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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (I e II)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 9 novembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO EUROPEO E AL CONSIGLIO – ATTUARE L'AGENDA EUROPEA SULLA SICUREZZA PER COMBATTERE IL TERRORISMO E PREPARARE IL TERRENO PER L'UNIONE DELLA SICUREZZA (COM(2016) 230 final)

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Marco Minniti, quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 ,
Minniti Marco , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica ... 3 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 8 ,
Mattiello Davide (PD)  ... 8 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 9 ,
Agostini Roberta (PD)  ... 9 ,
Fiano Emanuele (PD)  ... 9 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 9 ,
Minniti Marco , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica ... 9 ,
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia-MAIE: (SCCI-MAIE);
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Marco Minniti, quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – attuare l'agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per l'unione della sicurezza – l'audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Marco Minniti, quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.
  Ringrazio il sottosegretario, do il benvenuto alla presidente Ferranti e agli altri colleghi della Commissione giustizia, e lascio subito la parola al sottosegretario.

  MARCO MINNITI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Grazie, presidente. Per le questioni delle quali mi occupo io, con il comparto che ho l'onore di coordinare, penso che sia utile tenere una visione comune dell'Agenda europea sulla sicurezza, varata nell'aprile del 2015, che è il principale elemento di valutazione di questa audizione, in rapporto con il primo rapporto sulla realizzazione dell'agenda, che è stato consegnato nell'ottobre di quest'anno.
  Naturalmente, per comprendere quali sono le questioni dell'agenda europea che io considero molto importanti in questo momento, mi serve fare una brevissima riflessione di scenario del quadro della minaccia.
  Noi abbiamo un quadro che in questo momento ci porta a valutare una situazione in cui Islamic State è chiaramente sulla difensiva per quanto riguarda la propria presenza militare; in questo momento è in corso una durissima battaglia per la liberazione di Mosul e si sta predisponendo un'operazione militare per colpire direttamente il cuore di Islamic State in Siria, che è la città di Raqqa.
  Il quadro ci porta a dare un giudizio che possiamo così sintetizzare: sul terreno militare Islamic State ha perso significativamente terreno ed è ragionevole pensare che nelle prossime settimane possa perderne ancora, e non c'è dubbio alcuno che Mosul e Raqqa rappresentano il cuore del sistema dal punto di vista della capacità di un'organizzazione terroristica di farsi Stato e quindi di avere un territorio da gestire e da proteggere.
  Contemporaneamente a tutto ciò abbiamo un significativo, abbastanza netto ridimensionamento delle fonti di finanziamento; siamo quasi ad una riduzione del 50 per cento, sebbene sia difficile in questo momento dare cifre precise, perché il complesso delle fonti di finanziamento di Islamic State è oggetto di attività di indagine e di prevenzione. Pag. 4
  Se questo è lo stato attuale dell'arte, tuttavia non deve sfuggire qual è la caratteristica fondamentale di Islamic State, un'organizzazione terroristica che, per la prima volta nella storia delle organizzazioni terroristiche dei tempi moderni, ha tenuto insieme due aspetti. Il primo è la capacità di sviluppare campagne militari di conquista di territorio e di gestione del territorio conquistato, quello che nel gergo della comunicazione specialistica in questi campi si chiama «capacità simmetrica».
  Accanto a questa capacità ne ha un'altra che è tipica delle organizzazioni terroristiche, la capacità di sviluppare attività terroristica pura, che nel gergo degli addetti ai lavori si chiama «capacità asimmetrica».
  Naturalmente, noi abbiamo un elemento di fortissimo ridimensionamento e di contenimento dell'attività simmetrica, ma abbiamo prevedibili ragioni che tutto ciò possa comportare una capacità asimmetrica e che questa possa essere ulteriormente rafforzata; non perché bisogna stabilire un principio che se non si fa l'attività militare non ci sono gli attacchi terroristici, perché gli attacchi terroristici sono connessi alla struttura stessa di Islamic State, tuttavia, nel momento in cui Islamic State perde significativamente ruolo e funzione sul terreno, è lecito aspettarsi una capacità di manifestazione di presenza e di potenza attraverso attività di carattere terroristico.
  Il punto fondamentale di questa capacità e di questa minaccia che si rinnova è dato dal ruolo e dalla funzione dei cosiddetti foreign fighters, che sono l'elemento che ha reso plastica questa capacità simmetrica e asimmetrica, che consente di tenere insieme i due termini. I foreign fighters sono oggi i combattenti sul terreno, sono stati ieri quelli che hanno prodotto le divisioni, le milizie, le truppe che hanno occupato significativi segmenti della Siria, dell'Iraq, che hanno comportato la realizzazione di un’enclave di Islamic State in Libia (è molto importante che anche l’enclave di Islamic State in Libia sia sostanzialmente neutralizzata).
  Sono la truppa di manovra e contemporaneamente sono potenzialmente gli attori e gli agenti di un nuovo attacco terroristico; foreign fighters che hanno combattuto insieme in Iraq o in Libia possono tornare ai punti di partenza ed essere gli attori di un'attività di carattere terroristico.
  Non è qui utile ritornare sui numeri, che sono noti a tutti, tuttavia sappiamo che l'armata dei foreign fighters ha avuto nei momenti più ampi 25-30.000 soggetti partecipanti, provenienti da 90-100 Paesi del mondo, quindi stiamo parlando della più grande Legione straniera che si sia mai immaginata negli ultimi cento anni.
  Se il quadro della minaccia che abbiamo oggi di fronte ha questa attualità, penso che per quanto riguarda l'Unione europea e i rapporti tra l'Italia e l'Unione europea sia giusto mettere in rilievo cinque questioni, che sono presenti in parte nell'agenda europea, in parte nel primo rapporto prodotto ad ottobre (qualcuna non c'è e penso che forse bisognerebbe aggiungerla).
  Il primo campo di questioni è la protezione delle frontiere esterne. Questo è un punto cruciale, lo dico da europeista convinto: se vogliamo mantenere il principio della libera circolazione delle persone e delle merci dentro l'Unione europea, il principio di Schengen, non c'è dubbio che l'Europa deve dimostrare di avere un solido sistema di protezione delle frontiere esterne. Questo è un punto cruciale, che inerisce direttamente alla sicurezza dei singoli Paesi e dell'Europa.
  Circa 5.000 europei (cifre come queste sono sempre da verificare) sono andati a combattere nello scenario siro-iracheno e sono foreign fighters, e il tema di una minaccia che si può riproporre impatta direttamente con la protezione delle frontiere esterne. È molto importante che si sia adottata la misura di costituire una Guardia costiera e di frontiera unitaria dell'Unione, come ritengo molto importante che sia stato adottato nel mese di settembre il Regolamento attuativo. Ora si tratta di procedere rapidamente alla realizzazione di questi strumenti.
  Vorrei anche dire che in tutti i cinque punti che tratterò c'è l'urgenza della decisione e della realizzazione. Il quadro della Pag. 5minaccia che abbiamo di fronte presuppone una risposta molto tempestiva, e a volte i tempi delle nostre decisioni non coincidono con i tempi della minaccia, e su questo dobbiamo porci rapidamente in un quadro di maggiore consapevolezza.
  In questo ambito è molto importante procedere alla concreta attuazione della misura già presa che riguarda il Passenger name record (PNR), decisione assunta dopo un travagliatissimo e lunghissimo percorso di decisione. Se infatti dovessimo citare un esempio non del tutto lusinghiero, ferma restando la positività dell'approccio, dal punto di vista della tempestività, citeremmo quello del PNR, che è stato pensato moltissimi anni fa e realizzato purtroppo soltanto dopo che l'Europa aveva subìto alcuni attacchi precisi al cuore dei Paesi fondamentali dell'Unione europea.
  Oggi si tratta di procedere a rendere efficace ed effettivo lo scambio dei dati. Su tale questione dobbiamo lavorare rapidamente, perché sia data esecuzione alla interoperabilità della cosiddetta Unità di informazione sui passeggeri. Io sono una persona molto attenta al rapporto tra i princìpi di libertà e i princìpi di sicurezza e tuttavia, se dovessi dire con sincerità se nel PNR vi sia il rischio di una violazione dei princìpi di privacy o di libertà, sinceramente potrei ribadire a questo Parlamento di non vedere assolutamente questi rischi, non li vedevo in termini di principio, li vedo ancor meno nella formulazione adottata dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo sul principio.
  Ci sono poi altre due questioni che a mio avviso possono e devono far parte di un'agenda europea che serve a completare il principio della protezione delle frontiere. Il primo punto è quello dell’European travel information and authorisation system (ETIAS), un sistema che prevede i controlli preventivi per i cittadini di Paesi terzi che sono esenti dall'obbligo di visto e che tuttavia entrano dentro lo spazio europeo.
  In un quadro di prevenzione noi dobbiamo trovare strumenti che tengano conto di tutto ciò. Voglio fare presente che questo si applica a Paesi in cui non c'è l'obbligo di visto, perché in quelli in cui c'è l'obbligo di visto l'elemento di selezione avviene attraverso il visto.
  Il secondo modello è l’Entry-exit system (EES), cioè controlli sistematici per cittadini europei che attraversano le frontiere esterne. Vorrei fare presente che la stragrande maggioranza dei foreign fighters europei sono cittadini europei.
  Considero queste ultime due, che sono misure al vaglio dell'Unione europea, misure cruciali dentro un progetto di rafforzamento delle frontiere esterne. Insisto: se si vuole salvaguardare il nucleo forte, a mio avviso irrinunciabile dell'Unione europea di Schengen, bisogna lavorare e lavorare molto sulle frontiere esterne, altrimenti il rischio è che una fragilità delle frontiere esterne travolga il principio stesso di Schengen.
  In questo ambito si tratta anche di prendere in considerazione un'efficace revisione del sistema informatico di Schengen. Si tratta fondamentalmente di introdurre un rafforzamento delle misure e dei controlli biometrici (tecnicamente entry badge), e ritengo che anche questo costituisca uno scenario di misure che possono dare concretezza al principio che ho enunciato precedentemente.
  Secondo punto. Se il punto cruciale è la minaccia che può venire dai foreign fighters di ritorno, è importantissimo andare ad una revisione degli indicatori comuni di rischio. L'Unione europea deve dotarsi di indicatori comuni di rischio, questo è fondamentale. Penso che questo costituisca un primo passaggio, così come l'interoperabilità delle banche dati, per arrivare alla fine ad avere un'unica banca dati europea sui foreign fighters di ritorno, che naturalmente comporta uno scambio informativo, uno scambio di valutazioni, perché il tema dei foreign fighters di ritorno non può essere affrontato da ogni singolo Paese.
  È inutile dire che naturalmente ogni singolo Paese fa la sua parte e l'Italia è in condizione di fare la propria parte, ma considero molto importante che, appunto perché stiamo parlando di una minaccia non verso i singoli Paesi, ma al complesso dell'Europa, ci sia un'azione che sia «espressione Pag. 6 di una capacità comune» dell'Unione europea.
  Vorrei ricordare che quando c'è stato l'attacco a Charlie Hebdo, quando c'è stato l'attacco al Bataclan e poi quando ci sono stati gli attacchi a Bruxelles tutti noi li abbiamo interpretati non soltanto come attacchi ai singoli Paesi, ma come un attacco generale al cuore dell'Europa, ed è per questo che è molto importante che l'Europa reagisca e si muova come una struttura capace di sviluppare una armonicità di reazione, di prevenzione e di risposta.
  Terzo caposaldo è l'omogeneizzazione delle legislazioni europee, soprattutto sui temi che riguardano viaggi, finanziamento, addestramento e sostegno logistico al terrorismo internazionale. Su questo l'Italia ha un passaporto di presentazione particolarmente importante, con la conversione in legge del decreto n. 7 del 2015 e poi con la legge n. 153 del 2016 si sono introdotte misure legislative molto importanti in questa direzione.
  Debbo anche dire con grande correttezza che queste misure legislative che ha introdotto il Parlamento sono misure che hanno funzionato e stanno funzionando, e sarebbe molto importante che queste misure potessero diventare un elemento di discussione e poi di omogeneizzazione a livello europeo, perché è del tutto evidente che, nel momento in cui tu hai una libertà di circolazione di persone e di merci, tu devi pensare anche alle misure di prevenzione e di repressione che siano comuni a livello dell'Unione europea.
  Quarto caposaldo: ritorna di straordinaria attualità il tema della prevenzione della radicalizzazione e delle misure di deradicalizzazione. I colleghi della I Commissione mi hanno già audito su questo tema, quindi non la farò molto lunga perché non vorrei tediare i colleghi che mi hanno già ascoltato su questo, tuttavia il tema ritorna di straordinaria attualità. Come voi sapete, il Governo ha nominato il 31 agosto una Commissione indipendente, che entro 120 giorni presenterà al Parlamento e al Paese una propria valutazione su questi temi, una valutazione di analisi e una valutazione di proposte concrete. Ritengo utile che accanto a questo lavoro della Commissione indipendente ci possa essere anche un'iniziativa legislativa, non spetta a me entrare nel dettaglio, ma se c'è io la considero un elemento complementare molto importante.
  Il punto cruciale dell'iniziativa è costruire un sistema di prevenzione per quanto riguarda i rischi di radicalizzazione (non entro nel dettaglio perché ci troviamo di fronte ad una materia molto complessa, che in ogni caso ha bisogno di una discussione ad hoc che non è il caso di fare qui oggi), e, nel momento in cui di fronte a una sconfitta militare c'è il rischio che i foreign fighters ritornino nei Paesi di provenienza, avviare processi di deradicalizzazione.
  Una democrazia seria deve infatti offrire la possibilità a chi ritorna dal fronte di non avere soltanto la prospettiva di fare il terrorista, una democrazia seria (in questo caso l'Unione europea mi auguro possa far propri questi ragionamenti) deve offrire una sponda a chi vuole sfilarsi dal percorso di carattere criminale, in questo caso di carattere terroristico.
  Quinto caposaldo, che si incrocia con le questioni già previste dentro l'agenda (il sesto di cui parlerò non è affrontato compiutamente nell'agenda) è il rapporto tra la capacità di prevenzione, le strutture di intelligence e l'Unione europea. Come voi sapete, esiste un gruppo di cooperazione a livello internazionale tra le varie intelligence dell'Unione europea, il Counter-Terrorism Group (CTG), strumento che considero assolutamente indispensabile e anzi andrebbe ulteriormente rafforzato e implementato; è una sede che già funziona bene, nella quale avviene uno scambio di informazioni e di conoscenze.
  Naturalmente si pone un problema molto delicato e di grandissimo rilievo dal punto di vista propriamente costituzionale, cioè il rapporto tra Europol e CTG. Europol è la polizia europea, a cui, come sapete, le informazioni di intelligence vengono trasferite non direttamente, ma tramite le forze di polizia, perché non c'è un punto di connessione tra l’intelligence ed Europol. Pag. 7
  Questo sta nel fatto che c'è un diverso livello di legislazione europea: la legislazione europea considera l'attività di law enforcement e l'attività di giustizia pienamente dentro le competenze europee, considera l'attività di sicurezza nazionale e di intelligence fuori dalle competenze europee. L'articolo 4, comma 2, recita esplicitamente che le attività di intelligence sono sottoposte alla legislazione nazionale.
  Qui c'è il cuore della questione, lo dico a coloro che spesso e ingiustamente evocano l'esigenza di costruire un’intelligence europea; l’intelligence e la sicurezza nazionale, come dice la parola stessa, evocano il cuore dello Stato nazione. L'obiettivo di un’intelligence europea allude a un'Europa molto più politicamente definita, per tradurla con uno slogan: l’intelligence europea può diventare lo strumento degli Stati Uniti d'Europa e, se non c'è questo bilanciamento di carattere costituzionale, la questione da affrontare è più delicata.
  In questo ambito è molto importante che possano farsi dei passi avanti anche a princìpi costituzionali invariati. Penso ad esempio che sia molto importante trasferire a livello europeo l'esperienza molto positiva che noi abbiamo fatto con il C.A.S.A. Come sapete, nel nostro Paese esiste un Comitato di analisi strategica antiterrorismo (C.A.S.A.) che vede seduti intorno allo stesso tavolo le forze di polizia e l’intelligence.
  È un po'come l'uovo di Colombo: nel momento in cui lo scambio in tempo reale di informazioni costituisce un elemento fondamentale nell'attività di prevenzione e di repressione, avere un luogo comune in cui forze di polizia e forze di intelligence stanno insieme ad elaborare sistematicamente il quadro della minaccia costituisce un vantaggio non banale.
  Penso che su questa strada potrebbe trovarsi una traccia positiva per quanto riguarda l'Unione europea: nessuno può dire in maniera acritica di trasferire un modello nazionale dentro un sistema europeo, tuttavia il contributo migliore che l'Italia può dare in questo campo è di mettere in rilievo la circostanza che abbiamo fatto un'esperienza che ha funzionato.
  Si tratta anche di fare piccoli passi concreti; sarebbe molto importante per esempio poter stabilire l'accesso diretto alla banca dati SIS II, il sistema informatico di Schengen diretto alle forze dell’intelligence. Lo dico perché è molto importante, perché lì parliamo anche del quadro della minaccia e degli alert che vengono sistematicamente condivisi a livello europeo tra le forze di polizia e le forze di intelligence.
  Sesta e ultima questione (non direttamente evocata dentro l'agenda europea, ma a mio avviso bisogna trovare il modo di mettere qualcosa che alluda a tutto ciò) riguarda il tema del web. Come ho già detto in altra sede, nell'audizione alla Commissione affari costituzionali, noi dobbiamo affrontare una grande questione; analizzando tutti gli attacchi terroristici degli ultimi 24 mesi, abbiamo una costante, indipendentemente dalle metodiche dell'attacco terroristico, che possono andare dal nucleo organizzato quasi con movenze di carattere militare al piccolo gruppo familiare di radicalizzati, al lone wolf.
  Dentro queste tre metodiche di carattere generale tuttavia emerge un punto di congiunzione: il propagandare immediatamente dopo o addirittura durante l'effettuazione dell'attacco terroristico i risultati di quell'attacco. La cosa che emerge con chiarezza è che per l'organizzazione terroristica, che trasferisce poi in maniera egemonica anche al singolo lone wolf questo principio, il racconto dell'atto terroristico equivale all'atto terroristico in quanto tale, perché il racconto costituisce un elemento fondamentale per quanto riguarda il reclutamento e l'emulazione.
  La potenza geometrica di un atto terroristico, elemento fondamentale per il reclutamento, il disvelamento delle metodiche di attacco terroristico diventano un elemento che consente l'emulazione, per cui uno vede quello che hanno fatto gli altri e non ha bisogno di collegarsi con la centrale che ordina l'attacco terroristico, ma si muove secondo una metodica del terrore che viene trasferita attraverso il web.Pag. 8
  Tutto questo comporta un'iniziativa di carattere sovranazionale su questo tema, che non può essere affrontato dai singoli Paesi per ovvie ragioni; non può essere nemmeno affrontato con legislazioni nazionali, né con «procedure europee». Si tratta di mettere in campo un'iniziativa dell'Unione europea con i grandi provider internazionali, per costruire un patto. Non è una questione che si pone per legge, ma è qualcosa che si costruisce attraverso un patto, che affronta il tema di come combattere quello che definisco «il malware del terrore».
  Questa è una questione cruciale, il tema della cyber security ha tanti aspetti e tante sfaccettature, ma considero oggi questo il punto cruciale. Nel momento in cui non possiamo sottovalutare il rischio della ripresa di un'attività terroristica diffusa, considero cruciale avere un rapporto di maggiore consapevolezza e di maggiore autocontrollo della diffusione delle immagini sul web.
  Voglio qui fare presente che nella storia dell'umanità ci sono sempre state persone fragili dal punto di vista psicologico, tuttavia non abbiamo precedenti di persone fragili dal punto di vista psicologico che si radicalizzano in pochi giorni e per manifestare il proprio dissenso e il proprio giudizio negativo sul mondo prendono un TIR da 14 tonnellate e passano sulla Promenade des Anglais.
  Se prendono un TIR da 14 tonnellate e passano sulla Promenade des Anglais è perché hanno guardato da qualche parte e qualcuno gli ha spiegato (in questo caso Al Adnani) che nel momento in cui si decide di colpire, se si ha dell'esplosivo, ci si mette una cintura esplosiva, se non si ha una cintura esplosiva, ci si procura un kalashnikov, se non ci si riesce, ci si procura una pistola, altrimenti un coltello; se non si riesce a trovare niente di tutto questo, si prende una macchina o un camion.
  Tutto questo non è stato trasmesso attraverso un messaggio privato all'attentatore di Nizza, ma è facilmente riconducibile ad una lettura del web. Ritengo che abbiamo un principio di responsabilità: se vogliamo salvaguardare un indifferibile principio di libertà, che credo vada salvaguardato ad ogni costo, dobbiamo costruire delle misure di prevenzione e di autoprevenzione che consentano di salvaguardare quel principio di indifferibile e assoluta libertà.

  PRESIDENTE. Grazie. Lascio ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE MATTIELLO. Ringrazio il Sottosegretario Minniti per questa riflessione e per queste informazioni e vorrei chiedergli, a meno che non sia stato esplicitamente escluso dall'oggetto di questa audizione, per cui è un mio limite e me ne scuso, se e come nell'Agenda europea per la sicurezza, oltre alla priorità imposta dallo Stato islamico, si tenga conto dell'altra priorità, costituita dalle mafie e dalla criminalità organizzata di stampo mafioso.
  Faccio riferimento brevemente a due elementi. Il primo elemento è ciò che proprio lei, sottosegretario Minniti, diceva ieri a Reggio Calabria, in quanto è stato firmato un importante protocollo di legalità e di prevenzione e lei sottolineava la minaccia internazionale rappresentata dalla criminalità organizzata di stampo mafioso e segnatamente dalla ’ndrangheta.
  Il secondo elemento è rappresentato dai punti di contatto emersi ripetutamente tra terrorismo di matrice islamista e criminalità organizzata di stampo mafioso, in particolare ’ndrangheta. Faccio riferimento all'ultima inchiesta giornalistica che ha evidenziato i rapporti tra queste due organizzazioni, che a mio avviso sono entrambe terroristiche, rispetto al traffico internazionale di opere d'arte asportate dai siti archeologici dove infuria la guerra e usate sul mercato illegale internazionale per ricavare profitti illeciti. Pare (fino a prova contraria) che un tassello importante di questo traffico internazionale di opere d'arte sia rappresentato dalle nostre mafie, in particolare dalla ’ndrangheta.
  Visto che è noto l'impegno delle istituzioni italiane in sede europea affinché l'Europa tutta prenda coscienza dell'importanza Pag. 9 di questa realtà criminale, le chiedo se rispetto all'Agenda europea questo sia tenuto in considerazione e quali siano i passi avanti. Grazie.

  PRESIDENTE. In merito al rafforzamento delle frontiere esterne, mi interessava capire, vista la situazione attuale, quali siano i rapporti a livello di collaborazione con la Turchia, perché, se uno pensa ai recenti accordi sull'immigrazione e a quello che si è detto a lungo sui rapporti tra la Turchia islamista e i rapporti attuali tra Europa e Turchia, che non sono probabilmente ai massimi livelli in questo momento, è interessante conoscere qual è e se c'è un livello di collaborazione.
  Prima parlava della costruzione di una banca dati comune sui foreign fighters, che si è detto essere circa 5.000, che però, pur non volendo essere semplicistici, è un numero piccolo per la gestione di una banca dati. Si potrebbe immaginare che tra le intelligence di Paesi notevolmente sviluppati, l'identificazione o la condivisione di 5.000 nomi non sia una cosa così complessa, quindi vorrei capire le difficoltà di questo aspetto.

  ROBERTA AGOSTINI. Pongo una domanda generale: vorrei conoscere come giudica il sottosegretario il livello di cooperazione e di collaborazione tra gli Stati membri dell'Unione europea in vista del raggiungimento degli obiettivi fissati dall'agenda e anche rispetto alle questioni che ci ha elencato, dall'interoperabilità delle banche dati alla revisione degli indicatori di rischio, tutte questioni che ha indicato come essenziali rispetto al tema della sicurezza.

  EMANUELE FIANO. Ho due domande per il sottosegretario. La prima è se a livello di connessione tra sistemi di intelligence, la futura, possibile (anche se oggetto di una sentenza della Corte suprema) uscita dalla Gran Bretagna dal sistema europeo potrebbe produrre delle modifiche nei rapporti di interconnessione tra i servizi di intelligence.
  La seconda, che si connette alla domanda del Presidente Mazziotti, se esistano sistemi di collaborazione sui temi della battaglia antiterroristica con Paesi del mondo arabo, islamico.

  PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario per la replica.

  MARCO MINNITI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Grazie, presidente. Molto brevemente, io non ne ho parlato, onorevole Mattiello, perché il tema del contrasto alle mafie è un tema «più dentro» la constituency europea. Quando ho detto che i temi del law enforcement e della giustizia sono già dentro la Costituzione europea, mentre il tema della sicurezza nazionale e dell’intelligence viene rimandato alle legislazioni nazionali intendevo dire questo: il tema del contrasto alla criminalità organizzata è prevalentemente un tema di law enforcement e di giustizia.
  Naturalmente l’intelligence fa la sua parte sul terreno preventivo e su questo abbiamo già una lunga cooperazione a livello europeo e implementarla è relativamente più semplice. È stata avanzata da più parti l'esigenza di avere un Procuratore europeo antimafia, obiettivo che considero giusto e, qualora si volesse andare in questa direzione, non ci sarebbe nulla dal punto di vista costituzionale che possa ostacolare un obiettivo di questo tipo.
  Sarebbe una scelta molto importante, perché, nel momento in cui le mafie divengono sempre più internazionalizzate, avere un'omogeneizzazione della legislazione europea sul terreno della prevenzione, sul terreno del contrasto, sul terreno di carattere patrimoniale, che considero un punto cruciale, sarebbe cosa buona e giusta. Abbiamo fatto già dei passi avanti su questo, non siamo all'anno zero, ma a mio avviso si può completare questo lavoro senza cambiare questioni fondamentali.
  Il tema dell'Agenda per la sicurezza impatta, soprattutto, sul tema dell'antiterrorismo, che nel gennaio del 2015 è diventato Pag. 10 drammaticamente di attualità per quanto riguarda l'Europa. Stiamo parlando del cambiamento epocale prodotto dall'attacco a Parigi a Charlie Hebdo, questo è il punto, e nasce tutto come una risposta europea a una minaccia che veniva percepita come una minaccia all'Europa, non al singolo Paese.
  Per quanto riguarda il rapporto tra le mafie e le organizzazioni terroristiche, possiamo definire così il tema: non c'è una condivisione tra le mafie e le organizzazioni terroristiche né delle metodiche, né degli obiettivi, ma, naturalmente, come tutti i sistemi criminali, hanno punti di contatto, il sistema criminale delle mafie ha punti di contatto con il sistema criminale del terrorismo.
  Lei ha citato il traffico di opere d'arte, si potrebbe citare il traffico di stupefacenti, si potrebbe citare il traffico di prodotti petroliferi, si potrebbe citare il traffico di armi, si potrebbe citare il traffico di esseri umani, e il punto fondamentale in tutto ciò è che sistemi criminali per loro stessa natura a un certo punto trovano delle punte di connessione, perché il sistema dell'illegalità internazionale ha bisogno di vari sistemi criminali per reggere.
  Seconda questione: il presidente ha posto il tema delle frontiere esterne e del rapporto con la Turchia. È chiaro che la Turchia svolge un ruolo chiave per quanto riguarda le politiche di sicurezza europee, non fa parte dell'Europa, ma ha un notevole impatto sulle politiche di sicurezza europea per ovvie ragioni.
  Ora, è chiaro che c'è tutta una preoccupazione che riguarda l'evoluzione del sistema turco, ma non è mio compito parlare di questo; tuttavia sul terreno della lotta al terrorismo è molto importante mantenere un rapporto con le istituzioni, con le forze di polizia e le forze di intelligence turche per evidenti ragioni, per la strategicità di quel Paese nello scenario mediterraneo e perché si tratta di un Paese che è al centro di due scenari cruciali per quanto riguarda la lotta a Islamic State, la Siria e l'Iraq.
  Si pone un problema molto delicato, che non impatta direttamente con il tema del terrorismo, ma ha un punto cruciale: nel momento in cui si affronta il tema dell'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani è, a mio avviso, giusto pensare ad un bilanciamento. Così come l'Unione europea è attenta alla rotta balcanica per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, penso che ci debba essere un analogo atteggiamento di attenzione per quanto riguarda la rotta mediterranea. Si tratta di due questioni che si tengono insieme: quando pensiamo alla sicurezza delle frontiere non penso soltanto alla sicurezza delle frontiere verso est e alla parte balcanica, ma penso anche alle frontiere a sud e in particolare a quelle delimitate dal Mar Mediterraneo.
  Per quanto riguarda le banche dati, il problema non è rappresentato tanto dai numeri, il problema è stabilire un'effettiva condivisione e lavorare insieme. Il punto più delicato non è soltanto gestire una banca dati, ma costruire un meccanismo di controllo dei soggetti che ritornano.
  Uno dei problemi più delicati che hanno alcuni Paesi (per fortuna parliamo sempre di piccolissimi numeri in Italia, ma altri Paesi hanno numeri più consistenti) è rappresentato da alti numeri di potenziali foreign fighters e da alti numeri di returnees, cioè coloro che sono stati e sono ritornati. Il problema è che quelli che sono stati e sono ritornati in un sistema di prevenzione vanno tenuti sistematicamente sotto controllo, le posso garantire che non è facilissimo tenere sotto controllo 500, 600, 700 persone 24 ore al giorno.
  Per fortuna l'Italia ha numeri molto più contenuti, ma ci sono Paesi europei che hanno numeri di returnees che si contano in centinaia, e questo è uno degli aspetti che nel tempo ha reso quei Paesi più esposti sul terreno della sfida del terrorismo internazionale.
  La cooperazione è molto buona, onorevole Agostini, siamo mediamente soddisfatti e (devo dire la verità) già prima funzionava, ma adesso sul terreno della comunicazione delle presunte o possibili minacce abbiamo una comunicazione in tempo reale, e non c'è nulla che viene taciuto, anche il minimo segnale viene trasmesso all'altro Paese. Pag. 11
  Naturalmente, come lei comprenderà, tutto questo comporta un sovraccarico dell'attività di verifica degli alert, perché, nel momento in cui abbiamo una comunicazione in tempo reale di tutti gli alert, non possiamo consentirci di sottovalutare nemmeno il più banale di quegli alert, e tutto questo comporta un'attività di carattere preventivo e investigativo che vi assicuro essere assolutamente straordinaria.
  Non cito numeri precisi perché non è il caso di allarmare nessuno, ma gli alert giunti sono numerosissimi, e, prima di dichiarare un cessato allarme, è giusto che l’intelligence e le forze di polizia che lavorano insieme nel Comitato di analisi strategica antiterrorismo (CASA) facciano tutte le verifiche possibili e immaginabili, perché è del tutto evidente che non possiamo far vivere un Paese sotto allarme permanente e nel momento in cui uno riceve un alert e decide che non è una minaccia immediata si assume una responsabilità.
  Vorrei che da questo punto di vista ci fosse una comprensione da parte vostra di cosa significa quel lavoro, perché se arriva una minaccia e si stabilisce che quella minaccia non è imminente, non è immediata, non è concreta significa assumersi la responsabilità, ma questo è il compito al quale sono chiamate le forze d’intelligence e le forze di polizia.
  Infine le domande poste dall'onorevole Fiano. Con la Gran Bretagna i rapporti erano eccellenti e sono eccellenti, Brexit non cambia nulla sul terreno della cooperazione nel campo dell’intelligence, primo per un fatto soggettivo, perché i rapporti erano eccellenti e rimangono eccellenti, è una scelta che tuttavia non impatta direttamente, non abbiamo da spostare centri comuni della City, quindi da questo punto di vista è tutto più semplice perché cooperazione era prima e cooperazione rimane. Tuttavia, c'è soprattutto un dato che è molto importante: il Regno Unito, pur essendo parte integrante del progetto europeo, ha storicamente mantenuto una posizione «abbastanza eterodossa» rispetto agli altri Paesi europei.
  Questo in generale per quanto riguarda tutte le questioni relative alla sicurezza, in particolare per quanto riguarda l’intelligence, nel senso che il Regno Unito fa parte del Forum europeo e di una struttura che si chiama Five Eyes, cioè i cinque occhi, che tiene insieme tutta l’intelligence anglosassone, nel senso che per storia e per tradizione si è stabilito che tutti i Paesi che hanno in comune la lingua inglese abbiano una cooperazione rafforzata.
  Questo è possibile anche perché, nel tempo, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito hanno sviluppato una legislazione quasi comune, cioè, tra le leggi che sovrintendono all’intelligence negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, in Australia e in Nuova Zelanda ci sono molti punti di somiglianza, le strutture di intelligence possono fare le stesse cose.
  Come è noto, la legislazione italiana è molto diversa da quella di questi Paesi, ci sono cose che possono essere fatte in terreno preventivo per quanto riguarda la legislazione anglosassone che sono severamente proibite per legge dalla legislazione nazionale. Una fra tutti, ricordo vicende che hanno molto impattato sull'opinione pubblica internazionale qualche anno fa.
  Per quanto riguarda invece il mondo arabo, c'è una cooperazione molto importante, che sul terreno della capacità di prevenzione, sulla capacità dell’early warning, cioè della capacità di allarme preventivo, considero molto importante.
  Dico questo perché è del tutto evidente che renderemo la minaccia di Islamic State del tutto inefficace soltanto attraverso una fortissima cooperazione con una parte significativa del mondo arabo. Dobbiamo avere chiaro che la partita impatta con l'Europa e abbiamo discusso dei punti che possono fare più forte l'Europa nell'azione di prevenzione e di contrasto al terrorismo internazionale, e tuttavia, se vogliamo affrontare il tema di una sconfitta definitiva, dobbiamo sapere che riguarda non soltanto le metodiche di prevenzione e di repressione, ma anche metodiche «più politiche», e in questo ambito, sia sul terreno della prevenzione e della repressione, sia sul terreno delle metodiche politiche, il rapporto con il mondo arabo è cruciale. Pag. 12
  Se posso dirlo in maniera un po’ apodittica, senza un'alleanza strategica con il mondo arabo non vinceremo mai questa partita.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Minniti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.