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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 93 di Mercoledì 13 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, Sergio Pascali, e del comandante del Noe di Potenza, Luigi Vaglio (Svolgimento e conclusione) :
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 4 ,
Puppato Laura  ... 5 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 5 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 5 ,
Nugnes Paola  ... 7 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 7 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
Nugnes Paola  ... 8 ,
Scalia Francesco  ... 9 ,
Pepe Bartolomeo  ... 9 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 9 ,
Nugnes Paola  ... 9 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 9 ,
Nugnes Paola  ... 9 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 10 ,
Nugnes Paola  ... 10 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 10 ,
Pepe Bartolomeo  ... 10 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Pepe Bartolomeo  ... 10 ,
Pascali Sergio , Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 11 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 ,
Pepe Bartolomeo  ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 12 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 12 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 14 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 ,
Vaglio Luigi , Comandante del NOE di Potenza ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, Sergio Pascali, e del comandante del Noe di Potenza, Luigi Vaglio

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, generale di brigata Sergio Pascali, e del comandante dei NOE di Potenza, capitano Luigi Vaglio, che ringrazio per la loro presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  In particolare, l'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione ha avviato sulla situazione della regione Basilicata, con particolare riferimento alle indagini che riguardano le attività di prospezione, estrazione e trasporto di idrocarburi, tutto il tema connesso alle questioni di cui ci occupiamo.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  La Commissione aveva predisposto una missione in Basilicata per il 6-8 luglio, con particolare riferimento al tema dei siti di interesse nazionale, perché nella regione vi sono due siti di interesse nazionale da bonificare. Dovevamo svolgere un approfondimento su questo argomento. Poi già ai primi di dicembre, in una fase di indagine in cui, almeno secondo la stampa, c'era un certo numero di indagati per quest'attività, avevamo anche chiesto una serie di approfondimenti alle procure competenti. Ovviamente, nella misura in cui sono scattati dagli arresti e la situazione è diventata, anche da un punto di vista mediatico, molto forte, abbiamo semplicemente deciso di anticipare i tempi. Voglio dirlo, perché spesso c'è la tendenza a occuparsi delle cose immediate, ma in realtà il nostro è un lavoro che avevamo già predisposto per ricostruire una situazione che ci sembrava critica da diversi punti di vista.
  Cedo la parola, dapprima, al generale Sergio Pascali per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva, poi c'è il capitano Vaglio e deciderà lei come gestire l'intervento del suo collaboratore. Al termine della vostra illustrazione sicuramente qualche domanda vi sarà rivolta.
  Le darei quindi la parola, generale, ringraziandola di nuovo per la disponibilità, ma avevamo bisogno anche prima della missione che abbiamo già organizzato di sentire da voi qualche notizia direttamente Pag. 4oltre che dalle carte. In questo modo cercheremo di impostare il nostro lavoro al meglio.

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Ritengo di fare un'esposizione generale, coinvolgendo peraltro il capitano Vaglio su alcuni aspetti di maggiore interesse.
  Faccio una breve premessa. Ho assunto nel luglio 2015 l'incarico di comandante del comando tutela ambiente, epoca in cui l'indagine era stata da tempo avviata e che ha presso il via nell'aprile-maggio del 2013. Nel momento in cui ho assunto l'incarico, quindi, vi era già stata una prima richiesta di emissione di provvedimenti restrittivi da parte dell'autorità giudiziaria competente, la procura distrettuale di Potenza, richiesta poi successivamente suffragata ancora da un'ulteriore richiesta nel novembre 2015. L'indagine, per le sue linee più interessanti, peculiari, era già stata conclusa.
  È un'indagine che prende il via da una serie di segnalazioni della comunità lucana, di associazioni ambientaliste, e che si è sviluppata per un considerevole lasso di tempo, più di due anni, attraverso attività tradizionali dell'articolazione su Potenza del comando tutela ambiente, il Nucleo operativo ecologico di Potenza, suffragata peraltro da attività tecniche di intercettazioni telefoniche nei confronti dei soggetti di interesse e di attività di videoriprese sulle apparecchiature.
  Faccio un'ulteriore premessa prima di scendere un po’ più nei dettagli. La mia funzione, il mio ruolo, quello di comandante dei carabinieri tutela per l'ambiente, impone di coordinare le attività investigative di tutti i reparti dipendenti, di dare impulso e di garantire le risorse di uomini e mezzi alle articolazioni che, di fatto, dirigono ed espletano attività investigativa di iniziativa o su delega dell'autorità giudiziaria. In questo quadro vi è un'attività di sostegno del comando tutela ambiente, destinando ulteriori risorse alla stregua delle risultanze investigative che, per le linee generali, il capitano Vaglio ha rappresentato all'organizzazione centrale.
  Con il grado ricoperto di generale – lor signori ben sanno che non si ricopre più la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria – intendo riferire su ciò che mi è stato partecipato, sempre per grandi linee, significando che per aspetti di particolare interesse più significativi riguardanti l'indagine chiamerò in causa o interloquirà il capitano Vaglio.
  Quest'attività svolta per un lungo lasso di tempo, ripeto, con attività tradizionali e con attività intercettiva, è stata peraltro supportata da una serie di ispezioni dell'organo procedente, il quale si è avvalso della consulenza di più professionisti nominati dalla procura distrettuale di Potenza. Da quel che mi risulta, tutti gli interventi, tutte le ispezioni, le ricognizioni dei luoghi, sono sempre stati svolti in regime di contraddittorio, cioè previa informazione nei confronti dell'ENI gestore.
  Un'ulteriore premessa è che riferirò soltanto sull'indagine riguardante il COVA, il Centro oli Val d'Agri, perché l'altro spaccato investigativo non è stato curato dalla nostra organizzazione, bensì sempre dalla procura distrettuale di Potenza, ma delegato ad altro organo investigativo, in particolare la squadra mobile di Potenza. Quest'ultimo aspetto è la cosiddetta indagine denominata «Tempa Rossa», che tocca un altro sito.
  Come vi dicevo, questi accertamenti sono sempre stati svolti in regime di contraddittorio, e l'ENI volta per volta attraverso i suoi consulenti, la sua scacchiera di professionisti, ha dedotto in maniera naturalmente differente da quanto rilevato dai pubblici ministeri. L'indagine ha poi portato alla redazione, come vi ho detto, di più informative e all'emissione dei provvedimenti restrittivi, eseguiti il 31 marzo scorso, che in buona sostanza esaltavano una serie di irregolarità poste in essere dai vari dirigenti del distretto, del centro COVA, relativamente a una miscelazione delle acque di strato con sostanze gassose provenienti dall'attività estrattiva.
  Si tratta, in particolare, di ammina e glicole trietilenico, e di un illecito smaltimento di queste acque di strato che si è concretizzato attraverso una declassificazione del rifiuto da pericoloso, con codice CER previsto dall'attuale normativa, ed etichettatura Pag. 5 con altro codice che consentiva uno smaltimento sostenendo minori oneri. In buona sostanza, il vantaggio per l'ENI si concretizzava nel sostenere minori spese relative allo smaltimento, quantificate da due soggetti, dalla Tecnoparco, proprio l'impianto che curava lo smaltimento, e da altro perito con la Tecnoparco, che indicavano per tonnellata un costo intorno ai 40 euro, a fronte di un rilevamento di altro consulente disposto dal pubblico ministero di somma aggirantesi intorno ai 115-120 euro per tonnellata.
  È stata altresì contestata dal pubblico ministero – queste risultanze sono emerse, naturalmente, dalle attività intercettive – una serie innumerevole di omissioni dei dirigenti, che non segnalavano all'organo competente, la regione Basilicata, la provincia, i comuni, il cosiddetto sforamento, che veniva rilevato dai sensori posti sui camini, la cui collocazione era prevista e inserita nell'autorizzazione di impatto ambientale determinata dalla regione Basilicata. A seguito di questi sforamenti, attraverso un pactum sceleris tra tutti i dirigenti che si sono alternati, queste serie di segnalazioni non venivano riferite tempestivamente, come era previsto dalle prescrizioni della regione Basilicata, entro un lasso di tempo molto breve di otto ore secondo la prescrizione n. 9.
  Venivano riferite in maniera frammentaria, assolutamente non rispondente al vero, cercando di omettere il mal funzionamento di tutta l'impalcatura impiantistica, perché al malfunzionamento naturalmente dovevano seguire degli interventi mirati con il blocco dell'attività estrattiva, e quindi con il blocco di tutto l'impianto, con ripercussioni sui profitti dell'azienda e sulla gestione dei livelli occupazionali.
  Oltre i cinque dirigenti funzionari dell'ENI, è stato colpito da provvedimento anche il dirigente della regione Basilicata, il quale era il destinatario delle segnalazioni di sforamento, che nel 2014 aveva indirizzato...

  LAURA PUPPATO. Chi era il dirigente? In quale settore?

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Il dirigente era il dottor Lambiase, dell'ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata.
  In un primo momento, ha redatto e indirizzato una diffida, che poi non ha avuto alcun effetto, nel senso che si è persa burocraticamente. A seguito della diffida, e quindi a seguito di ulteriori segnalazioni di sforamento, non vi sono stati altri interventi mirati. Questo è, in buona sostanza, il quadro generale di tutta l'attività investigativa, di cui sono stato informato dal collega, che materialmente ha seguìto l'indagine. Su aspetti particolari, dopo l'esposizione invito il collega, col permesso del presidente, a scendere più nei particolari oltre quanto da me già detto. Naturalmente, siamo disponibili a rispondere a tutti i vostri quesiti.

  PRESIDENTE. Do la parola al capitano Vaglio.

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. Sono il comandante del Nucleo ecologico Carabinieri di Potenza, che ha competenza su tutta la regione Basilicata. Naturalmente, sono responsabile del servizio di polizia giudiziaria, che è stato delegato dalla magistratura a seguire la parte prettamente ambientale delle indagini svolte nell'ambito del fascicolo d'indagine n. 4542 della DDA.
  A integrazione di quanto già riferito dal signor generale, posso riferire che le indagini sul Centro oli Val d'Agri di ENI hanno riguardato tre filoni fondamentali, che proverò a schematizzare anche per semplicità di esposizione: le emissioni in atmosfera, convogliate dai camini presenti nel Centro oli, con il rilascio in atmosfera degli inquinanti; il pozzo di reiniezione, denominato Costa Molina 2, ubicato in agro di Montemurro, in provincia di Potenza, attraverso il quale vengono reiniettate nelle unità geologiche profonde le acque di scarto della produzione petrolifera; i rifiuti liquidi prodotti dal Centro oli Val d'Agri.
  La produzione di questi rifiuti liquidi, sia quanto viene reiniettato nelle unità geologiche Pag. 6 profonde attraverso il pozzo di reiniezione, sia quanto viene smaltito come rifiuto negli impianti di depurazione, in primis Tecnoparco, quello che ha ricevuto un quantitativo maggiore di rifiuti, consiste di acque di scarto provenienti dalla separazione effettuata all'interno del Centro oli Val d'Agri del fluido, che possiamo definire trifase, che viene estratto dai pozzi.
  Questo fluido è composto da olio, che poi viene inviato alla raffineria di Taranto per la raffinazione, gas metano, che una volta desolforato viene inviato nella rete del gas, quindi nella rete della SNAM, e quest'acqua, che è un prodotto di scarto che normalmente dovrebbe essere reiniettato nelle unità geologiche profonde, quindi nello stesso giacimento da cui viene estratto il fluido, e che, per una situazione di incapacità di questo pozzo di reiniezione di assorbire tutto il quantitativo di acque prodotto, veniva, oltre che reiniettato, anche smaltito come rifiuto con l'assegnazione di un codice CER presso una serie di impianti di depurazione industriale ubicati nel centro-sud Italia, il principale dei quali è Tecnoparco.
  Se può interessare, le altre province in cui sono ubicati questi impianti presso cui sono stati inviati questi reflui sono quella di Foggia, Reggio Calabria, Cosenza, la BAT (Barletta, Andria, Trani) e Ascoli Piceno. In tutte queste province vi sono impianti in cui sono stati smaltiti questi rifiuti.
  Conseguentemente a questi tre «filoni» (emissioni, pozzo di reiniezione e smaltimento dei rifiuti liquidi) sono state contestate delle violazioni a carattere penale. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, è stata ravvisata la violazione delle prescrizioni AIA sanzionata dall'articolo 29-quattuordecies del testo unico in relazione al fatto che il gestore dell'impianto non aveva ottemperato alla prescrizione che imponeva l'invio della comunicazione entro le otto ore dei superamenti derivanti dalle emissioni in atmosfera originate dai camini del COVA.
  Questa parte dell'inchiesta è stata oggetto di una specifica consulenza tecnica, affidata dalla procura della Repubblica a un ingegnere ambientale, che ha analizzato il cosiddetto sistema SME acronimo che indica il sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni. Su delega della procura della Repubblica, abbiamo provveduto al sequestro degli hard disk dei server del sistema SME per l'acquisizione dei dati originali, grezzi, non ancora oggetto di validazione da parte dell'operatore umano, in modo che il consulente potesse analizzarli così come originati.
  Questo è il lavoro che è stato svolto dal consulente, che ha verificato l'origine, la compatibilità e la coerenza delle cause riportate nelle comunicazioni da ENI con l'assetto impiantistico. Successivamente, il NOE di Potenza ha provveduto a intersecare quest'attività di consulenza con gli esiti dell'attività di intercettazione delegata alla polizia giudiziaria al fine anche di evidenziare le condotte che hanno portato a fornire giustificazioni diverse rispetto a quelle evidenziate dal sistema o a mettere in atto la pratica di riunire più sforamenti in un'unica comunicazione per contenere il numero delle comunicazioni da inviare agli enti di controllo, anzi da inviare agli enti di controllo e agli enti che avevano rilasciato l'autorizzazione ambientale, quindi regione Basilicata, provincia di Potenza e ARPA regionale.
  Occorre aggiungere che durante il periodo di monitoraggio con attività tecniche, che va dai primi di dicembre 2013 sino, con una piccola interruzione, alla fine di luglio 2014, l'impianto ENI è stato oggetto di una diffida in relazione al verificarsi, il 13 gennaio 2014, di un cosiddetto evento torcia, cioè l'attivazione del sistema di sicurezza dell'impianto COVA a seguito di un evento incidentale o mal funzionamento, che ha appunto mandato in blocco l'impianto, per cui si è attivata questa torcia, un sistema di sicurezza dell'impianto.
  A seguito di quest'evento del 13 gennaio 2014, l'ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata, ufficio che rilascia formalmente l'autorizzazione integrata ambientale, proprio in applicazione della normativa AIA emana una diffida nei confronti del gestore dell'impianto a non perpetrare comportamenti tali da causare il ricorrere al sistema di sicurezza, alla torcia. Pag. 7 L'evento, come dicevo, è del 13 gennaio 2014, la diffida viene emanata qualche giorno dopo, se non vado errato il 17 gennaio.
  Nel periodo di vigenza e in costanza del provvedimento di diffida, provvedimento formale, abbiamo verificato che si è...

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni, mi è sfuggito: a cura di chi è stata fatta la diffida? Chi era il soggetto deputato?

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. È il dirigente dell'ufficio compatibilità ambientale della regione, a firma del dottor Lambiase Salvatore.
  In costanza della diffida, quindi nel periodo di vigenza della diffida, si è verificato almeno un altro episodio in tutto simile a quello precedente, cioè una nuova attivazione della fiaccola, quindi dell'evento torcia, nel maggio 2014, che naturalmente è stato comunicato anche a quell'ufficio che aveva emanato la diffida, e che non è stato preso in considerazione e non è stato valutato ai fini della chiusura del procedimento amministrativo avviato con la diffida stessa. Anche quest'aspetto è oggetto di una contestazione nei confronti di quel dirigente.
  Gli altri due aspetti, quello del pozzo di reiniezione e quello dei rifiuti liquidi prodotti dal COVA, sono strettamente legati. Sulla qualità dei reflui prodotti dal COVA, in parte inviati a reiniezione e in parte smaltiti come rifiuti, la procura ha affidato un'altra consulenza a un altro pool di consulenti, che in estrema sintesi ha evidenziato che dei reflui contenuti nelle vasche, poi oggetto del decreto di sequestro da noi eseguito contestualmente alle misure cautelari personali, avveniva un'attività di miscelazione. Sono state rinvenute, infatti, in queste acque delle sostanze chimiche che il consulente evidenzia non avrebbero dovuto esserci.
  Le sostanze evidenziate dal consulente sono – per la prima dirò la sigla, perché mi è più semplice pronunciarla – MDEA, volgarmente individuata ammina, e il glicole trietilenico. Entrambe le sostanze, dallo studio dell'autorizzazione integrata ambientale, sono sostanze utilizzate come materie prime nel ciclo produttivo del COVA.
  Queste sono le conclusioni del consulente della procura sulla miscelazione che avveniva nelle vasche, che sono due: una raccoglie i reflui che provengono dalla separazione, che poi vengono filtrati attraverso un sistema cosiddetto di controlavaggio, accolti dall'altra vasca. Le due vasche sottoposte a sequestro sono, quindi, la vasca che raccoglie le acque di strato separate dall'olio e dal metano, come dicevamo prima, mentre l'altra è la vasca con cui vengono controlavati quindi i filtri con cui vengono filtrate queste acque.
  Dalle conclusioni del consulente della procura discende che il codice CER utilizzato per lo smaltimento dei reflui dal gestore dell'impianto non corrisponde a quello corretto. Il consulente ne individua due altri, uno per la vasca delle acque e un altro da assegnare ai reflui della vasca del cosiddetto controlavaggio. Sono molto diversi, non appartengono neanche allo stesso gruppo in base alla catalogazione del Catalogo europeo dei rifiuti. Ne consegue la rubricazione dei reati connessi allo smaltimento illecito di quei reflui. Questo è il quadro in estrema sintesi.
  Per quanto riguarda il pozzo di reiniezione, abbiamo evidenziato a carico dei funzionari e responsabili del distretto meridionale ENI e del COVA di Viggiano reati che riguardano lo smaltimento illecito, l'omissione d'atti d'ufficio in capo ad alcuni funzionari dell'agenzia regionale e un abuso d'ufficio in capo al responsabile dell'ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata.
  Per quanto riguarda le acque di separazione smaltite come rifiuti, quindi negli impianti di depurazione ubicati nel territorio del centro-sud Italia, la circostanza ha consentito di individuare gli elementi costitutivi del delitto ex articolo 260, le attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Erano anche l'oggetto primario della nostra indagine.
  Ho saltato un passaggio che riprendo adesso. Vorrei specificare come nasce quest'indagine. Nasce, come ha anticipato il signor generale, sulla base delle segnalazioni Pag. 8 ripetute dei residenti nei pressi dell'impianto di smaltimento Tecnoparco Val Basento, che hanno segnalato appunto più volte a tutti gli enti di controllo i miasmi che provenivano dall'impianto, che poi è stato verificato che si sprigionavano in corrispondenza con le attività di scarico dei rifiuti liquidi provenienti dal COVA attraverso le autobotti che affluivano nell'impianto di depurazione. Da lì nasce l'indagine, che poi ha coinvolto il produttore di quei rifiuti che creava questi miasmi, quindi il COVA di ENI.
  Faccio una precisazione su quello che è stato l'oggetto dell'esecuzione dei provvedimenti cautelari reali. I provvedimenti cautelari reali disposti dal gip presso il tribunale di Potenza hanno riguardato le due vasche di stoccaggio dei rifiuti liquidi ubicati all'interno dello stabilimento COVA di Viggiano, proprio perché al loro interno avveniva lo stoccaggio dei rifiuti liquidi: il pozzo di reiniezione denominato Costa Molina 2, ubicato nel territorio del comune di Montemurro, in provincia di Potenza, attraverso il quale veniva reiniettata in profondità parte di questi reflui; il depuratore industriale Tecnoparco Val Basento di Pisticci. Sia per il depuratore industriale Tecnoparco Val Basento sia per le vasche di stoccaggio è stata tra l'altro concessa dal gip una facoltà d'uso condizionata.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Ha parlato di pactum sceleris, comandante, poi molto ben spiegato anche dal responsabile del Nucleo ecologico. Dalle vostre intercettazioni e dalle analisi fatte evidentemente è risultato che questo era un sistema, quindi non determinato soltanto dall'avvento per esempio di un certo tipo di dirigenza in un certo tempo: abbiamo elementi che possano far ritenere che questo fosse il sistema in uso dal punto di vista temporale molto lungo?
  Si diceva, inoltre, che il dirigente regionale ometteva il mal funzionamento e tutto si perdeva nella burocrazia. Si perdeva nella burocrazia o le diffide sono state formalmente revocate?
  Ancora, siamo riusciti nell'ambito delle indagini a determinare numerosità e periodicità? Siamo riusciti, anche attraverso i consulenti, a comprendere se siano in uso elementi per esempio negli altri impianti, in Italia e all'estero, che invece possano impedire questa frequenza di accadimenti negativi di sforamenti? Non sono state messe in pratica le best practices che avrebbero evitato questi sforamenti? C'è stata negligenza? Il consulente a cui siete ricorsi, oltre ad aver analizzato gli elementi tecnici, ha fatto anche delle valutazioni in relazione al grado di colpevolezza? C'è solo negligenza, c'è dolo, c'è di peggio?
  Ammina e glicole trietilenico presenti nel ciclo produttivo sono stati miscelati e reiniettati, come diceva, nel pozzo: evidentemente, devo intuire che questi due inquinanti presenti nel ciclo produttivo venivano smaltiti in questo modo sempre per evitare il maggior carico economico che avrebbe implicato smaltirli in maniera corretta? È questo il senso di questa miscelazione?
  Infine, che attività di polizia giudiziaria hanno svolto i NOE sulle questioni che sono state evidenziate, quindi sui rilievi e così via?

  PAOLA NUGNES. Alcune cose non mi sono chiarissime. Il guadagno che è stato valutato per la mancata spesa era in capo all'azienda o a dei singoli? Questo risparmio veniva a vantaggio dell'azienda o dei singoli che hanno gestito? Se era a vantaggio dell'azienda, non era un guadagno estremamente relativo, marginale rispetto al fatturato annuo dell'impianto?
  Che effetti sulla salute ha l'ammina reiniettata nelle falde? Avevo sentito parlare anche di disastro ambientale, ma non è stato da lei denunciato: era una falsa comunicazione dei giornali?
  Infine, nel momento in cui sono state manomesse le comunicazioni, che tipo di responsabilità hanno gli enti preposti al controllo? Se era comunque l'azienda a manomettere il numero di emissioni – che mi risulti, erano oltre le 200.000 annue e venivano comunicate in minor numero – Pag. 9questo esenta gli enti di controllo dalla verifica o c'erano delle cose che avrebbero dovuto comunque verificare?

  FRANCESCO SCALIA. La senatrice Nugnes ha anticipato la mia domanda, l'unica curiosità: avete quantificato il risparmio di ENI conseguente al declassamento dei rifiuti? Parliamo di verificare l'incidenza dell'importo rispetto al volume d'affari di quella società.

  BARTOLOMEO PEPE. Vorrei sapere se oltre a questi rifiuti, che in parte penso di capire andavano tutti alla Tecnoparco, ce ne sono altri, in che zone sono stati spediti o in quali aziende.

  PRESIDENTE. Do la parola agli ospiti per una prima replica a questo blocco di domande, ovviamente per quello che si può.

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Invito il collega a intervenire con ulteriori precisazioni.
  Con riferimento ai quesiti posti dalla senatrice relativi al pactum sceleris, ho parlato di pactum sceleris in quanto sulle rispettive apparecchiature nella disponibilità dei singoli pervenivano i segnali degli sforamenti. Vi sono state ben 208 segnalazioni in un lasso di tempo abbastanza breve, non più di un anno.
  Dall'attività intercettiva emerge una linea – è questo il riferimento al pactum sceleris – da parte di tutti e cinque i dirigenti pro tempore di ritardare le segnalazioni agli organi preposti, regione Basilicata, ARPAB e provincia, che la prescrizione n. 9 imponeva di fare addirittura entro le otto ore. Perché ritardavano queste comunicazioni? Perché a seguito delle comunicazioni venivano determinati interventi nei confronti degli impianti, che significavano interruzione dell'attività estrattiva e interruzione di tutta l'impalcatura, dunque minor profitto.
  Il pactum sceleris, in buona sostanza, ma questa è una definizione personale, si concretizza proprio in questa linea univoca da parte dei dirigenti di ritardare le comunicazioni agli organi proposti, e così di temporeggiare sino a omettere interventi necessari, che poi determinavano, da una parte, le cosiddette fiaccolate per quanto riguarda le emissioni in atmosfera e, per quanto dal collega riferito in ordine allo smaltimento, la declassificazione delle sostanze gassose epurate da tutto il prodotto estratto, con l'attribuzione di un codice CER diverso da quello previsto dalla normativa.
  Questa declassificazione consentiva di smaltire in maniera meno onerosa. Rispondendo al quesito della senatrice Nugnes, il guadagno e il vantaggio era esclusivamente per l'ENI, titolare di tutta l'attività. I dirigenti attraverso questi comportamenti omissivi concorrevano ad avere maggiori introiti grazie al funzionamento dell'impianto che, per gli interventi necessari, probabilmente doveva essere bloccato. I maggiori introiti erano dovuti proprio al fatto di sostenere minori costi per lo smaltimento.
  Le diffide sono state poste in essere. Poi vi è una carenza di controllo. A seguito delle diffide e degli sforamenti dopo le diffide, non ci sono stati gli interventi necessari che il funzionario regionale avrebbe dovuto porre in essere.

  PAOLA NUGNES. Quali provvedimenti avrebbe dovuto porre in essere il funzionario regionale al secondo evento della fiammata?

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Interventi strutturali nei confronti dell'impianto, tesi proprio a evitare queste fiaccolate, che stavano a significare emissioni in atmosfera di sostanze gassose in misura più rilevante di quanto previsto.

  PAOLA NUGNES. Esattamente, mi perdoni, quale doveva essere il provvedimento consecutivo alla seconda svampata, non so come individuarla, che non è stato invece emesso? Lei mi ha parlato di un primo provvedimento di diffida: un successivo che avrebbe dovuto...

Pag. 10

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Il successivo non c'è stato.

  PAOLA NUGNES. Avrebbe dovuto esserne messo in atto un successivo, che lei mi dice strutturale: significa una chiusura dell'impianto?

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. Per rispondere in maniera puntuale bisogna entrare nel merito dell'indagine. Siccome devo riferire in base agli accertamenti tuttora in corso, chiederei la secretazione da questo momento.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica).

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Mi sono appuntato alcuni quesiti relativi agli effetti sulla salute e all'ipotesi di disastro ambientale. L'ipotesi di disastro ambientale non è stata contestata da parte dell'autorità giudiziaria.
  Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, vi è un'indagine epidemiologica in atto, affidata a un consulente da parte della procura distrettuale, relativa a una serie di valutazioni per eventi che nel corso del tempo hanno colpito soggetti che sono intervenuti all'interno del COVA di Viggiano, riportando conseguenze sanitarie. È al vaglio di questo consulente quanto lamentato da questi soggetti che sono intervenuti a vario titolo, sia come contrattisti sia per attività manutentive.
  C'è stato il monitoraggio di tutte le persone che sono entrate all'interno del COVA a qualsiasi titolo attraverso l'utilizzo di una banca dati esistente presso la regione Basilicata, in cui confluiscono tutti i dati relativi a ricoveri ospedalieri, ad altri interventi ambulatoriali e così via. In buona sostanza, il pubblico ministero sta procedendo a una comparazione di quanto lamentato da soggetti che sono intervenuti all'interno del COVA con ciò che poi è stato accertato e diagnosticato nelle strutture sanitarie.
  Dovrà rispondere a dei quesiti posti dall'ufficio della procura, e mi risulta che la perizia sia in via di lavorazione, poiché non mi pare sia stata ancora presentata. Soltanto all'esito di questa perizia si potrà valutare con maggior concretezza, con maggiori dati di fatto effetti lesivi per la comunità lucana.
  Per quanto riguarda la domanda se per lo smaltimento sia stata investita soltanto la Tecnoparco, assolutamente no. Mi pare, e chiedo al collega, che per le attività di smaltimento siano state interessate – lo ha precisato – se non erro circa 16 aziende distribuite nella fascia centro-meridionale del Paese, quindi non molto lontane. Prima che venisse realizzato l'oleodotto per il collegamento, tutto lo smaltimento avveniva attraverso l'utilizzo di vettori, di camion. Quanto più vicino al COVA era l'impianto di smaltimento, tanto minori erano gli oneri che sosteneva l'azienda.

  BARTOLOMEO PEPE. Quindi anche in Calabria e Campania.

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Anche in Calabria, sì. C'è proprio un elenco. L'ho desunto dalla lettura dell'ordinanza. Sono, se non sbaglio, 16 aziende.

  PRESIDENTE. Avete un elenco preso dall'ordinanza con tutte le aziende, sia gli smaltitori sia i trasportatori, ce l'avete tutto.

  BARTOLOMEO PEPE. Ha detto che non è stato contestato il reato di disastro ambientale. Come mai non è stato preso in considerazione?

  SERGIO PASCALI, Comandante dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. Le rispondo in maniera procedurale, perché sino a questo momento non sono emersi elementi stanti a suggellare la correlazione tra ciò che è stato immesso nell'atmosfera e l'infermità patita dai soggetti che a qualsiasi Pag. 11 titolo sono entrati all'interno del COVA o della comunità locale stanziata a ridosso del COVA. Non vi è in questo momento una correlazione chiara e inequivoca tra effetti causati dall'attività ed eventi che hanno colpito l'incolumità dei soggetti vicini della comunità lucana.

  PRESIDENTE. Vorrei formulare qualche domanda io. I tre filoni di indagine sono stati specificati molto bene. Rispetto al tema dello smaltimento, queste indagini da quanto tempo sono in corso? Mentre sull'utilizzo improprio delle torce in atmosfera – definiamolo così – c'è una delimitazione temporale molto precisa, per quanto riguarda quest'attività di smaltimento ipotizzato illecito, da quanto tempo si svolge o c'era già stata un'attenzione?
  Sono andato a riguardare tra le carte dei nostri predecessori, delle Commissioni, addirittura fino alla Commissione Scalia, per cui vi parlo circa del 2000, e questo tema della reiniezione delle acque di strato all'interno dei pozzi era stato attenzionato, poi è stato ripreso successivamente dalla nostra relazione della scorsa legislatura, seppure in maniera assolutamente marginale: vorrei capire qual è l'arco temporale su cui si sta indagando da questo punto di vista.
  Inoltre, ipotizzando il traffico organizzato dell'articolo 260, probabilmente si ipotizzava che non ci fosse solo l'ipotesi di «falsificazione» del dato del campione che veniva mandato ai laboratori. Meglio, il laboratorio che effettuava le analisi su quelle acque è tenuto a fare l'analisi su quella roba, non a capire il procedimento precedente. Chi sono i soggetti che si ipotizza siano autori di reato? Penso che l'organizzazione presupponga non solo questi di ENI, ma la compiacenza – mi sembra che gli indagati siano tanti – dei trasportatori, se non addirittura degli impianti di smaltimento.
  Ho visto che negli impianti di smaltimento, però, non tutti sono stati indagati. Ce ne sono alcuni che non sono stati indagati. Che cosa significa questo? Che ci sono delle evidenze, delle prove? Che quelli indagati lo sono perché sapevano e quegli altri, che hanno comunque smaltito queste sostanze, non lo sono? Qual è il discrimine? Questo mi interessa capire.
  Un'altra questione che si legge tra le righe dell'ordinanza riguarda il settore del MISE. Sul tema minerario il Ministero dello sviluppo economico ha una sua struttura di controllo. C'è un'indagine aperta rispetto all'attività di questa struttura di controllo o no?
  Sul tema dei consulenti, che ovviamente diversi perché le ipotesi sono differenti, c'è stato da quel che vi risulta un coordinamento tra i vari consulenti, delle verifiche ulteriori? Faccio riferimento soprattutto alla questione dell'utilizzo improprio delle torce, tema soggetto a indagini in diversi impianti industriali. Le torce, come è noto, vengono messe in funzione infatti quando c'è un blocco dell'impianto. Per evitare problemi più gravi, vengono usate le torce di emergenza. Quando vengono usate più di un certo tempo, non sono più torce d'emergenza, ma vengono definite emissioni improprie non autorizzate. Credo che sia questo un po’ il discrimine. Almeno dall'esperienza che ci siamo fatti anche sui petrolchimici, funziona un po’ in questo modo. Su questo ci sono stati gli approfondimenti adeguati?
  Quanto al tema dell'attività dell'ARPA Basilicata, ho visto che sono coinvolti due dirigenti. Su questo vorrei avere il vostro conforto. Relativamente alle emissioni, nonostante si tratti di autocontrolli che spettano all'impresa, che però deve comunicare all'organo di vigilanza, non ho capito se i dati non erano stati comunicati o cosa. Se i dati non erano stati comunicati, l'organo di controllo avrebbe dovuto chiederli. È stata acclarata la responsabilità su questa situazione dell'organo di controllo? Anche se non è lui che effettua il controllo, deve recepire il dato che gli viene fornito da chi è in autocontrollo. Anche su questo vorrei qualche chiarimento.

  MIRIAM COMINELLI. Sempre sulla questione dei consulenti, su cui si basano le indagini, quanti rilievi, campionamenti e analisi sono stati effettuati? Sono state fatte azioni di questo tipo anche dalle agenzie ambientali e da voi per quanto riguarda Pag. 12eventuali infiltrazioni in falda o nei terreni?
  Dopo il secondo effetto torcia, quanti altri fenomeni si sono verificati di questo tipo?
  Ci sono liquidi di lavorazione reimmessi nei pozzi? In caso di risposta affermativa, in che quantità?

  ALBERTO ZOLEZZI. Avete riscontrato inquinamento, soprattutto nelle falde acquifere idropotabili? Vorrei capire se afferiscono alla vostra indagine, perché abbiamo trovato parecchie notizie di stampa in merito.
  Inoltre, l'ammina e il glicole trietilenico sono sostanze che vengono aggiunte agli idrocarburi al gas estratto o sono componenti degli idrocarburi del gas estratto? Qual è il totale del risparmio che c'è stato eventualmente per le aziende? Nelle emissioni – parliamoci chiaro – odorigene è stata rivelata la presenza di acido solfidrico?
  In ultimo, fate riferimento alla raffinazione a Taranto. Questo magari non concerne più di tanto la vostra inchiesta, ma per esempio Tempa Rossa è in attesa di autorizzazioni per una raffinazione che sarà estera. Da audizioni in Commissione attività produttive, ci risulta che per un certo tempo COVA mandava a raffinare a Gela: da articoli di stampa risulta che la raffineria abbia raffinato qualcosa dal COVA, ma la raffineria non era neanche adeguata. Questo è uno spunto, perché se non è adeguata per il tipo di petrolio, potrebbe creare anche a Taranto qualche problema ambientale in quanto raffineria completamente diversa quella di Gela, utilizzata un po’ per tamponare quella di Gela.

  STEFANO VIGNAROLI. Intervengo per ultimo, quindi gran parte delle domande è stata rivolta. Sottolineo, in particolare, di approfondire il ruolo per i mancati controlli da parte di ARPA e del MISE: che cosa avete rilevato?
  Oltre alle segnalazioni degli abitanti del Tecnoparco, vicini al Tecnoparco, ne sono giunte altre?
  Per quanto riguarda i costi, sono noti i costi del cambio di codice CER, e quindi del risparmio, ma per mettere a punto l'impianto in modo da evitare questi sforamenti è stata fatta una stima dei costi che bisognava affrontare per evitarli?

  BARTOLOMEO PEPE. Nelle varie regioni in cui si è completato lo smaltimento dell'ENI sono coinvolti funzionari o amministratori locali?

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. Signor presidente, se è d'accordo, inizierei con le risposte che non necessitano di secretazione.
  Quanto all'ultima domanda, nelle altre regioni d'Italia non sono emerse dalle indagini responsabilità di amministratori locali. L'ammina e il glicole trietilenico sono materie impiegate nel ciclo produttivo del COVA, sono additivi utilizzati come fluidificanti nell'attività di desolforazione del gas. Non si trovano nel greggio, ma vengono immesse nel ciclo produttivo come se fossero delle materie prime per compiere delle lavorazioni. Sono degli additivi chimici.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi scusi, la interrompo per una cosa che non ho capito. Se queste sostanze venivano impiegate nel ciclo produttivo, perché poi venivano miscelate nelle vasche? Qual era l'utilità? Finita la loro funzione di fluidificanti, rimaneva un residuo da smaltire, e quindi veniva allungato lì nella vasca, o perché era nella vasca?

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. La ragione per cui stava nella vasca è proprio l'oggetto dell'indagine. Il consulente ci dice che in quella vasca non dovevano esserci, perché sia le acque di reiniezione sia quelle mandate a smaltimento teoricamente non dovevano contenere queste sostanze. Il fatto che le contenessero è stato considerato dal consulente come indice dell'attività di miscelazione dei Pag. 13rifiuti, come se dei reflui provenienti da altre parti dell'impianto, anziché essere smaltiti separatamente, convergessero in queste grandi vasche e fosse fatto un miscuglio dei rifiuti.
  Il consulente poi individua anche due codici, uno per ogni vasca, entrambi codici che riportano la dicitura «miscuglio di rifiuti contenenti...», adesso non ricordo esattamente, ma l'ho sottomano: per quanto riguarda la linea 560 – le vasche sono entrambe della stessa linea – i reflui provenienti dalla vasca V560TA002, il CER individuato dal consulente in luogo del 161002, che è invece quello utilizzato, è 190204 con l'asterisco, che indica il pericoloso. Parliamo, quindi, di miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso.
  Per l'altra vasca, cioè la V560TM001, il codice individuato dal consulente è 130508 con l'asterisco, quindi pericoloso, miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti di separazione olio/acqua. Questa è la caratterizzazione che il consulente ha fatto di quanto è contenuto ancora oggi in quelle vasche.
  Per quanto riguarda il risparmio, è stato quantificato comparando il costo di smaltimento effettivamente sostenuto dal gestore dell'impianto per lo smaltimento con il codice CER che il consulente ci dice non corretto, con i costi che avrebbe dovuto sostenere smaltendo il rifiuto con invece i due codici individuati dal consulente. I preventivi che sono stati acquisiti sono molto variabili, ma comunque il risparmio si aggira tra i 40 e i 100 milioni di euro in un periodo di circa un anno, da settembre 2013 a settembre 2014.
  Questo è anche il periodo dei calcoli per gli ingenti quantitativi, per il lucro cessante, per l'ingiusto profitto, quindi per l'identificazione degli elementi costitutivi del traffico illecito. L'intera attività è, invece, iniziata prima, nel 2013, e si è conclusa a novembre 2015, con gli ultimi accertamenti.
  Veniva chiesto se c'era prova dell'inquinamento delle acque di falda. Dalle nostre indagini non è emerso questo. Dalle nostre indagini non è emersa una compromissione delle matrici ambientali a oggi, quindi con una parte delle indagini ancora aperta, che riguarda la questione appunto epidemiologica e delle ricadute sulla salute umana e sull'ambiente. A oggi non è ancora emersa una compromissione delle matrici ambientali.
  Per quanto riguarda la raffineria di Taranto, durante tutto il periodo d'indagine l'olio estratto che affluiva attraverso i pozzi della Val d'Agri al COVA e, dopo quest'attività di separazione trifase che abbiamo velocemente descritto, veniva inviato tutto alla raffineria ENI di Taranto. Non ci risultano invii in questo periodo alla raffineria di Gela.
  Veniva chiesto se, oltre alle segnalazioni dei cittadini di Pisticci, quindi dei residenti intorno al depuratore Tecnoparco Val Basento, ce ne fossero state altre. Essendo stata svolta, come già riferito dal signor Generale, con quattro ispezioni svolte da noi e dalla procura alla presenza di consulenti all'interno del Centro oli a partire dal febbraio 2014 e fino al 1° dicembre 2014, ed essendo queste ispezioni state fatte come atti garantiti, quindi con la notifica degli avvisi a tutti gli indagati, l'indagine ha avuto nel suo evolversi una sostanziale pubblicità.
  Ciò ha consentito ai cittadini, agli abitanti di essere a conoscenza del fatto che si stava svolgendo questo tipo di attività e anche che tipo di attività. Sono arrivate nel tempo più segnalazioni, anche da Montemurro, dove c'è il pozzo di reiniezione, di affioramenti di liquidi, che per scrupolo abbiamo definito incogniti, perché non sapevamo da dove venissero. Anche su questo c'è stata una consulenza, i cui esiti in estrema sintesi ci dicono che quelle erano delle polle d'acqua che affioravano dal terreno a una distanza relativamente breve dal pozzo di reiniezione. La consulenza del pubblico ministero ci dice che non sono riconducibili al pozzo di reiniezione.
  Per il resto occorre la secretazione.

  STEFANO VIGNAROLI. Vorrei prima fare un'aggiunta. Quello era il risparmio per lo smaltimento di rifiuti: io domandavo se era stato ipotizzato a quanto ammontassero Pag. 14 i costi per evitare sforamenti in aria.

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. I costi per evitare sforamenti in aria non sono stati quantificati, anche perché non abbiamo contestato il fatto che ci fossero gli sforamenti, ma che non fossero correttamente comunicati agli enti di controllo.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica).

  MIRIAM COMINELLI. Intervengo per una questione che ho già posto sulla quantità di controlli e analisi svolti, ad esempio sulla famosa vasca 560: quanti campionamenti sono stati fatti, se è possibile saperlo e se riuscite a dircelo?

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. Sulle vasche della V560 nel corso della presente indagine sono stati effettuati dai consulenti della procura due distinti campionamenti, che hanno riguardato i reflui nelle vasche, i reflui appena caricati sulle autocisterne e, se non vado errato, anche gli stessi reflui alla testa del pozzo di reiniezione. Parliamo di due distinti campionamenti, uno a febbraio 2014, nel corso della prima ispezione al COVA, e uno nel luglio 2014, nel corso della terza ispezione. Tra le due c'è stata una seconda ispezione, nel corso della quale furono sequestrati gli hard disk per la questione emissioni in atmosfera.
  Sostanzialmente, sono stati effettuati nell'impianto due campionamenti dei reflui, con due date di campionamenti, e nel corso del campionamento sono stati fatti più campionamenti nelle varie parti dell'impianto: vasca di controlavaggio, vasca di contenimento dei reflui da inviare a reiniezione, autocisterna per i reflui da inviare a smaltimento. Avrebbero dovuto essere tutti simili, ma ci sono delle piccole differenze dal punto di vista analitico, poi analizzate nelle consulenze della procura.

  PRESIDENTE. Per tornare un attimo alla questione delle emissioni in atmosfera, mi sembra di capire che l'indagine riguardi più l'aspetto della procedura amministrativa non corretta da parte del funzionario pubblico che ipotesi eventuali di sforamento. Non ci sono ipotesi di sforamento nei punti di emissione stabiliti se non quelli raccolti dallo SME. Rispetto all'utilizzo delle torce, no, ovviamente...

  LUIGI VAGLIO, Comandante del NOE di Potenza. Rispetto all'utilizzo delle torce, no. Ci sono, invece, degli sforamenti e anche in misura abbastanza consistente, circa 208, nei punti di emissione.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Presumo che la vedremo nel corso dei sopralluoghi. Vi ringraziamo, perché ci avete aiutato ad avere un quadro di conoscenza più approfondito, che ci consente di svolgere il nostro lavoro in maniera migliore. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.30.