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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 96 di Mercoledì 20 luglio 2016

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 

Audizione di Gianluca Falanga:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 4 ,
Corsini Paolo  ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 5 ,
Corsini Paolo  ... 5 ,
Grassi Gero (PD)  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Falanga Gianluca  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Falanga Gianluca  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Falanga Gianluca  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Falanga Gianluca  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Falanga Gianluca  ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Falanga Gianluca  ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Falanga Gianluca  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Falanga Gianluca  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Falanga Gianluca  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Falanga Gianluca  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Falanga Gianluca  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Falanga Gianluca  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Falanga Gianluca  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Falanga Gianluca  ... 15 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 ,
Falanga Gianluca  ... 16 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 ,
Falanga Gianluca  ... 16 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 ,
Falanga Gianluca  ... 16 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 ,
Falanga Gianluca  ... 16 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 ,
Falanga Gianluca  ... 17 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 ,
Falanga Gianluca  ... 17 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 ,
Falanga Gianluca  ... 17 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.50.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di incaricare:

   la dottoressa Tintisona di svolgere alcuni approfondimenti in relazione alla documentazione su Tullio Moscardi pervenuta dall'AISE;

   il tenente colonnello Giraudo e il luogotenente Boschieri di acquisire sommarie informazioni testimoniali da undici persone informate dei fatti;

   il colonnello Pinnelli di acquisire, in copia, la documentazione brigatista recentemente reperita presso il Policlinico di Milano, ove di interesse per l'inchiesta parlamentare;

   la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e il maresciallo Pinna di acquisire sommarie informazioni testimoniali da una persona informata dei fatti;

   il colonnello Pinnelli di acquisire, per il tramite delle strutture dell'Arma dei carabinieri, i reperti di cui alla nota del RIS di Roma del 7 marzo 2016;

   il generale Scriccia di acquisire presso il Tribunale di Roma documentazione agli atti dei procedimenti giudiziari sulla vicenda Moro;

   la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e la dottoressa Tintisona di acquisire, nell'ambito del filone di indagine sul covo di viale Giulio Cesare, sommarie informazioni testimoniali da una persona informata dei fatti.

  Comunico inoltre che:

   il 12 luglio 2016 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, relativa al filone di inchiesta sulla scoperta del covo di viale Giulio Cesare;

   il 15 luglio 2016 il generale Scriccia ha depositato una nota, riservata, sul Comitato Comunista Centocelle;

   nella stessa data il dottor Donadio ha depositato una proposta operativa, riservata, relativa a Giustino De Vuono;

   il 19 luglio 2016 l'AISE ha trasmesso un compendio di documentazione, segreta, su Camillo Guglielmi, nonché un compendio di documentazione, segreta, su Duccio Berio;

   nella stessa data il tenente colonnello Giraudo ha depositato una nota, segreta, relativa agli accertamenti su alcuni immobili oggetto di indagine;

   nella stessa data il dottor Paolo Cucchiarelli ha depositato una nota, riservata, relativa alle fonti utilizzate per il suo recente studio sulla vicenda Moro;

   nella stessa data il generale Scriccia ha depositato una nota, segreta, sulla documentazione relativa alla scuola Hypérion selezionata presso l'AISI, che sarà prossimamente acquisita;

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, con allegata documentazione fotografica relativa a Giustino De Vuono, che sarà trasmessa al RIS di Roma per le necessarie comparazioni;

Pag. 4

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, segreta, con allegata documentazione fornita dall'AISE in relazione a Tullio Moscardi;

   il 20 luglio 2016 il dottor Allegrini ha depositato una nota, riservata, con allegata documentazione reperita nei fondi Piccoli e Granelli dell'Istituto Sturzo;

   nella stessa data, il Servizio centrale antiterrorismo ha trasmesso, sulla base delle intese tra la Commissione e la Procura generale presso la Corte di appello di Roma, documentazione, segreta, relativa a esiti d'indagine;

   nella stessa data il generale Scriccia ha depositato una relazione, segreta, sulla documentazione dei Servizi relativa a Camillo Guglielmi;

   nella stessa data il colonnello Occhipinti ha depositato tre note, riservate, dello SCICO, relative, rispettivamente, ad accertamenti su Giorgio Conforto, sulla società Villa Maria Pia srl e su alcuni periodici oggetto di indagine;

   nella stessa data il colonnello Pinnelli ha depositato un compendio di documentazione, riservata, sulla tematica della «copertura medica» di cui avrebbero goduto le Brigate Rosse.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di Gianluca Falanga.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grassi. È inusuale, ma intervenga rapidamente, onorevole Grassi.

  GERO GRASSI. Vorrei soltanto far presente alla Commissione che ieri c'è stata la lodevole iniziativa della presentazione di un sito su Aldo Moro.

  PRESIDENTE. Come si chiama questo sito?

  GERO GRASSI. www.aldomoro.eu.

  PRESIDENTE. E chi l'ha fatto?

  GERO GRASSI. Allora, vengo al dunque. La cosa è stata presentata, mi pare, al Quirinale. Ci sono stati una serie di interventi. La fondazione che ha organizzato questo è presieduta da uno dei figli di Moro; ci sono degli storici, dei consulenti. Io non sono stato invitato e credo che anche altri componenti della Commissione non siano stati invitati, il che non depone bene sul nostro ruolo visto dagli altri. Ma ognuno è libero di fare quello che vuole.
  L'anomalia che io evidenzio – ovviamente sulla base di notizie informali – è che le manifestazioni per il centenario della nascita di Moro sinora non hanno previsto nessun finanziamento per l'unica università intitolata a Moro, che peraltro ha già festeggiato il centenario alla presenza del Presidente della Repubblica. Parlo dell'Università di Bari.
  La seconda anomalia è che tutte le manifestazioni che ci sono state e che ci saranno non prevedono il coinvolgimento di due dei quattro figli di Aldo Moro. Ora, noi sappiamo che all'interno dei figli ci sono grandi problemi giudiziari. Ma questo è un problema che riguarda i figli; i terzi, quindi lo Stato e il Comitato per il centenario della nascita di Moro, non possono scegliere alcuni figli dimenticando gli altri.
  Peraltro, la scelta di specie – qui esprimo un giudizio mio – è una scelta di comodo. È la scelta dei figli che non pongono problemi. Avendo noi ascoltato una dei figli in Commissione, ed essendo sempre disponibili ad ascoltare tutti gli altri, non è che noi facciamo la Commissione Moro per scoprire la verità su chi lo ha ucciso e poi assistiamo passivamente al fatto che non un soggetto terzo, ma lo Stato scelga due figli abbandonando gli altri due. Mi sembra un voler uccidere nuovamente il padre.

  PAOLO CORSINI. Scusa, i due sarebbero Giovanni e Agnese?

Pag. 5

  GERO GRASSI. Sì. Lo dico perché almeno con la coscienza sono a posto; poi, ognuno si assume la sua responsabilità.

  PAOLO CORSINI. L'altra figlia non si è mai coinvolta.

  GERO GRASSI. I figli vanno invitati tutti – poi qualcuno può decidere di non andarci – e vanno coinvolti se c'è un centenario. Qui stiamo parlando di un centenario che comporta un esborso economico che viene dato non a soggetti terzi per ricordare Moro, ma viene dato ai figli per ricordare il padre.
  La cosa o la fai a trecentosessanta gradi o è una cosa che perlomeno desta sospetto. Il mio sito che ricorda Aldo Moro me lo curo io e me lo pago io.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Grassi e faccio presente che la Commissione bicamerale non è stata mai invitata a esprimere le proprie opinioni al Comitato nazionale.
  Preso atto di questo, abbiamo scritto una lettera al Presidente del Consiglio e al Sottosegretario delegato, in cui, se ricordate, abbiamo annunciato le nostre iniziative. Noi ci siamo fatti promotori, con le Presidenze di Camera e Senato, della intitolazione ad Aldo Moro, in quello che potremmo definire il «transatlantico» del Parlamento europeo – per la prima volta a un politico italiano – di un'aula di Commissione, facendo dono del bassorilievo, con una cerimonia che tutti ricordate, che è stata fatta a cura e spese del Parlamento europeo e, per quello che poteva, della Commissione.
  Non abbiamo avuto notizia di nessun altro che ha voluto partecipare, ma era un'iniziativa nostra. Sapete che noi abbiamo deciso di organizzare, insieme con la Presidenza della Camera, per la prima settimana di ottobre, la mostra «Moro e la Costituzione», come avevamo deciso in Ufficio di presidenza. Sono iniziati i lavori per poter fare la mostra e anche un convegno, e le Amministrazioni parlamentari lo fanno in maniera autonoma.
  Comunque, la segnalazione di Grassi sarà oggetto di una mia ennesima comunicazione alla presidenza del Comitato.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Gianluca Falanga, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto l'invito a intervenire oggi in Commissione.
  Il dottor Falanga ha dedicato diversi importanti contributi, in lingua italiana e tedesca, alla storia della Repubblica Democratica Tedesca e dei suoi servizi di sicurezza.
  La Commissione ha deciso di ascoltarlo in ordine a due ambiti tematici. In primo luogo, la Commissione vorrebbe acquisire elementi sulla documentazione di interesse eventualmente disponibile presso gli archivi tedeschi, con riferimento sia alla ex Germania dell'Ovest che alla ex Germania dell'Est.
  In secondo luogo, è utile approfondire alcuni dei risultati delle ricerche del dottor Falanga. Prima di dare la parola al dottor Falanga, voglio sottolineare come la dimensione internazionale costituisca un elemento indispensabile dell'inchiesta. In questo ambito, si riscontra tuttavia una forte difficoltà a individuare la documentazione dei Servizi e degli apparati di polizia stranieri, e ad accedervi. La documentazione dei Servizi collegati detenuta dai Servizi italiani rimane in larga parte non ostensibile. Nonostante le richieste inviate, l'accesso diretto alla documentazione straniera rimane difficoltoso.
  Per quanto attiene alle tematiche oggetto dell'audizione di oggi, un interesse per il ruolo dei Paesi del blocco sovietico si è manifestato anche nelle precedenti inchieste parlamentari, senza approdare a risultati definitivi. Ricordo, in particolare, la questione del rapporto tra Giorgio Conforto e il KGB, la tematica del gruppo Separat del terrorista internazionale Carlos, il tema del rapporto dei terroristi con la Cecoslovacchia, che nel corso degli anni Settanta fu oggetto di approfondimenti anche interni al Partito Comunista Italiano, la vicenda dello studente russo Sokolov, che avvicinò Moro e Tritto nel periodo immediatamente precedente al sequestro. Particolarmente Pag. 6 importante appare poi la pista, ancora da esplorare, del rapporto tra palestinesi e servizi di sicurezza dell'Est. Ricordo, a questo proposito, la tematica della connessione jugoslava tra terroristi della RAF e Libano, evidenziatasi anche nella vicenda dell'arresto e poi rilascio nel 1978 di quattro terroristi della RAF in territorio jugoslavo. Ricordo pure una serie di documenti declassificati dei servizi presenti nell'archivio della Commissione relativi a segnalazioni di fonte palestinese riguardanti italiani presenti in campi di addestramento in Cecoslovacchia.
  Le ricerche del dottor Falanga si basano sulla consultazione di documentazione fortunosamente sopravvissuta alla distruzione degli archivi della Stasi ed evidenziano la pervasiva attenzione con cui la Stasi guardava agli affari interni italiani.
  Per quanto riguarda la vicenda Moro, la documentazione è abbondante, ma mancano elementi certi che evidenziano un rapporto diretto tra Stasi e BR. Allo stesso tempo, però, il dottor Falanga ha identificato le tracce di fascicoli specifici alla vicenda Moro che sarebbero stati distrutti nel 1989-90. Ha inoltre compiuto ricerche su tentativi della Stasi di infiltrare le BR.
  Chiedo ora al dottor Falanga di offrirci una panoramica generale della tematica del ruolo della Stasi nella vicenda Moro, focalizzando anche la questione delle fonti disponibili, sia riguardo alla Stasi sia riguardo ai rapporti RAF-BR, e dei limiti normativi alla loro consultazione.
  Poi le porrò una serie di domande specifiche. Teniamo presente che dobbiamo concludere entro le ore 16.15.

  GIANLUCA FALANGA. Grazie dell'invito.
  Possiamo iniziare anzitutto dalla disponibilità documentale. Si parte dall'archivio che chiamiamo della Stasi, ma che in realtà oggi viene gestito da un ente dello Stato tedesco federale che si chiama Behöorde für die Stasi-Unterlagen, che in tedesco significa ente per la conservazione dei documenti della Stasi. È un ente istituito con una legge del dicembre 1991, che aveva un mandato per alcuni anni che poi è stato già prolungato per tre volte. L'ultima scadenza sarà nel 2019, poi dovranno discutere che fare di questo ente e quindi ridiscutere le regole di gestione e di accessibilità dell'archivio.
  È un archivio imponente per la quantità di materiale. Quello riguardante le questioni relative al terrorismo è, ovviamente, una parte ridotta. Io mi occupo tantissimo della Stasi, nel senso del Ministero della sicurezza dello Stato e delle sue attività; oltre il 90 per cento dei suoi sforzi era diretto all'osservazione dei propri cittadini, per cui le tematiche relative allo spionaggio all'estero o attività come sono poi il «trattamento» (come lo chiamavano) delle sigle e delle organizzazioni terroristiche fanno parte del restante 10 per cento. Questa è già una cosa importante da dire e da sapere.
  La disponibilità documentale ha delle fortissime lacune, quindi è un archivio che ha dei valori ma anche dei limiti grandissimi. È un archivio che va utilizzato combinandolo con altri, e adesso dirò anche quali.
  Innanzitutto, il valore di questo archivio di per sé consiste nel fatto che ci permette di aggirare fino a un certo punto la mancanza di documenti russi. I documenti sovietici, riguardanti sia il KGB sia il GRU, il servizio segreto militare, che sono le due organizzazioni più importanti per il trattamento del terrorismo da parte sovietica – la potenza preminente che dava la linea – non sono accessibili. C'è un'accessibilità molto modesta di documenti che riguardano il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, il Politburo eccetera.
  C'è stata un'accessibilità per alcuni anni a documenti, nei primi anni ’90, cioè il periodo di Eltsin, poi c'è stata una chiusura. Abbiamo un vuoto da colmare, che si può aggirare puntualmente – non in tutti i punti e non in tutte le tematiche – utilizzando i documenti della Stasi, che, ovviamente, avendo operato insieme al KGB, aveva una comunicazione con gli altri servizi segreti. Dunque, abbiamo la possibilità di arrivare a certe informazioni che altrimenti gli archivi russi non ci danno.
  I limiti della documentazione riguardano in primis la distruzione dell'archivio. Pag. 7La Stasi è stata chiusa ufficialmente tra il 15 e il 30 gennaio del 1990 e nella data in cui il Ministero è stato smantellato alcune strutture della Stasi avevano distrutto fino al 90 per cento dell'archivio. Questo vale soprattutto per lo HVA (Hauptverwaltung Aufklärung), come lo chiamano i tedeschi, cioè il direttorato esteri, la parte della Stasi che faceva lo spionaggio all'estero e che si occupava di questioni a livello internazionale; possiamo definirla l’intelligence estera della Germania dell'Est.
  Questa struttura, nota perché è stata diretta per quasi tutta la sua storia, fino al 1984, da Markus Wolf, un personaggio molto conosciuto, ha distrutto appunto l'archivio cartaceo per oltre il 90 per cento. È sopravvissuta una parte dell'archivio elettronico, cioè banche dati, perché hanno cominciato a informatizzare la collezione di dati dalla metà degli anni Sessanta. Questo archivio elettronico è stato da me utilizzato per ricostruire alcune strutture spionistiche anche nel nostro Paese, strutture cioè attive anche in Italia.
  Se è necessario, posso spiegare anche in dettaglio come avviene questo tipo di ricostruzione. Le banche dati vanno incrociate, c'è una procedura particolare, e si riesce a salvare una serie di informazioni, non molto approfondite. Riguardano soprattutto i flussi di informazione, cioè sul periodo in cui certe informazioni entrano nella disponibilità del servizio segreto, sulle questioni di cui i Servizi si sono occupati nei diversi periodi della loro storia.
  Un altro limite dell'archivio è la presenza di una compartimentazione interna estremamente forte e rigida. Pur essendo un servizio segreto di una dittatura, quindi con una gestione molto autoritaria, aveva all'interno strutture concorrenti, cioè che si occupavano della stessa cosa e non si scambiavano tutte le informazioni; lo facevano un po’ per concorrenza «umana», per essere più importanti degli altri, e un po’ perché c'era un sistema di compartimentazione ragionato per evitare che certe informazioni sensibili andassero a circoli più vasti di quelli che potevano controllare, cioè per evitare che ci fossero più persone a conoscenza di certi fatti.
  Questa compartimentazione interna rende alle volte impossibile fare affermazioni assolute su quello che si legge nei documenti. Quel che ho letto sulla Stasi in libri che sono stati pubblicati negli ultimi anni, in Italia soprattutto, indica una trattazione molto allegra di quei documenti, perché i documenti si possono leggere in tanti modi. Li si può non voglio dire manipolare, ma utilizzare per dimostrare qualche cosa, che poi in realtà non è assoluto. Alcuni uffici scrivono delle cose, poi però altri uffici fanno cose diverse. Anche applicare nell'interpretazione di queste carte il principio secondo cui se una carta della Stasi dice una cosa, allora tutto il servizio segreto conosce quell'informazione, è abbastanza ingenuo.
  Questi sono quelli che vedo come problemi, che sono in realtà problemi generali dell'interpretazione dei documenti dei servizi segreti, sostanzialmente. C'è un rischio di sovrainterpretazione di quello che si legge nelle carte.
  Questo archivio è utile se si va a combinare con altri archivi, soprattutto gli archivi politici. La Stasi sostanzialmente era una agenzia della repressione, dello spionaggio, operava su varie questioni relative alla sicurezza di questo Stato, ma lavorava su mandato esplicitamente e strettamente politico. Gli ordini, sostanzialmente, quasi come in una struttura gerarchica – la Stasi era paramilitare – venivano dal partito, quindi bisogna andare a leggere le carte del partito, spesso, per comprendere quale è la cornice entro la quale la Stasi opera in certe situazioni.
  Mi riferisco, per esempio, alle carte che io ho pubblicato – poi possiamo approfondire ulteriormente – sul tentativo di ingaggiare, di reclutare come informatrice la moglie del brigatista Piero Morlacchi, una cosa che avviene fra il 1979 e 1980. Avevano tutto pronto; avevano deciso che cosa chiederle, quando incontrarla, in che situazione eccetera, ma poi il partito dice che non si può fare perché se si venisse a sapere ciò danneggerebbe l'immagine internazionale della Germania dell'Est. La Stasi insiste, c'è un carteggio anche abbastanza intenso al riguardo, e il Partito resta irremovibile. Pag. 8 Quindi, da queste carte capiamo qual è l’iter per questo tipo di rapporti. C'era appunto un sistema anche di compartimentazione che parte dal Partito, come c'erano posizioni ufficiali e posizioni che invece vengono assunte concretamente nelle situazioni.
  Gli archivi utili da combinare con quello della Stasi sono innanzitutto il Bundesarchiv, cioè l'Archivio federale dello Stato tedesco, con un sistema simile – credo – a quello dello Stato italiano, con versamenti periodici da tutti i Ministeri, gli enti locali, tutte le organizzazioni politiche, per la Germania dell'Ovest.
  Dal 1990 il Bundesarchiv ha preso in gestione anche l'archivio che i tedeschi chiamano SAPMO (Stiftung Archiv der Parteien und Massenorganisationen), che praticamente contiene tutta la produzione di documenti dello Stato tedesco orientale: partito, commissioni interne al partito e organizzazioni dello Stato, che poi erano tutte orbitanti attorno al partito, organizzazioni di massa eccetera. Questo è un archivio molto utile perché al suo interno ha, per esempio, carte che riguardano il Ministero dell'interno della Germania dell'Est, che in certe questioni, soprattutto nel rapporto con il terrorismo internazionale, era complementare ma anche concorrenziale alla Stasi.
  Per esempio, i campi di addestramento (nel territorio della Germania dell'Est) di combattenti che venivano da varie organizzazioni internazionali – si possono anche conoscere i siti dei campi, perché ci sono le cartine con indicati i siti – erano in genere in gestione o alla polizia, la Volkspolizei, che dipendeva dal Ministero dell'interno, oppure a strutture militari della NVA (Nationale Volksarmee), cioè l'esercito regolare della Germania dell'Est, che pure gestiva quel tipo di strutture.
  Si tratta, quindi, di carte estremamente importanti. Poi c'è tutto il discorso politico, che si trova nei documenti di determinate commissioni interne al partito SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands), il partito della dittatura della Germania dell'Est, in particolare nelle carte relative ai rapporti internazionali del partito. Praticamente è una struttura pendant, cioè corrispondente all'Istituto per le relazioni internazionali del Comitato centrale del Partito comunista sovietico, il famoso istituto di Boris Ponomarëv, colui che finanziava le diverse organizzazioni comuniste nel mondo. Ci sono relazioni dirette fra questi due soggetti che parlano anche di questioni relative al terrorismo. Alcune carte le ho citate, altre le sto studiando adesso perché sto cercando di scrivere un libro più puntuale su questi temi. Su questo potrò dire altre cose dopo, perché riguardano un po’ anche la strategia politica che possiamo riconoscere dietro il rapporto con il terrorismo.
  Un'altra cosa molto importante: quando si va a vedere queste carte bisogna conoscere la struttura operativa della Stasi, che era suddivisa in vari soggetti, e bisogna conoscere quali soggetti andavano a operare, quali potevano avere in qualche modo un rapporto con la questione del terrorismo. Di sicuro il lascito documentario più consistente è quello del Dipartimento XXII, Ufficio 8, che si occupava dei rapporti, del monitoraggio e del «trattamento», come lo chiamavano loro. «Trattamento» significa una cosa molto ambigua: significa sia conoscerli, sia in qualche modo cercare di poterli manovrare, se possibile.
  Il Dipartimento XXII, Ufficio 8 venne fondato nel 1975, dopo tre anni di lavoro, perché l'impulso iniziale fu l'attentato alle Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972. Successivamente la Stasi decise di dotarsi di una struttura specifica che si occupasse di questo tipo di problemi. Fu organizzata nel 1975 ed è esistita fino al 1989. La documentazione che noi abbiamo è massiccia dal 1979 al 1989. Quindi, per il periodo di Moro è assolutamente deludente: hanno pochissimo sul sequestro Moro e i fatti correlati. Però è molto consistente, per esempio, per i problemi relativi ai palestinesi. Qui possiamo anche dire delle cose più approfondite.
  Dell'archivio dell’intelligence estera ho già parlato: è praticamente distrutto, per cui c'è pochissimo. Questo è gravissimo, perché ci impedisce di conoscere in maniera approfondita ciò che è stato fin verso Pag. 9il 1975, nei singoli fatti, nei rapporti coi singoli terroristi e le singole organizzazioni.
  Poi ci sono importantissimi documenti che riguardano il Dipartimento VI, che si occupava delle frontiere e dei trasporti, cioè sostanzialmente del controllo delle frontiere e dell'accesso delle persone nel Paese, che notoriamente era murato, quindi chiunque entrasse veniva controllato e lasciava traccia nelle carte. Ci sono inoltre delle unità specifiche che si occupavano dell'ingresso e uscita di determinate persone «sensibili», soprattutto appartenenti a organizzazioni terroristiche o formazioni che chiamavano «forze progressiste» o «forze patriottiche». Con questo termine indicavano sia organizzazioni come l'ANC (African National Congress) sudafricano, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina e le varie altre sigle palestinesi, sia alcune organizzazioni terroristiche occidentali. Era una categorizzazione che li raggruppava tutti. Venivano registrati e poi si facevano anche degli studi mirati. Questa è un'altra documentazione che io ho pubblicato: l’«operazione Roma», come l'hanno chiamata, è stata un'operazione di controllo e di verifica dell'accesso di cittadini italiani avviata immediatamente il giorno dopo la morte di Moro, perché c'erano appunto voci, collegate anche ai fatti della Cecoslovacchia e all'inchiesta che faceva il PCI rispetto a possibile addestramento di brigatisti in Cecoslovacchia, che per quanto mi riguarda non è provato. Io non ho mai trovato nulla di concreto in questa direzione, sia per la Cecoslovacchia sia per la Germania dell'Est.
  L’«operazione Roma» durò un anno, praticamente fino alla primavera del 1979, verificando ogni singolo cittadino che entrava nel Paese, e venne stilata poi una statistica, con informazioni precise anche rispetto ai nomi; praticamente, presi dallo schedario tutti i terroristi che conoscevano, venivano verificati i nomi e i passaggi alle frontiere, controllando se per caso qualcuno di questi era entrato nella Germania dell'Est. Quindi, venne svolta un'operazione precisa al riguardo.
  C'è poi tutta una parte che, devo dire, conosco molto poco, ma che merita sicuramente attenzione: il Dipartimento finanze. Il trattamento delle organizzazioni terroristiche si basa soprattutto sul trattamento finanziario, nel senso che ci sono uscite di denaro; il pagamento, anche a piccole somme, veniva registrato, con scontrini e con una registrazione assolutamente precisa per ogni centesimo e ogni banconota che viene messa in tasca a personaggi vari che incontrano gli agenti della Stasi, inclusi i terroristi. Dunque, un'indagine nel Dipartimento delle finanze, che si fa sempre con i nominativi, può in qualche modo forse anche dare qualche pista nuova. Ripeto, è una documentazione che conosco marginalmente, non ho mai fatto un'indagine sistematica.
  Questo in generale sull'archivio.
  La documentazione che io conosco sugli italiani è corposa. Sono sei anni che leggo carte, solo all'archivio della Stasi. Ho fatto ricerche anche altrove, però lì dentro il grosso della documentazione consiste in una rassegna stampa, e ciò delude parecchio. Registravano tutto quello che avveniva, leggendo semplicemente i giornali o usando le agenzie di stampa eccetera. Avevano una specie di catalogo completo delle azioni che qualsiasi organizzazione di destra o di sinistra compiva.
  Esiste inoltre tutta la schedatura. C'è da dire che gli schedari sono quasi completi. La schedatura che riguarda i terroristi, soprattutto gli italiani, ha semplicemente i nominativi, il dato della registrazione della persona. È una schedatura di semplice conoscenza, diciamo così. In rarissimi casi le schede – che sono di forma quasi quadrata, quelle dei classici archivi con i cassettoni, e hanno un fronte e un retro – sul retro, in alcuni casi, contengono informazioni, spesso in codici che si possono in qualche modo decifrare. In alcuni casi c'è la dicitura «Album der Freunde», che vuol dire «album degli amici». C'è qualche giornalista che ha scritto che «gli amici» sarebbero i terroristi. In realtà questo è un errore abbastanza marchiano, perché nel linguaggio operativo della Stasi «gli amici» sono i sovietici, quindi l’«album degli Pag. 10amici» è il loro schedario centrale, dove registrano tutti i nomi dei terroristi che conoscono o che hanno in «trattamento». Quindi c'è una comunicazione, una rete di tutti i servizi legati al Patto di Varsavia che si scambiano informazioni, con un sistema anche informatico molto avanzato, un sistema che chiamavano SOUD. Era un «cervellone elettronico» sito a Mosca che convogliava tutte le informazioni provenienti da tutti i Paesi membri del Patto di Varsavia, e anche da altri Paesi filosovietici, incluse la Mongolia, la Repubblica del Vietnam e altri. Le informazioni venivano centralizzate in questo sistema consultabile in tutti i Paesi comunisti. Questo poi produce ulteriore documentazione sulle varie persone che conoscono, su ogni segnalazione, perché poi ogni servizio sul suo territorio raccoglie informazioni. La Stasi, per esempio, lavorava moltissimo spiando la polizia occidentale, aveva tutte le informazioni dell'Interpol che poi venivano centralizzate e confrontate con le informazioni degli altri.
  Quando oggi sento dire che l'Europa ha bisogno di un servizio segreto centralizzato, mi viene in mente questo sistema SOUD che avevano all'epoca e che era estremamente efficiente, nel senso che loro si scambiavano quel tipo di informazioni.
  Questo è tutto ricostruibile, almeno nel suo funzionamento, per capire come agivano. Poi c'è da fare un discorso terminologico, di nuovo: scrivono nella loro lingua, che è un linguaggio operativo che si sono dati. C'è la categorizzazione dei confidenti: ne hanno di vari tipi, che in teoria vengono rigidamente tenuti separati e descritti. Per esempio, nell'ambito del terrorismo, utilizzano la sigla IMB, che vuol dire Informeller Mitarbeiter e significa collaboratore esterno non ufficiale, cioè una persona che viene reclutata all'esterno del Ministero. La B della sigla sta per feindBerührung che vuol dire «a contatto con il nemico», cioè una persona che ha un contatto diretto con l'organizzazione che si va a spiare. È interessante notare che, nelle carte, chiamano «organizzazioni nemiche» le organizzazioni terroristiche, anche quando vanno a trattarle in maniera costruttiva per i loro interessi. Questa è l'ambiguità di fondo con cui operano. Quasi tutti i confidenti nelle organizzazioni terroristiche della Stasi o gli infiltrati, se li vogliamo chiamare così, appartengono a questa categoria, cioè l'informatore mit feindBerührung, dentro l'organizzazione.
  Andando a esaminare i casi concreti, scopriamo che reclutano semplicemente persone periferiche all'organizzazione, non entrano quasi mai nel cuore dell'organizzazione, proprio perché hanno paura in qualche modo di perdere la faccia a livello internazionale. Stanno nella periferia dell'organizzazione, dove si trovano però in realtà le informazioni che a loro interessano di più: sostanzialmente la logistica, i collegamenti fra le organizzazioni. Questi sono i personaggi periferici che a loro interessano.
  Per i rapporti con le BR, bisogna notare che il monitoraggio delle BR è stato intensificato dalla Stasi dopo il sequestro e l'assassinio di Moro, cioè dal 1979 in avanti, e lì troviamo diversi di questi IMB; soprattutto sono persone sempre periferiche. Poi scendiamo nel concreto e ci sono i nomi, sostanzialmente: chi sono queste persone.
  Ci sono poi le persone che chiamano KP (Kontaktperson), che sono praticamente degli informatori inconsapevoli. Hanno dei contatti con vari personaggi, li ascoltano, chiedono loro delle cose, li fanno parlare; questi non sanno spesso di parlare con la Stasi o vengono contattati false flag, cioè senza che la Stasi dica chi è, ma spacciandosi per un altro servizio segreto.
  Questi sono i due tipi di fonti che troviamo nelle organizzazioni terroristiche manovrate dalla Stasi, cioè che operano per la Stasi.
  Questo in generale, poi vogliamo scendere un po’ più nel dettaglio?

  PRESIDENTE. Adesso le faccio qualche domanda io.
  Nel 2014 lei ha reso noto un interessante documento, l'esposizione riepilogativa del sequestro Moro comparato al sequestro Schleyer, redatto l'8 giugno 1978 – dopo neanche un mese dalla morte di Moro – dal Dipartimento scorte della Stasi, che si occupava della sicurezza dei politici della Pag. 11DDR. Magari li scortavano per paura che tradissero, perché chi avrebbe fatto un attentato a un politico tedesco orientale? A noi interessa quello che lei scrive, però. Il documento cerca di evidenziare i punti di forza dell'azione brigatista, sulla base di informazioni che sarebbero state a disposizione delle autorità italiane.
  Alcune delle informazioni riportate sembrano delineare una buona conoscenza della vicenda; altre, come quella della messa fuori uso della rete telefonica – che forse c'è stata e forse no, le autorità italiane non l'hanno mai accertata – non sono state provate o appaiono inesatte. Colpiscono, in particolare, alcune indicazioni, che non solo le autorità italiane non hanno, ma hanno sempre negato. Tra queste, quella secondo cui – cito – «stando alle informazioni a disposizione degli organi di polizia e di sicurezza italiani, almeno quaranta persone hanno contribuito alla preparazione e all'esecuzione dell'agguato» e «alcuni degli attentatori si sono trattenuti, prima di entrare in azione, in un bar che dà sull'incrocio». Per capirci, il bar Olivetti.
  Sulla base della sua esperienza, ritiene che tali notizie siano derivate da fonti di stampa –dei quaranta e del bar Olivetti, per quel che mi risulta, la stampa non aveva parlato – oppure è possibile che la Stasi le abbia acquisite direttamente da ambienti di polizia, magari attraverso quei contatti informali o inconsapevoli di cui parlava prima? O potrebbe averle acquisite dai terroristi stessi?
  Lei nel suo articolo sembra dare una prima risposta quando dice che ci sono motivi di pensare che il servizio tedesco orientale avesse fonti migliori e più dirette della sola, seppur meticolosa, rassegna stampa dei giornali occidentali, fonti diciamo interne.
  A noi questo interessa moltissimo, perché quel bar che sta all'incrocio è un bar che... Incidentalmente, nei capi di imputazione del proprietario di quel bar, c'è anche un'accusa per riciclaggio dalla Germania.

  GIANLUCA FALANGA. Su questo, più che quello che ho scritto in realtà non so, nel senso che è un'ipotesi interpretativa, ma solida. Non ci sono altri documenti intorno a questo. Sono quattro fogli. C'è anche un disegno della dinamica dell'agguato, confrontata con quella del rapimento di Schleyer. Poi l'aspetto comunicativo, cioè che entrambi utilizzano una fotografia; la RAF l'ha fatto con Schleyer sei mesi prima delle BR nella stessa maniera, utilizzando anche questa comunicazione con l'opinione pubblica, insomma la drammatica dell'evento.
  Il documento è scritto dal Dipartimento Personenschutz, che io ho tradotto come «Dipartimento scorte». In realtà, il Dipartimento Personenschutz era una struttura che aveva più funzioni: una era quella di proteggere appunto i funzionari politici da possibili attentati; a noi viene un po’ da sorridere sapendo che lì attentati non ne facevano, però loro...

  PRESIDENTE. Controllavano.

  GIANLUCA FALANGA. ...avevano questa sincera paura che in realtà fosse possibile. Vorrei che questo fosse chiaro. Nei documenti troviamo spesso questa ansia: «Questi gruppi ci possono sfuggire di mano e possono rivoltarsi anche contro di noi». Addirittura rispetto a Carlos – il rapporto era approfondito con l'organizzazione che chiamano Separat, per dare un nome all'organizzazione di Carlos – c'è una frase di un documento dei primi anni Ottanta in cui dicono: «Non devono passare al nemico», cioè Carlos non deve passare al nemico, intendendo: «Per ora sta dalla nostra parte e fa gli attentati dall'altra parte, però non dobbiamo fargli cambiare idea».
  Questo rende l'idea di che tipo di disposizione avevano.
  Tornando al documento ...

  PRESIDENTE. È una ricostruzione precisa. Sui giornali la dinamica così precisa credo che non ci fosse.

  GIANLUCA FALANGA. Ha stupito anche me, anche se devo dire sinceramente che io non conosco il livello di diffusione delle informazioni. Bisognerebbe ricostruirlo Pag. 12 in maniera precisa, cioè verificare a quella data che cosa era noto, sia a livello di opinione pubblica, che può essere una possibile fonte (attraverso i media internazionali leggevano queste cose) oppure a fonti giudiziarie, di indagine.
  Io ho proposto quest'altro canale, che per la Stasi era assolutamente normale. Per esempio, attraverso la polizia di Berlino Ovest – che era una specie di isoletta di territorio occidentale nella Germania dell'Est – in circa vent'anni hanno schedato 16.000 agenti di polizia, sapendo dove abitavano, che lavoro facevano, quali posizioni occupavano nella polizia eccetera. Questo rende l'idea di quale penetrazione avessero all'interno degli organi di polizia della Germania occidentale. Lo hanno fatto a Berlino Ovest, a Bonn e in tutti gli altri centri importanti.
  Vediamo nell'archivio della Stasi carte che vengono direttamente dall'Interpol, dagli uffici del BKA (Bundeskriminalamt), cioè la polizia criminale e investigativa della Germania dell'Ovest, in particolare dall'ufficio Terrorismusbekämpfung XII, cioè l'ufficio dell'antiterrorismo della Germania occidentale. Hanno praticamente le informative che stanno sulle scrivanie dei funzionari di polizia del BKA; stanno in copia nell'archivio della Stasi. Questo ci fa capire che hanno un canale diretto.
  Questo mi ha fatto ovviamente pensare, mi ha ricordato una cosa che io poi ho trovato nelle carte della polizia nel Bundesarchiv, cioè che la Germania occidentale, presumendo e conoscendo in alcuni casi la frequentazione fra la RAF e alcuni elementi delle BR, quando è stato rapito Moro ha proposto una collaborazione alla polizia italiana, che ha accettato. Funzionari del BKA vennero a Roma e installarono una base di indagine e di scambio di informazioni. Avevano dei sistemi, come il PIOS (Personen, Institutionen, Objekte und Sachen), cioè un sistema informatico per cui raccoglievano le informazioni provenienti dalle indagini su tutti i casi di terrorismo, poi le incrociavano e cercavano di avere ulteriori informazioni. Queste banche dati sono state date praticamente nella disponibilità della polizia italiana.

  PRESIDENTE. Quindi avevano elementi in più che potrebbero aver preso sia dalla polizia della Germania occidentale sia dai servizi della Germania occidentale.
  La cosa che a me colpisce – per questo mi sono soffermato – è il «quaranta» come numero di partecipanti, tra logistica e interventi, nella vicenda di via Fani.

  GIANLUCA FALANGA. È molto elevato.

  PRESIDENTE. E anche che abbiano spiegato che i terroristi si sono trattenuti, prima di entrare in azione, in un bar che è all'incrocio. Questi sono elementi che rispetto alla nostra indagine fanno la differenza.

  GIANLUCA FALANGA. Poi avremo un altro canale, il canale palestinese. La collaborazione con i palestinesi è già intensa in quel periodo; viene intensificata ulteriormente dopo. Quindi, un altro canale possono comunque anche essere i palestinesi.
  C'è un documento del 1979: in primavera, ad aprile, il capo della Stasi, Erich Mielke, incontra il capo dell’intelligence di Fatah, che era Abu Iyad (noto anche come Salah Khalef). Si incontrano – ho letto i verbali del loro colloquio – e stabiliscono una collaborazione operativa. Questa collaborazione operativa si basa anche sullo scambio sistematico di informazioni e in questa occasione Abu Iyad racconta quello che hanno fatto già in passato, dà delle informazioni sulle loro esperienze passate, per esempio nella collaborazione o nei contatti con l’intelligence italiana. Quindi menzionano il lodo Moro. Mielke nel 1979 viene a sapere che le armi passano dall'Italia. La Germania dell'Est dà anche armi ai palestinesi e Abu Iyad fa capire loro: «Queste armi le facciamo passare dall'Italia». Poi Abu Iyad dice a Mielke: «L'organizzazione dei servizi segreti è nei suoi livelli più bassi penetrabile e noi ci possiamo entrare e vi possiamo girare le informazioni che abbiamo». Lo dice nel 1979, ma fa riferimento anche a un modo di fare, a una modalità operativa che loro hanno provato negli anni precedenti.

Pag. 13

  PRESIDENTE. Questo è un altro dato interessante: la Stasi riusciva ad avere dai palestinesi notizie del traffico d'armi, del lodo Moro e altro, ma i palestinesi fanno anche sapere che riescono a infiltrare oppure avere...

  GIANLUCA FALANGA. ...una frequentazione.

  PRESIDENTE. ...contatti buoni con la base dei Servizi e quindi, fornire notizie su quello che stavano facendo i Servizi italiani.
  Andiamo avanti. Sulla base della documentazione da lei reperita, lei richiama un incontro sovietico-tedesco del gennaio 1978, in cui i tedeschi furono informati che «il Comitato centrale del PCUS ha confermato la definizione di un piano speciale di misure contro l'eurocomunismo». Eurocomunismo prevalentemente significava il PCI.
  Ritiene che fossero misure politiche, di intelligence o, diciamo eufemisticamente, di altro?

  GIANLUCA FALANGA. Ritengo che sia di più, anche se però su questo non posso entrare. Non ci sono documenti di operazioni che seguono a questa minaccia.

  PRESIDENTE. Le faccio questa domanda perché la scorsa settimana, in audizione, l'onorevole Signorile ha parlato a un certo punto di elementi terzi e ha indicato come elementi terzi i servizi segreti dell'Est e il KGB, rispetto alla vicenda del PCI italiano e dell'eurocomunismo. Quindi, riscontrare che c'è un incontro tra il KGB e la Stasi, in cui si parla, a gennaio del 1978, di un «piano speciale di misure contro l'eurocomunismo», ci è sembrato interessante

  GIANLUCA FALANGA. Vorrei approfondire, perché la cosa è un po’ più vasta. Questo incontro non è solo fra i tedeschi e i sovietici; sono delle conferenze, degli incontri periodici organizzati da Ponomarëv, il dirigente del PCUS che si occupa della strategia politica soprattutto rispetto ai rapporti fra partiti comunisti. C'è una serie di verbali a Berlino, nell'archivio del partito della Germania dell'Est, degli anni tra il 1973 e il 1978. Periodicamente tornano su questo punto: l'eurocomunismo è un problema; e dicono anche perché è un problema: perché i comunisti italiani rifiutano il doppio livello. Lo chiamano così. Che cos'è il doppio livello? Questo sono andato un po’ a ricostruirlo con altre carte che ho ritrovato, che sono precedenti e riguardano gli anni Sessanta. Cominciano a impostare, nel corso degli anni Sessanta – e matura verso la fine degli anni Sessanta – una politica che loro chiamano «del doppio livello»: sul livello politico si devono portare avanti certe posizioni, utilizzando strumenti legali, rapporti fra partiti, e costruire un'egemonia politica; questo primo livello deve essere accompagnato da un livello secondo, diciamo clandestino, in cui le organizzazioni devono essere sempre pronte a intervenire nelle situazioni di estrema destabilizzazione politica e a intervenire anche, se necessario, con la violenza, cioè sostanzialmente costruendo degli arsenali. Devono avere una disponibilità di armi e una disposizione anche a volerle utilizzare nella situazione adeguata.

  PRESIDENTE. Il PCI si differenzia su questo quando?

  GIANLUCA FALANGA. Praticamente con Berlinguer. Da quando Berlinguer diventa segretario comincia a fare una serie di esternazioni su queste cose. Sono due i punti di conflitto secondo Ponomarëv: uno è il rifiuto del doppio livello, un secondo punto è quello che i sovietici chiamavano «attivazione delle forze fasciste e neofasciste», cioè l'estensione del supporto puntuale, in certe situazioni, a certe organizzazioni terroristiche dai gruppi di sinistra anche ai gruppi della destra. Ci sono una serie di terroristi – tedeschi soprattutto – neri, cioè di area neofascista, che vengono addestrati dai palestinesi nei campi dove i russi... Insomma, c'è un sostegno attraverso la Stasi molto insistito.
  Questi due punti venivano contestati dalla direzione del PCI. Consiglio – la farò, Pag. 14non ci sono ancora arrivato – un'indagine anche nelle carte dell'archivio del PCI, se ci sono dei punti concreti in questa direzione. Questo è quello che dicono i russi su di loro e arrivano a questo punto a gennaio del 1978.

  PRESIDENTE. Però grosso modo, visto che avevano provato a «far fuori» pure Berlinguer, non è difficile ipotizzare che queste misure contro l'eurocomunismo...

  GIANLUCA FALANGA. ...potessero essere anche di altra natura.

  PRESIDENTE. Erano un po’ più estese.

  GIANLUCA FALANGA. Io non lo escludo. Non lo escluderei.

  PRESIDENTE. Questo è molto interessante.
  Lei prima ha detto (ci dice una cosa per certi versi per noi conosciuta ma non così approfondita) che due giorni dopo via Fani la polizia federale tedesca installò al Ministero dell'interno – quindi oltre Pieczenik c'erano anche i tedeschi al Viminale – un pool di funzionari e un centro per la cooperazione tra la polizia italiana e quella tedesca.
  La prima cosa che mi viene in mente è che la stessa cosa fanno quelli del Dipartimento Scorte della Stasi, cioè fare il paragone tra Schleyer e Moro, la fanno anche al Ministero dell'interno quando si mette in piedi quel centro di collegamento
  La mia curiosità è: ma la documentazione di questa loro attivazione e presenza dove sarà conservata?

  GIANLUCA FALANGA. Della Germania Ovest? Della Germania occidentale?

  PRESIDENTE. Questo nucleo che lavorerà al Viminale, siccome noi non abbiamo trovato niente... Avranno scritto qualcosa? Ci sarà qualcosa nei documenti o no?

  GIANLUCA FALANGA. Questo deve stare nell'archivio storico del Bundeskriminalamt.

  PRESIDENTE. Il dottor Siddi prenda nota.

  GIANLUCA FALANGA. Devono averlo loro. Il Bundesarchiv, le carte del Ministero dell'interno, che ovviamente è collegato, ha dei commenti su questo. Dopo la chiusura di questa...

  PRESIDENTE. ...missione.

  GIANLUCA FALANGA. Di questa task force, quando si conclude la missione, viene effettuata una valutazione. Esistono dei rapporti di valutazione.

  PRESIDENTE. Siccome nelle nostre carte non troviamo funzionari tedeschi, potrebbe essere interessante vedere che c'è stato, anche perché oltre al paragone Schleyer-Moro ci potrebbe essere stata anche l'idea che magari i servizi tedeschi – perché qui si parla di collaborazione con i funzionari, ma potrebbero essere anche i servizi tedeschi – potevano avere elementi di contiguità o di infiltrazione all'interno della RAF. E se i rapporti tra BR e RAF sono rapporti in qualche modo esistenti ed esistiti, la loro presenza significava attivare la rete... Io ho letto che molti degli elementi del «Movimento 2 giugno» erano contigui alla RAF, un po’ come l'Autonomia da noi con le BR.

  GIANLUCA FALANGA. In realtà non solo contigue. Sono esistite due organizzazioni, ma che in una parte della loro struttura erano una cosa sola.

  PRESIDENTE. Quindi «2 giugno» e la RAF una cosa sola. Solo che se era difficile magari riuscire a fare infiltrare la RAF, poteva essere più facile fare infiltrare il «Movimento 2 giugno».

  GIANLUCA FALANGA. Il «2 giugno» è stato infiltrato parecchio, appunto perché aveva un legame territoriale più forte e aveva una compartimentazione meno rigida della RAF.

Pag. 15

  PRESIDENTE. Quindi molto probabilmente questa presenza di polizia e di servizi al Viminale poteva anche voler dire utilizzare per capire e fare. Siccome noi non abbiamo trovato traccia, verifichiamo ricontrollando se c'è qualche traccia e se la troviamo potrebbe essere un elemento interessante, perché in parte della nostra indagine emerge il rapporto RAF-BR.
  Noi siamo arrivati alla convinzione che a via Gradoli prima e a via Fani poi potessero esserci almeno due esponenti – un uomo e una donna – della RAF che hanno dato una mano all'operazione.

  GIANLUCA FALANGA. Questo, in questa forma esplicita, lo sento per la prima volta. Non conosco questa cosa.

  PRESIDENTE. Questo è il motivo della domanda successiva. Un'altra tematica di interesse è quella di una ipotizzata alleanza militare tra RAF e Brigate Rosse, che fu discussa soprattutto a Parigi tra l'estate del 1978 e la primavera del 1979. Lei dice che la Stasi non seguì questo episodio, non certo secondario. Datarlo solo all'estate del 1978... La documentazione ci dà un'idea che i contatti tra RAF e BR c'erano, ed è singolare che alla Stasi non diano peso...

  GIANLUCA FALANGA. Quella del 1978-79 è una vera e propria trattativa, che io ho ricostruito partendo da affermazioni e ricostruzioni fatte da alcuni terroristi tedeschi, cioè da alcuni membri della RAF.
  Nel 1990, dopo la caduta del muro, si è scoperto che dieci terroristi della RAF si erano nascosti nella Germania dell'Est. La Stasi li aveva tenuti lì. Sono stati interrogati, anche perché volevano beneficiare di uno sconto di pena se raccontavano delle cose, soprattutto in merito ad attentati non commessi, cioè preparati ma poi non eseguiti. Tre di questi – Susanne Albrecht, Werner Lotze e Silke Maier-Witt – hanno raccontato come Moretti veniva a trovarli a Parigi nell'appartamento che avevano affittato. L'indirizzo non lo ricordo a memoria; però se vi serve ve lo indicherò. Erano due appartamenti vicini, cioè non molto lontani l'uno dall'altro. A Porte de Clichy c'erano le Brigate Rosse poi c'era un indirizzo della RAF. Moretti andava da loro a discutere. I tedeschi affermano che sono stati loro a cercare le BR. C'era una frequentazione precedente che però loro non approfondiscono e non è stata mai approfondita in Germania. Nessuno ha mai chiesto loro conto di questo. Dicono che nell'estate del 1978 l'organizzazione della RAF era a pezzi: c'erano stati tantissimi arresti, non avevano praticamente più capacità operativa, stavano studiando un'azione, ma per farla chiedevano aiuto ad altre organizzazioni che sono venute in loro soccorso. I palestinesi hanno messo a disposizione armi e supporto, il «Movimento 2 giugno» ha dato una parte dei soldi che avevano da un sequestro, le Brigate Rosse sono state interpellate e Moretti andò a casa loro – questo dicono – a Parigi in quell'appartamento per discutere di una possibile alleanza militare, cioè se le BR erano disposte a sostenere la RAF a fare un'azione contro Alexander Haig, che poi divenne il Segretario di Stato durante la presidenza Reagan, e comunque era un importante generale americano. I tedeschi poi faranno l'azione – dopo, però – ma non avrà successo. Però Moretti rifiuta e dice: «No, bisogna prima avere un'intesa politica dalla quale poi nascerà un'intesa militare». I tedeschi descrivono una trattativa che dura circa un anno e viene abbandonata nell'agosto del 1979, quando poi Moretti va a prendersi le armi in Libano; seguono poi tutta una pista palestinese e viene abbandonata questa ipotesi di collaborazione.

  PRESIDENTE. Lei ha detto che nessuno ha chiesto loro conto dei rapporti precedenti, perché Moretti va a subentrare ai contatti che esistevano prima tra BR e RAF.

  GIANLUCA FALANGA. I rapporti esistevano, perché la Stasi si è interessata dei rapporti fra RAF e BR, anche precedenti. Per esempio, la Stasi ha reclutato nel 1979 uno di quei personaggi che indicavo come periferici rispetto all'organizzazione, Brigitte Heinrich, che viveva a Francoforte, conosceva benissimo tutta l'area autonoma Pag. 16o comunque estremista di sinistra tedesca, e aveva vissuto diversi anni in Italia, soprattutto a Milano, dove aveva avuto una serie di frequentazioni italiane. La Stasi la considerava una di quelle persone che conoscevano entrambe le storie e la reclutò, non solo per questa questione, e poi la interrogò e insomma si fece raccontare un sacco di cose.
  Il 16 febbraio 1983 la Heinrich racconta al maggiore Voigt che c'è una donna – il nome è stato cancellato, quindi non sono in condizioni di indicarlo – che faceva da interprete fra la RAF e le BR, in un periodo che non viene definito; però dice che «nel 1979 ha smesso di farlo», quindi vuol dire che era attiva nel periodo precedente.

  PRESIDENTE. Negli incontri tra BR e RAF ci fu un'errata traduzione e...

  GIANLUCA FALANGA. No, la vicenda dell'errata traduzione si riferisce a Inge Kitzler, che è conosciuta. Questo nome invece è un altro. Questa è probabilmente quella che sostituisce Inge Kitzler.
  Quindi, attraverso questo canale la Stasi viene a conoscere alcuni aspetti dell'incrocio fra le due organizzazioni precedente anche a questa trattativa, che poi fallisce nella fase successiva.

  PRESIDENTE. Per avere la versione senza gli omissis?

  GIANLUCA FALANGA. L’omissis sta lì perché l'archivio cancella i nomi delle persone che non sono note, cioè che non sono mai state coinvolte in indagini della magistratura, italiana in questo caso, o tedesca, perché probabilmente la persona era tedesca: si dice che «vive a Milano», però insomma doveva essere qualcuno che parlava il tedesco molto bene.

  PRESIDENTE. Siccome è di grande interesse per noi poterla trovare...

  GIANLUCA FALANGA. La legge che regola l'archivio della Stasi dice anche che però può essere fatta un'eccezione, ad esempio per indagini giudiziarie.

  PRESIDENTE. Allora prendiamo gli estremi di questo documento, così potremo dare una delega specifica per poter acquisire i nomi.

  GIANLUCA FALANGA. Sulla trattativa volevo dire ancora una cosa. La trattativa è concreta e addirittura i tedeschi dicono che Moretti propone anche un'operazione non comune, dà una proposta di azione, diciamo così. Dice: «Potete vendicare i compagni arrestati e uccisi con un'azione militare come quelle che facciamo da noi». Intendeva dire la campagna contro l'antiterrorismo. Siamo nel 1979-80, sono le azioni di quel periodo lì, e i tedeschi preparano un'azione con mine antiuomo, su questo consiglio di Moretti. Però non affermano che sia stato Moretti a dire loro delle mine. Secondo quanto affermano, Moretti dice: «Fate un'azione di questo tipo». I tedeschi la organizzano, però poi non si sentono di completarla e la abbandonano. Era una proposta che Moretti fece per arrivare a un livello comune, in realtà per integrare la RAF in una strategia che era quella brigatista. Infatti, Morucci ha spesso detto che nei rapporti fra la RAF e le BR queste ultime volevano avere un ruolo egemonico, perché si sentivano l'organizzazione politicamente più sostanziosa rispetto alla RAF. Moretti rimane poi deluso e abbandona questa cosa.
  Questa è la ricostruzione che si va a fare valutando i racconti che hanno fatto mettere a verbale.

  PRESIDENTE. Due elementi che emergono dai suoi studi del materiale di archivio sono la grande capacità della Stasi di acquisire informazioni in Germania occidentale e il rapporto abbastanza stretto con la RAF. È probabilmente dalla Germania occidentale, ad esempio, che giunge alla Stasi una lista dell'Interpol, sede di Roma, datata 26 aprile 1978, in cui sono riportati alcuni nomi dei brigatisti ricercati a livello internazionale. Il documento comprende, tra gli altri, i nomi di Alunni, Faranda, Gallinari, Morucci, Peci, Ronconi. Manca Moretti. Sulla base della sua conoscenza degli archivi, ritiene che dai fondi relativi Pag. 17alla RAF o allo spionaggio verso la Germania occidentale possiamo trovare ulteriori elementi sulla vicenda di cui ci interessiamo noi?

  GIANLUCA FALANGA. Mi sento di escludere che si possa avere successo in questa maniera, perché i nomi erano noti. Hanno questa schedatura complessa, che ha più fonti, e le liste con gli elementi brigatisti che conoscono sono molto ampie. Conoscono tantissime persone, che registrano con la data e il luogo di nascita, per cui sono persone a loro conosciute. Che cosa ci fanno con questi dati? Questa è la questione.

  PRESIDENTE. Che cosa ci fanno, ma anche da chi li apprendono.

  GIANLUCA FALANGA. Da chi li apprendono? La mia impressione è che li apprendano dallo studio dei fatti, cioè sostanzialmente anche attraverso la lettura semplicemente della stampa o appunto carte giudiziarie a cui hanno avuto accesso attraverso i tedeschi dell'Ovest. C'è questo tipo di fonte, sicuramente.

  PRESIDENTE. Rispetto alle vicende degli anni Settanta in Italia esisteva una netta distinzione funzionale tra i vari Paesi del blocco orientale? In caso affermativo, qual era il ruolo della Stasi rispetto agli altri servizi segreti del blocco e qual è, a sua conoscenza, la situazione degli archivi dei servizi segreti dell'ex Unione Sovietica (ma in gran parte su questo ci ha già risposto) e dei Paesi europei satelliti?

  GIANLUCA FALANGA. Per gli archivi, quasi nulla. I polacchi hanno qualcosa. In Polonia ci sono stati dei contatti nel corso degli anni Ottanta con le organizzazioni palestinesi, movimenti di armi abbastanza consistenti. Ho visto anch'io personalmente carte della polizia segreta polacca che vengono dall'archivio polacco. La Cecoslovacchia ha una disponibilità cospicua di documenti, come anche l'Ungheria, che però non rende accessibile. Non mi sono mai occupato delle loro regole, però so che ci sono delle limitazioni abbastanza restrittive, per cui non siamo andati molto avanti su quel territorio. Romania e Bulgaria si possono dimenticare quasi del tutto, perché c'è pochissimo, è stato distrutto quasi tutto.
  Questa è la situazione. La Stasi aveva un ruolo abbastanza offensivo su questo piano. Il fatto che potessero operare a diretto contatto con un Paese occidentale, utilizzando la stessa lingua, ha molto facilitato l'acquisizione da parte loro di un ruolo preminente. Per esempio nell'organizzazione della struttura in Yemen o nei rapporti con la Jugoslavia hanno avuto una funzione molto importante.

  PRESIDENTE. Se non ci sono domande, ringraziamo il dottor Falanga e ci aggiorniamo a mercoledì prossimo alle ore 14, per l'audizione del dottor Biscione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

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