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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 167 di Martedì 30 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone (Svolgimento e conclusione) :
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 4 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 5 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 7 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 7 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 10 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 10 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 13 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 15 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 15 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 15 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 15 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 15 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
Puppato Laura  ... 17 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 17 ,
Puppato Laura  ... 17 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 17 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 17 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 18 ,
Arrigoni Paolo  ... 18 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 18 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 19 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 19 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 19 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 19 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 19 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 20 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 20 ,
Bianchi Stella (PD)  ... 20 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 20 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 20 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 20 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 20 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 21 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
D'Elia Nunzia , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 21 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 22 ,
Prestipino Giarritta Michele , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 22 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 22 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 23 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 23 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 23 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 23 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 ,
Galanti Alberto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 24 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 24 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 ,
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 24 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma Giuseppe Pignatone, che ringrazio della presenza. Il dottor Pignatone è accompagnato dal dottor Michele Prestipino, procuratore aggiunto, dalla dottoressa Nunzia D'Elia, procuratore aggiunto, e dal dottor Alberto Galanti, sostituto procuratore. Ringrazio tutti della presenza.
  L'audizione si inserisce nell'approfondimento in corso sulla regione Lazio e fa seguito ad altre precedenti di carattere più generale. Come abbiamo anticipato anche per le vie brevi, riguarderà le singole vicende e alcuni specifici aspetti e indagini processuali.
  La Commissione sta concludendo i suoi lavori sul Lazio e abbiamo la necessità di fare il punto, con la vostra collaborazione, sulla situazione di Roma, in particolare, e in generale del Lazio.
  Per ricordarglieli, i temi aperti sono: la fase dibattimentale del procedimento denominato «Mondo di mezzo» per quanto riguarda le sole condotte illecite relative al ciclo dei rifiuti; la fase dibattimentale del procedimento a carico di Manlio Cerroni e altri; le indagini e i processi relativi alla discarica di Malagrotta e degli impianti Colari; le indagini, laddove esistenti, per altri illeciti ambientali del sito di Valle Galeria, al di fuori della discarica di Malagrotta; il tema della discarica di Cupinoro.
  Un procedimento riguardava poi la procura di Civitavecchia sui rifiuti della centrale Enel. Ci aveva accennato, ricordo, quando ci trovammo presso la prefettura di Roma, anche di un'indagine aperta su Polieco. Questo non gliel'avevamo chiesto, ma poiché stiamo completando un'altra relazione che riguarda il tema del mercato del riciclo e dei consorzi obbligatori, anche su questo vorremmo un po’ chiudere la faccenda.
  È inoltre interesse della Commissione conoscere gli esiti dei procedimenti per violazione dell'articolo 260, decreto legislativo n. 152 del 2006, di competenza appunto della procura della Repubblica di Roma.
  Ricordo, infine, che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti e delle bonifiche e del sistema di depurazione delle acque, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi a essi connessi.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo Pag. 4 la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta.
  Do la parola al dottor Pignatone per lo svolgimento di una relazione introduttiva. Decida poi come crede di avvalersi dei suoi collaboratori.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Siamo tantissimi.

  PRESIDENTE. Esatto. Probabilmente, qualche domanda potrà essere rivolta dai colleghi.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Ringrazio il presidente e la Commissione tutta per l'attenzione. Da parte mia, sarò molto breve, perché ci siamo divisi gli argomenti. Poi vediamo se ci saranno domande ulteriori, anche perché abbiamo risposto. Abbiamo già mandato moltissimi atti che la Commissione ha ricevuto. Altri ne abbiamo portati.
  Faccio due o tre premesse soltanto. Anzitutto – ripeto cose che ho già detto anche a questa Commissione – insisto sull'opportunità, anche se ormai mi rendo conto che sembrava che fosse sul punto di essere fatto e non sarà fatto, di modificare l'attribuzione alla DDA della competenza per reati di cui all'articolo 260 del testo unico sui rifiuti.
  Questa necessità, con tutte le complicazioni ordinamentali che l'altra volta avevo esposto e che non ripeto, risulta particolarmente evidente in una regione come il Lazio, dove per esempio, almeno fino a ora, in cinque anni non abbiamo trovato traccia di interessi della criminalità mafiosa in senso stretto nelle vicende di cui all'articolo 260 e in cui, invece, vengono perseguiti come tali fatti che impegnano in modo improprio la professionalità specifica richiesta per il 260.
  Mi permetto di rimandare non solo all'opportunità di spostare dal terzo al quinto comma dell'articolo 51, terzo comma, del codice di procedura penale questa specifica materia, ma anche a quella proposta di modifica preparata, ripeto ancora una volta, dai miei colleghi e da alcuni professori di università, che ho avuto l'onore di illustrare non ricordo se al Senato o alla Camera.
  Se, da un lato, è bene attribuire la competenza del 260, sarebbe bene secondo noi, alla cosiddetta procura distrettuale, cioè quella avente sede nella città capoluogo di distretto, sarebbe però necessario mantenere alcuni requisiti, alcune caratteristiche della normativa, come la prescrizione raddoppiata, con la possibilità di eseguire intercettazioni in modo più ampio che per i reati «ordinari», ma è un testo che la Commissione ha ai suoi atti.
  La seconda cosa che ritengo molto importante è la necessità di tenere distinto il campo dell'illecito penale da quello molto più ampio e variegato delle violazioni di regole amministrative, o ancora più, della semplice inefficienza o cattiva gestione dell'attività. Sono due cose completamente diverse. È chiaro che alla procura della Repubblica interessa ed è competente soltanto per la prima.
  La terza premessa, su cui forse qualcuno dei miei colleghi tornerà, riguarda la difficoltà costituita, anche al fine di configurare illeciti penali, da una legislazione in continuo mutamento, iperspecialistica e spesso non molto chiara e dall'operato spesso contraddittorio delle numerose amministrazioni competenti a intervenire in questo settore.
  Questa difficoltà, che è oggettiva – peraltro, dipende in buona parte dalla materia, non diamo sempre la colpa al legislatore – si riflette per esempio anche sui reati di pubblica amministrazione di cui ha parlato il presidente. A cominciare dall'esempio classico dell'abuso in atti d'ufficio, se il pubblico funzionario si trova di fronte la circolare della regione che dice una cosa, una direttiva o una prassi del comune che ne dice un'altra, l'ASL che dice una terza cosa ancora, è chiaro che non si potrà mai configurare un reato di abuso in atti d'ufficio: come si dà la prova di un dolo specifico e di una violazione di legge in un quadro così caotico?
  Infine, sempre sui limiti dell'intervento penale, non possiamo chiedere all'intervento Pag. 5 penale di amministrare al posto della pubblica amministrazione, o ancor più, dell'impresa privata, vere e proprie imprese, specie complesse come spesso sono quelle del settore di cui ci stiamo occupando.
  Noi abbiamo fatto dei sequestri, li continuiamo e li continueremo a fare, ma dobbiamo essere consapevoli, a parte che dei limiti soggettivi di tutti noi, dei limiti oggettivi dell'amministrazione giudiziaria, specie nel settore penale, non quello della prevenzione, che ancora è qualcosa di più strutturato e meglio può fare, dei limiti di competenza, di disponibilità finanziaria, ma soprattutto di discrezionalità di scelta. L'imprenditore fa una scelta e, se sbagliata, paga di tasca sua; l'amministratore giudiziario si rivolge al giudice con le relative conseguenze.
  Queste erano le premesse molto brevi che io intendevo fare, dopodiché, se il presidente consente, do la parola alla dottoressa D'Elia, che specifico è il procuratore aggiunto che segue presso la procura di Roma proprio il settore dei reati in materia ambientale quando non siano di competenza della DDA, nel qual caso subentra il dottor Prestipino.
  Per quanto riguarda il processo «Mondo di mezzo», come risulta dalle cronache giornalistiche, la procura della Repubblica ha già fatto la requisitoria e ha chiesto la condanna per quasi tutti i reati. Naturalmente, non mi ricordo. Se la Commissione dovesse avere interesse ad avere la requisitoria del pubblico ministero, possiamo trasmetterla. La sentenza è prevista subito prima o subito dopo l'estate. Ovviamente, anche quei reati che interessano la Commissione sono in questo coacervo.
  Per quanto riguarda l'indagine Polieco, stiamo aspettando il deposito di una consulenza tecnica e un'ultima informativa, quindi si concluderà ragionevolmente entro l'anno, temo non in modo sufficientemente rapido per i tempi della Commissione. Comunque, se ci fossero sviluppi, li comunicheremo.

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Ringrazio anch'io di essere qui.
  Ricopro quest'incarico da settembre 2016. Ho trovato la situazione che riguarda la materia dell'ambiente nella nostra capitale come abbastanza particolare rispetto a tante altre zone.
  È noto che a Roma non vi sono grandi insediamenti industriali produttivi di eventuali situazioni d'impatto ambientale importanti. Non a caso, anche quest'ultima vicenda riguarda Pomezia, appunto, non Roma. Da noi, il fenomeno riguarda più che altro la gestione ordinaria dei rifiuti.
  Questa materia, però, è resa estremamente difficile sotto il profilo della risposta penale, sia perché, come è noto, questi illeciti sono capaci di generare profitti anche significativi, e questo rende la materia problematica; sia perché il fenomeno vero e proprio di traffico di rifiuti si connota in questo territorio in una situazione un po’ a macchia di leopardo. Ci sono discariche non autorizzate, discariche che diventano tali, ma nascono da abbandoni di rifiuti, gravi situazioni di degrado ambientale in aree ove sono presenti immobili abbandonati pericolanti e, correlati a queste, sistematiche attività illecite o di trasporto di rifiuti o di smaltimento di rifiuto fortemente illecito e pericoloso.
  Su questo non si può ignorare – il procuratore ne faceva cenno e io lo verifico tutti i giorni – che è molto forte il collegamento tra le scelte, la presenza o l'assenza della pubblica amministrazione e la materia penale in questo campo. Perché? È ovvio che destinare scarse risorse economiche nel settore o l'assenza di un quadro di riferimento strategico stabile sulla materia da parte delle amministrazioni locali rende questo settore complicato dal punto di vista amministrativo, ma anche da quello penale.
  Ovviamente, la procura sta cercando di attuare un impegno molto importante su queste illegalità diffuse, ovviamente con l'indispensabile ausilio delle forze dell'ordine, ma la carenza di personale e di mezzi non può non avere un riflesso fondamentale sull'esito delle indagini e sul controllo del territorio.
  Per capire che non sono solo parole, a proposito della carenza di personale, si Pag. 6pensi che il Nucleo operativo ecologico di Roma, che deve soddisfare le deleghe di ben nove procure (oltre quella di Roma, altre otto, che sono quelle del Lazio) nonché della direzione distrettuale antimafia, nonché talvolta della procura regionale della Corte dei conti, è costituito da 14 militari. Voi capite che strumenti e mezzi, personali soprattutto, sono veramente scarsi.
  Ciononostante, stiamo cercando di attuare non solo un controllo del territorio, che rende sempre maggiore il numero di denunce, anche in vista dell'applicazione della nuova legge, la n. 68 del 2015, che ha finalmente introdotto nuove figure di reato o di delitti, mentre prima avevamo soprattutto delle contravvenzioni, cosa che rendeva ancor più complicato il risultato penale.
  Certamente, accanto a questo controllo del territorio di carattere generale, stiamo cercando di attuare due iniziative specifiche proprio pensando al tipo di problematiche romane. Da un lato, c'è il fenomeno delle autodemolizioni e rottamazioni. Non sempre le due attività coincidono, ma le problematiche sono affini.
  A Roma ci sono 106 autodemolitori, la maggioranza dei quali lavora con regime di autorizzazione provvisoria. Alcuni, invece, sono del tutto abusivi. Su questi autodemolitori non possiamo dire null'altro, perché l'attività è ancora totalmente segreta sotto il profilo dell'indagine che stiamo svolgendo, ma certamente la cosa importante è che attorno a questo fenomeno di autodemolitori e rottamatori abusivi o parzialmente abusivi gira un'attività illecita di contorno: ricettazione e riciclaggio di veicoli rubati, ma anche traffico di materiale ferroso e di rame, traffico organizzato di rifiuti, che vengono trattati con modalità diverse da quelle previste dalle normative e poi concentrati in piattaforme gestite da soggetti che successivamente le inoltrano in altri luoghi.
  Uno dei problemi importanti che abbiamo potuto verificare è quello per cui, anche quando si interviene con provvedimenti di sequestro, quasi degli atti dovuti laddove scopriamo un sito dove vengono abbandonati rifiuti o addirittura una discarica del tutto illecita, questi provvedimenti rischiano di creare un problema ambientale ancora più forte, soprattutto quando questi siti sorgono sul terreno pubblico. Perché?
  Subentra il problema della bonifica, delle difficoltà di fare la bonifica e dell'impegno economico per realizzarla. Ogni volta che si interviene su siti che sorgono su terreni pubblici, ovvero su terreni privati ma di persone non interessate a investire il loro danaro per bonificare questi territori, il sequestro finisce col diventare un provvedimento che dura anni e anni e che, purtroppo, non ha quello che dovrebbe essere il suo naturale svolgimento di arrivare alla bonifica, alla pulizia del terreno. Sostanzialmente, da questo punto di vista le norme, nonostante siano state ampliate, modificate e arricchite, non danno un'effettiva tutela del territorio.
  Accanto al fenomeno dei rottamatori c'è l'altro fenomeno, che sempre riguarda un po’ il lato ambientale, dei campi nomadi ancora attivi, dove spesso si consumano eventi che mettono in pericolo la pubblica incolumità.
  In particolare, i nomadi si dedicano a queste attività di raccolta illecita. È chiaro che su una gestione di rifiuti così poco oleata c'è spazio per ogni iniziativa di carattere illecito, per cui addirittura ci sono delle situazioni nelle quali i nomadi vanno a prendere i rifiuti mentre i cittadini cercano di portarli nelle discariche. Ovviamente, li prendono senza essere pagati. Questo comporta l'abbandono di questi rifiuti nei luoghi vicino ai campi nomadi. Inoltre, si arriva poi all'altro fenomeno degli incendi dei rifiuti, che per i nomadi è un metodo normale di smaltimento di rifiuti, che non possono utilizzare.
  Passando a due delle richieste che avete rivolto alla procura, in particolare quella che riguarda il sito Valle Galeria e quella che riguarda la discarica di Cupinoro, abbiamo agli atti un procedimento che riguarda il sito Valle Galeria, cosiddetta «Testa di cane». Si tratta di un procedimento in stato avanzato al dibattimento contro Rando Francesco più altre persone. Pag. 7
  Qui vengono contestati reati ambientali, apertura di discarica abusiva, che in caso di necessità avrebbe dovuto sostituire, quantomeno secondo la ricostruzione della procura, la discarica di Malagrotta, e reati di pubblica amministrazione, contestati a due funzionari regionali per aver omesso di interrompere la prosecuzione dei lavori per la realizzazione dell'impianto di smaltimento nonostante la carenza di un valido titolo autorizzativo.
  Per questo procedimento ho portato una copia del decreto di sequestro delle richieste di rinvio a giudizio, che depositerò se ne siete interessati, da cui si comprende esattamente sia la contestazione sia la motivazione dell'impostazione accusatoria che ha dato la procura.
  Per quanto riguarda la discarica di Cupinoro, per questo procedimento, trasferito a Roma da Civitavecchia, è stata fatta una richiesta di sequestro al gip da parte del pubblico ministero, ma il gip non l'ha accolta. È stata poi fatta una richiesta di rinvio a giudizio, ma il procedimento si è concluso con sentenza di non luogo a procedere. Ho portato copia della richiesta di sequestro, del rigetto del gip, della sentenza di proscioglimento, nonché ad abundantiam il dischetto contenente tutti gli altri atti. Erano tanti, quindi ho preferito metterli in questo modo.
  Mi interessa segnalare solo un altro procedimento, quello che riguarda il depuratore di Roma nord dell'Acea.
  L'indagine riguardava il cattivo funzionamento di quest'impianto di trattamento delle acque reflue urbane e lo sversamento, da parte dei gestori dell'impianto, di acque e di fanghi non depurati direttamente nel fiume Tevere. Un sequestro si è reso necessario per accertare queste gravi, reiterate e dolose violazioni alla normativa ambientale.
  La destinazione di parte di questi fanghi anche per l'utilizzo di carattere agricolo veniva effettuata sotto la supervisione dell'Acea ATO2 e dalla controllata Acquaser. Questo avveniva, inoltre, in violazione delle norme, che impongono al produttore dei fanghi analisi complete per verificare la composizione e la natura dei fanghi medesimi.
  Questa condotta, secondo l'ipotesi accusatoria, integra il reato di traffico illecito di rifiuti. Anche di questo ho prodotto...

  PRESIDENTE. Il dibattimento è in corso?

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Il dibattimento è in corso, certo. Ho con me la copia del rinvio a giudizio.
  Io ho terminato.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Anch'io ringrazio il presidente e i componenti della Commissione per quest'invito. Ovviamente, affronterò quella parte della richiesta di indicazioni e di informazioni che ha per oggetto la trattazione dei reati di competenza della direzione distrettuale antimafia, in particolare il reato di cui all'articolo 260, che, com'è noto, punisce quello che mediaticamente, volgarmente, si chiama traffico di rifiuti, e cioè che ha per oggetto l'organizzazione in forma stabile di attività illecite di smaltimento dei vari tipi di rifiuti.
  Condividendo i motivi di perplessità che il procuratore ha già espresso sull'attribuzione alla direzione distrettuale antimafia, quindi nella collocazione del terzo comma dell'articolo 51 del codice di procedura penale, anziché nella fattispecie del quinto, che cambia molto dal punto di vista ordinamentale la nostra organizzazione, devo dire che negli ormai almeno negli ultimi quattro anni la direzione distrettuale antimafia di Roma ha avuto una grande attenzione nella trattazione di questo reato.
  Nel rinnovare parzialmente la composizione della direzione distrettuale antimafia nell'ultimo anno, anno e mezzo in particolare, nell'ambito del concorso la dirigenza privilegiato tra l'altro anche il criterio della specializzazione sulla materia ambientale, proprio perché la DDA deve trattare anche questo tipo di reato, che, com'è noto, riguarda e presuppone una serie di attività investigative non solo complesse Pag. 8 per il numero a volte degli indagati, per i fatti oggetto di investigazione, ma per almeno un altro paio di ragioni.
  Queste riguardano la necessità di conoscenze a forte contenuto tecnico, tecnico anche dal punto di vista normativo, della sovrapposizione delle fonti, in cui si intersecano normativa primaria e normative secondarie. Questo influisce moltissimo sull'esito di alcune vicende processuali. Spesso, siamo in materie in cui la difesa fondata sulla buona fede di chi compie le condotte, indotta magari da provvedimenti autorizzatori prima negati, poi impugnati, poi concessi dal giudice amministrativo, poi nuovamente revocati... Sono tutte vicende, quelle amministrative, che, diverse dalla vicenda penale, tuttavia ovviamente influiscono quantomeno sulla configurazione dell'elemento psicologico, dell'elemento soggettivo del reato, che richiede il dolo spesso intenzionale e talora anche il dolo specifico.
  Nell'attività di questi quattro anni non sono emersi particolari e significativi coinvolgimenti, non tanto della criminalità organizzata. È chiaro, infatti, che laddove c'è un traffico di rifiuti, è proprio il concetto di traffico che postula l'esistenza di un'organizzazione. La commissione del traffico di rifiuti è già di per sé un fatto di criminalità organizzata.
  Abbiamo vagliato, però, anche la possibilità di accertare la presenza, il coinvolgimento di interessi criminali di matrice mafiosa, per capirci, in senso proprio, in senso stretto, nella gestione di alcune vicende che riguardano rifiuti, soprattutto nella zona del basso Lazio, che è al confine con quella che mediaticamente e notoriamente si chiama Terra dei fuochi.
  Su questo punto abbiamo sviluppato diverse iniziative, che però non hanno dato un riscontro positivo. Tra queste, segnalo anche l'audizione di una serie di soggetti, collaboratori, neocollaboratori di giustizia, indicateci anche dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, con la quale ovviamente c'è un forte scambio di informazioni, perché gestiamo territori confinanti e che hanno per noi un limite di competenza, ma certo non ce l'hanno per le organizzazioni criminali né tantomeno per quelle mafiose.
  Tuttavia, pur avendo audito e sollecitato questi collaboratori di giustizia, le indicazioni che ci sono state fornite sul territorio del basso Lazio sono state poco significative, estremamente generiche, di descrizione del fenomeno, ma non idonea a fornire elementi di prova specifici sui quali in concreto avviare attività di indagine.
  La nostra attività si è poi scontrata, come diceva già la collega D'Elia, anche con un altro problema, che è quello della carenza di risorse specializzate. Ovviamente, a maggior ragione quando si lavora sul traffico di rifiuti, non si possono affidare indagini che presuppongono conoscenze tecniche, specializzazioni e così via, a forze di polizia o ad articolazioni di forze di polizia senza alcuna competenza di settore.
  Dobbiamo, quindi, anche fare i conti, nella gestione delle poche risorse che abbiamo, e impiegarle in modo «economico», nel senso di impiegarle laddove ci sono buone possibilità di riuscita dell'attività investigativa per individuare fatti illeciti di competenza della direzione distrettuale antimafia e le relative responsabilità.
  In questo quadro – vi do un paio di numeri che possono essere significativi – la direzione distrettuale antimafia negli ultimi quattro o cinque anni ha iscritto circa una quarantina di procedimenti contro noti che riguardano il reato di cui all'articolo 260. Una ventina è in fase di indagini, circa dieci sono nella fase dibattimentale, qualcuno è stato definito già con sentenza di primo grado, qualcuno di questi procedimenti, non moltissimi (tre o quattro) sono stati già archiviati.
  Segnalo soltanto, di questi, i principali procedimenti. Mi limito a dare tre o quattro indicazioni significative da questo punto di vista.
  Il primo procedimento che intendo segnalare è collegato, da un punto di vista di contesto investigativo, all'indagine «Mondo di mezzo». È un'indagine che ha avuto due momenti fin qui. È dell'8 gennaio 2015 un sequestro preventivo di beni e di somme di denaro anche per equivalente cospicue (parliamo di oltre 1.600.000 euro), che ha riguardato Pag. 9 un traffico illecito di rifiuti speciali, tra le province di Roma e di Latina in particolare, e ha visto il coinvolgimento di un paio di cooperative collegate – per questo dicevo del collegamento con il contesto investigativo di «Mondo di mezzo» – al mondo cooperativo, alle cooperative di Salvatore Buzzi.
  Quest'attività illecita si è concretizzata in un'attività di tipo organizzato, di tipo seriale, di raccolta di rifiuti costituiti da indumenti, prodotti tessili, accessori di abbigliamento, ovviamente post-consumo, già utilizzati che sono stati oggetto di commercializzazione senza che fossero effettuate tutte quelle attività prescritte dalla legge di carattere preventivo e che riguardano diverse fasi di trattamento e recupero, tra cui l'igienizzazione degli ambienti e così via.
  Abbiamo scoperto questo commercio assai lucroso, fatto appunto in violazione delle norme sul trattamento di questo tipo di rifiuto speciale. Abbiamo provveduto al sequestro di società, di aziende, di plessi aziendali e, come dicevo, di somme di denaro anche per equivalente, per un ammontare di oltre 1.600.000 euro.
  A questo procedimento ha fatto seguito la richiesta di rinvio a giudizio, intervenuta di recente, il 24 marzo 2016. Il sequestro è dell'8 gennaio 2015. Ci sarà poi un processo e si accerteranno le relative responsabilità.
  Sia questo procedimento, quest'indagine, sia le altre cui faccio cenno brevissimamente hanno ulteriori caratteristiche, certamente importanti da un punto di vista tecnico e normativo. In questa materia, abbiamo fatto applicazione anche di un'altra disciplina, il decreto legislativo n. 231 del 2001, sulla responsabilità degli enti. Notoriamente, i reati ambientali fanno parte del cosiddetto catalogo dei reati presupposto, che, oltre alla responsabilità individuale delle persone fisiche, sempre presente in questi processi, fa scattare anche la responsabilità amministrativa da reato degli enti, e quindi anche di soggettività giuridiche come persone giuridiche o associazioni sfornite di personalità, ma che ovviamente gestiscono questo tipo di lucrose attività.
  Questo che ho descritto è un procedimento che ha avuto origine a Roma, sebbene abbia riguardato Roma e la provincia di Latina. Gli altri procedimenti più significativi che abbiamo trattato hanno un'altra caratteristica comune, di esserci pervenuti a seguito di trasmissione da parte degli uffici giudiziari del distretto, in particolare delle altre procure.
  Da questo punto di vista, abbiamo avuto rapporti di collaborazione, che hanno significato, da un lato, la trasmissione per competenza del procedimento e, dall'altro, l'applicazione al procedimento del magistrato, del sostituto procuratore che aveva iniziato le indagini nelle sedi periferiche. In particolare, abbiamo avuto rapporti proprio per questo tipo di reati con tre procure in particolare: Civitavecchia, Frosinone e Viterbo.
  Sono rapporti e modalità di gestione di questi procedimenti importanti, perché consentono anche la crescita professionale di colleghi che non fanno parte formalmente delle direzioni distrettuali antimafia. Questo è uno dei motivi e delle difficoltà ordinamentali. Ogni volta, infatti, per questi colleghi serve un provvedimento formale, che deve essere motivato, passare al vaglio del Consiglio superiore, quindi c'è un aspetto burocratico significativo.
  Con Viterbo abbiamo trattato un procedimento sempre per traffico di rifiuti che ha riguardato la gestione abusiva di una quantità assai significativa – parliamo di milioni di chili di rifiuti nel corso degli anni 2010, 2011, 2012, 2013 e fino al 2015 – trattati in difformità essenziale rispetto agli atti autorizzativi delle attività degli impianti. Sono impianti di trattamento meccanico-biologico siti in Viterbo.
  Anche qui c'è una caratteristica comune di queste attività illecite relativa al trattamento fuori dagli schemi, in violazione delle autorizzazioni da parte di imprese, spesso private. Accertiamo, infatti, una serie di reati, che vanno dal falso alla truffa. C'è spesso o l'omissione del trattamento o il trattamento inidoneo e insufficiente con riferimento al rifiuto oggetto che doveva essere trattato, e tutto passa attraverso la Pag. 10falsificazione nell'attribuzione delle sigle e delle qualificazioni dei rifiuti.
  Questo è successo a Viterbo, soprattutto...

  PRESIDENTE. Questa di Viterbo è una società privata o una società pubblica?

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Questa è una società che fa parte del gruppo arcipelago Cerroni, per capirci. Va bene?
  Di solito, l'attribuzione di codici inesatti al tipo di rifiuto da trattare, fatta in modo malevolo, in malafede, proprio per mascherare l'omissione del trattamento dovuto, l'adozione di particolari cautele nella trattazione dei rifiuti e così via, ovviamente poi comporta una serie di ulteriori responsabilità, aggiuntive. Anche in questo caso ci sono le condotte omissive di chi doveva controllare, quindi dei controllori. C'è poi il coinvolgimento, che abbiamo verificato in particolare in un'attività su Frosinone, di pubblici amministratori e via discorrendo.
  Anche in questo caso, su Viterbo abbiamo proceduto con decreto di sequestro preventivo a maggio 2015 e abbiamo chiuso le indagini con richiesta di rinvio a giudizio a ottobre 2016.
  Un altro procedimento significativo da questo punto di vista è uno dei due trattati che ci sono pervenuti dalla procura di Frosinone.
  Qui abbiamo un primo procedimento che riguarda fatti estremamente seri e importanti. Parliamo di un impianto, uno stabilimento grande, nel quale venivano trattati una grande quantità e moltissimi rifiuti di matrice e di provenienza ospedaliera, quindi rifiuti sanitari, di molti ospedali della regione, tra cui molti plessi ospedalieri di Roma. Perché lo dico?
  Qui siamo in presenza di quantità veramente notevolissime e di fatti che abbiamo accertato, anche attraverso lo svolgimento di consulenze tecniche, che evidenziano una gravità e una pericolosità per la salute pubblica da parte dei responsabili di queste condotte. Che cosa abbiamo verificato che accadeva in quest'impianto di trattamento?
  Intanto, in quest'impianto di trattamento teoricamente per autorizzazione dovevano essere stoccati e trattati rifiuti non pericolosi, non ospedalieri in senso stretto, ma soprattutto vetro. Questo vetro, prima del conferimento nell'impianto di trattamento, avrebbe dovuto essere trattato, cioè pulito e privato di qualsiasi residuo di natura biologica.
  I nostri consulenti hanno accertato che tutto questo regolarmente non accadeva e che, soprattutto per i rifiuti ospedalieri, veniva stoccata, accumulata e trattata come se si trattasse di rifiuto non pericoloso una serie, per capirci, di contenitori di vetro, bottiglie, contenitori di fleboclisi e così via, con ancora tracce di materiale biologico, deflussori, siringhe, guanti di lattice, quindi rifiuti pericolosi, perché a rischio infettivo.
  Oltre a questi, c'erano anche altri tipi di rifiuti non ospedalieri. Lì c'era un altro problema, un'altra situazione di rischio e di pericolosità. Parliamo di quantità importanti, significative, di rifiuti costituiti dai toner per la stampa, da materiali ferrosi costituiti per esempio dalle pastiglie dei freni per auto, una serie di cose che andavano trattate con altre modalità.
  Anche in questo caso, abbiamo proceduto con sequestro, cui ha fatto seguito la richiesta di rinvio a giudizio, quindi sono tutti procedimenti con i quali abbiamo lavorato attraverso misure cautelari di tipo reale e, successivamente, con l'esercizio dell'azione penale nei confronti dei responsabili, persone fisiche, e dei responsabili enti e persone giuridiche.

  PRESIDENTE. Per capire bene, sono due indagini diverse, questa sui rifiuti ospedalieri e l'altra sui rifiuti ferrosi, o riguardano la stessa azienda?

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. No, riguardano la stessa azienda.

  PRESIDENTE. Ci dice il nome?

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso Pag. 11il tribunale di Roma. Tutti i provvedimenti che sto citando sono raccolti in un DVD, che ovviamente posso lasciare.
  A ogni buon conto, l'impianto di trattamento in questione è quello gestito da una società che si chiama Simer Srl. L'impianto è nella zona di Frosinone.
  L'altro procedimento per il quale è stata interessata la procura della Repubblica di Frosinone è anche questo particolarmente complesso. Abbiamo lavorato anche qui con una misura cautelare reale, decreto di sequestro preventivo, e poi con successiva richiesta di rinvio a giudizio.
  Qui si è succeduta una serie di vicende particolarmente complesse, perché i fatti di smaltimento erano diversi, grossomodo di due tipi. Nell'ambito di una prima attività di smaltimento, sono stati smaltiti rifiuti speciali con l'attribuzione di un codice CER diverso da quello che spettava a quel tipo di rifiuti, anche qui con un risparmio notevolissimo. L'attribuzione di codici diversi comporta, infatti, oneri e spese nel trattamento nettamente inferiori rispetto ai rifiuti che hanno altro codice.
  Per l'azienda, significa percepire il prezzo del trattamento da chi conferisce, che è il prezzo per il rifiuto speciale, quindi elevato; poi viene trattato in tutt'altro modo, quindi c'è un margine di profitto derivante da quest'attività, chiamiamola genericamente e in modo lato di truffa, che è altissimo. Credo che proprio in questo procedimento abbiamo calcolato anche dei margini di guadagno, che troverete indicati nei nostri provvedimenti, che sono importanti, significativi da questo punto di vista.
  Accanto a questo meccanismo, che riguardava anche qui un certo tipo di rifiuti conferiti da altri soggetti privati, abbiamo accertato anche un'altra situazione di illiceità, che ha riguardato il conferimento in quest'impianto di stoccaggio provvisorio e di pretrattamento dei rifiuti solidi urbani derivanti dalla raccolta in molti comuni del comprensorio.
  Sostanzialmente, questi rifiuti dovevano essere stoccati in questo deposito, subire un certo tipo di pretrattamento, per poi essere conferiti e spostati nuovamente. Questo pretrattamento, in realtà, non veniva effettuato tout court. Il rifiuto veniva conferito in questo impianto, da cui successivamente, così com'era stato conferito, veniva trasferito, con tutto quello che da questo consegue. Nell'impianto di successiva destinazione il rifiuto arriva con la documentazione che attestava un pretrattamento, che comportava successivamente una fase di lavorazione del rifiuto completamente diversa da quella che veniva fatta.
  Abbiamo altri procedimenti che riguardano attività investigative, in questo momento proprio in fase di indagine, quindi su queste non possiamo aggiungere niente.
  Mi permetto di concludere con una nota brevissima.
  Ho detto che abbiamo fatto sequestro preventivo, abbiamo poi esercitato l'azione penale per persone fisiche, persone giuridiche e così via. Questa è una materia in cui spesso bisogna fare attenzione anche alle modalità, alle forme di intervento. Abbiamo avuto difficoltà notevolissime nella gestione della fase del sequestro.
  Il sequestro di questi plessi aziendali e delle relative attività spesso pone l'autorità giudiziaria di fronte a un bivio, di far diventare il provvedimento cautelativo meramente formale, nel senso che io sequestro e poi devo necessariamente consegnare l'impianto a chi lo ha gestito in modo illecito e, se mi consentite il termine, truffaldino fino a quel momento. Perché?
  Perché è quello che ha, bene o male, sia pure con tutte le patologie del caso, il know how per poter continuare l'attività. Ovviamente, non sono attività paragonabili ad altre attività criminali, che chiudi tout court e la cessazione di per sé dell'attività è già un vantaggio per la società. Per capirci, chiudere i due impianti di trattamento di Frosinone di cui vi ho parlato significava che dalla mattina dopo gli ospedali di Roma non sapevano dove portare i rifiuti.
  Se vogliamo invece scegliere – parlavo di un bivio – la strada non formale, allora servono persone, amministratori... Qui non è un problema di custode, non si può nominare un custode. Ci vuole uno che gestisce un'attività d'impresa e che lo sappia fare. Allora, bisogna trovare i tecnici preparati, attrezzati professionalmente, che Pag. 12hanno studi e che si dedichino a questo tipo di attività, ma tutto questo ha un costo, perché sono professionisti che hanno un budget, si fanno pagare per le attività che svolgono.
  Quando dobbiamo trovare il modo di operare e di intervenire, dobbiamo tenere conto di tutti questi aspetti e fare in modo, spesso... Poi sono indagini anche complesse. Uno nomina l'amministratore e stringe il tempo... Anche dopo la fase del sequestro, spesso ci vengono rappresentate delle circostanze di fatto a difesa da chi subisce il sequestro. Su quelle bisogna fare indagini, e sono indagini complesse, che a volte necessitano di fare consulenze che durano.
  Non è la prima volta che dopo il sequestro abbiamo dovuto attivare attività tecniche, consulenti, per poi spesso arrivare anche a delle conclusioni... Come dicevo all'inizio, sono reati legati anche a vicende che hanno natura amministrativa, che influiscono ovviamente... Il soggetto che ha ricevuto un'autorizzazione o che ha ricevuto il diniego di un'autorizzazione, l'ha impugnata e a cui magari il TAR ha dato ragione, si sente in diritto di continuare e di esercitare quell'attività, nella consapevolezza, più o meno fondata – possiamo stare a discutere, ma parliamo di reati dove c'è la necessità di un elemento psicologico – di trovarsi in perfetta buonafede.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione dell'ospitalità. Cercherò di non tediarvi troppo a lungo. Purtroppo, il materiale che ho portato con me non è poco, ma posso sintetizzarlo.
  Vorrei cominciare brevemente da dove ha finito il dottor Prestipino. Il procedimento che abbiamo «gestito» in co-delega con Cassino è di particolare rilievo, da un lato perché costituisce una sorta di parallelo rispetto a quello Simer di cui ha parlato in precedenza, con epilogo parzialmente differente fino a questo momento; dall'altro, perché tocca un tema estremamente importante dal punto di vista investigativo e normativo, che è quello dei codici cosiddetti a specchio dei rifiuti.
  Sotto il primo profilo, vorrei dire che abbiamo fatto questo duplice sequestro preventivo, un primo che riguardava esclusivamente gli impianti come corpo del reato, quindi sostanzialmente per impedire la prosecuzione dell'attività criminosa, e un secondo che riguardava anche gli asset societari, quote delle società, in cui venivano contestate anche tutte le violazioni del decreto 231 in materia di responsabilità amministrativa degli enti.
  Da questo punto di vista, mi preme sottolineare come, almeno per quello che è a mia conoscenza, almeno a Roma, per la prima volta nel settore ambientale abbiamo chiesto al giudice e abbiamo ottenuto di nominare, oltre a un amministratore giudiziario per l'amministrazione dei beni sottoposti a sequestro, sia come profitto del reato sia come corpo del reato, di nominare nella stessa persona fisica anche un commissario giudiziale, possibilità prevista dall'articolo 15 del decreto, in sostituzione della misura interdittiva della sospensione della attività.
  Questo serve a salvaguardare l'occupazione e anche il fatto che questi impianti di trattamento dei rifiuti svolgono un servizio pubblico, perché raccolgono i rifiuti di tutti i comuni del bacino, dell'areato di riferimento.
  Questo è stato molto importante, perché ha consentito al commissario di entrare con pieni poteri all'interno della gestione aziendale, esattamente come se fosse il proprietario dell'azienda, con tutti i poteri che ha il proprietario dell'azienda, che ci riporta al precedente problema, ovvero che c'è un problema di gestione. Parlavamo, se non sbaglio, di 13 aziende, alcune delle quali enormi.
  Questo richiede uno sforzo organizzativo estremamente importante, estremamente complesso, che mostra un po’ la corda – mi permetto di esprimere quest'opinione – per un sistema che vede la nomina dell'amministratore giudiziario limitata a singoli professionisti. In altri Paesi, per esempio, c'è la possibilità di affidare addirittura a società di professionisti. Alcuni uffici giudiziari già lo fanno, ma è una Pag. 13prassi che ancora deve trovare uno sviluppo.
  Perché dicevo che i due procedimenti paralleli, che entrambi riguardavano la gestione di rifiuti connotati da codici cosiddetti speculari, hanno avuto un percorso diverso? Nel procedimento Simer si è arrivati in Cassazione, la cui terza sezione ha stabilito un principio estremamente importante: nel caso di rifiuti cosiddetti con codice a specchio, che a seconda della loro composizione chimica possono essere sia pericolosi sia non pericolosi, occorre che il produttore su cui incombe l'onere di classificare il rifiuto, se non in possesso di informazioni certe sulla composizione all'origine del rifiuto, come era nel caso di specie per quei rifiuti ospedalieri, proceda a una caratterizzazione analitica esaustiva. Ha enunciato questo principio di diritto.
  In quest'altro procedimento, invece, il tribunale del riesame ha espresso un principio diametralmente opposto. Ovviamente, questo ha comportato poi il dissequestro di gran parte degli impianti. Noi abbiamo fatto ricorso per Cassazione e siamo in attesa della sentenza. Se la Commissione è interessata, forniremo anche il testo di quella.
  Su questo aspetto, però, mi preme in modo particolare rappresentare alla Commissione una questione forse estremamente importante, che non riguarda solo l'aspetto giudiziario, ma quello normativo.
  La normativa concernente la classificazione dei rifiuti è stata modificata nel 2014 con la legge n. 116, che ha sostanzialmente convertito il decreto – mi sembra fosse lo Sblocca Italia o Salva Italia, uno di questi, fatti periodicamente, mi sembra lo Sblocca Italia – introducendo all'interno dell'allegato, alla parte quarta del decreto n. 152, una sorta di premessa che indicava i criteri con cui bisognava classificare tutti i rifiuti. Ovviamente, la parte che richiedeva uno sforzo più importante era quella dei codici a specchio, perché su quei rifiuti si combattevano battaglie giudiziarie da tantissimi anni.
  C'è stata una modifica normativa nel 2014 e nel 2015 a livello europeo, sono stati emanati una nuova decisione e un nuovo regolamento. Attualmente, è in corso di emanazione da parte del Ministero dell'ambiente un regolamento di delegificazione, che però prevede l'abrogazione di questa parte del decreto.
  Il Consiglio di Stato ha reso un parere, in cui esprime perplessità sul fatto che un regolamento possa abrogare una legge dello Stato, ma dice che siccome secondo il ministero c'è una palese difformità tra la nuova normativa europea e questa nazionale, allora ne prendiamo atto e, se è solo rilevare questa cosa, allora non diciamo niente. Mi limito a rappresentare che la normativa europea non sembra dire proprio questo.
  Ho allegato agli atti, che sono tutti qua, sia un draft elaborato dalla Commissione europea in materia di classificazione dei rifiuti, sia una linea guida in materia di classificazione dei rifiuti pericolosi delle quattro agenzie di protezione ambiente britanniche, che seguono un meccanismo di classificazione identico a quello che abbiamo in Italia.
  Mi premeva rappresentare quest'aspetto, perché effettivamente è un problema che a livello normativo esiste. Rischiamo di abrogare una disposizione per un asserito contrasto con una disposizione europea che forse andrebbe valutato. Mi limito a dire questo. Comunque, ho allegato tutti gli atti a cui faccio riferimento.
  Per quanto riguarda gli altri argomenti, mi sembra che uno dei temi che ho visto e su cui c'era una richiesta di aggiornamento fossero i procedimenti concernenti Malagrotta in particolare, ma un po’ tutta la Valle Galeria.

  PRESIDENTE. La Valle Galeria e la galassia Cerroni.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Da questo punto di vista, la situazione è un po’ articolata, nel senso che ci sono numerosi procedimenti sia in fase dibattimentale sia in fase investigativa.
  Per quanto riguarda la fase dibattimentale, il procedimento più importante, il 7449 del 2008, in relazione al quale fu Pag. 14emessa l'ordinanza di custodia cautelare, oramai si avvia al suo terzo anno di giudizio immediato, ma fortunatamente, per una serie di motivi processuali, adesso stiamo finendo l'esame degli imputati. Cominceremo l'esame dei testi della difesa e pensiamo ragionevolmente di poterlo concludere entro Natale. Speriamo di farci tutti questo regalo, ovviamente con l'esito che ci sarà.
  Lo stralcio di quel procedimento, non l'immediato ma l'ordinario, quindi per i medesimi fatti ma per i soggetti non attinti da misura e per le imputazioni per cui non poteva essere emessa misura, doveva iniziare pochi giorni or sono, ma per una questione relativa a delle astensioni degli avvocati per le udienze è stato rinviato a dopo l'estate, o meglio quello che resta di quel procedimento, perché alcuni di quei fatti sono già prescritti, è stata già dichiarata sentenza di non luogo a procedere, che comunque ho portato qui per vostra conoscenza. Si farà quello che resta da fare.
  Un altro processo che è iniziato ed è in corso di celebrazione è quello dinanzi alla terza Corte d'assise, relativo al disastro ambientale per l'inquinamento delle falde della discarica di Malagrotta e all'avvelenamento delle acque delle falde sotterranee alla discarica di Malagrotta.
  So che avete già sentito anche i tecnici del Politecnico di Torino. Lì, sostanzialmente, il procedimento sta andando avanti. Li abbiamo sentiti già a dibattimento. La nostra contestazione si basa sull'assunto che quelle rinvenute all'interno delle falde circostanti la discarica sono le medesime sostanze che sono all'interno della discarica, seppure ovviamente in concentrazioni inferiori, e sono tutte contenute all'interno del cosiddetto percolato di discarica. Ci siamo fondati sulla perizia del Politecnico, che non è stata formata nel processo penale ma in quello amministrativo, ma è una perizia estremamente importante.
  Loro attribuiscono questa contaminazione, quest'inquinamento, di un'area che copre più di 160 ettari, quindi un'area estremamente importante, grande una volta e mezzo Prati e centro storico messi insieme – pensate un po’, questo è l'ordine di grandezza – al fatto che tra l'interno del polder, questa sorta di cintura che contiene la discarica, e l'esterno c'è una differenza di quello che loro chiamano battente idraulico: la colonna del percolato interno è molto più alta, o è più alta comunque, dell'altezza delle falde. C'è una legge fisica, che si chiama legge di Darcy, per cui quando, di due fluidi separati da qualcosa di permeabile, uno dei due ha un battente idraulico più alto, tende a far uscire per osmosi questa sostanza verso il battente più basso.
  Noi abbiamo fatto anche una serie di attività integrative d'indagine dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Abbiamo già sentito anche gli operanti. Ci siamo chiesti perché ci fosse questa differenza di battente idraulico tra l'interno e l'esterno della discarica.
  Ci siamo accorti che fino al 2008, finché il percolato di discarica veniva trattato all'interno dell'impianto industriale, mediante la miscelazione con calce e fanghi di depurazione dell'Acea, e poi buttato in discarica, veniva pompato in maniera adeguata.
  Dal 2008 in poi, a eccezione dell'anno in cui c'è stata l'emanazione dell'ordinanza sindacale 2010-2011, ci siamo accorti che c'è stata una flessione incredibile della quantità di percolato asportato, soprattutto tenendo conto dei cosiddetti bilanci idrologici della discarica. Alla fine di ogni anno, si fa un bilancio delle precipitazioni meteoriche sulla discarica, che poi danno luogo alla produzione di percolato. Il percolato che veniva aspirato, pompato all'interno della discarica, è andato via via decrescendo. Adesso credo sia intorno al 10-12 per cento rispetto al bilancio di massa che viene fatto annualmente.
  Negli ultimi anni, sembrerebbe addirittura, almeno da carteggi ufficiali prodotti dalla stessa società gestrice, che il percolato non venga proprio più pompato in sé, ma lo sia solamente la cosiddetta condensa del biogas. Accanto alla rete di pozzi di captazione del percolato, che vanno a pescare proprio quasi alla quota di fondo scavo della discarica, che hanno un diametro abbastanza grosso, esiste una rete di pozzi molto più superficiali, molto più capillari e molto più piccoli di diametro, che serve a Pag. 15raccogliere il metano che si crea con la fermentazione dei rifiuti in putrescenza, che viene raccolto e poi smaltito.
  Qual è la differenza? Il metano si vende o ci si produce energia per autotrazione, il percolato no... Sostanzialmente, questa è la situazione ricostruita a oggi.
  Abbiamo poi un altro procedimento in fase d'indagine, quindi sul quale non posso dire molto, se non una sola cosa, perché è un atto assolutamente ostensibile, in quanto depositato e a conoscenza anche delle parti.
  In questi ultimi mesi, il NOE dei Carabinieri ha effettuato un'ispezione molto approfondita della discarica di Malagrotta proprio per verificare la situazione attuale. Ha verificato la prosecuzione di questa situazione, in cui queste colonne di percolato sono molto alte, e addirittura ci sono anche dei filmati. Questo percolato sembrerebbe cominciare proprio a tracimare dal polder addirittura in alcune canalette di scolo laterali, che poi vanno a finire nel Rio Galeria, che a sua volta va a finire nel Tevere.
  Abbiamo portato anche quest'ultima clip. Siccome è conosciuta anche dalle parti, abbiamo pensato che potesse essere un'attualizzazione della situazione della discarica.

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, ma avete notato un'assenza di aspirazione del percolato o una riduzione? Avete qualche dato quantitativo?

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Su questo non c'è certezza assoluta. Quello che è certo è che ci sono, mi sembra, dieci lotti, ognuno dei quali ha un pozzo di aspirazione del percolato e non ne funziona quasi nessuno. Quanto ai pochi che sono in funzione, la società dice, nella corrispondenza con gli organi regionali e non solo, che sta aspirando solo la condensa del biogas.
  Nel frattempo, aveva fatto richiesta di autorizzazione per un impianto di trattamento domestico del percolato, che le è stata rilasciata da pochissimo, sostanzialmente dicendo che non aspirano il percolato perché fino a che non realizzavano l'impianto di trattamento non erano in condizioni economiche di smaltirlo. Questo sembrerebbe emergere dalle...
  Un discorso di quantità, quindi, ce l'abbiamo. Non le ho qua, nel senso che le devo andare a ritrovare...

  ALBERTO ZOLEZZI. Cercavo di capire se avevano smesso totalmente di aspirarlo.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Da quello che capiamo, il 90 per cento, forse il 95, una percentuale importantissima di quello che smaltiscono come percolato di discarica è condensa del biogas, il che è corretto dal punto di vista della classificazione, perché anche la condensa del biogas contiene tracce di percolato, ma chiaramente in minima parte. È ovvio, infatti, che se una cosa evapora, la gran parte degli inquinanti rimane sotto.
  Qui, invece, abbiamo immaginato la discarica come un panettone, come un babà, che a mano a mano che il tempo passa si imbibisce sempre di più, e quindi diventa sempre più difficile anche estrarre il biogas. Chiaramente, pomparlo diventa sempre più complicato. Vedrete nelle foto e nei filmati che in alcuni punti della discarica ci sono proprio delle bolle di biogas che escono fuori a vista. La situazione è un po’ particolare.
  Questi sono tutti atti e documenti che potete consultare. Fotografano l'attualità della situazione. Non so se su questo ci sono altre...

  PRESIDENTE. Finisca.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Per quanto riguarda il discorso della zona di Ponte Malnome e, in generale, questi plessi industriali, abbiamo predisposto anche una bozza di decreto di citazione diretta a giudizio del procedimento 11823 del 2014. È un fatto in sé non gravissimo, la famosa alluvione del 2014 che determinò l'allagamento di tutta la zona di Ponte Malnome con lo spandimento sia di rifiuti Pag. 16ospedalieri, che dovevano essere inceneriti nell'inceneritore AMA, sia di oli minerali, che dovevano essere stoccati all'interno della raffineria. Abbiamo definito la faccenda, una parte degli imputati ha oblato, qualcun altro andrà a giudizio.
  Abbiamo anche – non so se la cosa può essere di interesse della Commissione – chiuso le indagini relativamente ai due TMB di Rocca Cencia e Salario per quanto riguarda gli illeciti che abbiamo accertato per violazione delle prescrizioni dell'autorizzazione commessi fino al 2015. Calcolate, però, che abbiamo sottoscritto l'avviso di conclusione, ma non è ancora in notifica, perché il fascicolo è alla scansione, quindi non è ancora a conoscenza delle parti. Avete questa copia, ma non è allo stato ostesa.
  Ci sono altri due aspetti, e uno riguarda la centrale Enel di Civitavecchia.
  Il fascicolo ci è pervenuto dalla procura della Repubblica di Civitavecchia. Anche qui si aveva una vicenda concernente l'attribuzione impropria di codici CER a due tipi di «rifiuti» provenienti dalla centrale Enel. Il primo erano le ceneri, sottili e pesanti; il secondo era ciò che risulta dalla linea DeSOx, una parte di quest'impianto.
  Anche qui, come in altri impianti analoghi sempre gestiti dalla centrale Enel, c'è stata la consulenza di uno storico consulente della procura, che aveva sottolineato l'assoluta improprietà di quest'attribuzione di codici CER, ponendo anche l'accento sui risparmi di spesa che da questa impropria classificazione derivavano.
  Il problema è che, però, l'organo che si era dedicato al controllo sul rispetto dell'AIA, e cioè l'ISPRA, ente di valenza nazionale, di grande importanza, aveva opinioni parzialmente differenti dal punto di vista tecnico rispetto al nostro consulente, ritenendo che in gran parte di quei casi, viceversa, le conclusioni raggiunte dal consulente non fossero del tutto condivisibili.
  Ho convocato l'ISPRA, ho convocato il consulente, ho fatto fare un'ulteriore campagna di monitoraggio. L'ISPRA ha solo parzialmente rettificato le sue conclusioni alla luce delle nuove indagini effettuate, ma per la gran parte dei capi di imputazione inizialmente formulati permane una profonda differenza di vedute tra l'organo di controllo e il consulente, ragion per cui abbiamo ritenuto non essere proficuo tentare l'esercizio dell'azione penale per il reato di traffico di rifiuti, proprio perché in dubio pro reo, quindi abbiamo formulato per il 260 una richiesta di archiviazione, fermo restando che rimane la gestione illecita dei rifiuti, un 256, che se verrà accolta la nostra richiesta, troverà luogo di celebrazione nuovamente in quel di Civitavecchia; se non verrà accolta, prenderemo atto e faremo quello che ci verrà indicato.
  Ho un'ultima piccola cosa. Un altro procedimento di discreto rilievo riguarda un altro quadrante di Roma, la zona di via di Salone, quindi ci spostiamo più verso est.
  Abbiamo chiuso le indagini nei confronti della società Basf, una società molto importante, una grande multinazionale. Abbiamo fatto quasi quattro anni di indagini per vari step. Secondo la nostra ricostruzione e anche attraverso indagini tecniche, abbiamo verificato che quest'impianto, autorizzato in AIA per la realizzazione di catalizzatori, impianti come quelli delle macchine, che si mettono sui camini delle fabbriche e attraverso una sorta di griglia devono fermare i fumi inquinanti, aveva come autorizzazione principale quella della produzione di catalizzatori e come attività tecnicamente connessa autorizzata in AIA il recupero di catalizzatori esausti, anche prodotti da terzi, che ovviamente sono rifiuti, perché contengono sostanze molto pericolose.
  Per effettuare quest'attività di recupero, erano stati realizzati dei forni con delle capacità inquinati estremamente importanti, ma la prassi dell'attività quale era stata? Sostanzialmente, di trasformare nell'attività principale, se non unica, il raccogliere i catalizzatori esausti da tutto il mondo, bruciarli in Italia e poi mandare a recupero – questi catalizzatori contenevano platino, palladio, rodio, sostanze estremamente costose, che possono essere recuperate – altrove, in America, in Inghilterra. Roma era diventata un po’ il luogo in cui si bruciava, mentre da altre parti si recuperava. Pag. 17
  Questa, che secondo noi era un'attività che doveva essere secondaria, era diventata di fatto la principale. Abbiamo contestato il traffico di rifiuti, proprio perché veniva a essere completamente trasformato l'oggetto dell'attività. Abbiamo monitorato anche in diretta sforamenti anche importantissimi a livello dei camini dei forni, che attraverso conversazioni scritte venivano fatti vedere come non sussistenti, un'attività importante.
  Dal punto di vista logistico, però, alla fine la multinazionale ha deciso di sospendere completamente l'attività di combustione di questi rifiuti, ha chiuso completamente i forni e oggi è tornata a fare quello per cui era veramente autorizzata, ovverosia produrre catalizzatori, mentre l'attività di smaltimento – di fatto, quella era un'attività di smaltimento – se la sono portata in America e in Inghilterra.
  Per quello che mi riguarda, avrei finito.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per quest'illustrazione. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, raccomandando, vista l'ora, domande specifiche.

  LAURA PUPPATO. Per quanto riguarda la dottoressa D'Elia, vorrei chiedere semplicemente se in relazione al tema degli autodemolitori e tutti i numeri ha ravvisato o sta ravvisando, anche dal punto di vista giudiziario, modifiche sostanziali a seguito dell'intervento legislativo che vi è stato in questa specifica materia, come le sarà noto, che dovrebbe escludere la possibilità di avere un traffico di rifiuti, in particolare da demolitori non autorizzati, e in generale il commercio con soggetti che non abbiano partita IVA, e non siano quindi esattamente tracciabili.
  Al dottor Prestipino vorrei chiedere, sul tema delle condotte omissive dei controllori cui ha fatto riferimento, se può essere più chiaro rispetto a che cosa. Le dico come inciso che non tanto sugli impianti importanti, quelli assoggettati ad AIA, ma su impianti minori, e ce ne sono parecchie centinaia anche soltanto qui in Lazio, stiamo vedendo che c'è un po’ uno scaricabarile, o comunque una difficoltà a coordinarsi e a rendere evidenti anche reati importanti. Mi riferisco anche all'ultimo fatto rilevante, accaduto proprio qui a Pomezia.
  Ancora, chi attiva le denunce che vi giungono? Solo per impianti in AIA? Sono soltanto gli enti preposti ai controlli, come i Vigili del fuoco, il prefetto, l'ARPA o l'ASL?

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Abbiamo detto che le indagini sono in corso. Ho fatto cenno a questo, perché è uno dei temi che sicuramente riguarda Roma, ma in questo momento francamente non mi pare che questa novità legislativa abbia comportato un miglioramento sotto il profilo... No. Verificheremo. Le indagini sono in pieno corso.

  LAURA PUPPATO. Si stanno allarmando tutti i settori della realtà civile che facevano raccolta ferro, raccolta rame e così via per scopi benefici e che non lo possono più fare. Per coloro per i quali l'abbiamo fatta, è interessante che, invece, non...

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. È ovvio che quando tocchiamo i settori illeciti, ovviamente sono più indifferenti rispetto alle norme che regolano e che limitano, anzi sono lì proprio per violare i limiti.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Guardi, sulle omissioni dei controlli i profili sono diversi.
  Intanto, un primo profilo riguarda a volte il rilascio delle autorizzazioni. Un secondo profilo per sintesi riguarda il controllo sull'attribuzione dei codici rifiuti, soggetti a controllo. Poi c'è il controllo di tipo generale sull'azienda che tratta i rifiuti.
  Questo può dar luogo a delle fattispecie di reato. Nel nostro caso, abbiamo parlato di attività illecite che avvengono fuori dal territorio della procura di Roma, competenza per i reati ordinari, quindi spesso si Pag. 18pone un problema di competenza a trattare questo tipo di reati, di solito anche contro la pubblica amministrazione.
  Ultimamente, proprio in un caso abbastanza recente, abbiamo dovuto sdoppiare l'attività investigativa, rimandare gli atti alla procura ordinaria – era un caso accaduto con Civitavecchia – per seguire le ipotesi di pubblica amministrazione, e poi proseguire noi sulla parte di competenza distrettuale. Questo pure può generare una duplicazione, ma sono queste le fattispecie che si possono verificare.
  Anche qui, abbiamo un problema pressante di risorse. Quelli che indagano sullo smaltimento, sul trattamento dei rifiuti e via discorrendo, sono tecnici del settore. Poi magari hanno delle difficoltà a dedicarsi e accertare i reati contro la pubblica amministrazione. Ancora, se fanno l'uno non possono fare l'altro.

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Vorrei finire di rispondere. Giustamente, il procuratore mi aveva segnalato...
  Ci sono anche denunce di privati. Come dicevo, uno dei problemi su Roma è una situazione di degrado urbano. Attorno ai campi nomadi si creano, per esempio, queste discariche di fatto, accumulo di macchine rubate, che poi vengono in parte depurate di quello che può essere utile, e quindi buttate in fossi e così via.
  Quando questo fenomeno diventa un po’ più rilevante, ci sono delle denunce, anche perché, come dicevo, i nomadi soprattutto sono abituati a smaltire tramite gli incendi.

  PAOLO ARRIGONI. Ho notato che sia la dottoressa D'Elia sia il dottor Prestipino hanno denunciato una carenza di risorse specializzate per le indagini. Si è parlato del dato dei quattordici militari del NOE che si devono occupare di tutte le procure. Vorrei fare una domanda.
  Questa carenza è strutturale nel tempo o l'operatività del decreto legislativo n. 177, quello legato alla riforma Madia, che ha previsto l'accorpamento del Corpo forestale dello Stato all'interno dei Carabinieri, ha comportato un'ulteriore diminuzione di queste carenze? Il numero è stabile o è aumentato?

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Oltre ai gruppi competenti – il dato che diceva la collega è quello del gruppo Roma-Lazio – hanno come strutturazione del NOE, o meglio del Comando tutela ambiente dei carabinieri, una sezione che può intervenire in tutto il territorio nazionale, secondo le varie emergenze. Dico questo perché si abbia un quadro più realistico.
  Mi pare giusto dare atto al Comando tutela ambiente dei carabinieri che hanno fatto e continuano a fare uno sforzo gigantesco su quella che qualcuno stasera ha definito la galassia Cerroni. Oggi, diamo per acclarato e consumato quello che il dottor Galanti soffre credo tre volte a settimana in dibattimento. Ha accennato al processo su Malagrotta che spera finisca entro Natale e a quello in corso in Corte d'assise per l'ipotesi di disastro ambientale: dietro ci sono anni e anni di indagini e, oltre che del dottor Galanti – gliene do merito – e anche di altri colleghi della procura di Roma, c'è uno sforzo gigantesco dei Carabinieri del NOE. Le proporzioni le avete chiarissime. Mi pare giusto il quadro complessivo.
  Per rispondere poi alla sua domanda, è chiaro che è in corso l'accorpamento, avvenuto da decreti formali e con precisione militare il 2 gennaio, dopodiché sono praticamente le persone che prima lavoravano come Corpo forestale, ora passate nei Carabinieri, salvo numeri, almeno su scala nazionale, molto limitati. È probabile che alla fine ci sarà anche un guadagno sotto il profilo di una maggiore efficienza, secondo me, una volta completato l'assorbimento nell'Arma.
  È anche vero, come ha accennato la dottoressa D'Elia, che il NOE è in un certo senso la punta di diamante in questo tipo di indagine perché uniscono alla professionalità la capacità d'indagine generale dei Carabinieri e la possibilità di appoggiarsi alle varie articolazioni territoriali. È anche vero, però, che su questo campo lavorava Pag. 19l'ASL, lavorano i Vigili del fuoco, lavora la polizia provinciale.
  Certo, come in qualsiasi altro campo delle indagini, noi siamo sempre... Diceva il Vangelo, la messe è molta, in questo caso la messe è negativa, e i mietitori sono pochi. Credo che alla fine l'accorpamento si risolverà in un vantaggio qualitativo. I numeri sono quelli. Prima vestivano una divisa, ora ne hanno un'altra.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Se mi è permesso aggiungere solo una parola a quello che diceva il procuratore, sicuramente l'accorpamento ha reso più facile il dialogo. Stando tutti sotto la stessa parrocchia, oggi c'è sicuramente una facilità di scambio di informazioni maggiori rispetto a quella che c'era prima. Devo dire che anche il Corpo forestale dello Stato nel Lazio ha una professionalità di altissimo livello.
  Vorrei solo accennare al fatto che, accanto ai problemi strutturali di deficit di personale delle forze di polizia, abbiamo anche il problema di carenza di personale degli organi di controllo tecnico. Mi riferisco soprattutto all'ARPA. Veramente hanno fatto anche loro e stanno facendo uno sforzo pazzesco per cercare di stare dietro a tutti gli impianti, ma anche loro in periodo di spending review sicuramente hanno una dotazione organica largamente insufficiente rispetto a quello che dovrebbe essere l'impegno da profondere.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Poi, ovviamente è aumentato il numero dei reati. L'oggetto cui dedicarsi è aumentato, perché sta nelle cose che aumenti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei capire la vostra impressione sul nuovo impianto di trattamento del percolato. A vostro parere, potrà cambiare radicalmente la situazione?
  Inoltre, avete dati su quello che avveniva in precedenza? Veniva trattato in loco? Veniva trasportato verso altri impianti? Quando hanno finito di trasportarlo?
  Per quanto riguarda l'incendio all'impianto TMB di Malagrotta di alcuni giorni fa, avete per caso iniziato delle indagini?
  Potete dirci qualcosa su indagini che ci risultano eseguite per la faccenda dell'inquinamento nella zona delle cave di Monti dell'Ortaccio?

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. In generale, per l'incendio che c'è stato nell'impianto, così come per le numerose notizie di fatti criminosi che investono il mondo dei rifiuti a Roma e di cui i giornali danno appunto quotidianamente notizia, sono in corso numerosi procedimenti, ovviamente a seguito delle segnalazioni di forze di polizia. Siccome i fatti sono praticamente di questi giorni, di queste settimane, al di là della segnalazione da parte delle forze di polizia, non abbiamo obiettivamente altro. Questo è in generale.
  Poi prego il dottor Galanti di rispondere alla prima e alla terza domanda.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Per quanto riguarda il trattamento in sede del percolato, questa sorta di impianto dove veniva effettuata la miscelazione dei fanghi di depurazione dell'ACEA con la calce e il percolato era stata autorizzata come pertinenza tecnologica dell'impianto di discarica, quindi aveva avuto un'autorizzazione inclusa nell'AIA, ma come pertinenza tecnologia.
  Ovviamente, nel momento in cui non è stato più possibile ricevere i fanghi di depurazione, quest'impianto, che era stato autorizzato per circa 50-55.000 tonnellate annue, era stato dismesso.
  Per quello che so, è stata autorizzata dalla regione la realizzazione, o meglio l'implementazione di quest'impianto, ma credo più o meno sempre intorno alle stesse quantità, mi sembra intorno alle 55.000 tonnellate annue di percolato, come variante non sostanziale della precedente autorizzazione integrata ambientale.
  Io non mi posso né voglio esprimere sulla bontà o non bontà perché non mi compete. L'unico dato oggettivo, che però Pag. 20mi sembra opportuno rappresentare, è che, dando un'occhiata ai bilanci idrologici della discarica, abbiamo una quantità annua di produzione di percolato esclusivamente derivante dalle precipitazioni meteoriche, quindi non quello che deriva dall'eluizione dei rifiuti stessi, quindi dalla putrefazione del rifiuto, che andrebbe sommato a quello che deriva dalle precipitazioni, che è enormemente superiore rispetto a quella che sembrerebbe essere stata la capacità autorizzata.
  Questo è l'unico dato oggettivo che sento di poter sottolineare, vedendo appunto i bilanci idrologici dei vari anni e l'autorizzazione. Oltre questo, però, sinceramente non sento di poter andare.

  STELLA BIANCHI. Quanto superiore?

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Adesso non ho i dati, ma stiamo parlando di ordini di grandezza di parecchie volte superiori.
  Non ricordo esattamente i bilanci idrologici, perché arriviamo fino al 2015, ma se ben ricordo addirittura nel carteggio che lo stesso gestore aveva mandato alla regione, già per un solo lotto di discarica era prevista una precipitazione meteorica superiore all'impianto che dovrebbe trattare il percolato di tutti e dieci i lotti. Stiamo parlando di ordini di grandezza abbastanza diversi, ma non mi faccia dare quantitativi, perché sbaglierei.

  STELLA BIANCHI. No, ma mi perdoni, l'ho persa: l'impianto è autorizzato per?

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Mi sembra che siano 55.000 tonnellate.
  In realtà, va detta anche una cosa, probabilmente una questione formale: le autorizzazioni per poter essere considerate come variante non sostanziale debbono essere contenute nei limiti del 10 per cento dei quantitativi di rifiuti autorizzati. Quando fu autorizzata la pertinenza tecnologica illo tempore, il quantitativo autorizzato corrispondeva esattamente al 10 per cento della quantità di rifiuti per cui era stata autorizzata la discarica, quindi c'era questa possibilità.
  Mi sembra di ricordare che nella nuova autorizzazione il quantitativo autorizzato è rimasto lo stesso, quindi rimaniamo sempre nell'ambito della variante non sostanziale. Probabilmente, se avessero chiesto un impianto più grande, si sarebbe dovuto cominciare un iter amministrativo completamente diverso, perché l'impianto doveva andare in VIA, fare tutta la procedura. È come se fosse una nuova istanza, avrebbe avuto un iter amministrativo sicuramente molto più lungo di questo. Questo posso dire.
  Per Monti dell'Ortaccio non ho, personalmente, evidenze di questo tipo. Non so se siano arrivate, ma a me non risulta.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Credo che non risulti proprio in procura.

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. No, anche se sicuramente sono intervenuti tutti, quindi le avremo.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Nell'intervento della dottoressa D'Elia si è parlato di autorizzazioni provvisorie per gli autodemolitori. Sappiamo che esiste un piano di delocalizzazione degli autodemolitori, partito nel 2010, che era un po’ l'esito di una serie di provvedimenti dei commissari che risalgono al 1999 e a seguire. Dal marzo del 2013, però, il commissariamento è finito, quindi si è tornati al regime ordinario, almeno questo è quello che leggiamo anche nei provvedimenti che sono rilasciati.
  Quello che vorrei capire è come si legittima in un regime ordinario il ricorso ad autorizzazioni provvisorie, considerato che il testo unico per l'ambiente semmai rinvia con l'articolo 191 alle ordinanze, che comunque devono rispettare ambiente, normative ambientali, sanitarie e di pubblico interesse. Vorrei capire questo. Quali proposte, quali suggerimenti ci può dare per Pag. 21superare normativamente questa situazione che mi sembra molto critica?

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Il collega diceva, a ragione, che questa domanda forse non va rivolta a noi. Certo, le autorizzazioni provvisorie non vanno bene, non ci dovrebbero essere, dovevano essere superate, in Italia quello che è provvisorio diventa definitivo, siamo andati avanti con questa situazione di ambiguità per tanto tempo. Questo è quanto.
  Francamente, non mi sento di dire che cosa si può fare. Questo è veramente un campo fortemente...

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Scusi, il problema mi riporta a quello che avevo detto all'inizio. Vista l'ora tarda, come si dice in gergo... La procura della Repubblica interviene, in quanto c'è un reato, con tutti i limiti che abbiamo confessato della nostra azione. Qui siamo a monte, cioè è un problema di pubblica amministrazione che funziona più o meno bene. Non è neanche un problema di normativa, ritengo.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Semplicemente, se le autorizzazioni non hanno una loro legittimità, è come se non fossero, quindi sono tutte attività di gestione senza un supporto amministrativo, per cui sarebbero tutte da sequestrare...

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Interviene, infatti, l'amministrativo, ma la collega ha detto che sono più di cento gli autodemolitori e i rottamatori, quindi...

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Sono 106.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. In previsione, quindi, possiamo fare, a mano a mano che avremo tempo, non dico 106, ma numerose indagini prima e processi dopo.

  NUNZIA D'ELIA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Casomai, non tutti sequestri. Come abbiamo visto, i sequestri non risolvono il problema, anzi alcune volte lo aggravano.

  PRESIDENTE. Nell'ambito delle vostre indagini, in queste società, ma in realtà soprattutto in questi impianti che sembrano i meno pericolosi, si annidano anche situazioni molto più gravi rispetto ai gestori, con soggetti o elementi collegati a criminalità organizzata, soprattutto in alcune aree.
  Si parlava prima del basso Lazio. Anche in relazione a dichiarazioni rese dal questore a suo tempo, ci sembra che la presenza di elementi più o meno collegati, in alcune aziende, potesse essere un elemento da considerare.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Presidente, se il questore ce lo dicesse, noi saremmo ben lieti di ricevere le notizie, di avviare le indagini e fare quello che dobbiamo.

  PRESIDENTE. Indicazioni di situazioni di soggetti di questo tipo, di questo genere, non...

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. L'avevo detto nell'avvio del mio intervento: nelle indagini avviate e in parte concluse, sia pure con esercizio dell'azione penale, non emergono questi collegamenti.
  Ovviamente, parliamo di collegamenti a livello o di persona fisica o di ente persona giuridica che gestisce l'attività con soggetti accertatamente componenti di associazioni di tipo mafioso. Dire che c'è la criminalità organizzata è tautologico, è chiaro. Se c'è...

  PRESIDENTE. In casi di interdittive antimafia di società, che comunque avevano a che fare con un ambito laziale, in quel caso, essendoci un'interdittiva...

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  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Su questo – non ricordo il nome, ma credo riguardasse Formia o Gaeta – è partita un'indagine, anche questa con il NOE, proprio con il reparto centrale, impropriamente detto, che ha cominciato la DDA di Roma, e che ha avuto come esito l'accertamento di reati di pubblica amministrazione e anche di estorsione, per cui noi abbiamo ritenuto sussistente l'aggravante propria dell'articolo 7.
  Abbiamo fatto una richiesta di misura cautelare al gip di Roma, il quale invece ha ritenuto che non sussistesse l'aggravante dell'articolo 7. C'era un collegamento tra questa società oggetto di interdittiva e un soggetto figlio di un condannato per camorra, ma che il giudice ha ritenuto che non fosse sussistente l'articolo 7.
  Questa è una difficoltà – l'abbiamo detto stamattina in Commissione antimafia, dove siamo stati – tipica del Lazio in generale. Naturalmente, non siamo in Sicilia, Calabria e Campania, dove si dà per scontato che si viva in mezzo alle associazioni mafiose, quindi la valutazione del giudice in quel caso è stata di non ritenere l'articolo 7, quindi non emettere la misura cautelare che avevamo richiesto. Venendo meno l'articolo 7, viene meno anche la competenza territoriale della DDA di Roma, e quindi del giudice romano, e quindi gli atti sono stati – credo – già trasmessi alla procura competente procedere per i singoli reati.
  Racconto la vicenda, da un alto, per dire che quando c'è una segnalazione specifica, come in questo caso, noi ci siamo attivati, con esiti in questo caso non particolarmente felici; in parte, anche per descrivere quanto in una regione come il Lazio, da un lato confinante con la Campania e che registra presenze significative, soprattutto calabresi – sottolineo che, per fortuna, non siamo in quelle situazioni criminali proprie dalle regioni meridionali – sia anche difficile ravvisare quei contatti con la criminalità mafiosa, come sottolineava il dottor Prestipino, che ovviamente sono labili, perché rincorrono spesso la parentela, il rapporto di società e così via.
  Naturalmente, se facciamo un'analisi – per carità – politica o sociologica, hanno un loro significato; se li dobbiamo tradurre in un provvedimento giudiziario, poi troviamo un gip con un'opinione che noi non condividiamo, ma che è rispettabile, che dice no, che non c'è l'articolo 7, non c'è la mafia, e quindi di rimandare gli atti alla procura di...

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma. Nel primo procedimento di cui ho parlato, dicendo che c'è lo stesso contesto investigativo di «Mondo di mezzo», c'era un rapporto tra le cooperative che gestivano quel tipo di attività e quelle di Salvatore Buzzi. Poi c'era il coinvolgimento di alcuni soggetti di provenienza napoletana, coinvolti in quest'attività in quanto «imprenditori di settore», perché avevano analoghe attività anche all'estero, in particolare in Tunisia. Ovviamente, erano soggetti comunque legati a clan di camorra.
  Questo non significa che in quell'attività ci fosse la camorra. C'è anche una difficoltà su questo. Dobbiamo necessariamente essere precisi, andare per gradi. Non si può essere trancianti e approssimativi.

  PRESIDENTE. Non vi abbiamo indicato un'altra cosa che vorrei chiedere, ma sappiamo che è un'indagine che avete voi che riguarda anche in parte il lavoro che stiamo facendo: il tema della perimetrazione dei siti. L'indagine viene da Udine. Per noi, è importante, perché tra l'altro si sta procedendo sistematicamente alla riperimetrazione dei siti per mille motivi.
  Noi ci siamo occupati dei siti contaminati di interesse nazionale, quindi abbiamo visto che ci sono situazioni molto diverse, ma quasi dappertutto viene chiesta una riduzione o addirittura, in qualche caso, anche un allargamento. Per come erano fatte, le riperimetrazioni qualche dubbio l'hanno sollevato. Sappiamo che ci fu un'indagine che nacque attorno a Grado Marano e che si è trasferita qui da voi. Ci interessa capire, proprio per il lavoro che stiamo facendo, qual è lo stato dell'arte di questa situazione.

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  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Non so se ne abbiamo parlato in occasione della precedente audizione, ma mi sembra di sì, magari brevemente, e comunque il procedimento è arrivato qua a Roma, mi sembra nel 2012, quindi parecchio tempo fa.
  Nel corso dell'attività d'indagine, aveva subito una sorta di sdoppiamento. L'iniziale ipotesi, coltivata dalla procura di Udine e da quella di Roma, era che vi fosse stata un'iperperimetrazione del SIN – parlo da 1 a 50 come dimensioni rispetto alle effettive esigenze di bonifica dell'area ex Caffaro e della foce dell'Aussa-Corno, il pezzettino che esce là – che fosse stata simulata l'esistenza di un inquinamento derivante da attività antropica recente, di metilato di mercurio, mentre tutta l'area lagunare era interessata a una contaminazione che potremmo quasi definire naturale, perché derivante dagli scavi delle vecchie miniere di Idria, se non ricordo male, che stanno là da centinaia di anni e non hanno dato luogo a particolari problemi.
  Ovviamente, tutto questo, secondo la prospettazione accusatoria, serviva a foraggiare questi enormi e sempre più mastodontici istituti commissariali, che di anno in anno venivano sempre più gonfiati e ricevevano sempre più soldi, giocando sempre sull'equivoco tra contaminazione, inquinamento e via discorrendo.
  A questo primo filone venuto da Udine se ne è affiancato un secondo. A un certo punto, quando scoppiò il caso MOSE, andammo a Venezia ad ascoltare l'ingegner Baita, che conosceva molto bene la situazione non solo di Venezia, ma un po’ anche del ministero in particolare, della direzione generale, all'epoca retta dal dottor Mascazzini, il quale ci aveva detto che, rispetto al sistema MOSE, Grado e Marano avrebbe dovuto essere il prototipo da esportare un po’ in tutti i SIN, che però si era arenato sull'impossibilità di dare a trattativa privata ai lavori. Questa è quello che disse. Lì c'era il MOSE che aveva la concessione, e quindi come concessionario poteva affidare a chi voleva; di là bisognava rimanere nell'ambito dell'evidenza pubblica, per cui oltre la progettazione, attraverso Sogesid o altre società, non si andava.
  Un altro pezzettino riguardava esclusivamente Venezia e le cosiddette transazioni ambientali. In quel caso, l'ipotesi era che, attraverso la gestione delle conferenze di servizi, non venivano mai approvati i progetti di bonifica o di messa in sicurezza presentati dalle società con una spinta molto forte, secondo la nostra iniziale ricostruzione oltre i limiti del lecito, ad accettare la transazione ambientale, quindi a versare al Ministero dell'economia e delle finanze, che a sua volta rigirava al Ministero dell'ambiente, che a sua volta rigirava al MOSE, questi soldi.
  Praticamente, quindi, abbiamo avuto un passaggio di centinaia di...

  PRESIDENTE. Al provveditorato.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Poi passava attraverso il provveditorato e poi dal provveditorato...
  Abbiamo stralciato quest'ultima parte di condotte, insieme a tutti i protagonisti di queste condotte, e trasmesse per competenza a Venezia, ritenendo che fossero comunque una costola. Loro si erano occupati non della parte bonifica, ma della parte cerniere MOSE. Lì erano due canali anche di finanziamento diversi. Abbiamo ritenuto che la sede naturale di cognizione di questo fenomeno fosse Venezia.
  Per quell'altra parte, abbiamo esercitato l'azione penale pochi giorni orsono. Il fascicolo dovrebbe essere già stato trasmesso al gup. Se volete, vi possiamo mandare una copia del decreto che dispone della richiesta di rinvio a giudizio...

  PRESIDENTE. Questa cosa gira da molto tempo.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Anche lì, molte cose sono andate in prescrizione, soprattutto i primi anni di commissariamento. È rimasto in piedi qualcosa. È rimasta in piedi la parte Sogesid, in cui contestiamo il fatto che, da un lato, Pag. 24Sogesid fosse sprovvista di personale idoneo alla progettazione, per cui nei casi in cui procedeva all'affidamento diretto a professionisti di incarichi di progettazione, laddove non operava come società in house del ministero, perché lavorava per altri enti, violava la normativa sugli appalti; dall'altro, che la costituzione di questa società in house fosse un escamotage per violare il blocco delle assunzioni. Praticamente, io non posso assumere, ma pago io Sogesid affinché assuma, poi mi faccio distaccare il personale.

  PRESIDENTE. Questo è ancora in piedi.

  ALBERTO GALANTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Questo è ancora in piedi.

  PRESIDENTE. Credo ci abbiate dato diversi elementi. Le carte non sono poche, ma penso che una serie di questioni siano state affrontate. Non abbiamo bisogno di tutto il carteggio.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Per le cose di cui ha parlato il dottor Prestipino, c'è un CD.

  PRESIDENTE. Va bene, ottimo.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Sono i provvedimenti.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.05.