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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 71 di Martedì 17 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione della dottoressa Gianna Maria Nanna, esperta in materia di giustizia minorile:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 3 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 9 
Carnevali Elena (PD)  ... 9 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 10 
Carnevali Elena (PD)  ... 11 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 11 
Carnevali Elena (PD)  ... 11 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 11 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 11 
Carnevali Elena (PD)  ... 11 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 11 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 12 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 12 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 12 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 13 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 13 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 14 
Nanna Gianna Maria , esperta in materia di giustizia minorile ... 14 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE BRESCIA

  La seduta comincia alle 13.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione della dottoressa Gianna Maria Nanna, esperta in materia di giustizia minorile.

  PRESIDENTE. Avverto che, ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero dell'audito, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Al riguardo, per assicurare la massima fluidità del dibattito, prego i colleghi di riservare eventuali domande da sviluppare in sede riservata a fine seduta.
  L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Gianna Maria Nanna, esperta di giustizia minorile, non solo a causa del suo ruolo di sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Bari, ma anche per aver curato la pubblicazione di alcuni volumi in materia.
  La Commissione sta rivolgendo una specifica attenzione al tema dell'accoglienza dei minori non accompagnati. In questo senso, l'audizione di oggi fa parte di un pacchetto di iniziative in vista di una relazione della Commissione dedicata ai minori e alle problematiche connesse.
  La settimana scorsa è intervenuta la responsabile della struttura di missione costituita presso il Dipartimento delle libertà civili del Ministero dell'interno, la dottoressa Caprara, che ha già fornito un aggiornamento delle problematiche in questione.
  La dottoressa Nanna potrebbe fornire un altro qualificato punto di vista che aiuti la Commissione a focalizzare i suoi lavori sui principali nodi da affrontare. Le cedo, pertanto, la parola.

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Grazie, presidente. Vorrei entrare subito nel vivo della discussione, accennando innanzitutto alla particolare condizione dei minori stranieri non accompagnati, che vivono una situazione di evidente difficoltà ambientale e relazionale che inficia il normale e corretto sviluppo dell'evoluzione della personalità.
  Tale condizione, come è perfettamente intuibile, ove non adeguatamente supportata, può condurre il giovane giunto sul territorio a possibile devianza, che può consistere in comportamenti contrari alle norme del vivere civile oppure a norme scritte, addirittura di natura penale, del Paese di accoglienza.
  Queste azioni, che possono essere dirette contro se stesso, con atti autolesionistici, o nella maggior parte dei casi eterodirette, cioè dirette verso le persone e la società di accoglienza, danno luogo a fenomeni che ci fanno capire come la condizione di disagio può, ove appunto non supportata, portare a devianza, ovvero, nei casi più complessi, a fenomeni di vera e propria delinquenza minorile.
  Ora, questo non vuol dire che, di per sé, la condizione di minore straniero non accompagnato Pag. 4 porti a questo tipo di comportamento. Anzi, è vero che minori provenienti da contesti identici o analoghi possono dare delle risposte molto diverse. Tuttavia, è anche vero che un minore che vive in quella particolare condizione ha più facilità e possibilità di avere scarsa resistenza nei confronti delle sollecitazioni antigiuridiche o addirittura criminali.
  Da qui si comprende l'importanza della tempestività degli interventi e della specializzazione nell'affrontare la delicata materia dell'immigrazione in generale e minorile nello specifico.
  Mi preme, quindi, comprendere come giungere a risultati tempestivi, ovvero a dare risposte positive ed efficaci sul territorio sul piano sia giuridico sia prettamente sociale.
  Il primo strumento viene utilizzato da parte di chi si trova a immediato contatto con il minore straniero non accompagnato già al momento dello sbarco. Parlo, dunque, delle forze dell'ordine.
  In particolare, nei nostri uffici della procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni abbiamo delle sezioni specializzate di polizia giudiziaria formata da personale altamente selezionato in base a titoli e attività specialistiche minorili, che, tuttavia, attua solo in parte quello che era l'intento delle Regole di Pechino approvate dall'ONU, che suggerivano addirittura la creazione di corpi di polizia speciale, soprattutto nei grandi centri, aventi specifica competenza e attitudine ad affrontare le problematiche minorili.
  Per questo è molto importante incentivare contatti e seminari permanenti di studio tra l'autorità giudiziaria, le sezioni specializzate e le forze dell'ordine presenti sul territorio.
  Vi ho lasciato, se può essere di interesse, alcune mie pubblicazioni in tema minorile, delle quali una riguarda proprio i rapporti fra la polizia giudiziaria e i minori. Mi sono prodigata di allegare a questa pubblicazione un cd che raccoglie atti che frequentemente devono essere redatti dalla polizia giudiziaria nell'ipotesi di casi minorili. La pubblicazione è il frutto di un lavoro permanente che facciamo con le forze dell'ordine proprio perché siano particolarmente addestrate ad avere dimestichezza giuridica, ma anche un approccio psicologico adeguato al caso di cui ci si occupa di volta in volta.
  Quando il minore straniero non accompagnato giunge sul nostro territorio, i primi interventi sono quelli dell'accertamento dell'età e dell'identificazione. Nell'ipotesi in cui vi siano dubbi in merito a questi aspetti, si può procedere all'esame auxologico, cercando di evitare il più possibile di ripeterlo più volte, quindi verificando se il minore non vi sia stato già sottoposto, cosa che si può fare attraverso lo sviluppo dell'AFIS o delle risultanze SDI.
  Ove l'età continui a essere presunta, si ipotizza che il minore sia comunque tale anche in caso di dubbi, sia perché il ripetere degli esami radiografici potrebbe comportare rischi per la salute, sia perché si pone il problema della coercibilità degli accertamenti auxologici, in contrasto peraltro con l'interesse alla celerità del collocamento del giovane. Si ritiene, dunque, che l'età dichiarata sia presuntivamente quella reale.
  L'identificazione può essere svolta attraverso un documento, se esistente e se valido, come un passaporto, un permesso di soggiorno o una carta d'identità ovvero anche attraverso una dichiarazione che venga fornita da un genitore o da un rappresentante maggiorenne del minore, previa naturalmente identificazione e fotosegnalamento di quest'ultimo, anche al fine di accertare l'effettivo grado di parentela fra il soggetto maggiorenne e il soggetto minorenne.
  Quando un minore straniero non accompagnato arriva in Italia si possono porre due casi. Il primo è quello del minore che giunga in Italia con figure di riferimento; in tal caso gli interventi di collocamento dell'autorità giudiziaria e della polizia cui facevo riferimento poc'anzi sono una fase solo eventuale, nell'ipotesi in cui emerga una situazione di trascuratezza ovvero di degrado oppure che il minore sia educato da soggetti inidonei.
  Nell'ipotesi in cui, invece, si tratti di minore straniero non accompagnato, cioè giunto in Italia assolutamente privo di figure parentali di riferimento, allora la condizione del minore viene di per sé ritenuta Pag. 5di disagio. Infatti, il legislatore ha da sempre ritenuto la clandestinità una condizione di disagio e di particolare vulnerabilità in sé, per cui ha sempre garantito il divieto di espulsione del minore ovvero della donna incinta o che si occupi del minore nei primi anni di vita. La Corte costituzionale ha poi esteso questa garanzia anche al marito convivente.
  Definiamo, però, il minore straniero non accompagnato. La definizione non l'ho coniata io, ma ce la fornisce molto precisamente l'articolo 1, comma 2, del regolamento emanato in forza dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 113 dell'aprile 1999, che definisce il minore straniero non accompagnato come «il minore non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano».
  La segnalazione deve essere fatta alla procura della Repubblica, ma può esserci, come normalmente accade, l'esigenza di un intervento in via di emergenza che le forze dell'ordine fanno in forza dell'articolo 403 del Codice civile che consente alla pubblica autorità, senza la immediata autorizzazione del pubblico ministero, di collocare il minore in luogo sicuro qualora si trovi in uno stato di abbandono materiale o morale ovvero in stati equivalenti, quale, appunto, per definizione la sua condizione di migrante non accompagnato.
  In tal caso, la polizia giudiziaria deve procedere, come dicevamo, alla sua identificazione, al fotosegnalamento, all'acquisizione dei precedenti AFIS e SDI, collocando il minore in una struttura protetta, redigendo un verbale di affidamento al responsabile della struttura e informando mediante atto scritto la procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, che darà, in seconda battuta, una veste giudiziaria a quello che è un provvedimento di polizia adottato nell'immediatezza.
  Nel momento in cui il minore giunge in Italia ed è privo di una rappresentanza, va da sé che è fondamentale per lui la nomina di un tutore. Infatti, sappiamo benissimo, come stabiliscono i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico, che la nascita dà luogo alla capacità giuridica, cioè alla capacità di essere titolare di diritti e di doveri e che, tuttavia, la capacità d'agire, cioè la capacità di esercitare diritti e adempiere a doveri si acquista con la maggiore età, ovvero viene esercitata normalmente dai genitori o da colui che ne ha la responsabilità genitoriale.
  Per questo, nel caso di minore privo di figure genitoriali – le figure di orfano, di minore con genitori dichiarati decaduti dalla responsabilità o di minore straniero non accompagnato vengono ritenute, per giurisprudenza oramai consolidata e costante, sostanzialmente equivalenti – si impone la nomina di un tutore che esercita una potestà. La funzione del tutore è un mumus che consente, appunto, l'esercizio dei poteri e implica dei doveri.
  Noi in Puglia ci siamo posti questo problema e abbiamo cercato di configurare un tutore che sia quanto più possibile adeguato al ruolo. Pertanto, abbiamo creato di concerto con l'Autorità garante per l'infanzia e per l'adolescenza un albo di tutori denominati «tutori legali volontari».
  La terminologia potrebbe sembrare contraddittoria perché tecnicamente il tutore o è legale, nel senso che è nominato dal giudice, ovvero volontario, cioè nominato sulla base di un atto volontario della persona. In questo caso, lo si è denominato in questo modo perché è un tutore di legge che però esercita un atto volontario, perché è assolutamente gratuito.
  Si suol dire che dichiarare la propria disponibilità a essere nominati tutori per questo tipo di minori è un atto «di cuore», proprio perché il tutore, in questo caso, svolge un ruolo gratuito. Tuttavia, si è cercato di formarlo quanto più possibile nelle discipline minorili con l'ausilio di personale specializzato in problematiche infantili o dell'adolescenza, laddove queste persone già non esercitino tale tipo di funzione.
  Non è detto, infatti, che il tutore sia una persona di legge, perché può essere una qualsiasi persona che dichiara di voler esercitare Pag. 6 tale tipo di funzione. Ovviamente, colui che ha già una specializzazione in diritto minorile è avvantaggiato, ma, se il tutore non ce l'ha, si cerca di fornirgliela attraverso personale specializzato.
  Vorrei fare cenno a un'attività molto importante che svolgiamo. Mi riferisco all'attività ispettiva nelle comunità di accoglienza, che è un istituto tipico del rito minorile e che appartiene alla funzione del pubblico ministero minorile.
  Originariamente, la funzione era attribuita al giudice tutelare, ma poi è passata, con una legge del 2001, al pubblico ministero minorile, che svolge delle ispezioni semestrali nelle comunità di accoglienza per minori. Ove lo ritiene, può svolgere anche ispezioni straordinarie in ogni tempo.
  Normalmente noi deleghiamo la polizia giudiziaria affinché faccia le ispezioni. Successivamente, raccolte le informazioni, noi pubblici ministeri redigiamo una relazione ispettiva – un atto proprio del pubblico ministero – da trasmettere al tribunale, al fine di promuovere i provvedimenti più idonei al caso proprio. Infatti, noi li promuoviamo, ma poi è il tribunale, a seguito di istruttoria, ad adottare i provvedimenti.
  Il termine «ispezione» è in senso civilistico, quindi bisogna distinguere l'ispezione nell'ambito del procedimento penale, che normalmente è svolta contro l'autore del reato o quale mezzo di ricerca della prova, dalle ispezioni che in questo caso sono svolte a tutela del minore accolto nelle comunità per verbalizzare, quindi comprendere la situazione, minore per minore.
  Infatti, per ogni minore collocato viene fatta una scheda, quindi un verbale ispettivo, in cui si apprende dalla fonte diretta, cioè dal minore stesso ovvero dal responsabile della comunità, quale tipo di condizione e di esigenza il minore manifesta nel caso specifico. Queste informazioni sono importantissime al fine sia di avere una visione di insieme della struttura di accoglienza (per esempio per capire quanti e quali minori sono entrati, quali e come sono usciti, quali sono stati trasferiti), sia di comprendere la particolare esigenza che quel minore richiede.
  Questo è importante anche per tutti i provvedimenti che verranno adottati nel futuro, sia per capire se la struttura dove si trova è a lui idonea ovvero se necessita di una struttura più specializzata, con delle competenze cliniche, neuropsichiatriche o pedagogiche diverse, sia per tutti gli interventi educativi, di istruzione e di futuro inserimento sociale del giovane.
  Sto volutamente sorvolando sull'applicazione codicistica delle norme perché la do per presupposta: siamo persone di diritto e ovviamente applichiamo le norme minorili. Tuttavia, c'è un solo modo per esercitare questa funzione: saper coordinare e incentivare la collaborazione fra i vari strumenti che il magistrato minorile può utilizzare, quindi le forze dell'ordine, l'attività ispettiva nelle comunità e la stessa società civile.
  Noi ci siamo resi conto che su questa particolare fascia di minori una rete di interventi preventivi, educativi e di recupero sociale può dare luogo a dei risultati positivi in maniera tale che questi giovani acquisiscano dei nuovi obiettivi di vita, resistendo alle sollecitazioni delinquenziali.
  È, dunque, molto importante, incentivare e sviluppare una serie di attività divulgative e di sensibilizzazione di tali giovani, affinché possano cogliere dei segnali positivi da una società di accoglienza che non li lascia soli, ma offre loro delle ulteriori prospettive di vita rispetto a quelle fornite dalla situazione dalla quale sono fuggiti.
  A tal proposito, vorrei segnalare un'importante iniziativa che si sta svolgendo a Bari. Io rappresento la Procura minorile in questa esperienza che stiamo facendo con la Prefettura, con l'Ufficio del Garante, con tutte le forze dell'ordine, con l'UNICEF, con l'Università degli studi, con la ASL e con il Policlinico, avente ad oggetto un piano di intervento coordinato da attuarsi nelle scuole, là dove la scuola viene vista come il primo contenitore sociale che il minore sperimenta subito dopo la sua permanenza nella comunità di accoglienza, come attore privilegiato del fenomeno educativo.
  L'iniziativa è stata svolta con interventi periodici proprio nelle scuole. Anche io mi sono recata fisicamente nelle scuole per svolgere una rete di interventi tesi a evitare Pag. 7la dispersione scolastica e prevenire l'ingresso dei giovani nel mondo della criminalità, fornendo delle risposte adeguate.
  Un'ulteriore iniziativa importante si è svolta a Foggia. Io ho avuto l'onore di parteciparvi come rappresentante del mio ufficio. La Prefettura di Foggia ha avviato un piano programmatico nell'ambito del Consiglio territoriale per l'immigrazione, nel corso del quale sono stati elaborati degli specifici obiettivi tesi a svolgere interventi nei confronti del fenomeno migratorio, con – li enuncio per sommi capi, poi li leggerete più diffusamente nel testo scritto che vi ho lasciato – politiche abitative e integrazione territoriale degli immigrati e azioni finalizzate all'integrazione scolastica di questo tipo di minori. Peraltro, facendo un calcolo statistico, si è visto che un numero considerevole di studenti è costituito da bambini stranieri, che nella maggior parte dei casi sono migranti che sono riusciti a integrarsi nel tessuto socio-educativo.
  L'inserimento lavorativo degli immigrati è un altro aspetto. Infatti, i passaggi – questo è l'iter quantomeno auspicabile – sono questi: il minore straniero non accompagnato arriva, viene accolto, si svolgono degli interventi, viene inserito a livello scolastico, ma successivamente bisogna dargli delle opportunità di integrazione a livello lavorativo.
  Un ulteriore strumento molto importante da non sottovalutare è il ruolo che può essere svolto dai mezzi di comunicazione. Nel caso di specie, il rapporto tra i mass media e il giovane migrante è molto importante e delicato perché può essere fondamentale non solo nell'orientare l'opinione pubblica, ma per dare un quadro effettivo a noi operatori sull'emersione delle problematicità. Quindi è opportuno incentivare e utilizzare questo tipo di strumento non solo nel momento immediato dello sbarco, cioè di masse di minori stranieri non accompagnati, ma anche nei momenti successivi con azioni informative tese alla loro integrazione sociale, con l'abbattimento di barriere culturali e discriminatorie.
  Vorrei fare un ulteriore cenno a una problematica molto complessa, quella dei minori stranieri non accompagnati in collegamento con la grossa problematica dei reati associativi di sfruttamento della prostituzione minorile.
  Negli ultimi anni si sta assistendo a fenomeni di incremento dello sfruttamento della prostituzione minorile, connotato in alcuni casi da strutture organizzative stabili di carattere nazionale ovvero internazionale, spesso legata ai flussi migratori di non facile monitoraggio, che tende a sfuggire alla legalità, con un preoccupante aumento di attività delinquenziali, compreso lo sfruttamento di donne, molto spesso minorenni, che, giunte in Italia con ben diverse prospettive di lavoro o di vita, si trovano a cadere nell'abisso della prostituzione.
  Si comprende che ove lo sfruttamento della prostituzione abbia a oggetto minori è connotato da un particolare degrado e allarme sociale. Ciò ha indotto il legislatore a tipizzare una fattispecie delittuosa specifica, associativa, che prevede un incremento di pena per la partecipazione e a fortiori per l'organizzazione di attività criminali organizzate tese allo sfruttamento della prostituzione minorile.
  Più complessa è l'ipotesi in cui allo sfruttamento della prostituzione minorile partecipi non soltanto il maggiorenne bensì anche il minorenne, in concorso normalmente con il maggiorenne. Qui si assiste a un altro interessante e preoccupante fenomeno che è, appunto, la partecipazione di minori utilizzati dalle associazioni criminali come facile manovalanza tesa all'adescamento o al reclutamento delle giovani vittime.
  In questi casi si assiste alla competenza della Procura ordinaria per quanto riguarda il perseguimento del reato nei confronti dei maggiorenni, ma anche a quella della Procura minorile al fine di perseguire l'autore del reato, ove minorenne. La competenza dell'autorità giudiziaria minorile sussiste sempre in queste ipotesi sia per tutelare la vittima – questo è indiscusso – ma, laddove si profili l'ipotesi di un autore minorenne, anche per tutelare quest'ultimo.
  Infatti, in base alle norme minorili fondamentali, l'autore del reato, ove minorenne, è depositario di esigenze di tutela a livello psicologico e di salvaguardia della propria integrità psicofisica non meno della vittima. Proprio perché questa tipologia di Pag. 8reati è estremamente complessa richiede contestuali misure protettive per l'autore del reato e per la vittima, affinché l'autore non si veda necessariamente etichettato come soggetto malvagio.
  Siamo profondamente convinti che il commettere reati da parte del minore non è un'estrinsecazione di una malvagità insita in lui perché egli stesso è vittima dell'ambiente in cui è nato, cresciuto ed è stato educato, cioè è carnefice nei confronti della vittima, ma egli stesso vittima di un contesto in cui si è trovato.
  Vorrei, infine, fare riferimento a un'importante novità legislativa vigente dal 6 gennaio del 2016. Faccio riferimento al Regolamento recante definizione dei meccanismi per la determinazione dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta, in attuazione dell'articolo 4, comma, 2 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24.
  Sono sicura che conoscete i punti importanti di questa legge per cui non mi ci soffermo. Mi preme sottolineare, per le ragioni che dicevo prima e che sono state avvertite dal legislatore, che il minore straniero non accompagnato vittima di tratta ha un valore aggiunto, cioè degli special needs, delle particolari e aggiuntive esigenze di tutela. Pertanto, il legislatore ha previsto un particolare iter ai fini della determinazione dell'età con un lavoro in rete e, ove ve ne sia la necessità, prevede anche il coinvolgimento delle autorità diplomatiche, nonché l'intervento di esperti specializzati, di mediatori culturali e di traduttori.
  Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che il giovane minore straniero non accompagnato che arriva in Italia non parla nemmeno la nostra lingua, quindi non possiede gli strumenti fondamentali. Quindi, altro che esercizio dei diritti e adempimento di doveri: noi dobbiamo andare a monte, cioè dobbiamo comprendere che questi giovani sono privi di qualsiasi tipo di tutela.
  La donna vittima di tratta – chiaramente mi riferisco in generale ai minori – molto spesso non ha nemmeno la capacità di esprimersi e di descrivere la situazione di provenienza dalla quale è fuggita.
  A caldo di questa legge si è posto il problema se poter applicare questa normativa in via analogica a situazioni non meno degne di tutela.
  Come abbiamo detto, quella di minore straniero non accompagnato è considerata di per sé una condizione di disagio in quanto condizione di clandestinità minorile. Questi minori presentano un valore aggiunto se vittime di tratta, ma ci potrebbero essere situazioni analoghe, che sono le più disparate e che in questo momento non mi voglio nemmeno soffermare ad elencare, ma che sono facilmente intuibili specialmente per voi che affrontate la problematica nel vivo.
  Per esempio, durante il turno notturno esterno di un pubblico ministero accade di tutto. Noi ci troviamo ad affrontare delle situazioni a volte ordinarie e anche straordinarie in cui la soluzione pratica deriva non solo e non tanto dalla dimestichezza o dalla conoscenza delle norme, ma proprio dal buonsenso. Per questo si parla di necessaria conoscenza multidisciplinare del diritto minorile, specialmente nelle condizioni emergenziali, come è fisiologicamente la figura del minore straniero non accompagnato.
  Si sta ponendo, dunque, il problema se estendere questa normativa a tutti i minori stranieri non accompagnati, che però non è previsto dalla legge, oppure applicare l'istituto dell'analogia a casi simili.
  Su questo lancio degli input proprio perché è una questione molto calda per cui mi auguro che si giunga a delle prassi uniformi il prima possibile.
  Personalmente ritengo che il legislatore – questo è un mio pensiero che credo sia ragionevole – si sia pronunziato opportunamente con questa legge perché quello delle vittime di tratta è un fenomeno troppo grave perché non si provvedesse, tuttavia sono convinta che questo tipo di meccanismo avrà delle implicazioni generali.
  Non voglio abusare del vostro tempo e della vostra attenzione, quindi mi limito a un ultimo cenno a una particolare norma molto piccola che però ha delle implicazioni pratiche potenti. Sto parlando dell'articolo 31, comma 3, del decreto legislativo n. 286 del 1998 in forza del quale – la Pag. 9legge fondamentale sui cittadini extracomunitari, una norma che applichiamo ogni giorno per centinaia di casi – «il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico».
  Questo vuol dire che quando ci troviamo in presenza di una richiesta – ne vengono fatte davvero in numero ponderoso – di maggiorenni genitori di minori che si trovano nel territorio dello Stato italiano possiamo autorizzare tale nucleo familiare a permanere nello Stato italiano anche in deroga, cioè anche laddove non ci sia un'autorizzazione o un permesso di soggiorno.
  Questa è una norma potentissima per le sue implicazioni perché toglie interi nuclei familiari dalla condizione di clandestinità, pur in deroga, come dice la legge, alle norme del testo unico, che sono quelle generali per ottenere un permesso di soggiorno. È chiaro che tale norma serve a consentire la regolarizzazione di questi nuclei sul territorio nazionale. Tuttavia sto battendo su questo punto al fine di rendere nota una circostanza spesso non conosciuta da chi non frequenta l'ufficio giudiziario minorile, cioè di come l'intero fenomeno migratorio venga da noi trattato non solo con riferimento ai minori stranieri non accompagnati.
  Del resto, quando parliamo di minore, non è mai una monade. Parliamo sempre di minore e del suo nucleo familiare, sia che sia assente, come nel caso del minore straniero non accompagnato, per cui le istituzioni tutte sono chiamate a svolgere interventi che si sostituiscono alla figura del genitore, sia quando il genitore è presente ma vive in una condizione di clandestinità, ovvero di difformità rispetto alla legge.
  Mi fermerei qui.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa, per la relazione molto esaustiva, con la quale ha risposto anche a molte domande che avrei voluto farle. Condivido con lei che occorre una visione di insieme quando si affrontano fenomeni così complessi.
  Do ora la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  ELENA CARNEVALI. La ringrazio molto della disponibilità e della sensibilità culturale di approccio che mi trova molto in sintonia. Siccome, come diceva, non siamo ancora alla realizzazione di corpi speciali di polizia specificamente indirizzati su questo, credo che il lavoro fatto con l'autorità giudiziaria e con tutti i soggetti che di fatto entrano in relazione con il minore sia particolarmente importante.
  Ho bisogno di chiederle alcune cose. La prima riguarda la questione della nomina del tutore. Va molto bene l'esperienza che si è realizzata a Bari, ma le chiedo: quanta di questa esperienza è stato o è possibile portare a conoscenza dell'attività applicata anche in altri contesti territoriali?
  Infatti, nei luoghi di sbarco attualmente la nostra legge attribuisce il maggiore interesse alla tutela del minore, ma poi le nomine sono affidate ai sindaci che talvolta hanno difficoltà ad esercitarle, per quanto si faccia con particolare attenzione.
  Il tema che pongo è come avviene, nel momento in cui il minore passa dal centro di prima accoglienza alla distribuzione sul territorio, che non è omogenea, il passaggio di consegne tra tutore e tutore e se si ha la possibilità di trovare soggetti formati, che non necessariamente sono sindaci.
  Devo dirle che, per quel che conosciamo, il quadro generale italiano è un po’ più complesso. I tempi della nomina del tutore sono spesso lunghi. L'attività, inoltre, è svolta più come funzione amministrativa che come impegno di carattere educativo e formativo nel seguire il processo di crescita di questi minori. Ecco, credo che questo sia uno dei vulnus che abbiamo nel nostro Paese, quindi le chiedo che cosa succede quando vengono trasferiti.
  La seconda cosa che mi ha colpito molto è l'attività ispettiva che un PM del tribunale minorile può fare nelle strutture di accoglienza. È molto positivo che questo venga fatto e devo dire che abbiamo delle esperienze molto buone, anche per mettere in luce le buone prassi che si possono replicare Pag. 10 sul territorio, ovviamente con i dovuti adeguamenti perché nulla è replicabile quando si tratta dei minori.
  Devo dirle che è capitato a questa Commissione, sulla base di una serie di segnalazioni, di arrivare a chiedere la chiusura di alcune comunità che abbiamo visitato anche personalmente e che non avevano nessuna delle caratteristiche minime per consentire di poter dire che fossero luoghi adatti per l'accoglienza dei minori.
  Altro tema di particolare rilevanza – l'abbiamo già affrontato nell'audizione precedente – è quello degli standard che stabiliamo. Dico «standard» anche se è un termine improprio, ma purtroppo gli accreditamenti delle strutture di accoglienza passano da lì. Noi dovremmo riuscire a garantire al minore il diritto a vivere possibilmente in famiglia o perlomeno in luoghi che più corrispondono a un concetto di famiglia. Pratichiamo ancora poco l'affido mite o la genitorialità diffusa, tutti strumenti che potrebbero aiutarci a farci carico di questi 25.000 accolti, anche se 17.000 sono di fatto quelli che abbiamo attualmente a nostro carico.
  Allora vorrei capire se avete un report delle ispezioni e che tipo di rapporto c'è tra voi e gli organismi che sono deputati all'ispezione, visto che le strutture accreditate devono subire una verifica delle condizioni e degli standard strutturali e gestionali che offrono. Mi riferisco, ovviamente, ai soggetti che sono stati convenzionati e che, peraltro, ricevono finanziamenti da parte dello Stato.
  Il terzo punto riguarda una questione che mi trova particolarmente sensibile e sui cui concordo, ovvero l'approccio educativo e formativo. Dei 17.000 che abbiamo accolto, 10.000 hanno tra i 14 e 17 anni. Qui si pongono due temi. Uno è quello legato all'attività pedagogica in cui svolgono un ruolo importante le comunità di accoglienza. Invece, sul fronte educativo e formativo, per quello che so per la mia piccolissima esperienza anche in questa Commissione, è ancora molto scarsa la possibilità, soprattutto per i soggetti che hanno un'età che si avvicina molto alla fascia adulta, di poter accedere a corsi di formazione. Il problema è quello di una formazione che può essere spendibile nelle fasi in cui si passa all'età adulta. Penso, dunque, ai corsi di formazione professionale o ad attività simili.
  L'inserimento nel mondo della scuola è possibile. Sono stati anche erogati dei fondi specifici, spesso non utilizzati, ma bisognerebbe accompagnare a questo anche tutti gli strumenti perché la scuola possa rispondere in modo adeguato all'accoglienza di minori, ancorché particolarmente adulti.
  Lei dice che dà per scontato il fatto che non fate altro che applicare le norme. Tuttavia, se dovessimo fare un focus sulla condizione di un soggetto minore che ha commesso reato, vorrei riuscire a capire quali sono i trend, come abbiamo organizzato il sistema e quali possibilità offriamo a questi minori di rispondere alla pena che è stata stabilita in base alla condotta deviante. Come sappiamo, la qualità dell'intervento incide sulla possibilità di recidiva o meno. Vorrei, quindi, cercare di chiarire questo aspetto.
  Sono convinta, esattamente come dice lei, che più l'attività di accoglienza è precoce, adeguata e corrispondente ai bisogni, meno si verifica la possibilità di entrare nel circuito della devianza e della delinquenza i minori, spesso non accompagnati.
  Non conosco i numeri attualmente. Non so se lei ce li può fornire, ma mi piacerebbe capire come è organizzata la rete di accoglienza che si fa carico di esperire la pena nelle comunità che si occupano in particolare di giustizia minorile.
  Per le comunità che conosco e per le relazioni con alcuni tribunali dei minori so che siamo in una condizione di particolare sofferenza. Ora, non so se questo corrisponde, vista la perplessità, anche alla sua conoscenza, ma mi sarebbe particolarmente utile saperlo.
  Infine, sulla norma dell'articolo 31, comma 3, cioè della possibilità per il tribunale per i minorenni di andare in deroga al testo unico, non so quanto venga applicata.

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Sempre.

Pag. 11

  ELENA CARNEVALI. Allora la domanda è se viene applicata esclusivamente per i familiari che sono già sul territorio.

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Devono essere già sul nostro territorio.

  ELENA CARNEVALI. Devono essere già sul nostro territorio. Tuttavia, non sono a conoscenza di quanti sono i casi perché mi sembrava di capire che anche lei diceva che chi la conosce la applica, ma chi non la conosce molto probabilmente non lo fa.
  Per il momento mi fermo qui, grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri iscritti a parlare pongo altre due questioni e poi le cedo la parola. Mi riferisco a due fenomeni che sono ormai conclamati sul nostro territorio. Uno è quello dei minori che si rendono irreperibili proprio perché il sistema ha molte falle, quindi vanno a finire nelle maglie della criminalità organizzata oppure scompaiono del tutto. Ecco, vorremmo sapere se ha contezza di questo fenomeno ed eventualmente quali sono le iniziative in atto per poterlo affrontare.
  Un altro problema grosso che attiene sempre al sistema di accoglienza nel suo complesso è quello della permanenza dei minori in strutture non adeguate ad accogliere casi vulnerabili come quelli dei minori. Quali conseguenze giuridiche ha questo fenomeno?
  Mi riferisco alle strutture come gli hotspot perché abbiamo verificato che ci sono dei casi, per esempio a Pozzallo, di minori che sono stati trattenuti lì anche per più di due settimane. Quindi quali sono le conseguenze giuridiche di questi atti?

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Vi ringrazio per gli stimoli che mi vengono forniti. Le problematiche di cui mi avete chiesto sono così importanti e complesse che potremmo parlarne per un lungo tempo. Cercherò, quindi, di sintetizzare il mio pensiero.
  Il primo problema che veniva posto era quello del tutore. Il vulnus di cui parlavate è il periodo di tempo in cui il minore sbarca e non ha un tutore se non nella persona del sindaco.
  Purtroppo, accade proprio questo, ma dobbiamo tener presente che l’iter della nomina di un tutore si sviluppa secondo queste fasi: innanzitutto il minore giunge in un centro di accoglienza, poi, ove si accerti che è minore, viene smistato in una comunità di accoglienza per minori. Lì c'è il responsabile della comunità a cui il minore viene affidato.
  C'è, dunque, un vero e proprio atto di affidamento, per cui il responsabile della comunità si sostituisce alla figura del genitore, quindi è un soggetto che agisce in nome e per conto del minore. Successivamente avviene la nomina del tutore provvisorio da parte del Tribunale per i minorenni. Poi il giudice tutelare nomina il tutore definitivo, che normalmente si cerca di far coincidere la persona del tutore provvisorio per dare una sorta di continuità.
  Mi rendo conto che anche quindici giorni possono sembrare tanti, però nel momento in cui veniamo notiziati della presenza di un minore immediatamente promuoviamo il procedimento, per cui quanto prima ci arrivano le segnalazioni tanto prima riusciremo a procedere alla registrazione nel nostro ufficio della presenza del minore. Devo dire, comunque, che, per quanto ci arrivi un numero veramente notevole di segnalazioni, si riesce ad affrontare il problema con delle tempistiche ragionevoli.
  Per quanto riguarda la seconda domanda, ho omesso di trascriverla.

  ELENA CARNEVALI. L'esperienza dei volontari.

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. L'albo dei volontari è uno strumento che sta funzionando, però credo che ci sia, quantomeno a livello programmatico, l'idea di estenderlo a livello nazionale. Penso a un albo di persone sulle quali si può fare affidamento e a cui attingere. Pertanto, ritengo che, ove esteso e istituzionalizzato, da quest'albo si potrebbe tranquillamente attingere in maniera immediata e legittima al momento, senza dover «raccattare» figure di riferimento sul territorio. Pag. 12
  Anzi, ben venga la problematica che è emersa oggi perché sarebbe un bene se questo albo riuscisse a istituzionalizzarsi. Ovviamente, ci vogliono i fondi per fare questo. Alla fine, il problema sempre sono sempre i soldi. C'è poco da fare.
  È chiaro che è uno strumento che piace a tutti, ma poi dobbiamo fare i conti con le risorse. Questo vale per molte altre cose. Anche i corpi di polizia speciale a cui facevo riferimento sono cosa straordinaria e bellissima. Non so se a New York sia stata istituita questa figura, ma non so se qui abbiamo la possibilità di farlo.
  L'esperienza mi ha fatto comprendere un dato che sembra scontato, ma non lo è. Quanto più i problemi sono complessi tanto più il lavoro di squadra è importante. A questo proposito, intendo sottolineare che quello che ho fatto prima non è un discorso meramente accademico, ma è un piano programmatico di intervento che viene attuato ogni giorno, quantomeno dalla sottoscritta o da chi vuole fare questo mestiere.
  Occorre attivare interventi di coordinamento, creando un lavoro di squadra, confrontandosi e andando fisicamente nelle situazioni. Infatti, finché ognuno rimane nelle proprie stanze tutto rimarrà sempre più o meno nel suo seminato, mentre nel momento in cui ci incontriamo fisicamente in situazioni problematiche, come i centri di accoglienza o le comunità per i minori, si cerca di sopperire alle carenze.
  Certo, è una sfida perché chi si occupa di queste materie – parlo con persone qualificate a cui non ho bisogno certo di dirlo – affronta una problematica particolarmente complessa. Partiamo dal presupposto che abbiamo un numero considerevole non solo di minori, ma di gruppi, com'è tipico del fenomeno migratorio in genere, che, tuttavia, quando ci sono i minori diventa di particolare delicatezza.
  Ho cercato di documentarmi in ordine ai numeri, ovvero ai report mensili dell'anno 2016. Ebbene, leggo dati veramente impressionanti perché parliamo di migliaia e migliaia di minori stranieri non accompagnati, non dei migranti in generale. Sono 11.000-12.000 al mese.
  Allora, è chiaro che nel momento in cui ci si trova ad affrontare questo tipo di fenomeno tutto è un problema, per cui bisogna cercare quanto più è possibile di incentivare lo spirito di squadra.
  Riguardo alle ispezioni nelle comunità, non solo facciamo le ispezioni, ma, come cercavo di evidenziare, anche i controlli su ogni singolo minore. In pratica, ogni minore viene ascoltato.

  MARIA CHIARA GADDA. Quali sono le tempistiche?

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Sono semestrali.

  MARIA CHIARA GADDA. E viene fatto regolarmente?

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Sì, da tutte le Procure della Repubblica, non solo da noi. Questo è un istituto tipico minorile molto importante sul quale mi piace soffermarmi perché non è conosciuto dai non addetti ai lavori. Anzi, ben venga il fatto che ne stiamo parlando oggi perché non sarebbe male se questo istituto si potesse estendere dalla magistratura minorile, prevedendo anche per l'Autorità Giudiziaria ordinaria la possibilità di svolgere ispezioni tese ad avere un quadro di insieme giuridico del fenomeno migratorio.
  Abbiamo questo strumento che, per quanto applicato nei limiti del possibile, è utile. Noi abbiamo le nostre squadre specializzate di polizia giudiziaria che vanno alle comunità a controllare. È un atto del pubblico ministero, quindi su ogni situazione segnalata come particolarmente problematica adottiamo i provvedimenti conseguenti.

  MARIA CHIARA GADDA. Allora come giustifica i casi che si sono riscontrati anche con questa Commissione? Vuol dire che in molti casi i controlli non vengono fatti?

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Attenzione, questi controlli sono previsti dalla norma inserita Pag. 13 nella legge sull'adottabilità e sono tesi ad accertare le condizioni del minore, al fine di comprendere i bisogni di cui egli necessita. Ovviamente, nel momento in cui degli ufficiali di polizia giudiziaria vanno in queste strutture, anche se la finalità non è quella, è chiaro che se vedono delle strutture assolutamente inadeguate hanno l'obbligo di segnalarlo.
  Tuttavia, dobbiamo tenere presente – non conosco i casi specifici a cui fate riferimento, che saranno sicuramente estremi – la necessità di contemperare l'esigenza di collocamento e di tutela di questi minori con quella di evitare di applicare la legge nella maniera più pedante. Voglio dire che dobbiamo essere realistici: se andiamo a trovare il pelo nell'uovo in ogni struttura le chiudiamo tutte, ma poi non sappiamo dove mettere i minori. Insomma, dobbiamo fare i conti con la realtà.
  È chiaro che bisogna intervenire là dove ci siano delle condizioni assolutamente inadeguate che fanno equiparare la struttura comunitaria alla strada ovvero siano ricettacolo di delinquenza e di forme di devianza. È chiaro, però, che quella è la patologia del fenomeno, non la regola.

  MARIA CHIARA GADDA. L'affermazione era un'altra. È evidente che quei casi patologici, nel momento in cui sono emersi, dimostrano che in quelle fasi è mancata l'attività di controllo che probabilmente la vostra struttura svolge, ma altre strutture sul territorio nazionale non hanno svolto, sebbene previsto dalla normativa.

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. In realtà non è nemmeno l'autorità giudiziaria minorile a doverlo fare. Essa acquisisce quell'elemento, poi se ritiene che la struttura sia contra legem – perché parliamo di contrarietà alla legge – scatta la competenza della procura ordinaria.
  In sostanza, si sarebbero dovuti trasmettere gli atti innanzitutto agli organi amministrativi preposti alle autorizzazioni e ai controlli. Poi, là dove si ravvisino estremi di reato, avrebbero dovuto passarli alla procura ordinaria.
  Forse c'è stata questa mancanza. Tuttavia, mi piace parlare di casi da me conosciuti e vissuti, con carte alla mano. In generale, posso fare delle ipotesi, ma non mi voglio soffermare più di tanto su questo.
  Sul problema dei corsi di formazione, per quella che è la mia esperienza e la mia conoscenza, nel momento in cui un minore viene collocato in una comunità si apre il procedimento civile a sua tutela. Almeno nelle nostre strutture vedo che, minore per minore, viene fatto il cosiddetto PEI (Piano Educativo Individuale), che prevede il fatto che il minore viene aiutato a regolarizzare la sua posizione. Vengono svolti degli interventi non solo educativi, di istruzione e di alfabetizzazione del minore, ma anche successivi. Infatti, molto spesso autorizziamo la permanenza del minore anche oltre la maggiore età, con la prosecuzione degli interventi proprio ai fini dell'avviamento al lavoro.
  Dopodiché cessa la nostra competenza. In alcuni casi, la possiamo prolungare oltre il diciottesimo anno di età fino al ventunesimo, proprio per consentire la prosecuzione degli interventi. A quel punto, subentra un altro tipo di discorso perché abbiamo le politiche sociali. Noi siamo sempre procura minorile, quindi parliamo di strutture minorili.
  Un altro argomento riguarda l'autore del reato. In sostanza mi è stato chiesto quale concreta possibilità di recupero c'è. Ora, riguardo all'autore del reato in generale – sia avente cittadinanza italiana sia minore straniero non accompagnato o minore straniero regolarizzato – è evidente che, come dicevo all'inizio, minori che vengono da analoghi contesti non sempre danno risposte uguali. Minori provenienti da analoghe condizioni di disagio non sempre danno risposte analoghe, nel senso che il minore che proviene da una famiglia di boss o di delinquenti non necessariamente, per postulato indiscutibile, dà luogo a forme delinquenziali.
  Tuttavia, è anche vero che un minore che è nato e vissuto in un contesto particolarmente deviato e deviante ha più probabilità di intraprendere strade contrarie alla legalità. Pag. 14
  In questo caso abbiamo un minore che è arrivato su un barcone con mezzi di fortuna, non si sa bene come, né tramite chi, ma sicuramente tramite organizzazioni che sfuggono alla legalità dello stato di accoglienza. Non sappiamo nulla di che cosa è successo, né qual è il suo vissuto. Allora è chiaro che nel momento in cui i giovani hanno un vissuto problematico alle spalle – specialmente se si tratta di ragazzi quasi alle soglie della maggiore età, che chiamo «minorenni in teoria» perché nella pratica sono uomini veri – è più difficile toglierli dalle maglie dell'illegalità perché sono più esposti.
  Certo, la loro permanenza nelle comunità può costituire un efficace strumento di riabilitazione e di riadattamento sociale, anche là dove abbiano commesso dei reati.
  A questo proposito, mi piace ricordare un istituto che utilizziamo molto e che spesso ha degli effetti positivi perché agisce su una personalità in formazione quale quella del minore. Mi riferisco all'istituto della messa alla prova, che i giovani non solo immigrati che hanno commesso reati chiedono di poter svolgere molto spesso con risultati positivi che però non sono noti.
  Infatti, ciò che fa audience è sempre la patologia, il risultato negativo, il giovane che delinque e fa delle particolari azioni.

  PRESIDENTE. Soprattutto se straniero...

  GIANNA MARIA NANNA, esperta in materia di giustizia minorile. Soprattutto se straniero, ma anche italiano, perché è l'impatto dell'azione violenta o particolarmente allarmante commessa da un minore che colpisce. Il minore con la pistola in mano, con la mitraglietta o che fa delle azioni molto violente colpisce l'opinione pubblica attraverso gli organi di stampa, anche quando danno solo la notizia.
  Le informazioni che vengono veicolate colpiscono l'opinione pubblica, mentre è chiaro che nessun giornale e nessuna rete televisiva parlerà mai del giovane delinquente che si è riabilitato e ha imparato un mestiere, diventando pizzaiolo.
  Ecco, non ho mai sentito informazioni come questa, anche se ci sono tanti casi del genere. In questo momento non li ho portati, proprio perché fuori tema, ma mi riservo di produrvi i numeri degli effetti positivi di interventi di recupero andati a buon fine.
  Un'altra domanda è se l'articolo 31, terzo comma, si può applicare anche a chi non è sul territorio. Ebbene, non credo perché l'articolo 31, terzo comma, presuppone una domanda. La norma testuale dice «può appunto autorizzare per un periodo di tempo determinato» e parla del «minore che si trova nel territorio italiano».
  Quindi se parla del minore che si trova nel territorio italiano, la logica è che lo Stato o il magistrato non deve nemmeno pensare ad allontanarlo. Questa è la normativa che anima tutto il diritto minorile, in particolare in tema di immigrazione. Peraltro, dobbiamo andare molto con i piedi di piombo anche nel momento in cui si allontanano i genitori perché il minore non va lasciato orfano o in una condizione di fatto equiparabile.
  Tra l'altro, nelle prassi, ci sono delle situazioni molto particolari. A questo riguardo, lancio uno stimolo proprio a voi della Commissione immigrazione. Questa norma è un po’ vetusta perché lascia troppa discrezionalità al magistrato nello stabilire quando e in quali condizioni l'autorizzazione può essere data.
  Per quello che mi riguarda – è una mia opinione personale, confortata tuttavia dalle prassi applicative a livello nazionale e rispondente ai criteri e alle pronunce a livello internazionale – è chiaro che nel momento in cui i genitori vivono in una condizione di illegalità derivante dalla clandestinità non può farne le spese il minore, che sia piccolo o anche sedicenne.
  Premesso questo, si pone il problema di dare o meno l'autorizzazione se i genitori sono pregiudicati, magari anche per gravi reati. Ecco, parliamone.
  Ritengo, per mia prassi operativa, che non ne debba fare le spese il minore se il papà è mafioso o delinquente perché nel momento in cui abbiamo il minore straniero in Italia non possiamo non farci carico della sua presenza. Pag. 15
  Tuttavia, credo sia l'occasione per fare una riflessione e regolamentare un po’ meglio una materia che ha una prassi applicativa importante e numericamente ponderosa e che consente al giudice di autorizzare la permanenza a interi nuclei.
  Un'altra domanda riguarda il discorso degli irreperibili. Non ne ho accennato durante la mia relazione perché è un problema talmente serio e complesso che ne possiamo parlare non so fino a quando.
  Vi voglio, però, riportare dei dati del mio ufficio. Poi vi spiego perché in realtà sono dati ingannevoli. Come minori stranieri non accompagnati, nell'anno 2013 ne abbiamo 60; nell'anno 2014, 50; nell'anno 2015, 188. Poi abbiamo avuto dei picchi nell'ultimo anno, nel 2016, con 375 minori stranieri non accompagnati. Questi numeri fanno riferimento ai procedimenti che abbiamo avuto il tempo promuovere, con i conseguenti provvedimenti adottati.
  Altri numeri riguardano, invece, i minori che sono arrivati sul territorio italiano e poi spariti, ma ancora non abbiamo capito se erano effettivamente minori dichiaratisi tali o maggiorenni.
  Questo sfugge a qualsiasi controllo non solo statistico (alla fine il dato statistico può essere anche una scatola vuota che può interessare fino a un certo punto), ma di legalità e ai fini degli interventi. Quello è un grave problema specialmente in regioni di transito come la Puglia, la Sicilia e le coste più limitrofe della Calabria, in cui questi giovani sbarcano. Purtroppo siamo i territori più battuti. Nell'area del brindisino abbiamo delle situazioni problematiche non meno della Sicilia.
  Poi c'è un numero infinito di minori o dichiaratisi tali che passano, sfuggono e vanno chissà dove. Poi, magari lo stesso minore viene ritrovato con altre generalità da un'altra parte.
  Questo è un problema grossissimo ed è la vera difficoltà di questa materia. Il punto non è tanto provvedere o darsi da fare quanto avere contezza delle quantità e di capire le generalità. Ci vorrebbero degli squadroni interi solo per acquisire le generalità di questi soggetti.
  Naturalmente, ci vengono incontro la normativa e la prassi giudiziaria per cui l'età minore si presume e le generalità si accertano dopo, ma è un grossissimo problema da voi sentito e da noi purtroppo affrontato nella pratica.
  L'ultima domanda era quali sono le conseguenze giuridiche se le strutture non sono adeguate. Allora, io non lo so quali sono le conseguenze fisiche e psicofisiche per il minore. Chiaramente, abbiamo gli esperti che sicuramente, in maniera anche più motivata, possono darci delle risposte.
  Penso che ogni situazione vada considerata caso per caso. Nelle situazioni bisogna trovarsi e fare i conti con la realtà perché nel momento in cui sbarca un numero considerevole di persone fra cui tanti minori è chiaro che li si mette dove c'è la possibilità. Per esempio, in Puglia vengono utilizzate molto spesso delle strutture alberghiere, anche se magari non ne danno la disponibilità, per cui vengono veramente coartate nell'ospitalità di queste persone.
  Insomma, siamo sempre lì, bisogna fare i conti con la realtà. Quindi, in relazione alle conseguenze giuridiche, mi auguro che la permanenza di minori in strutture inadeguate si voglia contenere in tempi umani e strettamente necessari. Poi, per i miracoli penso che tutti si stiano attrezzando.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Nanna per la sua efficace esposizione, che ci ha fornito tanti stimoli di cui faremo tesoro, anche eventualmente nella predisposizione di proposte legislative.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.