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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 233 di Mercoledì 29 novembre 2017

INDICE

Declassificazione di atti:
Bindi Rosy , Presidente ... 3  ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3  ... 5 
Buemi Enrico  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Mattiello Davide (PD)  ... 10 
Molinari Francesco  ... 10 
Naccarato Alessandro (PD)  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Sarti Giulia (M5S)  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Mattiello Davide (PD)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Declassificazione di atti.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Comunico che la Commissione ha deliberato di declassificare da «riservato» a «libero» il resoconto stenografico dell'audizione del sindaco di Aversa, Domenico Enrico De Cristofaro, svoltasi nel III Comitato infiltrazioni mafiose nelle istituzioni territoriali e negli enti locali, lo scorso 14 novembre 2017.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni della presidente sulle risultanze della verifica delle candidature per le elezioni siciliane e le elezioni nei comuni che tornavano al voto dopo lo scioglimento per mafia svoltesi lo scorso 5 novembre.
  La Commissione aveva deliberato di effettuare il lavoro di verifica delle candidature, sia in relazione alle disposizioni della legge Severino – così come era stato fatto per le regionali del 2015 e per le amministrative del 2016 – sia in relazione alle previsioni del codice di autoregolamentazione contenuto nella relazione approvata dalla Commissione il 23 settembre 2014, così come avevamo fatto alle regionali del 2015.
  In base a un accordo unanime tra i Gruppi, le coordinate temporali erano state determinate in modo da evitare sovrapposizioni con l'ultima settimana della campagna elettorale. È infatti noto che i tempi di una tale attività di verifica sono alquanto ridotti, ristretti tra i termini delle operazioni di ammissione delle candidature da parte delle commissioni elettorali e poi della campagna elettorale. Si era perciò convenuto di non rendere pubbliche eventuali risultanze prima dell'ultima settimana precedente le elezioni.
  Ricordo tuttavia al riguardo che, proprio in base alla consapevolezza acquisita in ordine alla difficoltà dei controlli documentali, la Commissione aveva deliberato di svolgere un'apposita missione in Sicilia, in cui sono stati ascoltati i prefetti di tutte le nove province siciliane e i magistrati componenti di tutte le commissioni elettorali, per richiamare l'attenzione di tutti e chiedere la massima attenzione.
  In quella sede erano emerse le peculiarità della tornata elettorale della regione siciliana che è a statuto speciale. La legge regionale le disciplina infatti in modo parzialmente difforme dalla legge statale, in particolare rispetto ai termini e alle modalità di presentazione delle candidature, alla Pag. 4composizione delle commissioni elettorali e ai tempi dello scrutinio.
  Ricordo inoltre che in quelle elezioni regionali si applicava per la prima volta la legge Severino e che si sono verificati anche dei problemi sul modulo di sottoscrizione dell'autocertificazione, tant'è vero che, come voi sapete, è stato presentato un ricorso.
  Si sono così acquisite le liste di tutti i candidati alle regionali, unitamente a quelle dei comuni sciolti di Mazzarrà Sant'Andrea in provincia di Messina, di Nardodipace in provincia di Vibo Valentia e del X Municipio di Roma, che comprende Ostia. Anche per queste amministrazioni sono stati ascoltati in audizione, nella Commissione plenaria, il prefetto di Vibo Valentia e il prefetto vicario di Roma, mentre quello di Messina era stato sentito a Palermo, oltre che sulle liste regionali, anche su Mazzarrà Sant'Andrea.
  In Sicilia a tutte le commissioni sono state richieste le risultanze delle verifiche delle candidature. Nessun candidato siciliano è stato escluso per mancanza delle condizioni di candidabilità richieste dalla legge Severino. A quanto risulta ad oggi, non c'è nessun escluso neanche a Mazzarrà Sant'Andrea e a Nardodipace, mentre quattro esclusioni sono state fatte a Ostia (ricorderete che la viceprefetto ce l'ha anche enumerate).
  Il Ministro dell'interno ha successivamente diramato il 25 ottobre una direttiva ai prefetti, con cui, in linea con le richieste della Commissione, si disponeva il rafforzamento dell'attività di controllo del territorio e l'elevazione al massimo della cornice di sicurezza in occasione della consultazione, ferme restando le competenze regionali in una tornata elettorale in cui le operazioni erano al di fuori della tradizionale governance del Ministero dell'interno.
  Una volta acquisiti gli elenchi dei candidati (in tutto circa 1.500, considerando la Sicilia, Ostia e i due comuni sciolti), questi sono stati trasmessi alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ai fini di una rilevazione generale dei dati giudiziari ostensibili, in quanto successivi al rinvio a giudizio, riferiti alle situazioni rilevanti per il decreto legislativo n. 325 del 2012 e per il nostro codice di autoregolamentazione.
  La risposta del Procuratore nazionale è pervenuta lunedì 30 ottobre; in pari data sono state avviate le verifiche presso i vari uffici giudiziari, che sono progressivamente affluite in Commissione prima e dopo il 5 novembre, data delle elezioni, al pari delle risposte delle prefetture alle richieste formulate in occasione della citata missione a Palermo.
  Come sapete, tutto il materiale è depositato in archivio, e ringrazio doverosamente a nome della Commissione sia il Procuratore Roberti, sia tutti i prefetti per l'ottima collaborazione fornita, come del resto di consueto, ma devo dire che questa volta è stata anche più intensa e tempestiva soprattutto da parte delle prefetture.
  Passiamo ora alle risultanze di merito. Preliminarmente occorre svolgere alcune considerazioni, anzitutto i riferimenti temporali. La rilevazione della Commissione ha riguardato le situazioni alla data del 16 ottobre 2017, quindi non potevano emergere, in quanto ancora in fase di indagine e perciò segrete, le note situazioni che si sono tradotte in provvedimenti giudiziari, comprese le ordinanze di custodia cautelare in carcere, che sono state eseguite dopo le elezioni. Mi riferisco ai noti casi di Cateno De Luca (UDC), La Gaipa (Movimento 5 Stelle), Tamaio (Sicilia futura – PSI per Micari), Genovese (Forza Italia), Rizzotto (Lista Salvini), Rizza (Forza Italia), che sono emersi tutti dopo la data del voto.
  Le risultanze della verifica dal punto di vista ex ante sono numericamente limitate. Si tratta in tutto di sette situazioni rilevate, di cui sei in Sicilia e una a Ostia. Una di queste rientra nelle condizioni di incandidabilità della legge Severino, mentre le altre sei incorrono nelle previsioni del nostro codice di autoregolamentazione. Nessun caso ha riguardato i comuni di Mazzarrà Sant'Andrea e di Nardodipace, almeno in termini formali, mentre dal punto di vista sostanziale anche per questi comuni valgono le considerazioni che svolgerò successivamente. Pag. 5
  Avverto i colleghi che occorrerà almeno provvisoriamente passare in seduta segreta per l'analisi delle singole posizioni nominative. Non sono infatti definitivi tutti i nostri accertamenti, perché attendiamo ancora alcuni riscontri dagli uffici giudiziari.
  Inoltre, non essendoci ancora la proclamazione degli eletti da parte degli uffici elettorali siciliani, non possiamo ancora sapere se scatteranno le sospensioni previste dalla legge Severino. Naturalmente appena ricevute queste informazioni, se tutto sarà confermato, desegreteremo immediatamente questo resoconto stenografico e i suoi contenuti potranno essere resi pubblici.
  A questo punto propongo di passare brevemente in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. I lavori procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Prima di procedere alla lettura delle mie comunicazioni intendo fare una precisazione, dando voce a quanto ha sottolineato nella fase nella quale eravamo in seduta segreta l'onorevole Attaguile, che riguarda il caso di Rizzotto. Ci riferisce l'onorevole Attaguile che l'indagine non riguarderebbe il soggetto, Rizzotto, ma l'ente del quale Rizzotto è presidente. Facciamo questa precisazione su segnalazione dell'onorevole Attaguile.
  Il dato che emerge dalla rilevazione sulle recenti elezioni in Sicilia e a Ostia, di cui ho testé riferito, appare alquanto scarno, almeno in termini quantitativi, tanto più se posto a confronto con il risalto mediatico dato al tema dei cosiddetti «impresentabili» (uso per la prima volta questo termine che, almeno personalmente non ho mai adoperato in Commissione).
  Occorre perciò svolgere una riflessione politica su quali siano i possibili sviluppi del lavoro che la Commissione ha dedicato al tema delle elezioni e della selezione della classe politica soprattutto a livello locale. Parto da alcune brevi considerazioni sull'esperienza fatta in Commissione attraverso la verifica delle liste in base al codice di autoregolamentazione che abbiamo approvato nel 2014.
  La trasparenza delle situazioni giudiziarie è stato probabilmente il tema politico emerso dalle elezioni regionali del 2015, in cui sostanzialmente per la prima volta trovava applicazione su larga scala la legge Severino. Il ruolo delle liste civiche come varco delle infiltrazioni mafiose nella politica locale e come bad companies dei partiti tradizionali è stato probabilmente il tema politico emerso dalle elezioni amministrative del 2016, nel cui ambito abbiamo posto sotto osservazione i comuni, tra cui Roma, che tornavano al voto dopo lo scioglimento o dopo un accesso ispettivo per mafia.
  La presenza nelle liste dei «prestanome della politica» è stato probabilmente il tema politico emerso dalle elezioni regionali del 2017. Ritengo pertanto che, in vista della conclusione dei nostri lavori, nell'approssimarsi delle prossime elezioni politiche del 2018, si debba trarre dall'esperienza di questi anni una sintesi politica che possa essere utile, anche alla luce dell'appello fatto dal Ministro Minniti a Milano lo scorso 24 novembre, in occasione degli stati generali della lotta alle mafie, convocati dal Ministro della giustizia, nonché dalla considerazione che sarà la prima attuazione del nuovo sistema di elezione del Parlamento nazionale, ora disciplinato dalla legge 3 novembre 2017, n. 165.
  Da questo punto di vista propongo due grandi linee di intervento. La prima è di tipo normativo, con l'esigenza di rafforzare ulteriormente la legge Severino nella parte relativa ai controlli sulle candidature, attraverso termini più ampi di presentazione delle liste ai fini delle verifiche dei requisiti, controlli effettivi e non rimessi alle sole dichiarazioni dei candidati, pubblicità piena delle attestazioni relative al possesso dei requisiti non solo per candidarsi, ma anche per assumere la carica, attesa la distinzione che la legge Severino, in ossequio alla Costituzione, fa tra condizioni di candidabilità e condizioni di eleggibilità.
  Riterremmo necessario e doveroso che si possano conoscere di ciascun candidato sia la situazione di candidabilità che quella di eleggibilità, ulteriore dichiarazione del candidato attraverso apposita autocertificazione Pag. 6 di tutte le proprie pendenze giudiziarie, non solo quelle giuridicamente rilevanti ai fini dell'incandidabilità in senso tecnico, ma anche di qualsiasi ulteriore carico pendente o condanna, nel quadro di un'assunzione di responsabilità del candidato nei confronti della comunità che aspira a rappresentare.
  Vi faccio un esempio: un candidato è stato dichiarato candidabile nonostante avesse cinque condanne per reati gravi. Inferiori a due anni, sotto la soglia della legge Severino, ma erano cinque condanne per reati gravi e credo che la legge dovrebbe rendere obbligatorio che ciascun candidato faccia conoscere al pubblico al quale si presenta e del quale chiede la fiducia la sua effettiva situazione giudiziaria. Tutto questo perché la Costituzione ci chiede di esercitare le funzioni con disciplina e onore e io penso che da questo punto di vista la conoscenza di tutti i dati giudiziari sia fondamentale.
  Occorre, in altri termini, che sia il candidato a dover dichiarare quanto può aver riguardato la rilevanza penale dei propri comportamenti precedenti, perché di fronte alla verità, all'onestà e alla trasparenza dovute ai cittadini non possono esservi soglie di non rilevanza. La qualificazione morale dei fatti e la sanzione deve essere anzitutto reputazionale, affidata all'assunzione di responsabilità del singolo verso la comunità nazionale, regionale o locale, a seconda dell'ambito elettorale e non solo alla propaganda politica o alla campagna di stampa.
  Da questo punto di vista, un corollario giuridico diventa piuttosto la previsione di ulteriori condizioni di incandidabilità o ineleggibilità per chi in questo specifico contesto si renda responsabile di dichiarazioni mendaci, false o reticenti, ai sensi del DPR n. 445 del 2000, meglio illustrate attraverso l'integrazione del decreto legislativo n. 235 del 2012.
  Oltre alla sanzione generale conseguente alle false attestazioni dell'autocertificazione, si dovrebbe prevedere cioè una sanzione particolare per chi mente per candidarsi, un'ulteriore garanzia che sarebbe molto efficacemente inserita in un rinnovato quadro di pieno accesso agli atti delle commissioni prefettizie e di assoluta pubblicità di tutto il procedimento elettorale.
  Io credo che sia impensabile che la Commissione antimafia possa conoscere del procedimento delle commissioni elettorali solo perché ha la possibilità di audire i prefetti e i presidenti delle commissioni, mentre ciò non sia possibile a ciascun cittadino che deve poi andare a votare quei candidati che sono passati al vaglio delle commissioni elettorali.
  Questo procedimento non può essere riservato a sedi particolari.
  È inoltre urgente che il procedimento elettorale sia sottoposto a revisione, prima delle prossime elezioni politiche, non solo per rivedere la disciplina della raccolta delle sottoscrizioni, che sembra sia un'esigenza ventilata da più parti politiche e che diventa sempre più faticosa, almeno per taluni soggetti politici sempre più piccoli nei risultati elettorali, ma molto attivi nell'azione civile e nel dibattito politico. Tale esigenza è tanto più avvertita alla luce dei fatti di Ostia, con l'impegno massiccio delle forze di polizia a presidio dei seggi per la libera espressione del voto, e dei fatti siciliani, con le polemiche destate dalla scelta dei competenti organi regionali – in ragione dell'autonomia garantita dallo statuto speciale, unanimemente censurata a posteriori da tutte le forze politiche – di avviare lo scrutinio dei voti la mattina dopo la chiusura dei seggi, con le inevitabili polemiche per il rischio di brogli, per il maggiore impegno richiesto agli operatori dei seggi e alle forze di polizia, per i maggiori costi e per la lentezza nell'ottenere i risultati definitivi.
  Se il legislatore volesse fare un intervento, avrebbe tempo per farlo prima delle prossime elezioni politiche, e credo che noi potremmo avanzare le nostre proposte, quelle alle quali ho fatto appena riferimento, ma potremmo anche rinviare e considerare parte integrante di questa mia comunicazione le proposte contenute nella relazione sulla trasparenza delle candidature che presentammo al Parlamento il 27 aprile del 2016, con la banca dati dei candidati e con l'accesso ai casellari giudiziari. Pag. 7
  Non sto qui a ripeterle, ma rinvio a quei contenuti, che sostanzialmente possono essere riassunti come segue.
  Modifiche alla legge Severino, prevedendo la pubblicità delle autocertificazioni, l'ampliamento dei termini, oggi di 48 ore, per il loro controllo da parte delle commissioni elettorali, e da portare almeno a cinque giorni.
  Obbligo di acquisizione tempestiva – prima dello scadere del termine non successiva o meramente eventuale – dei certificati penali e dei carichi pendenti, almeno nella provincia in cui ci si candida, da parte delle prefetture, con la necessaria collaborazione dei responsabili degli uffici giudiziari, affinché ne garantiscano l'apertura anche nei giorni festivi.
  Previsione dell'obbligo a carico del candidato di autocertificare tutte le condanne e tutti i processi in corso, non solo quelle efficacemente previste dalla legge Severino che vanno tenute ferme nella disciplina giuridica già vigente, ma anche di qualsiasi altro processo che, pur non rientrando formalmente nel campo di applicazione della legge, riguardi il profilo morale del candidato. Si pensi che oggi il condannato in primo grado per reati anche gravi (bancarotta, rapina, violenza sessuale, falso, esempi tratti dalla realtà osservata in questi anni), a meno di due anni di reclusione non è tecnicamente incandidabile.
  Pur corretto dal punto di vista della disciplina vigente che deve essere coerente con la previsione dell'articolo 48 della Costituzione, il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. Esso in altri termini prevede che l'elettorato attivo e passivo possa essere limitato solo in forza di condanna definitiva. Questo presidio giuridico deve essere ampliato dal valore sociale della trasparenza e della pubblicità. Le situazioni processuali sono, infatti, sicuramente note e pubbliche e l'interessato ne ha evidentemente conoscenza, perché non sono più soggette al segreto d'indagine.
  Previsione di specifiche condizioni di incandidabilità e di sospensione e decadenza dalla carica in caso di dichiarazioni false in sede di autocertificazione. In altri termini, deve essere escluso dalla competizione elettorale chi viene scoperto ad aver dichiarato il falso in sede di attestazione dei requisiti ovvero di comunicazione delle proprie pendenze. In tal caso, inoltre, va prevista una causa di incandidabilità per le successive tornate elettorali. Inoltre, soprattutto se la scoperta della dichiarazione mendace avviene dopo le elezioni, è indispensabile la sospensione e la successiva decadenza per chi abbia mentito su circostanze tanto rilevanti sul piano politico ed elettorale.
  Prosecuzione della riforma del casellario nazionale, anche attraverso il rapido esercizio della delega già pendente, per rendere tempestivi e corretti gli inserimenti in una banca dati nazionale realmente affidabile sia per le condanne definitive, sia per i carichi pendenti, recuperando l'arretrato che nelle regioni del sud è anche di due anni.
  Per i comuni sciolti per mafia occorre rafforzare la previsione dell'incandidabilità, ai sensi del comma 1 dell'articolo 143 del TUEL, ampliandone la portata a tutte le tornate elettorali, comprese le europee come stabilito dalla giurisprudenza, e prevedere tempi più celeri per il procedimento in tribunale e forme cautelari per evitare come è accaduto, che, nelle more del procedimento si possa ricandidare l'amministratore locale che aveva dato causa allo scioglimento, magari anticipato dalle dimissioni volontarie per confondere le acque.
  Per tutto il resto richiamo infine tutte le altre proposte contenute nella relazione sulla trasparenza delle candidature, approvata il 27 aprile 2016, ma agli Stati generali nella lotta alle mafie il 24 novembre a Milano è emersa la necessità di interventi di natura politica su questa materia. Vi è un altro pilastro su cui rifondare la fiducia del corpo elettorale, la legittimazione della classe politica, che è la base della democrazia e l'essenza della sovranità del popolo, oggi minate da un pesantissimo astensionismo che nelle ultime elezioni in Sicilia è stato pari al 53 per cento e a Ostia al 66 per cento, la stessa percentuale raggiunta Pag. 8in Emilia-Romagna nelle ultime elezioni regionali.
  In uno dei comuni piccoli che tornavano al voto dopo lo scioglimento per mafia alcuni cittadini ci hanno inviato le schede elettorali, più per disperazione che per protesta.
  Il problema del voto alle mafie esiste, è inutile nasconderselo, ed è strettamente connesso con quello della corruzione e dei pacchetti di voti manipolati secondo le convenienze, e, mentre le mafie votano sempre, il rifiuto degli elettori a recarsi alle urne pone un problema politico ancora più grave. Come mi sono permessa di affermare agli stati generali, in proporzione nelle basse affluenze il «voto cattivo» incide molto di più, quindi bisogna rafforzare il «voto buono» perché cacci il «voto cattivo» dalle competizioni elettorali, e per questo bisogna in qualche modo rimotivare alla politica l'elettorato.
  In questo senso credo che servano delle misure che vanno oltre quelle appena illustrate sul piano legislativo. Il Ministro dell'interno, come ricorderete, ha chiesto un patto solenne tra i partiti per respingere il voto mafioso: «quest'anno abbiamo proposto lo scioglimento per infiltrazioni in ventuno amministrazioni, l'anno scorso sono state otto, la politica deve fare di più e deve fare prima. Chiedo formalmente alle forze politiche di stringere un patto solenne e pubblico, con cui dicano di rifiutare il voto delle mafie».
  La Commissione parlamentare antimafia ha posto per prima questo tema all'agenda politica, abbiamo affermato molte volte, non solo con l'esame delle candidature, che non è vero che i voti non hanno odore, perché il voto delle mafie puzza, ha un cattivo odore che inquina la vita pubblica.
  Abbiamo ricevuto anche degli attacchi incredibili per il lavoro che abbiamo fatto, però credo che a questo punto questo tema sia posto in maniera ormai irreversibile al Paese e che occorra una sede istituzionale nella quale far fronte a questa situazione e accogliere l'appello del Ministro dell'interno, che poi è stato anche molto forte da parte del Ministro della giustizia Orlando, il quale ha richiamato nelle conclusioni l'urgenza di una legge per attuare l'articolo 49 della Costituzione e che quindi chiede alle forze politiche un maggiore impegno.
  Noi dobbiamo ricordare le parole del Presidente Pertini: «non accetterò mai di diventare il complice di coloro che stanno affossando la democrazia e la giustizia in una valanga di corruzione».
  Mi sentirei, quindi, di avanzare una proposta perché non restino inascoltati gli appelli, perché le sedi solenni come quelle degli stati generali non si concludano semplicemente con un documento di carta, perché non si ripetano situazioni come quelle che abbiamo visto in queste ultime campagne elettorali, nelle quali la responsabilità è sembrata affidata solo agli organi di stampa e magari il tema della moralizzazione della classe politica è diventato un tema di scontro tra le forze politiche: credo che prima della fine della legislatura possiamo diventare promotori di una proposta di legge che ci sarebbe tutto il tempo per approvare.
  Credo che questa volta nessuno contesterebbe al Governo un decreto in questa materia, che sarebbe un decreto che volentieri le forze politiche in Parlamento potrebbero convertire. Noi potremmo anche riproporre una modifica del nostro codice di autoregolamentazione, che ha bisogno di alcune correzioni per quanto riguarda gli aspetti più tipicamente giuridici, ma potremmo integrarlo con un esplicito appello, che tutte le forze politiche potrebbero sottoscrivere in Parlamento, per la selezione della classe dirigente, che le impegnasse ad andare anche oltre i casellari giudiziari e a fare quantomeno una verifica di tutti coloro che vivono in contesti sia di parentela che di vicinanza con ambienti mafiosi o che sono in qualche modo «chiacchierati», perché questo non può mai diventare una norma, ma può diventare un impegno di verifica da parte delle forze politiche e di approfondimento.
  Così come credo che potrebbe esserci un esplicito riferimento a una delle caratteristiche e anche dei mali della politica italiana che è il trasformismo, cioè la capacità di trasportare pacchetti di voti da Pag. 9una parte all'altra senza che questo sia passato al vaglio di una effettiva sottoscrizione dei programmi e assunzione di responsabilità da parte dei candidati.
  Penso che dopo le vicende che si sono consumate a Ostia e in Sicilia, dopo quello che abbiamo osservato in questi anni, dopo che – e meno male – sono stati sciolti i comuni per infiltrazione mafiosa, non possiamo non essere allarmati da questa fotografia. Se c'è la necessità di sciogliere, i comuni vanno sciolti, ma, se aumenta così il numero degli scioglimenti, vuol dire che l'influenza delle mafie dentro le amministrazioni locali è sempre più forte.
  Allora io credo che il Parlamento potrebbe essere la sede nella quale, attraverso un atto condiviso della Commissione parlamentare antimafia, ci si potrebbe assumere una responsabilità in più per le prossime elezioni politiche. Rimetto questa proposta a una vostra valutazione perché nella prossima seduta della Commissione potremmo valutare un eventuale articolato normativo, che potremmo farvi pervenire prima della stessa riunione e, se lo condividerete, potrebbe rappresentare un impulso e una possibilità di rendere effettivo all'interno del Parlamento – dove sono presenti tutte le forze politiche – l'appello che è stato rivolto dal Governo. Diventerebbe a quel punto un atto parlamentare e non semplicemente del Governo.
  Prego, senatore Buemi.

  ENRICO BUEMI. Grazie, presidente, io condivido molte delle cose che lei ha detto sulla necessità di un'assunzione di responsabilità piena da parte delle forze politiche per rendere effettiva e permanente la battaglia contro le organizzazioni criminali mafiose, però non possiamo non prendere atto dei limiti di questa azione e della inadeguatezza della normativa che abbiamo a disposizione.
  Lei l'ha fatto rilevare per alcuni aspetti, io mi permetto di indicare altre problematiche che sono all'ordine del giorno.
  Noi registriamo in maniera chiara che lo scioglimento dei comuni dopo il periodo di gestione degli uffici commissariali riporta alla situazione precedente allo scioglimento, difficilmente si registrano cambiamenti sostanziali nella realtà degli stessi comuni, senza arrivare all'abnormità di cambiare le parole quando la musica è la stessa.
  Si pone quindi il problema di misure che taglino cordoni ombelicali tra le realtà messe sotto verifica che hanno portato allo scioglimento dei comuni, e il territorio con le sue problematiche, in modo tale che il futuro sia meno uguale del presente e del passato.
  Credo che ci sia la necessità di organi di affiancamento per un periodo non breve, perché non può essere di sei mesi (abbiamo visto cosa è successo a Reggio Calabria dopo lo scioglimento, come in tanti altri comuni), organi di affiancamento che verifichino il cambiamento effettivo della situazione.
  Io ho un'idea, che in parte è stata ripresa negli stati generali, cioè il ripristino di controlli amministrativi preventivi sugli atti dei comuni. Se non può essere possibile per tutte le realtà degli enti locali e nazionali, è evidente che queste misure possono diventare un elemento straordinario da applicare ai comuni sciolti per mafia, perché in quelle realtà un organo di controllo esterno che valuti preventivamente gli atti amministrativi posti in essere è assolutamente necessario, altrimenti non cambia niente.
  La seconda questione è relativa alle misure di rimozione. Spesso noi colpiamo l'organo democratico, sciogliamo il consiglio, mandiamo a casa il sindaco, che possono avere responsabilità marginali, e non colpiamo invece chi è direttamente braccio operativo delle organizzazioni criminali mafiose come spesso sono i capi degli uffici tecnici i capi della ragioneria, dell'urbanistica e degli uffici affari sociali, che attraverso la concessione di contributi a determinati ambienti consentono quel consenso sociale di cui la mafia si fa forte, in particolare nelle situazioni di marginalità del voto. È evidente che percentuali molto basse consentono con pochi sacrifici economici di controllare ambienti elettorali determinanti.
  Credo quindi opportune misure appropriate di rimozione dei dirigenti e dei dipendenti Pag. 10 anche con misure di prevenzione. Mi rendo conto che le organizzazioni sindacali potrebbero obiettare che c'è il diritto del dipendente, però come si sciolgono i consigli e si interrompe il processo democratico dentro gli enti locali, si pone anche il problema del ruolo dei funzionari, dei dipendenti.
  Ultima questione, presidente, è l'incompatibilità dei membri delle commissioni di accesso. Io credo che non sia accettabile che chi ha operato nel territorio faccia parte delle commissioni di accesso, perché ci sono contiguità – non faccio esempi per carità di patria –, sovrapposizioni, interessi conflittuali che diventano elementi di distorsione della meritoria attività delle commissioni di accesso, che devono essere libere, super partes, in grado di scavare in tutte le direzioni, perché non è detto che le responsabilità siano soltanto in una direzione.
  Queste e altre riflessioni, presidente, mi permetto di sottoporre all'attenzione della Commissione.

  PRESIDENTE. Questo ovviamente farà parte di un'altra proposta che inseriremo nella relazione finale della Commissione, mentre un'eventuale iniziativa legislativa potrà riguardare il procedimento elettorale.

  DAVIDE MATTIELLO. Vorrei fare una riflessione con lei, presidente, e con i colleghi. Io condivido nel merito quello che lei ci ha detto e condivido nel metodo che sia importante che la Commissione si faccia protagonista di una proposta.
  Voglio però riprendere esplicitamente un passaggio che lei ha fatto, che a me sta particolarmente a cuore, per manifestare una preoccupazione. Il passaggio è quello sull'astensionismo che di fatto fa pesare maggiormente il «voto cattivo», il voto inquinato. C'è almeno un altro fattore che fa pesare il voto inquinato ed è il fatto che in certi territori particolarmente esposti alcune persone perbene, che magari hanno denunciato e hanno testimoniato, se ne debbano andare.
  Questo è uno dei motivi per i quali questa Commissione all'unanimità ha presentato la proposta di legge di riforma sul sistema tutorio dei testimoni di giustizia. Tengo a legare a questo ragionamento quella proposta di legge e l'impegno di tutta la Commissione, perché una delle denunce che noi abbiamo raccolto negli anni è che queste persone perbene, imprenditori legati al territorio che hanno denunciato, per come attualmente funzionano le misure di protezione debbano lasciare i loro territori, e noi abbiamo nei nostri archivi fior di interviste e di testimonianze raccolte, nelle quali si dice: «io non voglio fare la fine di Tizio e Caio».
  Ci tengo a legare in questo momento questi ragionamenti, perché sono fortemente preoccupato del fatto che, nonostante tutto il lavoro unanimemente condiviso da questa Commissione, il Senato non calendarizzi la nostra proposta di legge, e sarebbe controproducente e inspiegabile che, mentre questa Commissione continua a insistere lodevolmente su tutte queste questioni, anche facendosi autrice di una nuova proposta di legge, quest'altra, già approvata all'unanimità dalla Camera, che ha il consenso di tutti i Gruppi parlamentari, che dice tra i suoi punti qualificanti che il testimone di giustizia va protetto nel suo territorio, che non deve andarsene lui, ma se ne devono andare i mafiosi, finisca in un cassetto.
  Io so, presidente, che lei in ogni sede, in ogni occasione, in ogni modo ha ribadito l'importanza di questa proposta di legge, ma, visto che i giorni ormai sono cruciali e ho ragione di credere che questa proposta non venga calendarizzata in Senato, tengo a condividere con lei e con i colleghi, che sono stati tutti partecipi di questo lavoro, questa preoccupazione. Grazie.

  FRANCESCO MOLINARI. Non posso che concordare con quanto hanno esposto i colleghi, per ultimo l'onorevole Mattiello, perché sento profondamente questo come un tradimento che faremmo ai tanti che si sono esposti soprattutto nei nostri territori, credendo nelle istituzioni democratiche dello Stato, che si ritroverebbero abbandonati proprio quando stanno arrivando al traguardo. Pag. 11
  Spero che ci sia un sussulto da parte di tutti, sapendo che come Commissione abbiamo realizzato diverse iniziative e ce ne sono alcune che dovremmo lasciare come legislatura. Nel grande lavoro di questa Commissione credo che il suo momento qualificante sia quello di aver creato la nuova figura dei cosiddetti «impresentabili», con l'introduzione di norme etiche di autoregolamentazione, che è stato il primo atto, la prima relazione che avevamo approvato a maggioranza in Commissione, e sarebbe un peccato se non si riuscisse a trasformare in norme giuridiche.
  Credo che l'ultimo sforzo che possiamo fare è cercare di trasformarle in norme giuridiche. Come Italia dei Valori faremo la nostra parte, perché di quanto detto dalla presidente avevamo fatto già un comunicato circa un mese fa, chiedendo addirittura un decreto urgente e necessario proprio per il «disinnamoramento» dei cittadini rispetto al momento centrale e vitale dell'esistenza di uno Stato democratico che è il momento elettorale.
  Per queste ragioni il legislatore deve intervenire su questo delicatissimo settore. Noi metteremo a disposizione la bozza di norme su cui stavamo lavorando. Avevamo fissato una conferenza stampa per presentarla giovedì di questa settimana, quindi mi consulterò con il mio segretario di partito perché abbiamo grande rispetto della Commissione antimafia e della sua funzione super partes, anche se siamo in un momento in cui ognuno cerca di fare la sua parte per la campagna elettorale.

  ALESSANDRO NACCARATO. Si può aggiungere anche una riflessione sulla durata delle gestioni commissariali? Perché uno dei problemi è la durata troppo breve in molti casi e, siccome ci sono delle previsioni di legge su questo, se si prevede un articolato, un punto andrebbe dedicato alla possibilità di avere una durata più lunga e quindi legare ad altre condizioni la cessazione della gestione commissariale.

  PRESIDENTE. Come dicevo, mentre secondo me bisognerebbe presentare un disegno di legge subito per il procedimento elettorale, tutta la parte riguardante gli enti locali farà parte della relazione finale e quindi quando verrà consegnata avremo tutto il tempo, prima dell'approvazione, per apportare altre modifiche. Il tema della durata non può essere un termine standard, così come l'uscita dai commissariamenti non può essere automatica e uguale per tutti.

  GIULIA SARTI. Solo l'ultima nota che già ci siamo detti anche in precedenza. Noi possiamo fare quello che vogliamo – proposte di legge, proposte per il Governo di fare un decreto, regole più stringenti per aumentare la trasparenza delle candidature –, il punto è che però se nessuno controlla è un lavoro inutile.
  È chiaro quindi che chi voleva in questi anni dotarsi di regole per avere maggiore trasparenza, maggiore controllo all'interno del proprio movimento o partito, lo ha già fatto, chi ancora non lo ha fatto – queste elezioni siciliane sono state un chiaro esempio – non lo farà perché la Commissione parlamentare antimafia o il Governo stesso o un Ministro dell'interno inviterà ad assumersi le proprie responsabilità. Chi voleva farlo si è già dotato di regole al suo interno, chi non lo ha ancora fatto, a parere mio, non lo farà mai, perché deve servirsi di quei voti per rimanere in vita.
  Detto ciò, quello che veramente potremmo auspicare è che è il controllo della Commissione antimafia venga previsto anche per le prossime tornate elettorali, lasciando stare quello che succederà con queste elezioni politiche, ma un controllo sulle elezioni comunali, sulle elezioni regionali, come abbiamo fatto in questa legislatura, potrebbe essere una proposta da inserire, in modo tale che ci sia qualcuno in più oltre alle commissioni elettorali che già fanno questo lavoro sulla base della legge Severino e dell'art. 143 del TUEL – più avanti si vedrà se ci saranno regole ulteriori –, però si è visto che spesso questo lavoro non ha funzionato correttamente.
  Sarebbe bello quindi avere una Commissione d'inchiesta parlamentare che con le sue prerogative potesse svolgere questo ulteriore controllo per avere maggiori garanzie, perché, finché le regole sono queste, Pag. 12è normale che tutti si sentiranno in dovere di violare gli obblighi o il codice di autoregolamentazione approvati qui dentro all'unanimità. Auspichiamo quindi che ci siano maggiori controlli in futuro.

  PRESIDENTE. Sapendo che poi ci sono sempre sorprese anche quando ci sono i controlli. Vorrei fare mio – credo a nome di tutti – l'appello dell'onorevole Mattiello, perché chiudere la legislatura senza aver approvato la legge sui testimoni di giustizia lo considererei un atto molto grave, perché personalmente ritengo importante anche l'approvazione di altre leggi che sono in agenda e per fortuna lo sono, ma far morire la legge sui testimoni di giustizia, sulla quale si è verificata fin dall'inizio l'unità di tutte le forze politiche, sarebbe veramente un atto di irresponsabilità.
  Auguriamoci quindi che il Consiglio di Presidenza del Senato la calendarizzi non appena avrà terminato la sessione di bilancio. I tempi ci sono perché, mentre altre leggi, che saluto positivamente e che vedo all'orizzonte all'ordine del giorno del Senato, sicuramente faranno impiegare più tempo, quella sui testimoni di giustizia potrebbe essere approvata nel giro di pochissimo tempo, magari i Gruppi si potrebbero autodisciplinare nei tempi per le dichiarazioni di voto. A tale proposito, propongo di scrivere, a nome della Commissione, una lettera al Presidente del Senato e alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari.

  ENRICO BUEMI. Si potrebbe addirittura approvare in sede deliberante, essendo un provvedimento che ha la massima condivisione di tutte le forze politiche.

  DAVIDE MATTIELLO. Non si può più, perché in Commissione giustizia è stato votato un emendamento, quindi bisogna portarla in Aula, modificandola.

  PRESIDENTE. Mandiamo subito una lettera. Ringrazio ancora una volta gli uffici della segreteria della Commissione, i magistrati consulenti, gli ufficiali di collegamento e i finanzieri dell'archivio perché senza di loro questo lavoro certosino di verifica di tutte le situazioni giuridiche dei candidati non sarebbe possibile.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.20.