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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 200 di Martedì 11 aprile 2017

INDICE

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3  ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 4 

Audizione del sostituto procuratore della DDA di Napoli, Enrica Parascandolo:
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Di Lello Marco (PD)  ... 6 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 6 
Di Lello Marco (PD)  ... 6 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 6 
Di Lello Marco (PD)  ... 6 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Esposito Stefano  ... 11 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 12 
Esposito Stefano  ... 12 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 12 
Molinari Francesco  ... 13 
Di Lello Marco (PD)  ... 13 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 13 
Di Lello Marco (PD)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 13 
Di Lello Marco (PD)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Di Lello Marco (PD)  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Di Lello Marco (PD)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 14 
Naccarato Alessandro (PD)  ... 14 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 14 
Naccarato Alessandro (PD)  ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (PD)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (PD)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (PD)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (PD)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Di Lello Marco (PD)  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Di Lello Marco (PD)  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Vecchio Andrea (Misto)  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Esposito Stefano  ... 17 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 17 
Esposito Stefano  ... 17 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 18 
Esposito Stefano  ... 18 
Di Lello Marco (PD)  ... 18 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 18 
Esposito Stefano  ... 18 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 18 
Esposito Stefano  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Parascandolo Enrica , sostituto procuratore della DDA di Napoli ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 

(La seduta, sospesa alle 15.15, riprende alle 15.20) ... 19 

Audizione del dirigente della sezione politiche per le migrazioni e l'antimafia sociale della regione Puglia, Stefano Fumarulo:
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Fumarulo Stefano , dirigente della sezione politiche per le migrazioni e l'antimafia sociale della regione Puglia ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 21  ... 21 

ALLEGATO 1 Resoconto stenografico dell'audizione del dott. Paolo Toso e della dott.ssa Monica Abbatecola, sostituti procuratore della Repubblica presso la direzione distrettuale antimafia di Torino, del 7 febbraio 2017 presso il IX comitato mafia e manifestazioni sportive della Commissione ... 22 

ALLEGATO 2 Documenti attinenti alla strage di Portella della Ginestra ... 57

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 13.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Comunico che il resoconto stenografico dell'audizione del dottor Paolo Toso e della dottoressa Monica Abbatecola, magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Torino, del 7 febbraio 2017 presso il IX comitato mafia e manifestazioni sportive verrà pubblicato, nei termini concordati, in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
  In relazione all'attività di estrazione di copia della documentazione sequestrata in data 1 marzo 2017 al Grande Oriente d'Italia Palazzo Giustiniani, svolta dal Servizio centrale investigazioni e criminalità organizzata (SCICO) della Guardia di finanza, informo che il 10 aprile ultimo scorso dallo stesso servizio è pervenuta una nota con la quale, a conclusione di tale attività nei confronti della citata associazione massonica, si trasmettono i verbali delle operazioni compiute e si comunica che, ove nulla osti da parte della Commissione, si procederà al dissequestro e alla restituzione del citato materiale. Propongo pertanto di autorizzare lo SCICO alla restituzione della documentazione sequestrata al Grande Oriente d'Italia Palazzo Giustiniani.

  (Così rimane stabilito).

  Il 1° maggio di quest'anno ricorre il settantesimo anniversario della strage di Portella della Ginestra, dove mi recherò in missione in rappresentanza della Commissione, per presenziare alle celebrazioni organizzate dai sindacati confederali. Con riferimento a quella vicenda, la Commissione nella XIII legislatura aveva deliberato nella seduta del 28 aprile 1998 la pubblicazione di numerosi atti e documenti riferibili alla strage di Portella della Ginestra attraverso i DOC. XXIII, n. 6, n. 22 e n. 24. Considerato che dal 1998 ad oggi la Commissione ha progressivamente acquisito ulteriore materiale di potenziale interesse storico e che pervengono tuttora sollecitazioni da parte di associazioni e istituti di ricerca affinché tutto il materiale esistente sia reso disponibile, ritengo che sia opportuno, in vista della particolare ricorrenza, che le istituzioni e in particolare la Commissione antimafia per la sua stessa natura compiano ogni sforzo di verità e conoscenza su una vicenda che tanta importanza ha avuto nella storia d'Italia. Ho pertanto dato disposizioni affinché sia raccolta tutta la documentazione acquisita dalla Commissione dopo il 1998, che consta di 8 unità documentali per circa 2.500 pagine, il cui elenco sarà pubblicato anch'esso in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna. La documentazione è libera e sarà pertanto resa disponibile a chiunque vi abbia interesse, ai sensi dell'articolo 3 della deliberazione sul regime di divulgazione degli atti e dei documenti del 28 novembre 2013.

Pag. 4

  (Così rimane stabilito).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del sostituto procuratore della DDA di Napoli, Enrica Parascandolo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sostituto procuratore della DDA di Napoli, Enrica Parascandolo. L'audizione odierna rientra nel filone di inchiesta dedicato al rapporto tra mafia e calcio professionistico, e ha ad oggetto in particolare la vicenda dell'accertata presenza di Antonio Lo Russo, ex boss del clan dei «capitoni» di Secondigliano, a bordo campo durante la partita Napoli-Parma del 10 aprile 2010 allo stadio San Paolo di Napoli. Attualmente Antonio Lo Russo collabora con la giustizia. La vicenda era già emersa in occasione dell'audizione del dottor Giovanni Colangelo, nella seduta dell'8 febbraio scorso, poco prima del suo collocamento in quiescenza. La dottoressa Parascandolo, sostituto titolare dell'inchiesta, è stata pertanto convocata per gli approfondimenti del caso. Nel ricordare che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, ringrazio la dottoressa Parascandolo e le cedo volentieri la parola. Prego.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Grazie, presidente. Vorrei iniziare il mio intervento chiarendo un equivoco, che vedo ricorrente, cioè ancora sento parlare – da ultimo proprio negli ultimi giorni – della presenza di un latitante a bordo campo. Non è così, quindi partirei dal dato temporale storico, cioè la famosa partita Napoli-Parma del 10 aprile 2010, periodo durante il quale Antonio Lo Russo non era ancora latitante. Questo perché la latitanza di Antonio Lo Russo comincia il successivo 5 maggio 2010. Non solo, ma tanto si è parlato e si parla della presenza di Antonio Lo Russo a bordo campo nella partita Napoli-Parma anche per il risultato, vorrei dire, imprevisto della perdita del Napoli, ma in realtà forse non tutti sanno che la presenza di Antonio Lo Russo a bordo campo non si limita a quella partita. Era tutt'altro che occasionale. Quello che dico è quanto è stato riscontrato non in seguito alla collaborazione con la giustizia di Antonio Lo Russo, bensì già nel 2010. Questo è quindi un primo punto che vorrei chiarire, cioè che le cose che mi accingo a riferirvi sono dati acquisiti all'epoca dall'ufficio a cui appartengo, grazie alle indagini svolte in particolare in quegli anni non solo da me, ma dai colleghi che mi hanno preceduto, grazie alla collaborazione di diverse forze di polizia, in particolare la DIA di Napoli, e ancora ovviamente alle indagini svolte dalla procura federale.
  Cercando di andare con ordine, due giorni dopo la partita Napoli-Parma del 10 aprile 2010, esattamente il 12 aprile, un ufficiale di polizia giudiziaria in servizio all'epoca ai carabinieri di Castello di Cisterna trasmise alla procura della Repubblica un'annotazione di servizio, nella quale attestava di aver appreso da fonte fiduciaria della presenza di Antonio Lo Russo a bordo campo. Per la verità si indicava Antonio Lo Russo di Giuseppe, quindi era erroneamente indicata la paternità, ma corretta era la data di nascita, cioè il figlio del più noto Salvatore Lo Russo. Da questa annotazione di polizia giudiziaria sono stati svolti tempestivamente accertamenti, non da me personalmente – all'epoca ero appena entrata in DDA – ma dal collega che curava all'epoca quell'indagine, cioè il collega Amato, e si è immediatamente accertata non solo la fondatezza di questa notizia – ripeto – appresa da fonte confidenziale, ma anche, come dicevo, che la presenza di quel soggetto a bordo campo era tutt'altro che occasionale.
  Cito altre partite, sono dati ovviamente documentati: Napoli-Roma febbraio 2010, Pag. 5Napoli-Fiorentina 13 marzo 2010, Napoli-Catania 28 marzo 2010, poi quella già nota, Napoli-Parma 10 aprile, ma anche una successiva, cioè la partita Napoli-Cagliari disputata il 25 aprile 2010, quindi dieci giorni prima dell'inizio della latitanza di Antonio Lo Russo.
  Detto questo, ovviamente ci siamo interessati di capire come Antonio Lo Russo fosse riuscito a stare a bordo campo e in questo abbiamo riscontrato nell'immediatezza massima disponibilità e collaborazione della Società Calcio Napoli – mi scuso, forse dirò cose a voi già note, immagino che abbiate sentito prima di me i colleghi della procura federale, comunque eventualmente mi interromperete – che ha messo a disposizione nostra, della procura federale e della DIA tutta la documentazione da noi richiesta, quindi innanzitutto l'elenco delle persone che avevano gli accessi a bordo campo, per tutte le partite del campionato 2009-2010. Abbiamo potuto riscontrare la presenza in diverse partire di Antonio Lo Russo, ma soprattutto abbiamo avuto modo di visionare questi elenchi, che comprendono una pluralità di soggetti.
  Quanto ad Antonio Lo Russo, si è accertato che lo stesso era presente a bordo campo grazie a un pass ricevuto come giardiniere. Non era il solo a essere indicato con la qualifica di giardiniere, ve ne erano altri, così come molti nominativi figuravano come fotografi e altri come dipendenti di Sky e quant'altro. Ovviamente non ci siamo limitati ad analizzare solo la posizione di Antonio Lo Russo, ma abbiamo verificato anche per altre posizioni come avessero avuto accesso. Quanto ad Antonio Lo Russo siamo ovviamente risaliti alla ditta che all'epoca aveva il contratto per la manutenzione del campo, la ditta di giardinaggio «vivai Marrone», sulla quale è stata svolta ovviamente – non oggi, ma nel periodo dal 2010 al 2013 – una serie di attività investigative della DIA di Napoli. È stato sentito a sommarie informazioni il titolare Marrone Francesco e i suoi dipendenti ed è stato riscontrato quanto già documentalmente avevamo acquisito, cioè che tra i soggetti che avevano ricevuto il pass di giardiniere vi era Antonio Lo Russo. Si badi: questo non vuol dire che Antonio Lo Russo fosse realmente dipendente di quella ditta, il Marrone Francesco ha dichiarato di avere sostanzialmente fatto un favore a un suo cliente, Antonio Lo Russo, e quindi di avergli fatto avere questo pass in più di una circostanza. Ha anche precisato che l'elenco degli accrediti che venivano richiesti dalla Società Calcio Napoli conteneva anche una specificazione contrassegnata con l'asterisco per i cinque nominativi che avevano la possibilità di stare a bordo campo. Parliamo di elenchi che – Vivai Marrone, come i fotografi, come Sky – trasmettevano e forse tuttora trasmettono alla Società Calcio Napoli, che non aveva nessuna possibilità di sindacare la presenza di un giardiniere piuttosto che di un altro, ma opportunamente, come da regolamento, trasmetteva gli elenchi dei soggetti a cui era stato attribuito il pass alla questura, in particolare al GOS, quindi all'organo che, come sapete, è preposto alle dipendenze della questura per i controlli sulla sicurezza delle persone a bordo campo.
  Tutto quello che ho riassunto ovviamente è stato trasmesso alla procura federale, che ha fatto gli accertamenti del caso e mi risulta che abbia archiviato la vicenda, in particolare abbia escluso qualsiasi rilievo per la Società Calcio Napoli. Leggo testualmente: «Si è dimostrato che la Società Calcio Napoli non avesse alcun potere di scelta o verifica sui giardinieri messi a disposizione dalla ditta Marrone, con la quale gli operatori tenevano il rapporto contrattuale. La ditta comunicava esclusivamente i nominativi dei giardinieri prescelti per ogni singola gara, generalmente cinque, con apposita richiesta di accredito all'interno del recinto di gioco, corredata dai dati anagrafici. Nessun rapporto diretto intercorreva tra i citati giardinieri e la Società Calcio Napoli, che si limitava a emettere fattura mensile per le prestazioni fornite a corpo. Non è da sottacere che il Napoli forniva l'elenco nominativo delle persone autorizzate all'accesso al campo anche al GOS della questura di Napoli».
  Detto questo, immagino vi potrà interessare anche il fatto che, come è ormai notorio, Antonio Lo Russo attualmente è Pag. 6collaboratore di giustizia. Ha iniziato lo scorso mese di novembre, è ancora in corso la redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, quindi comprenderete che non posso disvelare in questa sede il contenuto di tutte le dichiarazioni rese da Antonio lo Russo, mi limiterò a dire che rispetto alla vicenda della presenza a bordo campo le sue dichiarazioni sono di assoluto conforto con le emergenze investigative che vi ho riassunto. In particolare, il collaboratore sin dal primo verbale di interrogatorio, che per una coincidenza si è svolto proprio in quel di Parma, ha risposto alla mia domanda in ordine al modo in cui riusciva ad avere accesso a bordo campo precisando anche la persona che l'aveva messo in contatto con questo vivaio Marrone, che era un capo ultrà successivamente deceduto per cause naturali, ha detto che era sua abitudine andare a bordo campo non solo a Napoli, ma anche in trasferta proprio in quanto appassionato e tifoso del Napoli, non ha sottaciuto anche l'esistenza di rapporti di amicizia con diversi calciatori, ma ha escluso categoricamente ogni tipo di rapporto con la Società Calcio Napoli. Sono a vostra disposizione per eventuali chiarimenti. Ovviamente comprenderete che, essendo ancora in corso il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione di Antonio Lo Russo, non ritengo in questa sede, anche vista la pubblicità della seduta, soffermarmi oltre sul contenuto delle dichiarazioni che sta rendendo, anche per quanto riguarda i suoi rapporti con i calciatori, ma ribadisco che nulla coinvolge la Società Calcio Napoli.

  PRESIDENTE. Come lei sa, possiamo togliere la pubblicità e continuare in segreta, se ritiene di poter fornire ulteriori informazioni.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Non c'è problema. Ho fatto questo chiarimento che penso interessi a tutti, cioè che non ci sono dichiarazioni di alcun tipo rispetto a rapporti con la Società Calcio Napoli. È escluso categoricamente.

  PRESIDENTE. Ma il contratto di giardinaggio era con la Società Calcio Napoli?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Sì, risalente agli anni 2000.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  MARCO DI LELLO. Intanto chiariamo: il Lo Russo era dipendente della società di giardinaggio o no?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Assolutamente no. Forse non sono stata chiara sul punto: è stato da noi riscontrato che non era inquadrato formalmente, non è mai stato dipendente, non ha mai svolto attività lavorativa presso i vivai Marrone, ma questo non era sindacabile da parte della Società Calcio Napoli. Il Marrone stesso ha confermato la circostanza, come dicevo è stato sentito in qualità di persona informata sui fatti dalla direzione investigativa antimafia su nostra delega e ha precisato – elenchi alla mano – che dei soggetti indicati per i quali veniva richiesto l'accesso in qualità di giardiniere solo cinque erano effettivamente dipendenti, gli altri erano conoscenti o amici.

  MARCO DI LELLO. Quindi era un modo che il vivaista utilizzava per regalare presenze a bordo campo ad amici e conoscenti?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Esatto.

  MARCO DI LELLO. Va bene. Intanto grazie per la sua presenza e per la sua esposizione. Come lei forse saprà e come ha ricordato la presidente introducendola, noi ci stiamo occupando dei rapporti nel mondo del calcio professionistico tra le società, il tifo e le organizzazioni criminali. Nel lavoro che abbiamo fatto in questi mesi e che stiamo facendo sono emersi contatti e gestioni delle curve finalizzati al bagarinaggio, abbiamo riscontrato società legate alla criminalità organizzata che cercano di entrare attraverso la fornitura di servizi ausiliari, quali bar, ristoranti o gli stessi Pag. 7steward. Un altro filone, invece, riguarda l'intervento della criminalità organizzata per il match fixing, cioè per truccare i risultati delle partite. Alla luce della sua esperienza, del lavoro che è stato fatto e che sta facendo – Lo Russo e oltre – sa indicarci qualcosa su questo terreno di cui voi vi siete occupati o vi state occupando? Nel caso andiamo in segreta.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Io posso sicuramente risponderle per quanto riguarda la tifoseria. È un dato notorio che all'interno dello stadio San Paolo esista una suddivisione tra la curva A e la curva B, che in qualche modo rispecchia anche una provenienza territoriale della tifoseria, dove per provenienza territoriale ovviamente mi riferisco, non solo ma anche, purtroppo ai gruppi camorristici. Dicevo che è dato notorio perché sono le stesse tifoserie o almeno parte delle curve a ostentare la loro provenienza territoriale, quindi possiamo sicuramente affermare che la curva B è la curva appannaggio del clan Lo Russo, sulla quale all'epoca Antonio Lo Russo aveva influenza, mentre la curva A sicuramente è una curva nella quale ha ingresso una tifoseria con una provenienza territoriale diversa, mi riferisco al centro di Napoli. È notorio come «Genny ’a carogna» provenga da quella curva e non dalla curva B. Su questo, oltre al dato notorio, posso dire che sicuramente Antonio Lo Russo ha confermato questa distinzione, lo ha fatto ricordando un episodio che forse molti ricorderanno, cioè di quando, come spesso capita, vi erano stati dei dissidi tra giocatori e società, per cui si paventava l'allontanamento del giocatore Lavezzi dal Napoli, e quindi ci fu l'esposizione di uno striscione a tutela del giocatore per dimostrare alla società che la tifoseria voleva Lavezzi a Napoli. Secondo le parole di Antonio Lo Russo da collaboratore, sulle quali non sono stati cercati riscontri – comprenderete che ci occupiamo di cose un po’ più serie in DDA, quindi non ho difficoltà a raccontare questo che ritengo un episodio quasi da gossip, di colore, sul quale non ravviso profili di rilevanza penale, altrimenti avrei chiesto ovviamente la segretazione – Lavezzi aveva interesse a che la tifoseria stesse dalla sua parte e quindi a esporre uno striscione in sua difesa del tenore «Lavezzi non si tocca» o qualcosa del genere e si rivolse a lui per ottenere l'esposizione dello striscione su entrambe le curve, che non è una cosa così facile, così scontata, perché significa avere il placet di due aree geo-criminali diverse.
  Secondo la narrazione di Antonio Lo Russo, il suo intervento in ausilio di Lavezzi ha consentito, grazie alle sue conoscenze con personaggi della curva A, che questo striscione venisse esposto su entrambe le curve, proprio a tutela di Lavezzi, facendosi promettere in cambio come favore personale, dato il rapporto di amicizia che lo legava al giocatore, che non sarebbe mai andato a giocare in una squadra come la Juventus o l'Inter, ma solo all'estero, cosa che poi, come sapete, è accaduta. Al di là di questo, vorrei dire che assolutamente non ci sono né da parte di Antonio Lo Russo dichiarazioni, né da parte mia personalmente indagini sul fenomeno a cui lei faceva riferimento del bagarinaggio, immagino a cosa si riferisca, ma non me ne occupo io, quindi su questo non posso assolutamente risponderle. Anche quanto lei accennava in merito a eventuali partite truccate è un argomento completamente diverso, che non era oggetto della mia audizione oggi, quindi non le posso rispondere in questa sede.

  PRESIDENTE. Chi si occupa delle indagini su questi aspetti?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Su quali aspetti?

  PRESIDENTE. Sul bagarinaggio, sulle scommesse?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Sul bagarinaggio noi della DDA di Napoli o, meglio, io personalmente non me ne occupo. Della procura ordinaria, quindi non le so fare un nome in questo momento.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Ma la procura ordinaria se ne sta interessando?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Sì.

  PRESIDENTE. Una curiosità: visto che lei diceva che è noto che le due curve sono gestite una da Lo Russo e l'altra da «Genny ’a carogna», facendo esplicito riferimento a provenienze territoriali anche come provenienze di organizzazioni camorristiche, se un giocatore si rivolge a un esponente di un'organizzazione camorristica in quanto gestore della tifoseria di una curva, in qualche modo si serve della forza intimidatrice dell'organizzazione camorristica per ottenere un favore?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Non è esattamente così.

  PRESIDENTE. E allora me lo deve spiegare meglio, perché altrimenti io non capisco.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Innanzitutto dicevo che è un fatto notorio, forse mi sono espressa male...

  PRESIDENTE. Che vuol dire «notorio»? Quando un magistrato mi dice «notorio» io che devo capire?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Ho precisato che la notorietà deriva anche dal fatto che sono gli stessi appartenenti alla curva a ostentare la loro provenienza territoriale. Lei non troverà mai nella curva B uno striscione «Sanità», cioè che indica un quartiere dove per tradizione si va nella curva A, così come non troverà mai nella curva A uno striscione «Miano», che indica il quartiere roccaforte del clan Lo Russo. In questo senso intendevo dire che è notorio, proprio perché è visibile a tutti.

  PRESIDENTE. La notorietà è territoriale o territorio uguale controllo di una famiglia camorristica?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Anche questo pensavo di averlo precisato, forse non sono stata chiara. Ho detto che si contraddistingue anche per una provenienza – ahimè – di gruppi camorristici, ma questo non vuol dire ovviamente che tutte le persone presenti nella curva B siano camorristi, assolutamente.

  PRESIDENTE. No, ovviamente no. Ma ci interessa invece sapere se i gruppi camorristici gestiscono le curve, quelli che vengono nelle curve e la sicurezza nelle curve.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Questi sono due concetti diversi.

  PRESIDENTE. Appunto.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Forse non mi sono espressa bene. Non volevo certo dire che gestiscono la sicurezza delle curve, ho detto che sicuramente contraddistinguono parte delle curve, e mi riferisco – ripeto – alla provenienza territoriale, ma non ho mai parlato di controllo in termini di sicurezza allo stadio, lungi da me. Sono altri gli organi preposti a questo.

  PRESIDENTE. Per capirci, perché lei si deve spiegare come ritiene, io faccio le domande perché, se ho capito male, è giusto che le faccia. Quando lei ha detto che è notorio e ha parlato di provenienza territoriale, prima di citare il nome dei quartieri, come ha fatto nella seconda parte della precisazione, mi ha parlato chiaramente di Lo Russo da una parte e di «Genny ’a carogna» da quell'altra, ora Lo Russo e «Genny ’a carogna» non sono due persone del quartiere Sanità o di un altro quartiere, sono due esponenti di famiglie camorristiche. Allora, questa identificazione tra territorio e famiglie camorristiche Pag. 9esiste? Cioè chi va in curva A o chi va in curva B ha come riferimento dei territori, ma anche due famiglie diverse?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Quello che io intendevo dire quando ho parlato di notorietà è che per chi vive a Napoli è sicuramente un dato notorio, perché chi vive a Napoli e va allo stadio ha la possibilità di vederlo, quindi lo si vede. In questo senso parlavo di notorietà. Le ho fatto l'esempio dello striscione «Sanità» piuttosto che «Miano», lei non potrà mai trovare «Miano» nella curva A e «Sanità» nella curva B, ma lungi da me affermare che tutte le persone che vanno allo stadio, in curva A o in curva B, appartengano a gruppi camorristici di riferimento.

  PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito, però Miano è Lo Russo o «Genny ’a carogna»?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Lo Russo.

  PRESIDENTE. Sanità è «Genny ’a carogna»?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Non farei proprio questa equiparazione.

  PRESIDENTE. L'ha fatta lei all'inizio.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. No, io ho parlato di «Genny ’a carogna» come curva A, ma non ho detto Sanità uguale «Genny ’a carogna».

  PRESIDENTE. Allora, curva A...

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Se dobbiamo parlare dei clan operanti alla Sanità, se vuole le rispondo. Sono molti i clan che operano alla Sanità.

  PRESIDENTE. Allora curva A «Genny ’a carogna», curva B Lo Russo.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Secondigliano e quindi anche Lo Russo.

  PRESIDENTE. Conosciamo bene che le mafie sono anche controllo del territorio, quindi, se allo stadio nella curva A e nella curva B vanno, oltre che i tifosi che abitano in quella parte del territorio, anche gli esponenti delle famiglie camorristiche, che ruolo esercitano questi esponenti delle famiglie camorristiche in quelle curve? Mettono solo gli striscioni o hanno anche altro tipo di controllo? E se un giocatore si rivolge a una di queste per far mettere lo striscione, si rivolge al singolo cittadino del quartiere Sanità o si rivolge all'esponente della cosca di quella zona? C'è una bella differenza, dottoressa.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Certo che c'è una bella differenza. Io ho raccontato l'episodio dello striscione, che è sicuramente un episodio emblematico. Antonio Lo Russo dice: io non avevo nessuna difficoltà, proprio perché vado alla curva B e sono a casa mia in curva B, a esporre lo striscione in favore del «Pocho» Lavezzi, che mi ha chiesto questo favore. Mi era consentito. La sua domanda è se il comune mortale che va in curva B poteva esporre quello striscione? Non lo so, questo forse....

  PRESIDENTE. Lavezzi non glielo avrebbe neanche chiesto forse...

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Il dato è che Lavezzi, per quanto racconta Antonio Lo Russo, l'ha chiesto ad Antonio Lo Russo, ma questo attiene ai rapporti tra Antonio Lo Russo e i calciatori del Napoli.

  PRESIDENTE. E a noi non ci interessano niente i rapporti tra Lavezzi e Lo Russo?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Se vi interessano, fatemi le domande e io vi rispondo, Pag. 10nei limiti ovviamente di quello che vi posso rispondere.

  PRESIDENTE. Che rapporti c'erano tra Lo Russo e Lavezzi, compreso un telefono?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Anche su questo è doveroso fare un passo indietro, se mi consentite, quindi non partire dalle dichiarazioni di Antonio Lo Russo collaboratore di giustizia, ma partire dalle indagini che la DDA di Napoli ha fatto nel corso degli anni.
  Vorrei ricordare che nell'ambito delle indagini sul clan Lo Russo la circostanza della conoscenza tra il giocatore Lavezzi e Antonio Lo Russo è un dato investigativo che è emerso già dal 2010-2011. In particolare, mi riferisco al noto processo nei confronti di Potenza Bruno, Marco Iorio e altri, nell'ambito del quale è stato sentito come testimone, quindi in un'aula di giustizia – ho qui il verbale stenotipico, se lo volete – il giocatore Lavezzi. È stato sentito perché ancor prima era stato sentito dai pubblici ministeri titolari di quelle indagini, in ordine ai rapporti da un lato con Antonio Lo Russo, dall'altro con il ristoratore Marco Iorio. Dico questo perché in quella sede il calciatore – è doveroso da parte mia riportare non solo le dichiarazioni di Antonio Lo Russo, ma anche le dichiarazioni del calciatore, che ha reso all'epoca al pubblico ministero e davanti alla VII sezione del tribunale di Napoli, la sua versione dei fatti – ha detto: «io conosco Antonio Lo Russo, l'ho riconosciuto in fotografia, ammetto di aver avuto una frequentazione con lui, siamo diventati amici, mi è stato presentato (non ricordo da chi) quale capo ultrà. Veniva a casa mia, giocavamo alla Playstation insieme». Queste sono le dichiarazioni di Lavezzi all'epoca. Ancora, richiesto dei suoi rapporti con il ristoratore Marco Iorio, ha detto di conoscerlo, di frequentarlo, di avere più volte frequentato il suo ristorante, ma ha negato di avere conosciuto Antonio Lo Russo tramite Marco Iorio. Ricordo che era un processo nel quale Marco Iorio era imputato per una contestazione di reimpiego di capitali illeciti del clan Lo Russo, quindi quella deposizione era vieppiù rilevante, perché, se il calciatore avesse riferito di un collegamento tra Antonio Lo Russo e Marco Iorio, sarebbe stata una deposizione sicuramente favorevole all'accusa, negativa per l'imputato. Veniamo, invece, alle dichiarazioni che adesso ci rende Antonio Lo Russo, da collaboratore. Se volete, esprimo le mie valutazioni sull'attendibilità del collaboratore, ma per ora espongo i dati.

  PRESIDENTE. Vogliamo passare in segreta?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. No, non ci sono problemi su questo, stiamo parlando del rapporto Lavezzi-Antonio Lo Russo, ho ricordato quello che all'epoca ha dichiarato il calciatore, non solo ai pubblici ministeri nella fase delle indagini, ma anche come teste a dibattimento, quindi assumendosi le conseguenze penali eventualmente della mendacità delle sue dichiarazioni. Come dicevo, Antonio Lo Russo da collaboratore non ha avuto esitazione a raccontare il suo rapporto di stretta amicizia con il calciatore. Differisce la genesi della conoscenza: Antonio Lo Russo afferma con assoluta certezza di avere conosciuto il calciatore Antonio Lavezzi grazie al noto ristoratore Marco Iorio, lo fa con dovizia di particolari, ma la circostanza non trova conferma nelle dichiarazioni rese all'epoca dal «Pocho» Lavezzi.
  Ancora, Antonio Lo Russo ci dice che proprio in quanto «malato del Napoli» – sono le sue parole, quindi molto appassionato del Napoli – aveva ovviamente interesse a conoscere Lavezzi come altri calciatori, cosa che gli è stata possibile grazie alla frequentazione di un ristorante sicuramente della Napoli cosiddetta «bene», del lungomare di Napoli, notoriamente frequentato da una serie di calciatori. Dice anche di essere stato presentato al calciatore, non certo come capoclan, non certo come il figlio di Salvatore Lo Russo, ma come capo ultrà. Da lì è nata, secondo Antonio Lo Russo, un'amicizia sicuramente consolidatasi negli anni, che ha portato Pag. 11Antonio Lo Russo a dare al «Pocho» Lavezzi un telefono dedicato, con delle schede dedicate, i cosiddetti «citofoni». Antonio Lo Russo era un soggetto che immaginava di essere attenzionato dalle forze dell'ordine, quindi temeva di poter essere intercettato ed era molto attento quindi nel conversare al telefono, i suoi contatti con il calciatore li aveva con delle schede cosiddette «dedicate». Questo è quanto ha raccontato Antonio Lo Russo sui suoi rapporti con il calciatore. Ha detto di averlo seguito in trasferta, di aver fatto anche delle trasferte con lui, come con altri calciatori. Ripeto: differisce dalla versione del calciatore rispetto al soggetto che ha consentito questa conoscenza. È altrettanto notorio – sono dichiarazioni già depositate dal mio ufficio – che quando Antonio Lo Russo si è sottratto alla cattura rendendosi latitante, il 5 maggio del 2010, uno dei suoi primi pensieri è stato quello di avvisare il suo amico Lavezzi che i carabinieri lo stavano cercando, quindi ha fatto in modo che venisse avvisato affinché si disfacesse della scheda dedicata, per evitare di essere raggiunto.

  PRESIDENTE. Tutto tranquillo...

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Io vi sto raccontando i dati, ovviamente mi astengo dalle valutazioni.

  PRESIDENTE. Però spero che qualche valutazione la potremo fare, perché si chiama in tanti modi una telefonata e un avvertimento di questo genere. Le volevo fare una domanda. Mentre capisco che Lo Russo sta allo stadio San Paolo perché fa parte della ditta di giardinaggio, in trasferta chi ce lo portava Lo Russo, visto che stava lo stesso a bordo campo? Lavezzi, immagino.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. No, presidente, non ho detto questo.

  PRESIDENTE. L'aveva detto prima, a bordo campo.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. No, la presenza a bordo campo è stata riscontrata a Napoli, nelle date che ho indicato. Ho detto anche in una data successiva a quella fatidica del 10 aprile, cioè il 25 aprile.

  PRESIDENTE. Avevo capito che lui avesse detto di essere solito seguire in Napoli a bordo campo anche nelle trasferte.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. No, seguire in trasferta il Napoli.

  PRESIDENTE. Allora forse ho compreso male. Chiedo scusa. Prego, senatore Esposito.

  STEFANO ESPOSITO. Grazie, presidente. Io spero che non ci sia una valutazione troppo dura nei confronti della nostra Commissione, che si occupa dei temi legati alle potenziali infiltrazioni, però, dottoressa, io le vorrei chiedere questo. Di figli di boss ci stiamo occupando, cioè sono i figli incensurati che poi diventano ricercati e accusati, quindi vorrei capire se ci sia una valutazione il più possibile uniforme da parte delle diverse procure sull'interesse da parte delle organizzazioni criminali della criminalità organizzata al calcio nelle sue forme. Mi pare di capire che siamo riusciti ad avere questo elemento da parte della procura di Torino perché la procura di Torino ha ritenuto di occuparsene in maniera stringente, mentre lei a un certo punto ha fatto una notazione che per la verità capisco anche, vista la situazione complicata e la presa della criminalità e della camorra a Napoli, che forse questo elemento per la DDA di Napoli non è particolarmente pregnante, quindi lei mi scuserà ma io la domanda gliela faccio. Lei dal suo osservatorio ritiene di poter escludere in assoluto che il fenomeno delle famiglie malavitose legate alla camorra rispetto ai rapporti con lo stadio, non con il Napoli Calcio, perché qui il problema non è il Napoli Calcio, ma rispetto alle attività che ruotano intorno al calcio, in questo caso a Napoli, ma credo che potremmo fare Pag. 12analogo ragionamento anche altrove, non siano legate anche a interessi economici importanti di controllo del territorio, di gestione del consenso eventuale per appuntamenti magari di natura più politica, di cui peraltro c'è stata anche traccia negli anni, ma che sia semplicemente un fatto di colore, cioè un'attività secondaria? Questo è quello che a noi interessa capire. Anche quello che lei dice sul pass mi colpisce, perché questo signore si sentiva in dovere di fare esclusivamente un favore o era un favore che era bene fare nei confronti di Lo Russo? La valutazione della DDA rispetto a questo mi interessa, perché in un'altra realtà le posso garantire che un soggetto che ottiene un pass per andare allo stadio, per mettersi dietro la curva senza averne titolo, perché mi pare che non ne avesse non essendo un giardiniere, e lo ottiene perché gli viene fatto un favore, e il soggetto ha una storia familiare criminale, anche se incensurato in quella fase e non ricercato, non latitante, ad altre latitudini porrebbe sicuramente un'attenzione. Vorrei capire come avete trattato questa vicenda.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Certo. Per quanto riguarda la DDA di Napoli, visto che lei faceva riferimento ad altre realtà e io posso parlare della realtà a cui ho l'onore di appartenere da sette anni, le ripeto che non da quando Antonio Lo Russo ha iniziato a collaborare, ma da due giorni dopo la fatidica partita Napoli-Parma la DDA ha fatto indagini su questa segnalata presenza del figlio di un capoclan a bordo campo. Le indagini che sono state fatte – mi creda – sono a 360 gradi. Io ho indicato prima l'attività svolta dalla DIA di assunzione di sommarie informazioni da Marrone Francesco, da dipendenti, ma non ho fatto riferimento ad altre attività che lascio alla vostra immaginazione. Mi limito a dire che sono state fatte attività a 360 gradi sulla ditta in questione, che, si badi, dal 2012 non lavora più per la manutenzione dello stadio San Paolo. Mi sento quindi veramente di dissentire dalla sua valutazione di disinteresse da parte della DDA di Napoli rispetto a questi aspetti. L'interesse c'è...

  STEFANO ESPOSITO. Io ho fatto una domanda e vorrei ricordarle che lei ha parlato di «elementi di colore» a un certo punto...

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Io il colore l'ho attribuito solamente a quella che – ripeto – è quasi una battuta, cioè la promessa di Lavezzi di non andare a giocare nella Juventus o nell'Inter, ma di andare all'estero. Questa era la nota di colore, ma certo non ho mai parlato di colore nell'attività investigativa che dal 2010 la DDA di Napoli ha fatto, riscontrando come Antonio Lo Russo avesse accesso a bordo campo. Sottolineo un dato – l'ho già detto prima, ma mi preme evidenziarlo: non era l'unica persona che aveva accesso con un meccanismo di apparente dipendenza da una ditta di giardinaggio, sono stati acquisiti gli elenchi e tante altre persone sono entrate simulando di essere fotografi o dipendenti Sky e quant'altro. La Società Calcio Napoli come da protocollo trasmetteva quegli elenchi alla questura di Napoli, al GOS. Dico questo, perché quei nominativi – parlo al plurale, quindi non mi riferisco solo ad Antonio Lo Russo – avrebbero forse potuto destare l'attenzione del GOS, che in quanto organo alle dipendenze della questura di Napoli forse poteva comprendere che si trattava di Antonio Lo Russo figlio di Salvatore, ma non certo la Società Calcio Napoli che non aveva alcun potere di sindacare la presenza di un giardiniere. Mi sentirei di ribadire questa affermazione: non ho mai detto che la procura di Napoli si disinteressa dell'esistenza di collegamenti tra criminalità organizzata e mondo del calcio. Io ovviamente posso riferire per le attività che ho svolto personalmente e io mi sono occupata della vicenda della presenza di Antonio Lo Russo a bordo campo, che è l'oggetto della mia audizione, ma non ho mai detto che la DDA di Napoli non si interessi a 360 gradi del fenomeno criminalità organizzata rispetto alle tifoserie o rispetto in generale ai servizi dello stadio. Non a caso mi era stato chiesto se oggi potessi relazionare anche sulla vicenda di «Genny ’a carogna», ho detto di non aver svolto le indagini in questo campo e quindi Pag. 13di non poter rispondere su questo, ma è evidente che c'è qualcun altro che se ne è occupato e se ne sta tuttora occupando, così come per altri settori.

  FRANCESCO MOLINARI. Il collega ha già posto la domanda centrale di tutta la questione. Dalle risposte della dottoressa, che ringrazio, a questo punto mi viene spontaneo chiedere che la Commissione chieda un'audizione del procuratore capo, che dovrebbe dare le indicazioni di politica generale, perché trovo abbastanza inquietante questa trasposizione del controllo territoriale che poi si trasforma in controllo delle curve, in cui uno dei quartieri in cui il capo clan diventa capo tifoseria e utilizza queste amicizie, l'ultimo caso è questo del «Pocho», ma ricordo il caso emblematico in cui veniva utilizzata la figura di Maradona a sua insaputa, e non posso non credere che non lo sapesse, proprio per aumentare la loro capacità di controllo territoriale. Io credo che questo sia il nocciolo centrale di quanto stiamo facendo in Commissione, per capire se questa trasposizione dal controllo territoriale si faccia anche nelle curve dello stadio. A questo punto credo che sia necessario avere un quadro, per comprendere se a Napoli qualcuno riesca a tirare le fila di tutto questo ragionamento, non si limiti solo al fatto singolo di cui lei ci è venuta a riferire.

  MARCO DI LELLO. Per amore della verità, però, che si parli di controllo delle curve non lo ha detto la dottoressa e non è così. Io capisco che probabilmente per chi non è napoletano è più difficile comprendere, ma c'è un'assonanza tra quartieri, zone della città e anche clan che sono espressione di quella città, che spesso hanno lo stesso nome. Ovviamente le due cose non coincidono, come mi pare evidente. Storicamente le due curve napoletane sono vissute, partecipate e vi accedono due realtà diverse, spesso in polemica fra loro, ma di qui a dire che ci sia il controllo della tifoseria è ben diverso, perché non mi pare che la dottoressa...

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Io non ho mai utilizzato questa espressione.

  MARCO DI LELLO. Ecco, quindi forse è bene chiarire.

  PRESIDENTE. È vero, la dottoressa non ha usato questa espressione, però a noi che non siamo napoletani e a me – io non vado allo stadio – interessa capire, se non è controllo, cosa significa che nella curva A c'è un determinato quartiere e una determinata cosca, in quell'altra curva c'è un altro determinato quartiere e un'altra determinata cosca. Questa coincidenza cosa vuol dire?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Presidente, se posso, molto semplicemente e banalmente, è evidente che esistono rapporti di buon vicinato fra clan, rapporti di alleanza e – ahimè – anche rapporti di rivalità, come possiamo tutti serenamente affermare in assoluto. Clan rispetto ai quali c'è un rapporto, se non di alleanza, quantomeno di buon vicinato vanno allo stadio nella stessa curva. Clan rispetto ai quali c'è, invece, rivalità i rispettivi tifosi vanno in due curve diverse, è semplicemente questo, che non significa controllo della curva da un punto di vista camorristico e criminale.

  PRESIDENTE. E come lo chiamate allora?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Vanno allo stadio come tutti i tifosi, perché anche i camorristi hanno diritto a essere tifosi.

  MARCO DI LELLO. Se ci sono fazioni contrapposte di clan, parliamo di persone a piede libero, indipendentemente dalla loro provenienza, che non hanno il Daspo e quindi possono accedere allo stadio.

  PRESIDENTE. Però notoriamente appartenenti a clan.

  MARCO DI LELLO. Ipotizziamo anche notoriamente appartenenti a clan. Se sono del clan di Ponticelli, non vado a mischiarmi nella stessa curva con il clan avverso dei quartieri spagnoli o della Sanità per il Pag. 14semplice fatto che il rischio è che ci ammazziamo nella stessa curva, presidente.

  PRESIDENTE. Mi è chiaro che c'è stata una sorta di accordo pattizio nel dividersi le curve, però io voglio capire cosa fanno dentro le curve gli appartenenti ai clan nei confronti del normale cittadino che va allo stadio. Niente, sono tranquilli, ho capito.

  MARCO DI LELLO. Ci vanno magistrati, poliziotti...

  PRESIDENTE. Nelle curve?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Sì, nelle curve. Le posso dire che i miei figli vanno tranquillamente in curva. Non c'è nessun problema ad andare nelle curve al San Paolo di Napoli.

  PRESIDENTE. Vorrei capire una cosa: perché ci vanno tranquillamente?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Per rispondere alla sua domanda, «esiste un controllo delle curve da parte della criminalità organizzata?», non c'è pericolo ad andare in curva a Napoli, quando io ho fatto una distinzione di provenienza territoriale ho precisato all'inizio del mio intervento – mi sto pentendo di averlo fatto – che in questa suddivisione territoriale c'è anche un ambito che rispecchia una criminalità, perché di quel territorio ci sono persone perbene e persone che delinquono, e ribadisco, come diceva l'onorevole Di Lello, che se sono di Ponticelli non mi vado a sedere nella curva di fianco alla persona che appartiene a un clan con cui non ho buoni rapporti, perché rischio che ci scappi lo schiaffo, per non dire la coltellata. Del resto è cronaca recente – non me ne sono occupata io, ma altri colleghi del mio ufficio – un episodio piuttosto rilevante di aggressione tra fazioni violente della curva A che rispecchiava una diversa provenienza territoriale. Ci sono stati interventi tempestivi della sicurezza, perché ci sono le telecamere, sono stati identificati e arrestati gli autori dell'aggressione, il processo è ancora in corso, ma comunque c'è stato un intervento tempestivo rispetto a un episodio di violenza che può capitare ovunque ed era comunque circoscritto. In questo caso era alla curva A.

  ALESSANDRO NACCARATO. Cambio leggermente l'oggetto della domanda, perché prima la dottoressa ci ha riferito una circostanza abbastanza interessante, cioè questo rapporto di amicizia e di frequentazione tra Lo Russo e il giocatore Lavezzi, al punto che Lo Russo forniva a Lavezzi delle schede telefoniche per poter comunicare senza farsi ascoltare, arrivando al punto che il giorno in cui ha appreso di essere ricercato dai carabinieri avrebbe avvisato il giocatore. Vorrei sapere se ci sia stata un'attività di indagine su questo rapporto, se siano state intercettate le telefonate al di là del trucco utilizzato per non farsi ascoltare, e che idea si sia fatta lei di questo rapporto, perché evidentemente, se la volontà era di non farsi ascoltare, si avvisa il giocatore il giorno in cui il presunto delinquente è ritenuto ricercato, evidentemente c'è qualcosa che va al di là del rapporto di amicizia che può svolgersi alla luce del sole.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Capisco perfettamente la sua domanda. Cerco di rispondere con ordine. Innanzitutto il periodo è il 2010, periodo nel quale Antonio Lo Russo è stato destinatario di ordinanza di custodia cautelare grazie alle attività svolte all'epoca dai carabinieri che – si badi – non sono mai riusciti per ovvi motivi a intercettare l'utenza effettivamente in uso ad Antonio Lo Russo, quindi le attività di indagine sono state per lo più di intercettazioni ambientali. Non è mai stata intercettata l'utenza in uso ad Antonio Lo Russo, perché era scaltro ed evitava di utilizzare telefoni che potessero essere facilmente individuati, motivo per il quale all'epoca – con questo rispondo alla sua domanda – dalle attività che i carabinieri facevano su Antonio Lo Russo non è mai stata individuata quella utenza e quindi Pag. 15non sono mai stati intercettati quei dialoghi riservati tra Lo Russo e il calciatore. Il motivo per il quale avessero queste schede dedicate è facilmente comprensibile, se si pensa al timore più che mai fondato di Antonio Lo Russo di essere intercettato, quindi non poteva rischiare che per parlare con Lavezzi si arrivasse a lui. Di qui la raccomandazione fatta al giocatore di utilizzare quella scheda esclusivamente per comunicare con lui, in questo senso citofono. Questo però non deve far pensare che il tenore di quei dialoghi, di quelle conversazioni celasse dei comportamenti illeciti. La necessità di avere schede dedicate, citofono, era per evitare che, se Lavezzi avesse parlato con quella scheda con altre persone, sarebbe stato più facile arrivare a quell'utenza e quindi anche all'utenza di Antonio Lo Russo.

  ALESSANDRO NACCARATO. Questa ipotesi non esclude l'altra, questo non esclude che magari volessero nascondere il contenuto delle conversazioni.

  PRESIDENTE. Lavezzi è stato mai inquisito, indagato o oggetto di provvedimenti giudiziari?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Se posso continuare a rispondere, stavo cercando di datare. Le dichiarazioni di Antonio Lo Russo rispetto all'esistenza di schede dedicate, quindi di utenze citofono, risalgono al mese di dicembre dello scorso anno 2016. Apprendiamo questo dato, cioè dell'esistenza nel 2010 di schede dedicate. Ovviamente non si può più intercettare una cosa di sei anni prima, né si possono fare i tabulati, perché ormai ci è impedito oltre i due anni, ove mai avesse ricordato quella utenza dedicata. Ovviamente posso riferire quello che Antonio Lo Russo ha detto rispetto alla necessità di avere questa utenza dedicata. La versione di Antonio Lo Russo si riferisce all'esigenza di evitare il pericolo che si arrivasse alla sua utenza, cioè di essere individuato dalle forze dell'ordine, cosa piuttosto verosimile e comprensibile, perché se parlo con il mio amico Lavezzi e Lavezzi con quel telefono parla con tante persone, c'è il rischio che la polizia giudiziaria arrivi anche a me. Se, invece, Lavezzi lo utilizza solo per chiamare me, non ci possono intercettare. Questo è quello che ha detto Antonio Lo Russo, che può essere vero o falso, rispetto al motivo per il quale aveva queste utenze dedicate, quindi non ha mai parlato di condotte illecite poste in essere dal giocatore Lavezzi, questo per rispondere alla domanda del presidente, se sia stato o meno inquisito Lavezzi. All'inizio vi ho raccontato di come Lavezzi sia stato sentito come persona informata sui fatti dal pubblico ministero nell'ambito delle indagini sul processo cosiddetto «Potenza-Iorio» e abbia reso dichiarazioni ai pubblici ministeri. Poi ha deposto davanti al tribunale riferendo circa la natura dei suoi rapporti con Antonio Lo Russo e negando la circostanza che a presentargli il giocatore fosse stato Marco Iorio. All'epoca queste dichiarazioni sono state ritenute attendibili dai pubblici ministeri e dal tribunale che ha poi proceduto nella sentenza a condannare Marco Iorio e Bruno Potenza. Adesso abbiamo una versione diversa che ci fornisce Antonio Lo Russo rispetto alla genesi della sua conoscenza con il calciatore. Questo è quanto.

  PRESIDENTE. Lo Russo riferisce che ha dato la scheda dedicata a Lavezzi per i motivi che lei ci ha detto. La prendiamo per buona o proviamo a capire se c'era qualche altra cosa?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Io per definizione non prendo mai per buono in assoluto quello che mi dice un collaboratore di giustizia, faccio sempre le valutazioni alla fine del semestre del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, dopo che ho fatto tutte le indagini a riscontro delle dichiarazioni del collaboratore. Come ho detto all'inizio, presidente, il collaboratore ha iniziato il 4 novembre del 2016, è ancora in corso il verbale illustrativo. Vi ho anche detto che vi espongo i fatti e non faccio valutazioni sull'attendibilità perché non è questa la sede per farla.

Pag. 16

  PRESIDENTE. Non c'è dubbio, ma solo per capire. Io non credo che sia normale che uno dia una scheda dedicata, ci sarà un motivo per cui si dà una scheda dedicata, e immagino che il sospetto venga. Lei può anche non rispondermi, ma io immagino e spero che, a conclusione dei colloqui con il collaboratore, per valutare la sua attendibilità si cerchi anche di capire perché si sono scambiati queste tessere, perché è difficilmente credibile che il motivo sia stato solo quello e non che non si volesse evitare che si intercettassero i colloqui tra loro due. Questo è il punto. Immagino che ci sarà questo approfondimento. In questa fase non ce lo dirà, ma spero di vederlo, perché francamente che un capo clan dia a un giocatore di una squadra una scheda dedicata e quando lo raggiunge la polizia gli dica di distruggerla e che la spiegazione sia perché attraverso i colloqui con Lavezzi non voleva essere trovato... potrebbe anche essere che proprio i colloqui con Lavezzi non dovevano essere intercettati! Non sono napoletana e non vado allo stadio, però francamente questa sottovalutazione, che vedo dare anche da torinesi, su questa spartizione delle curve e questa convivenza tra cittadini comuni ed esponenti dei clan mafiosi... dal punto di vista penale saremo sempre al solito, non ci sono prove e non si procede, ma dal punto di vista del lavoro della nostra Commissione è classica zona grigia e zona pericolosa. Il procuratore ha detto «abbiamo cose più serie», ma non so, vista la capacità di controllo del territorio che ha la camorra a Napoli, se il calcio e lo stadio non siano una delle leve più importanti che ha a disposizione, e la sottovalutazione francamente ci preoccupa. Non credo che ce la potremo permettere. Ci sono altre domande?

  MARCO DI LELLO. Scusi presidente, per capire. Noi non abbiamo ascoltato finora elementi che ci possano far propendere per un condizionamento da parte della camorra sul calcio, né sulle curve, né sulla società calcistica, né sui risultati. C'è una frequentazione con calciatori, che ahimè a Napoli – probabilmente su questo abbiamo una percezione diversa – è nota dai tempi di Maradona che faceva le foto con i Giuliano, perché per il camorrista è un modo di ostentare...

  PRESIDENTE. È notorio, quindi si può fare?

  MARCO DI LELLO. No, presidente. Il problema però è capire che profilo di reato si possa immaginare.

  PRESIDENTE. Onorevole Di Lello, il profilo di reato riguarda la procura, il resto no.

  MARCO DI LELLO. È evidente che il camorrista attinge dalla notorietà del calciatore per accrescere la propria...

  PRESIDENTE. E le pare poco?

  MARCO DI LELLO. No, assolutamente no, infatti stiamo parlando di questo. Il tema è come possiamo impedire questo, che riguarda i rapporti tra cittadini ed esponenti della criminalità organizzata, però mi pare ben diverso dal parlare di condizionamenti, presidente, almeno per quello che abbiamo ascoltato. Non difendo la società, forse difendo la città, ma provo a difendere la verità per come la conosciamo noi, per come ho inteso le parole del sostituto procuratore Parascandolo.

  PRESIDENTE. Se si pensa che si vogliano giudicare il tifo o le curve, si sta sbagliando tutto. Forse è proprio perché si vogliono difendere da condizionamenti che si sta cercando di fare questo tipo di riflessione. Io francamente considero sorprendente questo considerare normale tutto questo, e che ciò avvenga come se niente fosse. Siccome «si sa», «è tranquillo». Se la tranquillità è assicurata da forme di controllo e di condizionamento, che voi escludete, io francamente vorrei capire meglio, perché «è notorio che...», ma le conseguenze quali sono? Che si assiste alla notorietà senza intervenire? Sapendo quanto è importante il calcio, il gioco, la tifoseria, lo stadio per tutto, per la vita di una città, soprattutto di una città come Napoli, questa Pag. 17 sottovalutazione non mi sento di farla. Se voi la fate, buon lavoro.

  MARCO DI LELLO. A me invece sorge un altro dubbio che dovremmo fugare, perché è la seconda volta dopo Torino che noi ascoltiamo di segnalazioni fatte alla polizia che puntualmente vengono disattese. Forse questo è un terreno che dovremmo approfondire...

  PRESIDENTE. Il capo della Polizia è convocato per il 3 maggio.

  MARCO DI LELLO. Quando vado allo stadio, vedo gli striscioni e capisco la provenienza territoriale, probabilmente la polizia ha degli elementi in più per poter eventualmente accoppiare provenienza territoriale ed estrazione camorristica. Approfitteremo della presenza del capo della Polizia per approfondire questo tema e capire in che modo collaborino con le società in questa direzione.

  PRESIDENTE. Anche questo è un altro aspetto. La domanda se la tranquillità è garantita da una convivenza data per scontata, francamente mi inquieta. Prego onorevole Vecchio.

  ANDREA VECCHIO. Io credo che noi stiamo esaltando tutta una serie di figure che in effetti sono presenti in tutta la società. Io non vado allo stadio, però sono un uomo di strada, frequento tantissimi ambienti e non sono mai riuscito ad individuare chi è mafioso e chi è persona perbene. Li vedo entrare nello stesso negozio, li vedo entrare nella stessa chiesa, li vedo pregare, cosa che io non faccio, nella stessa chiesa, li vedo camminare insieme, ma sono uno persona perbene e uno forse persona per male. Questa nostra società è assolutamente permeata da una nebbia, che può macchiare tutti e non macchia nessuno. Il fenomeno del calcio è un fenomeno di passione. Il cittadino, l'uomo, l'individuo va allo stadio per dare sfogo alle proprie passioni, se poi ci sono opportunità da sfruttare, sicuramente l'uomo più abile le porta avanti, ma noi stiamo criminalizzando troppo, stiamo esaltando, stiamo mettendo su un piedistallo tutte queste cose che invece sono ...

  PRESIDENTE. Notorie, con le quali si convive da anni. Prego, senatore Esposito.

  STEFANO ESPOSITO. Io sto al tema, cioè avendo la possibilità di avere un autorevole magistrato della DDA voglio capire da una risposta secca: secondo lei non esiste alcun interesse, né alcun condizionamento nella gestione delle curve A e B del Napoli da parte – non interamente perché questo non avviene quasi da nessuna parte – di organizzazioni e famiglie criminali della camorra?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Cosa intende per condizionamento? Altrimenti non le posso dare una risposta secca.

  STEFANO ESPOSITO. Le faccio questo esempio perché lei è un magistrato quindi avrà sicuramente seguito la vicenda. Per noi, a Torino, scoprire che il figlio di un condannato per ’ndrangheta partecipava, insieme ad altri, a incontri con il presidente della Juventus ci ha preoccupato e ci ha anche in qualche modo scandalizzato, e ha scandalizzato anche molti colleghi in modo particolare. Sono rimasto un po’ sorpreso da tutto questo «è notorio», «è normale che il figlio di un importante boss frequenti Lavezzi e altri giocatori», però, se a Napoli funziona così, adesso assumerò qualche notizia della mia larga parentela napoletana e chiederò di aggiornarmi sul fenomeno. Tuttavia, io sono convinto – l'ho detto in questa sede – che la ’ndrangheta nella curva della Juventus, a prescindere dagli elementi di natura giudiziaria di cui disponiamo, sia ben presente, poi la magistratura certificherà quando potrà e troverà le prove, ma io ne sono certo perché a Torino è un business rilevante, il calcio lo è. Mi chiedevo se, secondo lei, sebbene ci siano state alcune indagini anche su potenziali partite truccate e tutto sia stato archiviato rispetto a quello che conosciamo – quello che non conosciamo lo vedremo – Pag. 18volevo sapere se secondo lei invece a Napoli questo non succeda, cioè la criminalità sia totalmente disinteressata sia alla gestione del business che c'è intorno al calcio, sia alla gestione della tranquillità dello stadio. Solo per capire. Siccome in altre circostanze l'abbiamo potuto verificare, vorrei sapere se a Napoli i camorristi e le famiglie camorriste vadano allo stadio come semplici cittadini, lasciando fuori le loro attività criminali.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Sicuramente le famiglie camorristiche vanno allo stadio come tutti i comuni cittadini e io dico vivaddio, perché il camorrista è tifoso come il non camorrista e ha il diritto di esserlo. Nel momento in cui il camorrista è camorrista allo stadio, allora il problema c'è, ma di qui a parlare di controllo... – questa è l'espressione che lei ha usato – rispetto a questo io le posso dare una mia opinione personale, ma ovviamente non conta nulla la mia opinione personale. Come magistrato della DDA le dico che sicuramente esiste una forma di controllo, come in tutte le attività, da parte della camorra, e quindi non mi sento di escluderlo,

  PRESIDENTE. Bene.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Ma questo non vuol dire che – ripeto – le curve siano appannaggio esclusivo della criminalità organizzata o che ci siano infiltrazioni della criminalità organizzata rispetto alla gestione dei servizi dello stadio o rapporti con la Società Calcio Napoli o con la vendita dei biglietti. Questa è cosa ben diversa.

  STEFANO ESPOSITO. Mi scusi se glielo dico, dottoressa: lei risponde aggiungendo dei pezzi, io le ho fatto una domanda molto precisa. Siccome noi siamo di fronte a una situazione nella quale il calcio in Italia è – temo – delegato in alcuni pezzi, per quanto riguarda la sicurezza, a soggetti che non dovrebbero occupare – poi da qualche parte lo stiamo scoprendo, da altre lo sappiamo ma non ne abbiamo la certezza, la bollinatura della magistratura – per quanto mi riguarda in questa audizione come in tutte le altre non sono interessato a mettere all'indice società calcistiche o tifoserie, sono interessato a capire se, in una realtà pesantemente condizionata dalla camorra nelle attività quotidiane come il territorio napoletano, lo stadio sia fuori da questo condizionamento secondo un autorevole magistrato della DDA o invece ne sia parte, come lo è gran parte del resto della città, come voi stessi denunciate e come sono venuti a dirci molti suoi colleghi. Io ho fatto semplicemente questa domanda, non mi interessa altro.

  MARCO DI LELLO. Visto anche il parallelismo, invece, a me interessa molto sapere se la camorra condizioni il calcio e in che modo. A Torino è emerso che la società calcistica Juventus sceglieva consapevolmente per acquietare la curva di affidarsi a determinati personaggi e questo portava alla frequentazione dei vertici della società con determinati personaggi. A voi risulta a Napoli qualcosa di analogo, frequentazioni da parte dei vertici della società, del presidente De Laurentiis o di altri dirigenti con determinati personaggi, finalizzate ad acquietare la curva o per altre motivazioni?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. No, nel modo più assoluto.

  STEFANO ESPOSITO. Su questo terreno ci sono state indagini?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Ovviamente sì.

  STEFANO ESPOSITO. È possibile conoscerne gli elementi?

  PRESIDENTE. Chiederemo al procuratore.

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Chiederete al procuratore, ma io posso rispondere per Pag. 19quello di cui mi sono occupata io a far data dal 2010, da quando l’occasio è stata quella annotazione poi rivelatasi fondata, quindi da lì, avvalendoci della polizia giudiziaria della DIA di Napoli, abbiamo svolto attività di indagine a 360 gradi, abbiamo anche trasmesso parte delle nostre risultanze alla procura federale, che è giunta alle conclusioni di cui vi ho dato lettura rispetto alla posizione della Società Calcio Napoli.

  PRESIDENTE. Possiamo avere il materiale al quale ha fatto riferimento? Le inchieste? Bene, grazie. Ho un'altra domanda. Lei ha detto giustamente che gli esponenti della camorra vanno allo stadio come tutti gli altri, il nostro problema è se fanno i camorristi in curva. Fanno o no i camorristi in curva?

  ENRICA PARASCANDOLO, sostituto procuratore della DDA di Napoli. Presidente, io ho citato un episodio noto, che risale all'anno scorso, prima partita di campionato, avvenuto nella curva A, dove c'è stato un episodio che non esito a definire di scontro tra persone appartenenti a gruppi camorristici, che hanno avuto – per usare un eufemismo – un diverbio all'interno dello stadio. Erano in curva, sono stati immediatamente identificati e la DIGOS ha svolto con tempismo le attività di indagine. È un episodio recente, non me ne sono occupata personalmente, ma ovviamente lo conosco, ed erano persone di provenienza area Sanità e Forcella, quindi due quartieri del centro di Napoli, che erano nella curva A non a caso.

  PRESIDENTE. Non ci sono altre domande. Ringraziamo la procuratrice e le auguriamo buon lavoro. Saremmo interessati a ricevere le indagini svolte, anche se non hanno portato a conseguenze, ma vorremmo conoscerle. Visto che sono a 360 gradi, ci interessano particolarmente. Grazie.

  La seduta, sospesa alle 15.15, riprende alle 15.20.

Audizione del dirigente della sezione politiche per le migrazioni e l'antimafia sociale della regione Puglia, Stefano Fumarulo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dirigente della sezione politiche per l'immigrazione e l'antimafia sociale della regione Puglia, Stefano Fumarulo. Tale audizione, propedeutica alla missione che la Commissione svolgerà a Foggia il 26 aprile prossimo venturo, ha ad oggetto la situazione del gran ghetto di San Severo e le infiltrazioni criminali. Nel ricordare che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, ringrazio il dottor Fumarulo, il quale è peraltro anche consulente a tempo parziale della Commissione, e gli cedo volentieri la parola.

  STEFANO FUMARULO, dirigente della sezione politiche per le migrazioni e l'antimafia sociale della regione Puglia. Grazie, presidente. Molto brevemente vorrei chiarire che la sezione che dirigo in regione Puglia dall'ottobre del 2015 è stata istituita con decreto del presidente della giunta regionale nell'agosto del 2015. Uno dei primi temi che il presidente Emiliano mi ha chiesto di affrontare era quello relativo alla chiusura del gran ghetto, mediaticamente noto come ghetto di Rignano, ma il ghetto si trovava in agro di San Severo. Secondo numerose fonti è sorto intorno al 1996, ma dalle foto satellitari rintracciabili mediante una ricerca su Google Maps appare evidente come lo sviluppo principale sia avvenuto negli ultimi anni e sia probabilmente ricollegabile anche al maggiore controllo esercitato dalle organizzazioni criminali inserite nel meccanismo del caporalato, dinamiche che avevo visto personalmente nel 2013, quando mi ero recato in visita con una delegazione di «Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie», durante la quale era evidente come ci fossero dei circuiti criminali, in particolare gestiti da cittadini di origine africana, comunemente chiamati «capi neri». Al fine di fugare ogni dubbio sul motivo per cui la regione Puglia ha deciso di concentrare le Pag. 20proprie attenzioni sul gran ghetto piuttosto che sugli altri – la FLAI-CGIL riporta la presenza di 9 ghetti nella provincia di Foggia – ritengo necessario precisare che già dal 2013 l'amministrazione Vendola aveva attivato una serie di iniziative, che sfortunatamente non avevano avuto l'esito auspicato e, in più, da quando ho preso servizio in regione Puglia la voce di corridoio che circolava era che la proprietà di quei terreni su cui sorgeva il gran ghetto fosse di proprietà regionale. Dall'11 novembre è stato attivato il primo tavolo di lavoro in prefettura a Foggia, per analizzare e studiare la situazione. Nel gennaio 2016 è stato attivato un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, con le associazioni di categoria e quelle del terzo settore, e in quella occasione ho per la prima volta incrociato il movimento «Campagna in lotta», di cui parlerò in seguito. In quella fase abbiamo attivato una serie di incontri tenutisi all'interno del gran ghetto, ma nel mese di febbraio del 2016, in particolare nella notte tra il 14 e il 15, è scoppiato un incendio che formalmente è stato definito come accidentale, naturalmente non ho alcun elemento per dire che non lo fosse, però è una delle tante coincidenze, dei tanti incendi accidentali scoppiati a pochi giorni dalla chiusura. In quella fase la regione Puglia era pronta insieme alla prefettura e alle altre istituzioni ad accogliere le persone in quel momento ospitate all'interno del gran ghetto, c'erano state delle assemblee, guarda caso il giorno prima, cioè il 13 febbraio, chi gestiva i bar illegali all'interno del gran ghetto aveva svuotato gli scaffali dalle bottiglie e da tutti gli oggetti di valore e la notte dopo c'era stato un incendio durante il quale comunque non c'erano state vittime. Il 18 febbraio 2016 il presidente Emiliano è stato audito presso questa Commissione e aveva anche rilasciato dichiarazioni in merito a quanto stesse accadendo all'interno del gran ghetto e qualche giorno dopo finalmente, attraverso uno scambio di lettere protocollate, ho ottenuto la risposta che ci aspettavamo, cioè che il suolo su cui sorgeva il gran ghetto era di proprietà regionale, cosa che naturalmente comportava una serie di conseguenze anche ai fini della responsabilità penale o civile sul sito. Il 24 febbraio 2016, insieme al presidente Emiliano abbiamo depositato presso la direzione distrettuale antimafia della procura presso il tribunale di Bari una denuncia, inizialmente a carico di ignoti, per i reati di riduzione in schiavitù, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione e tutti quei reati connessi alle attività più volte denunciate nei dossier e dai mass media all'interno del ghetto. In quella fase, si è aperta quindi un'indagine che ha portato, il 22 marzo 2016, a un decreto di sequestro probatorio di tutti i suoli – leggo – «attualmente occupati dal cosiddetto ghetto di Rignano con facoltà d'uso da parte degli attuali occupanti per ragioni di ordine pubblico». In quel momento sono state identificate le persone, era la fine di marzo del 2016, erano presenti 128 persone, di cui 18 clandestini che quindi erano stati allontanati. Da quel momento in poi la giunta regionale ha proseguito con una serie di provvedimenti, farò pervenire alla Commissione una relazione scritta su tutti i provvedimenti. Un momento che si pensava fosse cruciale è stato il 27 maggio 2016, quando è stato sottoscritto un protocollo sperimentale tra Ministero del lavoro, Ministero dell'interno, Ministero dell'agricoltura e sei regioni, oltre alle parti sociali e ad alcune associazioni di livello nazionale, contro il caporalato. In realtà, il protocollo seppur assolutamente condivisibile nel testo, ed è il motivo per il quale lo abbiamo sottoscritto, non prevedeva immediatamente la disponibilità di risorse economiche per il superamento dei ghetti, che è presente nel sottotitolo di questo protocollo. Tuttavia, già nella stagione estiva del 2016 all'interno di una struttura regionale, in particolare di un'azienda agricola regionale che non era utilizzata da anni e che abbiamo deciso di utilizzare per l'accoglienza, abbiamo ospitato 25 persone, tra cui alcuni nuclei familiari e alcuni minori di età provenienti dal gran ghetto. Da quel momento i minori, oltre a vivere in un luogo dignitoso, hanno iniziato ad essere seguiti e frequentare la scuola.
  Il 1° dicembre 2016 vi è un altro incendio all'interno del gran ghetto. Questa volta Pag. 21l'incendio ha distrutto gran parte delle baracche, anche se nelle fotografie scattate dall'alto e nelle riprese dell'aeronautica è strano vedere che le baracche non interessate dall'incendio formano un ferro di cavallo, quindi è proprio strana la tipologia della propagazione delle fiamme. In quel momento 80 persone decidono di spostarsi nell'azienda agricola di proprietà regionale, tra cui alcune donne. Le donne, però, si sono fermate solamente qualche giorno, perché poi sono state prelevate da sconosciuti, i quali hanno detto che le avrebbero portate a Napoli. Questa circostanza è ritornata costantemente in questi mesi. Ci dicevano i migranti ospitati che le donne presenti all'interno del ghetto, nella maggioranza dei casi obbligate a prostituirsi, subivano un turnover costante con Napoli, secondo loro, comunque con la Campania, facendo quasi presagire un rapporto e un contatto diretto tra i differenti gruppi criminali. Nei primi mesi di quest'anno insieme al comune di San Severo abbiamo individuato un'altra struttura, a sua volta occupata abusivamente da un nucleo familiare di pregiudicati. È stata liberata e quindi si poteva procedere alle operazioni di chiusura del gran ghetto. Un primo tentativo c'è stato il 24 febbraio, quando mi sono recato lì insieme alle forze di polizia che coordinavano le operazioni di chiusura, in quella giornata c'erano circa 90 migranti presenti e sono scoppiati dei piccoli tumulti. Posso chiedere di segretare?

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Fumarulo di tutto e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.

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