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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 137 di Martedì 30 maggio 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Audizione di Carlo Parolisi:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 ,
Parolisi Carlo  ... 3 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Parolisi Carlo  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Parolisi Carlo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Parolisi Carlo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Parolisi Carlo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Parolisi Carlo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Parolisi Carlo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Parolisi Carlo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Parolisi Carlo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Parolisi Carlo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Parolisi Carlo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 13.15.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che:

   il 24 maggio 2017 il deputato Bolognesi ha depositato una raccolta, riservata, di documentazione relativa al caso Moro emersa nell'ambito delle ricerche compiute dal dottor Claudio Nunziata nella sua veste di consulente dell'Associazione vittime della strage del 2 agosto 1980;

   nella stessa data sono state acquisite agli atti due note, di libera consultazione, di Paolo Cucchiarelli, relative a possibili indagini sulle modalità di uccisione di Aldo Moro;

   nella stessa data il sovrintendente Marratzu ha depositato una raccolta, riservata, di fotografie eseguite nel covo brigatista di via Camillo Montalcini 8 nel 1985 e la planimetria dell'appartamento, estratta dal procedimento penale n. 41/90, cosiddetto Moro quater;

   il 25 maggio 2017 l'Archivio storico del Senato ha trasmesso una raccolta, di libera consultazione, di documentazione della cessata Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi;

   nella stessa data il dottor Donadio ha depositato i verbali, riservati, di sommarie informazioni testimoniali rese da Luigi Carli, Antonio Chessa, Attilio Lugli, Marcello Zinola, Luciano Zeggio;

   nella stessa data il colonnello Pinnelli ha depositato una nota, segreta, riguardante Alessio Casimirri;

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, relativa a riscontri dattiloscopici effettuati su impronte presenti sulla Renault 4 in cui fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro e una nota, segreta, relativa ad Alessio Casimirri;

   il 26 maggio 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, segreta, relativa a accertamenti compiuti riguardo ad Alessio Casimirri;

   nella stessa data il colonnello Pinnelli ha depositato una nota, riservata, contenente elementi informativi relativi a Germano La Chioma, e una nota, segreta, contenente elementi informativi relativi a Michele Riccio;

   il 29 maggio 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, relativa alle attività di sorveglianza svolte dalla Polizia di Stato a carico di Licio Gelli, nonché una raccolta di documentazione, riservata, originata dalla Questura di Cosenza e relativa a Giuliana Conforto;

   nella stessa data il dottor Donadio ha depositato due proposte operative, riservate, relative ad attività di indagine sulle «volanti» e sulle motociclette della Polizia di Stato che operarono il 16 marzo 1978.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Pag. 3

Audizione di Carlo Parolisi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Carlo Parolisi, che ringraziamo per la sua presenza oggi.
  Preannuncio che una parte dei lavori dovrà svolgersi in seduta segreta, perché saranno utilizzati documenti classificati. Faccio inoltre presente al dottor Parolisi che in ogni caso, ove nel corso della sua audizione lo ritenga necessario, i lavori della Commissione potranno svolgersi in seduta segreta.
  Il dottor Parolisi ha prestato servizio negli anni ’80 presso le sezioni antiterrorismo della DIGOS di Genova e di Roma. Successivamente è stato vicecapo del centro operativo del SISDE di Roma dedicato al controterrorismo e alla controeversione. Dal 2004 al 2014 ha ricoperto vari incarichi al SISMI e all'AISE come vicecapo del dipartimento ricerca, con compiti di attività operative all'estero, capo del centro AISE a Londra e capo della divisione controspionaggio dell'AISE.
  Nel 1993 compì insieme a Mario Fabbri un viaggio in Nicaragua ed ebbe una serie di colloqui con Alessio Casimirri, che furono alla base di importanti acquisizioni e che costituiscono uno dei principali oggetti di questa audizione. La Commissione sta infatti compiendo un riesame della vicenda di Casimirri e della sua latitanza, prendendo in esame non solo la fase degli anni ’90, ma anche il periodo della militanza nelle BR e, soprattutto, della fuga dall'Italia.
  Le chiedo innanzitutto di fornire alla Commissione un quadro sintetico della sua carriera nella Polizia di Stato e nei Servizi, integrando la sommaria presentazione che ho fatto. In particolare, le chiedo di segnalarci se ha svolto indagini sulle Brigate rosse nei primi anni ’80.

  CARLO PAROLISI. Buon pomeriggio. Come diceva il presidente, effettivamente sono entrato nella Polizia nel 1978 come commissario e, come prima sede, mi è stata assegnata la Questura di Genova, dove chiesi e ottenni di essere assegnato alla DIGOS. Quindi, dal marzo del 1979 ho svolto attività di controterrorismo e contemporaneamente anche di protezione di personalità in visita, in quanto avevo seguito un corso scorte ad Abbasanta. Era uno dei primi corsi che si facevano proprio in seguito al rapimento dell'onorevole Moro, poiché si era constatata l'effettiva impreparazione delle forze di polizia a svolgere servizi di protezione adeguati.
  Nel 1980 conducemmo una grossa operazione nei confronti della colonna di Genova delle Brigate rosse, che portò a numerosi arresti e alla latitanza di molti elementi. L'anno successivo fu celebrato il processo presso la Corte d'assise di Genova, nel corso del quale uno dei detenuti, durante la traduzione, decise di collaborare con la giustizia perché si era spaventato per quello che aveva visto nel carcere di Trani. Rilasciò alcune dichiarazioni, tra le quali c'era anche la notizia che ero stato individuato come nemico del popolo e quindi andavo condannato a morte. Questo fece sì che io chiedessi e ottenessi il trasferimento alla DIGOS di Roma per motivi di sicurezza, cosa che avvenne nel novembre del 1981.
  Nel novembre del 1981, quindi, fui trasferito alla DIGOS di Roma; anzi, in realtà fui dapprima aggregato e poi trasferito nel gennaio del 1982. Fino alla fine del 1988 ho prestato servizio nella DIGOS di Roma, prima come responsabile di una delle due squadre antiterrorismo di sinistra, il che ovviamente non mi impediva di occuparmi saltuariamente anche di altri episodi di criminalità politica di estrema destra, segnatamente quella dei NAR, perché la situazione era tale che faceva sì che tutti ci occupassimo di tutto. Intorno alla metà del 1984 la mia squadra fu riconvertita in squadra antiterrorismo internazionale, in quanto era sorto questo problema, che prima era sconosciuto e quindi non era contrastato adeguatamente. Cominciammo a occuparci delle indagini sul gruppo di Abu Nidal, che aveva portato a termine, come ricorderete, diversi attentati a Roma, da quello all'aeroporto di Fiumicino a quello alla British Airways in via Bissolati e così via. Fino alla fine del 1988 mi occupai di terrorismo internazionale. Pag. 4
  Alla fine di quell'anno l'Alto commissario antimafia Domenico Sica, ex pubblico ministero, decise di istituire un nucleo di intelligence alle sue dipendenze nel quale chiamò a far parte funzionari e ispettori di Polizia e ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza e dei Carabinieri che avevano lavorato con lui, per poter lavorare sul fenomeno mafioso con un nucleo, appunto, di intelligence, cioè di gente che perdesse la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e transitasse nei Servizi: 25 al SISDE e 25 al SISMI. Questo gruppo di 50 persone lavorò con i mezzi e con le metodologie proprie dei Servizi fino alla fine dell'Alto commissariato, che fu sciolto, se non vado errato, alla fine del 1991, con l'istituzione della DIA. A quel punto, rimasi al SISDE e tornai a occuparmi delle tematiche che mi erano più consone, quelle del terrorismo e dell'eversione fino al 2002, quando il direttore del SISDE, il generale Mori, mi dette l'incarico di capo del centro del SISDE per l'Umbria, a Perugia.
  Dopo due anni, a seguito di accordi intercorsi tra il generale Mori e il generale Pollari, che dirigeva il SISMI, fui trasferito al SISMI, con funzioni di vice del dottor Calipari, perché il dipartimento ricerca, che svolgeva attività operative all'estero, era in particolare difficoltà a seguito dei sequestri di persona in danno dei cittadini italiani. Dopo pochi mesi, purtroppo, come ricorderete, il dottor Calipari fu colpito a morte a Bagdad, nel corso di un'operazione, e io ne presi il posto per tre mesi, per assicurare la continuità dell'attività. Dopodiché passai a dirigere la divisione centri del SISMI, cioè la divisione che si occupava dell'attività di tutti i centri operativi all'estero. Poi l'ammiraglio Branciforte, direttore del SISMI, mi mandò a Londra con l'incarico di aprire il centro del SISMI che fino ad allora non era mai stato aperto, per motivi che nessuno è stato in grado di spiegarmi, né dalla parte italiana né da quella inglese.
  Quindi, dal 2008 al 2011 inoltrato ho aperto e avviato e ho diretto il centro del SISMI a Londra e poi, al rientro da Londra, per due anni e mezzo ho diretto la divisione controspionaggio, controspionaggio solo estero, perché a seguito della legge di riforma del 2007, la n. 124, il controspionaggio era passato come competenza al servizio cosiddetto «agenzia interna», agenzia di sicurezza, cioè all'AISI. Però all'AISE era rimasta tutto il settore fetta relativo al controspionaggio estero. Quindi ho affrontato questa nuova esperienza, devo dire anche molto interessante, e poi a seguito di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che prepensionava gli appartenenti ai Servizi che avevano determinati requisiti, anch'io fui mandato anzitempo in pensione nel gennaio del 2014.
  Sono in quiescenza dallo Stato dal gennaio 2014. Per due anni poi ho diretto l'ufficio di sicurezza di Finmeccanica UK a Londra, con un contratto biennale, esauritosi il quale sono rientrato in Italia.

  PRESIDENTE. Vorrei ora chiederle notizie su alcune indagini da lei svolte sulle vicende di Tony Chichiarelli. In particolare, il 21 novembre 1984 lei partecipò, insieme al dottor Sica e al dottor Monastero, all'escussione di Luciano Dal Bello, relativa a confidenze che Chichiarelli gli aveva fatto circa le sue attività depistanti in corso di sequestro Moro. In quella occasione Dal Bello confermò le attività di Chichiarelli, compresa la redazione da parte di questi del falso comunicato del lago della Duchessa.
  Vorrei chiederle se lei compì indagini in merito, oltre alla perquisizione dell'abitazione di Chiara Zossolo e Cristina Cirilli, e che idea si è fatto di questa vicenda.
  Lei svolse ulteriori attività su Luciano Dal Bello, che risultò in contatto con esponenti libici e con il capitano dei Carabinieri Erasmo, in servizio al SISDE?

  CARLO PAROLISI. Sì. Guardi, molto sinceramente: ricordo vagamente tutta la vicenda, perché si inseriva in una serie di attività che svolgevamo all'epoca. Ricordo sicuramente i nomi e le circostanze che lei ha citato. Altri particolari non mi sovvengono al momento, se non il fatto che l'omicidio Chichiarelli era comunque un omicidio molto strano per le modalità con cui si era svolto. Chichiarelli fu ucciso con Pag. 5un'arma di piccolo calibro, mi sembra una 6.35, quindi con modalità che escludevano apparentemente il coinvolgimento di malavita organizzata o politica. La personalità stessa di Chichiarelli era molto misteriosa, molto contorta, e non ci stupì che effettivamente, come poi sarebbe emerso da ulteriori indagini, fosse stato lui l'autore di quel comunicato.
  Ricordo anche che all'epoca le indagini che coinvolgevano la banda della Magliana e l'estrema destra erano piuttosto complesse, tant'è che venivano condotte sia da noi della DIGOS – però, ripeto, non da me in particolare, ma c'erano delle sezioni antiterrorismo di destra – sia dalla Squadra mobile. Io ebbi a perquisire il Ministero della sanità nel novembre del 1981; fu la famosa perquisizione che portò al rinvenimento del deposito di armi che erano in uso sia alla banda della Magliana che ai militanti dei NAR. E fu un caso, perché quella sera ero io di turno, ma insomma, ripeto, erano indagini che mi spettavano incidentalmente, quasi per caso. Quindi, sinceramente, presidente, altri particolari non ne ricordo al momento.

  PRESIDENTE. Nella sua audizione presso la nostra Commissione, il 19 marzo 2015, il giudice Monastero è tornato sulla vicenda di due frammenti di fotografie fatti ritrovare da Tony Chichiarelli il 26 marzo 1984, con una telefonata al redattore del «Messaggero» Fabrizio Paladini, presso la statua di Giuseppe Gioachino Belli, nella piazza omonima. Il dottor Monastero ha precisato che, secondo il suo ricordo, che nelle immagini «una parte della “e” forse di “Rosse”, o qualcosa del genere, era coperta dai capelli dell'onorevole Moro». Nonostante le ricerche non è stato possibile reperire gli originali di quei frammenti di fotografie. Lei li ricorda? Le è capitato di vederli?

  CARLO PAROLISI. No.

  PRESIDENTE. Non ha partecipato a nessuna attività di questa natura?

  CARLO PAROLISI. No.

  PRESIDENTE. Nel 1985 lei svolse attività di indagine su Raimondo Etro, il cui ruolo fu poi precisato negli anni ’80. Può riepilogare tali attività? Ritiene che Etro possa essere stato depositario di confidenze di Alessio Casimirri? Etro le parlò mai della fuga in Francia di Casimirri e dei suoi incontri a Parigi con lo stesso Casimirri nella prima metà del 1982?

  CARLO PAROLISI. La figura di Raimondo Etro, il cui nome di battaglia era «Carletto», è piuttosto complessa e anche in parte misteriosa. Il ragazzo, chiaramente scioccato dall'arresto, accettò quasi subito di collaborare e ci dette effettivamente dei riscontri molto interessanti. Lui faceva parte dell'ala di Roma nord delle Brigate rosse, quindi era plausibile che fosse in contatto anche con Alessio Casimirri, perché il «filone geografico» della città era quello.
  Ricordo anche, però, che poi negli anni emerse come Etro nella sua confessione fosse stato molto reticente, perché aveva omesso di dire molte cose anche piuttosto interessanti che lo coinvolgevano, sia pure con un ruolo marginale, nel sequestro dell'onorevole Moro. Infatti, proprio grazie a quanto rivelato poi da Casimirri, risultò che fu lui a ritirare le armi – insieme a Bruno Seghetti, se non vado errato – una volta compiuta l'operazione di via Fani. Quindi, Etro sicuramente non era un elemento di spicco della colonna romana delle Brigate rosse, però aveva partecipato ad alcune azioni – adesso non ricordo esattamente quali – sempre con funzioni di appoggio. Però, ripeto, la sua collaborazione fu non sincera, non totale dall'inizio, tant'è che, se non vado errato, è stato poi riarrestato in un secondo momento, o comunque è stato inquisito in relazione ai fatti di via Fani e dell'uccisione dell'onorevole Moro.

  PRESIDENTE. Lei si ricorda se parlò di dettagli della fuga di Casimirri in Francia?

  CARLO PAROLISI. No, che io ricordi no. Se non c'è nulla in atti, ritengo di no, perché a mia memoria i dettagli della fuga di Casimirri in Francia li abbiamo chiariti Pag. 6parlando con Casimirri stesso. Quindi, prima avevamo poche indicazioni.

  PRESIDENTE. La fonte delle notizie sulla fuga in Francia è Casimirri stesso?

  CARLO PAROLISI. Sì. Per quanto mi riguarda, sì.

  PRESIDENTE. Quando siete andati in Nicaragua.

  CARLO PAROLISI. Esattamente.

  PRESIDENTE. Nel maggio del 1982 lei coordinò una serie di attività relative al reperimento di Alessio Casimirri, colpito da ordine di cattura nel febbraio di quell'anno. Riesce a ricordare quali furono queste indagini? Avevate qualche idea del ruolo di Casimirri in quella fase? Disponevate di informazioni su di lui, di identikit, oppure avevate foto di Casimirri? Ci fu una collaborazione con l'Arma dei Carabinieri, che stava svolgendo le medesime attività?

  CARLO PAROLISI. Quando io arrivai a Roma, tra le varie cose che trovai sul tavolo, cioè tra le indagini in corso... Adesso è difficile ricostruire, a distanza di tempo, quale fosse il clima di quegli anni, ma l'attività era di dimensioni mostruose, in quanto c'erano diversi gruppi che operavano in Roma: Brigate rosse, Prima linea, i NAR di estrema destra, più tutta un'altra serie di gruppuscoli che gravitavano intorno a questi grossi gruppi di aggregazione.
  Tra le tante cose che c'erano sul tavolo, c'era il mistero di due militanti che venivano indicati come una coppia di coniugi, ed erano «Camillo» e «Marzia». Non si riusciva a identificarli. A ogni arresto che facevamo chiunque accettasse di collaborare con noi ovviamente veniva interrogato su questi punti, tra cui l'identificazione di Camillo e Marzia. Pian piano riuscimmo a circoscrivere la loro provenienza dalla zona di Roma nord e il fatto appunto che erano coniugi.
  Tra le varie cose, emerse – non mi ricordo però chi ce lo avesse detto, se fosse una dichiarazione confidenziale o una dichiarazione a verbale, sinceramente – che prima di unirsi sentimentalmente alla moglie, a questa Marzia, Camillo (era un nome di battaglia, naturalmente) era stato legato a Mara Nanni, un'altra militante delle Brigate rosse che sarebbe stata arrestata in zona San Giovanni in seguito a un conflitto a fuoco. Praticamente era successo che dei cittadini avevano notato dei giovani che stavano cambiando la targa a una macchina, un equipaggio di una «volante» della Polizia era intervenuto e ne era nata una sparatoria durante la quale Prospero Gallinari, che era un clandestino delle Brigate rosse, rimase ferito gravemente (ma sopravvisse) e venne arrestata Mara Nanni, che era in sua compagnia.
  In quella circostanza ci fu un uno screzio piuttosto acceso con l'Arma dei Carabinieri, perché l'equipaggio della «volante» ammanettò la ragazza e, dovendo inseguire altri componenti del gruppo, chiese ai componenti di un equipaggio del Nucleo radiomobile dei Carabinieri di tenerla lì in stato di arresto, in quanto doveva proseguire nell'attività. In realtà i carabinieri, evidentemente per disposizioni superiori, presero la ragazza e la portarono al reparto operativo in via in Selci. Quindi, si creò questa strana situazione per cui c'era una donna arrestata che aveva ai polsi le manette con la sigla PS, chiaramente della Polizia, e che però era nella disponibilità dell'Arma. Quindi, ci fu qualche attrito, anche di vertice, piuttosto vivace.
  Detto questo, avuto questa informazione molto interessante, che appunto Camillo era stato in passato legato sentimentalmente a Mara Nanni, ancorché il padre di Mara Nanni...

  PRESIDENTE. Si ricorda, grosso modo, che data era?

  CARLO PAROLISI. Quale, mi scusi?

  PRESIDENTE. L'arresto di Mara Nanni, quando avvenne? Ad aprile, maggio?

Pag. 7

  CARLO PAROLISI. No, era antecedente alla mia venuta a Roma.

  PRESIDENTE. Quindi al 1981?

  CARLO PAROLISI. Direi tra il 1979 e il 1981. Comunque, il ferimento di Gallinari è...

  GERO GRASSI. Gallinari fu anche operato.

  CARLO PAROLISI. Sì. Ma è un fatto molto noto. Sembrava in punto di morte, poi invece sopravvisse.

  GERO GRASSI. Anche grazie a chi lo operò, che era il nipote di Moro.

  CARLO PAROLISI. Ah, questo non lo sapevo. Sapevo che c'era molta attività al Policlinico, perché c'era la brigata ospedaliera che era molto attiva.

  GERO GRASSI. Era il nipote di Moro, perché il padre del medico che lo operò era il fratello della moglie di Moro.

  CARLO PAROLISI. Non lo sapevo. Grazie.

  PRESIDENTE. Che fece Mara Nanni? Parlò di Casimirri?

  CARLO PAROLISI. No. Io andai a parlare con il padre di Mara Nanni, che aveva un negozio di alimentari in via di Grottarossa. Sapevo che il padre di Mara Nanni aveva un atteggiamento molto ostile nei confronti della Polizia e delle autorità in genere. La famiglia di Mara Nanni riteneva che la ragazza fosse vittima di una macchinazione, quindi era molto ostile. Non so per quale motivo il padre accettò di parlare con me. Lo convinsi, adesso non saprei neanche dire come... Gli chiesi quali fossero stati, a sua conoscenza, i passati amori della figlia, e tra questi mi fece il nome di Alessio Casimirri.
  Devo fare una premessa. Io ho studiato a Roma nel Liceo Dante Alighieri e molte di queste persone erano nella mia scuola. Tra questi, anche Alessio Casimirri. Era più grande di me, era un anno avanti, credo, rispetto a me, e in un'altra sezione, ma io lo ricordavo bene, perché sia lui sia il fratello facevano attività politica, e anche la sorella Silvia.
  A quel punto fu facilissimo identificarlo, perché avevamo una descrizione di massima del soggetto, sapevamo che Alessio Casimirri aveva sposato Rita Algranati, quindi in un colpo solo identificammo sia Camillo che Marzia.

  PRESIDENTE. Il materiale fotografico che utilizzaste qual era?

  CARLO PAROLISI. Un po’ quello che reperimmo nelle perquisizioni a casa: c'era la famosa foto di lui che aveva pescato un pesce... Era una foto che lo ritraeva molto bene, era molto fedele rispetto all'aspetto, quindi utilizzavamo quella. Un po’ tutto quello che trovammo nel corso delle perquisizioni...

  PRESIDENTE. Non le foto del liceo.

  CARLO PAROLISI. No, anche perché erano sempre di pessima qualità, quindi difficilmente utilizzabili. Era più facile usare quella della patente, allora, o del passaporto.
  Verificando la reperibilità di Casimirri vennero fuori una serie di elementi che ci fecero capire che si era allontanato dalla famiglia già da tanto tempo – abitavano in via Germanico, in Prati – e riuscimmo a ritrovare anche la casa dove presumibilmente abitava con la moglie. Poi, in seguito, emerse anche che in realtà la coppia era entrata in attrito con l'organizzazione e ne era uscita, perché, pur essendo sposati – cosa che all'organizzazione non garbava molto – anzi, forse proprio perché erano sposati, volevano separarli. In realtà, Alessio doveva essere destinato a Napoli per costituire una colonna che lì ancora non esisteva. Questa cosa portò a dissapori, a una lite vera e propria tra la coppia e l'organizzazione. Perciò si staccarono, proprio in quei mesi, se non vado errato, poco prima che noi li identificassimo, quindi tra la fine del 1981 e i primi del 1982. Si Pag. 8staccarono dall'organizzazione ma, essendo ambedue regolari, continuarono a vivere in clandestinità. Noi individuammo la casa, che era in località La Storta, vicino a una chiesa, e svolgemmo numerosi appostamenti nella speranza di poterli vedere. Poi constatammo che effettivamente non c'erano più da tempo, quindi entrammo, facemmo la perquisizione e ci convincemmo che erano rifugiati all'estero.
  Ora, sinceramente, non ricordo se su questo punto particolare abbiamo avuto collaborazione dalla polizia francese, perché molti dei rifugiati italiani in Francia erano schedati come tali, altri andavano clandestinamente. Alcuni venivano in realtà poi individuati separatamente dall'allora DST, cioè dal Servizio interno francese, o dai Renseignements généraux, ma la collaborazione era a fasi alterne. Diciamo che i francesi non erano mai molto sinceri e molto aperti nei nostri confronti, anche perché dovevano obbedire a dettati politici – segnatamente la dottrina Mitterrand – quindi erano portati non dico a proteggere, ma in qualche modo a coprire questa comunità di latitanti in Francia. La stessa dottrina poi è stata utilizzata anche per i latitanti dei NAR, quindi non era una questione politica, di parte, ma era una dottrina che si estendeva a tutti i personaggi che avevano compiuto atti di terrorismo in Italia.
  Qui ci fermammo perché poi, da notizie dei Servizi, emerse che Casimirri poteva trovarsi a Cuba; in realtà poi la cosa fu corretta e fu localizzato in Nicaragua, sempre da notizie dei Servizi.

  PRESIDENTE. Passo ora alla vicenda dei colloqui svoltisi con Alessio Casimirri nel corso del 1993, che riepilogo a beneficio di tutti noi.
  Due funzionari del SISDE, Mario Fabbri e Carlo Parolisi, riuscirono a ottenere tramite Tommaso Casimirri un incontro con il fratello Alessio, latitante in Nicaragua. Nel corso di colloqui avvenuti tra il 23 e il 29 agosto 1993, Casimirri manifestò una volontà collaborativa, rivelando diversi particolari su via Fani e su alcuni aspetti della vita interna delle Brigate rosse.
  A questa prima fase sarebbero dovuti seguire ulteriori colloqui, ma questa possibilità fu «bruciata» da un articolo di Gianni Cipriani comparso su «l'Unità» del 16 ottobre 1993. Successivamente, dal 24 ottobre al 12 novembre 1993, una delegazione della Direzione centrale della polizia di prevenzione si recò in Nicaragua con il compito di operare per l'espulsione e consegna di Casimirri. La missione non ebbe successo, come non ebbero successo i tentativi di ottenere l'estradizione di Casimirri.
  La vicenda ha particolare interesse per la Commissione, poiché l'individuazione dell'esatto ruolo di Casimirri rimane una questione aperta e anche perché le rivelazioni del 1993 hanno costituito un avanzamento delle conoscenze sul caso Moro. Inoltre, è sembrato opportuno ascoltare i funzionari che compirono la missione, anche al fine di sgombrare il campo da una serie di illazioni che si sono accumulate sulla vicenda.
  Ricordo che su questo tema è stato sentito il dottor Fabbri nelle sedute del 29 giugno e del 6 luglio 2016. Poiché siamo nell'ambito di una materia oggetto di indagine della Procura generale di Roma e utilizziamo atti classificati, procederemo in forma segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio il dottor Parolisi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.