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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 173 di Martedì 11 ottobre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del prefetto di Catania, Maria Guia Federico:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 10 
Giarrusso Mario Michele  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Lumia Giuseppe  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 12 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 12 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 14 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 14 
Fava Claudio (SI-SEL)  ... 14 
Giarrusso Mario Michele  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Sarti Giulia (M5S)  ... 14 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 14 
Giarrusso Mario Michele  ... 15 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 15 
Giarrusso Mario Michele  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Giarrusso Mario Michele  ... 15 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 15 
Prestigiacomo Stefania (FI-PdL)  ... 15 
Federico Maria Guia , prefetto di Catania ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15  ... 15 

Istituzione di un comitato di lavoro, di cui agli articoli 3 e 7 della legge 19 luglio 2013, n. 87:
Bindi Rosy , Presidente ... 16 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 13.25.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del prefetto di Catania, Maria Guia Federico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del prefetto di Catania, Maria Guia Federico. L'audizione è dedicata a un approfondimento sulla situazione della criminalità organizzata mafiosa in provincia di Catania, con particolare riguardo alle recenti vicende del consiglio comunale del capoluogo.
  Ricordo, quindi, che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Ringrazio il prefetto per la disponibilità e le cedo volentieri la parola.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Faccio un breve excursus, poi immagino arriveremo al problema relativo al comune di Catania. L'aggiornamento sulla situazione dell'ordine pubblico ripercorre, sostanzialmente, il passaggio che è già stato fatto nella precedente audizione della Commissione, in quel caso a Catania, quindi vorrei evitare a tutti voi la ricostruzione di tutte le famiglie mafiose del catanese, esplicitate ed elencate nella relazione che eventualmente consegnerò.
  La ricostruzione fatta precedentemente sulle ripartizioni territoriali delle famiglie mafiose sul nostro territorio purtroppo permane, malgrado l'incessante attività delle forze dell'ordine e un lavoro di incredibile professionalità da parte della magistratura, che ha visto agli onori della cronaca le attività investigative denominate operazione «Fiori Bianchi» 2 e 3, operazione «Hybris», operazione «Efesto», operazione «Caronte» e operazione «Kronos».
  Come prefetto, con soddisfazione segnalo una diminuzione dei reati nell'ambito della provincia di Catania, in modo particolare per quel che riguarda i reati predatori, sicuramente frutto di una rivisitazione del controllo del territorio e di un'attività intensa da parte delle forze dell'ordine. Non elencherò, quindi, le compagini e le composizioni. Lascio alla relazione che ho presentato tutta la ricostruzione della famiglia Laudani, della famiglia Mazzei, della famiglia Santapaola-Ercolano e le diramazioni che hanno sul territorio catanese. Sicuramente, in questo momento i comuni che più ci preoccupano da questo punto di vista sono quelli di Paternò, di Palagonia e di Biancavilla. È recente l'uccisione di un consigliere comunale a Palagonia, ma le modalità, secondo le indagini che al momento stanno compiendo i Carabinieri, non sarebbero relative a sintomi mafiosi, bensì a un debito non pagato. Il consigliere comunale ucciso, però, a detta di chi ha sparato per legittima difesa – ci sono le ricostruzioni delle telecamere interne al bar – è stato il primo a sparare, esplodendo un primo colpo, ma sbagliando Pag. 4e ferendo il proprietario del bar, poi esplodendone un secondo, dopodiché è stato raggiunto a sua volta da un colpo sparato dal signor Calcagno.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Ho detto dei comuni che più ci preoccupano. Non è che non ci preoccupi il resto dei comuni della provincia catanese, ma in questo momento quelli sono i comuni nei quali si vive un fermento maggiore: Palagonia, Paternò e Biancavilla.
  Oltretutto, sono comuni che si ritrovano nell’hinterland, cioè intorno, nelle vicinanze del CARA di Mineo, il centro richiedenti asilo a oggi ancora più grande d'Europa, che insiste in quella zona e che è fonte di ulteriore preoccupazione per la realtà territoriale che mi trovo a gestire. Siccome ho sentito anche di preoccupazioni relative alla chiusura del CARA di Mineo, vorrei riassumere per tranquillità di tutti la situazione attuale dentro il CARA di Mineo. Oggi, il CARA di Mineo, avendo il Ministero dell'interno rescisso il contratto con il consorzio dei comuni del Calatino, è gestito direttamente dal Ministero dell'interno tramite una struttura di missione, composta da un viceprefetto, da un viceprefetto aggiunto e da funzionari del Ministero dell'interno, che quindi hanno assunto il ruolo che aveva il consorzio, funzionalmente dipendenti dalla prefettura di Catania.
  Inoltre, rispetto a quella che poteva essere la gestione concreta dell'appalto, relativamente al «La Casa della solidarietà» e a «La Cascina», vorrei ricordare che è in piedi un commissariamento fatto dalla prefettura di Catania d'intesa con l'Autorità nazionale anticorruzione. «La Cascina» e «La Casa della solidarietà» sono state sottoposte a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria, e quindi sono state sottoposte ad amministrazione controllata, che è scaduta a luglio di quest'anno. Contemporaneamente all'amministrazione controllata vi era un commissariamento fatto dalla prefettura di Catania, d'intesa con l'ANAC, per quel che riguardava gli aspetti attinenti alla corruzione che si erano riscontrati nell'ambito dell'aggiudicazione dell'appalto. A seguito dell'amministrazione giudiziaria, questo commissariamento è stato sospeso e quindi a luglio di quest'anno, cessata l'amministrazione giudiziaria, ha ripreso vigore il commissariamento prefettizio ai sensi dell'articolo 32, per cui anche «La Cascina» e «La Casa della solidarietà», per quel che riguarda l'appalto del CARA di Mineo, sono gestite da un commissario prefettizio, ovviamente nominato d'intesa con l'ANAC. Questa è la situazione, che io, dal punto di vista amministrativo-burocratico, definisco ottimale, nel senso che si tratta di una gestione controllata. Chiaramente, il numero dei migranti è elevato, ma ormai contenuto rispetto ai numeri a cui abbiamo assistito in passato. Ricorderete che ne abbiamo avuti in determinati periodi anche 5 mila nel CARA di Mineo. Adesso ci attestiamo su un numero che oscilla tra i 2 mila e i 2.300, per un semplice motivo di fondo. Non si scende al di sotto dei 2 mila, perché l'appalto, fatto tre anni fa, garantiva un minimo di 1.600. Se si scende al di sotto dei 1.600, bisogna oltretutto pagare dei risarcimenti danni alla società che si è aggiudicata l'appalto, che fu fatto con un minimo garantito. Evitiamo di scendere al di sotto dei 1.600, proprio per questo motivo. C'è da aggiungere che la struttura di missione nominata dal Ministero dell'interno sta predisponendo il nuovo appalto. Non appena sarà pronto, si provvederà a rescindere il vecchio rapporto. Ovviamente, verranno poi seguite tutte le procedure necessarie per l'appalto nuovo. Questo per quel che riguarda il CARA di Mineo. Le determinazioni sull'apertura, sulla chiusura non dipendono dalla volontà del prefetto di Catania, che ha svolto tutte le attività che riteneva necessarie innanzitutto per il contenimento del numero dei migranti, in modo particolare dopo lo scandalo di «mafia capitale» e dopo le indagini della magistratura, Pag. 5 con la quale abbiamo collaborato fattivamente, in modo particolare con quella di Caltagirone sui cosiddetti badge e sull'eventuale conteggio delle presenze all'interno del CARA.
  Abbiamo, innanzitutto, sollecitato un contenimento. Ormai, sarà un anno e mezzo, forse due, che non abbiamo più di 2 mila migranti. Dipende anche dalle modalità di sbarco. Voglio ricordare che la zona della Sicilia orientale è battuta quasi quotidianamente da sbarchi continui. La settimana scorsa, ad esempio, a Catania abbiamo avuto uno sbarco di 200 persone il lunedì, uno sbarco di 1.070 il mercoledì successivo. L'organizzazione su aspetti di questo tipo ci impegna quotidianamente.
  Vorrei anche rendere partecipe la Commissione dell'attività che svolgiamo per quanto riguarda le interdittive antimafia, la nostra amministrazione trasparente e le white list. Il lavoro che svolgiamo come prefettura è particolarmente intenso. Abbiamo emanato un'interdittiva antimafia a novembre dell'anno scorso nei confronti della Tecnis, come tutti sanno l'impresa di costruzioni più importante dell'Italia meridionale, la terza impresa di costruzioni italiana. Abbiamo, di conseguenza, esteso l'interdittiva antimafia a tutte le società collegate della Tecnis: l'Artemis Spa, la Cogip Holding, la Cogip Infrastrutture, la Horizon Srl, il Consorzio Stabile, Consortile Nord Sud e chi più ne ha più ne metta. Sono circa 33 tra società collegate e società principale.
  Anche per la Tecnis abbiamo fatto, in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione, il commissariamento previsto per legge. Per circa tre mesi, la Tecnis è stata gestita dal commissario nominato dal prefetto, il professor Ruperto. Successivamente, è stato effettuato il sequestro delle quote della Tecnis, che attualmente è dunque sotto amministrazione giudiziaria, quindi controllata da parte dell'autorità giudiziaria. Voglio anche ricordare degli importanti commissariamenti che sono stati fatti e che sono relativi all'appalto dei rifiuti del comune di Catania e alla discarica Okos di Motta Sant'Anastasia a seguito di un'interdittiva antimafia nei confronti della società IPI Srl, con cui la società Oikos era consorziata. Attualmente, con commissari nominati dal prefetto gestiamo l'appalto dei rifiuti del comune di Catania e la discarica di Motta Sant'Anastasia, ma solo Valanghe d'Inverno e non Tiritì, perché non bisogna confondersi. Il commissariamento, quindi, riguarda solo la discarica di Valanghe d'Inverno, che possiamo considerare la discarica più grande della Sicilia. Attualmente, vi conferiscono 98 su 390 comuni siciliani. Sono comuni che ricomprendono la provincia di Messina, quelle di Catania, Enna, Siracusa e, in momenti di emergenza, anche alcuni comuni della provincia di Trapani. Questi sono i nostri commissariamenti insieme all'Autorità nazionale anticorruzione.
  Se vogliamo passare al fenomeno migratorio, che ci interessa notevolmente, ho detto che sono incessanti gli sbarchi, ma bisogna dare atto di una straordinaria attività svolta anche dalla magistratura catanese, che ha consentito e consente, di volta in volta, di assicurare alla giustizia gli scafisti. Addirittura, con una collaborazione messa in piedi con l'Egitto, sono stati arrestati anche in Egitto scafisti ricercati dalla polizia italiana.
  La nostra situazione attuale è problematica per quel che riguarda i minori non accompagnati. Per quanto riguarda le strutture per i maggiorenni, non abbiamo problemi. Il CARA di Mineo riesce a contenere, anche se non tutti gli sbarchi. Fortunatamente, infatti, il piano di ripartizione messo in piedi dal Ministero dell'interno consente, una volta che li identifichiamo e li fotosegnaliamo, di farli salire sui pullman e distribuirli in tutte le regioni italiane. Maggiorenni non ne rimangono in Sicilia.
  Quelli che, invece, rimangono in Sicilia e per i quali cominciamo ad avere non pochi problemi sono i minori non accompagnati. Le strutture a nostra disposizione, allo stato, sono piene, e quindi la collocazione dei minori non accompagnati comincia a essere un problema non indifferente. Immaginate che nello sbarco che abbiamo avuto, l'ultimo, di 1.070 persone, c'erano ben 230 minori, di accompagnati dai familiari, ma anche da soli. La loro collocazione Pag. 6è diventata difficilissima. È stato uno sbarco anche particolarmente significativo dal punto di vista umano, presidente, emozionante. Abbiamo avuto tre nascite a bordo della nave che li ha trasportati. Addirittura, una donna ha partorito mentre scendeva le scale della nave, arrivata all'ultimo gradino, quindi ha partorito su territorio innegabilmente italiano a tutti gli affetti. Da questo punto di vista, è una situazione che gestiamo con grande sacrificio.
  Voglio ricordare che le strutture che operano in questi frangenti sono sempre le stesse. Noi non abbiamo rinforzi, non usufruiamo di altro tipo di vantaggi. I funzionari della prefettura sono sempre gli stessi, gli agenti della Polizia, i Carabinieri, la Guardia di finanza, gli operatori, la Croce rossa, i volontari, a livello provinciale sono sempre le stesse persone, sottoposte quotidianamente a degli stress da questo punto di vista notevoli.
  A questo punto, passo al problema del comune di Catania. Come avevo anticipato al vicepresidente onorevole Fava, con una nota del 18 marzo del 2016, il 18 gennaio del 2016 si è tenuta presso la prefettura una riunione tecnica di coordinamento per prendere in esame i contenuti di articoli di stampa che riportavano notizie circa presunti rischi di infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione del comune di Catania attraverso alcuni consiglieri comunali e di circoscrizione, asseritamente legati da rapporti di parentela a soggetti collegati a sodalizi mafiosi. Abbiamo desunto le informazioni da notizie di stampa. Non avevamo altri elementi.
  Successivamente, è pervenuta la relazione della commissione regionale di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia, che ha concluso la sua analisi imputando a responsabilità politiche il concretizzarsi delle evidenze emerse. La commissione regionale, a seguito di uno scritto anonimo, che evidenziava la presenza di consiglieri comunali e di circoscrizione legati da vincoli di parentela con sodali mafiosi, ha ritenuto di fare un'inchiesta interna, durata circa un anno, dopodiché ha trasmesso gli atti alla prefettura per le determinazioni di competenza.
  I fatti, come riportati dalla stampa e dalla relazione della commissione regionale, consistevano in un elenco di consiglieri comunali e di circoscrizione. Si elencavano le loro parentele, ma non si evidenziava quello che in base alla legge deve sussistere perché possa farsi un accesso di questo tipo, cioè elementi inequivocabili e univoci circa l'infiltrazione all'interno dell'ente. Ci vogliono degli elementi di certezza. Dovevano essere evidenziati degli episodi, delle circostanze, che in sé dovevano dimostrare le infiltrazioni, e quindi il condizionamento dell'ente. Ovviamente, tutto questo non c'era, e quindi in una riunione di comitato di coordinamento è stato deciso di effettuare, attraverso i vertici delle forze dell'ordine, un monitoraggio interno all'ente, finalizzato al reperimento di notizie ulteriori circa questi presupposti indispensabili richiesti e previsti dalla legge. Questo monitoraggio è stato posto in essere dalle forze dell'ordine, che hanno prodotto una serie di schede che hanno evidenziato – dirò adesso relativamente a quali singoli consiglieri – alcuni elementi di parentela.
  Per il consigliere comunale Marco Erika, per esempio, eletta nelle file della lista n. 4, Megafono-Crocetta, che si inquadra nella maggioranza, gli accertamenti hanno consentito di appurare che Marco Fabio Antonio, genitore del consigliere Marco Erika, risulta essere stato più volte denunciato da reparti dell'Arma dei carabinieri e dalla DIA di Catania per associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, corruzione, truffa e falso. La sua figura emerge in due inchieste particolari, «Polifemo», condotta dalla DIA di Catania, ed «Ermes-Dioniso», attuata dai reparti dell'Arma dei carabinieri, che hanno consentito di inquadrarlo in contesti mafiosi finalizzati all'illecita gestione e controllo di appalti pubblici, ma non sono emersi elementi concreti all'interno del comune.
  Sul conto di Pellegrino Riccardo Angelo, eletto nelle file della lista n. 12, Il Popolo delle Libertà, inquadrata nell'opposizione di centrodestra, dagli accertamenti esperiti sono emerse alcune segnalazioni a opera della Polizia di Stato e della Guardia di finanza, che lo hanno denunciato per il Pag. 7reato previsto dall'art. 416-ter, vicenda giudiziaria che si è conclusa senza seguito, in quanto l'autorità giudiziaria inquirente non ha ritenuto di dover esercitare nei suoi confronti l'azione penale. Sul conto del consigliere comunale, però, rilevano dei controlli di polizia, che lo avrebbero visto in compagnia di Mazzei Girolamo Carmelo, figlio di Mazzei Sebastiano, che sarebbe reggente dell'omonima consorteria mafiosa dei Carcagnusi. Criticità, inoltre, si registrano sul conto del fratello di Pellegrino Riccardo, tale Gaetano, nato a Catania nel 1977, arrestato dalla Polizia di Stato e dalla DIA per estorsione, associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, il tutto nell'ambito dell'attività delinquenziale posta in essere dal clan mafioso dei Mazzei, detti Carcagnusi, di cui Pellegrino Gaetano è un elemento di rilievo. Ulteriore criticità a carico di Pellegrino Riccardo Angelo è rappresentata dalla posizione di un altro fratello, Antonio Gianluca, che è stato già destinatario di ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti in favore di un'altra consorteria mafiosa, quella del clan Cappello.
  Sono emersi elementi a carico di Raciti Francesca, eletta in seno al Partito Democratico, che è il presidente del consiglio comunale. La criticità, però, è rappresentata dal genitore, Raciti Carmelo, indicato da un collaboratore di giustizia nell'ambito dell'operazione «Iblis», condotta dall'Arma dei carabinieri, quale personaggio di riferimento per alcune attività illecite della consorteria mafiosa Santapaola-Ercolano. In particolare, il collaboratore indica nel Raciti l'imprenditore strettamente correlato a tale Zuccaro Maurizio, uomo d'onore appartenente alla citata consorteria, ma questo non ha avuto seguito.
  Ci sono poi dei consiglieri di circoscrizione, come Tommasello Mario, eletto nella lista civica «Articolo 4». Gli accertamenti svolti hanno consentito di appurare che Tommasello, fratello di Mario, deceduto, risulta essere stato denunciato dal reparto anticrimine dei Carabinieri di Reggio Calabria e dalla squadra mobile di Catania.
  Poi abbiamo Leone Lorenzo, presidente della VI municipalità di Librino, San Giorgio, Zia Lisa e San Giuseppe la Rena, eletto nelle liste di «Articolo 4», che si inquadra nella maggioranza: gli accertamenti hanno consentito di appurare che Leone Gaetano, fratello di Lorenzo, risulta essere stato tratto in arresto per il reato di cui all'art. 416-bis dalla squadra mobile di Catania e dai Carabinieri di Catania. Nei confronti di quest'ultimo la corte d'appello di Catania ha emesso la sentenza di condanna per associazione a delinquere di tipo mafioso ed è stato condannato alla reclusione di anni 13. Marchese Maurizio, un altro consigliere, sarebbe cognato di Leone Lorenzo e risulta essere stato più volte tratto in arresto da personale dell'Arma dei carabinieri per il reato di cui all'art. 416-bis. Nei confronti di quest'ultimo la corte d'assise di Catania, in data 5 dicembre 1997, ha emesso sentenza di condanna per associazione a delinquere di tipo mafioso a una reclusione di 2 anni e mesi uno.
  Ci sono stati, però, accurati approfondimenti estesi a una vasta platea. Abbiamo fatto uno screening su tutti i consiglieri comunali, tutti i consiglieri di circoscrizione e i loro parenti, quindi ci siamo spinti oltre rispetto alla commissione antimafia regionale, estendendo i rilievi ai parenti fino al terzo grado, quindi con un accertamento molto più accurato, ma questi non hanno evidenziato fatti e circostanze nuovi rispetto all'epoca dello svolgimento delle elezioni. Queste persone sono state elette con le elezioni del 2013 e non c'era nessuna situazione nuova nel 2015. La situazione era quella fin dal 2013, al momento della loro elezione. Non sono, quindi, circostanze nuove rispetto all'epoca dello svolgimento delle elezioni, gli appositi organismi, in questo caso le commissioni che hanno sede presso il tribunale, non hanno avuto riscontri di cause di ineleggibilità e di incandidabilità dei singoli candidati. Loro potevano essere eletti e candidati.
  Inoltre, i rapporti di parentela riguardano consiglieri che non fanno parte dell'organo esecutivo dell'ente e appartengono a forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione. Stiamo parlando sia di consiglieri Pag. 8 comunali sia di consiglieri di circoscrizione, nessuno dei quali fa parte della giunta. Nessuno ha compiti esecutivi. Appartengono a forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione, per cui è una platea vasta. Per influenzare l'ente, dovrebbero mettersi d'accordo tutti. Hanno punti di vista differenti e appartengono, come ho detto, sia alla maggioranza sia all'opposizione.
  Siccome allo stato non c'erano i presupposti previsti dalla legge, abbiamo continuato a effettuare il monitoraggio e nel mese corrente abbiamo svolto un ulteriore approfondimento in sede di comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica: in quel contesto, i vertici delle forze dell'ordine hanno confermato di non disporre di elementi ulteriori rispetto agli esiti degli accertamenti sui consiglieri comunali e circoscrizionali in precedenza riferiti.
  Vorrei concludere, come già comunicato al gabinetto del Ministero dell'interno, che, sebbene dagli accertamenti sia emerso che le notizie di stampa ricavate dalla relazione della commissione regionale antimafia siano veritiere in ordine ai rapporti di parentela, l'analisi condivisa nell'ambito del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica ha permesso di evidenziare che non sussistono, allo stato, come prevede la legge, concreti, univoci e rilevanti elementi, tali da sorreggere adeguatamente la richiesta di delega di poteri di accesso ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali. La norma, nel testo novellato dall'articolo 2, comma 30, della legge 15 luglio 2009, n. 44, richiede infatti che la situazione di infiltrazione sia resa significativa da elementi concreti, univoci e rilevanti, che assumano valenza tale da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, aspetto ultimo che riveste carattere essenziale ai fini dell'adozione della misura dello scioglimento dell'organo rappresentativo della comunità locale. La definizione di tali parametri da parte della normativa di riferimento esclude che, pur permanendo in capo all'amministrazione quell'ampia discrezionalità che a essa spetta nella valutazione di fenomeni connessi all'ordine pubblico, e in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, tale discrezionalità possa spingersi fino a far presumere dalla sola esistenza di parentele e dall'irregolarità di alcuni atti dell'amministrazione un condizionamento di tipo mafioso. Che cosa voglio dire? C'è una sentenza del Consiglio di Stato del 19 ottobre del 2015 che, sostanzialmente, ci dice che la semplice parentela o la rilevazione di semplici elementi di parentela non può indurre, seppur nell'ambito della discrezionalità che spetta, a predisporre un accesso, dal momento che non ci sono quei fenomeni univoci, concreti e indiscutibili di permeazione, di infiltrazione e di condizionamento dell'ente pubblico.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il prefetto e passiamo alle domande dei commissari.

  CLAUDIO FAVA. La ringrazio, signora prefetto. Il quadro che lei ci ha offerto è molto allarmante, perché riguarda una comunità in cui, accanto alle notizie che lei ricordava, c'è un'area grigia che tende al nero e che si estende sempre di più. Lei ricordava l'interdittiva alla Tecnis. Costanzo e Bosco sono due tra i maggiori imprenditori del Mezzogiorno, vengono arrestati e l'accusa è netta: le loro aziende sarebbero state asservite alla famiglia catanese di cosa nostra. Il più importante editore del centro-sud è imputato per concorso in associazione di stampo mafioso. Diciamo, quindi, che la situazione di contesto pretende un'attenzione particolare. Lei ha fatto un riepilogo sulle vicende dei consiglieri comunali. Non voglio aggiungere nulla. Mi permetto di aggiungere soltanto due dettagli, che proprio per le ragioni di eventuale condizionamento ambientale non sono da trascurare. Lorenzo Leone diventa presidente della circoscrizione Librino, il quartiere in cui ottiene un'incredibile quantità di voti e anche il quartiere in cui la cosca mafiosa a cui fa riferimento stabile il fratello ha il proprio insediamento geografico, politico e militare. Riccardo Pellegrino Pag. 9ottiene la sua forza elettorale, il suo consenso, nel quartiere di San Cristoforo, che è la base operativa e militare della cosca dei Carcagnusi, alla quale fa riferimento esplicito in termini processuali il fratello. Stiamo parlando di due consiglieri circoscrizionali – uno diventa presidente della circoscrizione e consigliere comunale – i quali prendono molti voti nei luoghi in cui le famiglie mafiose di riferimento dei fratelli, in alcuni casi più fratelli, hanno il loro insediamento storico. Questo è un elemento in più di preoccupazione. Vorrei aggiungere un altro procedimento penale, che lei non ha citato, a proposito di Pellegrino, che in questo momento assieme a Mazzei, al capo cosca, è accusato di aver minacciato un collaboratore di giustizia e per questa ragione è sotto processo. È per completare un quadro nel quale continuano a fiorire notizie allegre.
  Ora, lei su questo fa una valutazione che secondo me ha poco a che fare con le sue funzioni. Lei non deve sciogliere il comune di Catania. Lei ci ha letto l'articolo 143, comma 1, che parla di scioglimento se emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti. La richiesta che le è stata fatta non era di sciogliere il comune di Catania. La richiesta che le era stata fatta, ai sensi del secondo comma dell'articolo 143, era di verificare la sussistenza di quel comma 1 e di disporre ogni opportuno accertamento, promuovendo l'accesso presso l'ente interessato. Non le si chiedeva di sciogliere, perché non è nelle sue potestà, quindi non le si chiedeva di dirci se ci sono elementi univoci, rilevanti e concreti su collegamenti diretti o indiretti. Le si chiedeva di applicare il secondo comma, di verificare se c'erano queste condizioni. E la verifica, signora prefetto, non si fa in termini filosofici, assumendo che trattandosi di maggioranza e opposizione insieme, visto che i consiglieri sono frammentati tra diverse parti politiche, c'è difficoltà a controllare. Lei mi insegna che una commissione d'accesso va a guardare in controluce gli atti deliberativi. Se il presidente della VI circoscrizione è stato eletto con enorme quantità di voti nel quartiere mafioso controllato dalla famiglia di cui il fratello è punto di riferimento centrale, sarei andato a guardare le delibere di questa circoscrizione. Le ricordo anche che l'azione penale non è necessaria perché la prefettura decida questo atto di autotutela sul piano territoriale, cioè di verificare la sussistenza. Il comune di Brescello è stato sciolto dopo che la prefetta aveva deciso di avviare una commissione d'accesso senza che ci sia stata nemmeno una denuncia. Soltanto sulla base di un'improvvisata intervista del sindaco, si è ritenuto dover andare a guardare in controluce gli atti amministrativi di quel comune. Poi si è scoperto che andava sciolto. In questo caso, si poteva anche scoprire che questi due fratelli nulla hanno a che fare in termini di condizionamento mafioso per far parte di quelle famiglie, ma questa verifica non è stata fatta. Lei ha citato l'articolo al comma 1. Io le chiedevo di applicare il comma secondo di quest'articolo.
  Il secondo punto, di cui non abbiamo parlato ma che rientra in questa tematica, è quello della white list. La famiglia Ercolano ha avuto, a mio giudizio, trattamenti a volte un po’ svogliati e disattenti nella gestione amministrativa e giudiziaria delle sue vicende imprenditoriali. Il nipote di Pippo Ercolano, il capo clan deceduto alcuni anni fa, Angelo Ercolano, ha avuto la Sud Trasporti inserita nella white list. In un documento che è stato pubblicato dalla commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti in Sicilia, lei dice che non siete in condizioni, non avete strumenti, che avete armi spuntate se non ci sono elementi certi che vi permettano di intervenire. Lo inserisce, però, nella white list nel 2014, il 17 marzo, e nel 2013, cioè un anno prima, Angelo Ercolano aveva avuto 5 milioni di sequestro e due società sequestrate per un colossale giro di false fatturazioni. Angelo Ercolano è il cugino di Aldo Ercolano, il cugino di Enzo Ercolano, il nipote di Giuseppe Ercolano.
  Per cronaca e per storia di chi non conosce queste vicende, stiamo parlando di una famiglia i cui beni, tutti afferenti al trasporto su gomma da epoche immemorabili, continuano a essere intercettati come Pag. 10investimento mafioso, sequestrati e confiscati. Vorrei ricordare che per Geotrans il cugino Enzo Ercolano ha avuto nel 2014 una confisca per 10 milioni di euro. La società, si è scoperto, era falsamente intestata a lui, fittiziamente, ma in realtà faceva parte del patrimonio del padre, Pippo Ercolano. L'anno dopo, c'è stato un nuovo sequestro da 23 milioni di euro, di altre sei aziende, perché si scopre che il pacchetto rappresentato da Geotrans era stato trasferito in altre sei aziende, create nuovamente e intestate ad altri parenti. Di fronte a questo reticolo di connivenze familiari, alla certezza giudiziaria per cui Angelo Ercolano ha avuto due sequestri e 5 milioni di euro sequestrati, alla sussistenza reale di dubbi circa la trasparenza degli investimenti che hanno portato quest'azienda a diventare leader in un settore controllato in forma monopolistica, dal punto di vista mafioso, dagli Ercolano da quarant'anni, come fa lei a inserirlo nella white list? Inoltre, ci sono alcuni passaggi che non ho capito. Inserito il 17 marzo nella white list, il 28 luglio dello stesso anno la prefettura decide di procedere con un'interdittiva antimafia che cos'è avvenuto nel frattempo in quei tre mesi di più e di meglio, da questo punto di vista, rispetto a quanto non era già accaduto l'anno prima, nel 2013? Pongo un'ultima questione e concludo, presidente.

  PRESIDENTE. Alle 14.30 ci sono votazioni in Aula.

  CLAUDIO FAVA. Mi bastano pochi secondi per condividere con lei un elemento di preoccupazione ambientale, sul quale forse occorrerebbe essere un po’ più attenti. Il 10 ottobre 2015 si inaugura a Catania la discoteca Empire, con la «strada degli artisti», in un investimento di immagine culturale, con Mimmo Di Bella, gestore della discoteca, accanto al sindaco di Catania. Cinque giorni dopo, la discoteca viene confiscata, Mimmo Di Bella indicato come un prestanome del boss e si scopre che già dieci anni prima la procura della Repubblica di Catania aveva sequestrato 53 milioni di euro, tra cui la società Empire, alla famiglia mafiosa di cui si fa cenno nella vicenda. Come è possibile che tutto questo accada? Non è compito suo evitarlo, ma è compito suo darci una lettura che ci permetta di capire quanti spazi di sovrapposizione esistano tra presunta legalità e assoluta illegalità, di cui la vicenda della famiglia Ercolano e il modo in cui è stata trattata o poco trattata in questi anni sono espressione piuttosto dolorosa.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. La ringrazio, signor prefetto. Io mi riallaccio subito a quanto appena affermato dal collega Fava. Lei, signor prefetto, ha fatto un elenco delle parentele e ha controllato le parentele dei consiglieri comunali e circoscrizionali di Catania. Abbiamo scoperto che la mafia non ha la maggioranza in consiglio comunale e nei consigli di circoscrizione, ma non è questo quello che viene richiesto dalle norme. Quello che viene richiesto dalle norme è di vedere se ci siano elementi che indicano infiltrazioni o influenze, e l'elezione, già indicata dal collega, dei due presidenti, è elemento per indicare condizionamenti nell'amministrazione. Anche la Raciti è stata eletta presidente del consiglio comunale. Anche se non sono maggioranza in consiglio comunale, un elemento di condizionamento comunque si può manifestare anche dal fatto che sono stati eletti. Vi è di più. Quello che andava ricercato all'interno dell'amministrazione, come ben è stato evidenziato, sono fatti come quelli dell'Empire, che sono spia e indice che l'agire dell'amministrazione ha un qualche condizionamento. Allora, dobbiamo parlare anche, per esempio, dell'appalto per la gestione dei parcheggi de «La Playa», revocato all'impresa affidataria per affidarlo ad altra impresa, che subito ha evidenziato l'assunzione di pluripregiudicati, per giunta ritenuti dalla magistratura collegati alle famiglie che controllano proprio «La Playa». Parliamo di pochi mesi fa. L'appalto è andato tutto in porto, fino a stagione conclusa. Vi è ancora di più e di meglio.
  La più grande operazione edilizia, qualcuno la chiamerebbe speculazione edilizia, che riguarda il comune di Catania, il PUA, è essa stessa elemento e indice di quegli elementi che dovrebbero far subito scattare un approfondimento da parte delle strutture Pag. 11 preposte a questo. Sappiamo che il PUA è stato aggiudicato all'unica impresa che si è presentata, Stella Polare, società istituita nel 2005 con un capitale sociale di poco più di 10.000 euro per un'operazione di centinaia di milioni di euro, che annovera al momento della registrazione quali soci Renzo Bissoli e i catanesi Salvatore Modica e Francesco Strano. Salvatore Modica sarebbe il cognato di Giovanni Parisi, già considerato dagli investigatori esponente del clan mafioso dei Laudani. Francesco Strano figurerebbe, invece, in diverse società, tra cui Futuria costruzioni, costituita dalla moglie di Francesco Guardo, detto «Franco u longu», e madre di Michele Guardo, entrambi ritenuti affiliati a cosa nostra catanese e arrestati l'ultima volta nel 2014, nel blitz antimafia «Caronte».
  L'unico socio non siciliano, proprio il Bissoli, che ha già riportato condanna a 7 anni per bancarotta fraudolenta, è considerato anche lui in odore di mafia. Se consideriamo che all'operazione PUA si interessa Bianco, in quel momento candidato sindaco, intercettato con Ciancio, in quel momento inquisito per mafia, adesso di nuovo inquisito per mafia e che risulta proprietario della maggior parte delle aree del PUA e di quelle circostanti, a me e al Movimento 5 Stelle sembra che ci siano tutti gli elementi perché si vada a indagare sugli atti amministrativi e non più, ormai, sulle parentele acclarate dei consiglieri comunali.
  C'è una questione in più, quella della liquidazione dell'Amat. Uno dei terreni, e non di poco conto, all'interno del PUA era di proprietà comunale e stava per essere svenduto tramite una procedura esecutiva, poi annullata dalla magistratura, senza opposizione dell'amministrazione per pochi euro, un terreno valutato milioni di euro. Tutto questo è sempre nel quadro della mancanza di indizi di un'amministrazione non infiltrata.
  Un'altra questione non da poco che riguarda sempre Catania è l'investimento della vecchia dogana. Sono stati erogati oltre 3,5 milioni di euro di soldi pubblici per realizzare un polo enogastronomico, e noi tutti ci chiediamo come sia possibile che questo sia stato trasformato in una discoteca, che risulterebbe essere stata in mano a tale Scardilli, già organizzatore presso il locale MA di piazza Castello Ursino, che secondo la magistratura sarebbe da ricondurre al clan Laudani, sempre a Catania.
  Ci sono altre cose, signor prefetto, di cui vorremmo avere notizia in questa Commissione. In particolare, vorremmo sapere se prima degli interventi della magistratura sul CARA di Mineo la prefettura di Catania aveva fatto delle ispezioni, se c'erano dei rapporti e, se sì, se può parlarci del loro esito o, se il presidente lo ritiene, depositarli in Commissione.
  L'ultima, ma non meno importante, questione riguarda proprio la gestione della discarica di Motta. Ci sono state interrogazioni, non del Movimento 5 Stelle ma del PD, che riguardavano la quota esorbitante degli emolumenti previsti per una terna di amministratori. Vorremmo sapere se risulta il vero, che fino ad ora sono stati erogati a due di essi 800.000 euro in qualità di commissari e al terzo commissario oltre 550.000 euro, somme che a noi sembrano incredibili. La vicenda di questa discarica, presidente, è collegata a questioni di mafia pesantissime, proprio per le proprietà della gestione della discarica e il sistema dei rifiuti che vi gira attorno. Se potesse dare spiegazioni su questo, gliene saremmo grati.

  PRESIDENTE. Sono le 14.15, bisogna dare al prefetto la possibilità di rispondere.

  GIUSEPPE LUMIA. Certo. Interverrò velocemente. Per quanto riguarda il CARA di Mineo, prefetto, vorrei che notiziasse la Commissione sul grado di coinvolgimento e di collusione sia sulla vicenda corruttiva sia, eventualmente, sulla vicenda mafiosa delle amministrazioni comunali che facevano parte del consorzio. Accanto al commissariamento delle società cooperative, di cui ci ha detto in modo dettagliato, sarebbe interessante comprendere se si stia facendo un monitoraggio sulle responsabilità amministrative di quegli enti, che amministravano di fatto in modo anomalo, come è stato più volte ricordato sul Pag. 12panorama nazionale – la prefettura è subentrata dopo che era emerso lo scandalo – in modo che si possano comprendere anche le responsabilità istituzionali locali nella scandalosa gestione del CARA di Mineo. In secondo luogo, prefetto, con riferimento al lavoro di monitoraggio, vorrei sapere se sul lungomare de «La Playa» è stato fatto un lavoro sistematico per il controllo delle autorizzazioni sulle proprietà dei lidi e sulle eventuali presenze mafiose che mi risultano in quel contesto. Sarebbe importante sapere se c'è un lavoro, un setaccio a maglie strette, perché questa parte importante della città sia liberata e restituita a un rapporto positivo che si potrebbe creare tra legalità e sviluppo. Le faccio velocemente una domanda in merito a un'altra questione che la Commissione sta affrontando su altri territori, che penso vada vista anche a Catania, e cioè quella del rapporto tra massoneria, clan Ercolano, clan Laudani, oltre che Santapaola, anche attraverso un atto di trasparenza, la consegna alla Commissione antimafia dell'elenco delle adesioni alla massoneria, che penso risulteranno presso la prefettura, con particolare riferimento ai rappresentanti delle istituzioni e degli enti pubblici legati alla massoneria. Sarebbe interessante capire, non solo in merito a consiglieri, a eventuali altri livelli istituzionali regionali, ma anche se ci siano figure parlamentari che aderiscono a quest'organizzazione, in modo che la Commissione parlamentare antimafia possa fare una sua valutazione. Chiedo, naturalmente, una particolare attenzione alle logge coperte, e quindi un mandato alle forze dell'ordine per fare degli accertamenti più mirati intorno a quello che la legge Anselmi vieta che si possa costituire, ma che sappiamo che nei territori del nostro Paese ancora insiste. Per quanto riguarda, poi, la vicenda dei consiglieri, è chiaro che questa presenza è inquietante. È un fatto oggettivo, di cui nessuno può minimizzare la gravità. Prendo atto dell'attività di monitoraggio continuo che avete svolto, mi sembra con tutte le forze dell'ordine. Chiedo al prefetto di valutare anche – visto il rapporto di alcuni di questi eletti con le famiglie mafiose, che rimane un fatto molto inquietante – eventuali interventi interdittivi mirati che possano colpire direttamente le persone interessate, evitando – se non esistono fatti di condizionamento, che vanno sempre verificati – un coinvolgimento dell'intero consiglio comunale.

  PRESIDENTE. Prefetto, valuti ciò che ritiene più urgente e i punti su cui rispondere oggi. Se, eventualmente, servisse ulteriore documentazione su alcuni aspetti, la farà pervenire. Aggiungo solo una domanda alle tante che le sono state rivolte: non potrebbe essere fatto l'accesso agli atti solo per una circoscrizione, in particolare quella di Librino?

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Assolutamente. Rispondo subito. Per quanto riguarda la Geotrans, ha ragione l'onorevole Fava, ma i reati di tipo finanziario sono esclusi dalla normativa antimafia e di per sé non possono essere sufficienti al non rilascio della liberatoria. In quel contesto, quindi, la Geotrans fu iscritta nella white list perché non vi erano elementi che consentissero la sua esclusione. In base alle disposizioni di legge, non era consentito questo. C'erano poi delle sentenze, sia del Consiglio di Stato sia dei TAR, che escludevano la possibilità di non rilasciare l'interdittiva per la semplice parentela. Addirittura, delle sentenze riguardavano – non ricordo il nome – un illustre criminale campano, il cui nipote è stato iscritto nelle white list della prefettura di Salerno, in quanto il semplice chiamarsi Ercolano o Santapaola non era di per sé sufficiente per escluderlo dalle white list.

  CLAUDIO FAVA. Presidente, mi permette? Sul sito della prefettura di Catania leggo questa espressione, mi spieghi lei qual è il significato: «L'inserimento è subordinato alla preventiva verifica da parte della prefettura che le imprese non siano soggette a tentativi di infiltrazione mafiosa». Da una parte, quindi, ci sono alcuni reati che in modo conclamato definiscono Pag. 13 l'infiltrazione mafiosa, ma il vostro impegno e il vostro esame è che non siano soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Queste sono le nuove previsioni di legge. La semplice presentazione della domanda consente all'impresa di essere iscritta nelle white list. Questa è la nuova normativa. Noi, ovviamente, facciamo poi gli accertamenti sulle infiltrazioni: se sono negativi, ovviamente li togliamo dalle white list. Inizialmente, però, è così che dice la legge.

  PRESIDENTE. Non era proprio la materia nella quale applicare un silenzio assenso.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Non è una disposizione felice, ha ragione, onorevole, ma è così. Sostanzialmente, il diritto all'iscrizione nella white list c'è finché non vengono fatti gli accertamenti, ma non sono io a fare le leggi. Vorrei dire che dopo tre mesi – ha ragione – l'abbiamo tolta dalle white list. A memoria, non ricordo per quale motivo abbiamo fatto l'interdittiva antimafia, ma sicuramente il nucleo di valutazione interno alla prefettura, composto dalle varie forze dell'ordine, avrà riscontrato dei nuovi elementi, onorevole, emersi tre mesi dopo. Il nostro problema è che quella con la magistratura è una collaborazione di tipo «personale». A Catania, quando esaminiamo le interdittive o la iscrizione nelle white list, al comitato, oltre a partecipare le forze dell'ordine, partecipa anche il procuratore della Repubblica, che a volte ci può dare una mano, a volte una mano non ce la può dare. Lavoriamo anche con queste carenze. Del comune di Catania vorrei spiegare che manca l'attualità del problema, cioè che cos'è cambiato da quando sono stati eletti, perché oggi, perché non nel 2013. Perché l'accesso oggi e non nel 2013?

  PRESIDENTE. A un certo punto, si viene a conoscenza di alcuni fatti.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Sono stati eletti nel 2013. Il tutto non era a conoscenza di nessuno. È saltato fuori da una lettera anonima, inviata alla commissione parlamentare siciliana in un certo momento politico, magari particolare. Non voglio aggiungere altro. Con ciò non si esclude, come dice il presidente Bindi, che possiamo fare un accesso nella circoscrizione di Librino, ma discrezionalmente anche con le forze dell'ordine si è valutato che non sussisteva questo presupposto attuale che dimostrasse un condizionamento dell'ente a seguito di queste parentele. Il motivo del condizionamento, infatti, erano le parentele, che di per sé stesse, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, non sono sufficienti per questo tipo di valutazioni.

  PRESIDENTE. Signor perfetto, l'onorevole Fava ha chiesto di nuovo la parola per una precisazione, ma perché possiamo capire meglio: è stato svolto un monitoraggio? Sono state fatte delle indagini, delle inchieste? Dagli elementi di cui siete a conoscenza non emerge materiale per prevedere una commissione di accesso?

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. No, da quello di cui siamo in possesso non emergono elementi per giustificare una commissione di accesso. Voglio ricordare che in questo caso il prefetto assume in prima persona la responsabilità dell'atto e quindi il provvedimento deve essere motivato e supportato. Ricordo che avverso questo tipo di provvedimenti può essere fatto ricorso al TAR da parte dell'ente, può essere fatto ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa. Il prefetto assume in primis la responsabilità anche dell'eventuale danno, per cui devono necessariamente esserci elementi in possesso che giustifichino l'accesso. Allo stato, non ne abbiamo. Chiedo la segretazione.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

Pag. 14

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  CLAUDIO FAVA. Lei non deve decidere sullo scioglimento o meno, ma verificare.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. No, anche l'accesso...

  CLAUDIO FAVA. Deve verificare sull'accesso. E mi permetta di dire, signora prefetto, che io non credo all'idea che non si sapesse nulla, se non fosse arrivata una lettera anonima, del fatto che il presidente della circoscrizione più delicata di Catania era fratello del braccio destro di un capo mafia catanese e che di tutto questo si aspettasse la conferma da una lettera anonima. Non credo che in quella città non si sapesse perfettamente che il fratello eletto in consiglio circoscrizionale come presidente aveva quei legami familiari con quei due fratelli, entrambi inseriti in un contesto mafioso!

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Signora prefetto, come è stato evidenziato proprio su questo punto, lei non può chiedere perché non è stato fatto nel 2013. Siamo noi che dobbiamo chiedere perché non è stato fatto nel 2013. Qualcuno non ha fatto quello che doveva fare e le cose poi accadono nel 2015, nel 2016. L'appalto è stato revocato nel 2016, l'inaugurazione dell'Empire con il soggetto prestanome dei boss, secondo la magistratura, è avvenuta dopo, tutto avviene dopo, perché chi doveva intervenire non è intervenuto. Non va bene nemmeno che si dica di aspettare la magistratura. Questa è una delle poche norme perché l'amministrazione possa intervenire in via preventiva, prima che si facciano i danni. A condanne avvenute, a distanza di anni, ormai è finita la storia dell'infiltrazione.

  PRESIDENTE. Devo sottolineare che il senso di quello che ha appena detto il senatore Giarrusso è che lo scopo delle misure di prevenzione è questo. I comuni sono stati sciolti senza che prima vi fosse nessuna indagine da parte delle procure. Roma è un caso eccezionale da questo punto di vista. Torno a chiedere, prefetto, se non ci siano almeno gli estremi per un accesso alla circoscrizione di Libino, almeno quello.

  GIULIA SARTI. La commissione di accesso non deve per forza dare esito positivo. Viene fatta proprio per verificare che non sussistano gli elementi.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Scusate, ma vorrei precisare che in questo caso il prefetto chiede la delega al Ministro. Io devo chiedere la delega al Ministro dell'interno per l'accesso. Ovviamente, per chiedere la delega, devo documentare la necessità dell'accesso e dimostrare che c'è almeno qualche elemento che giustifichi l'accesso, che non può essere dato solo dalle parentele. Come dicono le sentenze del Consiglio di Stato, la semplice parentela non è sufficiente. Per quanto riguarda poi il discorso dell'appalto dei lidi de «La Playa», vorrei ricordare innanzitutto che gli elementi mafiosi che lavoravano presso i lidi sono saltati fuori grazie a un monitoraggio che abbiamo fatto come prefettura. La ditta che si era aggiudicata l'appalto aveva la certificazione antimafia, era stata costretta ad assumere delle persone «non in linea». Attraverso il monitoraggio della prefettura, tutto questo è saltato fuori e sono state licenziate queste persone. Di questo è informata anche l'autorità giudiziaria, che non ha ritenuto di adottare alcun tipo di provvedimento nei confronti dei titolari della società che si è aggiudicata l'appalto.
  Per quanto riguarda il CARA di Mineo, voglio ricordare a tutti che c'era un accordo di programma tra il Ministero dell'interno e il consorzio dei comuni del Calatino, attraverso il quale i comuni gestivano l'appalto del CARA di Mineo in autonomia. Nessuna responsabilità, in questo senso, è ascrivibile alla prefettura di Catania e al Ministero dell'interno. Voglio ricordare che, indipendentemente dagli accertamenti successivi, era un appalto che Pag. 15avrebbe dovuto essere il più blindato d'Italia, perché era un accordo di programma con un consorzio di enti pubblici, un consorzio di comuni, che avevano un'autonomia gestionale all'interno del CARA di Mineo. Questo accordo di programma è stato sciolto prima del tempo previsto da parte del Ministero e adesso il CARA di Mineo è gestito da questa struttura di missione.
  Le ispezioni che venivano fatte – mi rivolgo al senatore Giarrusso – sono quelle previste per legge. Si tratta di quelle di tipo internazionale, finalizzate ad accertare la vivibilità all'interno del centro, il tipo di servizio offerto, il tipo di alimentazione offerta. Queste sono state fatte e, se credete, possono essere prodotte. Ripeto che non avevano alcuna attinenza con i controlli di tipo contabile, perché la contabilità e la gestione dell'appalto in quel che riguardava i rapporti contrattuali venivano effettuate dal consorzio dei comuni del Calatino.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Il prefetto ha dato la disponibilità a produrre tale documentazione.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Se volete qualche ispezione, certo.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Le ispezioni che sono state fatte prima dell'intervento della magistratura. Se la presidente è d'accordo, le possiamo acquisire.

  PRESIDENTE. Certamente.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Grazie, le aspettiamo signora prefetto.

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Certamente.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Relativamente al CARA di Mineo, lei è a conoscenza della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni dei centri di accoglienza? In particolar modo con riferimento al CARA di Mineo, conclude che, anche a seguito della gestione diretta da parte del Governo, attraverso il Ministero dell'interno, le condizioni risultano invivibili, che quel tipo di centro è un modello assolutamente negativo per quanto riguarda le tipologie di accoglienza da organizzare. Già sono state svolte, quindi, delle indagini di tipo parlamentare su Mineo e sono state assolutamente negative le conclusioni. Lei è a conoscenza di questo?

  MARIA GUIA FEDERICO, prefetto di Catania. Certo, la Commissione parlamentare è venuta a Catania e ha fatto un sopralluogo al CARA di Mineo. Non sono valutazioni che competono al prefetto di Catania, lei si rende conto, ma che attengono al Ministero dell'interno e alla direzione generale dell'immigrazione. Noi aspettiamo notizie. Devo dire, comunque, che all'interno del centro le condizioni sono cambiate. Non ne abbiamo più 5 mila. Ce ne saranno 2 mila circa. Capita che ce ne siano di più, ma solo in momenti particolari, poi vengono ricollocati, onorevole. Non arriviamo più alle cifre dei 5 mila. In questo momento risulta un numero alto per il semplice fatto che in una settimana sono sbarcati in 10 mila, ma dall'interno del CARA vengono ricollocati, cioè non rimangono i 3.700, i 3.300, i 3.400. Al contrario, avrà anche assistito alle lamentele dei lavoratori di Mineo perché, siccome è prevista una riduzione notevole degli ospiti del centro, sono state già predisposte le lettere di licenziamento per coloro che lavorano nel centro. Con le ricollocazioni si arriverà a un numero vicino ai 1.600, che corrisponde all'appalto che abbiamo. Passiamo alla discarica di Motta. Chiedo di segretare.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringraziamo il prefetto e dichiaro conclusa l'audizione.

Pag. 16

Istituzione di un comitato di lavoro, di cui agli articoli 3 e 7 della legge 19 luglio 2013, n. 87.

  PRESIDENTE. Come concordato nella scorsa riunione dell'ufficio di presidenza, se non vi sono obiezioni, si procederà all'istituzione di un nuovo comitato di lavoro sul tema: «donne e mafia», ai sensi degli articoli 3 e 7 della legge istitutiva.
  Invito pertanto i Gruppi a procedere alla designazione dei propri componenti.

  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, in base a quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, dello scorso 5 ottobre, il calendario dei lavori per la prossima settimana è il seguente: mercoledì 19 ottobre ore 13.30, audizione della sindaca di Roma, Virginia Raggi; al termine, audizione del sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo. Sempre mercoledì 19, alle ore 20, è convocato l'ufficio di presidenza per una illustrazione delle modalità del dottorato di ricerca sulle mafie in attuazione del protocollo di intesa con la CRUI.
  Venerdì 21 ottobre si svolgerà una breve missione a Melito Porto Salvo e Reggio Calabria per un focus sulla locale vicenda di abuso su minori. La settimana successiva la Commissione effettuerà una missione ad Ancona il 25 e 26 ottobre prossimi dedicata alla situazione della criminalità organizzata nelle Marche, nel cui ambito, ove possibile, si intende anche fare un approfondimento sulle procedure per la ricostruzione dopo il terremoto del 24 agosto 2016 e una visita dei luoghi colpiti dal sisma. Comunico, infine, che la Commissione si avvarrà della collaborazione a tempo parziale e a titolo gratuito del ten. col. G.diF. Giuseppe Furciniti e del dottor Salvatore Riccardo Cannizzo, ai sensi dell'art. 7 della legge istitutiva e dell'art. 24 del regolamento interno.

  La seduta termina alle 15.