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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 210 di Martedì 13 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Gaetti Luigi  ... 7 
Fava Claudio (MDP)  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Sarti Giulia (M5S)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Sarti Giulia (M5S)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Mattiello Davide (PD)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Di Lello Marco (PD)  ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Mirabelli Franco  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 

Audizione del Ministro dell'interno, Marco Minniti:
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Minniti Marco , Ministro dell'interno ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Mirabelli Franco  ... 18 
Fava Claudio (MDP)  ... 19 
Prestigiacomo Stefania (FI-PdL)  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Prestigiacomo Stefania (FI-PdL)  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Di Lello Marco (PD)  ... 21 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 22 
Marinello Giuseppe Francesco Maria  ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Marinello Giuseppe Francesco Maria  ... 23 
Vecchio Andrea (Misto)  ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 24 
Vecchio Andrea (Misto)  ... 24 
Giarrusso Mario Michele  ... 24 
Molinari Francesco  ... 26 
Taglialatela Marcello (FdI-AN)  ... 26 
Magorno Ernesto (PD)  ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 13.35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

(Così rimane stabilito).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Prima di iniziare l'audizione, comunico che il senatore Giuseppe Marinello del Gruppo Alternativa Popolare Centristi per l'Europa NCD è stato designato dal Presidente del Senato quale membro della Commissione in sostituzione del senatore Salvatore Torrisi, dimissionario. Ringrazio pertanto il senatore Torrisi per l'attività svolta e il prezioso contributo fornito e formulo un augurio di buon lavoro al senatore Marinello.
  Le comunicazioni odierne sono dedicate alle risultanze di quanto convenuto nella scorsa riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, tenutasi l'8 giugno 2017. In quella occasione si era convenuto di approfondire la vicenda, riportata dai principali organi di stampa, relativa al rischio di scarcerazione del detenuto Salvatore Riina, condannato più volte all'ergastolo e sottoposto al regime detentivo previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Al fine di inquadrare la questione nei termini appropriati, va preliminarmente richiamato l’iter giudiziario con la relativa posizione assunta dalla Corte di cassazione. Va dunque ricordato che il tribunale di sorveglianza di Bologna, con ordinanza del 20 maggio 2016, aveva respinto l'istanza di Riina volta ad ottenere il differimento dell'esecuzione della pena per ragioni di salute (articolo 147 del codice penale) o, in subordine, gli arresti domiciliari (articolo 47-ter, comma 1, dell'ordinamento penitenziario).
  I giudici, infatti, avevano sostenuto che le condizioni cliniche del detenuto non erano incompatibili con lo stato detentivo, dove gli venivano assicurate le cure mediche necessarie, non erano stati superati i limiti di umanità della pena, mentre il paventato rischio di eventi cardiovascolari infausti era il medesimo di quello che corre qualunque essere umano, con la differenza nel caso di Riina di essere sottoposto a un monitoraggio continuo.
  Essendo il Riina comunque un soggetto di elevatissima pericolosità, non poteva beneficiare degli arresti domiciliari. Inoltre, poiché la difesa aveva lamentato che il detenuto, date le difficoltà di deambulazione, necessitava di un letto di degenza, mentre le ridotte dimensioni della cella non ne consentivano la collocazione, i giudici avevano invitato il DAP a verificare se tale situazione corrispondesse al vero e, in caso positivo, a trovarvi rimedio.
  La Corte di cassazione, con decisione del 22 marzo 2017, le cui motivazioni sono state depositate lo scorso 5 giugno, riteneva che tale provvedimento fosse in alcuni dei passaggi motivazionali incompleto e contraddittorio, e dunque lo annullava con Pag. 4rinvio. Secondo la Corte, infatti, per valutare la compatibilità delle condizioni di salute di Riina con la detenzione carceraria, il tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto considerare non soltanto le patologie, ma anche, come imposto dall'articolo 27 della Costituzione e dall'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, le condizioni complessive di decadimento fisico, derivanti dall'avanzata età del detenuto.
  Solo in base all'analisi di un quadro completo bisognava poi verificare se la detenzione comportasse un'afflizione di tale intensità da eccedere il livello che deriva dalla legittima esecuzione di una pena. Era altresì errato, secondo la Corte, considerare il possibile esito infausto di talune patologie come una condizione di natura comune a tutti gli uomini, dovendosi invece valutare il diritto di morire dignitosamente, che deve essere assicurato ad ogni detenuto.
  Sosteneva ancora la Corte che fosse contraddittorio evidenziare le possibili deficienze strutturali della Casa di reclusione di Parma, dove le ristrette dimensioni della cella non consentivano di usufruire di un letto ospedaliero ed escludere gli arresti domiciliari, che invece possono garantire ciò che la struttura carceraria non è in grado di assicurare. Infine, non si ravvisava un'adeguata motivazione sull'attuale pericolosità di Riina, che andava valutata anche in relazione alla sopravvenuta precarietà delle sue condizioni di salute e del suo decadimento fisico.
  In relazione ai princìpi di diritto evidenziati dalla Suprema Corte, ho ritenuto doveroso che la Commissione verificasse se le strutture che ospitano il Riina fossero adeguate a contemperare le esigenze di tutela della salute del recluso e del suo diritto a ricevere un trattamento non contrario al senso di umanità con quelle più generali di tutela della collettività, che invece impongono la detenzione carceraria del capomafia corleonese, per di più nel regime previsto dal 41-bis.
  Del resto, la questione assume in realtà una ben più ampia portata in considerazione del fatto che molti dei detenuti al 41-bis condannati all'ergastolo, specie quelli a cui il regime speciale è stato applicato sin dalla sua entrata in vigore, sono invecchiati o destinati a invecchiare in ambito carcerario, dove bisogna far fronte al loro naturale decadimento fisico, spesso accompagnato dall'insorgenza e dall'aggravarsi di patologie mediche.
  Invero, se i mezzi di cui lo Stato dispone non fossero in grado di garantire ai detenuti anziani, affetti da malattie più o meno gravi, i fondamentali diritti di cui agli articoli 27 e 32 della Costituzione, il sistema finora realizzato per interrompere i rapporti dei mafiosi più temibili con l'esterno si troverebbe nell'arco di poco tempo in un imbuto, che vanificherebbe gli sforzi finora compiuti nella lotta alle mafie.
  D'altra parte è noto che, in assenza di nuove leadership, i soggetti che ritornano in libertà riassumono all'interno delle organizzazioni criminali di provenienza i ruoli originari, anzi nel caso di Riina va evidenziato che egli è stato e rimane il capo di cosa nostra, e ciò non perché lo Stato abbia vinto, come si è provocatoriamente sostenuto, ma semplicemente perché capo rimane per le regole mafiose, non certo modificabili da quelle statali.
  La Commissione pertanto, al fine di compiere un primo approfondimento sulla problematica posta dalla Suprema Corte, così come deciso dall'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha provveduto a richiedere urgentemente al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria tutta la documentazione relativa alla questione in oggetto, trasmessa alla Commissione con la massima sollecitudine (è naturalmente a disposizione).
  Dall'esame della documentazione acquisita sia giudiziaria, comprensiva anche delle sentenze del tribunale di sorveglianza e della Corte di cassazione, sia amministrativa, è emerso quanto segue. Il capomafia corleonese, oggi ottantaseienne, veniva tratto in arresto il 15 gennaio 1993 e da subito sottoposto al regime detentivo speciale previsto dall'articolo 41-bis. Dopo periodi di detenzione all'Asinara e ad Ascoli Piceno, nel 2003 veniva condotto presso la casa di Pag. 5reclusione di Milano Opera, nel 2014 in quella di Parma.
  Nel corso degli anni aveva manifestato alcune patologie sia di natura cardiaca, affrontate anche con la chirurgia, sia più di recente di natura neoplastica, ma in fase di stabilità, per le quali ha finora ricevuto adeguate cure. Le case di reclusione di Opera e di Parma, dove è stato recluso negli ultimi anni, sono infatti le uniche strutture dotate sia di sezione 41-bis che di centro diagnostico terapeutico, e hanno altresì la possibilità di avvalersi di un reparto detentivo all'interno di vicine strutture sanitarie pubbliche.
  Riina dal gennaio 2016 ad oggi è stabilmente ricoverato nel reparto detentivo di una struttura ospedaliera pubblica di Parma. Anche nel periodo successivo a tale duraturo ricovero ha continuato a partecipare in videoconferenza alle numerose udienze che lo riguardano, così dimostrando di conservare lucidità psichica e anche una certa capacità fisica, tanto da sottoporsi ai continui trasporti presso la casa di reclusione di Parma, dove si trova la sala per la celebrazione di udienze a distanza, per poi fare rientro in giornata in ospedale. Dopo la pronuncia della Cassazione è stata attivata la procedura per la predisposizione di un letto ospedaliero di nuova tecnologia per il caso in cui il detenuto dovesse rientrare in carcere.
  Valutata tale documentazione, ho ritenuto che fosse assolutamente urgente procedere a un immediato sopralluogo per verificare la situazione relativa alla condizione carceraria, alle condizioni di salute del detenuto e al trattamento ad egli riservato, per riferire immediatamente in Commissione.
  Mi sono dunque recata ieri, senza preavvertire le strutture interessate, presso la sezione detentiva dell'ospedale nel quale è ricoverato il detenuto Riina e presso la sezione del 41-bis della casa circondariale di Parma, e ho chiesto ai vicepresidenti, senatore Gaetti e onorevole Fava, di accompagnarmi in questo sopralluogo. Siamo stati altresì accompagnati dal consigliere Comparone, dalla consulente Sabella e dalla consulente Rinaldini.
  Nella struttura ospedaliera si è potuto constatare che il detenuto, con il quale si è preferito non interloquire, si trovava seduto su una sedia a rotelle in buon ordine e con uno sguardo vigile. La camera dove si trovava è di confortevoli dimensioni, assolutamente corrispondenti a una qualsiasi stanza di degenza ospedaliera, dotata di bagno privato, attrezzato per disabili e in ottime condizioni igieniche. Il personale medico ha inoltre spiegato che il Riina si alimenta autonomamente, è tenuto sotto stretta osservazione medica quasi a vista per il controllo delle sue patologie, che peraltro allo stato non presentano manifestazioni acute e, per quanto attiene alle sue generali condizioni di decadimento fisico, è costantemente assistito da un’équipe di infermieri che lo accudisce più volte al giorno per ogni necessità.
  Dal punto di vista intellettivo, come chiarito dai medici e confermato dagli agenti del GOM addetti alla sorveglianza H24, il Riina interloquisce normalmente con il personale medico, paramedico e della polizia penitenziaria, svolge i colloqui con i familiari e con il suo difensore, scrive lettere ai parenti e legge senza difficoltà quelle che riceve, partecipa alle udienze, sebbene ciò comporti uno spostamento temporaneo presso la casa di reclusione di Parma, e solo in rare occasioni ha dovuto rinunciarvi non per la sua volontà, bensì per la contraria indicazione dei sanitari in relazione alla sua salute.
  Presso la casa di reclusione di Parma si è proceduto alla visita della cella ove Riina è stato collocato fino al gennaio 2016 e dove potrebbe rientrare nel caso in cui il suo stato di salute dovesse consentirlo. Si è notato che, nonostante le ristrette dimensioni della cella assegnatagli, del resto corrispondente a quelle inserite nelle sezioni dedicate al regime dell'articolo 41-bis, vi era già comunque la presenza di un letto di degenza, seppure con sistema manuale di vecchia tipologia che, come spiegato dal direttore del carcere, venne fornito al detenuto sin dal momento in cui fu imposta la prescrizione, da oltre un anno.
  Inoltre il direttore ha aggiunto che è già stato realizzato il progetto, di cui la Commissione Pag. 6 ha visionato copia, per ampliare la stanza, in modo sia da installare un letto ospedaliero più moderno, sia da creare un bagno accessibile con la sedia a rotelle, sia da consentire al personale dell'ASL di somministrare con maggiore facilità i trattamenti riabilitativi, e che i relativi lavori avrebbero avuto inizio oggi, come ci è stato peraltro confermato sia avvenuto, e richiederanno pochi giorni lavorativi.
  Al di là delle diverse opinioni espresse al riguardo e diffuse dalla stampa, alcune che appaiono ispirate alla legge del taglione e altre invece ad una malintesa umanizzazione della pena, ben oltre quanto previsto dalle norme costituzionali e internazionali, abbiamo cercato di acquisire i dati essenziali per una valutazione della vicenda secondo i princìpi del nostro ordinamento, ribaditi dalla Suprema Corte, da sottoporre alla Commissione, alle istituzioni e all'opinione pubblica.
  Si è quindi accertato che, sebbene il Riina abbia da sempre goduto della massima attenzione medica assistenziale e che, anzi, la struttura carceraria abbia cercato di adeguarsi progressivamente al mutare delle esigenze del recluso, l'attuale situazione è certamente mutata in meglio rispetto allo stato dei fatti apprezzato dalla Suprema Corte e risalente al maggio del 2016.
  Infatti, come detto, egli è continuativamente ricoverato presso una struttura pubblica più che adeguata, in grado di far fronte sia alle malattie di qualunque natura e ai loro possibili sviluppi, sia alle esigenze assistenziali scaturite dal naturale decadimento fisico, anzi può anche affermarsi che le sue condizioni di salute, sì imprevedibili data anche l'età, ma stazionarie, potrebbero in ipotesi a giudizio dei medici consentire il suo rientro in cella, seppure con le opportune prescrizioni per il centro diagnostico terapeutico della casa di reclusione di Parma, al quale verrebbe rimessa la gestione del Riina.
  In ogni caso, qualora il detenuto dovesse ritornare nel penitenziario, troverebbe una situazione logistica del tutto mutata e adeguata alle sue sopravvenute necessità, e continuerebbe a godere delle prestazioni mediche e dell'assistenza del centro diagnostico, ferma restando la possibilità, in caso di repentino aggravarsi della situazione, di usufruire di immediato ricovero nell'ospedale pubblico.
  Il Riina si trova dunque in una condizione di cura e assistenza continue, che a dir poco sono identiche, se non superiori a quelle che potrebbe godere in uno status libertatis o in regime di arresti domiciliari, e gli è ampiamente assicurato il diritto innanzitutto ad una vita dignitosa e dunque a morire, quando ciò avverrà, altrettanto dignitosamente, a meno che non si voglia postulare l'esistenza di un diritto a morire fuori dal carcere, non riconosciuto dalle leggi vigenti.
  Il detenuto, nei limiti di quanto è stato possibile apprezzare, conserva immutata la sua elevata pericolosità concreta e attuale essendo, nonostante le difficoltà motorie, perfettamente in grado di intendere e di volere, ancora vivamente interessato alle sue vicende processuali, nella piena condizione di manifestare la sua volontà e, di converso, non avendo mai esternato segni di ravvedimento.
  Desidero ringraziare per la massima disponibilità dimostrata, nonostante la mancanza di preavviso, il Ministro della giustizia, il direttore del DAP, il direttore e il personale della polizia penitenziaria del carcere di Parma, il direttore, i medici e tutto il personale sanitario dell'ospedale e della ASL di Parma.
  Si è potuto constatare che per il Riina si è stati in grado di assicurare ogni suo diritto nel regime intramurario. Va espressa invece preoccupazione per quanto potrebbe accadere a breve rispetto alla gestione di altri detenuti sottoposti al regime di 41-bis, bisognosi di trattamento similare. Non sempre, infatti, le strutture ospedaliere pubbliche hanno nella sezione riservata ai detenuti un numero di celle sufficienti per rispondere a richieste di cura e di assistenza che si prevedono crescenti, così come parallelamente i continui spostamenti dei detenuti ospedalizzati per la partecipazione a distanza alle udienze.
  Tutto ciò richiederà un maggior numero di personale specializzato penitenziario, con Pag. 7aumento dei rischi. Occorre dunque adottare tempestivamente soluzioni di ricovero e cura ottimali, per quanto possibile intramurarie, dentro quindi il sistema carcerario, in grado di soddisfare i diritti del singolo, ma anche la tutela della collettività, nonché comunque soluzioni idonee a evitare ripetuti trasferimenti dei detenuti, adeguando ove occorra le stesse strutture sanitarie pubbliche con sistemi di videosorveglianza.
  Ho ritenuto di informare la Commissione dell'esito del sopralluogo di ieri e chiederei ai due vicepresidenti che erano presenti se intendano sottolineare qualche aspetto. Prego, senatore Gaetti.

  LUIGI GAETTI. Grazie, presidente, vorrei aggiungere semplicemente una battuta parlando più dal lato della problematica medica, visto che sono anche un medico. Vorrei quindi ribadire che il Riina è ormai un paziente cronico, con tutte le sue patologie soprattutto collegate all'età, come ve ne sono molti altri, quindi un cittadino normale nel suo stato di salute non sarebbe certamente ricoverato in un ambiente ospedaliero.
  Questo è un primo elemento che vorrei sottolineare, in quanto è un paziente che in una situazione normale sarebbe a domicilio oppure in una RSA, quindi da questo punto di vista ritengo che l'utilizzo di una struttura pubblica ospedaliera sia davvero una cosa eccessiva. Inoltre abbiamo verificato che la situazione carceraria è perfettamente compatibile, la stanza verrà allargata, ma ritengo che l'elemento più importante e limitativo non consistesse nelle attuali dimensioni della stanza, ma nel fatto che il bagno non consentiva l'accesso a un disabile, cosa che comunque faranno in pochi giorni lavorativi.
  Credo, quindi, che l'elemento ostativo per cui in questi mesi non è stato nella struttura carceraria non sia un problema di salute quanto un problema organizzativo, nel senso che in base alle norme vigenti oggi è il personale sanitario dell'ASL che deve accudire la persona e, da quanto ho potuto capire, c'è una certa difficoltà di coordinamento tra l'ASL di Parma e la struttura carceraria.
  La difficoltà quindi di far accedere alla struttura carceraria personale sanitario non è in campo medico, perché i medici presenti nella struttura carceraria sono già in grado di seguirlo, a parte periodiche consulenze per visite super specialistiche, ma più un discorso di trattamento che auspico si possa mettere in convenzione e accordare con l'ASL.
  Vorrei sottolineare anche l'ultimo passaggio della presidente, che ritengo davvero molto importante, perché tutto il personale ha sottolineato come passando gli anni le persone presenti al 41-bis, alcune già in una fase più grave, quindi quasi in demenza, necessitino di un'assistenza più pregnante, e questo è un altro elemento di riflessione che dovrà essere preso in considerazione nel ridefinire l'assistenza non solo del Riina, ma anche delle altre persone.
  Da un punto di vista sanitario ritengo che il Riina sia attualmente trattato molto meglio di tanti cittadini italiani, che non possono godere di un servizio di tale livello. Grazie, presidente.

  CLAUDIO FAVA. Ritengo che la Cassazione, quando ha stabilito e confermato il principio del diritto di ogni cittadino a una morte dignitosa, quindi anche dei detenuti, dicesse una cosa non opinabile, ma che non contraddice la possibilità che questo diritto venga garantito anche in stato di detenzione, che è la situazione di Salvatore Riina e di molti altri detenuti condannati all'ergastolo, fino a quando l'ergastolo sarà una delle pene previste dal nostro ordinamento giuridico.
  Condivido la valutazione fatta nella sua relazione: Salvatore Riina gode di attenzioni e cure mediche di assoluta eccellenza, è totalmente lucido, è in condizioni non solo di intendere e di volere, ma anche di provvedere alle proprie necessità giudiziarie, assistendo ai processi, parlando regolarmente con i propri avvocati, non soltanto con i propri familiari.
  La dignità della sua detenzione mi sembra assolutamente garantita con grande senso di professionalità dalla struttura sanitaria, dalla struttura carceraria, e mi sembra che sia stato utile questo nostro Pag. 8sopralluogo, questa nostra visita anche nelle modalità con cui si è svolta, perché è servita ad evitare che su questioni importanti, che attengono alla dignità dell'essere umano, si potessero innescare pericolose e fuorvianti speculazioni o strumentalizzazioni, che non possono avere diritto di cittadinanza nel caso di Salvatore Riina e della sua detenzione nella struttura sanitaria di Parma.

  PRESIDENTE. Sarebbe già arrivato il Ministro, tuttavia prego, onorevole Sarti.

  GIULIA SARTI. Solo un chiarimento: il trasferimento da gennaio chi lo ha disposto? Noi stiamo discutendo ora perché è arrivato questo provvedimento dalla Cassazione, che ha annullato con rinvio, però il fatto che lui si trovi già da diversi mesi non in carcere, ma in una struttura pubblica ospedaliera...

  PRESIDENTE. È una struttura pubblica ospedaliera, ma che ha il regime carcerario, piantonata dalle guardie carcerarie con tutti i sistemi di sicurezza, isolamento completo, quindi siamo dentro un 41-bis ospedaliero.

  GIULIA SARTI. Con le traduzioni in carcere nel momento in cui vi sono le videoconferenze.

  PRESIDENTE. Esatto. Lui è stato trasferito nel gennaio del 2016 perché il suo stato di salute non era più compatibile con la situazione ambientale nella quale si trovava, e, siccome la sua situazione di salute non è migliorata nel frattempo, è assistito in un reparto di medicina generale, anche se le strutture sono quelle di un carcere.
  Nel momento in cui, come si sta provvedendo da oggi, il reparto nel quale era ricoverato viene strutturato e organizzato con camera adeguata, letto adeguato, bagno assistito e c'è la possibilità per il personale medico e infermieristico riabilitativo e assistenziale della ASL di raggiungerlo in carcere, valuteranno i medici e la struttura carceraria se possa avvenire il trasferimento.
  Una cosa è certa, come abbiamo detto nella relazione: siccome i detenuti in queste condizioni vanno aumentando, non si può pensare di tenere occupati letti per acuti, perché sono dentro una struttura ospedaliera per acuti. Per lungodegenze come quella di Riina dal gennaio del 2016 ad oggi, quindi, o c'è una sorta di allargamento del carcere a strutture socio-sanitarie, che abbiano le stesse regole del carcere e un altro regime sanitario, o dentro il carcere bisogna organizzarsi per assistere le non autosufficienze che si stanno verificando.
  Se un detenuto è in una fase acuta, viene ricoverato in un reparto ospedaliero piantonato, ma non ha la possibilità di usufruire di quelle stanze nelle quali oggi sono i lungodegenti. Una cosa è certa: per quanto riguarda Riina, questo vuol dire che da gennaio ad oggi gli è stato offerto di più, non certo di meno di quello di cui ha bisogno.

  DAVIDE MATTIELLO. A questo punto una curiosità: condividendo il suo ragionamento ed essendo Opera dotata al proprio interno di una struttura sanitaria, perché decidere di spostare Riina da Opera a Parma?

  PRESIDENTE. Questo lo dovremmo chiedere al DAP, ma ad Opera sapete che è stata anche intercettata e registrata una conversazione di una certa importanza, della quale ci siamo interessati ampiamente già all'inizio del nostro mandato, quindi io penso che questo sia stato... e anche perché la rotazione di fatto poi avviene.
  Comunque c'è un fatto: nel momento in cui è stato portato a Parma aveva bisogno di cure, era in una fase acuta della sua malattia e ad Opera non c'è una struttura ospedaliera dentro l'ospedale, c'è una struttura sanitaria che abbiamo visto, la convenzione con l'ospedale di Parma è a Parma.
  Se non ci sono altri, possiamo dedicarci al Ministro dell'interno, perché la mia è stata una comunicazione.

  MARCO DI LELLO. Ho letto che lei sostiene che se va a casa è una sconfitta per Pag. 9lo Stato, ma secondo me è il contrario (lo dico, ma non voglio entrare nel merito) perché, se va a casa, è lo Stato che è più forte della mafia, cioè io la vedo da questo punto di vista. Proprio perché io non ho paura, non ho bisogno di arrivare a livelli sotto la civiltà per mostrare la mia forza come Stato.

  PRESIDENTE. Siccome non siamo sotto la civiltà perché, come ho ampiamente argomentato (lei non c'era, onorevole Di Lello), al detenuto Riina non viene negato nessun tipo di assistenza ed è in una situazione carceraria in cui viene assicurata la dignità di vita, lo Stato vince quando fa questo, non quando manda a casa un detenuto che è ancora il capo di cosa nostra.
  Intanto è arrivato il Ministro, però si è aperto un dibattito che francamente... Si accomodi, signor Ministro, ben arrivato.
  Prego, Mirabelli.

  FRANCO MIRABELLI. Io penso che di tutta questa discussione restino due cose, la verifica che ha fatto la Commissione con la presidente rispetto al fatto che il trattamento sanitario a Riina sia garantito nel miglior modo possibile (questo è quello che deve fare lo Stato), ogni altra discussione filosofica su chi è più forte o più debole cade nel momento in cui c'è una valutazione della Direzione nazionale antimafia che dice che Totò Riina è ancora il capo della mafia e può ancora comandare la mafia.
  Questa è la ragione per cui è stato messo al 41-bis, non essendo decaduta quella ragione è giusto che Totò Riina resti al 41-bis, punto. Tutte le altre discussioni filosofiche alle quali ho assistito in queste settimane sullo Stato più forte o lo Stato più debole lasciano il tempo che trovano, c'è un detenuto pericoloso perché comanda la mafia, per questo è stato messo al 41-bis, la pericolosità permane e quindi resta al 41-bis.

  PRESIDENTE. Lo Stato è forte quando applica la legge e in questo caso sta applicando la legge. Non ci sono altri ragionamenti da fare, grazie.

Audizione del Ministro dell'interno, Marco Minniti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'interno, Marco Minniti. Signor Ministro, siamo ben lieti di accoglierla in Commissione e di salutarla, l'abbiamo invitata quasi all'inizio del suo mandato, sei mesi sono pochi ma il lavoro è già stato tanto.
  Mentre aspettiamo le televisioni per il giro di tavolo, ricordo che il Ministro è accompagnato dal senatore Achille Passoni, capo della segreteria del Ministro, dal prefetto Marco Valentini, direttore dell'Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, dal prefetto Felice Colombrino, coordinatore dell'Ufficio stampa e comunicazione, e dal viceprefetto Antonio Cananà, capo dell'Ufficio relazioni parlamentari.
  L'audizione odierna del Ministro segue quelle precedenti del Ministro pro tempore Alfano, che sono avvenute nel 2013, nel 2014 e nel 2016, ed è dedicata ad un aggiornamento sulle politiche e sulle attività del Ministero dell'interno nelle materie oggetto dei lavori della Commissione, con particolare riguardo ai temi del ruolo della criminalità organizzata nella promozione e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali, anche con riferimento alle recenti vicende del CARA di Isola Capo Rizzuto in provincia di Crotone, alle infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso nel campo del calcio professionistico, ai tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali, anche in relazione allo svolgimento delle elezioni dell'11 giugno scorso.
  Ricordo al Ministro che l'audizione si svolge in forma libera ma che, ove necessario, i nostri lavori potranno proseguire in forma segreta. Diamo alle televisioni la possibilità di fare il giro di tavolo e poi cediamo la parola al Ministro.

  MARCO MINNITI, Ministro dell'interno. Grazie per l'invito. Essendo ormai in una fase abbastanza avanzata della legislatura, Pag. 10mi sembra doveroso non fare una sorta di dichiarazione programmatica come se fossimo all'inizio della legislatura per ovvie ragioni, quindi da questo punto di vista voi mi consentirete una certa agilità con la quale mi muoverò nelle argomentazioni, dando per scontato il fatto che è chiaro che questo è un nuovo Governo, io rappresento un nuovo Governo e tuttavia in questi anni non c'è stato un cambiamento di maggioranza politica significativo, che possa alludere ad un cambio di approccio politico di carattere generale.
  Detto questo, voi mi consentirete di fare alcune affermazioni di carattere generale, alle quali tengo moltissimo. La prima è questa: io sono molto convinto, ma penso su questo che sia una condivisione ampiamente rafforzata nel rapporto tra di noi, che la lotta alle mafie costituisca una questione cruciale per la democrazia italiana per due ragioni. La prima perché la presenza delle mafie costituisce un inaccettabile svantaggio competitivo per il complesso del nostro Paese e per alcune aree specifiche del nostro Paese, la seconda perché, essendo strutture capaci di infiltrarsi e di condizionare le Istituzioni, costituiscono anche una minaccia diretta al funzionamento della nostra democrazia. Da questo punto di vista l'impegno contro le mafie ha un elemento democratico di irriducibilità.
  Penso anche che, se questo è il punto di partenza, noi dobbiamo dare atto alle Istituzioni italiane (penso alle Istituzioni in prima fila in questi anni nella lotta contro le mafie, la magistratura e le forze di polizia) di avere mantenuto, anche in una fase molto complicata della sfida internazionale del nostro Paese, come quella posta dalla sfida al terrorismo, una priorità forte, considerevole nei confronti dell'azione di prevenzione e contrasto alle mafie.
  Io lo considero un elemento molto importante, tuttavia poteva anche avvenire che di fronte a una minaccia esterna potesse esserci un indebolimento e io penso (lo dico da Ministro dell'interno) che questo indebolimento non ci sia stato, che noi abbiamo di fronte una fase particolarmente impegnativa e ricca di risultati, di azioni di prevenzione e di contrasto alle mafie.
  In questo ambito penso che si possa trarre complessivamente un giudizio di un'attività che ha prodotto risultati notevoli che, tuttavia, ci consente di guardare all'obiettivo strategico del rapporto con le mafie in una maniera del tutto nuova, come vedremo alla fine.
  Se mi consentite, partirei da un'analisi abbastanza specifica delle varie mafie che operano nel territorio nazionale. Partiamo per ragioni storiche da cosa nostra, che è l'organizzazione mafiosa che negli anni ha subìto maggiori colpi sul terreno della capacità di iniziativa da parte dello Stato.
  Noi oggi possiamo configurare l'attuale situazione di un'organizzazione mafiosa che mantiene un profilo di inabissamento, che deriva da un lato da una scelta di carattere strategico, cioè dopo la esposizione particolarmente rilevante nella fase della teoria stragista da parte di cosa nostra, poi, di fronte alle risposte obiettivamente molto forti da parte dello Stato, c'è stata una scelta, ma accanto alla scelta a mio avviso c'è anche una costrizione derivante dalla capacità di iniziativa molto forte da parte dello Stato.
  L'idea di mantenere un profilo più contenuto, meno evidente nella capacità di sfida dipende quindi da un profilo che è una scelta, e insieme dalla capacità di contrasto da parte dello Stato.
  Voi ricorderete perfettamente che, nel momento di massima sfida alle istituzioni democratiche del nostro Paese, la risposta fu che l'intera cupola di cosa nostra di allora fu perseguita e finirono tutti quanti in galera, cosa che io considero un elemento particolarmente rilevante che segna in qualche modo la storia democratica dell'Italia.
  Il quadro che noi abbiamo adesso è di una fragilità nella capacità in rappresentanza di una leadership di cosa nostra, un ruolo di continuità di fronte alla mancanza di espressione di funzioni di primissimo piano e di ruoli di primissimo piano viene svolto da figure «storiche», che sono state o sono in galera, alcune delle quali è possibile che escano e riprendano un ruolo Pag. 11appunto perché c'è la fragilità nella costruzione di un nuovo gruppo dirigente da parte di cosa nostra.
  In questo ambito può essere letto anche l'omicidio che è avvenuto il 22 di maggio del cosiddetto «boss di Porta Nuova» Dainotti, dentro un quadro di profonda instabilità nei vertici e di una difficoltà a un reciproco affidamento dentro i quadri medio-alti di cosa nostra.
  Il segnale che vorrei qui lanciarvi è che può essere che nei prossimi mesi coloro che hanno finito di scontare le condanne legittimamente possano ritornare e approfittare del vuoto di leadership che in questo momento c'è in cosa nostra. Questo è il problema cruciale, senza in alcun modo interferire con la discussione che voi avete fatto nel punto precedente, alla quale io non ero presente.
  Seconda questione. È chiaro che su tutto domina la figura di Matteo Messina Denaro, come voi sapete la strategia messa in campo è quella di fare terra bruciata intorno alla sua figura, abbiamo avuto in questi anni e anche negli ultimi mesi operazioni molto importanti sia sul terreno dei fiancheggiatori, sia sul terreno della capacità economica, abbiamo un gruppo di lavoro che è coordinato dalla magistratura e fatto dalla Polizia di Stato e dall'Arma dei carabinieri e dedicato esclusivamente alla sua cattura. Non si tratta qui di fare proclami, ma penso di interpretare la vostra volontà comune nel dire che nel momento in cui Matteo Messina Denaro sarà catturato quello sarà un giorno molto importante per la democrazia italiana.
  Nel 2017 le operazioni contro cosa nostra hanno portato a questi esiti: 4 latitanti pericolosi catturati, 14 operazioni complessivamente fatte, con 170 persone coinvolte. Voi comprendete che nei primi 5 mesi e 10 giorni del 2017 si tratta di operazioni che hanno un certo rilievo.
  Il secondo ingrandimento riguarda la ’ndrangheta. La ’ndrangheta costituisce oggi l'organizzazione più pericolosa in campo nel nostro Paese, per quanto ci riguarda, ma penso che in generale anche questo possa essere un obiettivo condiviso, costituisce una priorità assoluta, non perché si possa scegliere (sempre mafie sono e vanno combattute), tuttavia questa costituisce una priorità assoluta per il ruolo, la funzione che svolge sia sul territorio nazionale, sia fuori dai nostri confini.
  La ’ndrangheta è un player nazionale e internazionale, player internazionale nel traffico di stupefacenti costituisce oggi il principale punto di raccordo tra il Sud America e l'intera Europa, si muove con attività a 360 gradi, dagli appalti al pizzo, alle estorsioni, sino al gioco d'azzardo, ai videogiochi, sino ad arrivare al controllo e al tentativo di controllo delle società calcistiche.
  Su queste questioni c'è stata già un'audizione specifica del capo della polizia Gabrielli, penso che a quella vada fatto riferimento e tuttavia mi consentirete di dire due cose molto rapidamente. La prima è che su questo tema, soprattutto per quanto riguarda le serie minori, c'è una particolare attenzione da parte della ’ndrangheta, così come c'è anche attenzione per quanto riguarda altre mafie, in particolare, come voi avete visto anche dalle attività investigative emerse, dalla stessa camorra.
  C'è attenzione sul giro delle scommesse calcistiche, perché 3 miliardi è il giro di affari e quindi da questo punto di vista è un terreno particolarmente appetibile ed importante, che fa delle mafie italiane e straniere un punto di attività particolare in questo campo, che per quanto ci riguarda costituisce un elemento di rilievo nell'attività di prevenzione e di contrasto, al punto tale che, come voi sapete, da tempo operano dal punto di vista della individuazione degli scenari l'Unità informativa scommesse sportive (UISS) e il Gruppo investigativo scommesse sportive (GISS). Il primo gruppo fa analisi e valutazioni di scenario, il secondo fa attività di carattere investigativo.
  La ’ndrangheta fonda la sua forza nella capacità di tenere insieme due princìpi, il primo è quello di mantenere sostanzialmente intatto il suo principio di arcaicità, cioè essere fortemente vincolato a princìpi che sembrano immutabili nel tempo e, contemporaneamente, garantirsi un forte radicamento territoriale e avere capacità di Pag. 12massima modernizzazione e di proiezione internazionale. In questa capacità di tenere insieme le due cose, arcaicità e capacità di gestire la crescita anche attraverso un'attenta politica di gestione degli stessi vincoli familiari, il rapporto e il controllo con una parte del territorio chiaramente collocata in Calabria, sta la capacità e la forza per la modernizzazione e l'internazionalizzazione.
  Arcaicità e modernità sono due facce della stessa medaglia, senza quel radicamento territoriale e quella arcaicità sarebbe molto più difficile gestire modernizzazione ed internazionalizzazione, ed è per questo che la ’ndrangheta è sempre più interessata a non perdere i contatti e collegamenti con il territorio. Da qui quell'attività criminale a 360 gradi di cui ho parlato precedentemente.
  In questo ambito, come voi avete visto, si sono svolte particolari attività da parte delle forze di polizia coordinate dalla magistratura, che hanno portato dall'inizio del 2017 alla cattura di 12 latitanti, 13 operazioni di polizia che hanno interessato circa 200 persone.
  In questo ambito c'è stata l'attività sul CARA di Isola Capo Rizzuto, su cui c'è stata una specifica audizione di questa Commissione con il prefetto Pantalone, ma tuttavia mi consentirete di ritornare specificatamente su questa questione.
  Io considero quella un'indagine molto importante e quanto è emerso una ferita inaccettabile per la democrazia italiana, per una ragione semplicissima: perché è sempre inaccettabile, ma in questo caso ancora più inaccettabile che mafia e corruzione possano ingrassarsi non soltanto sui soldi pubblici (e già questo sarebbe inaccettabile), ma sulla pelle di persone deboli ed esposte come gli immigrati, per quanto mi riguarda quello è veramente una ferita aperta che tocca tutti noi, primo fra tutti al Ministro dell'interno, lavorare perché sia ricucita.
  In questo ambito, come forse vi è stato già detto, ma spetta a me ricordare, nei mesi passati avevamo intrapreso due iniziative che considero molto importanti, prima ancora che ci fosse l'indagine su Isola Capo Rizzuto. La prima era quella di intervenire sul tema degli appalti e dei contratti, questione molto importante perché, come voi avete visto, le questioni che vengono sollevate anche dalla magistratura impattano direttamente sul tipo di contratti. In questo ambito si è fatto un accordo con l'Agenzia nazionale anticorruzione, per individuare un contratto tipo, che è già operativo e che, a partire da due mesi fa, sostituirà progressivamente tutti i contratti che vanno in scadenza.
  Il contratto tipo ha tre capisaldi fondamentali, il primo dei quali è il superamento del gestore unico. Come voi sapete, questo elemento è stato più volte riproposto anche nelle indagini giudiziarie ma, in ogni caso, indipendentemente dalle indagini giudiziarie, lo ritengo un elemento fondamentale. Accanto al superamento del gestore unico c'è la divisione degli appalti in lotti, quindi ogni lotto ha una sua specificità, e il terzo elemento è aumentare le capacità di indagine da parte del Ministero. Da questo punto di vista comprendete che noi abbiamo di fronte un meccanismo che costituisce una innovazione particolarmente significativa.
  Seconda questione: noi abbiamo predisposto, anche qui prima che esplodesse la vicenda di Isola Capo Rizzuto, un programma a tappeto di ispezioni, definito con l'acronimo Mireco. Abbiamo ordinato 2.130 ispezioni, che sono già operative da qualche settimana, anzi da qualche mese. Alla fine di questo programma così impegnativo di ispezioni noi trarremo tutte quante le conseguenze necessarie.
  In più (questo invece è avvenuto dopo l'indagine su Isola Capo Rizzuto) è stata mia cura inviare un'ispezione alla prefettura di Crotone, ispezione che è in corso e nel momento in cui verrà completata, qualora questa Commissione volesse essere informata, sarà mia cura informarla, com'è giusto che sia. In secondo luogo ho predisposto l'accesso al comune di Isola Capo Rizzuto per ragioni che sono evidenti leggendo gli atti dell'indagine giudiziaria.
  Queste le misure immediate e, tuttavia, c'è un elemento di carattere più strutturale: se si vuole costruire veramente un argine ai rischi di infiltrazione mafiosa o di Pag. 13attività corruttiva nella gestione dei centri, che – ripeto – è una cosa odiosa, la scelta che si è fatta e che mi auguro possa essere coronata da successo, sulla quale stiamo intensamente lavorando, è quella di andare a un progressivo superamento dei grandi centri di accoglienza, per ragioni di carattere di valutazione sulla capacità di integrazione dei grandi centri, ma anche sulla capacità di gestione.
  È infatti del tutto evidente che, se il Paese punta sull'accoglienza diffusa e quindi su piccoli numeri per ogni singolo comune (questo è il senso dell'accordo che abbiamo fatto con l'Associazione nazionale comuni italiani), di fronte a piccoli numeri, comune per comune, il ritorno di un'attività di infiltrazione della grande criminalità organizzata è molto minore, perché si tratta di appalti molto spezzettati e di numeri particolarmente piccoli anche per quanto riguarda i finanziamenti, cioè è del tutto evidente che per arrivare all'ipotesi di reato che si è messa in campo per quanto riguarda Isola Capo Rizzuto con l’«accoglienza diffusa» ci vorrebbero diverse decine di anni per arrivare a quell'accumulazione che costituisce un'ipotesi di reato presentata nell'operazione che ha portato allo sgretolamento della cosca Arena su Isola Capo Rizzuto.
  Questa è una scelta strategica, di cui una delle motivazioni sta nell'evitare le infiltrazioni e rendere meno appetibile alla grande criminalità organizzata la capacità di intervento su questi sistemi di accoglienza.
  Adesso vengo a un rapido ingrandimento sulla camorra. La camorra conferma una sua caratteristica che la rende differente da cosa nostra e dalla ’ndrangheta. Cosa nostra è una struttura storicamente a vocazione piramidale, che in questo momento non ha un vertice piramidale, ma storicamente ha vocazione piramidale; la struttura della ’ndrangheta, come accertato da sentenze passate in Cassazione, ha un coordinamento delle attività, pur essendo significativa la capacità di autonomia delle singole cosche sul territorio, tuttavia c'è un coordinamento, che è stato anche oggetto di importanti indagini investigative.
  La camorra ha un altro tipo di approccio, è per sua natura molto più frammentata e fluida, forme di coordinamento non sono state mai riscontrate in maniera particolarmente evidente. In questo momento la situazione è ancora più fluida, nel senso che i colpi subìti hanno prodotto un vero e proprio vuoto di potere e nelle organizzazioni camorristiche si evidenzia un vuoto di potere, perché mancano figure apicali, mancano quadri intermedi, perché in gran parte sono in galera.
  In questo ambito nel 2017 le operazioni sono state operazioni importanti, 4 latitanti, 31 operazioni di polizia giudiziaria, 550 persone coinvolte. In queste 550 persone coinvolte (stiamo parlando soltanto dei primi cinque mesi del 2017) c'è il senso evidente di quel vuoto – insisto – di figure apicali e di figure intermedie. In questo ambito continua a permanere una situazione di potenziale ingovernabilità e conflitto attraverso lo scontro tra le varie famiglie camorristiche, perché private di una capacità di governo della situazione, nella quale si manifestano soprattutto protagonisti giovanissimi (questo è il dato).
  Nelle ultime settimane si è riaccesa una sequenza di omicidi, che tuttavia non sono tra di loro collegati e non rispondono ad un'unica faida, però, se mi è consentito, sugli omicidi è utile darvi qualche dato. Naturalmente lungi da me minimizzare, come è noto ho un approccio prudente con i dati e con le statistiche, quindi non ho intenzione di minimizzare, però, essendo questa una Commissione particolarmente impegnata su questi temi, è giusto trasmettere qualche dato.
  Provincia di Caserta: nello stesso periodo nel 2016 cinque omicidi, di cui uno attribuibile alla criminalità organizzata, dal 1° gennaio all'11 giugno tre, di cui nessuno attribuibile alla criminalità organizzata. Nel comune di Caserta nel 2016 c'era stato un omicidio, nessuno per criminalità organizzata, al momento nessun omicidio.
  A Napoli nel 2016 omicidi in tutto l'anno 62, omicidi attribuibili alla criminalità organizzata 38, con un aumento rispetto al Pag. 142015 del 39 per cento nel caso complessivo e del 15 per cento in quelli attribuibili alla criminalità organizzata. Se invece guardiamo allo stesso periodo del 2016 con quello iniziale del 2017 i rapporti sono questi: 35 omicidi nel complesso dal 1° gennaio all'11 giugno del 2016, di cui 23 attribuibili alla criminalità organizzata. In questo momento sono 16 gli omicidi complessivi e 11 attribuibili alla criminalità organizzata, meno 54 per cento, meno 52 per cento nel primo e nel secondo caso. Questo riguarda la provincia di Napoli.
  La città di Napoli ha questo andamento: nel 2016 nel complesso 36 omicidi commessi, 28 attribuibili alla criminalità organizzata, con aumenti medi intorno al 50 per cento rispetto all'anno precedente. Quest'anno nello stesso periodo del 2016 abbiamo 22 omicidi, di cui 17 attribuibili alla criminalità organizzata, quest'anno abbiamo 5 omicidi, di cui 3 attribuibili alla criminalità organizzata.
  Ho voluto citarvi questi dati soltanto per avere il quadro di scenario dentro il quale ci stiamo muovendo, è chiaro che è inaccettabile che ci siano omicidi e che ci siano omicidi di criminalità organizzata. In questo ambito è giusto che vi metta a parte dell'iniziativa che abbiamo preso dall'inizio dell'anno, quando abbiamo fatto anche un Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica in quel di Napoli qualche mese fa, con l'obiettivo di tenere insieme due cose. Nel momento in cui hai una guerra o uno scontro tra fazioni camorristiche spesso prive di controllo, l'unica possibilità per contrastare questo tipo di conflitto è tenere insieme due princìpi altrettanto essenziali.
  Il primo principio è quello dell'attività investigativa, che posso garantirvi in questo momento essere imponente, il secondo è quello del controllo del territorio, perché quando hai una conflittualità che si manifesta in maniera «gangsteristica» (d'altro canto, come sapete, la camorra ha sempre avuto questo tipo di approccio gangsteristico) è necessario tenere insieme le due cose, capacità investigativa, quindi andare avanti con le indagini, destrutturare i clan, intervenire per quanto riguarda i livelli più bassi, i quadri intermedi e i vertici, colpire e assicurare alla giustizia i grandi latitanti e, contemporaneamente, garantire il controllo del territorio, cioè rendere difficile l'attività violenta sul territorio.
  Da questo punto di vista le misure che abbiamo messo in campo sono particolarmente importanti e straordinarie, con applicazione di personale particolarmente significativo, mediamente 40 equipaggi in più al giorno che si aggiungono all'attività già molto significativa che le forze di polizia svolgono nella realtà del comune e della provincia di Napoli, del comune e della provincia di Caserta.
  Infine, due ultime considerazioni che riguardano la criminalità pugliese, dove abbiamo un intreccio tra segmenti che appartengono storicamente alla sacra corona unita e altri elementi di nuovo insediamento di criminalità organizzata. Gli epicentri sono, come voi sapete perfettamente, Lecce, Brindisi, Bari e Foggia.
  In questi mesi abbiamo avuto un particolare ingrandimento per quanto riguarda il comune di San Severo, sul quale abbiamo fatto importanti investimenti in campo di sicurezza e intendiamo farne ancora, con la valutazione che lì si possa arrivare alla costituzione di un Reparto prevenzione crimine ad hoc per quanto riguarda la provincia di Foggia con sede a San Severo, per testimoniare il massimo impegno delle istituzioni statuali.
  È stata avanzata in altre circostanze l'ipotesi di avere un centro DIA costituito in provincia di Foggia, la mia valutazione che come tutte le valutazioni è sempre discutibile è che in questo momento l'elemento più importante, tenendo conto di un'attività di investigazione già particolarmente forte nelle quattro province citate, è quello del controllo del territorio, quindi investire di più sul Reparto prevenzione crimine.
  Questa è una valutazione che hanno fatto il Ministero e il Ministro dell'interno, su cui attualmente ci può essere una discussione, che è stata mia premura condividere anche con i rappresentanti del territorio, perché mi sembrava giusto avere un rapporto con coloro che sono impegnati a Pag. 15rappresentare i poteri locali di quella realtà.
  Per quanto riguarda la criminalità organizzata pugliese, sono emersi ed emergono rapporti con la mafia albanese. Come sapete, abbiamo criminalità organizzata straniera di varie nazionalità, (cinese, nigeriana, rumena), e oggi per me è importante trasmettervi un ingrandimento sulla componente albanese, che costituisce soprattutto in Puglia, ma in rapporto con l'altra parte dell'Adriatico, un elemento di particolare attenzione, perché in questo momento l'Albania è un produttore di primissimo livello per quanto riguarda il traffico di stupefacenti, in particolare cannabis.
  Mi sono incontrato nelle settimane scorse con il Ministro dell'interno albanese e abbiamo rinnovato e rafforzato una cooperazione nel campo del traffico internazionale di stupefacenti, che costituisce una priorità per noi, ma posso garantirvi che costituisce un'assoluta priorità per il Governo albanese, che si trova a misurarsi con una realtà particolarmente impegnativa. Emerge come la criminalità organizzata albanese assuma sempre di più movenze e posture tipiche di organizzazioni mafiose, quindi abbiamo un ulteriore salto di qualità.
  Se mi consentite, passerei adesso all'attività di contrasto, che è fondata su princìpi e attività che io considero particolarmente importanti. La prima è la cattura dei latitanti, perché il primo presupposto del contrasto alle mafie è la cattura dei latitanti, in primo luogo per la loro pericolosità effettiva, in secondo luogo perché il tema cruciale è che il latitante libero sul territorio rappresenta un elemento di prestigio per le organizzazioni mafiose.
  Da questo punto di vista ho già dato il quadro mafia per mafia, tuttavia consentitemi di fare un piccolo richiamo per quanto riguarda le operazioni sui latitanti fatte nei primi cinque mesi del 2017. Si tratta di 22 latitanti catturati, 1 di massima pericolosità, 2 pericolosi, 19 di rilievo.
  Il secondo aspetto, anche questo altrettanto cruciale come i grandi latitanti, è il contrasto ai patrimoni. In questa sede non c'è bisogno di spendere molte parole sulla rilevanza del contrasto ai patrimoni, mi interessa soltanto richiamare due dati. Il primo è un dato consolidato, che è l'unico che posso darvi e riguarda il 2016, un dato molto importante, perché abbiamo 5,1 miliardi di valore sequestrato e 2,5 miliardi di valore confiscato. Se quindi ci fosse bisogno di capire qual è l'attività di contrasto, questi sono numeri assolutamente rilevanti e, tuttavia, questo dato mi porta a ritornare su una questione di estrema attualità.
  Mentre noi stiamo parlando, in queste ore o in questi giorni dovrebbe andare in Aula al Senato della Repubblica il testo del nuovo Codice antimafia, in cui ci sono le misure relative alla nuova Agenzia dei beni confiscati. Io considero quelle misure particolarmente rilevanti e penso che l'obiettivo che dobbiamo darci è arrivare in questa legislatura all'approvazione del Codice antimafia e quindi anche delle norme relative all'Agenzia dei beni confiscati.
  Posso anche dire con soddisfazione che su questi temi si è costruita un'importante e, a mio avviso, esemplare cooperazione interistituzionale tra il Parlamento, la Commissione antimafia, che ha costituito il driver di tutte le operazioni, il Ministero dell'interno, il Ministero della giustizia e tutti i Ministeri competenti, il Governo, e questo ci consente di guardare con fiducia al lavoro conclusivo in Parlamento.
  Qual è il punto cruciale? Il punto cruciale è consentire all'Agenzia di fare un ulteriore salto di qualità. Di fronte a questo quadro così imponente dell'operazione di sequestro e confisca è del tutto evidente che noi abbiamo la sfida di rendere le capacità dell'Agenzia sempre più in grado di non disperdere questo straordinario patrimonio, che è frutto di un'attività investigativa particolarmente sofisticata e capace di entrare nel dettaglio, di cui l'Italia in questo momento ha una sorta di leadership europea, perché non c'è un Paese che, come il nostro, sia in grado di fare attività patrimoniali così aderenti al particolare nelle operazioni di sequestro e confisca.
  In questo ambito maggiore capacità operativa e soprattutto la possibilità (questa è una questione che riguarda il mio Ministero) di pensare ad un'attività di coordinamento Pag. 16 della commissione che, come sapete, storicamente è sempre stata espressa da un prefetto, proprio perché abbiamo di fronte tematiche particolarmente complesse e nuove. Si tratta ad esempio di agire sul terreno del sequestro e della confisca di aziende, quindi c'è bisogno di avere anche competenze diverse da quelle di un prefetto della Repubblica, da cui la possibilità prevista per legge di avere anche a livello del commissario che gestisce l'Agenzia una personalità che possa essere un prefetto o una figura con altre caratteristiche professionali.
  Ve l'ho voluto dire io, perché il Ministro dell'interno è sempre portato, come è giusto, a valorizzare le funzioni del proprio Ministero, tuttavia considererei questo, qualora fosse fatto dal Parlamento, un gesto giusto, che ci immette sul terreno della modernità e dell'innovazione.
  Ultime due questioni sulla centralità dei testimoni di giustizia. Noi abbiamo presentato nei giorni scorsi una relazione al Parlamento (non ve la faccio lunga, basta soltanto riguardarla) di cui richiamo soltanto le cifre: 78 testimoni di giustizia, 1.277 collaboratori, 5.170 congiunti in programmi di protezione, di cui 2.122 minori, quindi si tratta di un'operazione di protezione imponente.
  Posso anche dirvi che forse possiamo cominciare a considerarla più storicamente, cioè possiamo considerare quella sui collaboratori e sui testimoni di giustizia un'operazione di successo non soltanto per il contributo investigativo dato, ma anche perché in oltre 26 anni di attività è stata garantita la protezione con successo a tutti i collaboratori e ai testimoni di giustizia. Lo dico a bassa voce per ragioni scaramantiche, ma è la verità, ed è giusto dopo 26 anni fare un bilancio.
  In questo ambito, nella relazione al Parlamento (sarebbe importante se la Commissione volesse valutare di riflettere su queste cose) avanziamo l'ipotesi di una Carta dei diritti e dei doveri dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, ipotesi che va verso nuove norme in questo momento all'attenzione del Parlamento, che non so se il Parlamento riuscirà a far diventare legge, l'auspicio del Ministro dell'interno è che possano diventare legge, e tuttavia nella fase di una nuova normativa consideriamo importante l'ipotesi di costruire una Carta dei diritti e dei doveri dei collaboratori e dei testimoni di giustizia. Se su questo potesse esserci una cooperazione positiva come su altri campi con la Commissione antimafia, lo considererei particolarmente importante.
  L'ultimo ingrandimento riguarda lo scioglimento dei consigli comunali. I numeri sono abbastanza chiari, poi dirò qualcosa sulla strategia. Nella legislatura abbiamo 64 accessi fatti, 62 comuni e due aziende che operano nel campo della sanità, una ad Enna e una a Caserta, l'attuale Governo ne ha fatti 16.
  Gli scioglimenti sono stati 46 in tutta la legislatura (14 dell'attuale Governo), 44 comuni più Ostia e l'azienda sanitaria di Caserta. Il quadro è così distribuito: per quanto riguarda gli ultimi 14 (quelli di questo Governo), 5 in Calabria, 2 in Sicilia, 5 in Campania, 1 in Puglia e 1 in Liguria. Per quanto riguarda quelli precedenti, sono 24 in Calabria, 10 in Sicilia, 12 in Campania, 7 in Puglia, 5 nel Lazio, 2 in Emilia-Romagna e 2 in Liguria, a testimoniare come siamo di fronte a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento che riguardano l'intero territorio nazionale.
  I commissariamenti in corso in questo momento sono 24: 9 in Calabria, 5 in Sicilia, 6 in Campania, 1 in Puglia, Emilia, Liguria e Lazio. Ci sono 3 valutazioni che stanno andando a compimento, che riguardano Brancaleone, Cropani e Valenzano, 9 accessi in corso e 3 casi di annullamento (Cirò, Joppolo e Tropea).
  Considero lo scioglimento dei consigli comunali uno strumento fondamentale per spezzare le capacità di condizionamento delle mafie sul territorio e, tuttavia, lo considero un’extrema ratio da gestire con grande attenzione. Ritengo che si possa pensare a ulteriori misure dal punto di vista legislativo, che consentano di segnalare questo duplice punto fondamentale: da un lato il valore dell'azione, dall'altro considerarlo un’extrema ratio.Pag. 17
  La mia idea è intervenire su due questioni, stimolare e rafforzare una sorta di accesso positivo, laddove le istituzioni affiancano i comuni in caso di rischio di infiltrazione, rappresentando una scelta di legalità per coloro che vogliano sottrarsi al condizionamento di carattere mafioso, accesso positivo, cioè essere presenti, ma affrontare in positivo le questioni, e rafforzare il potere delle commissioni che gestiscono i comuni una volta sciolti. Dobbiamo pensare che l'intervento dello Stato deve essere più risolutivo di quanto è stato finora, dobbiamo essere più esigenti nel momento in cui per 18 o 24 mesi assumiamo, come istituzioni statali, la gestione di un comune.
  Due ultime questioni flash (mi scuso ma è la prima volta e devo darvi un quadro più complessivo, le prossime volte sarò più sintetico e mi limiterò ad alcune questioni). Nei prossimi anni avremo imponenti investimenti pubblici, che avranno due riferimenti importanti, la ricostruzione delle aree terremotate e il Mezzogiorno.
  Per quanto mi riguarda, considero assoluto l'impegno che questi soldi servano effettivamente alla collettività. Abbiamo proceduto costituendo presso il Ministero dell'interno un'unità di missione speciale per la gestione dei fondi per i comuni terremotati, coordinata dal prefetto Tronca, che si rapporta direttamente con l'ANAC e con il commissario di Governo e che lavora alla gestione e alla selezione della white list delle ditte che lavoreranno per la ricostruzione.
  Il secondo aspetto riguarda l'intervento per il sud, laddove dobbiamo favorire la cooperazione più forte possibile tra le forze di polizia, le prefetture, i comuni, gli enti appaltanti e la stessa magistratura. In qualche realtà abbiamo fatto dei protocolli di cooperazione per prevenire le infiltrazioni, e considero l'elemento della prevenzione particolarmente importante, perché su questo si gioca una partita cruciale di credibilità per le istituzioni democratiche del nostro Paese.
  Non può passare nemmeno per un secondo l'idea che interventi per il Mezzogiorno del nostro Paese debbano necessariamente essere preda della criminalità organizzata. Questa è una sfida che riguarda la democrazia nel nostro Paese e impegna direttamente in questo quadro il ritorno verso le popolazioni, perché abbiamo il dovere morale verso le popolazioni del Mezzogiorno che gli investimenti servano a migliorare le loro condizioni di vita, di lavoro, di esistenza, e non a rafforzare la criminalità organizzata.
  In questo ambito ci sono due punti di particolare attenzione, l'attività di controllo sulle imprese, in quanto nel 2016 sono state emanate 610 interdittive, 290 nel 2017, il che testimonia un'attività particolarmente significativa da parte delle prefetture, sapendo che le mafie puntano sempre di più al condizionamento diretto, non soltanto attraverso la loro capacità di intimidazione, ma anche attraverso l'avvio di un circuito corruttivo.
  È evidente che la corruzione non è l'associazione a delinquere di stampo mafioso, tuttavia posso dirvi che un soggetto corrotto è molto più facilmente condizionabile da parte della criminalità organizzata. L'ultimissima considerazione: come voi avete capito, per quanto mi riguarda, io considero questo un elemento molto importante nell'attività del Governo e del Ministero dell'interno e una priorità assoluta, in quanto l'obiettivo che penso si debba dare il Paese non deve essere quello del contenimento delle mafie, ma quello della sconfitta delle mafie.
  Lo dico perché nei giorni scorsi abbiamo ricordato il venticinquesimo anniversario della morte di Giovanni Falcone, che per primo mise in campo questo impegno. Se posso permettermi, non vorrei apparire troppo ottimista, ma sono convinto che in questi 25 anni abbiamo fatto un passo avanti, cioè che quando Giovanni Falcone richiamava il tema della sconfitta delle mafie in quel momento evocava un principio irrinunciabile. Oggi dopo 25 anni quello è rimasto non solo un principio irrinunciabile, ma un obiettivo, un obiettivo difficile, molto impegnativo, ma un obiettivo, e l'impegno per quanto mi riguarda sarà quello di perseguirlo con grande Pag. 18determinazione e, se possibile, anche con grande efficacia.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro, il tempo necessario per la sua esposizione è stato molto bene utilizzato, anche se la Camera ha orari stringenti e credo anche il Senato. Mi permetterei di fare una proposta sull'ordine dei lavori: farei formulare tutte le domande, in maniera tale che il Ministro poi possa regalarci un'altra mezz'ora per le risposte. D'altra parte questa scelta di orario era stata concordata, quindi non potevamo fare altrimenti.
  Ho iscritti Mirabelli, Fava, Mattiello, Di Lello, Attaguile, Vecchio, Bruno Bossio, Prestigiacomo, Giarrusso, Marinello, Molinari, Taglialatela, quindi vi pregherei di formulare le domande e di non fare dei discorsi.
  Devo consegnare al Ministro, nel registrare la grande sintonia tra quello che ci ha detto e il lavoro svolto dalla Commissione in questi anni, alcune preoccupazioni. Abbiamo capito che non è meno interessato di noi all'approvazione della riforma dei beni confiscati, alla quale questa Commissione ha dato impulso con il progetto di legge. Lo stesso vale per i testimoni di giustizia, perché la nuova normativa è stata già approvata dalla Camera ed è al Senato.
  Nel registrare il grande impegno del Ministero dell'interno in questa materia, noi abbiamo formulato una riforma che ci piacerebbe vedesse la luce. Registro anche una grande sintonia sul tema degli enti locali, laddove abbiamo già avanzato la proposta dell'accesso positivo che abbiamo chiamato «terza via», ma ci convince di più la sua formulazione, che potrebbe essere anche allargata attraverso incontri (non è detto che quello che fallisce in politica non vada bene in amministrazione).
  Lo stesso vale per quanto riguarda il tema delle interdittive, per aver avanzato la proposta del controllo giudiziario nella legge di riforma dei beni confiscati. Su questo punto, Ministro, per noi sarebbe importante un confronto con la giustizia amministrativa, perché il tema degli annullamenti, degli scioglimenti e delle interdittive crea un'incertezza del diritto che non ci possiamo permettere. Avevamo già affrontato questo argomento con i suoi predecessori, ma credo che ci si debba ritornare.
  Faccio un'ultima sottolineatura. Nelle nostre missioni in giro per l'Italia noi abbiamo registrato due criticità (metto in evidenza queste, ma ne abbiamo registrate altre), una riguarda Foggia, e ci fa piacere che sia già stato previsto un intervento. Il problema che ci è stato sottolineato non è tanto quello della quantità, ma della necessità di iniezioni di un personale che abbia la capacità di leggere un fenomeno di criminalità che negli anni precedenti, quando sono state fatte le piante organiche, non c'era.
  Mi permetto di segnalare anche Rimini, perché è troppo lontana da Bologna per quanto riguarda sia la DDA che la DIA, ma anche la specializzazione delle forze di polizia, perché ci siamo stati di recente ed è una situazione abbastanza delicata. Le consegno questo tipo di preoccupazioni.
  Per quanto riguarda poi il ritorno, a parte le risposte alle domande, penso che abbiamo sentito il Ministro dell'interno una volta all'anno, quindi nel 2018 c'è sicuramente lo spazio per fare un'altra audizione, ma questo era un altro messaggio. Prego, Mirabelli.

  FRANCO MIRABELLI. Grazie, presidente. Condivido molto il richiamo del Ministro a operare in fretta per arrivare all'approvazione della riforma del Codice antimafia, in particolare sulla vicenda dei beni confiscati. Mi pare che al Senato siamo in dirittura d'arrivo e, avendo lavorato con i colleghi della Camera, credo che ci siano tutte le possibilità per arrivare in tempi brevi (la settimana prossima si va al Senato) all'approvazione definitiva di un testo importante.
  Lei, Ministro, ha citato il numero degli arresti, però, a fronte di una discussione seria e importante su quella scena delle persone che omaggiano il boss a San Luca nel momento in cui viene arrestato, non vorrei che passasse sotto silenzio il fatto che in poche settimane le forze dell'ordine e la magistratura sono intervenute nei santuari della ’ndrangheta, arrestando Barbaro a Platì, arrestando Giorgi a San Luca, e penso che vada valorizzato anche questo Pag. 19segnale come il segnale dell'arresto di Macrì in Brasile. Il fatto di essere andati ad arrestare i boss nei santuari che si ritenevano intoccabili penso che sia un segnale che l'antimafia, così come spesso sottolineiamo le cose che non vanno, debba valorizzare di più anche rispetto all'opinione pubblica.
  Ho quattro questioni veloci, due delle quali riguardano la Campania, che pongo anche a nome della collega Capacchione. Ci sono stati questi omicidi ad Afragola mentre si sta realizzando l'Alta velocità, quindi vorremmo capire che intreccio ci sia tra il ruolo che la camorra sta svolgendo lì e una grande opera come l'Alta velocità.
  Seconda questione, Sant'Antimo: trovo inquietante che ci siano stati 140 arresti due o tre settimane fa e si siano verificati i noti fatti durante le elezioni, l'arresto, è importante che il Ministero dell'interno sia stato molto attento, così come era stato richiesto, allo svolgimento delle procedure elettorali in un comune dove spesso questo non era stato lineare, però credo che trovare i certificati elettorali con i santini a casa di uno sia una questione rilevante, per cui vorrei chiederle un approfondimento su questo.
  Sono d'accordo che la vicenda di Isola Capo Rizzuto e altre vicende precedenti dicono che bisogna andare verso centri più piccoli, dove sia più difficile trovare l'interesse della criminalità organizzata, ma c'è un tema che forse va approfondito meglio. Lei ha accennato all'ispezione alla prefettura di Crotone, però penso che ci sia un tema in generale di responsabilità, di chiarezza su chi ha la responsabilità del controllo, al di là delle cose che ci ha raccontato e che spero siano emergenziali, ci dovrebbe essere una procedura ordinaria di chi controlla e di quale responsabilità ha chi controlla.
  In questi anni abbiamo spesso verificato una grande attenzione soprattutto della ’ndrangheta nel tentativo di insediarsi (non infiltrarsi) nell'economia legale. Su questo mi piacerebbe capire se ci sia l'intenzione o sia già in itinere un ragionamento per attrezzare meglio le forze dell'ordine insieme alla magistratura, per prevenire l'insediamento della criminalità organizzata soprattutto al nord nell'economia legale, perché questo è un altro grande problema di democrazia e, visto che questo è il filo conduttore del suo ragionamento, tenevo a concludere su questo.

  CLAUDIO FAVA. Grazie, presidente. Pongo due domande, che partono dalla condivisione sostanziale dei suoi punti di vista e anche del lavoro che si accinge a fare.
  Per quanto riguarda l'Agenzia per i beni confiscati, cavallo di battaglia politico e a volte anche polemico di questa Commissione, c'è un punto che non riguarda la modifica del Codice antimafia, un'anagrafe telematica dei beni confiscati, che è una cosa abbastanza elementare, che richiede un costo economico e un minimo di capacità organizzativa, ed è imbarazzante quando ci capita di spiegare che né un sindaco, né un prefetto, né un'autorità giudiziaria è in grado di sapere quali siano, dove siano, in che condizioni siano tutti i beni sequestrati e confiscati. Questo passa non attraverso il Parlamento, ma attraverso una capacità di iniziativa operativa dell'Agenzia.
  Secondo punto. Noi siamo molto attenti al linguaggio dei simboli e credo sia stata importante una scelta dovuta e rigorosa che questa Commissione ha sostenuto con il lavoro fatto in questi mesi, quella di sciogliere il comune di Castelvetrano a pochi giorni dal voto. La mia preoccupazione è che non ci sia sempre una valutazione uniforme da parte dei prefetti, perché le condizioni che hanno portato la Commissione d'accesso a giungere a queste conclusioni sono identiche a quelle che avrebbero potuto rilevare sei mesi fa, un anno fa, un anno e mezzo fa o due anni fa, quando in Commissione antimafia abbiamo cominciato a sollecitare un'attenzione particolare su quanto stava avvenendo a Castelvetrano, prefetti diversi, ministri diversi e la sensazione che non sempre ci sia però una cifra condivisa (ce ne siamo accorti adesso anche nel basso Lazio rispetto a valutazioni fatte da altre prefetture e da altre procure).
  Crediamo che sia importante per dare un segnale della qualità dell'attenzione e anche dell'uso delle commissioni d'accesso Pag. 20come strumento di verifica e persino autotutela, per scoprire magari che non c'è bisogno di sciogliere, mentre molti prefetti pretendono la pistola fumante per fare un intervento che poi servirà soltanto ad accertare una realtà già acquisita, quindi su questo vorrei sapere se lei non ritenga necessario condividere con i prefetti e con tutti i rami dell'istituzione che lei presiede una lettura condivisa e più uniforme di quella avuta sinora. Grazie.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie, presidente. Ministro, anch'io ho un paio di domande, una su un tema che lei non ha trattato, cioè sulla questione del coinvolgimento delle ONG nel Canale di Sicilia con riferimento ai traffici di immigrati clandestini. Sappiamo che la Marina libica ha intercettato alcune conversazioni tra ONG e organizzazioni criminali, sul tema è intervenuto il procuratore Zuccaro, quindi vorrei conoscere la sua opinione e conoscere meglio la situazione dei centri di accoglienza in Sicilia, anche con riferimento al CARA di Mineo, il cui numero di immigrati resta altissimo.
  Lei opera da poco, giustamente ha fornito alla Commissione un quadro d'insieme della situazione e non mette in campo progetti a lunga scadenza, però desideravo conoscere la sua concreta opinione su tutto il meccanismo della confisca dei beni ai mafiosi. Sappiamo che l'Agenzia è stata avviata dai precedenti Governi, poi non è stata dotata di personale, è intervenuta una riforma fortemente voluta da questa Commissione, anche se il nostro gruppo di Forza Italia non partecipava alla Commissione antimafia durante il periodo dell'indagine che è stata fatta.

  PRESIDENTE. Però in Aula la relazione l'avete approvata.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Sì, l'abbiamo approvata, però personalmente nutro qualche riserva, anche perché il caso Saguto scoppia alla fine di un impegno notevole di questa Commissione su quel fronte. Vorrei quindi conoscere la sua opinione, ossia se secondo lei il metodo individuato sia veramente efficace, dal momento che oggi assistiamo a uno spolpamento delle attività imprenditoriali sequestrate ai mafiosi e poi alla loro morte assoluta, dopo che una pletora di consulenti e di esperti ha drenato quel poco che è rimasto da drenare, con conseguenze drammatiche per i lavoratori.

  PRESIDENTE. Un'accelerazione dell'audizione del Ministro Minniti la dobbiamo indubbiamente al caso Isola Capo Rizzuto e l'attenzione di questa Commissione al caso di Isola Capo Rizzuto è dovuta anche all'impegno della collega Bruno Bossio.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Grazie, presidente, ringrazio il Ministro ed esprimo un plauso non rituale a quanto fatto in questi mesi soprattutto rispetto alla guerra alla mafia, con la cattura dei latitanti, con le azioni delle forze dell'ordine e anche con le coraggiose azioni giudiziarie come quella sul CARA di Crotone, anche perché, condividendo l'idea che la ’ndrangheta abbia come suo punto di forza la capacità di mettere insieme arcaicità e modernità, soprattutto il ruolo che l'elemento arcaico ha sul territorio calabrese, sul territorio in cui vivo e lavoro, secondo me è fondamentale e il CARA di Crotone è l'emblema di questo modello.
  Ho vissuto questa cosa, perché era difficilissimo denunciare quello che stava accadendo, perché centinaia di persone lavoravano al CARA, quindi denunciare diventava quasi mettersi contro un territorio, con l'utile puro che si aveva su questo business, e qui dobbiamo valutare quali sono stati gli elementi di debolezza dello Stato, che non sono semplicemente di controllo, ma anche di controllo a monte, perché se manca un sistema informativo che indichi i numeri precisi di entrata e di uscita degli immigrati dentro un centro così grande (ma anche nei piccoli non è molto diverso), il modello è potenzialmente criminogeno, a prescindere dalla volontà di chi gestisce (non è questo il caso naturalmente).
  Per quanto riguarda il controllo a valle, l'ispezione è corretta e vedremo cosa emergerà, Pag. 21 però penso che ci sia un problema legato al modello CAS nelle prefetture. È vero che i CARA hanno una specificità sui volumi, ma il CAS con l'elemento emergenziale genera grumi di interessi, che vanno controllati prima che accada. Giusta la modifica dei contratti, però sarebbe interessante fare un accordo come quello della prefettura di Milano, grazie al quale i comuni possano svolgere un ruolo di controllo anche nel momento della prima accoglienza, perché sappiamo il ruolo che svolgono i comuni sulla seconda accoglienza e sugli SPRAR, ma gli SPRAR non risolvono il problema della prima accoglienza, in cui avvengono tutti i possibili illeciti. Chiedo quindi al Ministro cosa pensi di un modello proposto a livello nazionale, come quello adottato dalla prefettura di Milano.
  Condivido l'impostazione di provare a bloccare gli arrivi, ma purtroppo questi arrivi non vengono bloccati e, soprattutto, c'è un tema che riguarda la questione dello status di rifugiato (sono contenta che finalmente si parli di rivedere l'accordo di Dublino), laddove molti rifugiati arrivano da Paesi i cui accordi con l'Italia o con l'Europa non prevedono il riconoscimento dello status di rifugiato, però arrivano avendo subìto molte violenze sia nel Paese d'origine (penso soprattutto alla Nigeria) sia durante la permanenza in Libia, perché tutte le ragazze nigeriane arrivano in Italia violentate nell'attraversamento del deserto o nei campi della Libia. Credo che vada fatta una riflessione, ovviamente aspettando la cosa specifica che riguarda il CARA di Crotone.
  Seconda questione, scioglimento dei consigli comunali. Bisogna sicuramente stimolare l'accesso positivo, ma credo che la cosa più importante sia rafforzare il potere delle commissioni. Ricordo che la prima attività di questa Commissione fu legata al commissariamento del comune di Reggio Calabria, dove non riuscivamo, come la presidente ricorderà, a far scegliere al commissario, quello che poi invece è avvenuto nel momento in cui c'è stato il nuovo consiglio comunale, oppure il lavoro straordinario che hanno fatto i commissari di San Luca, che però alla fine viene invalidato dal fatto che a San Luca non si riescono a presentare le liste.
  Si tratta quindi di un rafforzamento del lavoro delle commissioni che sia in grado di portare a una soluzione nel momento in cui c'è questo commissariamento e non un momento di transizione, in cui spesso succedono anche cose tipo quelle che sono successe a Nardodipace, dove il sindaco del comune sciolto per mafia si ripresenta, viene risciolto, ma continua a controllare il comune, per cui credo che ci sia bisogno di un'attenzione maggiore, al di là delle modifiche legislative che dovremo sicuramente fare. Grazie.

  PRESIDENTE. Colleghi, alla Camera è stata messa la fiducia, quindi abbiamo un po’ di tempo. Chiedo ai senatori se abbiano esigenze di Aula, perché in questo caso darei prima la parola ai senatori. Se avete un'ora anche voi, andiamo con ordine.

  MARCO DI LELLO. Grazie, presidente. Non so se il Ministro sappia che questa Commissione da sei mesi sta portando avanti un'indagine sui rapporti tra infiltrazioni mafiose, tifoseria e società professionistiche di calcio, in cui sono emerse risultanze preoccupanti della capacità di infiltrazione.
  Alcune domande sul punto, per capire se lei sarebbe favorevole a porre il divieto delle scommesse, visti i numeri importanti che prima ha citato (3 miliardi solo nel settore del calcio), se lei sia d'accordo a limitare le scommesse alle serie A e B, perché è emersa dalla nostra indagine una maggiore facilità di condizionamento nelle serie minori.
  Daspo e tessera del tifoso. Credo che il Daspo abbia svolto una funzione importante, molto meno la tessera del tifoso, e sta capitando spesso, signor Ministro, che in presenza di divieto di assistere alle manifestazioni per le tifoserie ospiti, si mettano negli stessi settori tifosi ospitanti e tifosi ospiti, per quanto dotati di tessera del tifoso. La pedissequa applicazione della normativa porta a far condividere lo stesso spicchio di stadio, per cui quelli che hanno Pag. 22la tessera del tifoso e possono accedere vanno nello stesso settore dei tifosi ospitanti, raggiungendo l'obiettivo opposto rispetto a quello in essere, quindi vorrei sapere se vi sia una riflessione in corso e se lei valuti la possibilità di rendere normativamente obbligatorio il Daspo in presenza di condanne importanti.
  Sapere che, come ci ha detto il capo della Polizia, oltre un quarto degli abbonati della curva della Roma sono pregiudicati. Sapere, come ci ha detto il sostituto procuratore di Napoli, che i camorristi frequentano abitualmente le curve dello stadio San Paolo, pure in presenza di condanne, perché ovviamente non c'è una normativa che glielo impedisca. Quindi è possibile prevedere una sorta di automatismo del Daspo in presenza di condanne importanti? È favorevole o meno al modello inglese sull'arresto allo stadio, alla presenza di camere di sicurezza all'interno degli stadi, condivide l'ipotesi di sanzione penale del bagarinaggio, che nell'indagine «alto Piemonte» si è rivelato uno dei principali strumenti di penetrazione della criminalità nel mondo del calcio?
  Per quanto riguarda questo settore, da più di una società calcistica è emerso malumore per i rapporti con la Digos, che spesso è a conoscenza della presenza di infiltrazioni all'interno dei settori della tifoseria, perché le società non vengono avvisate, quindi è possibile immaginare un maggiore e più proficuo scambio di informazioni tra le forze di polizia e le società calcistiche, anche per togliere alibi alle società che sostengono di non sapere?
  Ho due domande puntuali. Sulle rapine in casa, se abbia dei dati di diminuzione o crescita e infine, anche se esula da questa traccia, se valuti l'ammissibilità del simbolo fascista al comune di Sermide e Felonica, che francamente mi ha colpito.

  ANGELO ATTAGUILE. La ringrazio, Ministro, per quanto da lei detto su tante vicende, in particolare su Isola Capo Rizzuto, però vorrei anche attenzionare il CARA di Mineo, che è il centro d'accoglienza maggiore d'Europa, in particolare, vista la relazione del procuratore di Caltagirone, che ha tutte le forze dell'ordine per tutelare la gestione all'interno del CARA di Mineo, però è molto preoccupato perché non riesce a controllare il territorio, quindi cosa fa il Ministero per il fabbisogno di uomini?
  Come diceva la collega poc'anzi, il procuratore Zuccaro ha chiesto mezzi di indagine particolari per le ONG in quanto, come abbiamo visto negli ultimi giorni, anche la Marina libica dà un indirizzo in merito a ONG e trafficanti, tanto che ha dovuto respingere i barconi.
  Noi abbiamo visto che l'attentato di Berlino è stato riportato in Sicilia, dove si è verificata una situazione incresciosa, perché i terroristi arrivano anche sui barconi e si integrano nei centri di accoglienza. È stata fatta anche un'ispezione alla prefettura di Catania, dove purtroppo è in corso un'indagine sul malaffare, che vede sotto processo il braccio destro dell'ex Ministro dell'interno Alfano, Castiglione?

  GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Grazie, presidente, la ringrazio anche per il benvenuto. Signor Ministro, condivido la sua relazione che ho avuto modo di apprezzare non solo per l'assoluta speditezza, ma anche per i contenuti. Avrei da farle alcune domande e porre alcune questioni, seppure in maniera sintetica.
  Sul tema della cattura dei latitanti va dato atto del grande sforzo, del grande lavorio e dei grandi successi delle forze dell'ordine, in particolare della Polizia di Stato, ma non le pare che su alcuni grandi latitanti, al di là del grande lavoro fatto e che continuano a fare le forze dell'ordine, vada evitato questo fenomeno di mitizzazione, che talvolta può indurre a fenomeni emulativi o addirittura sostitutivi?
  È noto ad esempio che alcuni latitanti continuano a esplicitare la loro attività criminale ma in nome e per conto, e talvolta non sappiamo se con autorizzazione o consapevolezza oppure no, è notorio che di alcuni grandi latitanti i cosiddetti biglietti o «pizzini» come si dice nel dialetto siciliano non sono manualmente scritti, quindi c'è da valutare se siano dei documenti autentici o abbiano altro significato.
  Le pongo questo tema perché sono convinto che la lotta debba continuare, così come è stato fatto, in maniera forte e Pag. 23decisa, ma vorrei conoscere la sua valutazione su questo tema, perché una mitizzazione di queste figure non è utile, né positiva.
  L'altra domanda riguarda l'utilizzo dei patrimoni confiscati e sequestrati. Vorrei conoscere la sua opinione sull'utilizzo di questi beni, sull'utilizzo dei fondi destinati al Fondo unico giustizia, argomento a cui sono particolarmente attaccato anche per la storia della passata legislatura, e in particolare, trattandosi di aziende importanti e di cifre che possono rappresentare dei decimali anche di PIL, vorrei conoscere la sua opinione su un utilizzo che sia non solo socialmente, ma anche economicamente utile, perché, al di là degli scandali ai quali spesso abbiamo assistito, è di tutta evidenza che questo Paese, specie in un momento di difficoltà economica, non può permettersi una sorta di nuova mano morta, che produce inefficienze, diseconomie e momenti di diseducazione nei confronti della lotta alla mafia.
  La penultima domanda riguarda un argomento assolutamente delicato, da lei trattato nell'introdurre la questione relativa allo scioglimento dei comuni e degli enti locali e il cosiddetto «condizionamento», termine spesso aleatorio, tanto che spesso di fronte a fatti simili possono esserci da parte degli stessi uffici valutazioni diverse, e questo dà ragione a sentenze di annullamento.
  Noi viviamo in uno stato di diritto e, se c'è un annullamento da parte della magistratura amministrativa, da cittadino devo ritenere che esistessero gli estremi per l'annullamento, quindi su questo tema il Ministero e la politica devono interrogarsi, anche perché valuto con estremo interesse il concetto di misure alternative che lei ha espresso, come il cosiddetto «accesso positivo» e a proposito di questo le chiedo se allo stato dell'arte, a legislazione oggi operante, ci siano degli strumenti che possano in determinate condizioni intervenire al posto dello scioglimento con un affiancamento di amministrazioni.
  Mi riferisco a situazioni particolari in cui i consigli comunali siano sostituiti da commissari, come ad esempio in un comune recentemente sciolto per mafia in cui una figura importante gestiva il ruolo commissariale, l'ex procuratore capo della Repubblica di Palermo Messineo, e questo crea un momento di confusione nei cittadini che si fanno domande e spesso finiscono per non capire.
  Sul tema dei rapporti migranti/ONG le volevo chiedere se possa darci qualche ulteriore ragguaglio, al di là delle ultime dichiarazioni della Marina militare libica, anche tenendo conto dell'ottimo lavoro fatto e ancora in essere da parte della Guardia costiera, perché mi risulta che ci siano importanti rapporti in questa direzione da diversi mesi, oggetto di documenti di sindacato ispettivo rivolti anche a lei, che risalgono ai primi mesi dell'anno. Grazie.

  PRESIDENTE. Dico al senatore Marinello che questa Commissione è stata unanime nel chiedere al Ministro lo scioglimento di Castelvetrano. Siccome è entrato ora, ci tenevo a...

  GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Io sono molto interessato a capire queste misure alternative e se esistessero precedentemente.

  ANDREA VECCHIO. Grazie, signora presidente, e grazie, signor Ministro, cercherò di essere telegrafico. Lei ha accennato a omicidi attribuibili alla criminalità organizzata e non, vorrei sapere gli altri a chi siano attribuibili, se alla società civile, uxoricidi o frutto di rapina.
  Seconda domanda, Messina Denaro. Aleggia nell'opinione pubblica l'idea che Messina Denaro sia scomparso, non ci sia più, e che si vada ricercando il mito di Messina Denaro per mantenere in piedi certi apparati investigativi su un personaggio così sfuggente e sfuggevole che fa comodo a chi lo gestisce.
  Lei ha parlato di confisca e sequestro dei beni confiscati alla mafia, ma perché trascorre così tanto tempo tra il momento del sequestro e il momento della confisca? Non si può rendere questa procedura la più rapida possibile? Anche perché ritengo che i beni confiscati vadano tolti dal circuito Pag. 24economico normale del Paese, perché sono sempre ambìti dalle mafie e le mafie continuano a mantenere le mani dentro, quindi secondo il mio giudizio, forse troppo estremo, andrebbero sequestrati e demoliti, e al posto di quel bene piantata una foresta di alberi.
  Lei ha usato il termine «patrimonio da non disperdere», ma quello è un patrimonio che deve essere disperso immediatamente secondo il mio giudizio, perché è sempre lievito di malaffare e di delinquenza, e l'ideale di conservare posti di lavoro è sbagliato, perché quelli non sono posti di lavoro, quelli sono posti di mafia, perché all'interno di aziende gestite dalla mafia non possono che lavorare mafiosi, quindi secondo me vanno immediatamente chiusi.
  Scioglimento dei consigli comunali: giusto, però bisogna sciogliere la burocrazia, perché la burocrazia dei comuni piccoli, medio o grandi è il veicolo che il malaffare utilizza per infiltrarsi nelle amministrazioni comunali, perché l'amministratore comunale quasi sempre non è esperto di questi meccanismi, mentre il burocrate gli rende la strada agevole, quindi prima di affrontare lo scioglimento del consiglio comunale occorre eliminare la burocrazia da quelle amministrazioni.
  Lei ha accennato infine a un'attenta attività di analisi sulle imprese, citando il numero delle interdittive nel 2016 e nel 2017. Io vengo dal mondo dell'impresa e, quindi, quando si toccano le imprese mi sento un po’ ferito, anche perché appartengo ad una categoria di imprese che non ha mai avuto questi problemi e spero non ne abbia mai, ma bisogna attenzionare le burocrazie, perché quando parliamo del timore che negli appalti si infiltrino la malavita organizzata o le imprese che delinquono dobbiamo evidenziare come queste si infiltrino solo attraverso la burocrazia, quindi ho sempre sulla punta della lingua la burocrazia, ce l'ho con la burocrazia corrotta che in questo Paese è la maggioranza, con la burocrazia inefficiente, per porre fine alla quale occorre dotarsi di antidoti.
  Non so come si possa fare, però questo è il tema massimo che il Paese deve affrontare se vuole salvarsi, non ci sono altre strade. Grazie.

  PRESIDENTE. Io sono già contenta che oggi abbia risparmiato la Chiesa cattolica.

  ANDREA VECCHIO. A Isola Capo Rizzuto la Chiesa cattolica è una delle massime responsabilità, perché le organizzazioni parasociali, Caritas e Misericordia, sono emanazione della Chiesa cattolica, quindi la Chiesa cattolica è la palla al piede di questo Paese.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Grazie, presidente, grazie, signor Ministro. Vorrei tornare a una missione di qualche tempo fa nella mia città, Catania, dove la Commissione tutta e la presidenza in particolare sollecitavano il precedente prefetto ad intervenire su una situazione molto difficile, riscontrata all'interno del consiglio comunale e di alcune circoscrizioni.
  Addirittura in quell'occasione ci venne data una indicazione che si sarebbe fatto qualcosa per una circoscrizione il cui presidente era collegato a famiglie mafiose, ma nulla è stato fatto, è cambiato il prefetto e la situazione si è aggravata perché uno dei consiglieri comunali, Erika Marco, il cui padre aveva avuto delle indagini per mafia, adesso ha padre, madre, sorella e fratello arrestati perché accusati di aver fatto sparire decine di milioni di euro da un ente controllato anche dal comune.
  Questa è una prima domanda che le facciamo, signor Ministro, perché il comune di Catania va attenzionato e al nuovo prefetto vanno ricordati gli impegni presi con la Commissione antimafia per la Commissione d'accesso al comune di Catania, ma la situazione è particolarmente grave in tutta l'isola. A lei certamente non può sfuggire che in questo momento abbiamo un pregiudicato per mafia che svolge campagna elettorale in maniera chiarissima, Totò Cuffaro, che il candidato arrivato secondo alle elezioni di Palermo è un indagato per voto di scambio, Ferrantelli, un politico mafioso appoggiato apertamente da Totò Pag. 25Cuffaro, che il candidato più votato a Trapani è una persona appena arrestata dalla magistratura ed è soggetto a una richiesta di misura cautelare, uno degli sfidanti era un soggetto che la procura ha indicato come socialmente pericoloso.
  La tracotanza della mafia sta emergendo, abbiamo avuto problemi ad Avola, dove è intervenuto il signor prefetto che ha fatto tutto quello che poteva, ma lei immagini una indicazione palese da parte dei Crapula del consigliere comunale da votare, che fa parte della compagine che ha espresso il sindaco e che questo sindaco farà entrare in consiglio comunale, perché questo candidato guarda caso è il primo dei non eletti, quindi basta un assessorato per farlo entrare in consiglio comunale in maniera palese.
  A me dispiace dirlo, Ministro, ma ad Avola il commissario ha impedito a dieci nostri parlamentari di fare un corteo antimafia di cui era stata richiesta la possibilità di svolgimento regolarmente, per tempo abbiamo fatto domanda, a seguito di un attentato incendiario, perché la situazione era grave e si volevano fare venti metri di corteo da una piazza all'altra e poi il comizio già preventivato. Il commissario l'ha impedito, e c'erano dieci parlamentari, signor Ministro.
  Noi abbiamo oggi ad Agira e a Leonforte un'operazione della DDA di Caltanissetta, che ha portato all'arresto di alcuni soggetti facenti parte di cosa nostra con un elenco di accuse pesantissime, fra cui c'erano quegli Scaminaci di cui abbiamo parlato nella missione ad Enna, nella quale al prefetto era stato contestato che nella relazione non si parlasse degli Scaminaci.
  Adesso gli Scaminaci sono accusati, oltre che di infiltrazione negli apparati amministrativi per controllare gli appalti pubblici (vogliamo capire quali), anche di procacciamento di voti, e qui c'è una vicenda che non possiamo dimenticare che mi riguarda personalmente: in campagna elettorale ho sollevato il caso di un candidato sindaco che faceva campagna elettorale con un pregiudicato, Giannitto, arrestato con uno dei trenta più pericolosi latitanti di mafia, sposato con una Scaminaci, e ora questo candidato è il sindaco di Agira, dove ci sono consiglieri comunali parenti degli Scaminaci, dipendenti facenti parte della famiglia Scaminaci prontamente promossi, e anche là la presidente aveva sollecitato il prefetto a comunicarci cosa intendesse fare per verificare la regolarità della situazione, ma non è stato fatto niente ed è intervenuta di nuovo la magistratura.
  Una preghiera, signor Ministro: a Favara è in corso una guerra di mafia vecchio stile, con botta e risposta di morti da Bruxelles a Favara, perché è iniziata a Bruxelles con due morti sette od otto mesi fa, hanno risposto a Favara, hanno replicato un'altra volta a Bruxelles con un altro agguato, un altro morto e un altro ferito, hanno ammazzato un altro a Favara, l'altro giorno c'è stata una sparatoria a colpi di kalashnikov alle 22.00, con centinaia di colpi esplosi in pieno centro, un ferito e fortunatamente non ci sono fatti più gravi. Mi dice il sindaco che le forze dell'ordine sono sotto organico, Ministro, e Favara è una situazione che merita attenzione, perché questa è una guerra di mafia vecchio stile, proprio come quelle di una volta, combattuta tra l'Italia e Bruxelles, che va stroncata, mancano diciassette carabinieri di quelli previsti nell'organico.
  Noi abbiamo quindi nell'intera Sicilia un problema di agibilità democratica quando soggetti inquisiti, condannati, arrestati continuano imperterriti a fare campagna elettorale in pieno giorno e a viso aperto. Stiamo parlando di soggetti inquisiti, condannati o arrestati per mafia, non per corruzione, quindi chiediamo come principale forza di opposizione alla sensibilità che le riconosciamo cosa intenda fare per garantire le prossime tornate elettorali, che già sono partite, ci sono le regionali, ma già abbiamo visto cosa è successo in campagna elettorale per le comunali, cosa intenda fare per garantire tutti, perché le intimidazioni non colpiscono solo noi, ma ci è stato detto che uno dei candidati ad Avola è stato fatto ritirare a legnate e le sue due liste se le è prese qualcuno (non è difficile capire chi), quindi la garanzia della libertà dello svolgimento di una campagna elettorale Pag. 26 è una garanzia che riguarda tutti, signor Ministro.
  La prego di comunicarci cosa intenda fare per garantire tutto questo in Sicilia. Grazie.

  FRANCESCO MOLINARI. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro per l'esposizione e, soprattutto, condivido le sue linee programmatiche, di cui credo che il filo conduttore sia quello della trasparenza, che è un baluardo della democrazia.
  Non posso che richiamare un suo focus che considero vitale e si ricollega alle domande poste dai miei colleghi, quello dello scioglimento di questi benedetti consigli comunali, che credo sia pericoloso per la stessa tenuta democratica soprattutto in Sicilia e nella nostra terra di Calabria, dove vi sono consigli comunali sciolti per due o tre volte, abbiamo il record non solo del primo consiglio comunale sciolto, ma anche quello del maggior numero di scioglimenti, il che vuol dire che probabilmente bisogna intervenire.
  A suo tempo avevo depositato una legge, la legge Lazzati, che cercava di porre rimedio a uno di questi problemi, quello dei sorvegliati speciali condannati per mafia ai quali si consente di fare campagna elettorale, cosa che considero un vulnus del nostro ordinamento che andrebbe sanato.
  Vorrei sapere cosa stia facendo il Ministero sul monitoraggio delle amministrative in corso perché, come in Sicilia, anche in Calabria ci sono comuni con problemi che andavano risolti prima di far votare i cittadini, per non correre il rischio di perdere la speranza nel fatto che il momento elettorale sia un momento di partecipazione democratica.
  Un'ultima domanda secca: i famosi mille uomini che il precedente Ministro aveva messo a disposizione per incrementare le risorse in Calabria che fine hanno fatto, si sono forse fermati ad Eboli?

  MARCELLO TAGLIALATELA. Ministro, in una recente missione in Molise abbiamo appreso che in quella regione un sindaco intende costruire un ulteriore centro di accoglienza particolarmente grande, quindi le chiedo di intervenire per evitare che ciò accada in ragione delle considerazioni che lei ha fatto. Si parla di un centro di accoglienza per centinaia e centinaia di immigrati.
  La seconda questione riguarda i provvedimenti di interdittiva antimafia. In base all'esperienza raccontata dai prefetti, per arrivare a formulare da parte delle prefetture un'interdittiva antimafia nei confronti delle società la normativa è particolarmente complicata, lunga e in alcuni casi inutile per le procedure che vengono utilizzate. Quindi le chiedo se, nel corso del suo mandato, vi sia allo studio anche una modifica della normativa e della procedura per arrivare alle interdittive antimafia.
  Le ultime due questioni riguardano due comuni. La prima riguarda il comune di Fondi, che in passato è stato oggetto di interventi, per qualche verso anche ritardati da parte del Governo, sebbene vi fosse una richiesta di scioglimento che è stata sostanzialmente impedita per l'autoscioglimento del comune di Fondi.
  Le chiedo quindi quale sia la situazione del comune di Fondi e le segnalo una vicenda che riguarda il comune di Melito di Napoli, che è uno dei comuni in elezione, dove vi è una vicenda che riguarda una società, la Ipogeo Spa, nei confronti della quale, sebbene nel corso di questi anni abbia maturato ritardi e inadempienze contrattuali, l'amministrazione in carica non ha proceduto ad alcuna messa in mora. Sembra che questa società stia partecipando attivamente alla campagna elettorale, ovviamente con elargizione di danaro a chi di volta in volta la protegge in ordine alle inadempienze contrattuali che sono state oggetto di specifica denunzia alla procura della Repubblica.

  ERNESTO MAGORNO. Sarò telegrafico. Intanto grazie non solo per la puntuale relazione che ho potuto ascoltare solo in parte, ma anche per il lavoro che ha fatto prima per il ruolo che ha ricoperto e per il lavoro che sta facendo ora come Ministro dell'interno, mi pare che i segnali arrivino chiari e netti soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Pag. 27
  Una domanda e una riflessione che ho fatto a seguito di un incontro con alcuni sindaci della mia regione, della mia provincia, del mio territorio, che vivevano e vivono un'emergenza non diversa dai sindaci del resto di questo Paese, riguarda l'uso delle sostanze stupefacenti, delle droghe leggere e non leggere da parte di moltissimi giovani.
  Ci sarebbe infatti bisogno di un piano di intervento perché è una situazione diffusa che soprattutto nel Mezzogiorno si coniuga con la mancanza di lavoro, le due cose camminano insieme, spesso questo tipo di deviazioni sono accompagnate da determinate condizioni sociali e dalla mancanza di prospettive delle nuove generazioni soprattutto nel Mezzogiorno. Su questa questione, sulla quale mi potrei dilungare perché la conosco da quando ero sindaco, c'è un piano di intervento del Ministero dell'interno e delle forze dell'ordine su questo aspetto che considero molto serio?
  L'altra domanda è ancora più telegrafica. Mi riporto integralmente all'intervento dell'onorevole Bruno Bossio in merito alle questioni concernenti Isola Capo Rizzuto. Chi gestisce ora il CARA? La mia è solo una sollecitazione per darle la possibilità di rispondere, cosa che forse avrebbe fatto anche senza la mia domanda, però ho la sensazione, se non la certezza, che il vero problema di Isola riguardi la gestione del CARA. Grazie.

  PRESIDENTE. Bene, ringrazio tutti. Manderemo il resoconto delle domande e se nel frattempo ci gira per la testa qualche altra cosa, la aggiungiamo. La ringraziamo davvero molto per la disponibilità, ma non avevamo dubbi né sulla disponibilità, né sulla serietà del lavoro e dell'attenzione nei confronti del Parlamento.
  Nel ringraziare il Ministro Minniti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.