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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 196 di Martedì 31 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 10 
Puppato Laura  ... 11 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 11 
Puppato Laura  ... 11 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 11 
Puppato Laura  ... 11 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11  ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti, accompagnato dal dottor Davide Russo, dal dottor Massimo Nardini, dal dottor Sebastiano Conti Nibali e dalla dottoressa Carolina Sciomer.
  L'audizione avrà a oggetto principalmente le problematiche connesse al ciclo dei rifiuti della regione Veneto, con particolare riferimento alla situazione di criticità che sta interessando larghe fasce di popolazione residente con riferimento all'inquinamento di sostanze perfluoroalchiliche.
  Ricordo che in data 27 settembre 2017 la Commissione ha ascoltato sul medesimo tema anche la dottoressa Gaia Checcucci, direttore generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente.
  Ricordo inoltre che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  Avverto infine i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale seduta.
  Signor Ministro, noi abbiamo già steso una relazione qualche mese fa. Alla luce delle nuove indagini effettuate dai Carabinieri, soprattutto dai NOE, di cui la procura è venuta a conoscenza e per cui si è attivata, abbiamo fatto un ulteriore sopralluogo con una serie di verifiche e acquisendo una serie di elementi.
  Sappiamo che sono in corso indagini importanti anche per verificare le responsabilità dell'inquinamento. Per chiudere l'aggiornamento, avevamo bisogno di fare un'ultima verifica sia con lei, come Ministro dell'ambiente, sia con il Ministro Lorenzin, che ascolteremo nelle prossime settimane, dopodiché avremo concluso il nostro lavoro. Forse avremmo anche piacere di dare un piccolo suggerimento su una certa situazione.
  Le cederei la parola perché ci illustrasse la situazione dal punto di vista del Ministero dell'ambiente. Alle 15 tutti dobbiamo concludere i nostri lavori, perché il Senato inizia. Se non riusciremo ad andare a fondo delle questioni, vedremo eventualmente di capire se ci saranno da fare ulteriori approfondimenti o tramite via epistolare o lasciandoci lei il documento.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Se siete d'accordo, vista la ristrettezza Pag. 4 dei tempi che abbiamo a disposizione, salterò la lettura di alcune parti, sperando che la relazione mantenga una sua unicità e una sua scorrevolezza. Chiaramente, lascio agli atti la relazione completa. Ne potrete prendere atto dopo la seduta di oggi.
  Vi ringrazio, innanzitutto, per quest'occasione, che mi consente di fare il punto anche in questa sede sulla preoccupante questione del potenziale impatto dei PFAS sia sull'ambiente sia sull'uomo.
  A questo punto, salto una parte importante di premessa, che è la storia del PFAS, che immagino già conoscerete, cioè come siamo arrivati nel corso del tempo, a partire dagli anni Cinquanta, alla consapevolezza della portata del problema che dobbiamo affrontare.
  A livello nazionale, nel 2013, a seguito della prima segnalazione della presenza delle sostanze PFAS nelle matrici ambientali nell'area del vicentino, il Ministero dell'ambiente ha istituito un gruppo tecnico di lavoro per i necessari approfondimenti della situazione di contaminazione da PFAS nelle acque sotterranee e superficiali.
  In tale gruppo di lavoro, tuttora operativo sotto il coordinamento del mio Ministero, sono presenti gli esperti dell'Istituto superiore di sanità, dell'IRSA, del CNR, dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA).
  Il gruppo di lavoro aveva in origine anche il mandato di definire per i PFAS gli standard di qualità ambientale per i corpi idrici superficiali e per i valori soglia per la valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee, entrambi da inserire, rispettivamente, nello specifico allegato del codice dell'ambiente in attuazione delle direttive comunitarie e nell'allegato del decreto legislativo n. 30 del 2009.
  A seguito delle risultanze delle attività del gruppo tecnico di lavoro, con decreto legislativo n. 172 del 2015 sono stati definiti gli standard di qualità ambientale per le sostanze prioritarie nelle acque superficiali, ivi inclusi alcuni composti perfluorurati. Avrò sempre difficoltà a pronunciare questa parola, mi scuserete.
  Con decreto ministeriale 6 luglio 2016 sono stati individuati i valori soglia per la definizione del buono stato chimico delle acque sotterranee, tra cui i valori soglia di alcuni composti perfluorurati.
  Salterei il pezzo in cui diamo atto di tutto il lavoro che abbiamo svolto.
  In data 17 ottobre 2016, l'Ispra ha comunicato che solo quattro regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Lazio) hanno predisposto programmi di monitoraggio per i PFAS. A inizio 2017, il ministero ha sollecitato le regioni alla predisposizione dei piani di monitoraggio dei composti PFAS nelle acque superficiali e sotterranee e negli scarichi, e ad assumere tutte le iniziative di competenza volte a controllare i corpi idrici.
  Nella parte che non ho letto si dava atto che abbiamo formato un gruppo di lavoro ulteriore, che ha dato mandato a tutte le regioni di fare al loro interno delle linee guida.
  Attualmente, oltre alle predette regioni, hanno predisposto programmi di monitoraggio per i PFAS: Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Valle d'Aosta, la provincia autonoma di Bolzano, Puglia, Emilia-Romagna e la provincia autonoma di Trento.
  Con specifico riferimento alle problematiche riscontrate nelle province venete, si ritiene opportuno inoltre segnalare che l'Istituto superiore di sanità, operando in costante coordinamento con il Ministero della salute, ha coadiuvato e sorvegliato costantemente le misure di analisi e mitigazione di rischio di contaminazione causato proprio dalle sostanze PFAS in Veneto e redatto una prima nota informativa (parere del 7 giugno 2013) finalizzata ad attivare molteplici azioni multidisciplinari orientate a garantire la mitigazione sostanziale di ogni esposizione a PFAS della popolazione e di valutare eventuali effetti sulla salute dovuti a esposizioni pregresse.
  Qui riporto tutta l'attività svolta dal Ministero della salute, che a questo punto salterei, pensando che farà parte della relazione che il Ministro della salute verrà a illustrare nella vostra Commissione nella prossima seduta. Resta comunque agli atti una storia ricostruita dal mio ministero.
  Andrei immediatamente al focus regionale (abbiamo già saltato dieci pagine, per Pag. 5vostra comunicazione). Negli anni Settanta, l'Unione europea ha emanato direttive rivolte a tutelare l'acqua dall'inquinamento attraverso la definizione esclusiva dei limiti allo scarico. La direttiva europea n. 60 del 2000 ha compiuto una rivoluzione sovvertendo tale impostazione e spostando l'attenzione dagli scarichi alla tutela dei corpi idrici recettori. Ha dunque adottato un approccio che valuta unitamente i limiti agli scarichi e l'effettiva qualità dei corpi idrici risultato dalle pressioni e dagli impatti che su di esso insistono.
  Per questo motivo le regioni, in base allo spirito della direttiva quadro sulle acque, sono chiamate a valutare le pressioni e gli impatti che si esercitano nel proprio territorio sui corpi idrici e sulla base degli esiti di tale analisi definiscono combinazioni di misura di tutela idonee, disciplinando per esempio, nelle autorizzazioni allo scarico, specifici limiti e sostanze non contemplate nell'ordinamento europeo o nazionale.
  Questo è importante. È stato anche oggetto, più che di polemica, di cattiva interpretazione. Il mio ministero non può dare un valore certo e assoluto, perché da zona a zona, soprattutto da regione a regione, la pressione sul corpo idrico cambia in relazione alle sostanze contaminanti presenti. In una zona possono essere presenti più sostanze contaminanti, in un'altra meno. A quel punto, i limiti vanno calibrati anche in base alla presenza delle sostanze contaminanti. È un combinato disposto delle sostanze. Il Ministero della salute, invece, può dare un valore unitario, perché quello o fa male o non fa male, per intenderci.
  L'evidenza di una situazione di potenziale pericolo ecologico e sanitario nel bacino del fiume Po ha portato, nel 2011, alla stipula di una convenzione tra il Ministero dell'ambiente, l'Istituto di ricerca sulle acque e il CNR per la realizzazione di uno studio sperimentale su potenziali inquinanti emergenti e sul rischio ambientale e sanitario associato alla contaminazione da queste sostanze nel bacino del Po e nei principali bacini italiani.
  Tale studio nel maggio 2013 è stato condiviso con il Ministero della salute e con l'Istituto superiore di sanità, oltre che notificato all'Arpa Veneto e alla provincia di Vicenza al fine di coinvolgere fin da subito il territorio.
  A far data dalla nota del Ministero dell'ambiente del 29 maggio 2013, indirizzata a una pluralità di amministrazioni centrali e periferiche, veniva richiesto di effettuare gli accertamenti necessari all'individuazione delle fonti di immissione delle sostanze perfluoroalchiliche e all'attivazione delle conseguenti iniziative di tutela delle acque. Da ciò traeva avvio una fitta interlocuzione tra la regione Veneto e tutte le amministrazioni competenti allo scopo di individuare un percorso condiviso e coordinato di prevenzione e tutela.
  La regione ad agosto 2013 ha istituito una commissione tecnica interdisciplinare, costituita da rappresentanti della regione e da altri enti coinvolti, con lo scopo di valutare diversi profili della questione e di formulare proposte alle autorità competenti in ordine alle ulteriori azioni da adottare per la prevenzione e la tutela della salute pubblica. La predetta commissione tecnica PFAS è stata assorbita, a giugno 2017, nella commissione ambiente e salute.
  Il Ministero dell'ambiente ha espletato le proprie funzioni di indirizzo e di supporto alla regione Veneto, nell'ambito della specifica situazione di contaminazione delle acque da PFAS, anche attraverso la costituzione del già richiamato gruppo di lavoro tecnico istituito nel 2013.
  Il gruppo di lavoro, dopo aver definito nel 2016 sia gli standard di qualità ambientali sia i valori soglia per cui era stato inizialmente istituito, per scelta del ministero è andato oltre l'originario mandato costitutivo e ha fornito gli elementi di natura tecnica e il supporto necessario alla definizione del cronoprogramma di azione, che la regione Veneto ha messo in campo per fronteggiare il problema della contaminazione da PFAS.
  In parallelo, con l'attività di supporto tecnico-scientifico, dall'inizio del 2016 il mio ministero ha riassunto un ruolo proattivo nella governance in accordo di programma con la regione Veneto, con gli enti territoriali e le associazioni industriali, sottoscritto nel 2005, finalizzato alla realizzazione Pag. 6 delle condizioni per il riequilibrio del bilancio idrico del distretto vicentino della concia anche attraverso interventi del settore acquedottistico, fognario e depurativo.
  Nell'ambito di tale accordo, il Ministero dell'ambiente ha compiuto la scelta di lasciare le risorse ministeriali, ammontanti a 23 milioni di euro, fino a oggi non ancora spesi, 10 dei quali da destinare al settore conciario. Praticamente, nel 2005, con l'accordo di programma, erano stati destinati 30 milioni: 7 sono stati spesi e ne erano rimasti 23. Nel 2016, abbiamo rifatto l'accordo di programma e questi 23 milioni, invece che toglierli perché non spesi, li abbiamo ridestinati al fine della tutela dei corpi idrici, con destinazione anche al trattamento sui PFAS, che quindi abbiamo aggiunto rispetto a prima.
  Tenendo conto del nuovo quadro conoscitivo e dei nuovi obiettivi strategici risultanti dal piano di gestione delle acque del 2016, sotto la guida del Ministero dell'ambiente è stato inoltre messo a punto un testo di accordo innovativo, che conferma la volontà di mantenere gli impegni finanziari assunti in coerenza con gli obiettivi individuati. Il ministero vi si impegna a reperire ulteriori risorse per il perseguimento degli obiettivi legati alla problematica dei PFAS, obiettivi – lo si ricorda – prima non previsti all'interno del precedente accordo, ma che trovano la loro evidenza nell'accordo innovativo, a dimostrazione della centralità attribuita dal Governo a quest'emergenza. Tale accordo è stato formalizzato il 6 luglio 2017.
  Nel comitato di sorveglianza dell'accordo, tenutosi il 25 settembre scorso, il Ministero dell'ambiente ha avviato una prima interlocuzione per gli adempimenti previsti dall'articolo 3 dell'accordo in parola, utilizzo di 13 milioni, sulla base di un elenco trasmesso in quella sede dalla regione. Sempre in occasione del comitato, è stato formalizzato il progetto preliminare e di fattibilità di Veneto Acque, riguardanti l'approvvigionamento da fonti alternative per la soluzione della problematica dei PFAS.
  Si ricorda inoltre che, in coerenza con gli impegni assunti dal ministero, saranno destinate a tale riguardo risorse per l'importo di 80 milioni, a valere sul «fondone», di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, già ripartite con il DPCM 21 luglio 2017. Per intenderci, gli 80 milioni, che erano nel fondone, sono stati ripartiti con un DPCM, e 80 milioni sono destinati alla regione Veneto per la questione dei PFAS. Non vorrei che su questo ci fossero delle cattive interpretazioni. Gli 80 milioni sono contenuti in un DPCM e destinati per quell'obiettivo alla regione Veneto.
  Non appena sarà conclusa l'istruttoria tecnica relativa alla fattibilità del progetto, che, per essere finanziato non può essere preliminare, ma definitivo, e sarà chiara la concorrenza delle risorse regionali per far fronte al quadro economico – questa è la quota del ministero, ma ci dovrà essere anche una quota della regione – si potrà procedere alla sottoscrizione dell'accordo attuativo per rendere operativi gli interventi.
  Occorre inoltre evidenziare che, tra luglio 2015 e aprile 2016, con il coordinamento dell'Istituto superiore di sanità, è stato condotto uno studio esplorativo di biomonitoraggio per valutare le concentrazioni del PFAS nel sangue delle persone residenti in alcune aree soggette all'inquinamento.
  Qui vi riporto tutte le risultanze di questo studio. Sono interessanti. Vi consiglierei di guardarle. Penso, però, che siano più oggetto della valutazione che farete con il Ministero della salute. Se siete d'accordo, andrei direttamente all'altra questione importante di oggi, quella dei NOE.
  In seguito alla più volte richiamata ricerca sperimentale sulla presenza di PFAS svolta nel 2013, l'Arpa Veneto ha individuato la principale area di contaminazione nella provincia di Vicenza. Ha successivamente esteso il controllo a tutto il territorio regionale attraverso le reti di monitoraggio delle acque sotterranee e superficiali nonché, in stretto coordinamento con la regione del Veneto e l'Istituto superiore di sanità, ad altre matrici ambientali, quali acque marine e lagunari, fanghi e alimenti.
  A seguito di tale studio, l'Arpav rilevava un inquinamento sia delle acque di falda sotterranea sia di quelle superficiali in un territorio più vasto compreso nei comuni Pag. 7delle province di Vicenza, Verona e Padova, interessati da PFAS non solo nel corpo idrico di falda, ma anche nelle condotte di acqua potabile, che nella provincia di Verona servono il comune di Arcole, Veronella, Zimella, Pressana, Rovereto, Albaredo d'Adige e Cologna Veneta, in quanto dette condotte attingono alla falda sita nel comune di Lonigo.
  Le autorità regionali procedevano a mettere in sicurezza l'acqua potabile della zona interessata tramite l'utilizzo di filtri di carboni attivi già nel 2013.
  L'analisi sul sistema degli scarichi fognari del territorio interessato ha messo in evidenza che le concentrazioni più alte provenivano dal depuratore di Trissino. Tra le principali fonti da cui avevano origine le quantità di PFAS scaricate in fognatura, vi era proprio l'azienda chimica Miteni Spa, posta nel comune di Trissino.
  La Miteni opera dietro autorizzazione integrata ambientale da parte della regione Veneto, che ha autorizzato la produzione di determinate sostanze, sottoposte a determinati limiti massimi entro i quali possono essere prodotte.
  Il procedimento amministrativo di caratterizzazione e bonifica del sito, a seguito degli enti competenti per territorio, in cui ha sede legale l'azienda Miteni, ovvero nell'ambito della provincia di Vicenza...
  Con riferimento al quadro ambientale relativo all'inquinamento del sito industriale ove insiste l'impianto della Miteni Spa, a marzo 2017 il NOE, con l'ausilio dei tecnici dell'Arpav, ha iniziato una serie di attività investigative e ispettive nei confronti dello stabilimento.
  Alla luce delle considerazioni esposte nella relazione del comando Carabinieri nucleo operativo ecologico di Treviso e, in particolare, tenuto conto della notevole estensione e della gravità dell'inquinamento riscontrato («la sorgente dell'inquinamento non è stata ancora rimossa ed è a contatto o quasi con la falda»), del fatto che il protrarsi della contaminazione potrebbe comportare gravi rischi per la salute umana, oltre all'aggravamento del danno ambientale, alla non totale efficacia della barriera idraulica presente presso lo stabilimento, si prevede un maggior coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati.
  Nello specifico, si prevede la possibilità per la regione Veneto di autorizzare l'applicazione a scala pilota di tecnologie di bonifica innovative e di valutare l'opportunità di emanare un apposito provvedimento finalizzato a ricondurre il procedimento amministrativo di bonifica a un ente amministrativo, sovraordinato rispetto all'attuale comune e dotato di adeguate capacità tecniche, come la stessa regione del Veneto. Si prevede altresì un approfondimento dei monitoraggi ambientali da parte di Arpav e un maggior coinvolgimento di Ispra su tali tematiche. Questa è la descrizione della situazione da parte del NOE e le relative risultanze della loro ispezione.
  Si segnala inoltre che i militari del NOE di Treviso, in collaborazione con il NOE di Milano e con il personale della sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri di Vicenza, nel corso di una complessa attività info-investigativa coordinata dalla procura della Repubblica di Vicenza, l'8 marzo scorso, hanno proceduto ad alcune perquisizioni nelle sedi della ditta in questione e deferito nove dirigenti, cui sono stati contestati i reati di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari e di inquinamento ambientale nonché la violazione della normativa in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
  L'amministrazione provinciale di Vicenza ha comunicato altresì di aver attivato, il 18 gennaio 2017, il procedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale della Miteni.
  Per quanto concerne la messa in sicurezza del sito, l'Arpav ha evidenziato che il monitoraggio delle concentrazioni al punto di conformità realizzato a sud dello stabilimento ha reso necessaria la richiesta da parte degli enti di ulteriori attività di miglioramento delle barriere presenti.
  Quanto richiesto è stato realizzato nel 2017 mediante attivazione di tre nuovi pozzi in prossimità del torrente Poscola, tre nuovi pozzi profondi, fino a intercettare il substrato fratturato nel lato sud dello stabilimento, e l'ulteriore approfondimento di un pozzo nella parte centrale dello stabilimento. Pag. 8 Sono state inoltre realizzate ulteriori verifiche di tipo idrogeologico per valutare le caratteristiche dell'acquifero.
  Complessivamente, fino a marzo 2017 sono stati estratti dalle due barriere presenti 26 chilogrammi di PFOA, 6 chilogrammi di PFOS e 20 chilogrammi di altri PFAS, per un totale di 52 chilogrammi. Le acque emunte dalla barriera in parte vengono trattate con un sistema di filtri a carbone, in parte inviate all'impianto di depurazione interno alla ditta. Il monitoraggio dell'efficacia della barriera viene verificato da Arpav tramite il controllo analitico di tre piezometri di valle.
  Come detto, il fenomeno dell'inquinamento dei PFAS ha assunto nel tempo una valenza interprovinciale.
  Per quanto riguarda il territorio veronese interessato dalla contaminazione dei PFAS, tali sostanze attraverso gli scarichi della Miteni nel depuratore di Trissino vengono poi immesse nel condotto consortile dell'Arica, dove confluiscono anche gli scarichi di altri depuratori della zona, sfociando nel fiume Fratta, nel territorio di Cologna Veneta. Sfociando nel fiume Fratta, queste sostanze, grazie agli apparati idrici del canale LEB, subiscono altre diluizioni, venendo disperse nel reticolo irriguo, che serve le aree coltivate di quella zona, con il rischio della loro conseguente penetrazione nelle piante, negli animali, e quindi nella catena alimentare.
  Per l'ambito veronese, gli enti pubblici competenti stanno procedendo ai fini della tutela della salute dei cittadini e dell'integrità dell'ambiente ad attenti e costanti monitoraggi dell'area in adesione a un programma di carattere regionale. Tutti i comuni interessati hanno emesso ordinanze adeguate al proprio contesto. La maggior parte ha obbligato i privati a dichiarare l'esistenza dei pozzi e a effettuare delle analisi, disponendo in alcuni casi il divieto di utilizzo per uso potabile dell'acqua prelevata dai pozzi privati.
  La provincia di Verona ha reso noto di aver accertato superamenti di concentrazioni di PFOA nel comune di Soave, area di servizio scaligera nord, riconducibili a Eni Spa nel 2014. La predetta contaminazione non risulta collegata né a quella di natura idrocarburica né a quella dei PFAS ascritta alla ditta Miteni, ma sembra derivare da una sorgente posta all'interno dell'area di servizio ed essere sostanzialmente confinata alla stessa e ai terreni limitrofi.
  L'intervento di bonifica per la rimozione dei contaminanti idrocarburici attuato da Eni è pressoché giunto a conclusione, mentre permane la problematica ambientale legata alla presenza di PFAS e BTF – il BTF era il contaminante per un'azienda che c'era prima degli anni Ottanta, se mi è stata descritta la storia giusta – come attestano le più recenti analisi delle acque sotterranee fatte pervenire dall'Arpav di Verona.
  Il superamento delle CSC per il PFOA era stato registrato nel 2016 anche nel comune di Pescantina, ma con successive analisi, nel marzo e nel giugno 2017, il superamento non è stato confermato. Per entrambi i casi, il settore ambiente della provincia di Verona ha avviato procedimenti per l'individuazione del responsabile della contaminazione, che sono tuttora in corso.
  Risulta inoltre accertata da Arpav la presenza dei PFAS anche in concentrazioni sensibili nel percolato di numerose discariche per rifiuti non pericolosi presenti sul territorio provinciale, senza però un corrispondente riscontro nelle acque sotterranee prelevate dalle relative reti di monitoraggio.
  Per quanto concerne la provincia di Rovigo, l'Arpav ha rappresentato che la contaminazione unica riscontrata in questa provincia, già evidenziata in uno studio del CNR del 2013, riguarda alcune stazioni sul fiume Po ed è riconducibile a fonti di pressione situate a monte dell'ingresso del Po nel Veneto.
  Per tale provincia, l'azienda sanitaria polesana ha fatto presente che, a far data dal 2016 a oggi, sono stati eseguiti in totale 224 campionamenti per la ricerca di PFAS, comprensivi di prelievi effettuati presso insediamenti del settore alimentare che utilizzano acqua proveniente da approvvigionamento autonomo e da dopo-trattamento di potabilizzazione.
  I rapporti di prova della sezione laboratori Arpav relativi ai prelievi effettuati dal 2016 a oggi da personale dell'azienda medesima Pag. 9 sull'acqua destinata al consumo umano presso le nuove centrali di potabilizzazione e dai punti significativi delle reti di distribuzione non hanno evidenziato superamenti dei valori di performance fissati dall'Istituto superiore di sanità. Tutti i valori riscontrati risultano inferiori anche ai recenti limiti restrittivi stabiliti dalla regione Veneto.
  Sempre secondo quanto riferito dall'azienda sanitaria polesana, mentre l'acqua destinata al consumo umano proveniente da centrali di potabilizzazione che derivano acqua dal fiume Adige ha evidenziato valori di PFAS al di sotto del limite di rivelabilità dello strumento, l'acqua proveniente da centrali che derivano acqua dal fiume Po o da pozzi artesiani golenali ha evidenziato la presenza di PFAS, ma non il superamento dei livelli di performance fissati dall'Istituto superiore di sanità e dalla regione Veneto.
  Per quanto concerne il danno ambientale, a seguito di richiesta da parte del consiglio di bacino Bacchiglione di dieci comuni interessati dalla contaminazione, si è avviata la relativa procedura. Il Ministero dell'ambiente ha subito attivato l'Ispra per l'attività tecnica di competenza e ha richiesto agli enti locali interessati dalla contaminazione di trasmettere le notizie aggiornate in merito alle eventuali iniziative intraprese a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale del 6 luglio 2016, che fissa valori soglia da considerare per la classificazione dello stato chimico delle acque sotterranee.
  Quest'amministrazione, in conclusione, si è dunque adoperata con tutte le azioni possibili (dalle novità normative alle risorse economiche, al pieno coinvolgimento delle sue strutture) nel fornire conoscenze e competenze. Continuerà a farlo con la stessa intensità di fronte a un problema che le comunità locali vivono con comprensibile preoccupazione.

  PRESIDENTE. La ringraziamo, signor Ministro. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il ministro per la relazione. Chiederò anche a lei la stessa cosa che ho chiesto nelle precedenti audizioni riguardanti l'argomento, ma rappresentando lei il ministero, gliela chiederò in maniera un po’ più incisiva.
  Abbiamo un'attività produttiva comunque considerata da tutti la principale responsabile di quest'inquinamento. Abbiamo sostanze sulla cui tossicità concordano i vari enti scientifici. Abbiamo studi esteri (Stati Uniti e Germania) di circa dieci anni fa che confermano questi dati con popolazioni già esposte.
  Concordando sulle competenze concorrenti tra Stato e regioni, tenere aperta in questo momento la linea produttiva dei PFAS presso la Miteni credo che sia un punto su cui il ministero potrebbe fare una riflessione nel merito delle sue competenze. Anche questa caratterizzazione sta procedendo molto lentamente anche per la presenza di tutti i vari capannoni e le varie attività, tutte in funzione. In realtà, è uno stabilimento – l'abbiamo ispezionato – con una diversificazione produttiva, per cui non credo che fallirebbero chiudendo temporaneamente quest'attività nell'attesa di capire come andare avanti.
  Le pongo solo questa questione.

  LAURA PUPPATO. Grazie, Ministro, per essere qui oggi a rispondere a una serie di dubbi e perplessità che dobbiamo trasferirle, anche se non sono perplessità e dubbi nostri.
  Mi permetto, in tal senso, di richiamare un articolo apparso proprio sabato di ennesima accusa da parte dell'assessore regionale a lei noto – vedo che sorride, anche a me è noto – perché abitualmente riesce a parlare una lingua che ci è di difficile comprensione. Eppure, le assicuro che, pur essendo veneta, sono piuttosto esperta in italiano, quindi teoricamente dovremmo riuscire a capirci.
  Il nostro Bottacin dice che, per fare l'appalto, servono i soldi, i famosi 80 milioni che il Governo promette. Siccome nel loro caso intendono procedere per i nuovi acquedotti con un appalto integrato, quindi affidando in un'unica gara un progetto definitivo e la realizzazione delle opere, ciò consentirebbe, secondo Bottacin, tempi e costi minori, ma questo è impedito – dice Pag. 10Bottacin – in relazione al fatto che il ministero chiede il progetto definitivo.
  Ora, la nostra opinione è che basti e avanzi il fatto che ci sia un DPCM a iscrivere a bilancio della regione del Veneto, o di Veneto Acque, che parrebbe l'ente delegato alla progettazione, gli importi, resi peraltro immediatamente disponibili dal Governo ancora lo scorso anno.
  Sul trasferimento fisico del denaro si fa molta confusione, e per la gente è importante capire che c'è una diversità tra l'azione amministrativa e il fatto fisico del trasferimento di questo denaro. Ora, chi ha svolto funzioni pubbliche o chi si è occupato di amministrazione, sa bene che quel trasferimento fisico avviene in un secondo momento, ma è sufficiente per l'appunto il decreto per iscrivere a bilancio della regione Veneto gli importi che si rendono disponibili per l'immediata attivazione.
  Ora, io le chiedo esattamente questo: a sua informazione, a sua conoscenza, nel caso il Veneto insista con questa modalità dell'appalto «integrato», quindi su progetto preventivo e avvio del definitivo a carico dell'appaltante, le sembra verosimile, le sembra possibile che questa sia una motivazione sufficiente per continuare a ribadire che non si può procedere perché manca il denaro?
  Seconda richiesta: lei ha notizie di una richiesta pervenuta al vostro ministero da parte della regione Veneto per un eventuale stato di emergenza?
  È stato detto anche questo da parte del presidente Zaia, e vorrei capire se a voi sia pervenuta una qualsiasi richiesta in tal senso e, eventualmente, quale sia la vostra riflessione in ordine a questa richiesta.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Ringrazio il Ministro per la relazione, che mi riprometto di leggere nella sua completezza. Faccio subito due semplici domande.
  All'inizio ha parlato del monitoraggio fatto da varie regioni. Da quanto sono riuscito a cogliere velocemente, non sono tutte le regioni. Per le altre regioni, che cosa sta facendo il ministero per chiedere il monitoraggio, quali azioni positive? I monitoraggi già in corso, tra cui quello nella mia regione, stanno dando risultati rassicuranti? Quali prime indicazioni si possono avere?
  Infine, ultima domanda: è previsto qualcosa dalla ricerca scientifica per quanto riguarda proprio le sostanze perfluoroalchiliche? Ne abbiamo sentite anche noi tante in queste audizioni sulla lunghezza o meno della catena, la maggiore o minore eventuale pericolosità, ma su questo credo che ancora si possa e si debba continuare a studiare e a indagare.

  PRESIDENTE. Ho una domanda da fare, ma su una questione affrontata in segreta. Sono quasi sicuro che ci abbia dato delle informazioni in segreta.
  Le cedo la parola in caso avesse bisogno, lei o i suoi collaboratori, di fare ulteriori precisazioni.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Zolezzi, di cui capisco anche il fine e come si inquadri nella storia che abbiamo raccontato in questa Commissione, ho più volte ricordato anche nella relazione che l'autorizzazione integrata ambientale, l'AIA, è di competenza regionale, non statale. L'unico ente che può in questo momento non concedere l'autorizzazione è la regione.
  Io non ho strumenti per revocare un'autorizzazione concessa dalla regione, che ha le competenze per autorizzare quell'impianto. Ce l'ha la procura della Repubblica, da una parte, e l'ente che concede l'autorizzazione, dall'altra. Io non posso che essere uno spettatore terzo, in questo caso. Come, però, ho ricordato, la regione ha sottoposto a nuova valutazione l'autorizzazione di impatto ambientale. Vedremo la conclusione di quello che è un procedimento amministrativo.
  Sugli 80 milioni, più chiaramente di così, senatrice Puppato, non so che cosa dire ormai. Gli 80 milioni ci sono, sono lì, la regione vuole utilizzarli e li utilizzerà come meglio crede. Dovrà definire una quota regionale di contribuzione al progetto, sceglierà l'appalto integrato, non lo farà...

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  LAURA PUPPATO. Le risulta che ci sia questa quota di contribuzione? Probabilmente, no.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Noi non la conosciamo.

  LAURA PUPPATO. Non vi è mai stata data informazione?

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Come ho ricordato adesso, stiamo aspettando la determinazione della quota regionale e uno studio di fattibilità, che comunque dovrà essere condiviso con il Ministero. Anche lo studio di fattibilità dovrà comunque essere condiviso con noi, anche se non sarà definitivo. Lo dico per buonsenso. Se abbiamo lavorato insieme e abbiamo visto che ad avere gli strumenti scientifici siamo soprattutto noi a Roma con Ispra, allora, per vedere se quello è un progetto valido o meno e coglie l'obiettivo che ci vogliamo dare, lo esaminiamo insieme. Siamo in questa fase.
  Per quanto riguarda – mi dispiace dover rispondere, perché dovremmo saperlo tutti – la finanziabilità dell'opera, c'è uno stanziamento di bilancio iniziale «di competenza»; poi, per quello che riguarda la cassa, cioè il pagamento dell'opera che va avanti, come avviene in tutte le amministrazioni, dai comuni fino all'amministrazione centrale, si paga a stato avanzamento lavori. A mano a mano, quindi, che il progetto andrà avanti, pagheremo tramite questo stanziamento del fondone di 80 milioni l'azienda che porta avanti i lavori. Li daremo alla regione, che a sua volta pagherà la società che si aggiudicherà la gara. Stiamo parlando, però, dell'abc della contabilità.
  Per quanto riguarda la dichiarazione di stato di emergenza, a noi non risulta, ma faremo un'ulteriore verifica per vedere se è arrivata in queste ore o in questi giorni. A me in questo momento non risulta l'arrivo di una richiesta di dichiarazione di stato di emergenza. Oltretutto, sinceramente non riesco a inquadrare bene.
  C'è da dire, però, senatrice, che la dichiarazione di stato di emergenza probabilmente non arriva al mio ministero, ma alla Protezione civile, quindi alla Presidenza del Consiglio. Noi non dichiariamo lo stato di emergenza. Lo stato di emergenza è dichiarato dal Consiglio dei ministri su proposta della Protezione civile. Può essere che sia stato fatto in altre sedi e non direttamente al ministero.

  LAURA PUPPATO. Lo verificheremo. Per il momento, non abbiamo informazioni neanche noi.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Farò avere la risposta al senatore Orellana circa i riscontri che abbiamo avuto nelle regioni in cui abbiamo portato avanti i monitoraggi del PFAS.
  Se lì avessi messo tutto, avrei letto fino a domani mattina.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio video.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.