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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 1 aprile 2015
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 

Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Yemen:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 
Della Vedova Benedetto , Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 4 
Corsini Paolo , Vicepresidente della 3a Commissione del Senato ... 4 
Della Vedova Benedetto , Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale ... 4 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 11 
Amendola Vincenzo (PD)  ... 11 
Manciulli Andrea (PD)  ... 15 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 15 
Manciulli Andrea (PD)  ... 15 
Marazziti Mario (PI-CD)  ... 16 
Casini Pier Ferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato ... 17 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 19 
Casini Pier Ferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato ... 19 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 19 
Manciulli Andrea (PD)  ... 20 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 20 
Della Vedova Benedetto , Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale ... 21 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Yemen.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Yemen.
  Do il benvenuto al Sottosegretario Della Vedova e lo ringrazio per la disponibilità alla seduta odierna, finalizzata a una prima informativa alle Commissioni esteri di Camera e Senato sui contorni della crisi in Yemen, alla luce dell'operazione militare Decisive storm iniziata il 25 marzo scorso da parte dell'aeronautica dell'Arabia Saudita, cui contribuiscono altri nove Paesi uniti in coalizione. Si tratta di un'operazione ufficialmente finalizzata a respingere l'aggressione della tribù degli Houthi e a contrastare la presenza di Al Qaeda e Daesh nel territorio yemenita.
  Come è noto, l'iniziativa ha ricevuto il sostegno della Lega Araba, riunita in summit a Sharm el Sheikh, che ha rinnovato l'appoggio a Mansur Hadi e ha anche deciso la creazione di una propria forza militare congiunta con l'obiettivo di fronteggiare le crescenti minacce alla stabilità della regione derivanti dalla crisi libica e yemenita.Pag. 3
  Quello yemenita è un nuovo fronte di crisi che ha le radici nella caduta del vecchio leader Saleh avvenuta nel 2012, nelle tensioni all'interno della sua tribù di appartenenza e negli ostacoli al processo di dialogo nazionale avviato nel post-Saleh.
  La debolezza istituzionale del potere centrale a Sana'a ha rafforzato via via la tribù degli Houthi che, in quanto appartenenti al ramo dello sciismo, appaiono prestarsi a una politica di interferenza iraniana e alla dinamica di antagonismo a distanza fra Teheran e l'Arabia Saudita, sostenitrice della leadership sunnita.
  Ciò premesso, lo Yemen è uno dei Paesi più poveri del mondo arabo e riveste un'importanza strategica fondamentale perché, attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb, che separa il Mar Rosso dal Golfo di Aden, passa il 40 per cento del petrolio mediorientale.
  Credo che siamo solo all'inizio di una riflessione che, per certi aspetti, sconvolge tutto il quadro e i numerosi stereotipi e schemi che abbiamo tutti in testa.
  Saluto i membri della Commissione del Senato che sono presenti e che sono nostri ospiti graditi.
  Do la parola al Sottosegretario agli affari esteri Benedetto Della Vedova.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale. Grazie, presidente Cicchitto e vicepresidente Corsini. Vorrei innanzitutto ribadire che il Governo segue da vicino e con crescente preoccupazione i drammatici eventi in Yemen, in costante contatto con i partners dell'Unione europea e dei Paesi alleati.
  L'attuale crisi politica e militare, infatti, rischia inevitabilmente di compromettere il processo di transizione nel Paese, Pag. 4che deve fronteggiare anche la minaccia del terrorismo e una drammatica crisi economica e sociale, come ci ricordava il presidente Cicchitto.
  Si tratta di una situazione allarmante, come l'ha definita di recente lo stesso Ministro Gentiloni, che si inserisce in un quadro di crescente instabilità politica e di sicurezza che caratterizza ormai un vasto quadrante internazionale.
  Come ha tenuto a sottolineare nei giorni scorsi il Ministro Gentiloni, che era stato informato telefonicamente il 25 marzo dal suo omologo saudita, Saud al-Faisal, dell'iniziativa militare che Riad avrebbe intrapreso nelle successive ore notturne, rispondendo alla richiesta di aiuto del presidente yemenita Hadi, le soluzioni basate esclusivamente sulla forza militare non sempre riescono a risolvere le crisi.
  Nell'esprimere comprensione per le preoccupazioni di Riad per gli sviluppi sul terreno, il Ministro Gentiloni ha infatti accolto con favore il riferimento del suo omologo alle caratteristiche limitate e difensive della preannunciata operazione militare, invitando al contempo...

  PRESIDENTE. Saluto il presidente Casini.

  PAOLO CORSINI, Vicepresidente della 3a Commissione del Senato. ... al quale cedo immediatamente volentieri il posto.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale. Nell'esprimere comprensione per le preoccupazioni di Riad per gli sviluppi sul terreno, il Ministro Gentiloni ha infatti accolto con favore il riferimento del suo omologo alle caratteristiche limitate e difensive della preannunciata azione militare, invitando al contempo l'interlocutore saudita alla prudenza e a valutare le implicazioni di una tale iniziativa, che dovrebbe appunto mantenere una natura difensiva.Pag. 5
  Il Ministro Gentiloni ha inoltre sottolineato la necessità che l'evoluzione della crisi non pregiudichi il delicato impegno negoziale sostenuto dall'ONU, che resta la via maestra per impedire un'ulteriore diffusione del terrorismo e per assicurare un'effettiva e duratura stabilità nello Yemen.
  Uno strumento, quello della continua ricerca del dialogo, che caratterizza l'azione diplomatica italiana, sia a livello bilaterale che sul piano multilaterale, nei numerosi fori negoziali finalizzati a stabilizzare i vari focolai di crisi a livello internazionale. Si tratta, d'altronde, di tensioni che comportano rischi di forte instabilità, a partire dai confini del nostro Paese.
  Per quanto riguarda il caso specifico dello Yemen, il Governo ritiene che l'Italia, in qualità di membro fondatore del gruppo Friends of Yemen, debba continuare anche nell'attuale fase a sostenere soluzioni basate sul dialogo tra tutti i gruppi politici e le fazioni yemenite, in vista del ripristino di condizioni di stabilità, sulla base dell'iniziativa del Consiglio di Cooperazione del Golfo, dei risultati della Conferenza per il dialogo nazionale e dell'Accordo di pace e di partenariato nazionale.
  In particolare, sosteniamo con forza l'azione dell'Inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen Benomar, volta a trovare una soluzione politica inclusiva e rappresentativa delle varie comunità etniche e religiose che compongono il Paese. Ma un accordo politico sarà possibile solo se tutti i partiti politici yemeniti si asterranno da azioni unilaterali e troveranno il modo di riavviare il processo politico, invertendo così l'attuale corso di violenza e confronto militare.
  Nel condannare pertanto le azioni unilaterali offensive intraprese dagli Houthi e dai loro alleati, che hanno messo a repentaglio la transizione democratica e il percorso di pacificazione Pag. 6del Paese, continuiamo a invitare i rappresentanti politici del movimento sciita a cessare ogni attività militare e a desistere dall'obiettivo di assumere il controllo del Paese attraverso l'uso della forza, tornando al tavolo del negoziato per raggiungere un accordo complessivo e riprendere al più presto la via della democratizzazione con il sostegno della comunità internazionale.
  Pur comprendendo come la minaccia che tali azioni destabilizzanti hanno posto sui Paesi vicini e che hanno indotto il presidente Hadi a richiedere un intervento internazionale per ripristinare condizioni di legalità nel Paese, riteniamo che ogni escalation dell'attività militare possa non solo ripercuotersi sulle prospettive di una soluzione politica, ma anche facilitare le condizioni per un'alleanza tattica tra Al Qaeda nella penisola arabica e Daesh, con riverberi estremamente pericolosi in tutta la regione.
  È questo il principale motivo di preoccupazione per l'Italia e per questo riteniamo che la diplomazia resti lo strumento più efficace in questa pur grave situazione.
  Qualsiasi soluzione politica per lo Yemen non potrà infatti prescindere da elementari principi di concordia e compromesso tra le varie comunità etniche e religiose, chiamate tutte a concorrere al progresso e alla crescita democratica del Paese, nel nome del superiore interesse nazionale e in uno spirito di collaborazione costruttiva e rispetto per le istanze altrui. Uno spirito di collaborazione che, purtroppo, ha iniziato drammaticamente a deteriorarsi nel febbraio 2012, quando le proteste popolari portarono alla caduta del trentennale regime dell'ex presidente Saleh e all'avvio di una tribolata fase di transizione, fino a sfociare nel bombardamento aereo svoltosi nella notte Pag. 7del 25 marzo 2015, e rivendicato il giorno successivo, con un comunicato congiunto, da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Qatar.
  Negli scorsi mesi la comunità internazionale ha dovuto purtroppo prendere atto del fallimento del dialogo nazionale tra le forze politiche yemenite, svoltosi tra il marzo del 2013 e il gennaio del 2014 sotto l'egida del Consiglio di Cooperazione del Golfo.
  Pur continuando a negoziare con le altre forze politiche, infatti, il clan ribelle sciita Houthi, sospettato di ricevere aiuti dall'Iran, approfittando della debolezza del nuovo presidente Hadi, ha condotto, sin dall'ottobre 2013, un'offensiva militare che l'ha progressivamente portato dalla provincia di Saad, ai confini con l'Arabia Saudita, fino alla capitale Sana'a conquistata nel settembre 2014.
  L'ex Presidente Saleh ha sostenuto tale avanzata attraverso una parte delle forze armate rimaste a lui fedeli, senza nessuna considerazione per gli enormi rischi insiti in un definitivo collasso istituzionale dello Yemen, considerato anche che la cellula di Al Qaeda nella penisola arabica si è ormai stabilmente insediata in alcune aree del sud del Paese, per combattere la quale gli Stati Uniti avevano da tempo stabilito una base militare nei pressi di Aden, in cui di recente anche Daesh ha iniziato a rivendicare una propria presenza.
  L'ultima intesa fra tutti i gruppi politici yemeniti, inclusi gli Houthi, era stato l'Accordo di pace e partenariato nazionale siglato con la mediazione dell'Inviato speciale delle Nazioni Unite Benomar il 21 settembre 2014, ma già nei giorni successivi alla firma le milizie dei ribelli sciiti, invece di abbandonare la capitale, come concordato, hanno iniziato a estendere il proprio controllo militare sulle altre province, reprimendo le manifestazioni popolari di protesta.Pag. 8
  Pertanto, il 7 novembre 2014 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione n. 2140 con cui ha imposto sanzioni economiche nei confronti dell'ex presidente Saleh e di due leader Houthi. Dopo che il giorno seguente il primo ministro Khaled Bahah era riuscito a formare un esecutivo di coalizione con la partecipazione degli Houthi, nel gennaio 2015 la presentazione di una bozza di costituzione che prevedeva l'articolazione dello Yemen in sei regioni a statuto federale ha provocato una nuova dura reazione militare dei ribelli sciiti, i quali hanno costretto il presidente Hadi e lo stesso premier a rassegnare le dimissioni e reso pubblica, il 6 febbraio 2015, una dichiarazione costituzionale non riconosciuta dalla comunità internazionale che destituisce il Parlamento e lo sostituisce con un «Consiglio nazionale transitorio» da loro nominato.
  Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha reagito approvando all'unanimità, il 15 febbraio 2015, la risoluzione n. 2201 che chiede agli Houthi di aderire ai negoziati a guida ONU, di ritirarsi dalle istituzioni governative, rilasciare i membri del Governo ancora sotto arresto e cessare ogni iniziativa unilaterale.
  La successiva risoluzione n. 2204 approvata il 25 febbraio ha confermato fino al 2016 il regime sanzionatorio previsto dalla risoluzione n. 2140. Nel frattempo, il 21 febbraio 2015, il presidente Hadi è riuscito a fuggire da Sana'a trasferendosi ad Aden, la ex capitale della «Repubblica filosovietica del Sud», nel tentativo di riprendere il controllo del Paese, nonostante l'ostilità dello stesso movimento laico e indipendentista del Sud al-Hiraq.
  Il 20 marzo gli attacchi kamikaze a due moschee sciite di Sana'a, rivendicati da una cellula yemenita di Daesh, hanno Pag. 9causato oltre 140 morti e 350 feriti, mettendo in discussione il controllo della sicurezza da parte degli Houthi, che avevano represso le manifestazioni popolari di protesta.
  Come dicevamo, il 25 marzo 2015 la situazione è precipitata: le forze dell'esercito rimaste fedeli all'ex presidente Saleh hanno preso il controllo dell'aeroporto internazionale di Aden, iniziando a bombardare il palazzo presidenziale, mentre le milizie Houthi si sono attestate alle porte dell'ex capitale del Sud e i media yemeniti riferivano della fuga via mare del capo di Stato yemenita, il quale, sotto protezione saudita, si sarebbe rifugiato a Riad.
  La notte successiva l'Arabia Saudita, dopo aver informato i principali Paesi amici ed alleati, tra cui appunto l'Italia, ha sferrato, in coalizione con Emirati Arabi, Bahrain e Qatar, un attacco aereo contro gli Houthi, nel corso del quale sarebbero rimasti uccisi alcuni leader del movimento sciita. Secondo quanto hanno riferito alcuni media arabi, le forze leali al presidente Hadi avrebbero ripreso il controllo dell'aeroporto di Aden, mentre i morti sarebbero già oltre cento.
  All'operazione denominata Decisive storm, oltre ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Qatar, stanno partecipando anche Giordania, Kuwait, Marocco e Sudan. Gli Stati Uniti, che poco prima dell'arrivo delle milizie Houthi avevano evacuato anche la loro base militare nei pressi di Aden, hanno fornito il loro supporto logistico e di intelligence alle operazioni militari guidate da Riad senza parteciparvi direttamente.
  Anche Turchia e Regno Unito hanno espresso aperto sostegno all'azione militare saudita. L'Egitto ha annunciato l'intenzione di prendervi parte e il Pakistan la sta valutando.
  Iran, Russia e Siria hanno invece invocato l'immediata cessazione dell'intervento.Pag. 10
  La Lega Araba ha manifestato il suo sostegno all'azione militare saudita, pur con isolate riserve irachene e cautele libanesi, in occasione del vertice di Sharm El Sheikh svoltosi il 28 e il 29 marzo scorsi. Il comunicato finale giustifica l'intervento con l'esigenza di rispondere alla richiesta del presidente Hadi, auspicando una ripresa dei colloqui fra partiti e fazioni yemenite a Riad, sotto gli auspici del Consiglio di Cooperazione del Golfo.
  Nei loro commenti, il Segretario Generale dell'ONU e l'Alto Rappresentante Mogherini hanno ribadito di ritenere che i negoziati rimangono l'unica opzione per risolvere la crisi yemenita.
  In particolare, Ban Ki-moon ha ricordato che il Consiglio di Sicurezza, pur sostenendo la legittimità del presidente Hadi, ha invitato tutte le parti e gli Stati membri ad astenersi da qualsiasi azione che mini l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale dello Yemen, ribadendo il suo profondo apprezzamento per gli sforzi del suo consigliere Benomar.
  Per quanto riguarda, infine, il sostegno ai nostri connazionali nel Paese, come già sapete, a seguito del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza dopo il colpo di Stato degli Houthi, la Farnesina ha deciso la chiusura dell'Ambasciata d'Italia a Sana'a, il 13 febbraio scorso, e il rimpatrio del personale ivi in servizio, con la collaborazione delle competenti articolazioni dello Stato.
  Tale decisione è stata presa dopo rapide consultazioni avvenute tra le unità di crisi dei principali Paesi dell'Unione europea, in particolare Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna, che si sono coordinati al fine di effettuare il ripiegamento del personale delle rispettive ambasciate in meno di trentasei ore.Pag. 11
  La Farnesina ha inoltre invitato, attraverso il proprio sito istituzionale viaggiaresicuri.it, i connazionali ivi presenti a lasciare temporaneamente il Paese sin dal 10 febbraio scorso. Tali inviti sono stati veicolati a tutti i connazionali presenti sul territorio yemenita, anche attraverso l'invio di sms e di mail di allerta. L'invito è stato nuovamente reiterato a seguito dei bombardamenti effettuati nel Paese da aerei sauditi.
  Ricordo, inoltre, che la Farnesina aveva sconsigliato, sul medesimo sito, qualunque viaggio nello Yemen sin dal 12 marzo 2011.
  Voglio assicurare, infine, che la Farnesina attraverso l'Unità di crisi sta naturalmente continuando a monitorare le condizioni di sicurezza nello Yemen.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Della Vedova.
  Reputando che quello che sta avvenendo sia di straordinario rilievo e, quindi, che questa sia una riunione informativa, dovremo riflettere molto sulla situazione, e probabilmente inviteremo nuovamente il Governo a riferire quando il quadro sarà più chiaro.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINCENZO AMENDOLA. Ringrazio il Sottosegretario Della Vedova per questa informativa. Concordo pienamente con quello che ha detto il presidente Cicchitto circa la straordinarietà di questo evento, che riveste una valenza di grande preoccupazione non solo per quello che accade dentro i confini dello Yemen, ma anche per quello che questo conflitto può significare nella regione a noi prossima.
  Concordo con la linea ferma del Governo, insieme a Ban Ki-moon e a Federica Mogherini, di mantenimento della richiesta del rispetto della risoluzione n. 2051 delle Nazioni Pag. 12Unite e del dialogo nazionale. Quel percorso avviato un anno fa è l'elemento centrale su cui noi, come comunità internazionale, non possiamo derogare. Anche in un contesto di amicizia e di dialogo con Paesi coinvolti in questa operazione che fa riferimento alla cosiddetta «Tempesta decisiva», noi dobbiamo mantenere chiaramente la nostra posizione: la posizione è che tutti rispettino, a partire dal partito Ansar Allah al movimento degli Houthi, il dialogo nazionale che le parti si erano impegnate a proporre e a promuovere un anno fa.
  Perché dico che la preoccupazione non è solo interna ? Certamente per la posizione geopolitica dello Yemen nei traffici e nelle relazioni tra i continenti – penso al mondo arabo, al mondo africano, al mondo del Mediterraneo, quindi fino a noi – ma anche per un elemento che da tempo ci preoccupa sullo scenario siriano, sullo scenario iracheno e oggi su quello yemenita.
  Parlo di un conflitto che si sviluppa per ragioni interne a quel Paese, che non ha una preminenza esclusiva religiosa o settaria, come molti in maniera semplicistica propongono. Ci sono conflitti che arrivano da trentatré anni di governo autocratico, da una transizione appena avviata, da rapporti tra le regioni interne a un Paese di sbilanciamento nel decentramento dei poteri. Insomma tra tante concause questo settarismo purtroppo, come è avvenuto in altri campi, in altri terreni, in altre guerre, per procura si può elevare a un paradigma di conflitto e a un paradigma egemonico.
  Noi sappiamo benissimo che quello che si è sviluppato e si sviluppa in questi momenti della storia contemporanea del Medioriente è preoccupante. Non è un caso che, mentre noi stiamo discutendo di sei giorni di azioni militari, di un governo in esilio come quello di Hadi, di possibili collegamenti tra l'ex Pag. 13presidente deposto Saleh e il movimento degli Houthi, ebbene, mentre discutiamo di tutto questo, noi sappiamo di essere appesi a un filo per una trattativa sul nucleare iraniano a Losanna. Ci troviamo, inoltre, con il vertice di Sharm, dinanzi a una nuova Lega Araba, che si occupa in prima persona della deterrenza e dell'ordine regionale: ovviamente non sempre in apertura con altre forze regionali che vogliono esercitare un ruolo, ma addirittura in forte contrasto, fino anche a sviluppare l'idea di una cosiddetta «NATO araba» che su tutti i terreni, dalla Libia fino allo Yemen, possa giocare operazioni militari conclamate.
  Questo è uno scenario di forte preoccupazione, perché finalmente ci rendiamo conto che le avvisaglie e le analisi fatte due anni fa nel post-rivolte arabe – lo Yemen fa anch'esso parte di quella storia iniziata nel 2011 – hanno determinato un nuovo scenario regionale in cui le forze regionali si organizzano, al di fuori, spesso, anche di un contesto di diritto internazionale o di legame con decisioni del consesso internazionale.
  È uno scenario di grande preoccupazione, lo ripeto, non solo per le condizioni già tremende del Paese del quale noi analizziamo oggi la situazione, ma per lo scenario che si produce, per forze che utilizzano spesso le guerre per procura o attori che emergono in alcuni contesti creando delle linee di frattura settaria su cui costruire dei progetti egemonici.
  Non credo che questo sia l'elemento scatenante, ma è evidente che oggi ai fatti ci troviamo di fronte a delle opzioni egemoniche nel quadro del Medioriente, in cui la comunità internazionale o noi, come Unione europea, siamo a volte osservatori della situazione.
  A tutto ciò si aggiunge anche la preesistenza di una delle organizzazioni terroristiche più forti nel Medioriente, Al Pag. 14Qaeda, nella penisola arabica, che abbiamo incontrato anche operativamente nella strage di Parigi, e – come si è visto nell'ultimo assalto alle moschee sciite, che ha provocato 140 morti – anche l'entrata competitiva di quelli che poco più a nord stanno determinando il Califfato.
  Dico al Sottosegretario Della Vedova che si apre anche un tema riguardo alla cosiddetta coalizione contro il terrorismo, la coalizione che abbiamo costruito a Parigi l'estate scorsa, che si sta sviluppando anche in un contesto cooperativo per quanto riguarda l'Iraq e che speriamo operi anche in tutta la regione. È evidente che un'operazione militare come la «Tempesta decisiva», se fosse portata a estreme conseguenze, non solo avrebbe già di per sé un risalto nuovo nella comunità internazionale, ma porrebbe anche dei dubbi in chi oggi vede con molta preoccupazione quello che sta succedendo in Iraq, tra Tikrit e Mosul, dove allo stato dei fatti le forze militari irachene sono state lasciate sole, anche operativamente, in termini di combattimento.
  Insomma, si porrebbe il tema che le azioni di deterrenza per processi di pacificazione o per il rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite non possono prendere piede in un Paese e in un altro Paese – mi scusi la brutalità e la scarsa diplomazia – essere dimenticate. Si aprirebbe, cioè, una contraddizione anche nella coalizione.
  Per convenire con le considerazioni e con la linea politica del Governo, che prontamente ha risposto all'invito delle Commissioni, credo che questa sia l'unica direttrice su cui operare. Rispetto alle risoluzioni, si tratta di portare avanti il dialogo nazionale, fermare il movimento Houthi e chiamare tutte le parti a recuperare il dialogo nazionale.
  Allo stesso tempo – per questo la sollecitazione del presidente Cicchitto è giusta – noi ci troviamo di fronte a un Pag. 15elemento di straordinarietà perché si costruisce un nuovo quadro dove i conflitti interni sono delle micce, sono degli elementi esplosivi in una regione in cui le forze regionali e politiche, spesso anche su fratture settarie, costruiscono dei disegni geopolitici di forte preoccupazione.

  ANDREA MANCIULLI. Farò un breve intervento, poiché sono molto d'accordo con il collega.

  PRESIDENTE. È un fatto clamoroso.

  ANDREA MANCIULLI. C’è un punto del ragionamento sviluppato dal Governo sul quale mi preme intervenire: l'intervento è chiaro, tuttavia non vedo questo grande intervento contro Al Qaeda nella penisola arabica. Al Qaeda nella penisola arabica si è molto spostata sulla parte costiera che guarda alla Somalia.
  Ho visto che diversi siti rendono piuttosto evidente anche un passaggio di uomini e armi fa la Somalia e lo Yemen. In tutta onestà, non vedo questo intervento dell'Arabia Saudita per colpire Al Qaeda. Mi sembra che l'intervento in questo momento si stia fortemente caratterizzando, come diceva il collega Amendola, verso gli Houthi e verso gli sciiti: il che a mio avviso preoccupa ulteriormente, dal momento che in realtà la parte di territorio nella quale Al Qaeda persiste è molto sotto il suo controllo, e anche prima del rovesciamento del regime lo Stato yemenita aveva difficoltà incredibili a gestire quella parte del territorio.
  Da questo punto di vista, secondo me, si evidenzia qualche equivocità ancora maggiore nel ruolo della coalizione. Non si è sentita la stessa esigenza di intervento o anche di immissione nelle vicende yemenite nel momento in cui Al Qaeda si espandeva, e oggi si interviene perché ci sono gli Houthi. Pag. 16Questo elemento, secondo me, va fortemente messo in chiaro, perché è quello che più stride con la natura di coalizione anche anti-Daesh e con le finalità che invece i nostri Paesi hanno in quel quadrante.
  Su questo, a mio avviso, un chiarimento con chi sta intervenendo è opportuno. Come veniva detto molto bene da chi mi ha preceduto, siamo di fronte a un quadro che ha anomalie che vanno trattate seriamente.

  MARIO MARAZZITI. Innanzitutto mi scuso del fatto che non ho potuto ascoltare il Governo. Tuttavia, pongo una domanda che è confermata da chi mi ha preceduto e riguarda la sensazione di una forte ambiguità negli interventi che si stanno facendo. La coalizione contro il terrorismo anti-Daesh sembra comportarsi in maniera estremamente diversa, nel peso dell'intervento, rispetto a quello che sta accadendo nella penisola arabica.
  Credo che non sia solo un problema dell'opinione pubblica se la coalizione antiterrorismo si mobilita in maniera cospicua solo quando dall'altra parte ci sono gli sciiti e non, invece, quando ci sono i sunniti. Questa è una semplificazione, però c’è un problema serio, perché siamo in un momento di verità nell'ambito della grande transizione che avviene all'interno dei Paesi nostri alleati e nostri amici, come Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Golfo, Paesi mediterranei, Tunisia e così via. Lo ripeto, siamo dentro una fase di grande transizione.
  Come diceva in maniera più articolata il collega Amendola, dentro queste divisioni settarie in realtà si maturano anche progetti geopolitici che possono non coincidere con i progetti di interesse nazionale, di interesse europeo o di interesse globale per la pace.
  Immagino che il Governo sia pienamente avvertito a questo riguardo, però sottolineo che il problema è questo.

Pag. 17

  PIER FERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Innanzitutto ringrazio il Sottosegretario Della Vedova e condivido anche la valutazione che il presidente Cicchitto ha fatto di cornice.
  Secondo me, il caso dello Yemen di per sé potrebbe essere anche addirittura insignificante. Il punto reale che lo rende non poco significante, ma ultra-significante, è quello che sta avvenendo. Penso che quello che sta avvenendo nello Yemen sia esattamente collegato al ruolo che oggi l'Iran cerca di giocare con l'apertura della comunità internazionale e degli Stati Uniti.
  Gli Stati Uniti ritengono che per gli equilibri regionali sia importante associare l'Iran alla determinazione degli assetti dell'area; sono incapaci – come si è visto con la Siria e con l'Iraq – di determinare una loro strategia che non sia in parte supportata dall'Iran.
  Ora, noi siamo sempre un po’ portati a dire che gli americani sono ingenui, sono confusi, sono pasticcioni. Probabilmente in questo caso sono meno ingenui di quello che pensiamo: con una mano parlano con l'Iran e stanno per chiudere – speriamo che lo chiudano – il negoziato e con l'altra mano danno un segnale agli stessi iraniani che non possono spingere sull'acceleratore più di tanto; e infatti danno via libera non tanto all'intervento nello Yemen, ma alla coalizione araba, con quello che significa.
  Vorrei però valutare con voi che questa vicenda è frutto di una sistemazione geopolitica diversa che nel passato. Noi abbiamo un Egitto che per due o tre anni è stato fuori dai giochi internazionali, che oggi recupera il vitalismo del Mubarak dei tempi migliori, cioè dell'inizio dell'esperienza di Mubarak. Al-Sisi cerca in qualche modo di recuperare nell'area sunnita una funzione di leadership; e lo fa appoggiandosi Pag. 18all'Arabia Saudita, dove, non a caso, è avvenuto anche un trapasso generazionale (per quanto lo si possa chiamare così, poiché in quell'area si passa da 90 a 85), e comunque c’è una situazione della casa reale diversa da quella del passato.
  Penso che il punto fondamentale di cui noi parliamo poco sia la Turchia. Il punto fondamentale, che è l'anello debole o forte, che dir si voglia, o comunque l'elemento che manca all'Occidente per costruire una strategia, è la Turchia. Dopo la politica altalenante che abbiamo fatto rispetto alla Turchia, dove abbiamo chiuso e aperto le nostre porte a intermittenza – non noi italiani, noi siamo sempre stati coerenti –, oggi la Turchia gioca di sponda, in molte realtà, in una situazione antagonistica a quella di questa coalizione araba che viene costruita per intervenire anche nello Yemen.
  In questo contesto, diciamo la verità, se io fossi nei panni di Mogherini – lo dico subito per onestà, perché bisogna essere seri – direi esattamente le cose che dice lei, che sono la certificazione del nulla, sostanzialmente. Insomma, io direi la stessa cosa perché non c’è lo spazio per dire qualcosa di diverso. Mogherini dice quello che diremmo tutti: dobbiamo aspettare le determinazioni dell'ONU, dobbiamo aspettare che il dialogo prevalga; ma intanto, mentre si parla di questo, si occupano le basi, ci sono centinaia di morti. E noi sappiamo bene che la deterrenza militare è l'unica base per sedersi al tavolo delle trattative.
  Fa bene anche il Sottosegretario Della Vedova a esprimere una grande solidarietà verso l'Inviato dell'ONU. Io sto seguendo questo Inviato dell'ONU nello Yemen perché è un Paese che conosco molto bene e, tra l'altro, amo tanto, perché è un Paese bellissimo. Ebbene, questo Inviato speciale dell'ONU non sta facendo assolutamente nulla. Sta facendo molto di più, in termini di efficacia – ve lo posso dire perché sono Pag. 19reduce da un incontro con rappresentanti di Assad, del Parlamento siriano – il nostro Staffan De Mistura in Siria o Bernardino León.

  PRESIDENTE. Così siamo combinati.

  PIER FERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Siamo combinati male, ma questa è la realtà.
  Scusate, siamo combinati talmente bene che l'Inviato dell'ONU nello Yemen è lì da anni e sta avvenendo tutto ciò che sappiamo nonostante egli ogni giorno chieda le cose opposte. Questa è la situazione. Non a caso, a questo punto, questa è la tipica guerra per procura che stanno facendo alcuni per dimostrare all'Iran...
  Ci sono stati molti articoli in questi giorni sul nuovo rapporto tra l'Arabia Saudita e Israele. Anche questa è una cosa che non mi meraviglia. Io penso, e termino, che l'Europa rischi di essere la grande assente, perché, per quanto sia, gli americani una strategia ce l'hanno, sono comunque parte di qualcosa.
  In questi giorni – se volete un giorno ne parliamo – sono stato in Vietnam. Gli americani e i giapponesi – noi parliamo dell'espansionismo cinese, vediamo i cinesi che occupano le isole – stanno stringendo un cordone sanitario attorno alla Cina, giocando sulla paura della Cina che hanno tutti i Paesi limitrofi. In termini geopolitici, sta avvenendo esattamente l'opposto; e gli americani sono parte di questo, ma noi europei siamo assenti completamente.

  PRESIDENTE. Mi esimo dall'esprimere valutazioni positive o negative, però devo dire che sono d'accordo con il presidente Casini quando dice che il tutto va al di là dello Yemen. C’è stata una decisione della Lega Araba di creare una forza Pag. 20militare tipo NATO. Guarda caso, però, se andiamo a vedere come è composta questa forza, essa è per molti aspetti di carattere sunnita.
  Credo peraltro – lo diceva il collega Manciulli – che a questa coalizione importi ben poco di Al Qaeda. Il loro problema sono gli Houthi in quanto hanno dietro l'Iran, quindi la partita è tutta in questi termini.

  ANDREA MANCIULLI. Al Qaeda la tollerano perché ha una funzione antisciita anch'essa. Parliamoci chiaro.

  PRESIDENTE. Non so se gli americani hanno una strategia, ma probabilmente, presidente Casini, hanno una tattica. Se avessero una strategia, sarebbe di una contraddizione clamorosa; se, invece, è una tattica, essa ha questa volta una sua abilità.
  Intendo dire che gli americani per un verso stanno trattando con l'Iran – gli aspetti qualitativi dell'eventuale intesa sul nucleare andranno tutti valutati, nessuno di noi è in grado di dare una valutazione seria, neanche il Governo italiano, perché non sappiamo nulla – e per l'altro, siccome non è che all'improvviso gli iraniani siano diventati angelicati ma stanno agendo su una serie di scenari (dalla Siria all'Iraq, al Libano, a Gaza e così via), a questo riguardo per interposta persona gli americani mandano loro uno stop. Quindi, trattano con loro sulla faccenda del nucleare e, per altro verso, coprono i sunniti nell'altra vicenda.
  Questo è un nodo decisivo che può onestamente rendere non diplomatiche, ma ridicole le cose, tutte di buonsenso, che dice il Ministero degli esteri, che dice Mogherini e così via. Se si coagulano schieramenti politico-militari armati sono problemi assolutamente seri che comportano uno sconvolgimento del quadro che abbiamo, e anche delle priorità non nostre, ma Pag. 21degli altri. Il problema è che la priorità per queste altre forze non sia ISIS o Daesh o come vogliamo chiamarlo, ma sia questa partita micidiale che è in corso tra nazioni sunnite, l'Iran e così via.
  Insomma, possiamo trovarci davanti a uno sconvolgimento complessivo del quadro, con conseguenze in questo momento non valutabili.
  Reputo che questa nostra riunione sia assolutamente interlocutoria, perché dobbiamo tutti capire molto di più quello che sta avvenendo. Ma quello che sta avvenendo ha comunque un segno preciso, nel quale lo Yemen è un pretesto più che la chiave risolutiva del problema.
  Aggiungo una considerazione che esula dal tema, ma lo faccio poiché il presidente Casini ha evocato lo scenario del sud-est asiatico. Avendo io avuto modo di partecipare a un incontro che si è svolto qui recentemente con lo straordinario ambasciatore del Vietnam in Italia, mi sembra che tutti gli schemi siano saltati. In questa riunione emergeva un rapporto strettissimo tra il Vietnam, Paesi come Singapore, Filippine e così via, e gli Stati Uniti – mancava il Giappone –, tutti unificati, al di là di quello che è avvenuto nel passato, in un'azione di contenimento nei confronti della Cina, sebbene, per altro verso, si parlasse di affari economici che riguardavano quel Paese.
  Anche in quel versante, quindi, tutti gli schermi sono saltati e dobbiamo valutarli. Questo, tuttavia, ci coinvolge meno direttamente di quanto non ci coinvolgano queste vicende.
  Do la parola al Sottosegretario Della Vedova per delle conclusioni risolutive.

  BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale. Vediamo se sarà risolutiva la Tempesta !Pag. 22
  Ho apprezzato i commenti che ho ascoltato. Quelle che ho esposto sono le cose per come sono, ivi compreso il ruolo dell'ONU, dell'Alto Commissario. Credo che sia evidente che l'opzione su cui lavorare, ancora in queste ore, non può che essere quella di considerare quello che sta succedendo come propedeutico, ancorché in modo muscolare, alla riapertura di un dialogo politico; anche per disinnescare, attraverso la riapertura di un dialogo politico, scenari di intersezioni varie che sono stati richiamati, da Iran ad Al Qaeda e via dicendo.
  Ribadisco che per quel che riguarda i nostri connazionali, come sempre, la Farnesina attraverso l'Unità di crisi sta facendo un lavoro h24 per affrontare le situazioni ancora in essere, cioè la presenza di connazionali ancora in quel territorio. Su questo daremo, appena ce ne sarà l'opportunità e il modo, ulteriori comunicazioni. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Della Vedova e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.30.