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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 205 di Lunedì 11 dicembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione di associazioni e comitati ambientalisti della regione Lazio:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Gessi Claudio , Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Puppato Laura  ... 8 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 8 
Puppato Laura  ... 9 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Gessi Claudio , Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 10 
Puppato Laura  ... 10 
Gessi Claudio , Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 10 
Puppato Laura  ... 10 
Gessi Claudio , Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 10 
Sofi Rocco , Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Coltré Alessandro , Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro ... 11 
Ciuffarella Alessandro , Presidente dell'associazione Civis Ferentino ... 12 
Cavallo Giovanni , Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino ... 13 
Santovincenzo Lorenzo , Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Santovincenzo Lorenzo , Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Coltré Alessandro , Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Coltré Alessandro , Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro ... 18 
Puppato Laura  ... 18 
Coltré Alessandro , Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro ... 18 
Cervellini Massimo  ... 18 
Puppato Laura  ... 18 
Coltré Alessandro , Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro ... 19 
Santovincenzo Lorenzo , Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino ... 19 
Puppato Laura  ... 19 
Santovincenzo Lorenzo , Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino ... 19 
Puppato Laura  ... 20 
Coltré Alessandro , Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 16.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di associazioni e comitati ambientalisti della regione Lazio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le audizioni di rappresentanti dell'associazione Area consumatori, di rappresentanti dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro, rappresentanti dell'associazione Civis Ferentino. Comunico che i rappresentanti del Comitato spontaneo Lazio sud, ancorché convocati su loro richiesta, hanno fatto presente di essere impossibilitati a partecipare.
  L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione Area consumatori di Colleferro. È presente l'avvocato Rocco Sofi, presidente dell'associazione, che è accompagnato dal professor Claudio Gessi e dalla dottoressa Simonetta Bianco, che ringrazio della presenza.
  L'audizione odierna si svolge su richiesta degli interessati e rientra nell'ambito dell'approfondimento in corso di svolgimento della regione Lazio. Ricordo che la Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Cedo dunque la parola all'avvocato Sofi per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva.

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Grazie, presidente, buon pomeriggio a tutti. Vi ringraziamo della vostra presenza.
  Area consumatori ha sentito l'esigenza di avvicinarsi ai fenomeni presenti sul nostro territorio, la zona a sud della provincia di Roma, e di puntare l'attenzione in maniera molto particolare su un incontro, avvenuto il 12 marzo 2016, del Coordinamento territoriale Prenestini Lepini del Partito democratico. In questo incontro è stato siglato un accordo il cui al sesto punto si legge proprio questo: «per quanto riguarda gli inceneritori di Colleferro ancora necessari, come già detto devono essere ripensati tecnologicamente. La soluzione potrebbe essere quella di indire una gara pubblica per la gestione degli impianti ad un partner industriale, che sia in grado di sobbarcarsi anche dei costi dell'ammodernamento degli inceneritori stessi».
  Da qui emerge chiara la volontà politica del revamping, prima emersa come notizia nei comitati o tra la gente, ma ancora non con un atto concreto. Il 12 marzo, quindi, abbiamo il primo atto concreto che esprime Pag. 4la volontà politica di ristrutturare le due linee di incenerimento.
  Aggiungo che l'impianto a Colleferro è costituito da due linee di incenerimento, una di proprietà al 100 per cento di Lazio Ambiente, la seconda di proprietà al 60 per cento di EP Sistemi, e al 40 per cento di AMA, la partecipata del comune di Roma. Noi ci muoviamo subito e...

  PRESIDENTE. Non ha detto come è composta EP Sistemi.

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Il 60 per cento, lo avevo già detto prima, presidente: una linea di incenerimento è il 100 per cento Lazio Ambiente, che è regione Lazio, la seconda linea è il 60 per cento EP Sistemi, 40 per cento AMA.

  PRESIDENTE. EP Sistemi invece come è composta?

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Non vi è una composizione, per noi il dato è che EP Sistemi ha il 60 per cento della seconda proprietà di linea di incenerimento. Spero di essere stato esaustivo.

  PRESIDENTE. Io avevo solo chiesto come è composta, se lo sa. L'atto politico del 12 marzo che atto è?

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Questo è un accordo... quindi siamo passati già alle domande, non finisco la relazione e passiamo direttamente alle domande o sono contestuali?

  PRESIDENTE. Era solo per contestualizzare.

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. No, perché questa è la Commissione d'inchiesta dove noi veniamo per darvi un compito per poi indagare o chiedere agli organi preposti esattamente il da farsi, presumo, ma mi attengo a questa breve relazione.
  Il documento che lei diceva è un documento sottoscritto da alcuni rappresentanti del PD zona Monti Prenestini Lepini, di cui avevo già recitato questo punto, quindi noi, essendo allarmati da tutto ciò, iniziamo a fare alcune azioni, ossia la petizione popolare che è stata sottoscritta da oltre 500 cittadini del comune di Colleferro, e a seguire una petizione europea, tutti documenti che possono essere oggetto di deposito da parte dell'associazione.
  Con questo documento il 22 dicembre inviamo una petizione in Europa, l'Europa ci risponde, per prima cosa ci dà un numero cronologico a cui fare riferimento e successivamente ci risponde l'11 maggio 2017 sulla base di questa petizione, la numero 1528 del 2016: «Sono lieta di comunicarle che la Commissione per le petizioni ha avviato l'esame della sua audizione. La Commissione considera la petizione ricevibile, poiché il suo oggetto rientra nell'ambito delle attività dell'Unione europea, conformemente al regolamento del Parlamento europeo.
  La Commissione per le petizioni ha quindi chiesto alla Commissione europea di svolgere un'indagine preliminare sui vari aspetti del problema, in base alle informazioni da lei presentate. Essa proseguirà l'esame della petizione non appena le saranno pervenute le informazioni necessarie.
  La Commissione ha inoltre ravvisato l'opportunità di sottoporre le questioni sollevate nella sua petizione anche alla Commissione del Parlamento europeo competente in materia, e ha pertanto deciso di trasmettere la petizione alla Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per informazione. Sarà mia cura tenerla al corrente di ogni ulteriore seguito dato alla sua petizione, il presidente della Commissione per le petizioni, dottoressa Cecilia Malmström»,
  Successivamente a questa risposta, anche sulla base di altre azioni che abbiamo mosso, abbiamo partecipato anche ad alcune audizioni in Commissione rifiuti regionale, e qui voglio soffermarmi perché tutto parte da due procedimenti, la conferenza dei servizi che la stessa regione Lazio Pag. 5pone a carico sia di Lazio Ambiente che di EP Sistemi.
  Apre queste due procedure, ma ad oggi siamo stati invitati un'unica volta in audizione, dove abbiamo naturalmente fatto le nostre osservazioni, che sono oggetto di prova documentale che vi forniremo, ma non è stato dato alcun seguito, nel senso che i due procedimenti sono ancora in itinere, però non abbiamo ricevuto alcuna notizia; secondo il nostro modesto avviso, in totale violazione della normativa sulla trasparenza perché un cittadino deve essere notiziato, a maggior ragione noi come Area consumatori che tuteliamo gli interessi diffusi dei cittadini e dei consumatori, ma ad oggi non c'è stato dato alcun riferimento o prova documentale. Che fine abbia fatto la Commissione che sta curando questi due procedimenti non è dato sapere. Abbiamo anche sollecitato, e anche il sollecito via PEC è sempre formulato in prova documentale.
  I termovalorizzatori in questione ormai appaiono come un modello inadeguato allo smaltimento corretto dei rifiuti, a causa soprattutto dei guasti frequenti, che richiedono numerosi interventi di manutenzione su un impianto già vecchio ed obsoleto, con conseguente aggravio delle finanze pubbliche.
  Questo l'abbiamo ribadito in regione, a comprova di quanto affermato Area consumatori in data 2 novembre 2016 (fate attenzione a questi passaggi) depositava presso i carabinieri di Colleferro un atto di denuncia querela per i fatti verificatesi in località Colle Sughero, nei pressi dell'impianto di termovalorizzazione, il giorno 1° novembre 2016 alle ore 10.00 di mattina, per emissione di fumi neri sospetti che provocavano allarme nella popolazione vicina, fatti oggetto di procedimento penale con numero di ruolo generale (qui mi rivolgo soprattutto a voi come competenza di organo di vigilanza e di inchiesta) NRG 3619/2017 Modello 44 presso la procura della Repubblica di Velletri, pubblico ministero dottoressa Corinaldese, quindi è stato aperto un procedimento e si sta indagando.
  Successivamente noi abbiamo predisposto anche altre azioni al fine di capire meglio e comprendere la mancanza di notizie, perché è come se ci mancasse il terreno sotto i piedi, da una parte abbiamo un territorio che è stracontaminato, abbiamo una famiglia su tre che ha un problema serio di salute, dall'altra parte invece ci sono delle istituzioni che cercano di attribuire la colpa a uno piuttosto che un altro, e che non ci la realtà di quello che sta accadendo, che stanno facendo, se lo fanno.
  Successivamente uscì un nuovo comunicato presso alcuni giornali soprattutto locali, dove si faceva presente che l'ARPA Lazio aveva avviato dei procedimenti per accertare se il terreno e le falde fossero inquinati o meno (periodicamente loro vanno e verificano) e sembrerebbe che a gennaio 2017 i livelli siano stati superati di ben tre volte.

  PRESIDENTE. I livelli di cosa, mi scusi?

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Ora lo spiego. Abbiamo quindi predisposto una nuova denuncia depositata sempre alla stazione dei carabinieri di Colleferro. Aveva rilevato la presenza di cromo esavalente in una misura ben tre volte superiore ai limiti di legge, oltre a presenza di ferro e di arsenico all'interno delle falde acquifere superficiali sottostanti l'impianto degli inceneritori di Colleferro.
  Naturalmente avrei tanto altro da aggiungere però, come concordato all'inizio di questa nostra audizione e passando la parola al professor Gessi che darà un quadro più storico della vicenda, giungo alle conclusioni.
  Abbiamo capito che il comune di Roma è stato inizialmente favorevole al revamping dell'impianto di Colleferro che riteneva strategico per bruciare parte dei rifiuti indifferenziati di Roma. Roma Capitale era a tal punto interessata all'attività dell'impianto che venivano investiti circa 3 milioni di euro attraverso AMA Roma S.p.A., che già sono stati spesi tutti, come ci è stato riferito dallo stesso amministratore delegato in audizione alla regione, l'ultima audizione che abbiamo avuto. Pag. 6
  Negli ultimi mesi Roma Capitale e AMA hanno invece annunciato di non voler più usufruire dell'impianto e quindi di rinunciare al conferimento del CDR nell'impianto di Colleferro, aggiungendo di essere disposti ad effettuare un ulteriore investimento per finanziare la fabbrica dei materiali, che già nei primi mesi del 2016 è stata da noi proposta in regione, oltre che nelle petizioni, soprattutto quella popolare, che noi abbiamo depositato il 22 ottobre 2016 nel comune di Colleferro (abbiamo tutte le copie e vi forniremo tutto quanto).
  Hanno quindi invertito il senso del ciclo rifiuti proponendo a parole «un'impiantistica tecnologicamente avanzata, che non determina alcun impatto ambientale negativo sul territorio circostante».
  In data 27 settembre 2017, in una delle ultime audizioni per la situazione rifiuti del Polo Colleferro in consiglio regionale, l'assessore Buschini, assessore all'ambiente e rifiuti, annuncia per la prima volta che anche loro sono favorevoli all'attuazione della fabbrica dei materiali.
  Gentili parlamentari, il problema è che, nonostante sia il comune di Roma che la regione Lazio siano oggi favorevoli a parole alla dismissione dell'inceneritore e alla trasformazione dell'impianto, nessun progetto concreto in atti e documenti è stato presentato nelle sedi ufficiali.
  In assenza di un piano e di un progetto, sempre nella stessa audizione regionale l'amministratore unico di Lazio Ambiente, Narda, riferiva che: «rimarrà attivo il termovalorizzatore, che dovrebbe tornare in attività a partire dai primi mesi del 2018, una volta ultimate le ultime fasi tecniche del revamping».
  Se riparte il termovalorizzatore, per il territorio sarà una tragedia, quindi la Commissione deve aiutarci ad indagare sui fatti e sui documenti che sia oggi che successivamente vi fornirò, e a insistere per far decollare il progetto di trasformazione dell'impianto da termovalorizzatore in fabbrica dei materiali, richiamando le parti alle loro responsabilità.
  Se infatti si concretizzasse il progetto di trasformazione in fabbrica dei materiali, questo sarebbe il segnale concreto che Roma Capitale vuole chiudere virtuosamente il ciclo dei rifiuti, ridurre drasticamente l'indifferenziata, puntare con forza sulla raccolta differenziata e smettere di scaricare la sua inefficienza, ma soprattutto il degrado, i rifiuti e il conseguente inquinamento sulla città di Colleferro, tanto martoriata in questi anni ed evidentemente eletta a zona di sacrificio.
  Concludo con una frase di un filosofo degno di fama: «la natura non va forzata, ma persuasa, la persuaderemo soddisfacendo i desideri necessari ed anche quelli naturali, purché non portino danno, ma respingendo fortemente quelli che siano nocivi», quello che oggi chiediamo a questa onorevole Commissione. Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Se ci date ovviamente tutti questi atti, in particolare questo accordo del PD del 12 marzo 2016 che credo sia una cosa interna, quindi non è una cosa istituzionale.

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. È un documento interno, però è uscito su tutte le testate giornalistiche e quindi a maggior ragione è diventato poi oggetto anche di scambio con altre forze locali, di dibattito, e la nostra preoccupazione è stata anche quella.

  PRESIDENTE. Purtroppo il tempo non è molto, ma se volete aggiungere qualcosa...

  CLAUDIO GESSI, Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Ridurrò al massimo il mio intervento. Sono Claudio Gessi e sono qui ad accompagnare l'avvocato Sofi, sono il presidente di un'associazione di Colleferro, Città dell'uomo, e ho il dovere di informarvi che sono anche il direttore regionale della Pastorale sociale e lavoro, custodia del creato per la conferenza episcopale del Lazio, per cui ho un'attenzione anche su questi problemi.
  Una veloce premessa: la settimana scorsa ero alla presentazione del rapporto Censis 2017 e sono stato molto sorpreso che nella presentazione del rapporto il Censis dopo Pag. 7cinquant'anni, per la prima volta, dice: «cresce nel Paese un clima di rancore», parola, quest'ultima, che non era mai stata utilizzata.
  Per inquadrare bene il problema, se i membri di questa Commissione venissero a Colleferro, toccherebbero con mano che questo clima di rancore cresce. Nel 2011 noi commissionammo all'Ipsos un'indagine su Colleferro, e i cittadini rispetto ai problemi risposero che il primo era l'inquinamento ambiente e salute, il 72 per cento dei cittadini (in Italia era il 39), per cui potete capire che aria tira a Colleferro.
  Mi soffermerò su due elementi che sono importanti. Il primo è la storia dell'insediamento dei termovalorizzatori, perché è fondamentale e riguarda i lavori di chi vi ha preceduto, cioè la Commissione della precedente legislatura che ha dedicato molto tempo a Colleferro audendo due sostituti procuratori della Repubblica di Velletri, il comandante del NOE di Roma, che sui termovalorizzatori di Colleferro hanno fatto indagini dalle quali sono emersi fatti veramente terrificanti.
  La seconda è la situazione ambientale della città, che era già molto critica prima dei termovalorizzatori e per quello che è accaduto dopo.
  A primavera del 2011 fu presentata la relazione finale di chi vi ha preceduto, presidente l'onorevole Gaetano Pecorella, e si diceva che «al momento le attuali indagini condotte nel Lazio hanno evidenziato specifici illeciti penali», che nella gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Colleferro non c'era stato controllo «è certo infatti che i dati delle centraline di controllo dei fumi dei camini di scarico venivano alterati facilmente, accedendo ai relativi file anche da remoto».
  Non vi leggerò tutto (ve la lascio), ma il sostituto procuratore Cirielli dice: «spesso venivano registrate caratteristiche di qualità del CDR che evidentemente non erano consentite, perché c'era presenza di materiali ferrosi, umidità eccessiva, sostanze plastiche, a volte si ritrovava l'annotazione “monnezza”, intendendo che si trattava di rifiuto tal quale». I controlli del sistema informatico destinato al controllo lasciavano gravi problemi.
  Questo sistema a nostro giudizio ha presentato molte falle, perché i dati non erano blindati, e dice che per esempio un valore di 10 di emissione dell'ossido di azoto poteva essere modificato in remoto, cioè qualche operatore esperto poteva intervenire (l'altro procuratore e il NOE lo hanno scoperto) dalla Toscana e modificare i dati, per cui i dati ufficiali non erano reali, perché veniva bruciato altro.
  Vi lascio la documentazione nella quale potete leggere una cosa inquietante, le affermazioni del comandante il quale sostiene che lì sono state bruciate anche sostanze chimiche, gomme, metalli. Ci si chiederà perché ripetiamo queste cose che sono agli atti, ma perché purtroppo queste cose si ripetono e noi siamo preoccupati perché l'anno scorso il 22 settembre Il Messaggero riferisce che nei termovalorizzatori di Colleferro succede la stessa cosa; la Muraro è intercettata mentre dice: «alle irregolarità ci penso io, sono venuti i Carabinieri, mancano le analisi, non vi posso togliere sempre le castagne dal fuoco, vi faccio una dichiarazione in cui dico che le analisi le mandiamo domani. Ci stanno pure le gomme delle macchine intere e un sacco di metallo, che si mescola e si brucia».
  Questo è successo l'anno scorso, ecco perché noi siamo enormemente preoccupati, perché pare che la storia non ci abbia insegnato niente.
  Voglio ricordare ai componenti di questa Commissione due fatti. Quando furono costruiti i termovalorizzatori, l'allora sindaco diventato poi deputato, Silvano Moffa, prima rilasciò le concessioni (siamo alla fine del 1998), poi chiese il parere all'ASL, che era obbligatorio, lo chiese tre mesi dopo e il parere fu negativo (è agli atti).
  Quel parere fu tenuto chiuso nei cassetti, il Ministero dell'ambiente, che rilasciò tutte le autorizzazioni, fu costretto a fare una nota nella quale diceva «quando abbiamo rilasciato le autorizzazioni non eravamo a conoscenza del parere negativo della ASL». Pag. 8
  Per le rinnovo dell'AIA per i due revamping è stato richiesto il parere all'ASL, e la ASL non ha fatto un nuovo parere, ma ha detto che vale il parere rilasciato nel 1999, quindi noi vogliamo capire se quando si fanno le conferenze di servizio i pareri di chi deve certificare la salute della gente hanno valore o meno, e io vi debbo dare alcuni dati per essere veloce.
  Perché l'ASL dà parere negativo? Perché nel 1999 disse che noi eravamo già in una situazione critica, nell'area c'era di tutto e di più, eravamo in un'area in cui passa l'alta velocità, l'autostrada, il traffico normale, con il cementificio e altre cose, quindi non era possibile appesantire, e questa cosa non è stata tenuta in considerazione.
  Un rapporto dell'Istituto superiore sanità, pubblicato nella rivista Sentieri, dice che in un'indagine di pool (indagine di pool significa che, siccome non ci sono i soldi per fare 500 analisi di 500 persone, si è fatta un'analisi di 500 persone, si è mischiato il sangue ed è uscito un dato medio) nel dato medio i cittadini di Colleferro hanno il doppio delle diossine che hanno gli abitanti dei paesi limitrofi.
  Abbiamo il problema degli abitanti che abitano vicino al fiume Sacco con il famoso esaclorocicloesano per cui tutti hanno questa sostanza che comincia a essere certificato che è anche cancerogena, nel terreno ci sono presenze di metalli pesantissimi, anche se a quei tempi tutti dicevano che era tutto a posto.
  Perché siamo qui? Siamo qui per dire che a Colleferro non è più possibile appesantire la situazione. La relazione Pecorella è del 2011, a luglio del 2012 viene presentata alla regione Lazio un'indagine commissionata da Marrazzo e fatta dall'ente regionale, il Rapporto ERAS, che è diventato famoso in Italia e in Europa per il nuovo metodo utilizzato, e in quel rapporto emergono dati allarmanti (alcuni li ha ricordati l'avvocato Sofi) sull'incidenza di alcune malattie in maniera esponenziale dall'entrata in vigore dei termovalorizzatori. Qui ho dei quadri, che non vi faccio vedere per problemi di tempo, in cui vi rendete conto della differenza tra il termovalorizzatore di Colfelice e quello di Colleferro, perché a Colfelice per problemi ambientali la ricaduta è minima, a Colleferro è drammatica.
  Il rapporto si conclude dicendo che «non è auspicabile, ma è necessario continuare il monitoraggio» a giugno-luglio 2012. Quel monitoraggio è stato interrotto, nonostante la regione Lazio abbia detto che voleva investire centinaia di milioni per la salute, non è stato fatto, la situazione è ancora quella con una crescita importante delle malattie dell'apparato respiratorio, in particolare quelle dei bambini.
  Per la mia cultura (mi permetterete questa annotazione), mi sento un po'un degasperiano, considero che un politico serio pensa al futuro delle giovani generazioni e non alle elezioni che arrivano, e anche in questo noi dovremmo essere attenti. C'è una frase che uso quando mi chiedono di parlare di ambiente in giro per il Lazio: questa terra, questo ambiente non ci è stato lasciato in eredità dai nostri nonni, ce l'hanno prestato i nostri figli e glielo dovremo riconsegnare. Ecco perché la nostra preoccupazione è forte, il dato è drammatico, venire a Colleferro e parlare con le famiglie vuol dire rendersi conto di una situazione che non è più sostenibile, c'è una responsabilità di tutti, noi che rappresentiamo queste situazioni e per le quali lottiamo insieme con altri tutti i giorni, e voi che avete un ruolo diverso, che può incidere nelle soluzioni da adottare.
  Sono stato veloce, presidente?

  PRESIDENTE. Grazie. La senatrice Puppato voleva porre una domanda.

  LAURA PUPPATO. Grazie, presidente, alcune domande. Una per curiosità, perché Area consumatori è un'associazione che non avevo mai sentito nominare, quindi vorrei sapere se sia un'associazione nazionale o locale.

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. È una associazione di carattere regionale, della regione Lazio, non siamo nel CNCU, siamo nel CRC.

Pag. 9

  LAURA PUPPATO. Le faccio tutte le domande, poi decidete voi chi risponde, ma in ogni caso alla fine. La località di Colleferro che raccolta differenziata ha? Mi risulta che abbia anche una rilevante area industriale. Di che aziende si tratta? Mi pare siano piuttosto vicine all'impianto di incenerimento.
  Visto che avete parlato di una situazione sanitaria già accertata come pesante, è stato fatto uno studio epidemiologico? È infatti evidente che una situazione di questo genere avrebbe dovuto indurre le autorità preposte ad attivarsi per fare delle valutazioni anche in ordine alle attività industriali esistenti, che non è solo quella dell'impianto di incenerimento, soprattutto se si parla di presenza di cromo esavalente, ferro e arsenico è probabile che ci siano anche fonti inquinanti diverse dall'impianto stesso.
  Una informazione per quanto riguarda le annotazioni che lei, avvocato Sofi, ha fatto. Lei ha detto che esistono atti amministrativi prodotti da esponenti locali del Partito Democratico che formulano...

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. No, non ho detto atti amministrativi, assolutamente.

  LAURA PUPPATO. Lì cosa esiste, soltanto un articolo di giornale frutto di dichiarazioni di una volontà di revamping?

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Sì.

  LAURA PUPPATO. Va bene, non è un elemento di valutazione per una Commissione d'inchiesta...

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Questa è una valutazione che dovrete fare voi.

  LAURA PUPPATO. È importante, nel senso che comunicazioni, volontà e informazioni se ne sentono di ogni tipo, ma poi ci sono le azioni conseguenti, se non ci sono azioni conseguenti non è un dato di valore. Vorrei capire da questo punto di vista esattamente che informazioni abbiate, perché torno a dirvi che se non ci sono elementi documentali, azioni amministrative, ma ci sono esclusivamente delle valutazioni fatte dal punto di vista politico da Tizio o da Caio, non hanno rilevanza per la nostra Commissione.
  Altro aspetto. Voi avete detto di aver prodotto una petizione popolare di 700 cittadini di Colleferro...

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Di 520.

  LAURA PUPPATO. Mi correggo, di 520. Vorrei sapere se dopo questa petizione, che presumo chiedesse di non procedere al revamping, quali atti ci siano stati da parte della regione Lazio e del comune, a parte l'Europa che ha ricevuto la vostra petizione, ma da quanto ci dite non ha ritenuto di darvi risposta, cosa abbastanza irrituale (di solito la Commissione europea risponde, ma comunque da questo punto di vista non possiamo intervenire), quindi vorrei capire quali atti si siano verificati a livello amministrativo o politico in relazione alla petizione che avete assunto.
  Lei, avvocato, ha parlato anche di successive, altre azioni che avete messo in campo, presumo sia quella della denuncia del novembre 2016 per i fumi neri che provocavano allarme...

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Sono due denunce...

  LAURA PUPPATO. In quanto avete immaginato che le emissioni non fossero a norma, giusto? Quindi se ci può far capire quali sono le ulteriori azioni che avete proposto.
  Lei ha detto di non aver ricevuto risposta dopo la conferenza dei servizi della regione Lazio dove eravate state invitati in audizione e avevate fatto le vostre osservazioni, ma mi pare tutto estremamente coerente e corretto, perché non mi consta che dopo la conferenza dei servizi ci debba Pag. 10essere una risposta, ma eventualmente un'azione che tenga o meno conto in questo caso di una rilevazione fatta da cittadini riuniti in associazione.
  Per quanto riguarda il tema del CDR sollevato dal signor Gessi, CDR che risulta non adeguato per umidità eccessiva ed è probabilmente un tal quale come mi risulta sia ancora in uso anche in regione Lazio bruciare negli impianti di incenerimento, oltre ad esservi opposti e ad aver proposto la fabbrica dei materiali, che peraltro è una atipica designazione di impianti che hanno a che vedere con il recupero della materia, il riciclo e lo smaltimento (vi informo che è uno degli elementi di valutazione di questa Commissione perché ci sono stati circa 200 incendi in Italia in impianti con queste caratteristiche, quindi non credo ci sia automatismo tra la qualità di un impianto e la gestione dell'impianto stesso, il problema è la gestione degli impianti, che è un tema rilevante) la vostra associazione ha fatto anche delle controproposte che permettano di cancellare il residuo secco, che purtroppo è all'origine delle necessità degli impianti di incenerimento o di termovalorizzazione? Grazie.

  CLAUDIO GESSI, Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro. È chiaro che la storia di Colleferro è una storia segnata dalla presenza della grande industria. Colleferro è nata nel 1935, ma dal 1910 lì fu insediata un'azienda che formalmente era uno zuccherificio, ma faceva armi, la BPD, e l'azienda chimica ha intaccato fortemente.
  Nel 1930 (date molto orientative) è nato anche il cementificio, e le conseguenze sul territorio sono note a tutti, la Valle del Sacco negli ultimi giorni è tornata in auge grazie ad alcuni servizi di alcune emittenti a livello nazionale. Il problema è proprio quello: quando fu chiesto il parere in ritardo, la ASL disse: «non è possibile, perché siamo già fortemente colpiti».

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, ma l'ASL ha fatto uno studio epidemiologico?

  CLAUDIO GESSI, Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro. C'è uno studio epidemiologico commissionato dalla regione Lazio, dal Dipartimento regionale, che è uno di quelli di avanguardia in Italia, questo studio è stato finito a giugno 2012, è stato presentato alla regione Lazio, siamo stati investiti personalmente dopo tre mesi perché questo studio non usciva fuori e noi siamo riusciti a farlo uscire da un cassetto, si chiama Rapporto ERAS e contiene tutti i dati dell'indagine epidemiologica che tiene conto di tutti i fattori presenti, cioè l'inquinamento dalle aziende, l'inquinamento di background, ma fa anche uno studio in cui depura di questo e dice qual è la ricaduta del funzionamento dei termovalorizzatori, e di fatto va a confermare le preoccupazioni dell'ASL.
  Alla fine di quel rapporto gli estensori, che sono degli scienziati, dei medici, dei tecnici dicono: «dovete continuare a monitorare, perché la situazione è gravissima» e questa cosa invece lì è finita, sebbene fosse proprietà della regione.
  Ci sarebbero altre cose da aggiungere, però mi pare che il tempo sia estremamente limitato. La raccolta è partita da alcuni mesi, perché prima c'era la raccolta tramite i cassonetti, adesso c'è il porta a porta a Colleferro da alcuni mesi, penso che sia intorno al 60 per cento, ma forse quelli che verranno dopo ne sapranno di più questo.
  Il problema è che c'è un revamping in funzione, cioè non c'è bisogno di atti, stanno lavorando al revamping, l'altra sera il sindaco si è sdraiato per terra per non far passare il camion che portava i ricambi, c'è un progetto già attivo e c'è un impegno di 3 milioni di euro per fare questo lavoro, cioè non c'è bisogno di altri atti.

  LAURA PUPPATO. Ma se è un impianto vetusto che ha emissioni in atmosfera superiori alla norma, è normale che si faccia una ristrutturazione di un impianto.

  CLAUDIO GESSI, Rappresentanti dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Ma noi siamo per chiuderlo, non per ristrutturarlo, perché quello è un nostro carrozzone (questo non l'abbiamo detto) perché quegli impianti non erano nuovi, li Pag. 11abbiamo comprati usati dalla Germania, e già dei tecnici dissero che erano dei carrozzoni che facevano solo danno.

  ROCCO SOFI, Presidente dell'associazione Area consumatori di Colleferro. Sarò ancora più breve, presidente. Giustamente quando lei mi chiede se c'è un atto pubblico del PD, noi l'abbiamo saputo, e l'ho sempre riferito, dai mezzi di comunicazione (non è un atto amministrativo), ma ad avvalorare questa tesi abbiamo avuto nell'ultima audizione la conferma da parte dell'amministratore unico di Lazio Ambiente, il dottor Narda, che ha dichiarato che il revamping, se non vi è un input diverso da parte della regione, quindi regione con maggioranza PD, che dica «caro amministratore, cambiamo il ciclo, non si fa più il ciclo dell'incenerimento, piuttosto si cambia con la fabbrica dei materiali, come ad oggi tutti stanno dicendo»... però non c'è nulla di concreto, senatrice Puppato, e questa è la nostra proposta.
  Le azioni di denuncia che noi abbiamo fatto sono due, della prima sappiamo già il pubblico ministero e il procedimento e tutto, e lei mi insegna che nella fase delle indagini, dopo avere fatto la denuncia, verremo avvisati sul 415-bis, sulla chiusura dell'indagine stessa.
  Non è vero che non abbiamo fatto atti in regione, perché abbiamo fatto osservazioni, interrogazioni scritte, anche di supporto con dei consiglieri regionali. Credo di essere stato esaustivo, però – ripeto – siamo pronti a fornirvi qualunque documento utile.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande cedo la parola ad Alessandro Coltré in rappresentanza dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro.

  ALESSANDRO COLTRÉ, Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro. Parlo a nome di una rete di associazioni che riunisce anche la mia organizzazione, l'Unione giovani indipendenti di Colleferro.
  Vorrei portare all'attenzione di questa commissione alcune anomalie e alcune criticità sociali e ambientali presenti nella città di Colleferro e correlate al ciclo dei rifiuti, specialmente alle due linee di incenerimento presenti nel quartiere Scalo, a Colle Sughero.
  Da più di mese la popolazione di Colleferro è in presidio permanente sotto gli impianti per impedire la riapertura e il rilancio delle strutture. Una posizione precisa motivata da ragioni e fonti che attestano l'impatto ambientale procurato dagli inceneritori.
  Notizia di poche settimane fa è la protesta del sindaco della città, Pierluigi Sanna il quale ha deciso di sdraiarsi a terra per impedire il passaggio dei camion diretti agli inceneritori per le operazioni di mini-revamping.
  Le associazioni ambientaliste, le forze sociali e le istituzioni locali registrano una serie di anomalie negli impianti di Colleferro. Una tra tutte desta molta preoccupazione, si tratta della presenza di cromo-esavalente nella falda acquifera superficiale che scorre sotto gli inceneritori. La prima rilevazione di questa sostanza cancerogena risale a quasi a due anni fa, a settembre del 2015, quando l'ARPA Lazio registra la presenza di cromo-esavalente sopra i limiti di legge in alcuni piezometri.
  Per comprendere l'origine di tale inquinante, a novembre 2016 è stato deliberato il piano di caratterizzazione dell'area che oltre ad evidenziare la presenza di Cromo sia totale che esavalente, ha evidenziato la presenza di inquinanti come ferro, arsenico, manganese, mercurio ed antimonio.
  Tale situazione è fortemente preoccupante in quanto la presenza di metalli pesanti oltre i limiti di legge in una zona industriale estremamente vicina al centro abitato – e soprattutto ad una scuola elementare – può rappresentare un forte rischio per la salute della popolazione.
  Sono state fatte delle conferenze dei servizi ad hoc tra comune, ARPA, dirigenza di Lazio Ambiente e Ministero dell'ambiente. Il comune di Colleferro ha più volte chiesto un approfondimento delle indagini utilizzando anche il georadar nella zona degli impianti. Pag. 12
  Occorre inoltre ricordare e menzionare un fattore: gli impianti si trovano all'interno del perimetro del SIN del fiume sacco. Un SIN che, stando alla pubblicazione dello stato avanzamento delle bonifiche, non riporta alcun avanzamento nelle procedure perché è stato perimetrato più volte. Un innesto di problemi che ha generato criticità sociali elevate nella zona.
  La popolazione e la società civile contesta la volontà politica della regione Lazio e della dirigenza di voler proseguire con le azioni di revamping senza tener conto, per esempio, di questa preoccupante presenza del cromo esavalente e senza considerare i rapporti epidemiologici, come lo studio ERAS che sancisce un aumento ospedalieri per patologie polmonari cronico-ostruttive dopo l'accensione delle due ciminiere.
  Un livello di inquinamento che viene registrato anche dalla nuova localizzazione dell'ARPA Lazio che inserisce Colleferro tra le città in fascia 1, che corrisponde a un pessimo livello di qualità dell'aria.
  Le posizioni della cittadinanza, del comune e dell'associazionismo sono dunque motivate e contano un apporto da diverse fonti ufficiali. Si segnala inoltre che, al momento dell'approvazione della costruzione delle due linee di incenerimento dei rifiuti, l'ASL locale diede parere negativo all'apertura degli impianti perché, secondo l'Azienda sanitaria locale RM G, la zona di Colle Sughero era ed è inadatta a ospitare quei punti d'emissione.
  Si richiede dunque a questa commissione di prendere in considerazione soprattutto la questione del cromo esavalente e la necessità di avviare delle indagini con il georadar con l'obiettivo di individuare la causa di contaminazione.

  ALESSANDRO CIUFFARELLA, Presidente dell'associazione Civis Ferentino. Sono Alessandro Ciuffarella presidente dell'Associazione Civis. Ringrazio la Commissione che ci ha concesso l'audizione di oggi.
  Rappresenterò brevemente le questioni che ci hanno portato a chiedere l'audizione, per lasciare successivamente la parola agli interventi dei soci Giovanni Cavallo e Lorenzo Santovincenzo sul dettaglio e sugli aspetti tecnici e giuridici.
  Consegno ai membri della Commissione una memoria che abbiamo redatto nella quale abbiamo raccolto e rappresentato i temi che portiamo alla vostra attenzione.
  La convocazione della Commissione è giunta nel momento più opportuno, in primo luogo perché dalla lettura delle attività della Commissione che è in corso di redazione ed approvazione la relazione sulla regione Lazio e ciò ci permette di centrare il nostro intervento e di cogliere l'occasione per mettere a disposizione della Commissione un approfondimento sulla situazione nel Lazio.
  In secondo luogo perché in queste ultime settimane sono in corso diverse attività amministrative e politiche da parte della regione Lazio che attengono alla gestione del ciclo dei rifiuti che riteniamo sbagliate e dannose.
  Infatti, l'indirizzo e le politiche che la regione Lazio sta attuando non tengono conto della grave situazione ambientale della Valle del Sacco che non è più in grado di sostenere gli impatti derivanti dal potenziamento o dalla realizzazione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti nel nostro territorio; la regione Lazio ha intenzione di utilizzare nuovamente, come già in passato, la capacità impiantistica della provincia di Frosinone per soddisfare il fabbisogno di Roma e del resto della regione.
  I dati obiettivi che rappresentiamo nella memoria e che derivano da atti e documenti ufficiali non controvertibili, provano che i danni ambientali nella nostra provincia colpiscono tutte e tre le matrici ambientali, aria, acqua e suoli.
  Lo stato sanitario della popolazione, in conseguenza della compromissione ambientale, nel corso del tempo è andato degradando ed ora inizia ad emergere un quadro drammatico.
  Faccio rilevare il recente rapporto del dipartimento epidemiologico della regione Lazio del giugno 2017 che segnala con toni preoccupatissimi la situazione sanitaria nelle popolazioni residenti nella Valle del Sacco.
  In tutto questo, nonostante le rassicurazioni e le sollecitazioni di associazioni di cittadini, dei medici di famiglia e delle amministrazioni comunali, il registro dei Pag. 13tumori stenta ad avvivarsi, mentre il programma di studio epidemiologico disposto dalla regione Lazio nel maggio scorso è fermo al palo per mancanza di fondi.
  Siamo molto preoccupati di quanto sta avvenendo e rappresentiamo questa preoccupazione e la situazione ai membri della Commissione.
  Cedo la parola ai soci Giovanni Cavallo e Lorenzo Santovincenzo per il dettaglio tecnico.

  GIOVANNI CAVALLO, Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino. Presidente, onorevoli deputati e senatori, il mio intervento è finalizzato a fornire alcuni dati oggettivi che evidenziano le criticità del ciclo di rifiuti della regione Lazio che costituiranno ostacolo al raggiungimento degli obiettivi dettati dalle leggi o direttive di settore. Il fine ultimo dell'analisi, ci teniamo a precisarlo, non è la mera denuncia ma l'individuazione delle criticità e la proposta di correttivi al ciclo rifiuti.
  Si rileva che nei documenti di programmazione regionale, a partire dal DGR 199 del 2016 «determinazione del fabbisogno impiantistico» si pone l'attenzione alla definizione del fabbisogno impiantistico in senso quantitativo, comunque necessario beninteso, ma senza soffermarsi ad analizzare l'effettiva efficienza di recupero degli impianti, fissata nel documento al 45 per cento per recupero a valorizzazione termica. Verrà inoltre evidenziato che l'azione di controllo per la verifica dell'effettiva applicazione delle migliori tecniche disponibili (BAT o MTD), che rappresentano l'unica strada possibile per raggiungere gli obiettivi, non avviene efficacemente.
  Ricordiamo gli obiettivi minimi, sono declinati dall'articolo 5 del decreto ministeriale n. 36 del 2003 che fissa entro il 2018 il quantitativo massimo di conferimento in discarica di rifiuti biodegradabili al di sotto di 81 chilogrammi per abitanti e dalla direttiva 2008/ 98/CE che fissa nel 50 per cento il valore dei rifiuti da riciclare entro il 2020 poi innalzato al 70 per cento entro il 2030.
  Veniamo all'analisi dei dati, le tabelle 1,2,3,4 allegate alla mia relazione mostrano i dati estratti dai MUD di alcuni impianti TMB operanti nel Lazio, sia pubblici che privati, Sui dati tabellati propongo alcune riflessioni.
  Ci sono alcune criticità di impianto. La prima è dovuta all'elevato conferimento in discarica. I TMB Malagrotta 1 e Pontina Ambiente evidenziano un conferimento in discarica fino al 62 per cento molto al di sopra delle BAT (allegato 5) e della programmazione regionale che fissa il valore al 55 per cento, già di per se elevato.
  Il recupero di materiale destinato a valorizzazione energetica CDR/CSS non supera mai il 33 per cento in nessuno dei TMB, in linea con le BAT, contro il valore previsto nella programmazione regionale del 45 per cento (+36 per cento del dato reale).
  Inoltre, si evidenzia una classificazione incoerente dei CER. I TMB analizzati classificano in modo diverso i rifiuti inviati in discarica, pur adottando stesso trattamento. La SAF conferisce in discarica, per la quasi totalità, con codici CER 190501 e 190503 che sono propri di rifiuti biodegradabili sottoposti o no al trattamento aerobico. In modo del tutto diverso, ma coerente, gli altri TMB conferiscono rilevanti quantità del codice CER 191212 appropriato per residui da trattamento meccanico quale la vagliatura. Il conferimento di massa biodegradabile in discarica con valori così elevati di circa 160 chilogrammi per abitante certifica il fallimento dell'obiettivo del decreto ministeriale n. 36 del 2003 posto a 81 chilogrammi per abitante.
  Dobbiamo ricordare, anche, la scarsa produttività degli impianti a gestione pubblica. L'impianto a gestione pubblica è quello a redditività più bassa espressa in tonnellate di rifiuto per unità lavorativa. Il TMB della SAF SpA, a capitale pubblico, ha una produttività 2.000 tonnellate per unità (contro le 24.000 tonnellate per unità di Malagrotta 2). Il dato viene posto all'attenzione perché genera un costo gestionale molto alto, di dubbia giustificazione rispetto ai parametri di mercato, che grava in modo significativo sulla tariffa di accesso all'impianto e di conseguenza sulla TARI. Si rileva dalle tabelle estratte dai MUD, quindi lo ripeto dichiarazione sottoscritte dagli Pag. 14amministratori delle società analizzate, che la somma degli addetti dei TMB Malagrotta 1 , Malagrotta 2 e Pontina è meno della metà degli addetti alla SAF 42 contro 99.
  Ci sono anche alcune criticità di sistema. La prima dipende dal metodo adottato dal legislatore per disincentivare il conferimento in discarica basato sull'ecotassa, per spingere gli utenti alla differenziazione, e sull'uso delle BAT (o MTD) da applicare agli impianti di trattamento per rendere massimo il recupero di materiale e minimizzare il conferimento. La filiera del ciclo dei rifiuti è del tutto indifferente alla ecotassa e le BAT/MTD non sono puntualmente rispettate soprattutto per la scarsa efficacia del ruolo di controllo della pubblica amministrazione.
  Non dobbiamo trascurare il fatto che l'impiantistica del ciclo è sotto dimensionata e che ciò favorisce il monopolio di fatto dei soggetti operanti che, nell'emergenza ormai cronica, condizionano il ciclo rifiuti fino governarlo. Il sistema è in equilibrio precario da quasi 20 anni, è sufficiente il fermo di un impianto TMB per qualche ora per generare una situazione di emergenza, per non parlare della criticità generata da un eventuale fermo della discarica. In queste condizioni l'intervento di controllo ed eventualmente sanzionatorio della autorità viene depotenziato, se non inibito, perché genera immediatamente emergenza con conseguente rischio igienico sanitario che prevale sempre anche in deroga a norme in materia ambientale.
  Il ciclo così come concepito genera una filiera i cui operatori non operano in conflitto di interesse tra loro, questo contribuisce a sviluppare comportamenti distorsivi. Si ricerca l'utile nel risparmio dei costi di trattamento e non nell'efficienza del recupero di materiali. Uno dei motivi è dovuto al fatto che il soggetto controllore e l'utente, all'unisono spingono i TMB a lavorare la massima quantità possibile di rifiuto, che altrimenti resterebbe in strada, fino a mostrare e manifestare intolleranza per le più banali soste per manutenzione che sono necessarie e ovvie per le macchine. Il quadro è completato dalla gestione privata della discarica che vede legittimamente accrescere il profitto con il conferimento del rifiuti e quindi non ostacola ma asseconda questa distorsione della filiera.
  Debbo ritornare sul punto dell'inefficienza della gestione pubblica per evidenziare come nella SAF emergono le contraddizioni del sistema di gestione pubblica: bassa produttività e l'inefficacia dei controlli della pubblica amministrazione. È stato reso noto dal sindaco di Colfelice che il 14 novembre la SAF è stata duramente sanzionata dalla Regione, a seguito di ispezione dell'ARPA, fino a minacciare la chiusura dell'impianto se nei termini di 30 giorni non verranno effettuati gli adeguamenti richiesti dall'ARPA. Oggi è l'11 dicembre e mancano solo 3 giorni alla scadenza. Si tratta di una sanzione molto severa ma è assai improbabile che trovi un'applicazione rigorosa, cioè la revoca o sospensione dell'AIA, semplicemente perché priverebbe il sistema già in affanno di ulteriore capacità di trattamento con l'immediata crisi di tutta la provincia di Frosinone con le conseguenze igienico sanitarie facilmente prevedibili. Si continuerà a lavorare in deroga con buona pace delle norme ambientali. Ringrazio la Commissione per l'attenzione

  LORENZO SANTOVINCENZO, Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino. Sono Lorenzo Santovincenzo dell'associazione Civis. Ringrazio e saluto i membri della Commissione che ci hanno dato la possibilità di rappresentare la situazione della Valle del Sacco in rapporto alla gestione del ciclo dei rifiuti.
  Infatti, la maggior parte delle problematiche ambientali della Valle del Sacco sono connesse, collegate e causate dalla gestione del ciclo dei rifiuti.
  L'ex SIN Frosinone era costituito da discariche di rifiuti solidi urbani che hanno provocato notevoli danni ambientali e le cui bonifiche dopo un ventennio sono ancora in corso e non sono state completate.
  L'attuale SIN bacino del fiume Sacco è nato ed ha origine anche dallo sversamento, abbandono ed interramento di rifiuti di origine industriale. Pag. 15
  La gestione del ciclo dei rifiuti è stata attuata nell'ultimo trentennio in modo non corretto, spesso in deroga alle indicazioni normative e con provvedimenti emergenziali, in assenza di adeguata pianificazione, coordinamento e controllo da parte della pubblica amministrazione, degli enti locali e delle altre istituzioni, in particolare della regione Lazio alla quale sono attribuite le competenze di cui agli articoli 196 e 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Pongo l'attenzione sul fatto che il ciclo dei rifiuti nella provincia di Frosinone continua a non funzionare e si pone al di fuori del rispetto delle indicazioni e direttive comunitarie, nazionali e dello stesso Piano di gestione dei rifiuti del Lazio, per alcuni motivi strutturali e fondamentali.
  Nell'attuale situazione ed ahimè anche in quella futura, viste le intenzioni dell'amministrazione regionale del Lazio, la gestione del ciclo dei rifiuti pone ancora al centro di tutta la filiera lo smaltimento in discarica: sono le discariche gli impianti che ancora oggi nel Lazio indirizzano e governano il ciclo dei rifiuti.
  Ciò ha prima una ragione tecnica precisa ed individuabile, come indicato dall'ingegner Cavallo nel suo intervento: gli impianti di trattamento meccanico biologico TMB non funzionano correttamente perché la percentuale dei rifiuti che dopo il trattamento vengono smaltiti in discarica è troppo elevato e superiore alle indicazioni normative.
  Infatti, mentre le BAT, ovvero le migliori tecniche disponibili, per gli impianti TMB di cui alle linee guida del decreto legislativo n. 372 del 1999 stabiliscono che la quantità massima di scarti non recuperabili dal trattamento dei rifiuti indifferenziati che può essere smaltita in discarica è del 35 per cento, in realtà tutti i TMB esistenti nel Lazio conferiscono in discarica percentuali molto più elevate, ad esempio l'impianto della SAF di Colfelice porta in discarica il 50 per cento.
  Mentre la quantità di CDR combustibile da rifiuti che dovrebbe essere prodotto dagli impianti TMB per essere avviato a recupero di energia dovrebbe essere pari ad almeno il 35 per cento, in realtà gli impianti ne producono una media del 10-15 per cento.
  Mentre le quantità di materiali recuperabili dovrebbe essere pari ad almeno il 10 per cento, i TMB del Lazio ne producono quantità insignificanti, spesso al di sotto del 1 per cento.
  Perciò, con un conferimento di così elevate quantità di rifiuti in discarica non solo non si riescono a limitare gli impatti ambientali, ma i costi per la collettività rimangono elevatissimi.
  Un secondo motivo di criticità della gestione del ciclo dei rifiuti è dato dal fatto che le discariche, le quali come si è detto hanno ancora un ruolo centrale, sono state gestite ed ancora lo sono da soggetti privati i quali, legittimamente poiché devono produrre utili, non hanno alcun interesse a diminuire le quantità da smaltire; mentre se fossero gestite da soggetti pubblici avrebbero finalità opposte.
  Per converso i TMB sono gestiti da soggetti pubblici o controllati dalla pubblica amministrazione come società partecipate da enti pubblici, che non hanno interesse ad aumentare l'efficienza degli impianti per recuperare più elevate quantità di rifiuti poiché scaricano gli oneri sulla collettività, mentre la situazione sarebbe diverse se fossero gestiti da soggetti privati i quali per fare utili avrebbero interesse a recuperare il più possibile da quanto loro conferito.
  Inoltre, i TMB gestiti da soggetti pubblici hanno un'ulteriore svantaggio: spesso sono soggetti al controllo e sanzione da parte degli stessi enti che li possiedono e quindi risulta difficile e conflittuale esercitare i poteri di intervento e controllo da parte della pubblica amministrazione competente. Faccio l'esempio di quanto è recentemente avvenuto con la SAF di Colfelice, di proprietà dei 91 comuni della provincia di Frosinone, che è stata oggetto di una sanzione e provvedimento da parte della regione Lazio; gli effetti dei quella sanzione fatta da un ente pubblico ad una partecipata pubblica ricadranno sulle tasche dei cittadini, con una doppia beffa: i danni ambientali e quelli economici. Pag. 16
  Finché la gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio non avrà un cambiamento totale di rotta, con le discariche che divengono pubbliche e gestite da pubblico, e gli impianti di trattamento gestiti da soggetti privati previa gara pubblica, difficilmente potranno cambiare gli esiti, le conseguenze ambientali ed i danni economici.
  E mi preme sottolineare che dopo le pesantissime sanzioni della Commissione europea sulla mancata bonifica della discariche dell'ex SIN di Frosinone, la situazione attuale comporta una elevata probabilità che numerosi altri procedimenti d'infrazione possano essere avviati in sede comunitaria, specie per quanto riguarda i livelli di smaltimento in discarica.
  Purtroppo, la regione Lazio sta attuando una strategia che non muta il corso di tale gestione ma anzi continua a perpetuare negli errori commessi nell'ultimo trentennio.
  Ed infatti anziché intervenire incisivamente sull'efficienza degli impianti e sulla filiera per la gestione del ciclo dei rifiuti, ha intenzione di sostenere il fabbisogno di Roma Capitale utilizzando l'impiantistica della provincia di Frosinone che già tratta un milione di tonnellate all'anno di RSU a fronte di un fabbisogno provinciale di sole 175.000 tonnellate: quindi già la provincia di Frosinone subisce e supporta il fabbisogno romano.
  Il comportamento della regione Lazio è sulla questione contraddittorio: da una parte sostiene nella delibera di giunta n. 199 del 2016 che Roma è autosufficiente, dall'altra invece sostiene che le province laziali sono inondate dai rifiuti di Roma, ma non interviene per evitare ciò nemmeno con i poteri sostitutivi che permetterebbero di imporre alla Capitale la realizzazione di nuovi impianti, se necessari.
  Nello stesso tempo, la regione Lazio tenta furbescamente di aggirare lo svolgimento della valutazione ambientale strategia sul fabbisogno impiantistico contenuto nella DGR 199 del 2016: il procedimento di VAS è fermo da un anno perché la regione Lazio è perfettamente consapevole che è scontata una pronuncia negativa la quale comporterebbe che nemmeno un chilogrammo in più di rifiuti potrebbe essere trattato negli impianti della provincia di Frosinone.
  E per superare i principi di autosufficienza e prossimità contenuti anche nel Piano di gestione dei rifiuti del Lazio e che non permette di far circolare i rifiuti indifferenziati al di fuori degli ATO provinciali, l'amministrazione regionale ha proposto una modifica della legge regionale n.27 del 1998 – in corso di approvazione da parte del consiglio regionale e contenuta nel Collegato ambiente Green Act – con la quale vengono conferite all'autorità di governo d'ambito regionale il potere di gestire i flussi dei rifiuti attraverso tutto il territorio regionale, così da poter trasferire da un ATO Provinciale all'altro enormi quanti di RSU da trattare e smaltire.
  Tutto ciò ha provocato e continua a causare danni ambientali, economici e sociali così elevati che lasciamo alla Commissione la valutazione dell'esistenza del reato di disastro ambientale nella valle del Sacco come previsto dall'articolo 452-quater, titolo VI-bis del codice penale come introdotto dalla legge n. 68 del 2015 sui reati ambientali.
  I presupposti che riteniamo sussistano sono tre.
  Le conclusioni del Rapporto del DEP Lazio sulla popolazione residente nella Valle del Sacco, pubblicato nel Giugno 2016 ha indicato che: «la contaminazione del fiume Sacco rimane un disastro ambientale di proporzioni notevoli che ha comportato una contaminazione umana di sostanze organiche persistenti considerate tossiche dalle organizzazioni internazionali. Proprio perché la contaminazione è purtroppo persistente non esistono metodi di prevenzione e di rimozione dell'inquinante. Pertanto esiste la prima condizione per il disastro ambientale, ovvero il fatto che le conseguenze della contaminazione non siano più riparabili».
  Il secondo presupposto è dato dalla notevole quantità di risorse economiche necessarie per la bonifica; le somme già spese per il SIN Bacino del fiume Sacco e per l'ex SIN Frosinone sono pari ad oltre 101 milioni di euro, mentre per il futuro ed a Pag. 17titolo di esempio per la bonifica della sola ex discarica di Le Lame occorrerebbero circa 115 milioni secondo le richieste del comune di Frosinone al Ministero dell'ambiente.
  Infine, l'estensione territoriale del SIN Bacino del fiume Sacco quale terzo presupposto, segna sia l'ampiezza dell'area interessata che riguarda tutta l'asta fluviale del fiume per 80 chilometri, da Colleferro a Falvaterra, e coinvolge il territorio di 19 comuni fra la provincia di Frosinone e di Roma per circa 200.000 abitanti.

  PRESIDENTE. L'impiantistica presente consente alla provincia di Frosinone di essere autosufficiente?

  LORENZO SANTOVINCENZO, Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino. Il discorso è questo: la provincia di Frosinone sarebbe autosufficiente per il trattamento dei rifiuti, perché ha un fabbisogno di 175.000 tonnellate annue e possiede impianti che consentono il trattamento di un milione di tonnellate, quindi la provincia di Frosinone (e parlo di provincia di Frosinone e non Valle del Sacco, perché i dati non li posso aggregare in questa maniera) già soddisfa da tempo parte del fabbisogno del resto della regione, che poi – parliamoci chiaro – è Roma Capitale.
  Anche qui la regione ha però un atteggiamento contraddittorio, perché non è tanto nei confronti dei comuni, ma è proprio la regione, che ha le competenze specifiche per la gestione del ciclo e deve fare la pianificazione, che ha dei comportamenti contraddittori, perché da una parte ci dice che ci manda i rifiuti perché Roma non ha l'impiantistica, ma non utilizza i poteri sostitutivi.
  Nella delibera 199, che determina il fabbisogno, la regione Lazio dice che la Roma Capitale è autosufficiente, poi mi dice che però i rifiuti arrivano anche da noi, quindi abbiamo chiesto più volte di spiegare queste contraddizioni, perché noi vorremmo capire quello che succede da questo punto di vista.
  È chiaro che questo ha delle ricadute sui comuni, ma per assurdo (faccio questo brevissimo inciso che non è nella memoria) ci sarebbe anche il fatto che i comuni che sono sede di impianti di smaltimento TMB o inceneritore, termovalorizzatore, dovrebbero ottenere un benefit ambientale previsto dalla normativa regionale, ma hanno delle difficoltà persino ad avere il ristoro ambientale, quindi è una situazione in cui, se l'ente che ha le competenze specifiche, cioè la regione Lazio (articoli 196 e 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006) non pianifica un nuovo ciclo dei rifiuti, questo modo di procedere sarà sempre puntato solo a supplire all'emergenza e la svolta non ci sarà mai.

  PRESIDENTE. È anche piuttosto strano che il proprietario dell'inceneritore sia lo stesso che poi rilascia le autorizzazioni. Ci può dire qualcosa sul cromo esavalente?

  ALESSANDRO COLTRÉ, Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro. Sulla questione cromo ovviamente sia la politica locale che le associazioni hanno fatto diverse ipotesi. La questione è piuttosto improbabile per un inceneritore produrre cromo esavalente. Il cromo esavalente (è un dato storico) viene da diversi tipi di industrie dove si utilizza la cromatura e, se pensiamo al caso Brescia, nel complesso Caffaro è stato trovato cromo esavalente a livelli molto alti.
  L'altra questione è sempre una questione storica che ritroviamo in diversi documenti ed è anche vox populi, ossia il fatto che quella è la zona dove c'è Cava di Pozzolana, che è uno dei siti dove hanno ritrovato i fusti tossici, e gli inceneritori sono adiacenti alla zona.
  Questa ipotesi, che ovviamente non è confermata, secondo cui, come lei accennava, il sito industriale abbia tombato gli scarti industriali. La dirigenza si è espressa su questo sia sui giornali che in pubblico, dicendo che probabilmente è dato dalla loro produzione, dagli impianti.

  PRESIDENTE. Sono stati fatti degli scavi?

Pag. 18

  ALESSANDRO COLTRÉ, Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro. Si sta procedendo al pompaggio nei vari piezometri, si sta drenando questa...

  LAURA PUPPATO. Il territorio è stato caratterizzato?

  ALESSANDRO COLTRÉ, Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro. Il territorio è stato caratterizzato, quello che è stato richiesto in conferenza dei servizi dai tecnici del comune è questa indagine con il georadar, per capire se sotto ci sia presenza di fusti o comunque di scarti industriali non imputabili a un sito come un inceneritore.

  MASSIMO CERVELLINI. Grazie intanto per la documentazione che avete fornito che sarà materia di lettura approfondita, perché le questioni stanno su un crinale assai delicato. Qualcosa conosco per la mia vita precedente, in quanto sono stato consigliere provinciale di Roma, uno dei pochi che si batté contro l'insediamento di quegli impianti in quella che è un'area al confine della provincia di Roma.
  Avete affermato che quello che sta avvenendo anche in questi giorni, nelle ore precedenti, è dotato di autorizzazioni da parte della regione, quindi vi chiedevo di specificare meglio, per capire la portata e anche per determinare quello che poi penso sarà oggetto di valutazione da parte della Commissione rispetto alla proposta che fate, quella di porre la questione di disastro ambientale. È evidente, purtroppo, che si tratti di un'area unica a livello nazionale, dove da circa un secolo vengono sversati materiali di cui non si conoscono né le caratteristiche, né le forme, né il dove.
  Ci troviamo di fronte a una situazione di rischio, di collasso permanente, perché è evidente che in questo caso diventa un eufemismo parlare di bonifica.
  Lei diceva che possono arrivare innumerevoli sanzioni rispetto al prosieguo delle attività e degli interventi sull'impiantistica. Leggendo velocemente, già molte sono arrivate, quindi credo che la questione debba essere necessariamente affrontata e dovremo ragionare sulla formalizzazione della questione che è stata posta.
  Abbiamo la necessità di porre in essere misure del tutto straordinarie, in quanto c'è una molteplicità di agenti inquinanti, dove sicuramente l'impianto di termovalorizzazione rappresenta un elemento aggiuntivo che grava e determina la possibile esplosione del fenomeno, quindi dovremmo cominciare a ragionare in maniera assolutamente straordinaria.

  LAURA PUPPATO. Naturalmente abbiamo fatto una relazione sul Lazio, che dovrà andare a conclusione proprio in questi giorni, è una relazione eterna, un work in progress perché è evidente che non si può chiudere questa storia, però volevamo fare il punto delle questioni che sono state assunte nel corso di questi anni da parte del Ministero in particolare per le bonifiche, e per la parte comunale siamo in attesa di capire cosa esattamente accadrà, perché la sollecitazione va intesa in questo senso.
  Sul tema del disastro ambientale andrei cauta, perché non vorrei fosse l'ennesimo scaricabarile sul pubblico, perché le responsabilità ci sono e vanno identificate. Ho apprezzato molto la vostra audizione rispetto anche all'audizione precedente (lo dico pubblicamente), perché avete dimostrato di cercare le relazioni tra le cose e di non scaricare il barile.
  Le responsabilità non sono mai solo da una parte, ma devono essere identificate, perché altrimenti scegliamo la strada già vista e fortemente penalizzante per il Paese tutto, e per le istituzioni tutte, in cui alla fine chi paga è il pubblico e tutto si scarica in una giostra che non vede colpevoli e responsabili, ma vede sempre e solo l'istituzione pubblica a pagare per conto di tutti.
  Auspico quindi che non si concluda con una chiusura generica, ma che si individuino le responsabilità, e mi pare molto interessante che abbiate indicato la necessità di individuare se quei rifiuti esistono, da dove arrivano, chi li ha interrati, perché obiettivamente il tema del cromo esavalente (per esemplificare, perché sono stati Pag. 19riscontrati anche altri inquinanti molto gravi) è un elemento che va tracciato e identificato. Grazie.

  ALESSANDRO COLTRÉ, Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro. Solo per aggiungere e per integrare i due discorsi, quello della contaminazione che abbraccia le due province, quella di Roma con Colleferro, e poi arrivare in piena Ciociaria, perché restano dei capitoli aperti, che fanno emergere delle contraddizioni, in cui poi però c'è un'eredità molto grande lasciata da nomi ben precisi come Caffaro o altri, come giustamente lei diceva, laddove però è il pubblico a farsi carico di tutta la bonifica e dei costi.
  Emergono delle contraddizioni che poi ci portiamo dietro, ovviamente l'eredità lasciata, oltre alla contaminazione dei terreni, è quella delle persone che sono rimasti a casa, soprattutto contadini che hanno l'unica colpa di aver mangiato e bevuto nel proprio orto, che restano con una lettera dell'ASL in mano che li informa di essere contaminati da una sostanza bioaccumulabile, che possono smaltire solo attraverso il latte materno e che da recenti studi pubblicati a cura del dipartimento di biochimica dell'Università della Sapienza si registra che chi ha il beta esaclorocicloesano nel sangue e un tumore in corso ha una chemioresistenza, quindi invece di ottenere benefici dalla chemio, questa produce un aggravamento delle condizioni.
  Questa eredità e l'impotenza conseguente viene aggravata dal fatto che l'eredità delle grandi industrie è sostituita da 20 anni da un ciclo dei rifiuti dannoso.
  Colleferro adesso si sta infatti organizzando con un consorzio di comuni per un ciclo dei rifiuti che contenga il recupero di materia e tolga il recupero di energia, quindi rimarrebbe un'impiantistica a servizio di chi non si sa, ma sicuramente non della popolazione locale.

  LORENZO SANTOVINCENZO, Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino. Rapidamente due cose. Sulla questione della responsabilità, onorevole Puppato, come mettiamo anche nella memoria che abbiamo presentato, una volta sono andato al Ministero, presso la Direzione che si occupa di risarcimenti di danni ambientali, e ho chiesto quanti procedimenti erano aperti sulla Valle del Sacco: zero.
  La sanzione che è stata comminata anche alla regione Lazio per le discariche non bonificate è stata pagata dalla regione Lazio, ma le azioni di rivalsa nei confronti dei pubblici amministratori o di soggetti che non hanno bonificato sono zero, allora lei ha perfettamente ragione, non scarichiamo tutto sul pubblico, però a un certo punto il pubblico dovrà far valere il suo ruolo!
  Per quanto riguarda la questione sanitaria faccio solo un brevissimo inciso. La regione Lazio con una determina del maggio 2017 ha disposto l'attivazione del programma per la valutazione sanitaria delle popolazioni residenti nella valle del Sacco, iniziativa perfetta perché prevede non solo lo studio epidemiologico sui tumori, ma anche la geolocalizzazione di tutte le patologie, cioè io su un dato territorio so quello che sta succedendo e avrò un dato aggettivo quando lo studio sarà completo, un dato oggettivo che mi dirà cosa succedendo, se effettivamente c'è un aumento di patologie o meno, così anche le polemiche su questo avranno fine.
  Da maggio 2017, però, questo programma non si è mai avviato, ho personalmente parlato con il dipartimento epidemiologico della regione Lazio che mi ha risposto molto semplicemente che non è partito perché i soldi non sono arrivati, quindi le associazioni sono state costrette a notificare una diffida formale alla regione Lazio, per cui, se dopo 30 giorni questo programma non sarà attivato, saremo costretti a fare un'altra azione giudiziaria, non c'è rimasto altro.

  LAURA PUPPATO. Doveva essere svolto dall'ASL, immagino...

  LORENZO SANTOVINCENZO, Rappresentante dell'associazione Civis Ferentino. Doveva essere svolto dal dipartimento epidemiologico e la sede era il famoso presidio ambientale sanitario di Anagni nell'ex ospedale, Pag. 20 e consta di due attività, uno sportello di ascolto del territorio e di rilevamento determinate criticità, e lo studio epidemiologico vero e proprio, con la base di pazienti da esaminare, con i rapporti con le ASL che hanno interessi sul territorio, con l'accesso al registro tumori e a tutti gli altri registri esistenti, quindi uno studio epidemiologico vero e proprio.

  LAURA PUPPATO. Non voglio entrare nel merito, ma siccome abbiamo trattato molti studi epidemiologici, mi pare che di solito si faccia solo analisi documentale e non dei pazienti, non riesco a capire le ragioni per cui abbia questo costo abnorme, visto e considerato che di norma è possibile all'interno delle strutture pubbliche già esistenti con poco altro, comunque valuteremo.

  ALESSANDRO COLTRÉ, Rappresentante dell'associazione permanente del presidio «Rifiutiamoli» di Colleferro. Nella memoria c'è l'indicazione. Sull'autorizzazione del revamping, da due anni a questa parte in ogni documento che riguarda gli inceneritori c'è la voce revamping, quindi l'ammodernamento a carico termico.
  Le ultime dichiarazioni politiche dicevano che la regione poteva predisporre un piano differente in cui convertire un TMB, che è in fase di autorizzazione a Colleferro, per farlo diventare una fabbrica di materiali e quindi abbandonare gradualmente l'inceneritore, però la dirigenza sta andando avanti sulle indicazioni e sugli atti amministrativi approvati.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.05.