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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 17 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 275  BRESSA, C. 1059  FRACCARO, C. 1832  CIVATI E C. 1969  TINAGLI RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI DI INTERESSI

Audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza, Raffaele Cantone.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 4 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 4 
Sanna Francesco (PD)  ... 5 
Migliore Gennaro (Misto-LED)  ... 6 
Costantino Celeste (SEL)  ... 6 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Pilozzi Nazzareno (Misto-LED)  ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 

Audizione di esperti:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Colavitti Giuseppe , Ricercatore di Diritto dell'economia presso l'Università dell'Aquila ... 11 
Maffeis Daniele , Professore ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano ... 13 
Marini Francesco Saverio , Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 15 
Pertici Andrea , Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Pisa ... 16 
Zaccaria Roberto , già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Zaccaria Roberto , già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Zaccaria Roberto , già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Zaccaria Roberto , già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Zaccaria Roberto , già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze ... 20 
Pertici Andrea , Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Pisa ... 21 
Marini Francesco Saverio , Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 21 
Maffeis Daniele , Professore ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano ... 21 
Colavitti Giuseppe , Ricercatore di Diritto dell'economia presso l'Università de L'Aquila ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza, Raffaele Cantone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge n. 275 e abbinate, recanti disposizioni in materia di conflitto di interessi, l'audizione del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza, Raffaele Cantone.
  Il presidente Cantone, che saluto cordialmente e che ringrazio di essere presente, è accompagnato dal dottor Carmine Giustiniani, coordinatore dello staff del presidente, e dal dottor Ettore Peretti, dirigente dell'Ufficio relazioni industriali.
  Do la parola al professor Cantone per lo svolgimento della sua relazione.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza. La ringrazio, signor presidente. In questa fase introduttiva dirò molto poco, anche perché ho dato una rapida scorsa ai tre progetti di legge.
  Il tema delle incompatibilità indubbiamente occupa l'Autorità nazionale anticorruzione. Infatti, il decreto legislativo n. 39 del 2013 attribuisce alla competenza dell'Autorità nazionale anticorruzione il tema dell'incompatibilità e dell'inconferibilità con riferimento ai titolari delle cariche locali.
  Consentitemi, al riguardo, una prima valutazione di carattere generale. In sede di audizioni da parte degli organismi internazionali, non più di due mesi fa, ci venne sollevata espressamente la questione relativa alle ragioni per le quali l'incompatibilità rispetto alle cariche di Governo era trattata dal punto di vista normativo in modo completamente diverso, anche per quanto riguarda i poteri di controllo da parte dell'Autorità nazionale anticorruzione, rispetto alle incompatibilità e alle inconferibilità che riguardano gli amministratori degli organi locali.
  In seguito, se mi sarà consentito, vorrei spendere poche parole sul citato decreto legislativo n. 39, in quanto questo, che sicuramente è uno dei decreti più importanti emanati a seguito della legge Severino, la legge n. 190 del 2012, è un testo su cui bisognerà al più presto intervenire con modifiche, perché sussistono una serie di carenze.
  Come dicevo, ho dato una scorsa molto veloce alle proposte di legge in esame. Credo che l'idea di fondo sia quella di regolamentare il meccanismo del conflitto di interessi e di prevederlo collegato, non solo allo svolgimento di cariche pubbliche, come avviene con riferimento soprattutto al decreto n. 39, ma anche alle attività di carattere economico-imprenditoriale.
  Non mi risulta, signor presidente, che ci sia ancora un testo unificato. Le soluzioni sono abbastanza diverse a seconda Pag. 4dei vari testi legislativi, con una serie di interventi sul piano della libertà di impresa su cui forse qualche riflessione va fatta.
  In questa fase, vorrei anche aggiungere che in uno dei progetti di legge si prevede, per esempio, la creazione di un'ulteriore Autorità di garanzia, il che appare un trend assolutamente non in linea con gli ultimi trend legislativi in cui le Autorità di garanzia vengono a essere ridotte piuttosto che ampliate.
  Si tratta di un elemento su cui ritengo di evidenziare ulteriori perplessità. Si creerebbe un'Autorità di garanzia specifica con riferimento solo alle incompatibilità dei parlamentari e degli organi di Governo, accentrando su cinque membri, secondo il progetto di legge, un potere particolarmente rilevante e anche funzioni che possono essere, nei fatti, molto limitate. Si rischierebbe di creare l'ennesima pletorica Autorità, senza apportare nessun particolare vantaggio.
  Ci sono poi valutazioni separate su come gestire soprattutto gli interventi sul piano patrimoniale, che vanno dall'idea del blind trust, cosiddetto «cieco», fino a veri e propri commissariamenti o persino vendite coattive di beni, su cui credo che qualche perplessità sul piano costituzionale possa essere avanzata.
  In conclusione, credo che il tema dell'incompatibilità e quello del conflitto di interessi siano ormai un dato assolutamente indispensabile da affrontare. Ogniqualvolta siamo auditi da qualunque autorità internazionale, ci chiedono le ragioni per le quali non sia stato operato questo intervento. Credo, però, che questo intervento andrebbe raccordato, tenendo presente quanto già stabilito nel decreto legislativo n. 39. Evidenzierei delle perplessità sul piano della creazione di un'Autorità specifica che si occupi di questo particolare settore. Nutro qualche perplessità anche sulle modalità attraverso le quali viene effettuato il riscontro effettivo. L'utilizzo della Guardia di finanza per effettuare accertamenti nei confronti dei parlamentari forse potrebbe generare qualche dubbio sul piano delle guarentigie costituzionali.
  Il tema di fondo che, comunque, occorre affrontare è che certamente l'incompatibilità, da un lato, e il conflitto di interessi, dall'altro, rappresentano un'esigenza da affrontare, e ce lo chiedono tutte le organizzazioni internazionali.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Cantone.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO FRACCARO. Innanzitutto ringrazio il dottor Cantone per la sua presenza.
  Anch'io, come tutte le autorità internazionali, mi chiedo perché non sia ancora stata fatta la disciplina sul conflitto di interessi. Spero vivamente che sia giunto il momento di arrivare a una conclusione e a una sintesi efficace.
  In realtà, come sappiamo, una disciplina esiste già, ma è del tutto inefficace. È la legge Frattini, che risale al 2004, ma è inapplicabile. Uno dei motivi – ce ne sono vari – per cui la legge del 2004 è inapplicabile risiede nel concetto di conflitto di interessi, così come enucleato dalla norma stessa.
  Ad esempio, io penso (e le chiederei una riflessione al riguardo) che non si possa limitare la definizione del conflitto di interessi considerando solamente il vantaggio patrimoniale, ma che si debba considerare anche l'utilità personale di altro tipo rispetto al carattere patrimoniale, evitando che si trasformi in una probatio diabolica, come attualmente risulta essere.
  La prima domanda riguarda, quindi, se vanno considerate l'utilità personale e le altre utilità oltre all'utilità patrimoniale.
  Partirei da un punto, che credo di condividere con lei – lo do per scontato – ovvero l'importanza del sistema sanzionatorio. Se non esiste una sanzione certa (la famosa certezza della pena) difficilmente un impianto, anche ben costruito, può avere una certa efficacia.Pag. 5
  Per quanto riguarda gli organi di governo, dunque, il problema sussiste con riferimento alla sanzione conclusiva. Nel caso in cui l'autorità, l'organo o il Presidente del Consiglio non dovesse adeguarsi all'indicazione richiesta dall'Autorità competente che cosa succede ? Dico questo perché andiamo a toccare degli organi costituzionali.
  Molte delle proposte che anch'io ho analizzato, provenienti ad esempio da Bressa o da altri, non affrontano questo tema, se non dandogli una connotazione politica. Viene risolto tutto con la responsabilità politica dell'organo di fronte al Parlamento.
  Io credo invece – e le chiedo al riguardo una sua opinione – che sia necessario introdurre la certezza della sanzione, prevedendo una forma di decadenza.
  Se lei dovesse condividere questa impostazione, quale dovrebbe essere, secondo lei, l'organo giudicante che dovrebbe dichiarare la decadenza ?
  Dal punto di vista organizzativo, lei ritiene che debba essere ancora l'AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) l'Autorità che deve monitorare la sussistenza del conflitto di interessi ed eventualmente erogare le sanzioni oppure ritiene che possa essere l'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) ad assumere queste funzioni ? In particolare vorrei sapere da lei, vista la sua esperienza che immagino abbia maturato soprattutto in questi mesi, di quali poteri, di quali funzioni e soprattutto di quali strumenti occorre dotare l'eventuale Autorità preposta per svolgere il suo compito in maniera efficace. Immagino, ad esempio, una banca dati: se non si ha accesso alle informazioni, difficilmente si può sollevare la problematica.
  Infine, se possibile, vorrei un confronto sull'ambito soggettivo di applicazione. Nel momento in cui si affida a un'Autorità il compito di disciplinare i conflitti di interessi di alcuni organi, chi controlla l'esistenza di conflitti di interessi dell'Autorità ? Credo, quindi, che l'ambito soggettivo di una disciplina del conflitto di interessi debba essere esteso anche alle stesse Autorità indipendenti. Non so se condivide questa mia impostazione.

  FRANCESCO SANNA. È chiaro che abbiamo un problema, che nasce dall'individuazione di quale organismo deve rilevare il conflitto di interessi e anche di come forgiarlo, ovviamente secondo una precedente identificazione di fattispecie e non secondo un fumus di conflitto di interessi generico e indefinito.
  È altrettanto chiaro che, trattandosi di organi costituzionali, si giunge indirettamente a una valutazione finale che, a mio avviso, dovrebbe toccare al Parlamento, visto che la sanzione è così pesante. Dico questo, non per anticipare la mia opinione, ma per sapere cosa ne pensa il dottor Cantone.
  Naturalmente, una volta rilevata la fattispecie di conflitto di interessi, l'Autorità applica tutto quello che può in termini di strumenti giuridici per rimuoverla, ovviamente ove sia rimovibile (parliamo di alcuni conflitti di interessi rimovibili).
  Invece, se essa non viene rimossa, c’è una sanzione; laddove noi legislatori vogliamo portarla a un'estrema conseguenza di rimozione dalla carica dell'organo costituzionale investito, questo dovrà pur prevedere una responsabilità politica. Per esempio, se l'organo investito è un pezzo del Governo che riceve la fiducia dal Parlamento, mi sembra difficile immaginare che un'Autorità modifichi l'esecutivo nazionale. Oppure, se si toccano i parlamentari, a Costituzione invariata (non è variata nemmeno nel testo di riforma costituzionale che riceviamo dal Senato) l'articolo 66 ci dice che siamo noi parlamentari a valutare i titoli di ammissione dei membri delle Camere e, quindi, le loro condizioni di decadenza.
  Questi sono tutti temi che ci riguardano. Se lei li volesse sviluppare, dottor Cantone, indubbiamente il suo pensiero sarebbe gradito.
  Oltre a questi temi, io vorrei capire una cosa. Posto che alcune proposte di legge evocavano, per esempio, la CiVIT (Commissione per la valutazione, la trasparenza Pag. 6e l'integrità delle amministrazioni pubbliche) come organismo atto a rilevare e visto l'assorbimento di CiVIT nell'Autorità nazionale anticorruzione, vorrei sapere se, secondo lei, la stessa Autorità nazionale anticorruzione, per come è forgiata oggi, per i poteri che ha e per la funzione e il focus che svolge sul tema anticorruzione in senso stretto, possa essere un organismo atto a sostituire nell'impostazione legislativa l'Autorità indipendente e se ad essa il legislatore possa affidare il problema di rilevare il conflitto, attivarsi nella fase istruttoria e così via.
  Le pongo anche un problema. Se vuole, mi risponda, a meno che non lo ritenga esorbitante, dovendo essere lei a porre la domanda a noi e non viceversa. Se viene attribuito questo potere all'Autorità nazionale anticorruzione, magari cambiandone anche il nome e ampliando la sua funzione, già nel titolo, alla rilevazione del conflitto di interessi, mi chiedo se vi debba essere una diversa modalità di nomina dei suoi componenti e di chi la presiede.

  GENNARO MIGLIORE. Ringrazio il dottor Cantone per il suo intervento e per il lavoro che sta portando avanti.
  Relativamente alla vicenda di cui ci stiamo occupando, desidero porle alcune domande più specifiche. La prima riguarda la sua opinione relativamente al soggetto che, così come ricordava il collega Fraccaro, deve dichiarare la sanzione e a come si individuano i criteri secondo i quali viene dichiarata l'incompatibilità o l'ineleggibilità.
  Mi spiego. Fino a oggi la Costituzione prevede, a salvaguardia dei parlamentari, un'azione interna corporis. Probabilmente, per evitare che vi possa essere un giudizio eccessivamente connesso agli schieramenti politici, si potrebbe, per esempio, immaginare un'organizzazione del giudizio come per gli arbitrati, nominando tre giudici che formino un collegio che possa esprimersi sulla vigenza del conflitto di interessi per quanto riguarda i parlamentari. Altrettanto si potrebbe fare per le cariche di Governo.
  Il punto che si distingue, e che probabilmente è anche il motivo per il quale non è stato introdotto nella legge elettorale, è che si considera il conflitto di interessi una tipologia non solamente relativa alle cariche elettive, ma estesa anche a quelle di nomina.
  Inoltre, c’è un certo grado di interconnessioni. Probabilmente lei più di tutti, anche se su altri versanti, ha potuto verificare titolarità che spesso non corrispondono alla vera proprietà di strutture e aziende. Non voglio fare riferimento a fenomeni legati alla criminalità organizzata. Esistono una serie di meccanismi che possono consentire a chi ha concretamente la possibilità di influenzare una determinata azienda di non essere uno dei titolari formali dell'azienda stessa.
  Come si fa a intervenire su questa tipologia di conflitti di interesse ? Parlo anche di strutture societarie complesse, nelle quali ci sono azionariati di riferimento. Anche il grado di parentela – nella proposta che presentai introducemmo fino al terzo grado di parentela – può essere ingiustamente penalizzante per alcuni casi e totalmente insufficiente per altri.
  Pertanto, le chiedo, sulla base della sua esperienza, come si fa a intercettare questa tipologia di conflitti d'interessi.

  CELESTE COSTANTINO. Anch'io la ringrazio, dottor Cantone, per la sua presenza.
  Alcune domande sono state già anticipate dai miei colleghi, soprattutto quelle relative all'Autorità preposta; io ne aggiungo altre due.
  Innanzitutto le chiedo se, accanto alle misure sanzionatorie che sono già state evocate nel dibattito, non sia il caso di prevedere anche delle misure di prevenzione, che attualmente non sono presenti nella disciplina in vigore, dove si parla sempre meramente dell'atto che è avvenuto in maniera successiva.
  In secondo luogo, noi abbiamo presentato una proposta di legge costituzionale sul tema, perché pensiamo che questa sia una materia da elevare esplicitamente a rango costituzionale, così com’è stato fatto Pag. 7in Paesi come la Francia e la Spagna. Vorrei sapere cosa pensa in merito.

  PRESIDENTE. Vorrei chiedere al presidente Cantone se in questa fase della sua esperienza all'ANAC riesce a collegare questa materia del conflitto d'interessi al tema generale delle incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 39 del 2013, ovvero se vi è una connessione funzionale fra questa disciplina del conflitto d'interessi e quello che è previsto ampiamente in tema di incompatibilità.
  Inoltre, vorrei sapere se su questo punto ha già fatto delle esperienze che gli danno l'idea che questo meccanismo complessivo meriti una revisione. Secondo il mio personale parere, una revisione è necessaria soprattutto sulla specificità delle formule e sull'individuazione della casistica. Non è vero che nel nostro Paese manchi una disciplina del conflitto di interessi. Una disciplina esiste, come è stato ricordato. L'esigenza internazionale di avere una disciplina sul conflitto d'interessi, comunque, nel nostro Paese trova una sua regolamentazione. Può essere discutibile, piacere o non piacere, ma c’è.
  A mio personale avviso, quindi, bisogna far attenzione a non confondere la necessità di una modifica, di un miglioramento o meno (questo lo stabilirà il dibattito parlamentare) della materia del conflitto di interessi con l'inesistenza nel nostro Paese di una regolamentazione di questo conflitto.
  Chiedo al presidente Cantone di dirci la sua anche in merito a questo punto.

  NAZZARENO PILOZZI. Esprimo anche io un ringraziamento a Raffaele Cantone, anche per il lavoro che sta svolgendo.
  Vorrei fare una domanda rispetto al decreto legislativo n. 39 del 2013, che, come è stato detto, necessita una revisione. Io ho una perplessità sul decreto n. 39: esso prevede l'incompatibilità per gli amministratori locali di accedere a cariche societarie di società partecipate, ma non prevede il contrario, cioè non impedisce agli amministratori e ai presidenti di società partecipate di candidarsi a sindaco nelle città con più di 15.000 abitanti.
  Credo che questo sia un vulnus, tra l'altro figlio di una stagione molto tecnocratica della legislazione in questo Paese, che sta portando sui territori alcune difficoltà. Anche su questo vorrei chiedere al presidente Cantone che tipo di idee ha.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Cantone per la replica.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza. Ci sono moltissime questioni, alcune comuni. Proverò a rispondere velocemente.
  C’è un punto su cui forse devo scusarmi: ho fatto una sintesi veloce quando ho detto che gli organismi internazionali si erano lamentati dell'inesistenza della norma. Devo dire che gli organismi internazionali si sono lamentati della scarsa efficacia della norma. La legge Frattini evidentemente esiste. Sappiamo che ad oggi, però, non è stata ancora applicata. Gli organismi internazionali individuano questa scarsa applicabilità come una sua scarsa capacità di incidere. Noi, però, una norma effettivamente l'abbiamo, e mi scuso di non averlo sottolineato.
  Seguo l'ordine delle domande. Io credo che sia evidente che il tema del conflitto di interessi sia soprattutto quello di provare a dare una definizione. È chiaro, infatti, che anche il meccanismo sanzionatorio può funzionare quando c’è una definizione molto chiara. Una definizione elastica finirebbe necessariamente per avere effetti disastrosi nell'ambito di attività direttamente collegate alla Costituzione.
  Per esempio, il decreto legislativo n. 39 del 2013, su cui tornerò, utilizza un sistema casistico. Ovviamente ha ragione l'onorevole Pilozzi a dire che ha lasciato quella fattispecie, e non solo quella, al di fuori. Tuttavia, utilizza un sistema casistico che ha un senso, proprio perché si tratta di incidere su munus che hanno rilievo pubblico e che sono tutelati direttamente dalla Costituzione.
  In linea di principio, sono d'accordo sull'idea che non basti individuare solo il Pag. 8vantaggio patrimoniale, ma occorra individuare anche l'utilità. Sarei però molto cauto nell'individuare dizioni eccessivamente generiche che consentirebbero di intervenire su diritti costituzionali rilevanti. Forse si potrebbe provare ad accompagnare l'indicazione generale, che comunque è molto utile, con una serie d'indicazioni casistiche, più o meno elastiche, che potrebbero essere utili.
  Quanto all'importanza del sistema sanzionatorio, in linea di principio, credo che qualunque norma senza sanzione abbia poco senso. Tuttavia, ci dobbiamo abituare all'idea di sistemi che sono tipici del mondo anglosassone, in cui funziona la cosiddetta «sanzione reputazionale». In alcune realtà, le sanzioni reputazionali finiscono per essere molto più significative, per esempio, di sanzioni amministrative o anche di sanzioni penali bagatellari. Nel sistema anglosassone, per esempio, il solo fatto di essere indicato in violazioni a volte banali comporta sanzioni reputazionali che hanno conseguenze che, seppur non regolate dalla legge, sono molto pesanti.
  Su questo, secondo me, noi abbiamo delle carenze. Infatti, nel nostro sistema le sanzioni reputazionali non funzionano particolarmente.
  In linea di principio, io credo che il tema della decadenza potrebbe essere evocato come possibile sanzione. Ho dei dubbi, però, che una sanzione del genere possa essere applicata da un organismo diverso dal Parlamento.
  Noi oggi abbiamo una giurisdizione esclusiva, in cui nessun giudice ha aperitio oris in tema di candidabilità e di requisiti. Facciamo attenzione: se noi attribuissimo a un'Autorità indipendente, qualunque essa sia, il meccanismo della decadenza, noi metteremmo in discussione il principio della giurisdizione esclusiva.
  Mi spiego meglio: il Parlamento è l'unico organo che può valutare i presupposti di eleggibilità. Ci sarebbe, quindi, un Parlamento che dichiara eleggibile un parlamentare e un'Autorità indipendente che mette in discussione, sugli stessi presupposti – potrebbe farlo benissimo – una valutazione del Parlamento. Con la Costituzione attuale, io credo che questo sia tecnicamente impossibile.
  Consentitemi di dire, con tutto il rispetto che porto per la funzione che svolgete, che certamente alcune esperienze del passato nella valutazione dei requisiti di eleggibilità hanno lasciato qualche perplessità. Soprattutto alcune decisioni della Giunta sono state tenute per tantissimo tempo in attesa che decidesse il Parlamento.
  Questo, comunque, è un tema che non può che essere affrontato a livello di legge costituzionale. Come presidente di un'Autorità indipendente, devo dire che non credo che si possa attribuire un potere così grande ad un'Autorità indipendente.
  Io credo che potrebbe avere un senso, per esempio, attribuirlo alla Corte costituzionale, che è l'organo di chiusura del sistema. La Corte costituzionale è l'organo di garanzia del sistema che potrebbe vedersi attribuito questo potere molto più di ogni altro. Non dimentichiamo che la Corte Costituzionale, per esempio, ha avuto la competenza per giudicare sui reati ministeriali, quindi ha svolto anche un intervento giurisdizionale.
  Io credo – lo dico da esponente di un'Autorità indipendente – che, nell'ambito dell'equilibrio delicatissimo dei valori costituzionali, attribuire a un'Autorità indipendente la possibilità di stabilire sanzioni così pesanti sia abbastanza pericoloso.
  Ha senso che ruoli diversi che attengono a meccanismi sanzionatori possano essere gestiti dall'AGCM oppure ha un senso che li gestisca l'ANAC ? Noi in questo periodo abbiamo avuto una quantità di competenze tali per cui abbiamo già svilito il nostro ruolo. Noi, di fatto, come Autorità nazionale anticorruzione, ci occupiamo anche di temi che riguardano la regolazione del mercato, per cui siamo ben oltre l'Autorità anticorruzione da tempo, dopo il decreto-legge n. 90 del 2014.
  Attribuire questi poteri all'AGCM forse ha un senso, se si tiene conto delle valutazioni che riguardano soprattutto i profili patrimoniali.Pag. 9
  Credo che nell'eventuale individuazione dei criteri forse sarebbe il caso di prevedere meccanismi che mettano insieme la valutazione del decreto legislativo n. 39 con un'eventuale valutazione dei requisiti d'incompatibilità del Parlamento. Io ritengo che, accanto a interventi sul patrimonio, che sono legittimi e possibili anche nei confronti del Parlamento, forse si potrebbe prevedere, più che una sanzione, una proposta di sanzione nei confronti dei parlamentari. Il dominus indiscusso, a Costituzione attuale, infatti, non può che essere il Parlamento. Credo che su questo i costituzionalisti siano assolutamente d'accordo.
  Do un'ultima indicazione sull'ambito soggettivo di applicazione. Io ho letto l'idea di estendere queste regole d'incompatibilità e di conflitto d'interessi alle Autorità indipendenti. Mi convince assolutamente con riferimento all'Autorità indipendente che si occupa dei controlli sui parlamentari. Mi convince meno nei confronti delle Autorità indipendenti in generale. Oggi si fa fatica a capire quante sono e quali sono le vere Autorità indipendenti, per cui credo che questa norma rischierebbe di essere punitiva, anche «senza ragione».
  Perché, per esempio, l'Autorità indipendente dei trasporti dovrebbe avere un'incompatibilità a partecipare alle elezioni politiche ? Onestamente, credo che non ci sia un collegamento diretto.
  Sicuramente avrebbe senso, invece, un collegamento con l'Autorità indipendente che dovesse fare il controllo sui parlamentari o sulle cause d'incompatibilità.
  Alle domande dell'onorevole Sanna ho in parte già risposto. Io credo che, senza una modifica costituzionale, sia molto difficile prevedere la possibilità di interventi che abbiano effetto sulla carica, soprattutto perché si creerebbe un meccanismo paradossale: la giurisdizione esclusiva in sede di valutazione dei requisiti verrebbe aggirata attraverso una rivalutazione ex post. Pertanto, l'Autorità indipendente diventerebbe una sorta di organo di secondo grado di impugnazione rispetto alla Giunta, con un meccanismo che dal punto di vista costituzionale avrebbe dei problemi e andrebbe sicuramente affrontato sul piano costituzionale.
  Quanto alla possibilità di riconoscere questo ruolo all'ANAC, questo avrebbe un senso nell'ambito della possibilità di creare un meccanismo di equiparazione col decreto legislativo n. 39.
  Ovviamente bisogna chiedersi quale sia il ruolo dell'Autorità nazionale anticorruzione, che è la domanda che oggi ci si pone di più, dopo il decreto-legge n. 90 del 2014 e dopo che, di fatto, ci sono stati attribuiti poteri che nulla hanno a che vedere con l'anticorruzione.
  Il decreto legislativo n. 39 nasce direttamente con la funzione di impedire, non tanto il conflitto d'interessi, quanto specificamente delle posizioni che possano incidere su vicende corruttive. Il decreto legislativo n. 39 nasce dall'idea di creare dei meccanismi di pantouflage, cioè di evitare la commistione pubblico-privata.
  Io non vedo così nettamente queste stesse ragioni con riferimento a valutazioni che invece attengono proprio alla «purezza» – passatemi la parola – del ruolo di chi svolge cariche di governo.
  Il tema della nomina dei componenti dell'Autorità indipendente è ovviamente un tema importante.
  Ne approfitto per evidenziare un punto: ogni Autorità indipendente ha criteri di nomina completamente diversi, e anche su questo bisognerebbe fare una riflessione. Il carattere di indipendenza dell'Autorità, infatti, dipende moltissimo dalla nomina. Ci sono Autorità indipendenti in cui i soggetti vengono nominati dai presidenti delle Camere e altre in cui vengono nominati dal Governo, e, come accade per noi, c’è bisogno di un'ampia valutazione del Parlamento, che dà più garanzie di partecipazione al Parlamento stesso. Pertanto, anche su questo criterio, la scelta della nomina dei componenti di quella che dovrà essere l'Autorità è ovviamente molto delicata.
  A questo proposito ribadisco quanto ho detto nel mio brevissimo intervento iniziale: la scelta di un'Autorità ad hoc sarebbe assolutamente pericolosa, perché rischierebbe Pag. 10di creare un meccanismo sul piano dell'indipendenza per cui, visto che l'Autorità si occuperebbe solo di questo, qualunque scelta rischierebbe di essere letta nell'ottica della nomina iniziale.
  Sarebbe molto più logico che un potere di controllo sulle incompatibilità e i conflitti d'interesse venisse attribuito a un'Autorità, qualunque essa sia, che faccia anche altro. Altrimenti si creerebbe una sorta di giudice specializzato dei parlamentari, e, per altri aspetti, questo sarebbe anche un po’ in contrasto con la nostra visione costituzionale.
  Alle domande dell'onorevole Migliore ho in parte risposto. Io credo che, se non si cambia la Costituzione, più che da un collegio arbitrale, le sanzioni che dovessero incidere sui ruoli non potrebbero che essere applicate dalle Camere. So bene che questo meccanismo rischia di essere oggetto di valutazioni politiche, ma lo stato della Costituzione lo impone. Il collegio arbitrale, a Costituzione vigente, sarebbe, tutto sommato, non diverso da quella che sarebbe l'Autorità indipendente. Al massimo un collegio arbitrale potrebbe fare una proposta, ma non di più.
  L'altro tema mi sembra molto importante. Noi sappiamo bene che la maggior parte dei conflitti d'interesse non sono visibili, sono invisibili. Si possono nascondere dietro le schermature societarie, dietro i trust internazionali o dietro i paradisi fiscali.
  È evidente che una scelta di tipo politico deve essere fatta. La possibilità di individuare questi meccanismi, infatti, esiste. Oggi esistono strumenti investigativi che, per esempio, consentono a organismi di polizia specializzata di individuare questi meccanismi di schermo. Evidentemente si tratta di attribuire poteri investigativi particolarmente forti, ed è una scelta evidentemente politica. Se si vogliono individuare questi meccanismi di schermatura, bisogna consentire strumenti di accertamento che non riguardano solo la banca dati, ma anche la possibilità di utilizzo di forze di polizia specialistica per andare ad accertare. Questa è una scelta evidentemente politica.
  Credo di aver risposto in parte alle domande dell'onorevole Costantino. Onestamente, non ho capito cosa s'intende per «misura di prevenzione». S'intende la possibilità di valutarlo prima ? Credo che questo sia il tema. Io credo che il vero problema sia che la maggior parte dei conflitti di interessi potrebbe essere risolto già in sede di valutazione dei criteri di eleggibilità, ma su questo (lo ripeto: è una valutazione da cittadino) la giurisdizione domestica non sempre ha dato la migliore immagine di sé.
  Chiudo con due riferimenti sul decreto legislativo n. 39. Questo decreto è stato in assoluto uno dei più importanti emessi a seguito della legge Severino. È un decreto che è stato emesso proprio in «articulo mortis», qualche giorno prima che il Governo Monti cadesse, e ha risentito moltissimo di questi meccanismi che riguardano la fretta di adeguarlo. Non c’è solo quello delle società partecipate. Noi che stiamo applicando il decreto legislativo n. 39 stiamo trovando una serie di paradossi.
  Per esempio, di recente abbiamo deciso il caso di un'incompatibilità relativa a un organo locale con riferimento a una Camera di commercio. La norma letteralmente non consente di ritenere l'incompatibilità per gli amministratori di vertice, mentre ritiene l'incompatibilità con riferimento ai dirigenti. Questo è tutto il contrario di quello che ci vorrebbe, perché gli amministratori di vertice in genere sono «nominati» dalla politica, non i dirigenti che vincono i concorsi. Pertanto, se io sono dirigente di una Camera di commercio, non posso andare a fare l'assessore; se sono segretario o presidente di una Camera di commercio, posso andare a fare l'assessore o il sindaco, con una situazione paradossale.
  Inoltre, il sistema sanzionatorio del decreto legislativo n. 39 del 2013 è uno dei misteri gloriosi del legislatore. Vi invito a leggere le norme sul sistema sanzionatorio, perché non si capisce assolutamente nulla. Noi non abbiamo ancora capito – ci stiamo provando in tutti i modi – chi deve Pag. 11applicare quelle sanzioni che dal punto di vista economico sono particolarmente rilevanti.
  Avevamo posto il problema, per esempio, sulla possibilità di precisare meglio chi dovesse applicare quell'indicazione. Consentitemi di dire che su questo c’è la possibilità di intervenire. Infatti, il disegno di legge sulla pubblica amministrazione, anche su nostra richiesta, prevede la riapertura dei termini per poter esercitare la delega sul decreto legislativo n. 39. Quella può essere l'occasione adatta.
  Vi assicuro che noi che stiamo verificando sul piano della casistica stiamo trovando una quantità indicibile di norme di scarsa coerenza e di scarsa leggibilità.

  PRESIDENTE. Prendo atto di questa dichiarazione, che mi sembra impegni tutti a una pronta disponibilità a rivedere taluni passaggi. Forse questa potrebbe essere l'occasione.
  Se il presidente dell'ANAC ci potesse segnalare in concreto qualche discrasia che avesse riscontrato nell'ambito della formulazione normativa di determinate categorie, gliene saremmo grati, perché la legge sul conflitto di interessi potrebbe essere un'occasione per eventualmente...

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza. Peraltro, c’è la questione della riapertura del termine che in qualche modo sta andando in parallelo, e forse bisognerebbe chiarire in quale dei due meccanismi inserirsi.
  Visto che la delega contenuta nella legge n. 190 era molto ampia, la riapertura dei termini consentirebbe di intervenire a 360 gradi.

  PRESIDENTE. Credo che il dottor Cantone non ci risparmierà (nel senso migliore del termine) la sua disponibilità. Noi gliene siamo sempre grati. Diamo atto che a ogni chiamata risponde sempre con puntualità, e questo ovviamente ci facilita il lavoro.
  Ringrazio il presidente Cantone per questa audizione, che sarà certamente molto utile, e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 15.15, riprende alle 15.20.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge n. 275 e abbinate, recanti disposizioni in materia di conflitto di interessi, l'audizione del professor Giuseppe Colavitti, del professor Daniele Maffeis, del professor Francesco Saverio Marini, del professor Andrea Pertici, e del professor e collega Roberto Zaccaria, che ho avuto modo di apprezzare come parlamentare nella scorsa legislatura con interventi che non esito a definire puntuali, anche se da me qualche volta notoriamente non condivisi.
  Se avete relazioni scritte vi invito a consegnarle alla Presidenza, perché possano essere patrimonio della Commissione e poi portate a conoscenza dei commissari per via informatica.
  Io debbo necessariamente pregarvi di ridurre gli interventi nell'ambito dei cinque minuti. Il contributo scritto è quello che rimane agli atti. Credo che l'essenziale del vostro pensiero debba necessariamente essere contenuto in questo tempo, anche per ragioni di economia generale dei lavori e per consentirvi di rispondere alle domande che eventualmente vi saranno rivolte dai componenti della Commissione. Vi chiedo scusa se mi permetto di contingentare al di là dei meccanismi usuali, ma devo farlo per una questione di gestione della Commissione.
  Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della loro relazione.

  GIUSEPPE COLAVITTI, Ricercatore di Diritto dell'economia presso l'Università dell'Aquila. Buonasera al presidente e a tutta la Commissione. Grazie per l'opportunità di confronto.
  Mi era stato preannunciato il tempo molto limitato che abbiamo, per cui cercherò Pag. 12di stare nei tempi e rinvio al testo scritto, che ho depositato, per ulteriori considerazioni.
  Il primo rilievo è la condivisione dell'opportunità di una nuova riflessione di questa Commissione sulla materia. Questa condivisione deriva chiaramente da un giudizio di insufficienza della disciplina vigente, che si può declinare in due livelli: un'insufficienza originaria, «di nascita» della legge Frattini (la legge n. 215 del 2004) e un'insufficienza sopravvenuta o aggravata.
  Per quanto riguarda l'insufficienza originaria, il problema principale di quella legge è che opta per un'idea del conflitto di interessi ex post e dà rilievo giuridico solo al compimento di un atto o a un'omissione che incida specificamente sul patrimonio del titolare di cariche di Governo e comporti un danno per l'interesse pubblico. A mio avviso, è chiaramente una visione molto simile al reato di abuso d'ufficio. Quasi non c’è differenza tra i profili di rilievo penalistico e il trattamento giuridico di tipo costituzionalistico che, invece, la fattispecie dovrebbe avere.
  Il secondo vizio d'origine dalla legge vigente è che riconduce i rimedi per risolvere i conflitti d'interesse al circuito politico e al rapporto fiduciario, il che è una contraddizione in termini. Se il problema del conflitto d'interessi fosse politico, avrebbero ragione quelli che sostengono che bastano le elezioni per risolverlo. Evidentemente è un problema istituzionale che necessita di un approccio tecnico-giuridico.
  L'insufficienza sopravvenuta o aggravata, a mio avviso, deriva da una valutazione delle linee di tendenza in atto nell'ordinamento. Voi avete ascoltato il dottor Cantone. Non c’è dubbio che negli ultimi anni la normativa si è evoluta verso discipline della prevenzione e della lotta alla corruzione tutte basate su una logica preventiva. Si è anche burocratizzato il tema della lotta alla corruzione con una serie di adempimenti e oneri.
  Da questo punto di vista, è una distonia che per i rami alti dell'ordinamento costituzionale – ministri e cariche di Governo – ci sia una disciplina così leggera come la legge n. 215 del 2004, e per l'esercizio di funzioni amministrative, magari di minore rilievo, ci sia quell'ottica preventiva che, invece, è assolutamente opportuno assecondare.
  Nel testo scritto troverete anche un'analisi dei precedenti, di come si è arrivati alla legge Frattini e delle misure che di volta in volta, nei vari disegni di legge, sono state avanzate.
  Mi limito a dire un paio di cose sulle conclusioni del mio lavoro. A mio avviso, il quadro costituzionale consente l'adozione di soluzioni normative forti sul trattamento del conflitto di interessi. Per «forti» intendo quelle che realizzano la separazione tra gestione e proprietà di grandi patrimoni ed esercizio di attività, specialmente per quanto riguarda le imprese mediatiche.
  In quest'ambito, eventuali alienazioni di quote di controllo di imprese mediatiche – su questo vorrei dare un contributo – potrebbero essere giustificate. Perché ? È indubbio che l'alienazione è una compressione molto forte del diritto di proprietà, però è anche vero che l'ordinamento conosce già fattispecie del genere per la protezione di taluni interessi pubblici che non sono superiori a quelli coinvolti. Mi riferisco alle cosiddette «pratiche di deconcentrazione» nell'ambito del diritto alla concorrenza. Voi sapete che c’è una disciplina sulle concentrazioni basata su un sistema di soglie nazionali ed europee. L'Autorità antitrust, qualora queste soglie siano superate, in certi contesti può imporre pratiche di deconcentrazione che implicano anche l'alienazione.
  Chiaramente dobbiamo considerare che si tratta di un'estrema ratio, sottoposta rigorosamente a uno scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, sul quale è necessario che ci sia un controllo giurisdizionale.
  Lo stesso può dirsi per l'altra ipotesi limite. Chiaramente sto parlando delle due cannonate possibili per trovare un rimedio al sistema. Una è l'alienazione e l'altra è la decadenza dalla titolarità del munus pubblico. Chiaramente lo sforzo è di dare Pag. 13un contributo utile, per cui non entro nel dettaglio delle altre questioni, come le incompatibilità e così via.
  Per quanto riguarda la decadenza, anche questa potrebbe essere considerata un'estrema ratio nei casi di perdurante conflitto di interessi, ma chiaramente questa dovrebbe essere sottratta al circuito politico e alle forme attraverso cui si fa valere l'eventuale responsabilità politica del titolare di carica di Governo. Semmai dovrebbe essere giurisdizionalizzato il procedimento per pronunciare la decadenza. Si può pensare a una sezione della Corte d'appello o ad altri organi della magistratura ordinaria. Questo consentirebbe la giurisdizionalizzazione e anche l'attivazione del filtro di costituzionalità, ove chiaramente ne ricorressero i presupposti, secondo le regole vigenti.
  Per il resto rinvio al testo scritto. Grazie, presidente.

  DANIELE MAFFEIS, Professore ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano. Grazie per l'invito e grazie ai componenti della Commissione per l'attenzione.
  Ripercorrendo i documenti che sono oggetto della vostra attenzione, ho potuto constatare di nuovo alcuni punti critici che hanno sempre attirato la mia attenzione studiando la materia del conflitto di interessi nei diversi ambiti dell'ordinamento.
  Illustro il primo. Leggo che la disciplina del conflitto di interessi sarebbe necessaria perché, se fosse accolta, ci si adeguerebbe a quella che è la normalità negli altri Paesi. Questo non è vero. Se noi andiamo a vedere se negli altri Paesi c’è una sensibilità al tema del conflitto di interessi, la scopriamo, ma se ci chiediamo se negli altri Paesi esiste una legge che definisca in termini univoci il conflitto di interessi, che, dunque, sarebbe una nozione univoca sotto gli occhi di tutti, tranne di chi non la voglia vedere, la risposta è che non è così. Non esiste un principio generale di divieto di astensione dalle operazioni in conflitto di interessi e non esiste un modello univoco di conflitto di interessi nemmeno negli altri Paesi.
  Questo è un dato che mi pare significativo e che troviamo facilmente confermato scorrendo le discipline del conflitto in altri settori del nostro ordinamento, quali il diritto privato e il diritto societario.
  Mi pare, quindi, opportuno che non si pensi all'introduzione di una norma sul conflitto di interessi nell'ambito costituzionale (mi sembra che la Costituzione è la sede dei princìpi generali), ma piuttosto nell'ambito della legge ordinaria.
  Mi ha colpito il fatto che i progetti di legge oggetto di attenzione da parte della Commissione si aprano dicendo che il titolare di una carica pubblica deve fare l'interesse pubblico, il che è vero. Non so se sia utile ribadirlo perché credo che questo sia nella Costituzione. Penso che, al contrario, possa essere equivoco ribadirlo, perché mi pare di aver notato come il principio di cura dell'interesse pubblico sia ricondotto essenzialmente al dovere di agire con decoro, che è una nozione che svuota in realtà il dovere di agire per la cura nell'interesse, che mi pare dovrebbe essere ravvisato nel dovere di imparzialità dell'articolo 97 della Costituzione.
  Quella del conflitto di interessi non è una disciplina fine a se stessa, ma ancillare alla cura dell'interesse pubblico di cui si tratta. Va bene che la cura dell'interesse pubblico sia nella Costituzione. Non mi pare essenziale ribadirlo. Da un certo punto di vista, si potrebbe anche dire che si banalizza aprendo una legge con l'affermare che il titolare di una carica pubblica deve fare l'interesse pubblico. Probabilmente, una disciplina a livello di legge ordinaria serve, ma mi pare che, così come non esistono un principio generale e una mozione pacificamente acquisita, non sia nemmeno chiara la ratio della disciplina del conflitto di interessi.
  Cito due esempi che mi sono balzati all'occhio: la confusione tra la nozione di conflitto di interessi e quella di eccesso qualitativo e quantitativo di potere patrimoniale e tra il divieto del conflitto di interessi e la tutela della concorrenza. Parlo della prima.Pag. 14
  Chi ha numerose cariche non può cumularle come chi ne abbia una importante nell'emanare regolamenti e nell'attuarli. Probabilmente, è vero che il cumulo di queste due cariche non è opportuno, ma non c'entra nulla con il conflitto di interessi. Paradossalmente, che chi fa un regolamento lo attui non è un conflitto di interessi, ma la miglior cura possibile dell'interesse che si è raffigurato nella prima qualità. Allora, il conflitto di interessi ha una ratio diversa da questa.
  L'eccesso di potere che deriva dalle capacità patrimoniali mi pare un po’ il cuore. Si valuta se chi ha interessi patrimoniali rilevanti, ha un patrimonio oltre una certa soglia, sia incompatibile e, se non lo è, se si trovi in una situazione di conflitto di interessi. La mia opinione è che l'incompatibilità sia un problema «facile»: si fa una lista e, se si fa una lista meditata in base a un'attenta ratio della norma e si scrive la norma in maniera tale, a livello di drafting, che si capisca quando uno è incompatibile, non è un problema particolarmente difficile. Mi sembra, invece, un problema serio e difficile quello di identificare di volta in volta le situazioni di conflitto di interessi.
  Si afferma che nella legge 20 luglio 2004, n. 215, si banalizza il dovere preventivo perché in realtà lo si tramuta nel problema successivo. È una critica fondata, che però a mio avviso non tiene abbastanza conto del fatto che stabilire quando esiste un conflitto di interessi ex ante è difficile. Facciamo un esercizio. Chi ha un patrimonio rilevante è in conflitto di interessi ? Può darsi che chi ha un patrimonio di 20 milioni di euro pieghi la carica pubblica ai suoi interessi patrimoniali ? La risposta è sì. Può darsi che chi ha un patrimonio di 200 euro faccia la stessa cosa ? La risposta è sì. In entrambi i casi, c’è un conflitto di interessi.
  Per quale ragione, allora, appuntiamo la nostra attenzione per identificare la nozione di conflitto di interessi verso chi ha una rilevante situazione patrimoniale ? Probabilmente, perché la ratio del conflitto di interessi interferisce con la tutela della concorrenza, ma allora bisogna dirlo, perché è una ratio orientata verso una specifica declinazione del conflitto, che è una declinazione possibile e rilevante, ma non l'unica. Mi sembra si capisca che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato tenda a declinare il conflitto sub specie di lesione della concorrenza, essendo quell'Autorità tendenzialmente portata a vederlo declinato in quella prospettiva.
  Mi pare che, altresì, tra le misure – mi avvio alla chiusura – che possono essere adottate in situazioni di conflitto di interessi da accertare, vi sia quella del blind trust e della gestione. Su questo punto ho delle perplessità che discendono da ciò: il blind trust o simili funziona se è cieco. Siamo veramente sicuri che lo sia ? Se la risposta è che è così perché lo fanno gli anglosassoni, sono un po’ perplesso.
  Gli anglosassoni sono gli stessi che ci dicono, in materia finanziaria, che i conflitti di interessi si risolvono con i chinese walls, cioè creando dei muretti tra gli uffici. Ora, siccome non è così e grazie al cielo noi italiani ci rendiamo conto che non è affatto così, vorrei che nel prendere modelli diversi stessimo bene attenti a non prenderli per oro colato. Modelli spacciati come serissimi di cura degli interessi in conflitto dell'intermediazione finanziaria sono assolutamente inefficaci.
  Ho accennato alla materia del conflitto nell'intermediazione finanziaria e concludo dicendo che vedo con preoccupazione l'idea che il legislatore sia troppo sicuro di dettare una disciplina rigorosa del conflitto di interessi, sicuro che poi essa sarà applicata e, soprattutto, spontaneamente osservata. Evidentemente, infatti, una legge funzione innanzitutto se osservata spontaneamente.
  Devo registrare, anche per le mie competenze specifiche, che nella materia dell'intermediazione finanziaria le discipline del conflitto di interessi sono rigorosissime e non sono assolutamente applicate. Nei Paesi anglosassoni, sono cancellate. Anche da questo punto di vista, sono molto preoccupato quando leggo che dobbiamo cercare di essere seri con il conflitto di interessi come lo sono a Londra. Per chi Pag. 15frequenta la City per l'industria finanziaria, questa dichiarazione rappresenta una provocazione. Direi sì a discipline rigorose, ma con la consapevolezza di una serie di problemi applicativi che, secondo me, devono essere tenuti in considerazione anche guardando altri ambiti dell'ordinamento.

  FRANCESCO SAVERIO MARINI, Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. La ringrazio, presidente, dell'invito. Ho già consegnato il mio intervento scritto, per cui mi limiterò veramente a qualche cenno sporadico sui progetti attualmente presentati alla Camera e che ho letto.
  Procederò secondo alcuni punti anche poco organici. In primo luogo, cos’è il conflitto di interessi ? Tutti i progetti di legge fanno riferimento all'aspetto economico-patrimoniale e solo a quello. In verità, probabilmente si potrebbe ipotizzare un riferimento anche più ampio, in generale, agli interessi privati. Limitare solo alla sfera patrimoniale il problema dei provvedimenti ad personam o dell'interferenza tra munus pubblico e interesse privato, probabilmente sacrifica una serie di problematiche che, invece, esistono.
  Peraltro, l'accezione ampia del conflitto di interessi sembra essere più armonica rispetto al cambio di impostazione che questi progetti hanno. La legge n. 215 del 2004, infatti, intendeva prevalentemente colpire gli operatori economici, che traevano un indebito vantaggio dalla situazione di conflitto. I progetti di legge si muovono, invece, nella più ampia prospettiva di colpire prevalentemente chi ricopre la carica pubblica. In questo senso, ovviamente, bisognerebbe uscire un po’ dalla logica economico-patrimoniale.
  Sul secondo aspetto abbiamo sentito anche l'intervento del collega Colavitti. C’è in questi progetti un'inversione cronologica degli interventi sulle situazioni di conflitto: mentre nella legge vigente sono di tipo successivo, cioè riguardano i casi in cui la situazione di conflitto ha già concretamente inciso sulla deliberazione, i nuovi progetti di legge si muovono in un'ottica di prevenzione. Il problema è che in questo modo si rischia di smarrire la specificità della differenziazione tra incompatibilità e conflitto di interessi.
  Un modo per risolvere questa sovrapposizione, che forse potrebbe anche essere utile tenere, è di trasformare il conflitto di interessi da illecito di danno a illecito di pericolo. Oltretutto, questo avrebbe due vantaggi. Anzitutto, va considerato che la commistione di interessi è già di per sé dannosa, al di là degli effetti; in secondo luogo, si subordina l'integrazione alla fattispecie all'elemento dell'identificazione del danno all'interesse pubblico, che non è sempre agevole da riscontrare.
  Il terzo punto è l'apparato sanzionatorio. Qui debbo dire che la legge 215 del 2004 forse ha il difetto a mio avviso più grave. Attualmente, è sanzionato chi ha beneficiato della situazione di conflitto con una sanzione commisurata al massimo al vantaggio patrimoniale indebitamente conseguito. All'evidenza, si tratta di una scelta paradossale, che quasi incentiva la condotta illecita dell'operatore economico. Questo, infatti, nel peggiore degli scenari, si vedrà sottratto nel giusto arricchimento senza ulteriori conseguenze, ma anche in altri termini, l'effetto deterrente. Di questo, peraltro, si è a più riprese anche lamentata l'Autorità antitrust.
  Un quarto aspetto riguarda l'ampliamento del novero dei soggetti tenuti agli obblighi di dichiarazione e alle situazioni di incompatibilità. A volte qui c’è una tendenza a estendere eccessivamente, tanto che in questi progetti di legge non solo vi sono obblighi di dichiarazione ancora più penetranti sui coniugi e sui parenti di chi ricopre cariche di governo, che già pongono qualche perplessità; addirittura, queste situazioni finirebbero per essere incompatibili e non potrebbero partecipare a procedure di evidenza pubblica, che a mio avviso porrebbe anche qualche dubbio di legittimità costituzionale.
  Peraltro, anche il riferimento al profilo patrimoniale tale da creare situazioni di incompatibilità di conflitto di interessi mi lascia perplesso perché, come diceva giustamente Pag. 16il collega Maffeis, per chi è più ricco non c’è maggiore pericolo che faccia prevalere i propri interessi privati nell'esercizio del munus pubblico.
  Infine, nella maggior parte di questi progetti di legge si sottrae all’Antitrust la funzione sanzionatoria, i poteri di vigilanza in materia, e si trasferiscono a una nuova Autorità indipendente ad hoc. A parte i profili di legittimità costituzionale, che ciclicamente si ripetono sull'istituzione di nuove Autorità indipendenti, in fondo questi progetti si muovono in controtendenza rispetto alla recente legislazione, che ha semplificato e ridotto il numero delle Autorità indipendenti, la CiVIT o l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, l'Agenzia per le garanzie nelle comunicazioni e via dicendo. Al di fuori di questo, suscita comunque qualche dubbio l'attribuzione a un'Autorità indipendente di poteri investigativi e sanzionatori così rilevanti nei confronti di componenti di organi costituzionali, che sono muniti di una serie di guarentigie nei confronti addirittura della magistratura.
  In questa prospettiva, sembra maggiormente rispondente alla logica del sistema italiano la previsione che valorizza i poteri decisionali dell'organo cui il soggetto in posizione di conflitto fa parte, come peraltro accade già attualmente. L'Autorità indipendente può, cioè, essere coinvolta, ma soltanto alla fase dell'accertamento, mentre nella fase sanzionatoria è bene che sia coinvolto l'organo costituzionalmente adibito.

  ANDREA PERTICI, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Pisa. La ringrazio, presidente, per l'invito. Verrei subito ad alcuni punti. Credo, infatti, che tutti abbiamo visto le quattro proposte delle quali si ragiona.
  Tutte le quattro le proposte optano, dunque, per un sistema preventivo, come è già stato ricordato, a differenza della legge vigente, invece eventualmente esclusivamente sanzionatoria. Da questo punto di vista, quindi, credo che siamo in una prospettiva corretta, necessaria per rispondere adeguatamente, come già ricordavano alcuni dei colleghi, ai problemi del conflitto di interessi, che è tale perché deve essere prevenuto, altrimenti la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni, che è quella che una disciplina del conflitto di interessi mira a evitare che si verifichi, rischia di esservi.
  Per quanto riguarda i singoli punti, direi che, dal punto di vista dei soggetti, tutte le proposte di legge hanno in comune il coinvolgimento dei componenti del Governo, come è già nella legge vigente e su cui, quindi, non ci sono particolari questioni. Sicuramente, questo rappresenta il minimo che una legge sul conflitto di interessi deve riguardare.
  I parlamentari sono soltanto coinvolti dalla proposta di legge Civati, che però li riguarda in modo differenziato. Da questo punto di vista, quindi, la prospettiva è corretta nella misura in cui anche i parlamentari, ovviamente, possono trovarsi in situazioni di conflitto di interessi. È chiaro che la loro capacità di incidere rispetto a un membro del Governo è meno forte, meno diretta, e quindi gli strumenti di prevenzione del conflitto di interessi non possono essere altrettanto invasivi come lo sono per i membri del Governo.
  Quanto alle Regioni e agli enti locali, qui ovviamente si apre un capitolo molto delicato, a mio avviso difficile da affrontare direttamente in una legge che già riguardi le cariche politiche nazionali.
  Per gli enti locali, ci sarebbero problemi di coordinamento con il testo unico. Inoltre, ci si troverebbe di fronte a una varietà di situazioni che non consente di andare oltre la delega contenuta in alcuni di questi progetti, ma forse anche questa rischia di complicare e forse sarebbe più il caso di affrontarlo in una sede diversa, come quella della Carta delle autonomie, di cui già da diversi anni si discute.
  Per le Regioni, c’è un problema anche costituzionale di compatibilità con l'articolo 122 della Costituzione almeno in relazione a uno degli strumenti di soluzione del conflitto di interessi, che è quello delle incompatibilità.
  Noto l'assenza, in queste proposte di legge, di riferimenti al Presidente della Pag. 17Repubblica, che invece può avere, ovviamente, problemi di conflitto di interessi. Peraltro, partecipa, come è evidente, all'adozione di molti atti che possono avere un'incidenza ben specifica su interessi economici propri o dei prossimi congiunti.
  Per quanto riguarda il sistema di prevenzione del conflitto di interessi che queste proposte disegnano, è per tutte un sistema di prevenzione che si basa sulla cosiddetta incompatibilità concreta e controllata, che non è un'invenzione nostra, ma è quella della disciplina del conflitto di interessi negli Stati Uniti d'America.
  Da questo punto di vista, il ruolo molto importante è quello proprio dell'Autorità alla quale questo controllo è affidato. Sono d'accordo con quanto diceva poco fa Marini, che la creazione di una nuova Autorità, che pure astrattamente potrebbe essere anche la soluzione preferibile, può determinare problemi di compatibilità anche con i recenti interventi che nell'ambito della spending review hanno inciso sulle Autorità esistenti.
  L’Antitrust, ad esempio, che pure inizialmente aveva accettato con qualche resistenza questa competenza, ha dimostrato di sviluppare una specializzazione in proposte, per cui credo che il mantenimento a questa potrebbe, magari attraverso alcune modifiche legislative che mirino a salvaguardare maggiormente alcune garanzie dei componenti di quest'Autorità, essere ancora la soluzione corretta.
  Attribuirlo all'ANAC, invece – so che avete sentito il dottor Cantone, di cui magari cercherò di recuperare l'audizione – potrebbe essere un'altra soluzione, ma certamente si tratterebbe di ricostruire un intero sistema che l’Antitrust ha già sviluppato.
  Andando rapidamente agli strumenti, mi soffermerei più in generale e più che altro su quelli di separazione degli interessi di tipo finanziario o patrimoniale. Come è già stato detto, per quanto riguarda il conflitto di interessi che deriva dalla titolarità di cariche anche nel settore privato, questo è più facilmente risolvibile attraverso gli strumenti classici delle incompatibilità su cui questi progetti, con alcune differenze, sono comunque tutti piuttosto rigorosi e ampi.
  A mio avviso, quindi, gli strumenti di separazione non possono essere che un obbligo di alienazione che, e sono d'accordo con quanto ha detto Colavitti, ovviamente sono strumenti già previsti e comunque rientrano – bisogna ricordarlo – nella discrezionalità di chi decide di accettare la carica. Accettare una carica non è un obbligo. Si fanno le proprie valutazioni.
  Soprattutto, c’è la questione del blind trust come strumento alternativo. È vero quello che dice Maffeis, che il trust funziona se cieco proprio per questo: deve essere, appunto, un blind trust. Da questo punto di vista, però, mi pare che quasi tutte le proposte siano abbastanza consonanti e sviluppino, tra l'altro sulla base di un'indagine conoscitiva già svolta dalla Commissione Affari costituzionali nella XV legislatura, sotto la Presidenza del Presidente Violante, una serie di norme che assicurano questa separazione.
  Non c’è un mero riferimento generico a una legge sul trust, che certamente sarebbe insufficiente, ma una serie di norme sulle quali si può ancora lavorare. Mi sembrano comunque già abbastanza rigorose e, addirittura, riprese in gran parte dalle previsioni degli Stati Uniti, dell'US Code, quindi in grado di assicurare questa separazione, che credo non possa conoscere grandi alternative rispetto a quella di un obbligo di alienazione.
  Ovviamente, altre considerazioni potranno essere reperite nella relazione scritta che vi invierò appena possibile.

  ROBERTO ZACCARIA, già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze. Semplifico il mio intervento perché tutto quello che ha detto Pertici mi convince, non perché l'abbia sentito qui, ma perché insieme abbiamo lavorato per ASTRID all'elaborazione di un testo che, sostanzialmente, interviene su questa materia tenendo conto di una serie di questioni poste anche in questa sede. Il primo documento che vi Pag. 18suggerirei anche informalmente di reperire potrebbe essere quello. Presenta il vantaggio di non essere molto diverso da quelli all'esame di questa Commissione, ma comunque contiene già delle formulazioni normative e so che, in genere, chi fa questo mestiere, se ne ha già, ne esce avvantaggiato.
  Raramente ho trovato che su un argomento le proposte di legge presenti in Commissione fossero così convergenti. Naturalmente, ci sono delle peculiarità nell'una e nell'altra, ma questo farebbe pensare a una buona premessa per intervenire sulla materia, se effettivamente fossero tutto quello che c’è sul tavolo e se non ci fossero altre ipotesi.
  Credo sia una notizia informale, che ho appreso per caso questa mattina, che SEL sta presentando una proposta di legge e vuole intervenire anche sulla Costituzione. Vorrei dire di lasciar stare la Costituzione. Già gli articoli 51, 54, 97, 98 e altri contengono i princìpi. Non vi è scritta l'espressione conflitto d'interessi, ma c’è la sostanza. Personalmente, lascerei stare la Costituzione.
  Vorrei, però, soffermarmi su quello che è già stato detto sulla legge Frattini e la sua inefficacia. Abbiamo svolto in questa Commissione, nella primavera del 2012, un'accuratissima audizione in cui abbiamo chiesto che venissero a riferire i presidenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'AGCOM, Pitruzzella e Calabrò, venuti in due distinte sedute.
  Vorrei, proprio per l'utilità di questi lavori, più che portare un contributo io, che potrebbe essere abbastanza secondario, dirvi di riprendere – probabilmente, l'avrete nel dossier, ma non mi pare di averlo visto – gli interventi di Pitruzzella e di Calabrò. Guardate che lì c’è tutto. Non c’è bisogno di richiamare la Commissione di Venezia e il Consiglio d'Europa, che hanno detto che in Italia non c’è una legge in materia di conflitto di interessi. I presidenti di queste due Autorità hanno descritto quello che non funziona e quello che si potrebbe migliorare.
  Solo un fatto mi ha incuriosito ieri, quando cercavo questa documentazione: mentre sul sito dell'Autorità per la concorrenza c’è tutto, ci sono le relazioni, sul sito dell'Autorità delle comunicazioni l'audizione di Calabrò è stata cancellata, non c’è più. Mi sono meravigliato perché si parla sempre di trasparenza. È fondamentale, è un motivo in più per andare a cercarla.
  Sostanzialmente, si spiega con parole semplici perché non funziona tutto questo. Pitruzzella è straordinario perché fa tutte le carrellate comparatistiche, parla degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Spagna, di tutti i modelli e poi usa un'espressione secondo me impareggiabile: il legislatore italiano ha effettuato invece una scelta assolutamente peculiare. Questo è il linguaggio delle Autorità, certamente, ma peculiare significa che, rispetto a tutti i modelli, ne ha scelto un altro o forse non ne ha scelto nessuno.
  Argomenta tutto quello che è stato detto, che praticamente è impossibile, secondo Pitruzzella, applicare quella legge anche nei casi che possono essere più clamorosi. Alcuni casi, come il cosiddetto caso dei decoder, potrebbero essere di scuola. In una legge finanziaria, come si chiamava allora, del 2008 sono stanziati 10 milioni di euro per sovvenzionare le aziende che producono decoder. L'azienda Solari, controllata da un familiare dell'allora Presidente del Consiglio, naturalmente ottiene un certo tipo di vantaggio dal fatto che quei 10 milioni vadano a sovvenzionare le aziende.
  Allargando, però, le braccia, sostanzialmente l'Autorità per la concorrenza dice che non è possibile intervenire, che praticamente non c’è il vantaggio patrimoniale specifico e preferenziale e, anche dal punto di vista dell'intervento di interesse pubblico, siccome l'ha interpretato come equilibrio della concorrenza e quest'azienda aveva soltanto una percentuale ridotta del mercato, ha preso qualcosa, si è avvantaggiata, ma non potevano farci niente.
  Del 2010 è il caso del Presidente del Consiglio che ricopre ad interim l'incarico di ministro dello sviluppo economico – altroché se non un caso di scuola – con Pag. 19una serie di competenze che riguardano le imprese interessate. Anche in questo caso, l'Autorità per la concorrenza allarga le braccia e dice che da quell'assetto normativo si evince chiaramente che la legge Frattini concepiva l'istituto del conflitto d'interesse non come fenomeno in sé, quanto piuttosto nelle sue manifestazioni e conseguenze negative legate al verificarsi di un evento di danno. Non era, pertanto, consentito all'Autorità intervenire in via preventiva e via discorrendo.
  Pitruzzella continua a fare le relazioni. A differenza dell'AGCOM, che non le fa più, come almeno risulta dal dossier che ho letto attentamente, l'Autorità per la concorrenza le fa accuratamente: ma cosa controllano ? Controllano gli aspetti delle incompatibilità. C’è, infatti, una bella parte sui Ministeri Monti, Letta e Renzi, in cui si dice che tutto sommato le situazioni da quel punto di vista sono rispettate. Sono rispettate, però, per un aspetto che serve relativamente a poco. Pitruzzella spiega anche come si dovrebbe correggere la legge per fare una cosa decente, in linea con l'Europa.
  Se mi consente, presidente, vorrei fare un ultimo accenno, ma non posso entrare nel merito. Quello che, però, è veramente straordinario, in questo documento irreperibile sul sito dell'AGCOM, ma reperibile sul sito della Camera, praticamente è il sostegno privilegiato. È una cosa altrettanto elementare.
  In un articolo si dice che, quando le aziende collegate al Presidente del Consiglio lo aiutano in campagna elettorale, si configura un sostegno privilegiato. Sostanzialmente, Calabrò ci ha spiegato che, siccome prima di applicare le sanzioni devono diffidare, finisce la campagna elettorale, fanno la diffida e, terminata la campagna elettorale, non c’è più questo tipo di sostegno, quindi non si applica la sanzione. Questa relazione di Calabrò è molto onesta. Calabrò stava per lasciare l'incarico, quindi è venuto a raccontarci le cose in maniera molto completa. Ci dice come si fanno delle norme e come ci sono degli organismi – altro che tela di Penelope – preposti a non applicarle.
  I tre documenti sono: il documento di ASTRID, l'audizione di Pitruzzella e l'audizione di Calabrò. Posso aggiungere qualcosa, ma è poca roba.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO FRACCARO. Non volevo essere il primo in entrambe le occasioni.

  PRESIDENTE. Se vuole, rivolgerò per primo la domanda e poi lo farà lei.

  RICCARDO FRACCARO. Perfetto. Grazie.

  PRESIDENTE. Vorrei chiedere ai nostri esperti la compatibilità, con particolare riferimento alla proposta del collega Civati, che vedo presente tra i deputati, con l'ultima parte dell'articolo 51 della Costituzione. Dico una cosa assolutamente nota: secondo il 51, nell'ultima parte «chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro». Questa norma costituzionale ha una valenza evidente, chiara. Non si può «jazzare» su questo chiaro rapporto tra una funzione elettiva e la necessità che si mantenga tempo per l'adempimento e per la conservazione del posto di lavoro.
  Vi chiedo come questa norma possa essere compatibile anche con le cariche di Governo. Vorrei capire la differenza, se c’è, tra l'articolo 51 della Costituzione, sulle cariche elettive, e l'articolo 5 della proposta Civati in particolare, alla lettera b) del comma 1, e alla lettera c) del comma 6, e soprattutto se questo diritto ha una qualche influenza sul generale complesso dei rapporti tra cariche elettive e diritto di mantenere la propria attività professionale. Mi riferisco, ovviamente, a tutte quelle attività che, se non coltivate nel tempo, possono subire dei notevoli pregiudizi.Pag. 20
  Questo quesito si è posto già – lo ricorderà il professor Zaccaria – nella XVI legislatura sul famoso emendamento Di Pietro, con una discussione amplissima in Aula, che fu respinto, sulla scorta dell'articolo 51 della Costituzione, proprio perché si sosteneva che i parlamentari non potessero esercitare funzioni proprie. Ricordo male ?

  ROBERTO ZACCARIA, già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze. Io ho la sensazione, però, che l'articolo 51 della Costituzione si riferisca al proprio incarico, cioè a quello che si ricopriva prima...

  PRESIDENTE. Certo.

  ROBERTO ZACCARIA, già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze. Qui si parla, invece, di incarichi nuovi che si potrebbero...

  PRESIDENTE. Per la verità, non mi sembra. Il mandato parlamentare risulta incompatibile con qualunque impiego di lavoro pubblico e privato.

  ROBERTO ZACCARIA, già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze. Non con l'Ufficio che si ricopriva prima.

  PRESIDENTE. Credo che, invece, sia proprio esattamente come ritengo. In ogni caso, vorrei capire come questa norma, secondo me di fondamentale rilevanza nell'architettura della Costituzione, possa essere letta nell'ambito di questo provvedimento. Questa era la mia curiosità.

  RICCARDO FRACCARO. Vorrei chiedere agli auditi se ritengano sufficiente disciplinare il conflitto d'interessi o la sua definizione semplicemente sulla base del vantaggio patrimoniale che una situazione di conflitto d'interesse potrebbe determinare, o se non sia necessario, invece, considerare altre utilità che dalla situazione di incompatibilità o di conflitto potrebbero derivare.
  La definizione di conflitto d'interessi è basata esclusivamente sul concetto di vantaggio patrimoniale ? Non trovate che sia limitativa dell'obiettivo specifico che la legge dovrebbe porsi ? Va a escludere alcune cause palesi, come fenomeni di nomine legate ad amicizie, parentele e così via, che determinano utilità ulteriori, non immediatamente l'utilità patrimoniale economica che si verificherebbe.

  PRESIDENTE. Pregherei i nostri esperti, come si usa al termine dei dibattiti, di parlare per un minuto, con una risposta flash su queste questioni, in modo che possa dare volentieri la parola a tutti e cinque.

  ROBERTO ZACCARIA, già Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università di Firenze. Risponderò rapidamente. Sul suo quesito più o meno ho risposto. Non ho visto con attenzione le norme richiamate della proposta Civati, ma darei questa lettura abbastanza tranquilla, cioè che l'articolo 51 della Costituzione si riferisce alla garanzia della possibilità di riprendere il proprio posto, la propria attività, mentre non deve scaturire, dall'aver esercitato funzioni di Governo, un vantaggio per attività ulteriori. Mi pare che questo sia un principio generale, del resto abbastanza diffuso.
  Sostanzialmente, se volete fare una buona legge sul conflitto d'interesse, dovete cercare di circoscrivere questa nozione che, come è stato detto, è molto ampia. Certo, possono scaturire vantaggi di varia natura, ma già se si pone una norma con riferimento alla possibilità di non ricoprire incarichi per effetto del mandato governativo, mi pare che sia una misura abbastanza precisa.
  Forse non ho capito bene la sua domanda, onorevole Fraccaro, ma se si dilata troppo questa nozione di conflitto d'interesse, paradossalmente non si colpisce nel segno. Penso, quindi che anche la categoria di conflitto d'interesse pubblicistico e Pag. 21quello che c’è nel mondo privatistico delle imprese siano nozioni che vanno tenute distinte.

  ANDREA PERTICI, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Pisa. Anch'io partirei dalla seconda delle domande per dire che, effettivamente, questo coglie un punto più volte trattato, ma l'esigenza è quella di circoscrivere il conflitto d'interessi a quelle ipotesi più facilmente accertabili, tanto che anche la disciplina statunitense, alla quale queste proposte di legge in gran parte si rifanno, circoscrive agli interessi economici.
  È chiaro che possono esserci conflitti d'interessi intesi in senso più ampio: un parlamentare o un Presidente del Consiglio che abbia processi in corso può avere interesse a fare norme processuali che lo avvantaggino ? Certamente sì, ma questo non è il conflitto d'interesse in senso proprio. Ci saranno, eventualmente, altri strumenti per evitare questo.
  Per quanto riguarda il rilievo del presidente Sisto, a me pare che a questo possa rispondere il comma 2 dell'articolo 5 della proposta di legge Civati, alla quale faceva riferimento, in base al quale «i dipendenti pubblici o privati all'atto dell'assunzione del mandato parlamentare o della carica di Governo sono collocati in aspettativa o nell'analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza e senza pregiudizio della propria posizione professionale o di carriera». Mantengono, quindi, come la Costituzione prevede, la loro posizione.
  C’è un'incompatibilità rispetto all'esercizio di alcune funzioni, tra l'altro graduata, per i membri del Governo e per i parlamentari. Le incompatibilità più nette con l'esercizio anche dell'attività professionale sono limitate alla carica di Governo, come risulta al comma 3.
  Aggiungerei che il comma 6 della proposta di legge Civati fa riferimento, per quanto riguarda le incompatibilità cosiddette post-employment, molto importanti al fine di evitare meccanismi di revolving door, soltanto ai titolari di cariche di Governo, proprio perché mi pare che vi sia un'opportuna gradazione tra parlamentari e titolari di cariche di governo. In ogni caso, anche in questa ipotesi, fa salve le posizioni precedenti, ossia all'assunzione della carica di Governo.

  FRANCESCO SAVERIO MARINI, Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Sulla sua domanda, Presidente, sono d'accordo, nel senso che chiaramente questo, secondo me, vale non solo per i membri del Parlamento, ma anche per i membri del Governo, che ritengo rientrino nella categoria delle funzioni pubbliche elettive. Peraltro, alcune di queste sono anche norme già vigenti, che a mio avviso pongono dubbi di costituzionalità.
  Riguardo alla seconda domanda, in fondo ho già risposto prima e anche nel testo scritto. Ritengo, cioè, che sia coerente con il cambiamento d'impostazione. Se si esce fuori dalla logica dell'attuale legge Frattini e si cambia prospettiva, penso sia anche coerente uscire dall'interesse meramente patrimoniale ed estenderlo a tutti gli interessi privati. È ovvio che qualche difficoltà si pone anche in termini di accertamento e di funzionamento del conflitto d'interesse, ma mi sembra molto coerente con l'impostazione.

  DANIELE MAFFEIS, Professore ordinario di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano. Alla seconda domanda risponderei assolutamente sì: se l'interesse in conflitto che può incidere sull'esercizio della carica debba essere patrimoniale o possa essere extrapatrimoniale, direi che la risposta è assolutamente sì. Può essere extrapatrimoniale e questo, secondo me, è il dato di partenza della riflessione, che però non deve condurre ad adottare un pugno duro a 360 gradi nel caso di sussistenza di un interesse sia patrimoniale sia extra-patrimoniale. Il legislatore declama, tutti sono contenti, salvo poi chiudere la porta e ridere tutti, come succede.
  Non mi pare che la prima domanda del presidente fosse distante concettualmente Pag. 22da questa. Non sono strettamente un costituzionalista, ma se posso riassumerla, la domanda è: per accettare una carica di Governo, bisogna adottare una visione francescana, cioè probabilmente alienare il patrimonio e perdere lo studio professionale avviato ? Credo che questa sia una preoccupazione molto seria da tenere in considerazione, non perché San Francesco non sia un ottimo titolare di carica di Governo, ma perché sono rari i San Francesco.
  Credo che, adottata la visione che certamente tiene conto dell'interesse extrapatrimoniale, al di là dell'elenco d'incompatibilità, con un intervento severo su situazioni di conflitto d'interessi da accertare caso per caso, sia una normativa molto severa che potrebbe non essere applicata e potrebbe, a mio avviso, nettamente disincentivare l'esercizio di certe funzioni.

  GIUSEPPE COLAVITTI, Ricercatore di Diritto dell'economia presso l'Università de L'Aquila. Anch'io parto dall'osservazione dell'onorevole Fraccaro. Indubbiamente, l'osservazione sottolinea un problema nella definizione della nozione di conflitto d'interessi, che è una espressione problematica, tanto che i privatisti e i pubblicisti ne danno letture diverse. Non dobbiamo farci fuorviare, allora, dall'interpretazione letterale dell'espressione.
  A mio avviso, è importante recepire un'idea, una concezione di conflitto d'interessi relativamente ampia, tale cioè da identificare qualsiasi situazione soggettiva in grado di interferire sullo svolgimento imparziale delle funzioni. Condividendo l'idea, cioè, come anche gli altri colleghi hanno detto, che non si può limitare l'interesse patrimoniale, sposterei l'accento, per l'identificazione della fattispecie, non tanto sul profilo della tipologia dell'interesse privato coinvolto, ma sul vulnus al dovere d'imparzialità, quindi su tutto ciò che può concretamente produrre un effetto sullo svolgimento imparziale delle funzioni.
  In questo senso, mi riferisco alla nozione d'imparzialità elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza sia in senso soggettivo, come equidistanza dell'operatore rispetto agli interessi dedotti, sia in senso oggettivo, come forma del procedimento decisorio: imparzialità come dovere di contemperare tutti gli interessi coinvolti in modo ragionevole.
  Venendo all'osservazione del presidente, credo di condividerne il senso, tanto che mi permetto di esprimere qualche dubbio sull'opportunità d'includere, nell'area dei soggetti a cui è applicabile la disciplina del conflitto d'interessi, i parlamentari. Una parte della ragione è formale: la norma richiamata parla di funzioni elettive. Qui mi permetto di dissentire dal professor Marini. Secondo me, sono funzioni elettive quelle parlamentari, non quelle di Governo, che seguono a una nomina a cui poi segue un rapporto di fiducia, ma è un meccanismo diverso.
  Questo è un motivo in più per circoscrivere la portata applicativa nella disciplina ai titolari di cariche d Governo, che tra l'altro hanno un obbligo di fedeltà esclusiva alla Nazione che, in base all'articolo 98 della Costituzione, grava su tutti i funzionari pubblici. Loro sono, tra l'altro, funzionari che prestano giuramento nelle mani del Capo dello Stato.

  PRESIDENTE. Credo sia stata un'audizione proficua. Vi ringrazio anche per il dono della sintesi, che abbiamo molto apprezzato, certamente non a scapito dell'essenzialità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.