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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 48 di Mercoledì 6 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 2 

Audizione del presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo, Marco Sanarelli:
Catania Mario , Presidente ... 2 ,
Sanarelli Marco , Presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo ... 2 ,
Catania Mario , Presidente ... 6 ,
Donati Marco (PD)  ... 6 ,
Pastorelli Oreste (Misto-PSI-PLI)  ... 7 ,
Catania Mario , Presidente ... 7 ,
Sanarelli Marco , Presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo ... 8 ,
Catania Mario , Presidente ... 8 

ALLEGATO: Documentazione della Consulta provinciale della moda di Arezzo ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo, Marco Sanarelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo, Marco Sanarelli. Sono presenti Carlo Donati, componente della Consulta della moda di Arezzo, Aldo Cappetti, componente della Consulta della moda di Arezzo, Manuela Boncompagni, coordinatrice della sezione moda di Confartigianato imprese Arezzo, Massimiliano Bucaletti, coordinatore della sezione moda di Confindustria Toscana Sud, e Barbara Bennati, componente di CNA imprese Arezzo.
  Do la parola al presidente Sanarelli per lo svolgimento della sua relazione.

  MARCO SANARELLI, Presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo. Innanzitutto voglio ringraziare per l'opportunità che ci viene data di presentare il nostro progetto nel settore moda della provincia di Arezzo, che è forse l'unico presente in Italia. Abbiamo unito tutte le categorie economiche del settore (Confindustria, Confartigianato, CNA e piccola industria), perché riteniamo che le problematiche siano comuni e trasversali.
  Siamo tutte aziende produttrici manifatturiere e soprattutto d'eccellenza. Per fortuna, in Italia ci è rimasta l'eccellenza. Abbiamo sentito il bisogno di stare insieme per poter affrontare i problemi comuni oppure realizzare delle iniziative comuni.
  Questa consulta della moda rappresenta, secondo i dati camerali, circa 1.500 aziende, con circa 12.000 addetti. È abbastanza importante, perché ha un fatturato solo in esportazione di circa 1,2 miliardi.
  Il nostro non è un tavolo giuridico, ma è un mettersi insieme. Ne abbiamo sentito la necessità, che è cresciuta negli ultimi anni, anche per trovare o suggerire dei sistemi contro la contraffazione, oltre che per la difesa, che per noi è imprescindibile, del made in Italy.
  La contraffazione, secondo noi, non consiste solo nel contraffare il marchio o il prodotto, ma anche nel falso made in Italy. La Toscana ne è l'esempio lampante. Penso che sia l'unico caso in tutta Europa di aziende che operano illegalmente, perché operano in Italia, e che marcano made in Italy. Oggi la contraffazione non è più solo sui marchi e sul prodotto, ma anche sul falso made in Italy.
  Lo scopo del nostro stare insieme è meramente conoscitivo, consultivo, propositivo e difensivo. È conoscitivo perché noi abbiamo sentito l'esigenza di conoscere la forza espressa dal territorio in termini di tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria, per poterci incontrare e creare un rapporto di filiera e di collaborazioni. Pag. 3
  È consultivo perché vogliamo comprendere e discutere le problematiche comuni, anche al fine di intraprendere delle azioni per migliorare la categoria.
  È propositivo perché noi vorremmo avviare delle azioni comuni, per poter promuovere il territorio dal punto di vista produttivo, magari con azioni conoscitive. Il primo esempio che può venire in mente, visto che siamo nel mondo digitale, è un sito internet che racchiuda tutte le aziende iscritte alle varie categorie per poter promuovere il territorio.
  È difensivo per portare a conoscenza le minacce della contraffazione e prefigurare, per quello che è in nostro potere, la difesa e la promulgazione del made in Italy.
  Le aziende che sono qui rappresentate da me e dai miei colleghi artigiani sono tutte aziende che hanno veramente a cuore il loro lavoro, perché operano nel territorio da tantissimi anni (abbiamo aziende che hanno più di 60 anni), quindi sanno ciò che vuol dire stare sul mercato. Noi siamo prettamente produttori per i marchi, per le griffe o per alti brand.
  Noi qui non vogliamo presentare dei numeri, se non quelli relativi al nostro territorio che vi abbiamo già dato. Chiaramente, se noi mettiamo l'aggregato con la produzione per il mercato interno, la cifra diventa più alta. Noi abbiamo voglia di far comprendere la gravità della situazione.
  Le produzioni da decenni si sono spostate. Sono ormai 15-20 anni che le produzioni si sono spostate prima in Maghreb, poi nell'Est europeo, poi nell'Isola di Mauritius, fino ad arrivare al Far east.
  Ciò ha determinato negli ultimi vent'anni un'ecatombe di aziende. Hanno chiuso tante aziende: aziende terziste e produttrici, aziende detentrici di marchi, aziende che producevano e che portavano avanti il loro lavoro.
  Il fenomeno parte da lontano, ovvero già dagli anni 1980, con i primi avventi degli immigrati, soprattutto orientali. Con la chiusura delle aziende italiane si è creato un vuoto, che è stato colmato da aziende che, come sappiamo, operano prettamente nell'illegalità. Queste ultime hanno occupato i capannoni dove si produceva il vero made in Italy.
  Non nascondo che forse i primi colpevoli di questo possono essere stati gli stessi industriali. Purtroppo abbiamo visto che negli anni forse abbiamo sottovalutato il problema. L'invasione silenziosa e poco visibile della metà degli anni 1980 oggi è diventata una valanga rumorosa e pericolosa, che si è andata a sommare alla presenza di organizzazioni e strutture che già operavano nella contraffazione interna. Forse prima era meno evidente, anche perché la proliferazione di marchi è iniziata dalla metà degli anni 1990. Questo ingigantimento oggi fa un rumore spaventoso. Forse prima il fenomeno era tollerabile, ma oggi è diventato veramente pericoloso.
  Oggi si deve attuare un'azione di contrasto anche a tutela del marchio più conosciuto al mondo nel settore della moda, che è il marchio made in Italy. Questo tema è connesso alla contraffazione, perché dei prodotti vengono fabbricati illegalmente in territorio italiano e vengono marcati made in Italy.
  Quella italiana è una terra in cui abbiamo un'alta concentrazione di marchi di lusso. Siamo in un territorio, quello della Toscana, dove si situano la maggioranza delle produzioni per queste marche di lusso.
  Noi siamo una terra del saper fare. In francese si direbbe «savoir faire», ma, visto che siamo italiani, diciamo «saper fare». Tutto il mondo ci invidia questo saper fare. Dobbiamo riuscire a capire che nel settore della moda, dalla maglieria alla confezione, dalla piccola alla grande pelletteria, siamo maestri in tutto il mondo. I miei colleghi qui presenti sono veri maestri artigiani, sia in sartoria che in pelletteria, perché sono stati insigniti di questo. Non perdiamo questo capitale.
  Noi abbiamo bisogno di difendere il made in Italy oggi più che mai, perché la contraffazione è aumentata in maniera esponenziale.
  Bisogna dire a chiare note che la contraffazione è un fenomeno criminale. Il falso non danneggia solo prodotti copiati, ma danneggia anche prodotti non marchiati. Pag. 4 Siamo di fronte a una concorrenza economica scorretta e culturalmente malsana, che danneggia tutto il sistema delle imprese contoterziste, che operano in maniera trasparente e nel rispetto delle regole.
  Le imprese italiane non hanno le dimensioni sufficienti per poter combattere da sole. Questa è una delle ragioni di questa unione con le categorie economiche. Noi cerchiamo di fare massa critica, per poter contrastare il più possibile questo fenomeno.
  In termini di contraffazione, non si tratta solo del marchio e del prodotto, ma bisogna anche stare attenti a quello che si compra, perché c'è l'inganno e c'è la possibilità che i prodotti siano realizzati con materiali chimicamente non idonei o comunque non riconosciuti dal sistema REACH (Registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals).
  È chiaro che quello della contraffazione è un fenomeno gigantesco; è organizzato, è efficiente, è flessibile, è capillare e non può che essere gestito da organizzazioni criminali. Mi riferisco all'importazione di materie prime secondarie, all'origine geografica dei prodotti finiti importati e alla lotta interna al falso made in Italy. Tale fenomeno concerne imprese che operano nel nostro territorio senza rispettare le regole. Questi sono i filoni di maggior interesse da colpire nella lotta alla contraffazione.
  Penso che dobbiamo generare oggi più che mai una rivoluzione anche culturale. Bisogna intervenire anche direttamente sul consumatore, per cercare di fargli capire che chi compra un prodotto contraffatto fa del male, non solo a se stesso, ma a tutta la comunità e all'economia.
  Resta inteso che per far fronte a tale problema nessuno ha la verità in tasca. Non abbiamo la bacchetta magica per poterlo sconfiggere dall'oggi al domani. Non è facile e lo comprendiamo, benché oggi gli organi dello Stato preposti al controllo – abbiamo visto gli ultimi risultati – si stanno dando un gran da fare.
  Per lottare, bisogna essere convinti di avere la volontà per creare delle azioni di contrasto. Altrimenti, sarà un gettare fumo negli occhi, che non porterà da nessuna parte o all'effetto contrario, perché si diminuirà il valore delle nostre imprese e del made in Italy, con il conseguente dato economico devastante che è sotto gli occhi di tutti, ci sarà una perdita di posti di lavoro e si creerà un malcontento.
  È chiaro che questo avverrà a lungo andare, ma oggi non possiamo più far finta di niente. Questa Commissione è il posto giusto. Io penso che abbiate sentito tutte le parti in causa. Avrete una valanga di numeri e di statistiche da elaborare. Da qui si può partire per poter veramente contrastare e mettersi di traverso.
  Non si potrà sconfiggere al 100 per cento il fenomeno (questa, secondo me, è un'utopia), però possiamo contrastarlo in maniera decisiva, anche per riportare un fattore economico nel nostro territorio, che è importante, e per cercare di recuperare quello che abbiamo perso negli ultimi vent'anni.
  Noi pensiamo che ci voglia una grande battaglia per la legalità. Questo deve essere molto chiaro: deve essere intrapresa senza se e senza ma. A questo punto, non possiamo non fermarci di fronte a questa problematica; bisogna contrastarla il più possibile.
  Tutti siamo parti in causa: noi imprenditori per primi, lo Stato con tutte le sue organizzazioni, il consumatore finale, i rappresentanti delle categorie. Non si può agire da soli. Lo Stato può fare sicuramente la parte del leone, ma come categorie economiche e come singoli imprenditori siamo disponibili a dire la nostra e a darvi un supporto.
  Noi abbiamo individuato tre grandi fonti d'intervento. Arrivo a quello che noi abbiamo pensato. Abbiamo parlato veramente con il cuore, perché noi sentiamo questo problema. Noi siamo dei passionali, perché amiamo il nostro lavoro, ma devo dire che è sempre più difficile.
  Se si pensa che nella nostra provincia il 48 per cento delle aziende sono esposte ai danni della contraffazione, il dato inizia a diventare veramente allarmante. Bisogna correre ai ripari nel più breve tempo possibile. Pag. 5
  È chiaro che le azioni che questa Commissione e lo Stato intraprenderanno saranno visibili a lungo termine. Magari a breve termine vedremo delle azioni mirate nel quinquennio e poi altre nel tempo. Comunque, è il momento di intervenire.
  Secondo noi, sono tre le fonti d'intervento. Ci sono gli organi e ci sono gli uomini, oltretutto molto preparati. Forse in Europa nel contrasto a questo fenomeno e su tutte le varie organizzazioni abbiamo il privilegio di avere veramente l'eccellenza. Io come azienda ricevo le visite normali della Guardia di finanza, della dogana, dell'ufficio delle entrate e quant'altro. Devo dire che non abbiamo dei burocrati, ma abbiamo delle persone che sono veramente preparate nel loro mestiere. Non ci manca niente fra le forze preposte ai controlli, perché sono culturalmente preparate e hanno il supporto dello Stato.
  Secondo noi, ci vorrebbe una cabina di regia unica, che racchiuda tutte le componenti, dalla Guardia di finanza alle dogane, dall'ufficio delle entrate all'ispettorato del lavoro, ovvero tutti gli attori che sono preposti a questo controllo. Occorre una cabina di regia unica, dove sia possibile creare un incrocio di dati importanti, per poter smascherare e per poter intervenire massicciamente sulle aziende sospettate di operare illegalmente.
  Noi abbiamo bisogno di un controllo delle merci in entrata. Capisco che è difficile, perché sdoganare a Genova o a Napoli non è la stessa cosa che sdoganare magari a Rotterdam o in un Paese dell'Est. Tuttavia, il controllo delle merci in entrata, sia materie prime e secondarie sia prodotto finito, è basilare. La tracciabilità del prodotto è fondamentale. Occorre tracciare il prodotto, sapere dove è realizzato e con quali materiali.
  Forse è in atto un'azione di contrasto dei Paesi nordeuropei, ma vedo che in tanti Stati del mondo, dalla Cina al Giappone e agli Stati Uniti, tutte le merci vengono controllate in entrata. Lo possiamo fare anche noi in Europa. Non mi riferisco solo all'Italia; l'aiuto dell'Europa e di tutti i Paesi europei è fondamentale. Tutte le merci che sono destinate all'Italia vanno controllate. Occorre sapere che cosa stiamo importando.
  Per aumentare la tracciabilità, forse si possono identificare degli incentivi da dare agli enti preposti ai controlli. Mi riferisco ai comuni, alle regioni e ai vari corpi di polizia. Quando vengono effettuati dei controlli con cui si riesce a smascherare, una parte del ricavato potrebbe andare al territorio dove c'è stata la scoperta o dove è stata elevata la sanzione. Occorre sequestrare i beni dei malfattori.
  Penso che lo sapete meglio di me, ma noi lo viviamo tutti i giorni. Nell'area vasta fiorentina (Firenze, Prato, Pistoia, Empoli e una parte di Arezzo) sono presenti circa 8.000 aziende riconducibili ai cinesi, che fatturano solo nella città di Prato 1,5 miliardi, di cui un miliardo in nero. Importano materie per la trasformazione dai loro Paesi di origine ed esportano denaro. Infatti, con il money transfer rimandano tutto in Cina. Nel territorio non rimane niente.
  È un danno economico enorme, perché si toglie lavoro alle aziende, che ormai sono ridotte ai minimi termini. Penso che la provincia di Prato sia esposta per oltre il 70-80 per cento al fenomeno della contraffazione.
  È il momento di arrestare questo fenomeno, perché oltretutto si sta espandendo anche verso altri settori. Mi riferisco, per esempio, all'oreficeria e al mobilio.
  Il fenomeno è importante. Parliamo di 8.000 partite IVA, che hanno una vita media dai dodici ai quattordici mesi. Vengono chiuse e riaprono nuovamente.
  Occorrono controlli da parte degli organi preposti, per verificare dove e come lavorano queste aziende, se i locali sono idonei eccetera.
  Noi viviamo in una società dove la burocrazia è devastante. Pensate che nelle nostre aziende la burocrazia incide per quasi il 25 per cento. Gli organi dello Stato forse sono più soggetti a subire questa burocrazia. Bisogna snellire i controlli e sburocratizzarli. Occorre fare anche delle indagini induttive, perché spesso basta il controllo di una bolletta energetica per capire se c'è qualcosa che non va e se Pag. 6lavorano giorno e notte. Se si vuole, si può intervenire anche con metodi induttivi.
  Il secondo intervento, che è uno di quelli più delicati e importanti, consiste nel portare il consumatore a una certa sensibilizzazione, perché comprenda che comprare il falso è dannoso. Si potrebbero creare dei programmi ad hoc per le scuole, affinché i giovani acquisiscano la consapevolezza di ciò che si muove dietro alla contraffazione e siano preparati a un futuro migliore, nel quale possano diventare imprenditori, non solo di loro stessi, ma anche di aziende.
  La difesa del made in Italy, secondo noi, è fondamentale. Occorre operare sulla tracciabilità del prodotto per difendere il made in Italy. Un prodotto made in Italy deve essere totalmente prodotto in Italia, o almeno, se è tagliato in Romania e cucito in Italia, questo deve essere scritto e deve essere riportato anche il materiale con cui è realizzato. Sarà poi il consumatore finale a decidere se ha voglia di acquistare quel prodotto. Se una fase di lavorazione viene svolta all'esterno, questo deve essere menzionato sull'etichettatura. La tracciabilità – lo ripeto – è uno strumento essenziale.
  Inoltre, io penso che oggi, per dare più spinta e voglia di restare in Italia agli eroi – consentitemelo di dire – che sono gli imprenditori e piccoli artigiani, le aziende che operano totalmente d'Italia debbano essere incentivate, perché danno lavoro all'interno, il prodotto rimane all'interno e la ricchezza si crea all'interno.
  Io credo che si debba intervenire anche sui brand italiani. Noi siamo la terra dove tutti i brand mondiali vengono a produrre, mentre molti brand italiani vanno all'estero. Occorre trovare un sistema di filiera oppure incentivare le aziende italiane che producono in Italia. Questa è una filiera che si può sfruttare, se tutto rimane qui.
  Ecco perché è importante la difesa del made in Italy. Purtroppo, signori, io vi posso garantire che, se le cose vanno ancora avanti così, le aziende saranno sempre meno, perderemo posti di lavoro e tanti soldi.
  Capisco che mi sto dilungando, ma è una materia importante. Forse parliamo molto più col cuore che con i dati, che avete già, così come li abbiamo noi. Presidente, le lascio la nostra relazione, affinché la possiate acquisire agli atti.
  Cercate di salvaguardare questi eroi. Questo è quello che la nostra Consulta della moda chiede. Non fate scappare il saper fare che abbiamo, perché è alla base della nostra bella Italia.
  Vi ringrazio per l'attenzione. Chiedo scusa se mi sono dilungato, ma avevo bisogno di esporre tutte le questioni che sentiamo veramente sulla nostra pelle.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Il suo intervento molto accorato è in linea con una serie di elementi che stiamo raccogliendo ormai da tempo.
  Non è da oggi che stiamo lavorando sul tema. Abbiamo già fatto un lavoro che riguardava la situazione di Prato e c'è già una relazione di questa Commissione sul crocevia pratese e su tutte le sue problematiche, che è stata approvata ed è stata anche discussa in Assemblea a Montecitorio.
  Naturalmente tutto questo non basta. Noi ci aspettiamo di più e il lavoro che stiamo facendo è molto più articolato di un focus sulla realtà pratese. Abbiamo prodotto anche altre quattro relazioni, con una serie di proposte, e speriamo che nell'ambito di questa legislatura qualcosa rimanga in termini di operatività reale.
  Fatta questa premessa, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO DONATI. Io ho una domanda molto semplice, che si collega a quanto il presidente Catania ha rappresentato in questo breve passaggio.
  Nelle settimane scorse l'Aula ha avuto modo di analizzare la relazione dell'onorevole Cenni, che è un membro di questa Commissione, che ha messo in campo un case study sulla realtà pratese, anche attraverso una missione in loco che ha coinvolto le istituzioni e il sindaco, che prende origine da fatti molto recenti che hanno colpito quella città nel 2014 e dal sistema produttivo, che è caratterizzato da alcuni elementi che il presidente ha evidenziato. Pag. 7
  Le vorrei porre una domanda, tenendo conto della sua esperienza personale e di quella delle aziende che voi rappresentate attraverso questo organismo.
  A Prato, come è emerso dalla relazione dell'onorevole Cenni, la reazione delle forze dell'ordine, delle istituzioni e degli organismi preposti ha prodotto molti risultati, facendo emergere situazioni di illegalità e favorendo il recupero di merce contraffatta. Ci sono sicuramente dei segnali positivi.
  Tuttavia, in Toscana – io conosco molto bene questo territorio e in particolare la realtà di Arezzo – comincia a essere evidente che alcuni fenomeni illegali si stanno spostando dall'area pratese, dove in questo momento c'è una reazione molto forte da parte delle forze dell'ordine e delle istituzioni, verso altri territori limitrofi.
  Pochi giorni fa ero a un convegno nel Valdarno aretino. Immagino che la gran parte delle aziende di quell'area siano da voi rappresentate. Il distretto tessile la fa da padrone nell'economia di quel territorio. Mi veniva evidenziato da molte associazioni che c'è la sensazione che quel territorio cominci a essere interessato da un fenomeno simile.
  Probabilmente quanto sta accadendo a Prato è un fenomeno positivo. Stiamo cominciando a intervenire attraverso un coordinamento sul sistema diffuso dell'illegalità che è lì presente.
  Dall'altro lato, però, i commissari e io stesso abbiamo la necessità di comprendere se quel sistema di coordinamento debba essere esteso gradualmente, proprio come abbiamo voluto analizzare nella relazione relativa a quel case study, anche ad altre realtà, per evitare che il fenomeno non faccia altro che spostarsi da un territorio all'altro, senza che si possano sortire degli effetti sul complesso del sistema contraffattivo.
  La ringrazio per la sua testimonianza, che mi è sembrata molto vera. La nostra Commissione ha audito molte figure, tra cui chiaramente le forze dell'ordine, la magistratura, i sindaci, le amministrazioni e le associazioni di categoria, però una voce così viva e così partecipata da imprenditore è davvero significativa, perché ci dà veramente uno spaccato di cosa sta accadendo alle nostre imprese.

  ORESTE PASTORELLI. Ringrazio il presidente della Consulta di Arezzo Sanarelli. Io sono convinto che quello che lei ha illustrato investa tutto il nostro territorio nazionale. Ha fatto molto bene la provincia di Arezzo a mettere insieme tutti gli imprenditori per creare una consulta, che sia in qualche maniera predominante verso il lavoro che le aziende fanno nel territorio.
  Vorrei sapere se la Consulta realizza delle opere di sensibilizzazione verso il consumatore non solo ad Arezzo, ma nell'intera Toscana, e se si è creato in tutte le province che lei ha citato lo stesso sistema di sensibilizzazione.
  Noi, a livello nazionale, stiamo facendo questo, e il presidente Catania si muove su questa direttrice. Stiamo cercando, attraverso gli auditi in questa Commissione, di raccogliere più materiale possibile, per intervenire e fare un provvedimento in Aula che diventi un punto fermo per il nostro made in Italy.
  Io sono pienamente d'accordo su quanto lei ha espresso. Noi sappiamo cosa c'è dietro a questo sistema illegale. Se questo sistema perdura, portiamo il nostro Paese in una situazione particolarmente inadeguata.
  Lei ha affermato che ci sono 8.000 partite IVA cinesi nel territorio toscano, che chiudono entro dodici-quattordici mesi dalla loro apertura. Vorrei sapere se riaprono negli stessi capannoni dove avevano la sede originaria, oppure li vendono e ne acquistano altri per spostare le loro aziende.
  Le auguro un buon lavoro per il prosieguo di questa attività di fermezza sul territorio.

  PRESIDENTE. A integrazione delle cose dette, faccio anch'io una piccola osservazione, ma anche una richiesta di chiarimento.
  Quello che lei ci ha descritto è un fenomeno composito che si sta diffondendo, in cui la contraffazione in realtà è solo uno di una serie di elementi di illegalità. Pag. 8
  Prendiamo a riferimento la vicenda pratese. Lei ci ha già detto, e il collega Donati lo ricordava, che c'è una tendenza ad estendersi dall'area pratese verso l'area di Arezzo. L'esperienza pratese ci insegna che la contraffazione è un elemento, ma in realtà c'è tutta una fenomenologia di illeciti, che comprendono la violazione delle norme sul lavoro, la violazione delle norme fiscali, una scarsa trasparenza nell'utilizzo dei materiali eccetera. Dunque, c'è la contraffazione, ma c'è anche una fenomenologia più complessa.
  Di fronte a tutto ciò – lo ricordava il collega Donati, ma vorrei da lei una risposta precisa – quello che è stato fatto recentemente a Prato, con la regia della Regione e con la supervisione del Governo, è la risposta giusta? Quando lei parla di una cabina di regia, si riferisce a qualcosa di quel tipo, che andrebbe trasferito anche in altre realtà, in particolare in quella aretina, oppure pensa ad altre cose?
  Do la parola al presidente Sanarelli per la replica.

  MARCO SANARELLI, Presidente della Consulta provinciale della moda di Arezzo. Le tre cose sono collegate. Parto dalla seconda domanda.
  La maggioranza di coloro che operano nel nostro territorio sono cinesi. Quella è gente che sa come muoversi. Loro hanno capito che nell'intervallo temporale dei dieci, dodici o quattordici mesi dall'apertura dell'attività i controlli non arrivano. Loro le chiudono proprio per questo, per non essere scoperti, oppure per non incorrere in sanzioni. I titolari non si trovano mai, ma c'è solo un gerente. Comunque, aprono e chiudono. C'è un'evasione di IVA che fa paura, perché hanno un sistema ormai consolidato. Non sto qui a spiegare come funziona, ma è molto semplice.
  Aprono negli stessi capannoni, ma non ne hanno uno in proprietà. Riaprono negli stessi capannoni con un altro nome. Peraltro, si chiamano tutti nello stesso modo. Pensate che a Milano il cognome più diffuso è Hu. A Prato sarà un altro.
  Non so se si può intervenire, anche perché è noto che ci sono molte poche transazioni bancarie per il pagamento dei capannoni. Forse vado contro dei colleghi, ma d'altronde c'è una lotta dura e bisogna iniziare a mettere i puntini sulle i. Pagano tutto in nero. Fanno un miliardo in nero solo a Prato.
  Si stanno spostando nel Valdarno aretino. Noi abbiamo avuto qualche esperienza diversi anni fa con la camera di commercio. Abbiamo cercato di denunciare le aziende che operavano a livello illecito, o comunque abbiamo sollecitato controlli. Anche in questo caso i risultati sono arrivati.
  Relativamente alla cabina di regia, ritengo che debba essere intrapresa non ad Arezzo o a Prato, ma in tutto il territorio nazionale. Le aziende cinesi, pachistane o italiane sono trasversali. Del resto, il settore moda è trasversale a tutta l'Italia. Da nord a sud, da est a ovest, ci sono aziende che operano.
  La cabina di regia deve essere quindi nazionale. Localmente può essere coordinata dalla regione, dai comuni o dalle camere di commercio. Il format, secondo me, si può trovare, ma è fondamentale l'incrocio di tutti i dati.
  È vero che l'intervento di Prato forse ha scoperchiato la pentola. Si sapeva che bolliva, però a un certo punto è successo il fattaccio. Se si vanno a fare i controlli tutti i giorni, si trovano tutti i giorni le stesse cose. Pertanto, la cabina di regia deve essere creata su tutto il territorio italiano e con tutte le persone preposte.
  Nel lavoro egregio che hanno svolto le forze dell'ordine c'è stato un bel coordinamento, ma non basta, perché, se non vado errato, le ultime sanzioni elevate a queste imprese dopo i controlli ammontano a 12 milioni. Parliamo di una goccia nel mare. I controlli vanno intensificati.
  Signori, bisogna andare in guerra tutti i giorni e la cabina di regia è la cosa fondamentale. Occorre incrociare i dati di tutti gli enti preposti. Non è possibile che ognuno guardi solo i suoi. Questo è fondamentale. Non credo che ci siano altre parole per dirlo.

  PRESIDENTE. Il suo messaggio è molto chiaro. L'intervento finale che lei ha fatto è una sottolineatura fondamentale. In sostanza, Pag. 9 la scommessa è coordinarsi, avere una cabina di regia che sia efficace, estendendo a livello nazionale l'esperienza pratese.
  Chiaramente questo implica, da un lato, un salto di qualità a Roma e, dall'altro, un salto di qualità sui territori. A Roma c'è un certo tipo di coordinamento che va fatto, mentre sui territori c'è un altro tipo di coordinamento operativo che va fatto. Entrambe le cose ovviamente sono indispensabili.
  Io la ringrazio molto, presidente, e ringrazio anche coloro che sono venuti con lei oggi. Faremo tesoro delle cose che ci sono state dette. Non voglio dire che abbiamo sentito particolari novità. Come dicevo, è un anno e mezzo che stiamo lavorando, quindi avevamo già le idee abbastanza chiare, ma un intervento sentito e accorato come il suo è sempre importante e di questo io la ringrazio.
  Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione prodotta sia pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 14.55.

ALLEGATO

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