e in considerazione del fatto che la legge delega, pur contenendo molti aspetti meritori, è stata «caricata» moltissimo in fase parlamentare.
  Sull'ampiezza dei settori speciali, rilevo che è la parte che ho capito meno del Codice, avendola studiata più velocemente. Anche io ho l'impressione che siano previsti troppi appalti per i settori speciali. Inoltre, attraverso gli appalti nei settori speciali, ci sono troppe deroghe al Codice dei contratti. Tuttavia, non è vero che su essi non possa essere effettuato un controllo. Certo, quando si parla in generale di rotazione, di economicità e di trasparenza, si dice tutto e il contrario di tutto. Ritengo, quindi, che il Parlamento debba approfondire anche la questione dei settori speciali, sulla quale non ho ancora un'idea precisa.
  Credo che la riduzione delle stazioni appaltanti vada nella giusta direzione. Inoltre, ha ragione l'onorevole Massa quando dice che dobbiamo stabilirne il criterio. Io, però, non credo che questo sia un problema che possa mettere in discussione l'appalto; la norma, così come la interpreto, ha una sua razionalità. La stazione appaltante non si deve qualificare quando fa l'appalto, ma si deve qualificare prima, cioè deve sapere quali appalti può fare e quali non può fare. Nel momento in cui saranno emanate le linee guida, ogni stazione appaltante dovrà mettersi nelle condizioni di dire: «io posso fare questo tipo di appalti» e non deve aspettare l'appalto per farsi qualificare, perché, se lo fa, è un problema della stazione appaltante.
  È chiaro che nelle linee guida bisognerà prevedere anche a chi rivolgersi, però, onorevole Massa, il punto è questo: ci dobbiamo rendere conto che non tutti sono in grado di fare tutto.

  FEDERICO MASSA. Io lo qualificherei di più...

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Su questo sono d'accordo e forse sarebbe utile che la norma lo prevedesse, però la qualificazione della stazione appaltante non deve essere fatta al momento dell'appalto: come avviene per la qualificazione SOA, l'impresa non si qualifica il giorno prima di fare l'appalto, perché si deve qualificare a prescindere. In effetti, se so che devo fare un appalto del valore di 10 milioni di euro e non sono in condizioni di farlo, a meno che non trovo un escamotage per scendere al di sotto dei 10 milioni di euro, mi rivolgo a chi può fare da committente.
  Sui contratti segretati, forse avrei dovuto dare un'indicazione perché, in realtà, così come prevede la delega, c'è un potere di controllo della Corte dei conti. Tuttavia, forse si dimentica che la legge n. 69 del 2015 ha introdotto nella legge n. 190 un potere di controllo dell'ANAC che ovviamente non è stato derogato dalle norme del Codice dei contratti. Inoltre, avrei dei dubbi che quella norma potesse essere abrogata in sede di norme transitorie, per cui resta una situazione abbastanza ambigua.
  Si tratta poi di un potere di controllo che è unico: si tratta dell'unico intervento della Corte dei Conti in materia di contratti, cui si aggiunge un potere di vigilanza generale da parte dell'ANAC. Ci potrebbe quindi essere qualche problema su come ciò potrà funzionare.
  In merito alle concessioni autostradali, non sono molto d'accordo con il senatore Filippi. Credo che, invece, sia stata una buona idea quella di individuare regole generali per tutte le concessioni, perché noi dobbiamo stabilire in prospettiva che tutti i concessionari sono uguali e che non ci siano concessioni più importanti di altre.
  Inoltre, regolare una concessione all'interno di una norma specifica, anche dal punto di vista culturale, ha un grande significato. Pag. 29 Ritengo sia utile aver previsto per le concessioni norme con carattere generale; la norma ha quindi un senso proprio perché ha un carattere generale.
  Faccio ammenda per non averlo fatto prima: c'è un aspetto che occorre evidenziare, perché è un'altra delle questioni in merito alle quali sistematicamente ci lamentiamo. Il Codice non è intervenuto in modo forte per evitare il meccanismo che per eccellenza incentiva la corruzione, cioè le proroghe. Non c'è un'indicazione sul divieto di proroga. Noi abbiamo visto che, soprattutto nei servizi e nelle forniture, la proroga è diventata la regola, con percentuali, soprattutto nei settori sanitari, che a volte superano il livello fisiologico. Forse su questo punto bisognerebbe prevedere qualche norma, come individuare meccanismi obbligatori con segnalazioni alla Corte dei conti, per quello che può valere, di programmazione in tempo debito degli appalti. Lo dico perché poi funziona sempre così: un mese prima si mette in programma l'appalto e, se non bastano i tempi, c'è la proroga. Ci sono proroghe che ormai durano da anni e ci sono contratti che, guarda caso, in quel settore non si riesce mai a fare. Su questo sono d'accordo e devo dire che è un punto che avrei dovuto mettere meglio in evidenza.
  Sui valori delle soglie previsti dall'articolo 36, credo che la norma relativa ai contratti sottosoglia sicuramente preveda un grande spazio, però per essa si scommette molto sulla discrezionalità. Questo è il tentativo di dire alle pubbliche amministrazioni: «dimostrateci anche quanto volete». Tra l'altro, credo che le linee guida dell'ANAC su tale specifica materia, possano essere fondamentali, perché dovranno individuare i criteri per fare le valutazioni di mercato. Ora, io non credo che, se si fa una gara aperta per un milione di euro, si presentano quindici ditte qualsiasi o si invitano cinque ditte, se gli inviti sono veri e non sono portati dall'unico imprenditore che rappresenta anche le quattro ditte. Questa situazione, per la quale sarà anche nostro compito provare a individuare meccanismi antielusivi, non penso che sia migliore. Credo che l'ANAC, se si riesce a trovare la chiave di lettura di quella norma, possa veramente provare la quadratura del cerchio, cioè far svolgere appalti, che sono spesso fondamentali per la gestione degli enti pubblici, in modo veloce ed efficace, senza attendere i tempi di una lunga gara e senza ovviamente dare luogo a fenomeni collusivi. Questa è una scelta pericolosa, ma devo dire che può avere un senso.
  Sui criteri dei frazionamenti in lotti, ammetto che non ho un'idea alternativa a quella dei lotti funzionali. Non mi viene nessuna idea e non saprei cosa dire. Credo che sia l'unica soluzione, però la fantasia su questo sicuramente ci può aiutare.
  Sul contenzioso, onorevole Massa e senatore Filippi, credo che la norma sull'obbligo di impugnazione abbia un senso. Il sistema delle impugnazioni, in cui ci si riserva di svolgerle successivamente, è diventato anche uno strumento per fare spesso accordi extracontrattuali. Credo fondamentale considerare chiuse alcune questioni, una volta fatte, perché, se ogni volta, con l'atto successivo, riusciamo a rimettere in discussione l'atto precedente, poi non ci dobbiamo lamentare che gli appalti non finiscono mai. Certo, capisco che, dal punto di vista giuridico, ci possano essere dei problemi, ma si tratta di una scelta innovativa, su cui, per esempio, lo stesso Presidente del Consiglio di Stato più volte si è espresso pubblicamente in questo senso, individuandolo appunto come uno strumento per capire chi abbia le carte. Questo è tipico dei processi civili e amministrativi e dovrebbe comportare che chi ha le carte, debba giocarsele subito e non riservarsele, per poter provare anche a utilizzarle per altri fini, ovvero in un'altra prospettiva. Sappiamo quante volte i ricorsi sono stati presentati anche con una logica strumentale. Sarò forse smentito perché non sono un amministrativista, ma mi pare che quella norma abbia un senso. Certo, devo dire che il resto, cioè la parte sul contenzioso, è poca cosa, ma era difficile pensare che sul Codice si potesse intervenire sul contenzioso amministrativo. Magari si prova a dire ai giudici amministrativi di fare prestissimo, però norme come quelle, come abbiamo visto centinaia Pag. 30di volte, non hanno mai funzionato perché i termini sono ordinatori.
  In questo senso, credo che l'eccesso di preoccupazione nei confronti dell'arbitrato non debba arrivare fino all'eliminazione di un istituto che in tutti gli Stati del mondo funziona. Rischiamo veramente di essere iper-provinciali per far apparire la preoccupazione. Noi dobbiamo capire se attraverso l'arbitrato c'è uno spazio per recuperare i sistemi efficienti per ottenere i risultati, perché vi ripeto che il ricorso alla giurisdizione rappresenta spesso, per le stazioni appaltanti, l’alibi per non chiudere mai le gare, per non pagare e per rinviare, soprattutto nelle amministrazioni elettive, a chi verrà dopo i problemi di copertura. In questo senso, non credo che un arbitrato, in cui poter sterilizzare in tutto o in parte quei problemi, sarebbe uno strumento da buttare. Certo, così com'è – detto con franchezza –, questo arbitrato non sarà mai applicato, ma forse è meglio così. Comunque, non credo che sia del tutto negativo.
  In parte ho già risposto a una serie di domande dell'onorevole Mannino. Sulla riscrittura del Codice, sono d'accordo in linea di massima.
  Sulla questione dei contratti sottosoglia e di un Codice ad essi dedicato, credo che il Codice abbia fatto scelte in parte corrette. L'idea che qualcuno voleva far passare è stata quella di recepire le direttive così come sono scritte. Tuttavia, credo che non si possa non tener conto delle specificità. Tutto sommato, le direttive riguardano un numero di appalti numericamente poco significativo, per cui è vero che il tema vero è quello dei contratti sottosoglia. Certo, è anche vero che noi creiamo un meccanismo analogo, perché sul contratto sottosoglia fino a un milione di euro si può anche non farlo, però si possono anche utilizzare i meccanismi di gare pubbliche. Ritengo che molte stazioni appaltanti lo faranno anche per ragioni di cautela, per cui può avere un senso prevedere un Codice in cui si regolano insieme tutti gli istituti.
  In questo senso, ripeto quanto già detto, ovvero che, anche sui meccanismi che riguardano i criteri di aggiudicazione dei contratti sottosoglia, attraverso queste regole di soft law, si può provare a dare indicazioni che possono essere più vincolanti.
  Sono, invece, d'accordo sul fatto che il meccanismo della pubblicazione degli atti è un po’ farraginoso, però l'idea di pensare che ci possa essere un unico sito nazionale in cui si pubblicano i dati relativi alla gara e tutto quello che avviene, richiederebbe una banca dati enorme. Inoltre, paradossalmente sarebbe una banca dati anche difficilmente leggibile: se si vogliono conoscere gli appalti del proprio comune, occorre una banca dati di carattere nazionale e non credo sia semplicissimo per chi non maneggia gli strumenti in modo perfetto. Io probabilmente non ci riuscirei, perché i motori di ricerca non sempre sono facili quando ci sono milioni di dati.
  Il Codice utilizza, in questo senso, un meccanismo volto a individuare criteri di pubblicità dell'indizione delle gare in un ambito di carattere generale; ogni ente poi dovrà rendere tutte le procedure di gara nella maniera più trasparente possibile. A me sembra una soluzione sostanzialmente equilibrata.
  Ho anche io qualche dubbio sull'emergenza. Devo dire che l'emergenza resta, così come è regolata dal Codice una valvola di chiusura, cioè la somma urgenza si può utilizzare un po’ al di là, anche se ci sono criteri molto più restrittivi. C'è ancora qualche elemento che si può utilizzare come strumento, però la somma urgenza non può essere prevista in un Codice, perché ci sono classiche situazioni che non si possono prevedere e il fatto che ci sia qualche «bandito» che la utilizza illegittimamente non può far pensare all'utilità che, se c'è una calamità naturale e occorrono per esempio dieci roulotte, non si può aspettare la pubblicazione del bando di gara. Certo, se c'è uno spazio per restringerlo ulteriormente, onestamente io non sono riuscito a individuarlo. Probabilmente, qualche cosa si può ancora fare.
  Sulle qualificazioni delle SOA abbiamo provato a dire che forse, se avessimo avuto tutti più tempo, avremmo potuto provare a individuare qualcosa di diverso. Tuttavia, nella mia esperienza di giudice penale, ero Pag. 31dell'idea che le SOA fossero uno strumento pericolosissimo. Poi, alcune indagini penali lo hanno anche dimostrato. Adesso, vedendo le gare dal punto di vista della mia prospettiva, noto che l'alternativa alle SOA è la qualificazione delle stazioni appaltanti, ma la qualificazione delle stazioni appaltanti consente «gli abiti su misura». Noi almeno abbiamo criteri che sono più o meno oggettivi. Per esempio, se viene richiesta la categoria OG2, non si può dire che deve avere il fatturato x e deve avere il centro di cottura, come successo al CARA di Mineo, nel raggio di dieci chilometri perché, quantomeno, questo è limitante.
  Secondo me, si poteva provare un meccanismo alternativo, per esempio prevedendo la qualificazione non come obbligatoria, ma come una scelta dell'impresa, ovvero l'impresa, come virtuosa, si fa anche qualificare. Tuttavia, questo avrebbe richiesto anche i tempi di una riflessione più ampia e si sarebbe ovviamente dovuto prevedere un meccanismo per poterlo fare. Bisognerebbe avere stazioni appaltanti realmente qualificate e che lo possano fare, ma questa è una prospettiva di là da venire.
  Per quanto riguarda la norma sugli avvalimenti, mi è sembrata una delle migliori del Codice. Certo c'è un problema che riguarda i controlli, però almeno si dice che cosa devono fare le imprese che si utilizzano. Oggi, formalmente, con i poteri di vigilanza si può vedere se, nell'avvalimento, si sono utilizzate davvero le imprese. Questo è un punto di partenza e un passaggio ulteriore. Certo, non è ancora tantissimo, ma c'è qualcosa in più.
  Il senatore Crosio sostanzialmente ha un'idea del dibattito pubblico un po’ diversa da quella del senatore Esposito, rappresentando i due poli. Ora, tra questi due poli, tutto sommato a me pare che la norma si metta al centro. Tuttavia, una cosa è certa: non si dice a cosa serva questo dibattito pubblico, ma esso ha una funzione solo informativa. È chiaro che l'idea che il dibattito pubblico possa superare la via mi lascia un po’ perplesso, però il dibattito pubblico deve servire anche in qualche modo a superare, perché se si svolgono solo il dibattito pubblico e la conferenza dei servizi, si creano delle complicazioni.
  Secondo me, così com'è, nell'ambito della delega questa è la norma migliore possibile, nel senso che essa prevedeva semplicemente il dibattito pubblico e non prevedeva conseguenze dal punto di vista normativo. Fra l'altro, credo che, provando anche a vedere il bicchiere mezzo pieno, avremo la possibilità di sperimentare il dibattito pubblico che comunque viene introdotto. Poi, il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto sia un atto regolamentare, potrà in qualche modo stabilire delle indicazioni che ne consentano un utilizzo. Credo che il dibattito pubblico, così com'è, abbia una funzione solo informativa, oltre la quale non può andare. Tuttavia, quella funzione informativa è utile. Poi, certamente c'è bisogno di una legge.
  Sono d'accordo anche io con l'onorevole Massa: non ho capito perché ci devono comunicare la cessione del credito. Come ho già detto, pure io ho qualche preoccupazione. Sicuramente, a volte, dietro le cessioni del credito ci possono essere fatti illeciti, ma segnaliamoli alla Direzione nazionale antimafia.
  Per quanto riguarda le indicazioni del senatore Cioffi riguardo alla preoccupazione maggiore sui poteri enormi dell'ANAC, le condivido e non posso che essere d'accordo. Lo invito, però, a una riflessione. Noi abbiamo già avuto un Codice che metteva tutto in mano al Ministero e i risultati sono stati drammatici. Proviamo. Questa può essere una scelta di novità.
  Sul subappalto, ho già espresso la mia idea.
  Per la gara sul progetto preliminare, vi ripeto quello che ho già detto: non ho capito se veramente il Codice ha abbandonato l'idea del progetto preliminare, perché secondo me ci sono passaggi che fanno pensare che si può andare avanti. Tuttavia, questo dipenderà anche dalla nostra capacità di interpretazione. Vi ripeto che ci sono segnali che vanno verso una maggiore precisazione dell'importanza della progettazione. Forse si poteva fare di meglio, ma è necessario più un tecnico, che non qualcuno Pag. 32 con una preparazione giuridica, per capire come inserire in una norma qualcosa da rendere effettivo. Ho, per esempio, ho apprezzato l'idea che chi deve fare il progetto definitivo faccia anche l'esecutivo. Si tratta, secondo me, di un passo in avanti rilevante.
  Ho già risposto in merito alle osservazioni del senatore Esposito sul dibattito pubblico. Sulle clausole sociali ho già detto che sono d'accordo, anche se non ne sono così entusiasta, soprattutto in certe realtà: soprattutto nei settori delle pulizie e in altre realtà, c'è qualche problema non irrilevante, essendosi arrivati al paradosso in qualche caso. Si è infatti verificato che attraverso le clausole sociali si sia dovuta assorbire la manodopera, ma, siccome erano tutti pregiudicati, è stata fatta pure l'interdittiva antimafia. Sono d'accordo sull'idea di mettere mano all'interdittiva.
  Credo che lei, senatore Esposito, abbia ragione sul regime transitorio. Devo dire che pensare che si possano rinnovare le concessioni con la finanza di progetto, mi sembra veramente un'operazione di alta fantasia giuridica.

  STEFANO ESPOSITO. Le comunico che c'è stata una formale proposta in Commissione al Senato da parte di un concessionario.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. L'Italia è un Paese con grande fantasia giuridica. Non credo che ci siano i meccanismi e le condizioni.
  Sono d'accordo con quello che diceva l'onorevole Mariani, cioè che i decreti attuativi sono veramente troppi. Fra l'altro, i decreti attuativi impongono un lavoro enorme, soprattutto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Inoltre, molti di quei decreti attuativi sono molto più importanti anche delle nostre linee guida, in quanto coinvolgono fatti utilissimi anche di grande tecnicismo. Vi sono alcuni aspetti tecnici che non possono essere regolati da un Codice dei contratti, per cui, se riuscirete a ridurre i decreti attuativi e forse a prevederne i termini – anche se sapete benissimo che, in questa materia, tali termini non sono considerati vincolanti – secondo me sarebbe un grande passo avanti. Mi scuso se non sono riuscito a rispondere a tutte le domande: dovendo ora andare via per un altro impegno, proverò a farvi pervenire il materiale.

  PRESIDENTE Ringrazio il presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, per questa audizione utilissima. C'è stato un confronto molto ricco e importante. Ringrazio anche tutti i colleghi che hanno partecipato a questa intensa audizione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.35.