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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 243 di Mercoledì 7 febbraio 2018

INDICE

Seguito dell'esame e votazione della proposta di relazione conclusiva (rel.: on. Bindi):
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Mirabelli Franco  ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 4 
Mirabelli Franco  ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Mirabelli Franco  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Sarti Giulia (M5S)  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Sarti Giulia (M5S)  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Sarti Giulia (M5S)  ... 5 
Mirabelli Franco  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Sarti Giulia (M5S)  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Lumia Giuseppe  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Sarti Giulia (M5S)  ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Mirabelli Franco  ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Lumia Giuseppe  ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Lumia Giuseppe  ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Lumia Giuseppe  ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Lumia Giuseppe  ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Sarti Giulia (M5S)  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Di Lello Marco (PD)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Di Lello Marco (PD)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Capacchione Rosaria  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Naccarato Alessandro (PD)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Sarti Giulia (M5S)  ... 10 
Gaetti Luigi  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Lumia Giuseppe  ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Lumia Giuseppe  ... 11 
Sarti Giulia (M5S)  ... 13 
Mineo Corradino  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Costantino Celeste (SI-SEL-POS-LU)  ... 14 
Ricchiuti Lucrezia  ... 16 
Marinello Giuseppe Francesco Maria  ... 18 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 19 
Molinari Francesco  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Sarti Giulia (M5S)  ... 21 
Mirabelli Franco  ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Gaetti Luigi  ... 22 
Di Lello Marco (PD)  ... 23 
Scopelliti Rosanna (AP-CpE-NCD)  ... 24 
Nuti Riccardo (Misto)  ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Nuti Riccardo (Misto)  ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Nuti Riccardo (Misto)  ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25  ... 25 

ALLEGATO: Testo integrale delle dichiarazioni di voto dei senatori Rosaria Capacchione, Luigi Gaetti, Giuseppe Lumia, Lucrezia Ricchiuti e dei deputati Celeste Costantino, Alessandro Naccarato e Riccardo Nuti ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 17.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Seguito dell'esame e votazione della proposta di relazione conclusiva (rel.: on. Bindi).

  PRESIDENTE. Mi scuserei con chi non ha partecipato all'ufficio di presidenza allargato se non riassumo tutte le questioni che abbiamo lungamente affrontato questa mattina, ma che ci hanno portato – credo – a trovare un punto d'incontro nel recepimento delle varie proposte emendative che sono state formulate sul tema dei giochi, sul tema delle infiltrazioni nel Lazio, in particolare ad Anzio, sugli emendamenti che riguardavano lo scioglimento dei comuni.
  Erano rimaste aperte alcune questioni riguardanti le stragi, per le quali credo che il senatore Lumia e l'onorevole Sarti abbiano già chiesto la parola, era rimasta aperta la questione dell'inchiesta sull'antimafia, è rimasta aperta la questione sulla vicenda Reggio Emilia, la vicenda Manca, e poi c'era il problema dei tempi di approvazione.
  Faccio come prima la proposta procedurale, che è la seguente. Come dicevo questa mattina, se noi procediamo come previsto dall'ordine del giorno all'approvazione della relazione, la formula di rito «la presidenza si riserva la redazione formale del testo» diventerà «la presidente e l'ufficio di presidenza si riservano la redazione formale del testo», in maniera tale che questo lavoro lo facciamo insieme.
  Proprio perché questo lavoro richiederà non poco tempo, vi chiederei – quando chiedete la parola sia negli interventi che nelle dichiarazioni di voto – di chiedermi l'autorizzazione a consegnare l'intervento scritto, in maniera tale che il resoconto formale di questa seduta sarà completato successivamente.
  Comincerei a illustrarvi le questioni che riguardano i punti ancora aperti, in particolare la vicenda antimafia, della quale ho già parlato in particolare con chi ha formulato le proposte di modifica. Al senatore Marinello e all'onorevole Attaguile che non ho visto prima li illustro adesso, fermo restando che si farà una breve nota sullo stato delle vicende giudiziarie di tutte le persone citate, non solo su Montante, ma anche su Rosy Canale, su Carolina Girasole e su tutti quanti.
  Il punto ritenuto più discutibile era quello che riguardava in particolare la vicenda Confindustria Sicilia. Sono stati inseriti tre passaggi, uno che riguarda un riconoscimento ancora più esplicito del ruolo giocato da Confindustria Sicilia quando ha espulso gli imprenditori collusi e ha iniziato un nuovo corso, che già c'era perché «la vicenda Confindustria Sicilia appare in questo senso emblematica del nuovo corso inaugurato nel 2007 con la presidenza di Ivan Lo Bello...».
  Qui è stato inserito: «la Commissione ha audito in più occasioni il vicepresidente nazionale di Confindustria, Ivan Lo Bello, e il presidente di Confindustria Sicilia, nonché delegato nazionale per la legalità, Antonello Montante, per approfondire il ruolo svolto dall'associazione nella lotta alla mafia sia sul piano nazionale che regionale, riferendo la missione a Palermo del 3 marzo 2014, la seduta del 5 giugno 2014 e l'audizione Pag. 4 di Ivan Lo Bello e di Antonello Montante (resoconto stenografico n. 38)».
  Una frase sul rischio che alcune vicende giudiziarie fossero finalizzate alla delegittimazione dei soggetti era già inserita nella relazione e ve la rileggo: «l'accertamento dei fatti che riguardano le accuse ad Antonio Montante consentirà di chiarire meglio l'evoluzione del fenomeno. Si tratta infatti di capire se il cambio di passo nei rapporti anche economici con ambienti mafiosi sia stato funzionale a recidere legami pregressi, pur senza espressamente ammetterli, oppure sia stato funzionale a continuare ad approfondire, occultandoli sotto la facciata dell'impegno antimafia, oppure se questi legami siano stati prefigurati surrettiziamente o surrettiziamente utilizzati perché insorgessero attività investigative a carico di soggetti impegnati per la legalità e perché nel corso di questa investigazione essi potessero essere screditati».
  Questo era già presente, in nota a questa frase ho inserito la dichiarazione del Procuratore Nazionale Roberti nella relazione attuale del 2014, quella che aveva richiesto esplicitamente il senatore Marinello.
  Ho invece fatto riferimento all'audizione che abbiamo avuto con il vicepresidente Lo Bello, quando ho introdotto il tema del rapporto delle associazioni antimafia con le istituzioni e con il potere e lui mi ha risposto dicendo: «l'altra questione, c'è un rischio reale su questo fronte, è che l'antimafia possa diventare potere e che lo possa diventare a prescindere anche dalla consapevolezza del potere.
  Questo è il quadro, in generale ci può essere il potere in sé dell'associazione mafiosa o il rapporto con il potere, che in larghissima parte riguarda fattori non negativi, ma che secondo me è un errore. Io credo da sempre nel ruolo della società, nel nostro Paese manca il ruolo della società, il ruolo della società deve avere una caratterizzazione molto diversa dal ruolo delle istituzioni, che hanno il potere nel senso nobile del termine», che è la frase alla quale facevo riferimento questa mattina, nella quale Lo Bello riconosce che sostanzialmente l'evoluzione è stata un fattore negativo.
  Le mafie al nord. Si introduce l'operazione Aemilia del 2015 e, riportando le analisi soprattutto del procuratore D'Alfonso, si dice «una modalità di colonizzazione territoriale con caratteri distinti da quelli riscontrabili in Lombardia, Piemonte e Liguria, dove rispetto a una pluralità di locali si registra l'egemonia della cosca di Cutro, che si è insediata soprattutto nella provincia di Reggio Emilia, fino a provocare lo scioglimento del comune di Brescello, in un primo momento per dimissioni del sindaco, indi per condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143, con conseguente nomina di una commissione straordinaria».
  In nota: «riguardo alle risultanze dell'inchiesta Aemilia e alle infiltrazioni di tipo mafioso nella provincia di Reggio Emilia, il Gruppo Movimento 5 Stelle ha avanzato più volte la richiesta di ascoltare in Commissione l'attuale Ministro delle infrastrutture, Graziano Delrio, già sindaco del comune di Reggio Emilia dal 2004 al 2013, nonché il dirigente del catasto di Reggio Emilia, Potito Scalzulli, autore di alcune denunce. L'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha convenuto sull'opportunità di convocare in audizione il dottor Potito Scalzulli, che ne aveva fatto personale richiesta, l'audizione si è svolta nella seduta del 20 settembre 2017 in seno al III Comitato Enti locali, coordinato dal senatore Giarrusso. L'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi non ha invece ritenuto di dar corso all'audizione del Ministro Delrio, di cui è stata comunque acquisita la deposizione in sede processuale».
  Va bene così?

  FRANCO MIRABELLI. Presidente, noi non abbiamo mai aperto un'inchiesta né su Reggio Emilia, né su questioni che riguardavano il Ministro Delrio, però se dobbiamo scrivere questa cosa...

  PRESIDENTE. Infatti abbiamo detto che ci è stata richiesta ma non l'abbiamo aperta.

  FRANCO MIRABELLI. Non c'è scritto che la richiesta è stata fatta senza che ci Pag. 5fosse un'inchiesta aperta sulla vicenda, però...

  PRESIDENTE. Lo possiamo scrivere.

  FRANCO MIRABELLI. Direi di scrivere che la Commissione non ha valutato ci fossero le ragioni per...

  PRESIDENTE. Sì. Onorevole Sarti, cosa voleva dire?

  GIULIA SARTI. Semplicemente che sono d'accordo con quanto si sta dicendo. Va benissimo chiarire che non c'erano indagini a carico del Ministro Delrio e non ci saranno o non ci sono attualmente indagini a carico del Ministro Delrio. Daremo conto in dichiarazione di voto dei motivi per cui era importante sentirlo, perché il ruolo della Commissione antimafia prescinde da eventuali indagini o procedimenti penali in corso e le responsabilità politico-istituzionali di determinate condotte a nostro avviso potevano dare luogo a un approfondimento della questione reggiana e dell'infiltrazione negli enti locali, quindi nessun problema sul chiarire il suo ruolo.

  PRESIDENTE. Il senatore Mirabelli chiede che ci sia scritto che noi non avevamo mai aperto un'inchiesta esplicita sul caso Emilia.

  GIULIA SARTI. Quello che invece le sto dicendo, presidente, è che subito dopo gli arresti del 29 gennaio 2015 ci siamo recati due volte in missione: a Reggio Emilia e Modena...

  PRESIDENTE. Questo è riportato.

  GIULIA SARTI. Esattamente, abbiamo quindi in qualche modo lavorato sull'ambito del processo Aemilia e di quello che scaturiva da quella indagine al tempo, oggi con una sentenza in abbreviato e un dibattimento che arriverà a sentenza. Sono però d'accordo nel dire che non si è aperta un'inchiesta perché la nostra richiesta, ripetuta più volte sia dell'audizione del Ministro Delrio, sia del sindaco Luca Vecchi, sia della moglie al tempo dirigente del comune di Reggio Emilia poi ora del comune di Modena, Maria Sergio, sia di tutta una serie di soggetti di cui chiedevamo le audizioni, sono state ritenute dall'ufficio di presidenza, dalla Commissione a maggioranza di non essere accolte.

  FRANCO MIRABELLI. Ha valutato che non ci fossero ragioni per approfondire quelle situazioni, non sull'inchiesta Aemilia di cui ci siamo occupati ampiamente.

  PRESIDENTE. Va bene. L'altro aspetto era quello sulle stragi.

  GIULIA SARTI. Su Manca e Geraci?

  PRESIDENTE. Ci arrivavo dopo, ma se preferite parliamo prima dei casi Manca e Geraci. L'altro problema aperto era quello di Manca, ci sono proposte in proposito? Prego, senatore Lumia.

  GIUSEPPE LUMIA. Si conveniva da più parti – ne abbiamo parlato anche adesso con l'onorevole Sarti e con la senatrice Capacchione – di proporre alla Commissione lo stralcio dei due casi, quello Manca e quello Geraci, di lavorarci in questi giorni. In tal modo potremo indicare ai componenti della Commissione, e naturalmente trasferire in una relazione, tutte le questioni che sono rimaste aperte e votare questa relazione quando la Commissione sarà convocata, perché avremo altri adempimenti importanti su cui ritornare in Commissione, per esempio l'istituzione della sezione stralcio.
  In quell'occasione potremmo approvare questa relazione in modo più ordinato e più condiviso.

  PRESIDENTE. La proposta è condivisa, onorevole Sarti?

  GIULIA SARTI. Siamo perfettamente d'accordo di non procedere oggi alla votazione di questa parte della relazione e di fare un lavoro maggiormente condiviso soprattutto sui punti rimasti aperti che non sono stati chiariti finora dall'autorità giudiziaria, Pag. 6 eventualmente per il lavoro della futura Commissione.

  PRESIDENTE. Ci sono contrari a questa ipotesi di stralcio dei due casi incompiuti? Sul Caravaggio faremo comunque una relazione a parte.

  FRANCO MIRABELLI. Io sono d'accordo, come ha già detto la senatrice Capacchione questa mattina, che su Manca la conclusione è troppo perentoria, però francamente non definirei incompiuta né l'una, né l'altra inchiesta. Non sono incompiute, ci abbiamo lavorato, dopodiché ci sono margini ancora e dubbi, ma non abbiamo lasciato un lavoro a metà, non mi pare che sul caso Manca sia stato così!

  PRESIDENTE. Se siamo d'accordo su questo punto, passiamo alle stragi.
  Do la parola al senatore Lumia.

  GIUSEPPE LUMIA. Sulla questione più in generale mi riservo di intervenire in discussione generale oppure includo adesso nel mio intervento anche la questione delle stragi? Mi dica lei cosa preferisce, oppure per ora estrapolo solo la questione delle stragi?

  PRESIDENTE. Io direi di parlare delle stragi.

  GIUSEPPE LUMIA. Va bene, presidente.

  PRESIDENTE. Magari dopo fa anche la dichiarazione di voto.

  GIUSEPPE LUMIA. No, dichiarazione di voto no, io volevo intervenire in sede di discussione generale, la dichiarazione di voto non mi compete.

  PRESIDENTE. A titolo personale....

  GIUSEPPE LUMIA. Sì, ma nel mio gruppo rispetto questa regola. Per quanto riguarda le stragi, noi abbiamo avuto nel corso di diverse legislature la funzione di accumulare documentazione senza mai entrare con un'inchiesta vera e propria, in grado di utilizzare i poteri della Commissione e di affrontare questa ferita aperta, che ancora sanguina nella vita della nostra democrazia.
  A tutti i colleghi è chiaro a cosa faccio riferimento, perché le stragi del 1992-1993 segnano anche una svolta nel passaggio tra la fine della «prima Repubblica» e la nascita della seconda, quindi è un biennio tragico dentro cui fece capolino più volte cosa nostra e questo ruolo fu esercitato con pezzi di apparati, istituzioni, esponenti politici, esponenti economici e anche figure del mondo eversivo della destra. Si tratta quindi di un contesto complesso che la Commissione antimafia deve fare suo, approfondire con rigore e serietà, individuando tutte le responsabilità politiche ed istituzionali emerse in questo spaccato drammatico della vita del nostro Paese.
  Nella passata legislatura la Commissione inizialmente provò ad affrontare questo argomento, poi le conclusioni non ci furono, se non con diverse opinioni, anche contrapposte tra loro, che alla fine furono riportate nei lavori finali della Commissione antimafia e poi descritte come delle note, in cui c'erano l'opinione del presidente della Commissione e di altri componenti.
  Io ne consegnai una, di fatto una sorta di nota di minoranza, in cui i colleghi possono riscontrare tutta una serie di letture, che partono dall'attentato all'Addaura e via via nei diversi passaggi analizzano tutti i buchi neri e le questioni da approfondire sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio, delle stragi del continente (Roma, Firenze, Milano) e del mancato attentato al Foro Italico, qui a Roma, vicino allo stadio di calcio.
  Adesso accanto a quella nota, di cui confermo ancora l'attualità, i colleghi sanno che nel frattempo intorno alle stragi si sono consumate tante attività processuali. La presidente ci diceva che nel corso di questa legislatura abbiamo avuto un importante processo, il Borsellino quater, ed è in corso anche l'altro importante processo, che dà conto di una dimensione che sul piano storico, sociale, politico va valutata al di là Pag. 7delle responsabilità penali, il cosiddetto «processo trattativa».
  È quindi necessario che la Commissione abbia la possibilità di acquisire già in questo scorcio di fine legislatura tutta la documentazione che ancora non è nei nostri archivi, per lasciare alla futura Commissione la possibilità di affrontare questi temi con tutti i poteri. Mi auguro, infatti, che si utilizzino gli stessi poteri che la Commissione utilizzò in passato sul caso Impastato e, in questa legislatura, sul rapporto mafia-massoneria. Poteri forti, naturalmente poteri delicati, che penso vada la pena di utilizzare sulla questione delle stragi, perché di competenza della Commissione antimafia.
  Indico alcuni punti che ci possono aiutare ad acquisire questa documentazione e ad aprire una serie di questioni rimaste in sospeso. Ne indico alcuni, per esempio la strage dell'Addaura. È noto che sulla vicenda dell'attentato ordito sulla scogliera dell'Addaura nel 1989 ha proceduto l'autorità giudiziaria di Caltanissetta, competente ex articolo 11 del codice di procedura penale. I fascicoli integrali delle indagini preliminari e tutti i verbali delle fasi dibattimentali meritano di entrare a far parte del patrimonio documentale della Commissione, e non solo quindi delle sentenze finali.
  Ritengo però opportuno richiedere formalmente alla procura di Caltanissetta la copia integrale anche degli atti comunque pertinenti alla vicenda dell'Addaura, compresi quelli oggetto di stralcio e/o di ulteriori iscrizioni contro indagati noti e ignoti, nonché tutte le dichiarazioni nel tempo acquisite dai collaboratori di giustizia sulla vicenda. Altrettanto dicasi per la procura di Palermo con riferimento alle acquisizioni investigative riferibili agli omicidi Agostino, Castelluccio e all'omicidio Piazza, considerati i notori collegamenti tra i fatti, sintomaticamente emersi fin dalla prima fase istruttoria della strage.
  Il filone d'indagine deve seguire il cammino che lo stesso Falcone propose quando indicò la traccia di lettura dell'attentato, «le menti raffinatissime» protagoniste della decisione di procedere alla strage dell'Addaura.
  Così si può dipanare un lavoro d'inchiesta capace di scavare su cosa nostra e sulle dinamiche interne di collegamenti con gli apparati e le forze di polizia della stessa magistratura, indagando le devastanti delegittimazioni che si svilupparono anche all'interno della stessa antimafia, quando si teorizzò e si diffuse l'idea che fu una sorta di messa in scena architettata dallo stesso Falcone. Chi ispirò tale lettura? Perché fu fatta propria da settori in voga dell'antimafia?
  La Commissione deve valutare anche la portata negativa di un eventuale abbandono dell'indagine giudiziaria, necessitata, come risulta in un'audizione dell'autorità giudiziaria di Caltanissetta svoltasi in questa legislatura, da una probabile prescrizione dei reati, al fine di comprendere quali interventi legislativi possano impedire tale infausto evento.
  Un altro punto importante riguarda le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Ritengo necessario procedere all'integrale acquisizione degli atti processuali con le stesse modalità di cui sopra, nonché di copia integrale degli atti del cosiddetto «gruppo investigativo Falcone-Borsellino». È necessario avere un quadro sinottico e tematico di tutta la documentazione processuale, in modo da comprendere incongruenze, contraddizioni, sottovalutazioni e piste nuove da sviluppare.
  Per quanto riguarda in modo più specifico la strage di Capaci, considero importanti le acquisizioni peritali sulla composizione dell'esplosivo. Risulta di grande utilità disporre di una completa raccolta delle consulenze e delle perizie sulla natura e sulla composizione dell'esplosivo, anche al fine di apprezzare la significatività della presenza di residui di pentrite.
  Siffatto materiale potrà costituire la base per ulteriori approfondimenti di natura comparativistica, un lavoro da sviscerare con attenzione, perché potrebbe fornire interessanti spunti di inchiesta sui contatti tra cosa nostra ed elementi degli apparati dell'eversione, come dimostrato infatti dal coinvolgimento sia della famiglia mafiosa Pag. 8di Mistretta, i Rampulla, sia dei barcellonesi di Messina, con in testa un personaggio del calibro di Cattafi, famiglie mafiose molto vicine ai servizi e ad aree eversive.
  Per quanto riguarda sempre la strage di Capaci, è importante acquisire la formazione dei vari identikit. Ritengo che la Commissione debba valutare la circostanza che vennero formati vari identikit di persone notate in autostrada sulla verticale del famoso cunicolo, intente ad attività mai chiarite o giustificate. Si pensi alle circostanziate dichiarazioni rese dall'ingegner Naselli, che condussero alla formazione di identikit, che nell'immediatezza dei fatti produssero addirittura specifica iniziativa della divisione della polizia di prevenzione, specializzata nel contrasto al terrorismo di destra.
  Siffatti elementi conservano straordinario interesse soprattutto perché non ancora oggetto di uno studio complessivo e sistematico. Conseguentemente, appare necessario che la Commissione acquisisca, debitamente indicizzate, tutte le evidenze agli atti della direzione centrale della polizia di prevenzione comunque riferibili alla strage di Capaci, e di possibili ruoli di soggetti legati ad ambienti terroristici, nonché dalla questura di Palermo un elaborato di analisi dei dati e delle notizie che consentirono la formazione degli identikit, con particolare riguardo all’identikit relativo alla persona individuata da Naselli in Santino Di Matteo, come risulta dall'apposita relazione formata dal commissario Di Legami.
  Sulla strage di via D'Amelio è importante guardare la pista del telecomando Telcoma. Appare utile che la Commissione acquisisca ogni atto relativo agli accertamenti nei confronti di tali Germani e Di Stefano, operatori nel campo della componentistica elettronica con impresa corrente in Mascalucia, oggetto di indagine da parte delle procure di Catania e di Caltanissetta. Il tutto sia in riferimento alle prime indagini, sia in riferimento alle successive attività di impulso della DNA.
  La Commissione acquisirà dalle direzioni centrali della polizia criminale e della polizia di prevenzione ogni evidenza riconducibile all'impresa costruttrice di telecomandi Telcoma, con specifico riferimento alle reti di commercializzazione dei suoi prodotti nel 1992. A tal fine è possibile trasmettere ogni atto utile e verificare i punti di contatto tra la rete di commercializzazione dei prodotti di Telcoma ai fornitori della componentistica elettronica impiegata nella strage del Rapido 904.
  Strage di Capaci e strage di via D'Amelio, i telefoni clonati. La Commissione acquisirà dalla direzione centrale della polizia di prevenzione un rapporto di analisi, corredato da tutta la documentazione pertinente, utile a conoscere le vicende delle indagini sulla circolazione di telefonia clonata all'epoca delle stragi e a verificare se nei circuiti della clonazione della telefonia portatile siano stati coinvolti personaggi legati ad ambienti della destra eversiva.
  Strage di Capaci, la presenza di soggetti esterni nella scelta del sito e nella fase preparatoria. La Commissione acquisirà dalla direzione centrale della Polizia criminale tutti gli atti riferibili alle dichiarazioni dal 2015 rese al quotidiano La Repubblica dal collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera in ordine alla presenza di soggetti esterni alla mafia durante le fasi preparatorie della strage di Capaci.
  Ancora, strage di Capaci e i velivoli in volo sul luogo dell'attentato. La Commissione acquisirà dalla direzione centrale della polizia di prevenzione ogni evidenza utile ad approfondire il contenuto delle dichiarazioni che segnalarono il sorvolo del teatro della strage da parte di un velivolo non identificato.
  Gli ultimi due punti, la strage del 1993-1994, le presenze femminili e le rivendicazioni della «Falange». La Commissione acquisirà dal ROS, dalla DIA e dalla polizia di prevenzione tutti gli atti relativi alle indagini effettuate su presenze femminili nelle stragi di via Fauro, Georgofili e via Palestro, nonché sulle rivendicazioni della Falange armata e sulla possibile identificazione degli autori delle stesse.
  Ultimo punto, la presenza di estremisti di destra nelle vicende stragiste 1992-1994. La Commissione acquisirà dal ROS, dalla DIA e dalla polizia di prevenzione tutti gli atti relativi alle indagini effettuate su presenze Pag. 9 di terroristi di destra nei luoghi della strage in epoca anteriore e prossima alla consumazione degli attentati, con particolare riferimento ai noti Rampulla e Delle Chiaie.
  Sono questi i punti che propongo alla valutazione della Commissione, che in questo caso, per la proposta che avanzo, vanno letti in integrazione a quel lavoro che è già stato prodotto nella passata legislatura e a quella nota che allora presentai, dove sono argomentate e spiegate in una relazione di 30 pagine tutte le questioni ancora aperte che andrebbero approfondite, dalla vicenda dell'agenda rossa a tutte le altre questioni che non hanno ancora trovato risposta in sede giudiziaria e che potrebbero invece trovarla, come è avvenuto per altre indagini che prima ricordavo, nella sede della Commissione parlamentare antimafia.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Sarti.

  GIULIA SARTI. Grazie, presidente. Ci riserviamo in dichiarazione di voto di presentare le motivazioni che hanno spinto anche il nostro Gruppo a ritenere che un lavoro più approfondito sulle stragi del 1992-1993 potesse essere fatto da questa Commissione. Tuttavia l'acquisizione di documentazione e tutto quello che è avvenuto durante questa legislatura è sicuramente un contributo utile per i lavori della futura Commissione antimafia.
  Aggiungo come documenti o possibili approfondimenti da fare sul ruolo delle presenze femminili e le rivendicazioni della Falange armata nelle stragi del 1993 anche i documenti citati nell'audizione del dottor Donadio, fatta purtroppo di recente e non a inizio legislatura, perché alcuni documenti utili ai lavori di questa Commissione sono stati acquisiti dalla Commissione d'inchiesta su Aldo Moro, quindi alcuni elementi sulle presenze femminili potrebbero ritrovarsi anche nella documentazione acquisita da quella Commissione.
  Un altro punto importante per la strage di via D'Amelio, oltre alla sparizione dell'agenda rossa, è il ruolo che ha avuto il Castello Utveggio, situato sul Monte Pellegrino, dove vi era un ufficio del Centro Ricerche e Studi Direzionali (Cerisdi), perché anche sul ruolo del Castello Utveggio non sono stati forniti dall'autorità giudiziaria determinati approfondimenti o chiarimenti su quanto succedeva all'interno di quel centro. Anche su questo ci sono acquisizioni importanti da fare.
  Penso ad esempio alle dichiarazioni di Vito Galatolo, che sono avvenute di recente, nel 2016, in cui riportava a verbale (cito testualmente) che «Gaetano Scotto aveva contatto con degli esponenti dei servizi, ubicati proprio nell'edificio in cima al Monte Pellegrino». Sulla presenza di queste persone facenti parte dei servizi non ci sono ancora riscontri effettivi, nonostante da numerose testimonianze risulti che il Castello Utveggio abbia avuto un ruolo, anche in base alle dichiarazioni di Gioacchino Genchi, rese in più udienze dibattimentali e al lavoro fatto dallo stesso COPASIR in questa legislatura, documenti che non sono mai stati forniti a questa Commissione.
  Non so se sarà il caso di richiedere eventualmente una futura interlocuzione con l'AISI, dato che già in questa legislatura c'è stata la possibilità di avere uno scambio di audizioni e di informazioni sia con l'AISI che con l'AISE. Riguardo ai rapporti con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) e il ruolo del Castello Utveggio ci sono degli elementi da approfondire.
  Per il resto, tutte le acquisizioni citate dal collega Lumia sono estremamente condivisibili.

  PRESIDENTE. Io proporrei che, oltre alla riformulazione di alcune parti della relazione così come le ho annunciate questa mattina – sulla parte che riguarda le stragi ho fatto proposte di riformulazione sulle quali mi sembrava che ci fosse accordo – proporrei che l'elenco dei documenti, quelli che ha fatto il senatore Lumia con l'aggiunta di quelli che ha fatto l'onorevole Sarti, entri a far parte integrante della parte delle stragi come consegna alla futura Commissione.

  FRANCESCO D'UVA. Stavo valutando la possibilità, visto il nostro grande impegno Pag. 10per spiegare ai Paesi stranieri il fenomeno mafioso, di predisporre una traduzione inglese di tutta la parte che riguarda le mafie straniere in Italia e di quelle italiane nei Paesi stranieri, così non potranno fare finta di non capire.

  PRESIDENTE. Mi sembra una buona proposta.

  MARCO DI LELLO. Sul tema mafia, antimafia, Napoli, nel complesso, è di poche ore fa la condanna della Cattleya, la società di produzione di Gomorra, che ha pagato – quindi ora c'è una sentenza – la casa di un camorrista per fare le riprese.

  PRESIDENTE. Potremmo inserire questa vicenda nel capitolo dell'antimafia.

  MARCO DI LELLO. Secondo me un passaggio su questo va fatto.

  PRESIDENTE. Assolutamente sì. Approverei quindi la proposta dell'onorevole Di Lello.
  Stamattina ho già letto le modifiche, quindi diamo atto di averle accolte.
  L'onorevole Costantino aveva fatto una proposta per un Comitato mafie e donne, che poi non è stato possibile sviluppare, però aveva offerto una sua riflessione che è stata utilizzata soprattutto nella parte sui minori. In particolare è stato aggiunto il riferimento alla violenza subìta dalla ragazzina di Melito Porto Salvo, sulla quale ci fu una manifestazione a Reggio Calabria, come ricorderete, alla quale partecipammo come Commissione.
  L'abbiamo citata come caso di minori oggetto di violenza da parte delle mafie accanto al caso del bambino Cocò, perché era un caso di ’ndrangheta, mentre le bande napoletane sono ampiamente descritte nella parte dei minori.
  Invece nella parte relativa alla camorra, che l'onorevole Di Lello mi aveva chiesto di riformulare, abbiamo semplicemente riportato le dichiarazioni del Procuratore nazionale antimafia quando parla di «elemento strutturale», non me lo sono attribuito, ho citato il procuratore nazionale.
  Passiamo alle dichiarazioni di voto?

  ROSARIA CAPACCHIONE. Se mi autorizza, chiedo di consegnare l'intervento che volevo fare in discussione generale per quanto riguarda degli approfondimenti a futura memoria sia sui casalesi sia sulla città di Latina, perché ci sono delle vicende in corso e quindi forse è opportuno che chi prenderà il nostro posto abbia del materiale su cui lavorare. Grazie.

  PRESIDENTE. D'accordo, quindi aspettiamo il testo scritto. È autorizzata, senatrice.

  ALESSANDRO NACCARATO. Siccome mi hanno riferito degli spostamenti di alcune parti della relazione rispetto al testo che era stato consegnato, vorrei essere autorizzato, presidente, a integrare la parte che riguarda i reati spia, in particolare gli incendi nelle aziende di rifiuti dell'Italia settentrionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Va bene.

  GIULIA SARTI. Io chiedo l'autorizzazione a depositare un testo scritto della mia dichiarazione di voto, in particolare su tutti i punti eventualmente non trattati in questa relazione o non approfonditi. Ci riserviamo quindi di depositare anche altri interventi dei colleghi.

  LUIGI GAETTI. Oggi sono particolarmente indietro perché ho passato la notte in bianco, quindi vi chiedo scusa, ma la discussione generale adesso è finita e si comincia con le dichiarazioni di voto e poi si va a votazione?

  PRESIDENTE. Ve li amministrate come Gruppi, nel senso che se tutti i componenti di un Gruppo vogliono fare la dichiarazione di voto, non ho niente in contrario, quindi se il Movimento 5 Stelle ha come dichiarazione di voto quella del capogruppo e anche quella del vicepresidente, il quale mi chiede di consegnare il testo scritto, se non sbaglio... Pag. 11
  Prego, senatore Lumia, completiamo la discussione generale.

  GIUSEPPE LUMIA. Le chiedo anch'io, in sede di discussione generale, la possibilità di depositare un intervento che ho pensato di scrivere in ordine al lavoro complessivo non solo di questa legislatura, perché ritengo che si chiuda un ciclo più lungo dei lavori della Commissione, anzi penso che questo ciclo sia da racchiudere dalla nascita della Commissione antimafia a oggi.
  Ho quindi voluto offrire alla valutazione della Commissione le caratteristiche del lavoro della Commissione antimafia a confronto con l'evoluzione delle mafie nel nostro Paese. Questa è la prima parte di un intervento che ho ritenuto di scrivere e per il quale le chiedo l'autorizzazione alla consegna. Una seconda parte di questo intervento proverà umilmente a confrontarsi sulla necessità di aprire un altro ciclo, perché è ormai chiusa la possibilità che una Commissione antimafia ripeta tutta l'attività Tra l'altro è impossibile mantenere il passo con il lavoro fatto in passato e soprattutto da questa Commissione, perché i record di questa Commissione sono difficili da eguagliare.
  Ritengo fondamentale un confronto sul contesto geopolitico del nostro Paese e sul perché nel nostro Paese la lotta alle mafie non sia mai stata considerata una priorità. Solo un'indicazione, presidente, per far capire che è un tema attualissimo: in queste settimane di campagna elettorale è interessante osservare come il tema della lotta alle mafie non faccia assolutamente capolino, in quanto non c'è una presenza qualificata dalle varie forze politiche che confronti i vari progetti e le varie strategie. Questo è avvenuto da sempre, presidente, non è una novità di questa campagna elettorale.
  Perché il nostro Paese non ha mai ritenuto di far diventare una priorità la lotta alle mafie, la priorità delle priorità? Immaginate quanta fiducia la politica potrebbe recuperare, visto il suo ruolo logorato nel rapporto con i cittadini e soprattutto con le nuove generazioni, immaginate quanta credibilità le istituzioni potrebbero recuperare, immaginate anche quante risorse, perché nella lotta alle mafie, con un andamento a scartamento ridotto, abbiamo ottenuto risultati cospicui per miliardi di euro, immaginate quanti risultati economici, quanto lavoro, quanta libertà nei territori, quanta libertà di impresa, quanto prestigio internazionale il nostro Paese potrebbe avere in questo impegno, e potrebbe indicare con autorevolezza ai Paesi europei che hanno una presenza delle mafie le scelte da fare.
  In questa relazione indico una proposta. Nel 2020 ricorrerà il ventesimo anniversario della prima assemblea dell'ONU sulla lotta alle mafie, perché fu fatta nel 2000 a Palermo e fu proprio la Commissione di allora a chiedere questo importante appuntamento, recandosi a New York a interloquire con i vertici dell'ONU di allora, furono firmati importanti protocolli e impegni.
  Sarebbe importante giungere a quella tappa con un lavoro di preparazione guidato dalla Commissione parlamentare antimafia e fare in modo che alle mafie globali finalmente possa corrispondere un'antimafia che abbia la stessa forza globale, perché oggi c'è un'asimmetria micidiale tra le mafie globali e le antimafie che al massimo sono ancora locali.

  PRESIDENTE. Sono solo italiane.

  GIUSEPPE LUMIA. Infatti. Facevo questo riferimento, presidente, perché interrogarsi su questa mancanza di scelta di priorità nella lotta alla mafia nella formazione delle classi dirigenti, nell'organizzazione della vita parlamentare, di Governo, delle nostre istituzioni ritengo sia un elemento in grado di qualificare la chiusura di un ciclo e la necessità di aprirne un altro.
  Sono molto preoccupato, colleghi, perché di fronte a noi potrebbero esserci due scenari, uno scenario geopolitico locale, cioè nazionale, europeo e internazionale che assegna al nostro Paese un ruolo marginale di cui le mafie possono approfittare. In questo ruolo marginale non è da escludere che nella prossima legislatura si possa mettere addirittura in discussione, naturalmente con tanti motivi altamente retorici, Pag. 12la composizione della stessa Commissione antimafia, o è facile prevedere che la stessa Commissione parlamentare antimafia, qualora venisse istituita, si veda assegnato un ruolo molto burocratico e a scartamento ridotto.
  Ecco perché questo scenario deve essere prefigurato e analizzato, e la Commissione antimafia deve dire al sistema politico italiano che questo pericolo esiste e va evitato. Ci può essere un altro scenario, quello che indicavo prima: immaginate se il Parlamento si impegna in una sessione sistematica a fare il punto della lotta alle mafie, immaginate un Governo che fa propri i risultati del Parlamento, e naturalmente questo lavoro spetterebbe alla Commissione antimafia, come ha fatto in questa legislatura, in cui ha avuto il merito innovativo di portare le relazioni e i documenti approvati alla discussione sia della Camera che del Senato.
  Immaginate non un intervento una tantum su una legge, su un provvedimento, su una relazione, ma una sessione sistematica come si fa con la sessione di bilancio, dedicata alla lotta alle mafie, immaginate se i comuni e le regioni venissero coinvolti nella preparazione di questa sessione, immaginate se la cosiddetta antimafia, che noi abbiamo analizzato nei suoi profili morali di caduta, recuperasse un profilo forse più grave dei suoi profili di caduta, che sono le divisioni profonde all'interno dello stesso vasto e plurale movimento antimafia tra chi sostiene che il primato spetti all'antimafia sociale e chi sostiene che lo debba avere invece l'antimafia economica, tra chi sostiene che spetti a quella culturale e chi sostiene che spetti a quella politico-istituzionale, dimenticando che le mafie sono un sistema articolato su diversi lati, che nelle mafie il lato repressivo e militare non è disgiunto da quello politico e istituzionale, non è separato da quello economico e finanziario, non è lontano da quello sociale e culturale.
  Loro fanno sistema integrato, le antimafie invece fanno conflitto tra le varie antimafie, ecco perché anche nel nuovo ciclo dovremo indicare alle antimafie un salto di qualità, così da renderle capaci di cooperare, di integrarsi, di comprendere che non esiste un lato messianico e decisivo, ma è l'integrazione dei vari approcci che diventa decisiva, è la possibilità di cooperare, di avere una visione globale che fa fare il salto di qualità, non il conflitto sterile a somma zero tra chi ritiene che la sua antimafia sia quella decisiva e quella degli altri sia addirittura moralmente discutibile. Penso che questo ci possa aiutare a fare un vero salto di qualità nel nuovo ciclo.
  Nel mio contributo confuto anche una questione che non c'è nella relazione, non si corre questo rischio, però vorrei precisarlo perché non voglio che si possano creare equivoci tra chi sostiene che la mafia sia un male in sé e chi sostiene che sia invece un male derivato. Guai a creare questa divaricazione, perché la mafia è un male in sé, è un'identità specifica, peculiare, arcaica e nello stesso tempo capace di produrre innovazione e adattamento al cambiamento della società.
  Non vi deve sembrare una questione di lana caprina o una questione culturale astratta e lontana, colleghi, perché se si mollasse l'idea che la mafia è un male in sé, sapete quale sarebbe il precipitato concreto del lavoro parlamentare? Si metterebbe in discussione il 416-bis, si metterebbe in discussione anche il 416-ter, il 41-bis, si rischierebbe di mettere in discussione una questione importante su cui vedo molta attenzione aggressiva e violenta, le interdittive antimafia delle prefetture. Questo rischio c'è, perché, se la mafia viene considerata solo un male derivato, non c'è più bisogno della legislazione a doppio binario, che Falcone intuì come legislazione innovatrice e peculiare del fenomeno mafioso.
  Nello stesso tempo, però, è chiaro – nella relazione se ne dà conto – che anche le mafie sono un male derivato, perché quando nei nostri quartieri popolari il tema della giustizia sociale e dell'uguaglianza, della deriva di qualunque forma di welfare e di socializzazione viene meno, è chiaro che l'esercito della mafia bassa ha possibilità di reclutamento, quando nell'economia finanziaria il denaro produce denaro, è chiaro che le mafie si possono inserire. Pag. 13
  Faccio questi due esempi estremi e altri se ne potrebbero fare dal basso e dall'alto, per far capire che è importante che l'antimafia nel nuovo ciclo sappia coniugare legalità democratica e sviluppo sostenibile, perché se si separano queste due dimensioni, la mafia come male derivato non potrà mai fare passi avanti e la stessa repressione rischia di essere elitaria, marginale e priva del necessario consenso, cosa che poi produce a catena la disattenzione delle classi dirigenti e non trova spazio nelle varie campagne elettorali, compresa questa, con la giusta presenza e la giusta rilevanza.
  Sono questi i punti che volevo approfondire anche alla luce del lavoro importantissimo che questa Commissione ha fatto in diversi campi, che dimostra che siamo a un passaggio di ciclo importantissimo. Letto così, il gioco d'azzardo potrebbe uscire da una lettura residuale e acquistare una lettura più ampia, come nella relazione, così come la mafia dei Nebrodi, quella che io chiamo dei terreni e non dei pascoli, come arcaicamente la si vuole – quasi in senso giustificazionista – definire, dove stava maturando un omicidio che sta a dimostrare che le mafie non abbandoneranno mai la violenza, che le mafie metteranno avanti il lato più sofisticato sul piano economico-finanziario quando conviene, ma quando è necessario anche quello della violenza è pronto ad agire e a intervenire.
  Sono questi i punti che presenterò con un intervento scritto. La ringrazio di cuore, presidente, per quanto mi riguarda, visto i lunghi anni di presenza in questa Commissione che sta volgendo alla fine, per cui le lascio anche un po’ di cuore.

  GIULIA SARTI. Solo una nota su altri documenti da acquisire sempre inerenti alle stragi. Sul ruolo di Scarantino non abbiamo ancora in archivio entrambe le sue ritrattazioni, una del 1995 e una del 1998, durante il processo bis a Como, quindi sarebbe importante acquisire anche questa documentazione e le due lettere che scrisse la sua ora ex moglie, Rosalia Basile.

  CORRADINO MINEO. Io sono d'accordo con lei, presidente, quindi penso che sia opportuno votare oggi, e consiglio alla Commissione di rendere al più presto pubbliche almeno quelle pagine che ci sono state consegnate la volta scorsa, perché i giornali sono già a caccia del testo della relazione e da vecchio addetto ai lavori sconsiglio che ne entrino in possesso a pezzi.
  Seconda questione. Ho apprezzato per molte cose l'intervento del collega Lumia, ma sono un po’ sorpreso da questo tipo di discussione che sarebbe stata straordinaria se fosse stata fatta all'inizio dei lavori della Commissione e non alla fine. Oggi è il momento di chiudere rapidamente, portandoci quello che c'è di buono nella Commissione e magari lasciando ognuno un suo lascito, cioè le sue osservazioni che possono essere di apprezzamento – in gran parte le mie sono di apprezzamento e sicuramente voto a favore – ma ci sono anche dei rilievi critici che possono essere utili, se qualcuno volesse vederli.
  Vorrei dire solo due battute al collega Lumia, che forse può darsi una risposta: se non c'è mai stata una seria, forte – tranne in qualche momento particolare – consapevolezza politica della necessità di fare della battaglia contro la mafia una questione centrale, è per la complessità stessa del fenomeno mafioso.
  Questo infatti è solo in parte, la parte emergente dell’iceberg come dicevamo un tempo, un'organizzazione criminale che ricorre ad assassinii e a estorsioni, ma è sostanzialmente altre due cose, che non sono ammesse e non vengono dette, cioè è un attore sociale fondamentale, che in alcune zone del Paese ha esercitato per decenni un'egemonia culturale e politica sulla società, ed è un'articolazione a modo suo dello Stato, non un antiStato che si infiltra nello Stato, come dice una certa retorica, ma un'articolazione dello Stato stesso. Se voi chiedete a Brusca, vi dice che lui voleva fare il poliziotto, poi ha fatto quest'altro mestiere.
  Questo tipo di articolazione del fenomeno mafioso è stato tendenzialmente negato, se abbiamo trovato un momento alto di battaglia quando Chinnici per chiamare le cose con il loro nome disse a Falcone che Pag. 14bisognava seguire la pista dei capitali, come Falcone fece in modo eccellente, immediatamente dopo l'assassinio di Falcone e Borsellino si è tornati alla retorica dell'antiStato che si infiltrava nello Stato.
  Le piste investigative di Falcone sono state non completamente espunte dal contrasto del fenomeno mafioso, ma depotenziate, e si è tornati a inseguire soprattutto la categoria dei killer, i quali avevano una consistenza particolare per un fenomeno particolare della storia della mafia, che parte da quella strage di viale Lazio in cui i corleonesi vengono chiamati per far fuori un fastidioso personaggio e da quel momento in poi prendono il potere e costruiscono un'organizzazione mafioso-terroristica profondamente verticistica.
  Quella organizzazione mafiosa oggi è stata in gran parte debellata, se voi guardate con spirito aperto le conclusioni della relazione – non la sintesi, perché nella sintesi è stata usata una certa prudenza istituzionale, c'è evidentemente il problema dell'estensore di riconoscere che il contrasto delle mafie è andato avanti, c'è la preoccupazione di dire che anche il movimento antimafia è stata una cosa positiva, tante concessioni all'unanimismo di questa Commissione – ma se guardate le singole affermazioni, non c'è dubbio che si fa un quadro allarmante del futuro, perché quando si parla di mafia e affari, quando si parla di zona grigia, si fa un quadro molto allarmante di queste cose.
  Personalmente lascerò come intervento scritto alla Commissione alcune proposte, per esempio una simile a quella che diceva oggi Lumia, perché penso che sarebbe straordinariamente utile che il Parlamento dedicasse una sessione al fenomeno della mafia, ma a differenza di Lumia – questo vi dice la totale diversità dell'impostazione – non farei più una Commissione d'inchiesta sul fenomeno mafioso, farei una Commissione d'inchiesta sul fenomeno della corruzione nei grandi affari e nelle commesse pubbliche, perché quello è un lavoro specifico di una Commissione parlamentare d'inchiesta, una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia, nonostante lo straordinario lavoro che ha fatto questa Commissione e il riconoscimento del tutto sincero che ho fatto alla presidente, rischia di essere un'operazione alla fine di depistaggio, perché abbiamo una serie di istituzioni che combattono le mafie e la cultura di mafia torna a dilagare.
  Le cose che oggi ci diceva Rosy Bindi sulla Calabria significano sostanzialmente che di nuovo, proprio perché il delitto e la pressione indebita diventano impliciti e si agisce di più – questo c'è scritto nella relazione – con la corruzione, di nuovo in varie zone del Paese sembra che chi cerca di tirare fuori questo sottobosco sia uno che crea fastidi, crea problemi all'economia e allo sviluppo.
  A me pare che da questo punto di vista possiamo considerare un punto rilevante quello a cui siamo arrivati, lasciare le nostre valutazioni che sono di apprezzamento e critico, e andare avanti. Grazie.

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

  CELESTE COSTANTINO. Presidente, anch'io consegnerò il testo, però vorrei approfittare del fatto che la Commissione è ancora riunita per fare un ringraziamento a lei per come ha condotto i lavori di questa Commissione, in maniera sempre obiettiva, senza farsi condizionare da nessuno e con la capacità di confrontarsi anche in circostanze per nulla facili.
  Voglio rivolgere lo stesso ringraziamento anche ai vicepresidenti, Luigi Gaetti e Claudio Fava. Quest'ultimo non fa più parte della Commissione da parecchi mesi, però è anche vero che ha contribuito fattivamente a molto del lavoro citato all'interno della relazione e, quindi, mi fa piacere ringraziarlo.
  Il lavoro che è stato presentato in questa relazione è un lavoro molto ampio, che sicuramente si è mosso dentro due grandi aree di interesse. La prima è in continuità con le Commissioni precedenti, perché è andata ad analizzare le cosiddette «mafie tradizionali» e, quindi, la loro evoluzione in ambito economico, politico, sociale e culturale. Un'altra area di interesse con cui si è dovuta confrontare questa Commissione Pag. 15 è stata, invece, quella di dover ragionare su mafie di natura più recente, più originali e anche con oggetti di interesse nuovi per la criminalità organizzata.
  Per quanto concerne il primo ambito sarebbe lungo l'elenco da fare rispetto a quello che noi ci siamo ritrovati ad analizzare. Vorrei dire semplicemente alcune cose rispetto a quello che è stato, invece, il racconto giornalistico e a quello che ci siamo ritrovati ad ascoltare attraverso le audizioni e il lavoro che è stato fatto.
  Mi riferisco alla ’ndrangheta e alla camorra e alla capacità che ancora hanno di mantenere il loro posizionamento nelle case di origine. Il quartier generale è ancora ben radicato nel Mezzogiorno d'Italia, in Calabria e in Campania. Nonostante gli interessi che sono stati capaci di avere a livello nazionale e oltre il territorio nazionale, ancora hanno un controllo pieno e totale dei territori di origine.
  Mi riferisco al modo in cui cosa nostra, invece, è stata capace di rinnovarsi. Nelle audizioni in Sicilia abbiamo avuto modo di ascoltare le spiegazioni della sua evoluzione e il fatto che la zona grigia in qualche modo si è fatta sistema. Negli anni si era detto che cosa nostra ormai era stata sconfitta. È vero che esce ridimensionata dal lavoro fatto dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, ma oggi noi siamo nelle condizioni di poter dire che è avvenuta una trasformazione.
  A proposito del ritorno delle mafie pugliesi, che in questo momento stanno bagnando di sangue la regione Puglia, questo tema sarà probabilmente oggetto di un lavoro più approfondito per la Commissione che verrà. Quella che sembrava una mafia silente, che non esisteva quasi più, oggi ritorna prepotentemente dentro lo scenario criminale.
  Da questo punto di vista, per quanto riguarda la fotografia che noi abbiamo trovato, voglio fare un'annotazione rispetto al lavoro straordinario che è stato svolto sul binomio mafia-massoneria, da tanti evocato e teorizzato, ma che questa Commissione ha avuto il coraggio di portare avanti. Ha trovato tante resistenze e tanti ostacoli, ma questo significa che ci avevamo visto giusto e che bisognava insistere, e penso che ancora tanto si debba fare.
  Oltre all'approfondimento dell'esistente, ci siamo trovati, però, a dover affrontare anche una situazione non facile per quanto riguarda l'opinione pubblica e un pezzo di società civile che ancora fatica a definire mafia quanto è avvenuto nel Lazio e nello specifico a Roma, non solo con mafia capitale, ma soprattutto con quello che abbiamo potuto verificare a Ostia.
  Non è stato possibile dentro la Commissione portare avanti questo ragionamento, però noi del Gruppo parlamentare di Sinistra italiana continuiamo a pensare che il VI municipio di Roma doveva avere lo stesso trattamento del X. È solo una questione di tempo, ma si scoprirà che anche quel municipio andava sciolto per mafia. Rimango convinta che ci sia stato su quel territorio, come su Ostia, un'inadeguatezza totale di tutte le istituzioni.
  Quello che forse non c'è all'interno di questa relazione, per ovvie ragioni, ma che io, invece, nel mio intervento voglio evidenziare è che ci siamo ritrovati anche ad avere una forte reticenza, oserei dire una dimensione quasi negazionista, da parte delle istituzioni per quanto riguarda tutto quello che si è verificato a Ostia, soprattutto nell'ultima audizione che abbiamo fatto.
  I passaggi sono stati già citati in discussione generale. Mi riferisco ad alcuni tabù che pensavamo non si potessero toccare, come il lavoro fatto sull'antimafia e le liste elettorali. Ci siamo trovati a dover parare i colpi dell'espressione poco felice degli «impresentabili», quando, invece, la finalità era quella – e penso che in parte ci siamo riusciti – di dare ai partiti la possibilità di autoregolamentarsi al proprio interno. Bisognava provare a far diventare l'antimafia una precondizione dell'agire politico. Non ci siamo riusciti in tutto, ma sicuramente abbiamo gettato un seme da questo punto di vista.
  Ricordo altresì il lavoro legislativo, perché questa Commissione non ha quel tipo di potere, ma ha condizionato tanto l'operato del Parlamento in questi cinque anni di legislatura. Mi riferisco alla legge sui Pag. 16testimoni di giustizia, alla riforma del codice antimafia e al 416-ter.
  L'ultima menzione che voglio fare è sulle borse di studio, che non era un passaggio scontato. Mi riferisco al lavoro svolto sulle università e al fatto di aver lasciato qualcosa di concreto, attraverso un'azione materiale di questa Commissione.
  Rimane per me, dal punto di vista personale – l'ha citato prima lei nel passaggio sulla bambina di Melito Porto Salvo – il dispiacere per non aver potuto portare avanti in Commissione il lavoro sulle questioni di genere. Penso che quello sia un altro passo di analisi e di approfondimento che la Commissione antimafia deve fare, non solo dal punto di vista delle vittime, con il ragionamento che è stato fatto sui minori all'interno della relazione, ma anche sul protagonismo che stanno avendo le donne all'interno della criminalità organizzata, in primis all'interno della camorra, ma non solo. Ricordo altresì le voci che abbiamo registrato per quanto riguarda le collaboratrici di giustizia e tutto quello che attiene ad alcune figure importanti che si sono avute all'interno della ’ndrangheta in Calabria.
  Spero che parte di quella riflessione, anche se non è presente all'interno della relazione, attraverso gli atti di discussione che ci sono stati in questi anni in Commissione, possa essere presa in considerazione nella futura legislatura.
  Il voto di Sinistra italiana è chiaramente a favore della relazione, e mi riservo di consegnare il testo scritto della mia dichiarazione.

  LUCREZIA RICCHIUTI. Signora presidente e cari colleghi, mi sia consentito in primo luogo di ringraziare lei, gli uffici della Commissione d'inchiesta e i consulenti che hanno collaborato ai lavori e consentito la stesura di questo corposo lavoro, che, da quello che ho potuto leggere, ha l'ambizione di essere il compendio più completo e aggiornato in circolazione sul fenomeno delle mafie.
  Le faccio i miei complimenti. Non lo sottoscrivo incondizionatamente in ogni parola, ma ne accolgo con favore la sostanza politica e apprezzo lo sforzo di enucleare i grandi capitoli del fenomeno del malaffare organizzato.
  Nella bozza che lei ci ha presentato si fa un notevole lavoro compilativo, che mette a fuoco i molti temi toccati nel corso della nostra inchiesta. Si assestano alcuni colpi e si pongono alcuni seri interrogativi.
  Presidente e colleghi, negli anni 1950 il deputato Alfonso Tesauro divise le inchieste parlamentari in due tipologie, quelle legislative e quelle para-giudiziarie: con le prime si rimane nel solco dell'indagine conoscitiva, in vista di future riforme legislative; le seconde individuano responsabilità precise di gruppi o di persone. In questo caso ci si mantiene sul primo modello.
  Personalmente nel corso di questa legislatura avrei ritenuto opportuno a tratti una maggiore concentrazione e un carattere più incisivo della nostra attività, mediante un più marcato uso dei poteri d'inchiesta.
  Nondimeno, ribadisco il mio apprezzamento per l'esito del lavoro e ne spiego sinteticamente i motivi. Per prima cosa ho letto con favore l'aggiornata ricognizione delle mafie italiane. Vi si dà conto dell'accentuata e maggiore capacità eversiva di ’ndrangheta e camorra rispetto alla mafia siciliana, che pure rimane, dopo la strategia dell'inabissamento, un'organizzazione pericolosissima.
  Nella stessa parte della relazione si dà conto delle cosche pugliesi, nonché delle mafie romane. Sono venuta io stessa a Ostia nello scorso autunno e mi sono personalmente resa conto della colonizzazione del litorale romano da parte delle cosiddette «mafie gitane», che nomadi non sono più.
  Sempre per rimanere in ambito romano, ricordo anche che Bruno Vespa aveva scandalosamente ospitato i Casamonica a Porta a porta e bene facemmo a convocare i vertici RAI in questa Commissione.
  Sempre per quel che concerne l'analisi della ’ndrangheta, il testo si sofferma a più riprese e specificatamente sulla Lombardia, la mia bella regione. Come tutte le aree economicamente dinamiche, la Lombardia è stata ed è ancora esposta agli appetiti della ’ndrangheta. Lo hanno dimostrato le Pag. 17indagini Infinito, ormai arrivata a sentenza definitiva, Tibet, Tenacia, Insubria e ora anche Aemilia, nonché lo scioglimento del comune di Sedriano.
  Nella relazione si dà conto dell'avvio delle indagini a partire dall'omicidio di compare Nunzio, cioè Carmelo Novella, a San Vittore Olona il 14 luglio 2008 e dalla sua sostituzione con il capo locale di Corsico, Pasquale Zappia. Si dà altresì conto delle pronunce giudiziarie su questo mondo ormai interessato da numerose indagini e dell'acquisizione irreversibile che la ’ndrangheta non è un pulviscolo delinquenziale, ma un'organizzazione strutturata e centralizzata, che sparge i suoi velenosi tentacoli al Nord senza recidere il vincolo ancestrale con la casa madre in Calabria.
  In un ulteriore paragrafo la Lombardia è presa a paradigma dei rapporti tra mafia ed economia. Vi si sottolinea come i mafiosi si avvalgono di prestanome per l'esercizio di attività economiche finalizzate a ripulire i danari di provenienza illecita, ma si ricorda anche che i mafiosi cercano di impossessarsi e di spolpare imprese sane, come è accaduto alla Perego Strade. In questo contesto, la relazione non trascura il fenomeno delle cooperative sociali mafiose, le quali assumono persone di fiducia e allargano così il consenso per le cosche.
  Non serve minimizzare o peggio sottovalutare: in regione Lombardia vi sono le energie e le capacità per contrastare il radicamento mafioso, a patto che questo venga letto e individuato e che la guardia sia tenuta alta. Da questo punto di vista, va il mio plauso e il mio sostegno alla magistratura e alle forze dell'ordine.
  Troppe forze politiche regionali sono tiepide su questo tema, ma sbagliano. Le mafie si combattono, come dice correttamente la relazione, anche con amministrazioni locali trasparenti e robuste e con uno spirito civico che ripudi la prepotenza e il malaffare. Con queste convinzioni, resto in attesa delle determinazioni del Ministro dell'interno su Seregno.
  La Lombardia, come dicevo, è un paradigma valevole sul piano nazionale di come l'economia e l'impresa siano il terreno su cui deve concentrarsi la lotta alle mafie. Mentre vi sono imprenditori e professionisti seri che raccolgono la sfida della qualità e dell'innovazione e si confrontano con il mercato globale, purtroppo ve ne sono molti altri che si inseriscono nelle sacche dell'indifferenza e dell'opacità, quando addirittura non cercano attivamente le relazioni con i mafiosi.
  Da questo di punto di vista, lo studio dell'università Bocconi acquisito dalla commissione consiliare antimafia del comune di Milano ha acclarato che il 9 per cento delle imprese lombarde presenta amministratori che sono stati segnalati per reati tipici della criminalità organizzata. Inoltre, il 7 per cento delle imprese presenta titolari di altre cariche societarie come segnalati per i medesimi reati. Se tutto ciò è vero, le associazioni imprenditoriali di categoria non possono tirarsi indietro e devono essere intransigenti con i loro associati.
  Per restare al danno economico che le mafie cagionano al Paese, ho trovato azzeccati i paragrafi dedicati all'attività di prevenzione dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF) della Banca d'Italia, all'amministrazione giudiziaria delle aziende, al traffico di opere d'arte e al caso della Natività di Caravaggio.
  Sempre in questo contesto, condivido totalmente la dura reprimenda contenuta nella relazione sulla sciagurata scelta compiuta dal Governo Renzi di elevare il limite del contante da mille a 3 mila euro, davvero un favore alle mafie e ai varchi che usano per infiltrarsi nell'economia sana.
  A questo proposito, sottolineo anche che il parere parlamentare sul recepimento della quarta direttiva antiriciclaggio è stato del tutto disatteso dal Ministero dell'economia e delle finanze, facendo così un altro regalo alla mafia. Al riguardo mi auguro che nessuno pensi di intaccare l'autonomia dell'UIF.
  In secondo luogo, mi associo alle considerazioni che vengono svolte sul consenso politico che le mafie creano e offrono. Sotto un primo aspetto, condivido la condanna radicale delle massonerie, che sottovalutano il campo mafioso e indugiano sulla doppia appartenenza. La massoneria in origine aveva un afflato di ribellione e di Pag. 18libertà, ma oggi in Italia la libertà e i diritti sono garantiti dalla Costituzione repubblicana. È nella Costituzione democratica e antifascista che noi troviamo la nostra appartenenza e la nostra identità. La doppia appartenenza e, peggio, la doppia obbedienza sono foriere di opacità, corruzione e pericolose sovrapposizioni.
  Sotto un altro aspetto, concordo che il consenso che le mafie cercano e garantiscono dentro l'urna elettorale pesano di più se l'affluenza è bassa, ma aggiungo che è vera anche la reciproca: il peso delle mafie è una delle cause della disaffezione al voto e dell'astensionismo. La compravendita dei pacchetti di voti e il trasformismo, specie nelle elezioni amministrative, inducono la sfiducia nel processo elettorale e allontanano le persone dal voto.
  In terzo luogo, ho verificato che la relazione non si è sottratta ad alcune considerazioni su temi e tornanti delicatissimi che potevano – io la penso così – essere affrontati con maggiore coraggio.
  Signora presidente, voglio lasciare spazio agli interventi dei colleghi, dunque ribadisco il mio voto favorevole e deposito il testo scritto del mio intervento.

  GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare lei, i funzionari, i suoi collaboratori e i consulenti per l'imponente lavoro. Mi rendo conto che in questa legislatura è stato fatto un lavoro veramente immane e riuscire a sintetizzarlo in questa relazione finale è sicuramente cosa non da poco.
  Io ho iniziato a far parte di questa Commissione d'inchiesta nello scorcio finale della legislatura e conseguentemente non ho condiviso con voi gran parte del percorso. Questo è uno dei motivi che mi portano, pur apprezzando e votando positivamente la relazione, ad avere personalmente delle riserve, non nel merito, ma relativamente alle cose che non conosco appieno, avendo avuto la possibilità di leggere tutti gli atti, ma non avendo avuto la possibilità, perché non facevo parte della Commissione, di condividere interamente il percorso.
  Nell'annunziare il voto favorevole mio e del Gruppo al quale appartengo, mi consenta due minuti per svolgere alcune considerazioni. Io concordo con chi ha affermato che la mafia è un male in sé, ma la mafia è anche un male derivato. Ambedue i fatti non sono in netta opposizione, ma sono due facce della stessa medaglia. Proprio perché sono convinto della giustezza di queste due affermazioni, sono convinto anche che nella lotta alla mafia lo Stato democratico, il nostro Paese, può e deve vincere.
  A tal proposito, sono convinto che non esistono di per sé delle leggi intoccabili e intangibili. Non esistono totem che non possono essere superati. Ricordo a me stesso che l'attuale impianto normativo nei confronti della lotta alla mafia deriva da una situazione emergenziale che ha prodotto delle leggi emergenziali, talvolta con la caratteristica di leggi speciali. Ricordo a me stesso che le leggi speciali di per sé sono delle leggi che comprimono le garanzie costituzionali. Auspico, quindi, che nel momento in cui lo Stato dovesse verificare la totale sconfitta del sistema mafioso e della mafia in sé, si possa ritornare gradualmente a un alveo di legislazione rispettosa delle garanzie costituzionali.
  Fatta questa premessa, ho molto apprezzato i vari capitoli della relazione in cui si parla di mafia e società, mafia e impresa, mafia e sistema economico, mafia e antimafia. A tal proposito debbo subito fare una considerazione. Da un lato c'è l'esigenza primaria di tutelare il sistema produttivo sano del nostro Paese, ma questo sistema produttivo sano si può tutelare e si deve tutelare garantendo soprattutto iter e procedure burocratiche certe nei tempi e snelle nelle modalità applicative. Infatti, le lentezze e un sistema burocratico non efficiente creano, non soltanto delle difficoltà oggettive, ma anche delle pieghe nelle quali spesso si annida il malaffare e, quel che è peggio che alimentano la sfiducia nei confronti dello Stato e delle sue istituzioni.
  A tal proposito, il sistema delle certificazioni antimafia e delle stesse interdittive, a mio avviso, nella prossima legislatura dovrebbe essere in un certo qual modo rivisto per renderlo più aderente nei tempi Pag. 19e nelle modalità alle esigenze di un'economia moderna.
  Detto questo, presidente, io la ringrazio per aver accolto, seppur parzialmente, alcune mie riflessioni e alcuni miei emendamenti e mi rifaccio nelle considerazioni a quanto detto nell'ufficio di presidenza di stamani. Vorrei cogliere l'occasione, ringraziandola, per ricordare come a proposito di mafia e sistema economico alcune pietre miliari siano state assegnate dai protocolli di legalità tra Ministero dell'interno e Confindustria, i quali hanno iniziato un percorso a partire dal maggio del 2010, reiterando questi documenti nel giugno del 2012 e successivamente nel gennaio del 2014.
  Colgo l'occasione per ringraziarla per aver inserito su mia segnalazione quanto riportato dal Procuratore antimafia Roberti in occasione della sua relazione del gennaio 2015, che d'altronde coincide con quanto dichiarato dal presidente della corte d'appello di Caltanissetta Cardinale in sede di assemblea generale il 24 gennaio 2015.
  Queste dichiarazioni fanno a loro volta il paio con quanto denunziato dal procuratore Lari il 16 settembre 2013, allorquando in un convegno dichiarò esplicitamente che poteri occulti vogliono delegittimare l'antimafia. Questo chiaramente rappresenta un pericolo oggettivo, non solo per l'antimafia stessa, ma anche per l'incolumità delle persone.
  In ultimo, presidente Bindi, è iniziato da poche settimane un processo emblematico a Caltanissetta contro un magistrato, la dottoressa Saguto.
  Non è un processo uguale a tutti gli altri, perché innanzitutto non è imputata soltanto la presidente Saguto, ma altri magistrati, funzionari pubblici, ufficiali di polizia giudiziaria, dipendenti di uffici giudiziari e anche una serie di tecnici e di professionisti. Dio non voglia che questo rappresenti la punta di un iceberg.
  Evidentemente questo crea un equivoco che può essere, non mortale, ma sicuramente pericoloso per la vera lotta alla mafia. Infatti, in questi processi, presidente, noi assistiamo fin dalle prime battute a due fatti sostanziali che si contrappongono. Da un lato, c'è la difesa di alcuni imputati. Vivaddio, in questo Paese il diritto alla difesa è assolutamente garantito ed è giusto che sia così, ma la difesa di alcuni imputati in questo momento sta rappresentando più che altro un vero e proprio atto d'accusa e questo di per sé è assolutamente pericoloso e pernicioso. Dall'altro lato, in quei processi c'è la costituzione di parte civile – e pare che qualcuna possa essere anche accolta – di quelle che si definiscono «le vittime dell'antimafia».
  Io concludo questo mio intervento segnalando che l'attenzione su questo fenomeno deve essere assolutamente vigile e assolutamente costante, perché da fenomeni come questi possono venire dei colpi assolutamente ferali, violentissimi alla lotta alla mafia, che deve essere, così come è stata, la priorità delle forze politiche sane e delle istituzioni.

  ANGELO ATTAGUILE. Presidente, sarò brevissimo. Io voto a favore della relazione, anzi ringrazio lei e i suoi collaboratori, per l'ottimo lavoro, attento e importante qual è quello di una Commissione antimafia.
  Prendo atto di quello che è stato dibattuto stamattina sulla vicenda Montante e sui miei interventi. Lei ha fatto una sintesi e la ringrazio per aver ripreso la vicenda, dando una soluzione che può essere letta in modo preciso, attento e corretto.
  Sono contrario su questo punto perché, come ho detto stamattina, la vicenda della Confindustria in Sicilia è dovuta proprio a una battaglia interna, a un contrasto politico. È proprio quello che dice il presidente Lo Bello. Ne do atto: ha sbagliato la Confindustria a schierarsi politicamente in Sicilia prima col governo Lombardo e poi col governo Crocetta, perché deve stare al di sopra per non cadere in quello che purtroppo è successo.
  I personaggi che, come lei stessa ha detto, vengono qui... Parlo di Cicero, che fa delle dichiarazioni. Essendo della Sicilia, io conosco un po’ le persone; ecco perché mi permetto. Fa delle dichiarazioni che poi vengono riportate. Effettivamente è stata anche un'offesa all'intelligenza dei componenti della Commissione antimafia.
  Io avrei cassato proprio questa vicenda, perché per me era solo un contrasto, una Pag. 20battaglia politica, di interessi. Vediamo anche tutti gli assessori che ci sono stati, in modo particolare un ex assessore, Venturi. Non sto qui a ripetere quello che ho detto stamattina. Questo è un punto su cui io sono intervenuto e, quindi, mi astengo a tal proposito dall'intervenire e dall'approvarlo, perché per me è semplicemente un motivo di interesse.
  Devo attenzionare anche, signora presidente, l'inchiesta svolta sugli «impresentabili» grazie alla collaborazione di altri componenti. Abbiamo audito anche i prefetti. In modo particolare ricordo il prefetto di Catania, che disse che avrebbe chiesto alla DIGOS di Catania una relazione sui componenti e su alcune vicende, in modo particolare su Librino, che in questi giorni è stato attenzionato dalla stampa perché c'è stato un attentato, in seguito al quale il Presidente della Repubblica si è recato lì in visita per solidarietà.
  Librino è un municipio. Da noi in Sicilia si chiamano «consigli di quartiere». Il prefetto aveva detto che avrebbe chiesto l'accesso agli atti, ma ciò non è avvenuto. È cambiato il prefetto e nulla si è fatto. Purtroppo, si tratta di un quartiere molto pericoloso, su cui dovevano dare una relazione e dei riferimenti.
  Perché le dico che sono preoccupato? Di alcuni di quei personaggi politici che erano presenti lì, addirittura – diciamocelo chiaramente – la stampa locale – e mi dispiace per il giornale La Sicilia – ha il coraggio di dire che si candidano a sindaco di Catania. La cosa mi offende, perché effettivamente ancora non si è intervenuti per chiarire e realizzare alcuni interventi. Questa è una cosa a cui io tenevo come cittadino italiano e come cittadino catanese.
  Approvo la relazione e ringrazio i funzionari e lei per l'enorme e delicato lavoro svolto.

  FRANCESCO MOLINARI. Sarò brevissimo né ho documenti da depositare, perché mi ritrovo per intero in questo enorme lavoro di sintesi che è stato fatto in questa pur copiosa relazione. Comincio col ringraziare tutti per il lavoro fatto, a partire dalle forze dell'ordine e dai consulenti, che hanno tanto assistito al lavoro che è stato svolto in Commissione e nei comitati, che hanno prodotto, come è già stato ricordato precedentemente, delle relazioni poi riprese anche in questo enorme lavoro.
  Esprimo un voto favorevole senza alcuna riserva mentale, perché capisco che è frutto di una sintesi che si è cercato di sviluppare sin dall'inizio del lavoro di questa Commissione. Io credo che non sia stata assolutamente minimalista, ma che, anzi, abbia cercato di riportare l'impegno della Commissione su un piano più istituzionale.
  È stata anche coraggiosa. Non dimentichiamoci che la prima riunione si è svolta a Reggio Calabria. La Commissione non si è chiusa in questo palazzo, ma è stata su tutto il territorio nazionale per dimostrare la propria presenza istituzionale. Si è aperta a numerose audizioni ed è stata coraggiosa, perché si è voluta guardare anche all'interno, aprendo il grande capitolo doloroso della cosiddetta «antimafia da parata», che ha utilizzato l'antimafia per fare altro.
  Abbiamo aperto anche una coraggiosa finestra sulle associazioni cosiddette «segrete» o quantomeno sulla cosiddetta «massoneria», che continua a utilizzare strumenti non corrispondenti a quello che la nostra Costituzione repubblicana richiama, che è principalmente la trasparenza.
  Io ricordo con piacere i primi tentativi che abbiamo fatto e le prime relazioni che sono state approvate dai comitati di questa Commissione. In una, che risale al periodo del semestre europeo, abbiamo tentato di far capire soprattutto alle altre nazioni che fanno parte dell'Unione europea che cosa è la mafia. Innanzitutto, non è soltanto delinquenza e non è soltanto utilizzo della forza per restringere la libertà individuale, ma è qualcosa di molto più pericoloso, tenta di influenzare le decisioni democratiche e certamente è un attacco alla stessa democrazia.
  Credo che dai lavori di questa Commissione sia ormai diventato chiaro che è principalmente questo il piano su cui dovremmo e dovevamo lavorare. Per questo c'è stato un tentativo di fare una sintesi per cercare di trovare l'unanimità sulle varie posizioni: è un terreno su cui non ci deve Pag. 21essere un contrasto, perché è un terreno su cui si dovrebbero riconoscere tutte quelle forze politiche che si riconoscono nella Costituzione.
  Io credo che il lavoro che è stato fatto sia stato enorme. La sintesi, secondo me, è stata una buona sintesi. Peraltro, in questa Commissione si è riuscito a tenere fuori il cosiddetto «complottismo» e a non farla diventare una specie di cassa di risonanza per le tesi di alcuni pubblici ministeri, soprattutto di quelli che, più che la penombra e le difficoltà delle aule di giustizia, amano la ribalta delle televisioni e delle telecamere.
  Detto questo in estrema sintesi, ribadisco il mio voto favorevole.

  PRESIDENTE. Dopo i colleghi Sarti e Mirabelli ci saranno gli interventi a titolo personale, però, per brevità, io chiederei la sintesi a chi li farà, considerato che si potrà depositare l'intervento scritto. Avrei dovuto chiederla dall'inizio. Va bene?

  GIULIA SARTI. Presidente, approfitto solo per dichiarare anche il nostro voto favorevole alla relazione e per dire che il lavoro di questa Commissione è stato importante.
  È stato un percorso per la maggior parte delle questioni condiviso. Le differenze ci sono state soprattutto a livello di metodi e di priorità diversi che avremmo voluto dare al corso dei lavori. Nonostante questo, il lavoro fatto insieme, grazie all'aiuto dei funzionari, grazie all'aiuto delle forze dell'ordine, grazie al contributo dei colleghi, grazie alla sua presidenza, per noi va riconosciuto, perché è stato un lavoro intenso e assolutamente da non considerare minimale, a differenza di quello delle precedenti legislature.
  Chiarisco – e ovviamente tengo che venga lasciato agli atti – che la valutazione del lavoro fatto in questa Commissione nulla c'entra con i lavori della Commissione giustizia e i lavori parlamentari di questa legislatura in tema di lotta alle mafie. Infatti, mentre su alcune proposte di legge nate anche dalle audizioni e dai comitati della Commissione – penso, ad esempio, al lavoro svolto sui testimoni di giustizia – c'è stata una convergenza sui temi, su altro ovviamente ci sono e continuano a esserci delle visioni differenti a livello legislativo, ovvero a livello di redazione normativa e di contributi legislativi che ancora possiamo dare nella lotta alle mafie. Avremmo voluto vedere in questa legislatura alcuni interventi che sono stati fatti in maniera differente da quanto prospettavamo o che ancora non hanno portato a delle leggi vere e proprie.
  Il lavoro d'inchiesta fatto qui, come dicevo, per la maggior parte è stato condiviso e speriamo che soprattutto nelle conclusioni e negli auspici per il lavoro della prossima Commissione antimafia possano essere accolte tutte le note che sono state scritte e riportate in questa relazione.

  FRANCO MIRABELLI. Tengo a fare una breve dichiarazione di voto e poi non consegnerò quella scritta, perché credo che si possa dire in poco tempo quello che pensiamo e che ci spinge a votare convintamente a favore di questa relazione finale, che ben riassume il lavoro fatto.
  Voglio sottolineare che in questi anni abbiamo costruito un percorso facendo delle scelte. Io ringrazio la presidente per il lavoro svolto, per come ha saputo gestire e governare la Commissione, anche in momenti non semplici, soprattutto perché penso che abbiamo fatto scelte irrituali rispetto al lavoro che doveva fare questa Commissione.
  Voglio sottolineare tre scelte che secondo me sono qualificanti del documento e del lavoro che abbiamo fatto, tre scelte che hanno affiancato le inchieste che sono proseguite. Ne abbiamo parlato molto anche oggi.
  La prima è la scelta di approfondire e aggiornare l'analisi sui comportamenti delle mafie, affrontando la questione delle scelte operate da gran parte delle mafie, in particolare della ’ndrangheta, di aggredire l'economia. Abbiamo definito la zona grigia e abbiamo capito meglio come funziona. Era un tema che non era stato affrontato in precedenza, così come non era stata affrontata in precedenza con questa profondità la questione del radicamento al Nord Pag. 22delle mafie e del radicamento internazionale delle mafie e della ’ndrangheta in particolare.
  Abbiamo avuto soprattutto il coraggio di affermare una cosa che prima di questa legislatura non era affermata, cioè l'idea che le mafie si sono insediate nel Nord. Non ci sono infiltrazioni, ma c'è un insediamento mafioso.
  Abbiamo approfondito, anche grazie al lavoro dell'università di Milano e del professor Nando dalla Chiesa, le modalità con cui sono penetrate le mafie in molti settori dell'economia, non quelli tradizionali per loro. Certamente c'è anche il gioco legale, ma pensiamo al sistema bancario, pensiamo ai business inventati, dalle false fatturazioni ai prestiti. Accanto ai settori tradizionali, mi pare che abbiamo ricostruito bene, guardando alle inchieste, che cosa sono le mafie e qual è oggi il mostro che abbiamo di fronte.
  La seconda scelta è quella di aver approfondito tanti temi, con l'obiettivo specifico di migliorare la legislazione e di migliorare la capacità dello Stato di contrastare le mafie. Ci sono due provvedimenti su cui noi abbiamo influito direttamente: la riforma del codice e la legge sui testimoni di giustizia. Credo che abbiamo fatto un buon lavoro che ha influenzato anche il lavoro del Governo e della conferenza Stato-regioni rispetto al gioco, da cui bisogna ripartire.
  Credo che abbiamo fatto uno sforzo evidente, che ha contribuito a dare una mano alle aule parlamentari a costruire quei ventiquattro provvedimenti – mi rivolgo a chi dice che in questa legislatura non c'è stata sensibilità – valutati dalle associazioni antimafia e dalle associazioni contro la corruzione, da Articolo 21 fino a Libera, passando per i sindacati, efficaci per contrastare le mafie. Lo abbiamo fatto.
  Voglio anche dire – e mi scuso – visto che si parla di scarsa sensibilità, che noi abbiamo interesse a spiegare che questo Stato si sta attrezzando a combattere le mafie. Se in questa legislatura negli ultimi mesi le forze dell'ordine sono andate a fare gli arresti a Platì e a San Luca, vuol dire che qualche strumento in più c'è, che qualche sforzo in più si sta facendo e che qualche colpo in più si sta dando alla criminalità organizzata.
  Arrivo alla terza questione e concludo, presidente. Credo che sia stato molto importante lavorare sul terreno del coinvolgimento di grandi soggetti che devono contribuire al contrasto alle mafie e che non possono abiurare al loro compito. Penso al lavoro che abbiamo fatto con la Conferenza episcopale in particolare in Calabria, con tutte le contraddizioni che abbiamo notato, fino all'importanza dell'espressione chiara e netta di Papa Francesco quando ci ha incontrato. Penso alle università. Veniva prima richiamata la questione delle borse di studio, ma non c'è solo questo. Io penso che si sia fatto un lavoro importante di responsabilizzazione delle università. Infine, ricordo il tema delle associazioni di imprese e degli ordini professionali, su cui dovrà lavorare la prossima legislatura.
  Io penso che la relazione qualifichi il lavoro di questa Commissione in questa legislatura e ne dia il senso e la forza. Per questo noi votiamo convintamente a favore.

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi a titolo personale.

  LUIGI GAETTI. Riassumere cinque anni di lavoro in 800 pagine non è una cosa facile, nonostante la bravura e la dedizione di tutto il personale che ha lavorato per noi e di una presidente sempre molto attenta.
  Io vorrei ribadire che noi del Movimento 5 Stelle ci siamo sempre molto impegnati nel lavoro di questa Commissione, ma anche nel lavoro dei comitati, che hanno visto molto spesso un lavoro importante di raccolta dati e che ci hanno visto sempre presenti. Qualora si volessero citare un po’ di numeri, forse sarebbe interessante capire in ragione della forza del Gruppo l'importanza del lavoro che abbiamo svolto.
  Dico questo per sottolineare che noi crediamo molto fortemente nel lavoro di questa Commissione e di tutti quelli che vi hanno sovrinteso. Se in questa fase di tempo abbiamo chiesto qualche momento in più, era semplicemente per poter condividere e Pag. 23per poter analizzare meglio un percorso che comunque ci ha sempre visto partecipi e attenti e in cui abbiamo necessariamente lavorato.
  L'auspicio per la prossima Commissione, dopo tutto questo lavoro immenso e propedeutico, è che si riesca a interagire sul vero nocciolo della problematica: il rapporto fra la mafia e la politica, sia nelle concessioni relative al gioco d'azzardo che nei finanziamenti che danno questi grossi gruppi concessionari alle varie fondazioni. Si dovrebbe indagare anche lo studio, come ci hanno proposto alcuni pubblici ministeri, nell'ambito dell'attività parlamentare, per capire come si arriva a certi emendamenti e comprendere certe dinamiche. Da ultimo, ricordo il tema della mafia negli enti locali.
  Alla fine, presidente, vorrei ringraziarla. Mi riallaccio al discorso che ha fatto il collega Lumia quando parlava della mafia dei terreni, dei Nebrodi, dei fondi PAC e fondi europei. Lei mi ha permesso di dimostrare, attraverso l'accesso a quei dati, come ci sia uno sperpero di denaro. Sarà in futuro valutato se ci sarà mafia o meno. Comunque, si è dimostrato che l'Italia ha perso alcuni miliardi di euro di fondi europei.
  Credo che, oltre alle grandi inchieste, come quelle sulla massoneria e su altri punti, ci sia anche questa, che, seppure in maniera marginale, ha dato lustro e ha evidenziato come la Commissione antimafia sia davvero una Commissione d'inchiesta.
  Con questo, naturalmente voterò favorevolmente anch'io.

  MARCO DI LELLO. Non ho nulla da aggiungere nel merito alle parole del capogruppo, in cui mi riconosco interamente. Mi sembra giusto condividere innanzitutto la soddisfazione per il lavoro svolto in questi anni, presidente. Io ricordo bene l'inizio difficile, la prospettiva a breve, anche la rottura con una parte dell'opposizione. Dopo quasi cinque anni, alla fine della legislatura, ritrovarci con un'aula piena e tante proposte di questa Commissione divenute leggi è una soddisfazione comune.
  Tralascio i numeri impressionanti delle audizioni svolte. Non mi sfugge ovviamente il tanto che c'è da fare, ma, mentre forze dell'ordine e magistratura stanno in trincea, al Parlamento spetta la strategia a medio e lungo termine.
  Io vorrei sottolineare rapidamente due punti. Da un lato, abbiamo incontrato e toccato con mano la straordinaria sottovalutazione del tema mafia in tanti ambienti. Il fatto che la sottovalutazione rappresenti la condizione ottimale, l’humus, per far attecchire le mafie per noi è patrimonio comune, ma deve diventarlo per tutti, fuori da qui e fuori dal Paese.
  Pensiamo a quello che è emerso in questi anni, come hanno ricordato alcuni colleghi, per esempio in Lombardia – a Mantova, a Brescello, a Como – e riprendiamo le parole del Ministro degli interni del 2010, che affermava che in Lombardia non c'era la ’ndrangheta. Questo è un esempio di come la sottovalutazione abbia consentito al cancro di attecchire e di diventare metastasi. Quando si coglie il fenomeno diventa ormai troppo tardi.
  Ancor di più mi ha impressionato in questi anni, presidente, la sordità delle istituzioni europee, sia dell'Unione in quanto tale che dei singoli Paesi. È ancor più clamoroso, per quanto possibile, il caso del Canada. Io penso che noi abbiamo il dovere di dare con forza questa indicazione alla prossima Commissione.
  Parlo delle cose di cui non ci si era occupati prima. Sul gioco d'azzardo è stato fatto un ottimo lavoro e ora tocca al legislatore. Credo che anche aver violato il santuario del calcio professionistico, con 4 miliardi di fatturato, enormi flussi di contante e uno straordinario strumento di consenso, rappresenti per noi un patrimonio importante e che sia assolutamente doveroso continuare a indagare, a lavorare e a suggerire interventi normativi.
  Per quanto mi riguarda, il lavoro fatto qui in Commissione rappresenta il patrimonio, ma anche il frutto più significativo del mio lavoro in questa legislatura. Di questo ho il dovere, prima ancora che il piacere, presidente, di ringraziare lei, l'ufficio di presidenza, l'intera Commissione, Pag. 24gli uffici e tutti i consulenti. Mi sembra giusto metterlo a verbale, ringraziando tutti voi e augurando un buon lavoro di vero cuore a chi verrà dopo di noi.

  ROSANNA SCOPELLITI. Ci siamo promessi brevità; in questa brevità, però, non posso esimermi dal fare un ringraziamento a tutte le persone con le quali abbiamo lavorato. Questa Commissione ha fatto sì che ci supportassero nel miglior modo possibile.
  Siamo partiti in forte ritardo con la costituzione di questa Commissione. Ci ricordiamo le polemiche. Io personalmente ricordo di esserci stata anche quando il mio partito diceva che non bisognava partecipare ai lavori della Commissione. Orgogliosamente, invece, ci sono stata, perché penso che questa Commissione sia un bene talmente importante e talmente fondamentale, anche per il lavoro di questo Parlamento, che non si può strumentalizzare per delle beghe di partito.
  Voglio ringraziare soprattutto per una cosa: per l'attenzione e l'interesse che sono stati rivolti alla ’ndrangheta. Molto spesso la ’ndrangheta è stata considerata una mafia di secondo piano, mentre la storia ci ha insegnato che la mafia, mentre facevamo finta che non esistesse, andava avanti, cresceva e diventava sempre più forte, talmente tanto forte che molto impegno di questa Commissione è stato profuso proprio per le tematiche relative alla ’ndrangheta.
  Ricordo la prima missione a Reggio Calabria, che ha visto tra le persone audite testimoni di giustizia come Tiberio Bentivoglio, realtà associative e tutto quell’humus importantissimo della società civile che fa la lotta alla mafia costantemente sui territori, accanto alle donne e agli uomini delle forze dell'ordine.
  Di questo voglio ringraziare la presidente, perché non è da tutti dare spazio, dare importanza e dare quell'aiuto importante che è stato dato a chi sui territori va a spendersi nell'antimafia sociale, che è una grandissima forza che noi riusciamo ad avere. Sono coloro che, al di là di chi è preposto e deve farlo istituzionalmente, si vanno a scontrare con i fenomeni.
  Voglio rivolgere un altro ringraziamento per il coraggio delle inchieste sulla massoneria, nell'ambito delle quali questa Commissione ha saputo prendere delle posizioni veramente importanti.
  Ringrazio personalmente la presidente, perché è stata in parte il paravento di tutte le contestazioni che ci sono state. Può contare sicuramente sul nostro aiuto, ma per quanto mi riguarda personalmente anche sul mio supporto e sulla vicinanza.
  Come ricordavamo prima, siamo andati a parlare con i vertici della Chiesa in Calabria. Sono tutte cose molto importanti che hanno fatto sentire questa Commissione, che ha fatto molto, a mio avviso anche più di alcune Commissioni passate, per la lotta alle mafie. Non è stata una Commissione «di passerella», non è stata una Commissione «di circostanza», ma è stata una Commissione che ha saputo veramente creare quel link importantissimo tra territori, cittadini e istituzioni che forse per molto tempo è mancato.
  Sicuramente il lavoro da fare è tantissimo e mi rendo conto che forse non basterà il prossimo Parlamento e nemmeno quello successivo, ma sono sicura che è importante continuare a lavorare in questo modo e con questa solerzia anche nel riportare le tematiche dell'antimafia, non solo nell'ambiente italiano ma anche all'estero e in Europa.
  Io non dimenticherò mai l'incontro che c'è stato a Bruxelles, nel quale abbiamo gridato – la presidente ancor più forte di noi tutti intervenuti – che il fenomeno delle mafie non poteva essere ignorato, soprattutto all'estero, che non era una realtà italiana, ma qualcosa che andava preso in considerazione.
  Alla luce del grandissimo lavoro svolto, il mio voto personale è chiaramente a favore di questa relazione e penso che il lavoro che noi abbiamo fatto dovrebbe essere il più possibile veicolato, perché ha saputo veramente incidere sulle scelte parlamentari. Penso, come molti miei colleghi, al codice antimafia e alla legge sui Pag. 25testimoni di giustizia, in merito alla quale ringrazio, perché è stata approvata veramente negli ultimi attimi di legislatura ed era una cosa molto importante che abbiamo visto a rischio per parecchio tempo.
  Io penso che questo modo di lavorare possa essere preso come esempio anche per le Commissioni che ci succederanno. Rivolgo ancora un grazie dal profondo del cuore alla presidente, a tutti i suoi collaboratori e chiaramente anche ai colleghi, che ci hanno supportato in maniera molto leale, senza troppe distinzioni tra i vari partiti. Ripeto ancora una volta che questa Commissione non può essere utilizzata per beghe personali, ma deve essere un bene comune importantissimo.

  RICCARDO NUTI. Vorrei solo chiedere l'autorizzazione di depositare un testo scritto in dichiarazione di voto finale, col quale spiegherò perché non voto a favore di questa relazione e per dire che effettivamente la mafia e le mafie non sono al centro del dibattito politico. Sicuramente una delle risposte che possono essere date a questo interrogativo è che purtroppo le mafie e l'atteggiamento mafioso ormai fanno parte della società e di una cultura che coinvolge tantissimi cittadini che, ci piaccia o no, votano.
  Quando si verifica questo fenomeno, che non è relegato a una città o a una regione, ma purtroppo investe tutti i settori, è chiaro che alla politica non conviene metterlo al centro del dibattito politico.

  PRESIDENTE. È esattamente quello che è scritto nella relazione.

  RICCARDO NUTI. No, presidente, non dica questo, perché io le ho detto che nel testo scritto che consegnerò spiegherò le motivazioni.

  PRESIDENTE. Quello che lei ha detto è esattamente scritto in quella relazione che lei non vota.

  RICCARDO NUTI. Presidente, non è che non condivido tutto quello che c'è nella relazione.

  PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione della relazione, propongo di considerare contestualmente declassificati i documenti o parti di essi a cui si sia fatto eventualmente riferimento nella relazione a cui era stato apposto il regime di riservatezza funzionale.
  Invito pertanto i colleghi, che si sono anch'essi riservati, a provvedere quanto prima affinché il relativo testo possa essere allegato al resoconto stenografico della seduta odierna, o comunque depositato in archivio.
  Inoltre consentite anche a me di ringraziare tutti, perché, se siamo arrivati a questo risultato, che io considero molto importante, è grazie al contributo di tutti. È certamente grazie al personale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica assegnato alla segreteria della Commissione, dei magistrati, degli ufficiali di collegamento e dei consulenti, nonché dei nostri preziosissimi archivisti della Guardia di finanza, ma credo che sia anche merito, una volta tanto, della collaborazione che si è stabilita tra di noi. Io considero il risultato di fatto all'unanimità che abbiamo raggiunto come il bene più prezioso che consegniamo al futuro.
  Voglio fare un grande in bocca al lupo a tutti quelli che sono in campagna elettorale e dare appuntamento a tutti per continuare a lavorare insieme.
  Vorrei dedicare l'approvazione della relazione a Stefano Fumarulo, il nostro consulente che è venuto a mancare durante questa legislatura, e a tutti coloro che in qualche modo hanno condiviso questo nostro lavoro.
  Pongo in votazione la relazione finale.

  (La Commissione approva).

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la presidenza si riserva di procedere al coordinamento formale del testo approvato. Avverto, inoltre, che, in base alla legge istitutiva, la relazione approvata dalla Commissione sarà trasmessa alla Presidenza delle Camere.
  Grazie a tutti per questo voto unanime. Pag. 26
  Mercoledì 21 febbraio mattina prossimo ci vediamo in Commissione, per le restanti deliberazioni. Il pomeriggio, alle ore 16, nella sala Koch del Senato con il Presidente Grasso, il Ministro Orlando, il Ministro Minniti, il procuratore Cafiero de Raho e don Ciotti presenteremo la relazione finale.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 19.25.

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ALLEGATO

Testo integrale delle dichiarazioni di voto dei senatori Rosaria Capacchione, Luigi Gaetti, Giuseppe Lumia, Lucrezia Ricchiuti e dei deputati Celeste Costantino, Alessandro Naccarato e Riccardo Nuti.

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