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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 49 di Mercoledì 27 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana, Pier Maria Saccani:
Catania Mario , Presidente ... 3 ,
Saccani Pier Maria , Direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana ... 3 ,
Catania Mario , Presidente ... 6 ,
Saccani Pier Maria , Direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana ... 6 ,
Catania Mario , Presidente ... 7 ,
Gallinella Filippo (M5S)  ... 7 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 7 ,
Pastorelli Oreste (Misto-PSI-PLI)  ... 8 ,
Mongiello Colomba (PD)  ... 8 ,
Catania Mario , Presidente ... 9 ,
Saccani Pier Maria , Direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana ... 9 ,
Catania Mario , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione presentata dal Direttore generale del consorzio della mozzarella di bufala campana Saccani Pier Maria ... 13

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.30.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana, Pier Maria Saccani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana, Pier Maria Saccani.
  Come tutti ricorderete, l'anno scorso noi abbiamo licenziato un'importante relazione sul tema della mozzarella di bufala campana DOP, redatta dal collega Russo. Nel frattempo è intervenuto un cambiamento nella direzione del consorzio. L'avvocato Saccani, che era già direttore dell'Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche (AICIG) e persona autorevole in materia di denominazione di origine, si è trasferito con armi e bagagli in questo impegnativo incarico di direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana.
  Io credo che questo sia un ottimo motivo per fare il punto della situazione con Saccani, alla luce della relazione che noi abbiamo fatto l'anno scorso, per vedere cosa è cambiato, come vanno le cose e cosa si muove nell'ambito della problematica sulla quale abbiamo lavorato.
  Do la parola al direttore Saccani per lo svolgimento della sua relazione.

  PIER MARIA SACCANI, Direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana. Ringrazio il presidente e tutti voi per la possibilità di essere audito da questa Commissione.
  Io ovviamente avevo avuto modo anche nella mia precedente esperienza di essere molto a contatto con la filiera della mozzarella di bufala campana DOP. Ho recuperato un po’ di dati relativi al passato sulla DOP, ma anche dei dati molto attuali, per compiere una fotografia del settore e per mettere insieme degli elementi che riguardano la più grande DOP del Centro-Sud Italia, il terzo formaggio DOP italiano in termini di fatturato, secondo solo al Grana padano e al Parmigiano reggiano, e una filiera che al Centro-Sud dà impiego a 15.000 addetti, 3.000 dei quali nei caseifici.
  Nella breve presentazione che vi ho anticipato ci sono alcuni elementi, che secondo me sono molto significativi, legati al dinamismo di questa filiera e soprattutto alle prospettive future.
  A mio avviso, uno degli elementi fondamentali è l'età media dei dipendenti e dei nuovi addetti ai caseifici. Peraltro, il tema dei giovani impegnati in agricoltura è anche all'ordine del giorno del Governo. La mozzarella di bufala campana DOP ne è una testimonianza concreta. Si tratta di dati che noi abbiamo ricevuto direttamente dai caseifici, che ci hanno dichiarato l'età media dei loro dipendenti.
  Faccio una breve introduzione sul comparto della mozzarella DOP. Nel 2015 sono stati certificati 41 milioni di chili, con un Pag. 4aumento di oltre il 7 per cento rispetto all'anno precedente.
  Un elemento da tenere in considerazione, trattandosi di un prodotto fresco, è la coincidenza tra prodotto certificato e prodotto venduto. Questa è una considerazione secondo me importante, proprio perché è l'unico prodotto DOP freschissimo. Infatti, non ci sono in Italia altri prodotti che hanno una shelf-life così ridotta. La maggior parte del prodotto in meno di venti giorni viene fabbricato e distribuito e arriva al consumatore.
  C'è stato un grandissimo aumento dell’export, che ha e avrà una rilevanza nell'attività del consorzio di tutela nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
  Ritengo che sia molto significativo soprattutto l'impatto che ha avuto la legge nazionale sulla tracciabilità del latte bufalino, che ha portato a una trasparenza ulteriore, anche rispetto ai controlli svolti dalla DOP in base ai regolamenti comunitari e all'attività di tutela del consorzio, nell'intera filiera bufalina.
  Tutte queste attività sono svolte dall'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero (ICQRF), dall'Istituto zooprofilattico e dal Dipartimento della qualità agroalimentare (DQA), l'organismo di controllo che certifica la mozzarella di bufala campana DOP, che proprio due settimane fa è stato rinnovato dal consiglio di amministrazione del consorzio come organismo di certificazione per i prossimi tre anni.
  Tutti questi dati confluiscono su un unico database, che traccia tutta la filiera, dall'allevamento sino alla certificazione del prodotto.
  Al di là dei numeri, come quelli sugli allevamenti e quelli sulla distribuzione, che noi abbiamo inserito in questa presentazione, ritengo che uno degli elementi fondamentali, che sono stati a lungo dibattuti e che sono stati anche analizzati nella relazione di questa Commissione dell'ottobre scorso, sia il latte. Ci sono due grafici legati alla produzione annua media di latte, divisa per mese, e alla produzione di mozzarella di bufala campana DOP.
  Ovviamente noi ci occupiamo di un prodotto fresco, su cui influisce molto la stagionalità: quando c'è caldo si produce e si consuma di più, mentre nei mesi freddi c'è un consumo minore.
  Come potete notare dall'attività di certificazione, c'è un'uniformità abbastanza significativa per quanto riguarda la produzione di latte, perché c'è stata una destagionalizzazione. La natura dovrebbe prevedere un picco di produzione di latte nei mesi invernali, mentre la produzione adesso è abbastanza omogenea nel corso dell'anno. Nel grafico che riguarda la lavorazione a DOP di questo latte c'è ovviamente un picco nei mesi più caldi.
  La cosa importante da sottolineare è la presenza sul territorio, negli allevamenti certificati, di latte DOP disponibile. Tutti questi dati elaborati dall'Istituto zooprofilattico e dal DQA, unitamente all'Istituto per la repressione frodi del Ministero, con una tracciabilità completa di tutti gli allevamenti, dimostrano che il latte sul territorio c'è.
  Mi permetto di aprire una breve parentesi con una mia considerazione personale. Io sarei dell'idea di avere, come avviene in altre importanti DOP, una restrizione ancora maggiore a livello territoriale della presenza di latte di bufala. Il latte di bufala c'è sul territorio, ma bisogna investire sul comparto zootecnico.
  Questo è stato già fatto presente in alcuni incontri pubblici con la regione, anche perché stanno rielaborando i programmi di sviluppo regionale (PSR).
  Io sono dell'idea che sia necessario e indispensabile investire sul settore zootecnico, anche perché una peculiarità di questa produzione è che c'è un legame inscindibile tra allevatori e trasformatori. Mentre in altre filiere è possibile destinare il latte ad altri tipi di produzione, nella filiera della bufala si può produrre solo la mozzarella. A oggi i prodotti alternativi alla mozzarella di bufala campana sono insignificanti dal punto di vista percentuale.
  Questa è una delle peculiarità, oltre alla freschezza del prodotto, da tenere in considerazione per lo sviluppo delle attività. C'è un legame molto forte tra i vari anelli Pag. 5della filiera, perché quello di bufala non è un latte che può essere destinato ad alimento; non è come il latte che viene usato nel Grana padano, che può essere impiegato in altre produzioni DOP o può essere destinato ad uso alimentare. Il latte di bufala viene utilizzato per fare mozzarella di bufala o mozzarella di bufala campana DOP.
  Questa è una considerazione che secondo me è indispensabile per qualsiasi futura azione che dovrà compiere il consorzio, per tutelare sia la posizione degli allevatori sia quella dei caseifici.
  Ritornando alla lavorazione del latte, io sono convinto, anche sulla base dell'esperienza che ho maturato nelle altre filiere, che la stagionalità di questo prodotto sia indispensabile anche per mantenere la forza commerciale in mano alla filiera. Se ci fosse una qualsiasi iniziativa volta a destagionalizzare in maniera spinta la produzione di mozzarella, diventeremmo una commodity: quando si chiede, il prodotto è sempre disponibile.
  Questo, secondo me, è un aspetto che si dovrà tenere in considerazione per il futuro sviluppo di questa filiera. La stagionalità è indispensabile. Fortunatamente, siamo legati alla natura e ai territori. Dobbiamo continuare per questa strada, perché, se dovessimo mai trasformarci in una filiera dove il prodotto fosse sempre disponibile, secondo me sarebbe la fine, perché a quel punto saremmo nelle mani dei buyer della grande distribuzione organizzata (GDO).
  Nei vari grafici che abbiamo prodotto potete vedere che fortunatamente noi abbiamo una suddivisione dei canali di vendita abbastanza marcata e molto variegata. Abbiamo un elemento fondamentale che è la vendita diretta presso il caseificio, con una percentuale che si equivale solo ad alcune produzioni del campo vitivinicolo. Penso al Chianti classico, con cui ho avuto tanti rapporti.
  La vendita presso i caseifici rappresenta una quota-parte molto significativa. Questo dà liquidità alle aziende e dà un valore aggiunto. Non ci sono degli anelli intermedi che possono ricaricare sul prodotto. Questo è un elemento fondamentale, che mostra anche un forte rapporto con la territorialità.
  Ovviamente la GDO assorbe una grande quota-parte di questo prodotto e influisce sui rapporti tra i vari produttori. Infatti, le GDO, quando sottoscrivono i contratti, prevedono delle garanzie sulla presenza del prodotto sullo scaffale, perché ovviamente le referenze devono essere presenti. Tuttavia, fortunatamente vediamo dalle quote di prodotto che la materia prima c'è e che il prodotto c'è.
  Io sono convinto che ci sia un grande lavoro da fare, in parte perché la presenza di giovani obbliga il consorzio ad assumersi delle responsabilità nei loro confronti. Se dei giovani stanno investendo in questa filiera, il consorzio si deve far carico di questa grandissima responsabilità e di costruire il loro futuro.
  Ne abbiamo discusso anche all'interno del consorzio. Questo va fatto con una grande e profonda attività di ricerca e sviluppo del prodotto. La DOP è un prodotto legato al territorio, che ha un disciplinare di produzione e una tradizione, ma questo non implica che non ci debbano essere delle evoluzioni tecnologiche o comunque che le evoluzioni tecnologiche non possano avere degli impatti positivi per la denominazione e per la produzione.
  Infatti, c'è un grande potenziale produttivo. Con questa produzione di latte, i fatturati potrebbero praticamente raddoppiare e avvicinarsi a quelli del Parmigiano reggiano. Non stiamo parlando di un prodotto folcloristico o di nicchia, ma di una realtà economica in una zona che ha delle particolarità.
  Non mi piace parlare in negativo, perché sono arrivato solo da quattro mesi e sto trovando molti più aspetti positivi di quelli che immaginavo prima di assumere questo incarico. Devo dire che sono molto contento della scelta che ho fatto, perché ho trovato un ambiente veramente stimolante e molto propenso all'innovazione.
  Abbiamo tantissimi esempi di come l'innovazione tecnologica possa portare dei benefici. Io ho avuto la fortuna di lavorare con una sessantina di consorzi. Peraltro, Pag. 6sono di Parma; mi ricordo che quando ero piccolo il prosciutto di Parma non veniva tagliato in vaschetta. Non so se ricordate che una trentina d'anni fa apparvero le prime buste di prosciutto di Parma sottovuoto, con quelle fette tutte appiccicate che non si riuscivano ad aprire.
  Oggi, con l'atmosfera modificata e con gli studi che sono stati effettuati, abbiamo delle vaschette con un prodotto DOP all'interno, che ha visto un aumento delle vendite di oltre l'80 per cento. Ciò è significativo e permette a molte persone che per problemi di natura pratica non hanno un'affettatrice in casa di poter assaporare certi prodotti. L'innovazione tecnologica ha portato un beneficio a una produzione DOP. La stessa cosa si può dire del Parmigiano reggiano e del Grana padano grattugiati.
  Ci sono tanti elementi che ci devono dare lo spunto per investire in innovazione, perché a oggi il prodotto c'è e la richiesta a livello mondiale c'è. Infatti, noi riceviamo richieste da tutto il mondo.
  Dove dobbiamo intervenire? Dobbiamo intervenire sugli aspetti di innovazione e sugli aspetti di logistica. Infatti, la logistica è un problema molto accentuato. Parliamo di TTIP (Transatlantic trade and investment partnership) e di libero scambio, ma il problema è che facciamo viaggiare la mozzarella verso gli Stati Uniti in aereo e per ogni chilo di prodotto spediamo 2,2 chili di prodotto finale, perché abbiamo 1,2 chili di acqua. Pertanto, paghiamo un trasporto doppio rispetto a un prodotto che non ha un liquido di governo, anche in termini di dazi.
  Rispetto al TTIP, secondo me, un elemento fondamentale è questo. Per esempio, un chilo di mozzarella pagato 8 euro – abbastanza bene – al caseificio e che arriva in un centro di distribuzione negli Stati Uniti costa più di 20 dollari. Questo è un elemento su cui ragionare, perché la domanda è molto elevato, ma il problema è che abbiamo dei costi esagerati di trasporto e di logistica.
  Per quanto riguarda la tutela e gli argomenti oggetto di questo incontro, l'attuale situazione legata alla tracciabilità, ai controlli eseguiti dall'organismo di controllo e alle attività di tutela poste in essere dal consorzio dà delle garanzie sul prodotto DOP che secondo me altri prodotti generici non hanno, anche per una questione legislativa.
  Riporto l'esempio di un intervento che abbiamo fatto congiuntamente ai carabinieri del NAS la settimana scorsa. Ovviamente questi sono dati riservati agli agenti vigilatori del consorzio come azienda. In Puglia abbiamo disposto con i NAS il sequestro di 29.440 barattoli di mozzarella di bufala surgelata. Ovviamente in Italia c'è la normativa sulla mozzarella di latte di bufala e sulla mozzarella di bufala. L'ultimo intervento in arco temporale è questo eseguito in Puglia. Sono state comminate anche delle sanzioni.

  PRESIDENTE. Si trattava di mozzarella di bufala etichettata come DOP?

  PIER MARIA SACCANI, Direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana. No, era mozzarella di bufala surgelata. In questo caso, la dicitura «mozzarella di bufala» non si può utilizzare, ma si dovrebbe scrivere «mozzarella di latte di bufala». Le etichette riportavano «mozzarella di bufala», ovviamente con dei richiami al territorio e quant'altro. Questo intervento congiunto con i NAS è stato l'ultimo in arco temporale.
  Questa azione comune di tracciabilità del latte bufalino, una tracciabilità completa del latte a livello nazionale, l'attività di certificazione dell'organismo di controllo e le attività di tutela poste in essere sul territorio, con degli investimenti in un'attività di vigilanza completa da parte del Consorzio che superano abbondantemente il 15 per cento totale del budget di quest'ultimo, fanno sì che si possa parlare di una sicurezza e di una rintracciabilità totale della mozzarella di bufala campana DOP.
  Non da ultimo, ricordo l'accordo che abbiamo stretto con altri quattro grandi consorzi (Grana padano, Prosciutto di Parma, Parmigiano reggiano e Aceto balsamico di Modena IGP), per un monitoraggio dei mercati esteri. Pag. 7
  Io sono convinto che tanti problemi possano esistere estero su estero, come si è verificato anche in passato. Alcuni problemi possono nascere, non tanto in Italia, dove sappiamo che esiste una tracciabilità molto raffinata – passatemi il termine – e un sistema di controlli.
  Gli imprenditori si lamentano, forse giustamente, però noi siamo il Paese dove i grandi scandali agroalimentari negli ultimi trent'anni sono stati scoperti, ma non provenivano da noi. Ricordo la mucca pazza e le mozzarelle blu. Evidentemente in Italia siamo all'avanguardia sotto questo punto di vista, molto più che in altri Paesi.
  Io sono convinto che all'estero si possano trovare delle cose un po’ borderline, che non provengono dall'Italia, ma girano estero su estero. Contrastare questo fenomeno è molto più difficile.
  Dato che per noi Francia, Germania e Inghilterra sono i principali mercati di destinazione del prodotto, noi abbiamo impostato un'attività di monitoraggio dei mercati esteri, con oltre 10.000 visite presso i punti vendita, insieme agli altri quattro grandi consorzi che ho citato poc'anzi, per monitorare, prelevare e fare analisi sui prodotti commercializzati in questi Paesi.
  Io ho indicato le priorità del consorzio, condivise dal consiglio di amministrazione, che stimolano molto il mio lavoro. In questo scenario di mercato, peraltro abbastanza positivo – io mi auguro che continui così, anche perché quando le cose vanno bene i consorzi sono più tranquilli, non dovendo subire le pressioni dei vari attori della filiera – credo che si debba lavorare sulla formazione e sui giovani. È inoltre necessaria una forte attività di ricerca e di sviluppo legata ai trasporti e alla logistica. Si deve sicuramente proseguire le attività di tutela in Italia, ma tanto va investito anche all'estero. Questi sono i principali elementi.

  PRESIDENTE. Grazie, direttore. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Ringrazio per l'esposizione. La mia prima domanda si sofferma sui grafici che lei ha fornito, relativi alla produzione di latte idoneo, quindi conferito, e di quello che viene lavorato come mozzarella di bufala campana. Vorrei un chiarimento relativamente all'affermazione che ha fatto sulla stagionalità e il legame con il territorio.
  Se si sovrappone il grafico del latte trasformato in mozzarella di bufala e quello del latte conferito, emerge un problema, nel senso che c'è una media di produzione intorno a 20 milioni di chili da marzo a ottobre, ma non tutto diventa mozzarella di bufala DOP; probabilmente diventa mozzarella di latte di bufala.
  Si potrebbe lavorare destagionalizzando la vendita delle mozzarelle. Qui si consuma più d'estate, però magari dall'altra parte del mondo l'estate è rovesciata. Su questo aspetto come pensate di lavorare come consorzio? La mozzarella di bufala DOP ha una remunerazione sicuramente maggiore rispetto alla mozzarella non DOP, perché magari bisogna conservarla e la durata non può andare oltre le 60 ore. Produrre mozzarella di bufala non DOP conviene meno sotto ogni profilo.
  Vorrei sapere come ragiona il consorzio su questo e se i legislatori possono fare qualcosa, perché il tema è fondamentale. Per quanto riguarda la tracciabilità e la certificazione ha detto che il sistema funziona ed è eccellente.
  Inoltre, vorrei sapere cosa pensa il consorzio in merito alla separazione dei luoghi di produzione. Anche questo magari potrebbe incidere sulla remunerazione di chi aderisce al consorzio DOP.

  PAOLO RUSSO. Innanzitutto ringrazio il direttore, che ci fornisce uno spaccato importante di questo mondo complesso, che rappresenta però sul piano dei numeri un PIL significativo per più regioni.
  Avrei piacere che ci facesse due o tre precisazioni. La prima questione si collega al tema sollevato dal collega Gallinella, la destagionalizzazione. Capisco la spinta, che è un'altra cosa, ma mi è più difficile comprendere come provare a spalmare la produzione di latte bufalino in modo più omogeneo su tutti i mesi e come questo potrebbe incidere negativamente sulla filiera, Pag. 8soprattutto in ragione del fatto che vi è un disciplinare, che immagino non sia per ora in discussione, in particolare sul fronte del congelamento del prodotto latte.
  In secondo luogo, vedo che continuano a esserci nel consorzio, un certo numero raccoglitori, lei mi dice quattordici. Le chiedo di aiutarci a capire se servono e a cosa servono e se c'è qualche profilo di criticità che può riguardare il lavoro di questa Commissione, null'altro che questo.
  Noi raccogliamo la sua esperienza, non ce ne vorrà. Vorrei sapere se ci sono modelli analoghi di raccoglitori in altri consorzi importanti, ovvero se la figura del raccoglitore ha una sua specificità rispetto alla mozzarella di bufala campana DOP o se, viceversa, è un sistema condiviso anche da altri consorzi.
  L'ultima questione riguarda la tracciabilità. Tutti gli allevamenti forniscono i dati? Sono dati forniti quotidianamente? Tutti i caseifici forniscono i dati? Sono cominciate a partire le sanzioni, laddove si sono verificati dati forniti in modo errato o addirittura assenza di dati forniti?
  Immagino che qualcuno esaminerà questa mole importante di numeri. Non è il consorzio che deve farlo, sia ben chiaro. Immagino che qualcuno assisterà a questa mole di dati anche per misurare dove potrebbero sorgere delle criticità.
  Emerge un elemento, che fa il paio anche con il prezzo del prodotto DOP sul mercato, che è sostanzialmente sovrapponibile al prezzo del prodotto non DOP sul mercato.
  È un'occasione troppo ghiotta per non utilizzare la sua sensibilità su questo fronte. Come fare a divaricare questo dato? Non dico questo perché voglio che costi di più, ma perché è singolare che la mozzarella di bufala campana non DOP e la mozzarella di bufala campana DOP sul mercato siano sostanzialmente allo stesso prezzo.

  ORESTE PASTORELLI. Ringrazio l'amministratore del consorzio. Io sono d'accordo con le domande poste dai colleghi, ma voglio entrare nel merito delle prospettive future. Lei ha fatto cenno ai PSR. Dall'altra parte, vedo nel documento che l'85 per cento dei lavoratori ha meno di 50 anni.
  Il secondo punto è la ricerca e sviluppo, che è essenziale per l'innovazione e la tracciabilità. Infatti, l'innovazione e lo sviluppo possono portare frutti per la tracciabilità. Il problema che vorrei porre concerne la tutela estera. Siccome noi esportiamo il prodotto, lei pone il problema della sua tutela all'estero. Sicuramente ha dei dati che mostrano che il nostro prodotto in altre parti del mondo è sofisticato.
  Siccome questa Commissione tratta di contraffazione e di tutela, qual è il modo che lei segnala a questa Commissione affinché si possa occupare del problema della tutela e della contraffazione nei mercati esteri?

  COLOMBA MONGIELLO. Dopo la relazione del collega Russo abbiamo approfondito in maniera analitica la vicenda della mozzarella di bufala campana. Questa ovviamente è un'occasione importante, anche per soffermarci su alcune questioni.
  La prima è il prezzo. Come diceva il collega Russo, è sorprendente che sia nella GDO sia nei piccoli esercizi commerciali il prezzo della DOP e il prezzo della non DOP sono quasi identici. Quali interventi fa scattare il consorzio a tutela del proprio prodotto rispetto a un mercato distorto, dove qualunque tipo di prodotto non protetto ha lo stesso prezzo?
  Quali iniziative fa scattare lo stesso consorzio a tutela e a garanzia dei consumatori per quel che riguarda l'informazione che deve arrivare a questi ultimi? Infatti, ci riferiamo a un prodotto protetto e a un prodotto non protetto, la cui provenienza è dubbia.
  Ho visto la tabella sulle attività di vigilanza e mi sembra che non siano cresciute molto negli ultimi anni. Voi siete soddisfatti da questa attività di vigilanza? Quali sono le sanzioni che sono scattate nel frattempo, anche a seguito di numerosi interventi legislativi a favore della tutela del prodotto?
  Infine, come difendersi dall’italian sounding, che soprattutto sul mercato nordamericano è fortissimo? Mi riferisco al prodotto generico della mozzarella di bufala Pag. 9 campana e al prodotto DOP a denominazione.

  PRESIDENTE. Direttore, c'è molta carne sul fuoco. Io non aggiungo niente, perché sono già state dette le cose più delicate. In particolare, sono curioso di vedere cosa risponderà sulla destagionalizzazione. Sono rimasto anch'io un po’ colpito dal suo passaggio.
  Do la parola al direttore Saccani per la replica.

  PIER MARIA SACCANI, Direttore generale del Consorzio della mozzarella di bufala campana. Cercherò di rispondere a tutte le domande, partendo dai canali. Secondo me, ci sono due grafici abbastanza significativi. Uno peraltro risponde anche a una questione legata al prezzo.
  C'è stato un aumento molto significativo del canale Horeca. Nel mercato, al di là dell'estero e dei vari canali che vengono utilizzati, il canale Horeca è aumentato dal 7 per cento del 2013 al 14 per cento del 2015. La richiesta di mozzarella di bufala campana DOP nel canale Horeca, in tutto il mondo, sia in Italia che all'estero, è praticamente raddoppiata.
  Tenete presente che noi non conosciamo alcuni canali, perché nel momento in cui ci viene acquistato il prodotto da una piattaforma distributiva, ad esempio Carrefour in Francia, non sappiamo in che Paese va e che utilizzo ne viene fatto.
  L'aspetto della destagionalizzazione è legato a questo aumento dell'interesse del canale Horeca. È tutto legato alla logistica. Io sto cercando di portare avanti un approccio a 360 gradi, perché ritengo che tutti i singoli elementi della DOP formino il quadro complessivo. Affrontare un unico argomento sarebbe un po’ limitativo e non avrebbe una prospettiva. Tutte le domande che avete posto ovviamente sono legate una all'altra. Sto spaziando, perché non sono neanche da quattro mesi nel consorzio della mozzarella. La ricerca dovrà supportare uno sviluppo del prodotto, fermo restando l'attuale disciplinare.
  Dopo ciò che sto per dire mi licenzieranno sicuramente: io sono contentissimo che non sia passata la questione del latte congelato negli anni scorsi, perché ritengo che questa modificazione degli equilibri di mercato attuali avrebbe avuto un impatto devastante nei confronti del prezzo. Se un prodotto è sempre disponibile, la domanda è in mano a chi lo compra e non più a chi offre il prodotto sul mercato. Il blocage dello champagne dovrebbe insegnare a tutti che dobbiamo stare attenti agli eccessi.
  Con il presidente per tanti anni abbiamo lavorato alla riforma comunitaria sulla regolamentazione dei volumi produttivi. La mozzarella di bufala campana DOP è l'esempio più classico e tangente, visto che si produce oggi per mangiarla domani, di una regolamentazione dei volumi, considerando anche questa oscillazione.
  Noi dobbiamo trovare delle valvole di sfogo del prodotto. Abbiamo dei disciplinari che forse ci hanno tracciato la strada. Nell'arancia rossa di Sicilia, per esempio, determinati prodotti sono utilizzati nell'industria. Si parla proprio di industria nel disciplinare. Le arance di categoria extra e di prima categoria sono destinate al consumatore finale, mentre le arance di seconda categoria, quelle che hanno solo dei difetti estetici, sono destinate all'industria, cioè alla spremuta.
  Queste sono le tipologie di ricerca, insieme alla ricerca tecnologica, legata alla distribuzione e al trasporto, su cui il consorzio deve investire, per trovare il modo di avere delle valvole di sfogo nei mesi in cui c'è questa curva di lattazione. Occorre dare uno sfogo ai caseifici, senza obbligare questi ultimi – mi collego all'altra domanda – a congelare il latte e, dunque, a fare un prodotto non DOP.
  Il 45 per cento del prodotto utilizza latte proveniente dalla DOP che viene utilizzato come latte non DOP. Infatti, se il latte viene congelato o viene utilizzato dopo le 60 ore, ovviamente i caseifici devono fare un prodotto non DOP.
  Fare un prodotto non DOP costa, perché congelare il latte costa circa 30 centesimi al chilo. Il latte di bufala oggi, fortunatamente, ha già un prezzo adeguato e congelarlo aumenta i costi. Pertanto, produrre Pag. 10 la mozzarella non DOP costa un po’ di più.
  Per ciò che concerne gli equilibri con la GDO, quest'ultima chiede una fornitura costante, per cui alcuni produttori sono obbligati anche ad avere la «seconda scelta».
  Secondo il mio punto di vista, il consorzio dovrebbe informare il consumatore sulle caratteristiche, come diceva l'onorevole Mongiello. Questa è un'operazione che il settore DOP-IGP in Italia dovrebbe fare, secondo la mia esperienza passata, in primo luogo nell'olio.
  Il mercato deve saper valorizzare il consumatore e il consorzio deve informare in maniera adeguata il consumatore finale su cosa racchiudono i simboli comunitari.
  In una recente pubblicazione della Commissione – mi sembra che sia di novembre – si specifica che in Italia è cresciuto molto il numero dei consumatori che vedono nei simboli comunitari DOP e IGP un valore aggiunto, molto più che in altri Paesi. Mi sembra che siamo intorno al 30-35 per cento in Italia e intorno al 14-15 per cento in Germania.
  Questo è un investimento che va fatto, per informare su quali sono le caratteristiche specifiche del sistema DOP. Noi abbiamo anche il tassello della tracciabilità del latte bufalino da spendere come informazione in più. È la stessa operazione che devono fare il Grana padano e il Parmigiano reggiano sui similari o i prosciutti di Parma e i prosciutti San Daniele sui crudi esteri. Queste sono delle tematiche che tutti insieme dobbiamo affrontare.
  Per ciò che concerne il prezzo, bisogna capire come approcciarsi al mercato, perché sia il consumatore a dare un valore aggiunto a questo prodotto. Sarebbe bello, senza antitrust, riuscire a fare un prezzo minimo, però quello sarebbe un problema.
  Per quanto riguarda il mercato, noi dobbiamo costruire e trovare delle valvole di sfogo, per dare respiro alla filiera anche durante i mesi in cui si vende meno il prodotto. Non tutti gli inverni sono caldi come questo, in cui sostanzialmente la produzione di latte e la produzione di mozzarella hanno tenuto. Occorre cercare di portare i nostri stessi caseifici a produrre sempre più DOP rispetto alla non DOP.
  Questo significa avere una contribuzione maggiore e degli investimenti maggiori in termini di comunicazione e informazione del consumatore.
  Il consorzio a oggi, da quando sono arrivato io, ha interrotto tutti gli investimenti in termini di comunicazione e in termini di presenza a eventi che non siano quelli già deliberati in passato, perché si sta facendo un ampio ragionamento per trovare i principali argomenti da affrontare e per capire a cosa destinare le risorse.
  Le risorse del consorzio non sono tantissime, perché abbiamo un budget abbastanza basso rispetto al fatturato complessivo. Tuttavia, abbiamo un po’ di budget e dobbiamo investire in ricerca, proprio per trovare questo, perché sono tutti anelli collegati, sono tutti tasselli che contribuiscono al settore.
  Per quanto riguarda la vigilanza, non è vero che non sia stata incrementata. Negli anni sono state effettuate delle valutazioni di rischio, che adesso sono molto incrementate. I rischi che ci sono presso la GDO sono abbastanza limitati, perché, come evidenzia il grafico, noi abbiamo una distribuzione abbastanza capillare e molto accentuata sul territorio.
  Svolgere le verifiche sulla GDO è abbastanza semplice. La GDO stessa ha dei sistemi di controllo e di certificazione qualità sulle nostre aziende che sono molto accentuati. Sono dei sistemi privati, però la GDO è molto attenta a queste cose.
  Pertanto, la visita nella GDO ha un valore di rischio abbastanza basso, mentre ha una percentuale di rischio altissima il mercato rionale. Tuttavia, ci costa molto di più fare una verifica in un mercato rionale in Veneto che fare una verifica presso l'Esselunga. I numeri forse non si sono incrementati, ma si è andati su canali molto più dispendiosi.
  Dato che la collaborazione a livello comunitario e la normativa nazionale prevedono che ci possano essere delle convenzioni tra consorzi per svolgere questa attività congiuntamente, avendo io la fortuna di essere in buoni rapporti con tanti consorzi Pag. 11 del Nord Italia ed essendo il Consorzio mozzarella di bufala campana l'unico consorzio veramente strutturato con degli agenti vigilatori operativi nel Sud Italia, ho insistito per strutturare una rete di verifiche su tutto il territorio nazionale.
  Noi possiamo siglare delle convenzioni, che sono disciplinate dal decreto legislativo n. 297 del 2004, con i grandi consorzi del Nord, per mettere a loro disposizione la nostra conoscenza del territorio del Sud Italia, per coinvolgerli e per chiedere loro di effettuare delle verifiche per noi al Nord. In tal modo si potrebbe avere un incremento esponenziale delle verifiche ispettive in Italia.
  Io sono convinto che in Italia il problema non sia molto evidente dal punto di vista dell'etichettatura e quant'altro. Sull'estero abbiamo due diverse situazioni, perché abbiamo una normativa ex ufficio a livello comunitario che ci permette degli interventi abbastanza mirati e con degli esiti più che positivi. Abbiamo già tanti esempi in questo senso. A livello extracomunitario è molto più difficile.
  Sono convinto che la ricerca di cibo italiano all'estero debba aiutare e aiuti la lotta all’italian sounding. Non è una cosa facile, perché anche le aziende estere si sono evolute e hanno dei legali che le assistono, per cui girano sempre più intorno a un minimo di oscurità delle normative.
  Inoltre, abbiamo il problema degli italiani che vanno negli Stati Uniti o in altri Paesi. Questo è un problema che forse dovremmo risolvere prima in Italia. Cosa è italiano e cosa non è italiano?
  Ricordo che ai tempi di Parmalat ero stato chiamato – non perché sono di Parma – per la questione legata ai marchi di questa azienda. Parmalat ha dismesso una fabbrica in Brasile, quando c'è stato il crac. Chi l'ha comprata affermava: «Io ho comprato delle azioni. Perché prima si poteva chiamare “prodotto italiano”, mentre adesso io, che sono brasiliano, non posso più chiamarlo così, anche se non abbiamo cambiato neanche un dipendente o un macchinario?»
  Questa è una questione un po’ delicata. Mi riferisco anche al bollo sanitario che mettiamo sui prosciutti affettati che arrivano dall'estero. Credo che sia una discussione molto delicata da affrontare in Italia, prima di andare all'estero, perché siamo troppo facilmente attaccabili sui mercati esteri su cose che noi stessi facciamo. Abbiamo delle grandissime aziende che producono pasta negli Stati Uniti, con una bella bandiera italiana sopra e con la dicitura «numero uno in Italia». Loro possono farlo e quello dall'altra parte della strada non può farlo, con la stessa materia prima? È un argomento molto delicato.
  Io mi soffermo a parlare di DOP, perché mi occupo di mozzarella di bufala campana. Noi dobbiamo stare attenti alla consapevolezza del consumatore, cioè a porre quest'ultimo nella condizione di effettuare una scelta consapevole. Questo è un prodotto italiano, fatto con determinate regole, con tanta gente che opera e che lo certifica. Questo per i DOP è un elemento che si può spendere. Secondo il mio punto di vista, questo deve essere l'elemento che deve dare anche il valore aggiunto di prezzo a questi prodotti su tutto il mercato.
  Faccio un accenno alla normativa nazionale sulla tracciabilità del latte bufalino, che impone anche la separazione delle linee.
  Io purtroppo ho ricevuto delle lettere da parte di dodici caseifici su 102 (oltre il 10 per cento) che sono usciti dal sistema della DOP. Si tratta per lo più di caseifici piccoli e tradizionali, che non hanno lo spazio e i soldi per mettere su una doppia linea di produzione; dovrebbero comprare un secondo pastorizzatore, che magari costa 50.000 euro, perché due o tre volte all'anno gli si chiede una mozzarella di latte vaccino. Questi caseifici affermano di non poter perdere un mercato per produrre solo la DOP.
  Personalmente ritengo che con la tracciabilità e con il sistema che oggi è strutturato la separazione fisica delle linee potrebbe essere sostituita da una separazione temporale. Basterebbe dichiarare che in un determinato giorno si trasforma del latte vaccino. Pag. 12
  Oggi, in base a ciò che stabilisce il decreto, si devono avere due linee distinte per il latte che proviene da un allevamento certificato DOP e per l'altro latte. Tuttavia, questo latte potrebbe essere anche congelato, in quanto la normativa non lo vieta. Paradossalmente, io posso lavorare latte di bufala su una linea, ma non posso lavorare latte vaccino. Mentre non si può distinguere il latte di bufala che ha meno di 60 giorni da quello che ne ha più di 60, il latte vaccino, con un'analisi che costa 4-5 euro, si distingue anche a prodotto finito.
  Ciò sta causando al consorzio una pericolosa fuoriuscita dei caseifici piccoli e tradizionali che operano sul territorio in maniera molto artigianale, perché non hanno né lo spazio né le risorse né il valore aggiunto per decidere di produrre solo la DOP.
  Questo è un problema che forse, visto il contesto attuale e vista l'applicazione della tracciabilità del latte, si potrebbe rivedere. Questo è un contenuto di natura sicuramente legislativa che si potrebbe rivedere, proprio per agevolare questi piccoli caseifici che, separando solo in maniera temporale, potrebbero non avere delle preclusioni che i grandi non hanno, perché hanno più di una linea produttiva. Infatti, nessun grande si è lamentato di questa normativa.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il direttore Saccani, dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

ALLEGATO

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