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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 18 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME, AI SENSI DELL'ARTICOLO 143, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO, DI TUTTI GLI ASPETTI RELATIVI AL FENOMENO DELLA DECRETAZIONE D'URGENZA

Audizione del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Boschi Maria Elena (PD)  ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Mucci Mara (Misto-AL)  ... 8 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 8 
Quaranta Stefano (SEL)  ... 9 
Bianchi Dorina (AP)  ... 10 
Fabbri Marilena (PD)  ... 11 
Fiano Emanuele (PD)  ... 11 
Piccione Teresa (PD)  ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Boschi Maria Elena (PD) , Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, di tutti gli aspetti relativi al fenomeno della decretazione d'urgenza, l'audizione del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti col Parlamento, Maria Elena Boschi.
  Ringrazio il ministro per la sua presenza e le do la parola.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie, presidente. Quest'audizione è un'occasione a mio avviso preziosa per fare insieme il punto della situazione e verificare in che modo il Governo, a poco più di un anno di distanza dal suo insediamento, ha operato dal punto di vista della produzione normativa, in particolar modo con riferimento e con attenzione specifica all'utilizzo dei decreti d'urgenza, ossia dei decreti-legge.
  Leggendo anche i resoconti delle audizioni che si sono tenute in Commissione su questo tema, è facile notare come l'attenzione al ricorso da parte dei vari Governi che si sono susseguiti nel tempo alla decretazione d'urgenza abbia sollevato, nel corso degli anni della storia repubblicana, dubbi rispetto al rischio di un eccessivo ricorso a questo strumento.
  Nel corso delle audizioni si è fatto riferimento a studi degli anni Settanta del professor Predieri. Alcuni sono risaliti addirittura allo Statuto Albertino, a prima ancora, quindi, della fase repubblicana.
  Lo stesso presidente, nella sua relazione, ha posto l'attenzione sul tema della decretazione d'urgenza citando il suo predecessore presidente di Commissione nel 1983, che segnalava come si dovessero porre dei rimedi per un uso corretto di uno strumento che la nostra Costituzione prevede e che è tipico della responsabilità politica del Governo nel suo utilizzo, non soltanto nella scelta iniziale di utilizzare il decreto-legge, ma anche nella fase successiva della conversione in Parlamento e, se vogliamo, fino all'ipotetico ed eventuale ricorso di fronte alla Corte costituzionale e finanche al giudizio dell'elettorato. Questo è per antonomasia il provvedimento che, dal punto di vista legislativo, pone in primo piano la responsabilità politica del Governo.
  Ecco perché questo è un tema che va affrontato, avendo riguardo alle responsabilità del singolo Governo che si trova in quel momento ad avere la responsabilità di governare il Paese, ma anche cercando di individuare la soluzione di carattere più sistematico di lungo periodo e di vedere, quindi, in quale modo il Governo attualmente Pag. 4in carica si è adoperato per cercare di trovare una soluzione di maggiore e più ampio respiro.
  Nel fare quest'analisi io mi muoverei su tre punti centrali. Da un lato, ripeto, ci sono le risposte di lungo periodo, su cui tornerò successivamente. Desidero, però sottolineare come il Governo, già con la presentazione, come uno dei primi atti dopo il suo insediamento, del disegno di legge di riforma costituzionale, abbia cercato di individuare una soluzione di sistema, sia circoscrivendo in modo più definito i limiti del decreto-legge, sia individuando uno strumento alternativo, che è la possibilità di chiedere che venga calendarizzato in Parlamento un provvedimento con votazione a data certa, fornendo anche uno strumento alternativo al Governo. Dall'altro lato, c’è una verifica puntuale sul rispetto, a Costituzione vigente, nell'attuale produzione normativa del Governo, dei limiti e dei presupposti che la nostra Costituzione pone per i decreti-legge. Dall'altro ancora, c’è un elemento, a mio avviso, altrettanto importante, ossia il rinvio che nei decreti legge si fa a decreti attuativi, vale a dire a norme di rango secondario, perché, come ha sottolineato anche la Corte costituzionale in una pronuncia del 2013, la n. 220, citata anche dal presidente, il rinvio a norme di rango secondario allontana il decreto-legge proprio dai presupposti per i quali nasce. Sfuma, infatti, il requisito dell'urgenza e della necessità nel momento in cui il Governo rimanda a un momento successivo l'individuazione di risposte efficaci a problemi che si ritiene che, invece, debbano essere risolti in tempi rapidi, motivo per cui si ricorre alla decretazione d'urgenza.
  Partirei, quindi, proprio da quest'ultimo profilo per cercare di fare un confronto tra l'attività di questo Governo e quella dei due Governi che l'hanno preceduto. Credo che una fotografia basata semplicemente su dati oggettivi possa aiutare a capire come il nostro Governo da questo punto di vista si sia impegnato profondamente per cercare di limitare il ricorso a decreti attuativi individuati nei decreti-legge e come abbia cercato di rispettare proprio i presupposti del decreto-legge stesso quando ha scelto di ricorrere a questo strumento.
  Da questo punto di vista probabilmente può essere anche utile un aggiornamento rispetto ad alcuni dati che sono stati forniti dallo stesso presidente nella sua relazione, ma che, trattandosi di un percorso che si è protratto nel tempo, risalgono ormai a un anno fa. Chiaramente, riguardavano l'attività dei Governi precedenti più che di quello attualmente in carica.
  Innanzitutto il nostro Governo il 22 febbraio 2014 si è trovato a verificare il pregresso dei decreti attuativi da adottare dei Governi precedenti, ovvero del Governo Monti e del Governo Letta. Erano 889 al 22 febbraio. Per fortuna, in questi dodici mesi si sono ridotti di oltre il 70 per cento. È stato fatto sicuramente un lavoro approfondito da parte dei vari ministeri per poter dare attuazione a questi decreti. Un dato ulteriormente riguardante è vedere come di questi 889 decreti da adottare 475 fossero recati in decreti-legge che rinviavano a norme di carattere secondario. Il 22 febbraio scorso 169 su 475 decreti da adottare, peraltro, erano già scaduti. Di questi 108 sono stati ad oggi adottati dal Governo Renzi.
  È sicuramente rilevante verificare, oltre che il dato pregresso, anche come il numero dei decreti attuativi previsti nei decreti-legge sia calato nella produzione normativa di questo Governo rispetto a quella dei Governi precedenti, facendo ovviamente riferimento a una pari durata di mandato, ossia ai primi dodici mesi di durata del Governo Monti, ai primi dodici mesi del Governo Renzi e ai primi dieci mesi del Governo Letta, essendo quest'ultimo Governo non arrivato alla durata di un anno.
  Per quanto riguarda questo periodo di riferimento, per esempio, vediamo che i decreti attuativi previsti da questo Governo sono 207 contro i 278 previsti dal Governo Letta e addirittura contro i 567 Pag. 5previsti nei decreti-legge del Governo Monti. Sicuramente è stato fatto uno sforzo per ridurre nei nostri decreti-legge il rinvio a norme di rango secondario. Ecco perché è anche notevolmente migliorata la percentuale dei decreti-legge del nostro Governo che non prevedono rinvii a decreti attuativi. Sono circa il 30 per cento del totale rispetto al 21 per cento del Governo Monti e al 18 per cento del Governo Letta. Anche da questo punto di vista si è cercato di porre maggior attenzione.
  Lo stesso deve dirsi per quanto riguarda la previsione di termini entro cui adottare le norme di rango secondario. Anche da questo punto di vista l'inserimento di termini in qualche modo stringenti, quantomeno dal punto di vista politico, per il Governo in carica è un ulteriore elemento che rafforza l'urgenza e la necessità nel momento in cui si decide di intervenire a livello legislativo.
  Per quanto riguarda il Governo Monti, i decreti attuativi da adottare con termini erano 273, contro i 300 senza alcun termine. Per il Governo Letta più o meno erano equivalenti quelli con termine, 157, contro i 155 che, invece, non prevedevano alcun termine di scadenza. Per il nostro Governo sono 115 quelli che prevedono dei termini prefissati, contro 92 che non prevedono alcun termine. Anche da questo punto di vista abbiamo cercato di migliorare la qualità della produzione normativa.
  Peraltro, bisogna rilevare, analizzando l'attività emendativa che viene svolta in Parlamento in sede di conversione dei decreti-legge, che molto spesso è il Parlamento che introduce decreti attuativi da adottare nella legge di conversione. Il numero dei decreti attuativi da adottare rispetto al testo iniziale presentato dal Governo solitamente aumenta del 40 per cento circa durante l'iter parlamentare.
  Desidero ricordare che, proprio per cercare di porre ordine e di svolgere un'attività di pulizia normativa nell'ambito del disegno di legge delega per la riforma della pubblica amministrazione che adesso è all'esame della I Commissione al Senato, il relatore ha presentato un emendamento che attribuisce al Governo la delega a poter intervenire per modificare o abrogare quelle leggi che rinviano a decreti attuativi superati da interventi normativi successivi, o che comunque non risultano più di attualità o semplicemente di condivisione politica per il Governo in carica che si è succeduto rispetto a quelli precedenti. Questo anche allo scopo di evitare continui rinvii normativi che rimangono inattuati.
  Per quanto riguarda, in generale, il ricorso ai decreti-legge, sicuramente è stato inferiore per questo Governo rispetto agli ultimi due Governi che l'hanno preceduto, sempre, ripeto, prendendo lo stesso periodo di riferimento, ossia dodici mesi e dieci mesi per il Governo Letta.
  Facendo una media dei decreti-legge che sono stati approvati in Consiglio dei ministri, ci rendiamo conto che la media del Governo Renzi è di 2,23 decreti-legge al mese, contro i 2,55 del Governo Letta e i 2,66 del Governo Monti. È dunque diminuito il ricorso all'utilizzo del decreto-legge ed è diminuito anche il numero dei commi contenuti all'interno del decreto-legge. È diminuita, quindi, anche l'ampiezza, ossia quanto è articolato, il decreto-legge.
  Citando sempre dei dati che magari possono essere noiosi, ma che offrono un elemento di valutazione e di confronto per vedere lo sforzo fatto nel cercare di consegnare al Parlamento un testo di decreto-legge più contenuto e più omogeneo anche nel suo oggetto, siamo passati dai 76,5 commi in media per i decreti-legge del Governo Monti ai 58,7 del Governo Letta, ai 55,3 dell'attuale Governo. Sicuramente c’è stata una riduzione rispetto all'ampiezza del decreto-legge stesso.
  Un altro dato molto importante e interessante, che aveva sottoposto all'attenzione della Commissione già il presidente nella sua relazione, è il rapporto tra il numero dei decreti-legge che viene presentato dal Governo e quello delle leggi che vengono approvate dal Parlamento, Pag. 6che esulano dalla conversione dei decreti-legge e attengono all'attività legislativa ordinaria. Il dato che ha presentato il presidente un anno fa, relativo ai dati al marzo 2014, era un rapporto di 60 a 40: il 60 per cento dell'attività parlamentare derivava dalla conversione di decreti-legge e il 40 per cento da quella di altre leggi approvate in Parlamento.
  In quest'ultimo anno la percentuale, per fortuna, si è invertita. Attualmente il 33 per cento dell'attività normativa del Parlamento deriva da conversioni di decreti-legge e il 67 per cento, invece, dall'attività parlamentare non attinente alla decretazione d'urgenza. Credo che anche questo dato, che ovviamente attiene al rapporto corretto tra Governo e Parlamento in merito alle rispettive prerogative, possa essere interessante rispetto all'impegno a mantenere il decreto-legge nel suo alveo naturale previsto dalla Costituzione.
  Peraltro, con riferimento specifico all'attività normativa del Governo, nel complesso dei provvedimenti – decreti-legge, disegni di legge e decreti legislativi approvati dal Consiglio dei ministri – i decreti-legge rappresentano soltanto il 21 per cento della produzione normativa del nostro Governo in questo primo anno di incarico. Rispetto al totale si tratta di una percentuale piuttosto contenuta.
  Il tema, chiaramente, non riguarda esclusivamente i numeri e, quindi, quanto il Governo faccia ricorso al decreto-legge, ma anche il rispetto dei requisiti che devono avere i decreti-legge. In particolar modo, per quanto riguarda l'omogeneità, per esempio, il nostro Governo ha, in alcuni casi, preferito presentare diversi testi normativi, anziché un unico decreto-legge, proprio per cercare di offrire al Parlamento un testo che rispettasse il criterio dell'omogeneità.
  Ecco perché, per esempio, l'iniziale decreto-legge semplificazione e crescita del giugno del 2014, che doveva riunire sia la semplificazione amministrativa, sia una serie di norme riguardanti più il Ministero dell'economia e il Ministero dello sviluppo economico, è stato separato in due distinti decreti-legge, il n. 90 del 2014 sulla pubblica amministrazione e il n. 91, cosiddetto decreto competitività, che ha riguardato, invece, altre materie.
  Lo stesso dicasi per il rapporto fra decreto-legge e altri strumenti normativi. Ecco perché rispetto anche alla congruità dello strumento scelto e alle finalità perseguite dal Governo si è scelto, in occasione della presentazione sia della riforma del mercato del lavoro, sia della riforma della pubblica amministrazione, di utilizzare due strumenti diversi. Per le norme che ritenevamo effettivamente urgenti e, quindi, di immediata applicazione abbiamo scelto il decreto-legge. Contemporaneamente, è stato presentato, invece, un disegno di legge delega per la riforma più organica, perché ritenevamo che non sussistessero quei requisiti strettamente previsti dalla Costituzione di urgenza e soprattutto perché, trattandosi di norme non immediatamente efficaci, il Parlamento poteva avere più tempo a disposizione per l'esame, l'approfondimento e le eventuali modifiche.
  Anche in occasione del progetto di riforma della scuola il Governo ha scelto di presentare un disegno di legge e non un decreto-legge da sottoporre all'esame del Parlamento, cercando anche di rispettare il criterio della congruità.
  Peraltro, sappiamo che il problema dell'omogeneità non attiene soltanto alla fase genetica del lavoro del Governo, ma riguarda anche l'attività emendativa del Parlamento. Da questo punto di vista non possiamo non ricordare anche l'invito che il Presidente Napolitano rivolse alle Camere circa un attento vaglio dell'ammissibilità degli emendamenti.
  In merito sicuramente, da un lato, c’è un impegno anche della Giunta per il Regolamento di Camera e Senato innanzitutto per cercare di uniformare i criteri di ammissibilità nei due rami del Parlamento, perché non sempre coincidono. Dall'altro lato, in relazione al progetto di riforma del Regolamento della Camera, che è all'esame della Giunta per il Regolamento, mi risulta che è allo studio anche Pag. 7l'inserimento di criteri più stringenti per il vaglio di ammissibilità degli emendamenti proprio per ricondurre a omogeneità anche in sede parlamentare il decreto-legge.
  Peraltro, le risposte che vengono fornite attraverso gli interventi normativi di rango regolamentare hanno trovato nel disegno di legge costituzionale presentato dal Governo altre risposte più di carattere sistematico, come accennavo all'inizio, innanzitutto prevedendo limiti più stringenti per il decreto-legge già nella proposta del Governo, che ha poi subìto alcune modifiche nei passaggi parlamentari sia al Senato, sia alla Camera, anche qui in Commissione, comunque rimanendo nella dimensione di escludere alcune materie espressamente dalla possibilità di essere oggetto di decreto-legge.
  In particolare, abbiamo discusso a lungo della legge elettorale, recependo gli orientamenti della Corte costituzionale e, quindi, ammettendo il decreto-legge soltanto per il procedimento elettorale e non per il nucleo costituito dalla formula elettorale e dal meccanismo di funzionamento della legge elettorale.
  Abbiamo anche recepito in Costituzione i criteri di specificità, omogeneità e corrispondenza al titolo. Già esistono a livello di legge ordinaria e anche nell'interpretazione della Corte costituzionale, ma noi li abbiamo recepiti all'interno del dettato costituzionale con riguardo non soltanto all'attività del Governo, ma anche all'attività del Parlamento in sede di conversione. Abbiamo riconosciuto, peraltro, anche al Presidente della Repubblica, nella sua funzione di co-legislazione – non saprei bene come definirla – la possibilità, in caso di rinvio alle Camere del decreto-legge, di un'estensione dei tempi previsti per la conversione, proprio per garantire ulteriormente questa forma di garanzia e di controllo.
  Parimenti abbiamo inserito un nuovo strumento per il voto a data certa che consenta al Governo, sui disegni di legge che ritiene essenziali ai fini della realizzazione del proprio programma di governo, di ottenere dal Parlamento un voto entro 70 giorni, prorogabili in casi particolari. Sarà poi il Regolamento della Camera a disciplinare in modo più puntuale sia il requisito dell'omogeneità, sia i termini e i limiti di questo strumento.
  Si tratta di uno strumento, a mio avviso prezioso, anche nell'ottica della riduzione del ricorso ai decreti-legge, proprio perché strumento alternativo. Ho letto che anche in sede di audizione sia il professor Caravita di Toritto, sia il professor Marini e altri si sono pronunciati positivamente rispetto all'introduzione di questo strumento, che era già stato suggerito e proposto sia dalla Commissione voluta dal Presidente Napolitano, sia dalla Commissione di esperti che era stata nominata dal Governo Letta ed è stato recepito nella nostra proposta di modifica costituzionale.
  Si tratta, comunque, di uno strumento diverso rispetto al voto bloccato previsto nel sistema francese. Chi equipara i due strumenti, secondo me, non è del tutto corretto in questa analogia. Noi sappiamo che nel nostro sistema, innanzitutto, il Governo non può chiedere di votare in qualsiasi momento. C’è la possibilità di effettuare modifiche da parte del Parlamento e soprattutto c’è un voto articolo per articolo, non c’è un voto in blocco del provvedimento del tipo prendere o lasciare, come avviene, invece, nel sistema francese.
  Per questo motivo io ritengo che, unitamente anche al fatto che, a differenza del decreto-legge, non si tratta di norme immediatamente efficaci, ma di norme prima sottoposte all'esame del Parlamento per eventuali modifiche da parte del Parlamento stesso, questo possa essere uno strumento prezioso alternativo al decreto-legge.
  Ho cercato di essere breve, ma mi scuso se non ci sono riuscita più di tanto. Questa è una prima analisi del lavoro che è stato compiuto in questo anno e dell'impegno del Governo a cercare di utilizzare il decreto-legge soltanto nel rispetto dei vincoli posti dalla Costituzione.

  PRESIDENTE. Grazie, ministro.Pag. 8
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARA MUCCI. Grazie, ministro, per il suo intervento, anche perché ci ha portato alcuni termini di paragone tra questo Governo e quelli precedenti. Per capire la situazione e averne contezza, avere dei termini di paragone è sempre importante.
  A mio avviso, se posso farle alcuni appunti, andrebbe migliorata maggiormente la parte relativa ai termini che voi inserite di scadenza dei vari decreti attuativi di cui necessita un decreto per vedere effettivamente la luce. C’è ancora un rapporto di 115 a 92, più o meno al 50 per cento. Penso sia importante limare ancora di più questo rapporto, perché porre un termine significa anche dare un significato effettivamente di un arco temporale in cui voi volete ottenere un determinato risultato.
  Lei ha portato alla luce anche un altro rapporto interessante, quello tra i decreti-legge e il numero di leggi approvate dal Parlamento. Lo scorso anno io feci per conto mio un'analisi per capire effettivamente lo stato del rapporto fra le leggi che vara il Parlamento e quelle di origine governativa. In questo rapporto sono comprese anche le ratifiche e le norme comunitarie. Secondo me, per avere veramente contezza delle norme di origine parlamentare andrebbe stralciato tutto ciò che è esterno. Questo per avere proprio contezza reale di quello che arriva dalle iniziative dei singoli parlamentari. Per me, infatti, questo è il dato più importante.
  Al di là di dei compiti che abbiamo rispetto all'Europa e anche alle ratifiche di trattati internazionali, che chiaramente sono da esaminare, io per opera parlamentare considero quella che proviene da un'attività parlamentare che si effettua sia a livello di territorio, sia a livello di collaborazione con i vari interessi che ci sono nella collettività per portare avanti temi di cui necessita il Paese.
  Lei anche ha detto, giustamente, che serve un impegno da parte nostra in fase emendativa sui decreti. Anch'io ho notato che spesso si fanno centinaia e centinaia di emendamenti che molte volte esulano dal contesto del decreto-legge. Tuttavia, lei deve anche capire noi, perché questo è spesso e volentieri l'unico mezzo che abbiamo per portare avanti le nostre istanze, che creiamo a latere nella nostra attività parlamentare. Il veicolo del decreto-legge ci è necessario per poter inserire proprio il nostro lavoro e per poterlo vedere realizzato.
  Lei ha parlato anche del voto a data certa dei disegni di legge governativi che sono stati inseriti nel progetto di riforma costituzionale. Questo, da una parte, vi consente di non abusare dello strumento del decreto-legge, anche perché ha dei limiti. Dall'altra parte, però, a mio avviso – mi dirà poi se sto dicendo qualcosa di scorretto dato che, essendo io in Commissione affari costituzionali da poco, ho potuto analizzare il disegno di legge del Governo in fase finale – sarebbe stato necessario anche porre un rapporto minimo di percentuale tra il lavoro di origine governativa, che può consistere anche in un disegno di legge governativo, e l'apporto del Parlamento e del parlamentare stesso, che può vedere comunque realizzati dei propri progetti di legge. È chiaro che non sarà uguale per tutti, perché siamo 630, più i senatori. Difficilmente ognuno di noi potrà vedere incardinata la propria proposta di legge. Secondo me, però, il rapporto fra i progetti di origine governativa e quelle di origine parlamentare va ancora migliorato.

  ANDREA CECCONI. Ringrazio il ministro per la sua presenza a quest'audizione. Più che una domanda, io avrei una richiesta, anche se so già che non verrà mai accettata da questo, come non lo è stata da tutti gli altri precedenti Governi.
  La sua esposizione di numeri, che ovviamente sono inopinabili, perché i numeri ci offrono una realtà, è, francamente, poco rincuorante. Dire che questo Governo ha soltanto 200 decreti attuativi all'interno dei decreti-legge che ha emanato e che il Pag. 9precedente ne aveva 270 comunque non risolve il problema. Avere dei decreti attuativi all'interno del decreto-legge è un errore che non si deve commettere, perché decade immediatamente la questione dell'urgenza del decreto.
  Se io ho un decreto attuativo che addirittura anche senza scadenza posso emanare quando voglio, è evidente che il decreto-legge perde completamente la sua urgenza. Questo ogni cittadino lo può notare. Basta andarsi a vedere i decreti-legge di venti o trent'anni fa varati da questo Parlamento: la differenza con i decreti-legge che arrivano oggi in Parlamento è abissale. Si parlava di decreti-legge di una pagina, di due o tre articoli, che puntavano proprio su un'emergenza. Sessanta giorni, per un piccolo decreto, erano sufficienti al Parlamento per analizzarlo, discuterlo, modificarlo e approvarlo con un percorso parlamentare adeguato.
  Portare il dato per cui il rapporto fra leggi normali approvate dal Parlamento e decreti-legge si è invertito non è la rappresentazione della realtà oggettiva. Tutti siamo qui in Parlamento e sappiamo che la maggior parte dei progetti di legge che approviamo sono ratifiche internazionali o piccoli progetti di legge di pochi articoli rispetto a decreti che sono delle montagne al confronto. Tre articoli di una proposta di legge a confronto con un decreto-legge di 50-70 articoli fanno una bella differenza.
  Quello che voglio evidenziare, però, dopo due anni da quando sono deputato – credo che questo lo notino tutti, però, anche se sono al loro primo incarico – è che ci si rende conto che il lavoro parlamentare in Commissione sulle proposte di legge permette di fare un'attività normativa valida per il Paese, in cui alcune proposte di legge vengono accantonate perché non condivise politicamente dalla maggioranza, ma anche dall'opposizione, e alcune proposte di legge vengono costruite, cambiate e modificate nel tempo affinché si abbia un'attività normativa e delle leggi efficaci per i nostri cittadini.
  Questa situazione coi decreti-legge non si verifica mai e non si verificherà mai, neanche con la vostra modifica costituzionale delle leggi a data certa, perché settanta giorni su due rami del Parlamento – questo sarà spostato a un ramo solo eventualmente, con la vostra modifica costituzionale – sono troppo pochi. Noi lo vediamo e lo vedono i cittadini, perché spesso decreti-legge approvati vengono modificati da un successivo decreto-legge. In questa legislatura noi abbiamo affrontato il problema dell'ILVA cinque volte. Evidentemente un problema ce lo dobbiamo porre.
  Vengo alla richiesta. Non è assolutamente intenzione del Movimento 5 Stelle dire che il Governo non debba fare attività normativa. Se c’è un'urgenza, vara il decreto-legge. Può varare tutti i disegni di legge che vuole, fossero anche uno al giorno. La verità, però, è che il Parlamento si deve riappropriare della possibilità di poter lavorare seriamente sulle leggi. Il Governo questo ce lo deve. Se ci costringe a lavorare su due decreti-legge e mezzo al mese – questi sono i numeri che lei ci ha portato – significa che il Parlamento lavora solo su quello e non ha tempo per affrontare l'attività normativa normale e portare le istanze dei cittadini, perché il parlamentare, che è sul territorio, prende le istanze del territorio per portarle in Parlamento per fare nel miglior modo possibile le leggi che i cittadini ci chiedono.

  STEFANO QUARANTA. Anch'io vorrei ringraziare il ministro, perché ci ha fornito dei dati e ci ha tracciato un quadro della situazione. Tuttavia, la mia riflessione non voleva essere tanto sull'attività di questo Governo, quanto, più in generale, sullo strumento, per avere uno scambio di opinioni.
  Io ho condiviso l'impostazione che è stata data e, in particolare, la riflessione sui provvedimenti attuativi previsti dai decreti-legge. Anche sulla base di questa inedita sintonia che ho trovato nel confronto di oggi mi permetto di fare alcune Pag. 10osservazioni per capire il suo punto di vista.
  In tema di necessità e urgenza, in particolare rispetto al ruolo del controllo di legittimità svolto dal Parlamento, in sede parlamentare noi abbiamo oggi strumenti diversi fra Camera e Senato. Alla Camera ci sono la questione pregiudiziale, il parere del Comitato per la legislazione e poi, ovviamente, l'obbligo per il Governo di motivare l'utilizzo del decreto. Al Senato, invece, la centralità attiene, più che altro, alla Commissione affari costituzionali. Occorre, quindi, una riflessione su questi due strumenti e su queste modalità diverse delle due Camere.
  Un secondo ragionamento riguarda, invece, il fatto che, come si ricordava anche poco fa, su una serie di materie ci sono stati interventi successivi per decreto. Penso, per esempio, al tema dell'Expo di Milano. Occorre una riflessione sul fatto che su una stessa materia, sullo stesso tema, si possa sempre intervenire per decreti successivi e su che tipo di limiti siano ipotizzabili in questi casi.
  Infine, l'ultima questione riguarda l'omogeneità, riferita però al ruolo che svolge il Presidente della Repubblica. Spesso noi sappiamo che arrivano leggi di conversione che sono prossime alla scadenza e che sono state ampiamente modificate. Da questo punto di vista spesso al Presidente della Repubblica non è consentito un controllo realmente approfondito sulla necessità e urgenza e nemmeno sulla correttezza delle coperture.
  Legato a questo aspetto c’è stato anche un ragionamento che riguardava il rinvio parziale da parte del Presidente della Repubblica. In merito, naturalmente, ci sono opinioni differenti, perché c’è chi ha visto in questo un potere creativo e legislativo del Presidente della Repubblica e chi ci ha visto, invece, una risposta a questo problema. Su questo direi che occorra un'altra riflessione.
  L'ultimissima questione è sul voto a data certa. Nessuno di noi penso contesti l'utilizzo di questo strumento. I problemi, secondo me, rimangono i suoi limiti di utilizzo. Per esempio, il fatto che non sia previsto il numero di volte in cui il Governo può utilizzare questo strumento è, secondo me, un problema serio, che andrebbe affrontato.

  DORINA BIANCHI. Vorrei ringraziare il ministro per essere stata puntuale e per aver riferito anche dei numeri che noi, come gruppo del Nuovo Centrodestra, abbiamo sempre sollecitato anche durante l'esame delle riforme costituzionali.
  Noi siamo soddisfatti di aver appreso che il 67 per cento delle leggi che abbiamo portato avanti in questo anno siano di iniziativa parlamentare, ferma restando l'attuale realtà italiana.
  Come abbiamo più volte detto anche durante le lunghe sedute di Commissione sulle riforme costituzionali, al contrario di quello che dicono i nostri colleghi, noi siamo convinti che il Governo debba avere un meccanismo che gli permetta di perseguire una strategia più efficace per mettere in pratica il proprio programma. Bisogna individuare uno strumento diverso dalla decretazione d'urgenza – su questo siamo perfettamente d'accordo – che sia un disegno di legge ordinario, ma che abbia una data certa e, quindi, una votazione sicura.
  Tra l'altro, noi chiediamo anche ai colleghi di altri gruppi parlamentari di informarsi e di fare un confronto con quello che accade nelle altre democrazie parlamentari europee, dove oggettivamente l'attività legislativa del Governo è molto più forte rispetto a quella parlamentare. Se voi guardate bene, vedete che anche in Inghilterra, che è sicuramente un'importante democrazia parlamentare europea, ci sono stati anni in cui veramente si è sfiorato quasi il 100 per cento dell'attività legislativa che partiva dal programma del Governo e da progetti di legge di iniziativa governativa.
  Vorrei porre soltanto una domanda sulla media dei tempi in cui le leggi parlamentari di iniziativa parlamentare vengono approvate in Parlamento.

Pag. 11

  MARILENA FABBRI. Mi scuso con la Ministra Boschi per il ritardo. Approfitto dell'occasione, come componente del Comitato per la legislazione, per fare alcune considerazioni.
  Io ritengo personalmente positiva, qualora la riforma vada a buon fine costituzionale, la previsione dell'istituto del disegno di legge governativo a data certa, perché può ottemperare alle necessità di legiferare in tempi brevi senza produrre immediati effetti nell'ordinamento e, quindi, offrire la possibilità di fare una maggiore ponderazione rispetto al testo proposto dal Governo, che può essere implementato e arricchito dalla discussione parlamentare.
  Sicuramente condivido anche le considerazioni che facevano i colleghi. La possibilità per i parlamentari di avere più spazio temporale all'interno del lavoro del Parlamento per introdurre proposte di legge d'iniziativa parlamentare sarebbe sicuramente auspicabile, così come potrebbe essere un buon utilizzo quello del disegno di legge governativo, magari su temi che rispondono di più agli interessi del Governo, in un percorso accelerato, ma più parlamentare.
  La considerazione che volevo fare è, invece, più sulla tecnica legislativa. È vero che il decreto d'urgenza interviene principalmente per motivi straordinari e d'urgenza, ma abbiamo verificato proprio una scarsa attenzione alla qualità del provvedimento in determinate circostanze, probabilmente determinata anche dal fatto che sullo stesso provvedimento lavorano più ministeri, più soggetti. Molto spesso, quindi, si è verificato che, pur essendoci un'omogeneità della materia, le competenze sono plurali, ragion per cui non c’è sempre un coordinamento corretto anche nella costruzione del provvedimento.
  Allo stesso modo, rilevo l'assenza delle relazioni tecniche di corredo previste dalla normativa e il fatto di non inserire correttamente la novellazione della normativa e di introdurre norme ex novo senza collegarsi alla normativa esistente e senza chiarire se essa vada a integrare o a sostituire totalmente o parzialmente la normativa esistente medesima.
  Molto spesso effettivamente c’è nei decreti-legge una scarsa attenzione proprio alla qualità legislativa. Penso al non riferirsi alla normativa esistente, andando a introdurre nuove norme all'interno dei decreti senza magari avere l'attenzione necessaria per novellare della normativa già esistente e, quindi, anche per mantenere in maniera compatta la legislazione per materia.
  Di esempi ce ne sarebbero diversi. Io credo, però, che, pur essendo in questa fase, che probabilmente determina una particolare attività di iniziativa legislativa da parte del Governo, una maggiore attenzione proprio nella tecnica legislativa e nella formazione dei provvedimenti, oltre che un'effettiva presenza di urgenza e necessità nella proposta dei tempi, sia necessaria.

  EMANUELE FIANO. Voglio ringraziare il Ministro Boschi per la relazione che qui ha reso, perché questa relazione offre, io credo, l'idea di un lavoro complesso che il Governo ha fatto in quest'anno, relativo, per l'aspetto che riguarda l'attuazione di cui ha parlato il ministro, non solo al lavoro di attuazione di ciò che era previsto nei decreti di questo Governo, ma anche a un lavoro doppio fatto per completare o per integrare l'attuazione del lavoro svolto dai due precedenti Governi e per implementare quello avviato dal Governo Renzi nel corso dell'ultimo anno.
  È, secondo me, molto soddisfacente, e comunque dà nota di un andamento positivo la percentuale di leggi di conversione che abbiamo attuato in questo Parlamento. Ho sentito che anche altri colleghi hanno espresso una valutazione positiva sulle questioni di cui abbiamo parlato. Penso che non sfugga a nessuno che noi abbiamo avuto una stagione di fortissima proposta al Parlamento di riforme complesse, portate avanti non con lo strumento della decretazione d'urgenza, e contemporaneamente di molti passi del Governo Pag. 12portati in Parlamento con la decretazione d'urgenza. C’è stato, quindi, un percorso di sinergia tra l'utilizzo dei vari strumenti legislativi a disposizione.
  Condivido la nota che non solo il Ministro, ma anche altri colleghi hanno espresso circa la scelta che abbiamo messo nel testo costituzionale del voto a data certa. Io penso che sarà uno strumento utile e alternativo all'eventuale uso troppo frequente della decretazione d'urgenza.
  Io penso, peraltro, che altri passi verranno se attueremo finalmente la riforma del Regolamento della Camera. Penso che sarebbe difficile immaginare un lavoro tanto intenso e complesso come quello che noi abbiamo fatto in questa legislatura, se non potessimo disporre dell'insieme degli strumenti che ci sono forniti e di quelli nuovi che ci fornirà la riforma della Costituzione.
  Penso anche – ovviamente, questa è una valutazione politica – che una serie di risultati che stanno arrivando e che migliorano, anche se ancora in maniera tenue, qualche prospettiva che questo Paese ha in diversi campi per l'avvio di quest'anno e per i futuri dipenda anche dal fatto che si debba sempre attuare una regia sapiente dell'uso dei diversi strumenti legislativi.
  Non c’è dubbio che, in alcuni casi, la strumentazione che permette percorsi più rapidi, pur nella costante necessità di salvaguardare lo spazio parlamentare della discussione, sia utile. Credo che non sfugga a nessuno che il fatto che questa Commissione per prima e l'Aula poi abbiano sancito di mantenere tutto nel percorso parlamentare, non attuando la richiesta, che pure era del Governo, del voto bloccato, significhi che noi abbiamo a cuore sia lo spazio parlamentare, sia l'efficienza degli strumenti legislativi che sono a disposizione della proposta del Governo.

  TERESA PICCIONE. Faccio una prima considerazione di tipo politico. Io credo che il ricorso alla decretazione d'urgenza di questo Governo e di quelli che l'hanno preceduto, sia quello di Letta, sia quello di Monti, si inserisca in un contesto di difficoltà del Paese. Secondo me, giustamente l'utilizzo di uno strumento che potrebbe essere di fatto eccezionale viene giustificato dall'urgenza degli stessi provvedimenti da adottare per rispondere a una situazione di crisi.
  Io considero utile la scelta della decretazione anche da parte dell'attuale Governo, per quanto sia una fautrice della pratica parlamentare, dato che c'era bisogno di mettere a fuoco determinati obiettivi. In questo senso la decretazione d'urgenza ci è venuta incontro.
  Credo, comunque, che nella dinamica del rapporto Governo-Parlamento si possa immaginare che, nel prosieguo della legislatura, se l'assetto si manterrà stabile e politicamente solido, si potrà immaginare uno spazio maggiore nell'affrontare anche da parte del Governo, con la presentazione di disegni di legge, una serie di altre materie che, a primo acchito – condivido questo – sono state affrontate giustamente in via d'urgenza.
  Anch'io ho apprezzato molto l'introduzione del voto a data certa in Costituzione, soprattutto grazie alla disponibilità del Governo, che ha accettato le proposte che lo riconducevano all'esame parlamentare delle Commissioni e della sede referente. Credo che questo sia, come rilevato da tutti, uno strumento che sarà di grande utilità per limitare la decretazione d'urgenza e, come diceva la Ministra, per non creare quei vincoli giuridici che il decreto-legge comporta immediatamente. Esso riduce, naturalmente, lo spazio del cambiamento, anche involontariamente, perché è chiaro che poi cambiarlo in questi sessanta giorni diventa molto impegnativo.
  Io credo che il nostro sia un rapporto proficuo e utile alla crescita del Paese e che l'uso di entrambi gli strumenti sarà utile, quando avremo modo di realizzare il cambiamento costituzionale, ma anche adesso.
  Io ho apprezzato, per esempio, che sulla scuola si scegliesse la via del disegno di legge, senza per questo precludersi la necessità eventuale di agire con lo strumento Pag. 13del decreto, perché penso ci sia bisogno di un momento di attenzione e di riflessione maggiore, dato che il tema riguarda le risorse umane, ma investe anche il settore ordinamentale e quello organizzativo della scuola. Si tratta di una grande riforma.
  Da questo punto di vista io credo che il nostro lavoro possa essere sicuramente un buonissimo inizio, anzi una prosecuzione di un rapporto che fa bene al Parlamento, al Governo e all'Italia.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di interventi, mi permetto di fare soltanto un'osservazione, prima di dare la parola al Ministro per la sua replica.
  Il tema della decretazione d'urgenza diventa ancor più delicato proprio per l'introduzione del voto a data certa. Se nella riforma costituzionale abbiamo introdotto questo strumento fluidificante dei percorsi legislativi, di cui non bisogna ovviamente abusare, probabilmente una riflessione su questo punto va fatta.
  Noi abbiamo cercato di fare quello che si poteva fare. I decreti-legge devono diventare uno strumento ancora più cauto da scegliere, perché il rischio che si corre – ce lo siamo detto tante volte, anche nel corso dei bei lavori d'esame della riforma costituzionale – è che il Governo, l'Esecutivo, prenda le redini della democrazia parlamentare. Questo è un problema di cui dobbiamo farci carico.
  È vero, c’è una necessità di leggi più rapide, più efficaci, più pronte, ma non dimentichiamo che l'impianto della nostra democrazia deve vedere sempre e necessariamente il Parlamento al centro del dibattito. La contemporanea presenza del voto a data certa e della decretazione d'urgenza, a mio avviso, per come è stata impostata la riforma costituzionale, credo veda il voto a data certa in qualche maniera privilegiato. Esso garantisce, infatti, un percorso parlamentare, sia pure in tempi più ristretti, più vero – passatemi questo termine improprio, ma ci siamo capiti – con la necessità di relegare, nel senso migliore del termine, i decreti-legge in uno spazio davvero tassativo dal punto di vista dei presupposti. Occorreranno a tal fine la buona volontà dei Governi, la grande e alta sorveglianza del Presidente della Repubblica e soprattutto il buonsenso, che deve consentire al Parlamento di mantenere le sue prerogative.
  Io non sono appassionato di numeri. Ci ha già detto il Ministro chi ha usato di più il decreto-legge e chi meno. Questo non è neanche tanto un problema di numeri, Ministro. Io credo che il problema sia di che tipo di provvedimenti sono stati «fatti passare» nelle forme della decretazione d'urgenza. Io posso farne venti buoni o posso farne tre, ma magari si tratta di tre provvedimenti che non avevano neanche una lontana somiglianza con i presupposti dell'articolo 77 della Costituzione.
  Io credo, quindi, che ci siano i presupposti per una maggiore severità nel ricorso a questo tipo di procedura, di cui – parliamoci chiaro, questo è il mio parere – si è abusato, negli ultimi anni, scambiandolo come un modo più veloce di raggiungere gli obiettivi, anziché come uno strumento eccezionale per non seguire il percorso ordinario.
  Occorre la buona volontà di tutti. A me sembra che, se questa indagine conoscitiva ha un'utilità, sia proprio quella di aver messo a fuoco talune caratteristiche che, invece, a mio avviso, senza uno sforzo di approfondimento, correvano il rischio di essere date per scontate o, peggio, di essere ignorate.
  Do la parola al Ministro Boschi per la replica.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie. Cercherò di essere breve nella replica, perché l'orario fa diminuire fisiologicamente il numero dei membri della Commissione presenti. Mi dispiace che anche alcuni che hanno posto le domande non ci siano. Comunque, resterà tutto agli atti e, quindi, eventualmente potranno leggere le risposte fornite.
  Comincerei dalla fine, cioè dalle riflessioni a cui ci conducevano il presidente, Pag. 14ma anche gli ultimi interventi degli onorevoli Piccione, Fiano e Fabbri rispetto al ricorso al decreto-legge come scelta del Governo.
  Ribadisco che noi sappiamo benissimo che, nel momento in cui il Governo fa questa scelta, pone tutta la responsabilità che l'individuazione dello strumento della decretazione d'urgenza richiede anche rispetto ai vincoli e ai criteri che la Costituzione impone. Sappiamo anche perfettamente che un ulteriore vaglio in merito al rispetto di questi vincoli che la Costituzione ci impone viene effettuato dal Presidente della Repubblica già nella fase in cui decide di firmare o meno il decreto-legge.
  Il nostro ordinamento, quindi, prevede che non sia soltanto il Governo ad assumersi questa responsabilità, ma che ci sia anche un'assunzione di responsabilità da parte di un organo distinto e terzo, di garanzia. È capitato, purtroppo, lo sappiamo, che in alcuni casi, peraltro molto limitati, la Corte costituzionale sia poi tornata su queste scelte e abbia rivisto la legittimità del ricorso al decreto-legge. Devo dire, però, che si è trattato effettivamente di episodi sporadici.
  Sicuramente il Governo deve porre particolare attenzione a questa scelta e lo deve fare tenendo conto anche delle condizioni economiche, sociali e politiche che sussistono in alcuni specifici momenti e che richiedono di intervenire in maniera più rapida, più efficace, o di periodi di maggiore stabilità nell'attività del Governo e, quindi, di continuità dell'operato e di capacità di programmazione anche nei mesi e negli anni successivi, che consentono la scelta di strumenti differenti.
  Questo, ovviamente, riguarda anche, per esempio, la richiesta che è stata posta da alcuni deputati legata al fatto che più volte si torni su uno stesso argomento utilizzando il decreto-legge. Venivano citati i casi di ILVA, Expo o altri. In alcuni casi, a mio avviso, questo dipende anche da un problema che stiamo cercando di superare attraverso la riforma costituzionale e la riforma della legge elettorale, che è quello di favorire condizioni di maggiore stabilità ai Governi in carica. Talvolta si interviene più volte a stretto giro perché cambiano i Governi nel frattempo e, quindi, magari cambiano le scelte, le sensibilità politiche e le condizioni.
  Oltre a questo, talvolta è proprio l'argomento in sé che lo richiede. Io credo che, da questo punto di vista, sia il caso dell'ILVA, sia il caso di Expo siano abbastanza esemplificativi. Tali argomenti possono portare, anche a distanza di pochi mesi, all'emergere di nuove necessità e, quindi, all'urgenza di intervenire per salvaguardare magari posti di lavoro o per garantire che possa andare a compimento il cantiere, nel caso di Expo.
  Chiaramente, c’è una responsabilità politica del Governo rispetto alla capacità di programmare la propria attività. Da questo punto di vista si può sempre migliorare, ovviamente. Noi facciamo anche autocritica, come Governo. Talvolta, però, è vero che emergono, soprattutto rispetto a realtà aziendali, delle esigenze nel tempo che non erano preventivabili.
  Al di là dell'assunzione di responsabilità del Governo e al di là, ovviamente, anche di un vaglio da parte del Presidente della Repubblica, c’è sicuramente nel progetto di riforma costituzionale – lo ricordavo prima – il tentativo di individuare dei limiti più puntuali ai decreti-legge, proprio per cercare di superare anche il rischio che essi siano utilizzati in modo improprio e spesso anche con contenuti eterogenei.
  C’è poi anche una valutazione in Parlamento rispetto alla legittimità costituzionale di provvedimenti che vengono posti e presentati dal Governo, che anche in Senato comunque possono avere un passaggio relativo a tutta l'Assemblea e, quindi, non soltanto qui alla Camera.
  Io credo che, a onor del vero – veniva posto dall'onorevole Quaranta il tema delle coperture dei decreti-legge – anche le Commissioni bilancio di Camera e Senato obiettivamente facciano un lavoro molto accurato e rigoroso anche rispetto alle coperture. Difficilmente il Presidente Pag. 15della Repubblica si trova in situazioni di difficoltà rispetto al tema delle coperture, perché, oltre alla valutazione del Governo, chiaramente severa, le Commissioni bilancio svolgono un lavoro molto attento e oggettivo, almeno rispetto all'esperienza che io ho potuto maturare in quest'anno, sia alla Camera, sia al Senato.
  Rispetto al tema, fermo restando che, ovviamente, il Presidente della Repubblica ha la possibilità, se ha dei dubbi, di rinviare il disegno di legge alle Camere; proprio per questo nella riforma costituzionale abbiamo previsto anche la possibilità di estendere il periodo della conversione in legge del decreto, ossia proprio per consentire al Presidente della Repubblica di esercitare in modo meno vincolato dai tempi e, quindi, dall'eventuale decadenza degli effetti del decreto-legge questa sua prerogativa.
  Anche per quanto riguarda la fase emendativa della conversione dei decreti in ambito parlamentare sicuramente si può fare ancora di più. Per questo motivo la Giunta del Regolamento, in entrambi i rami del Parlamento, sta lavorando.
  A mio avviso, soprattutto nell'ultimo periodo, c’è comunque un vaglio piuttosto stringente anche rispetto all'ammissibilità degli emendamenti, in modo particolare qui alla Camera. Lo dico non perché siamo alla Camera, ma semplicemente perché ci sono Regolamenti diversi e, quindi, qui l'attenzione è ancora maggiore.
  Ciononostante, possiamo fare ancora di più, ed è per questo che nella riforma costituzionale il richiamo all'omogeneità è stato esteso anche alla sede della conversione e non limitato soltanto alla fase iniziale del Governo.
  Purtroppo, io non sono in grado di rispondere alla domanda dell'onorevole Bianchi, che è molto interessante, rispetto ai tempi che servono per approvare una legge che non sia d'iniziativa governativa. Su questo tema mi riservo magari di fornire una risposta dopo che avrò esaminato i dati forniti da Camera e Senato. Gli altri dati che ho fornito, anche quelli sul rapporto tra provvedimenti di iniziativa governativa e di iniziativa parlamentare, si basano su dati pubblici che Camera e Senato mettono a disposizione. Magari possiamo fare un calcolo e rispondere in un secondo momento.
  È ovvio che il tema della durata dell'approvazione di una legge ordinaria che non sia di conversione di un decreto-legge è uno dei problemi principali del nostro sistema, che ci ha portato a presentare una riforma costituzionale, che è stata già votata sia dal Senato, sia dalla Camera, che cerca di superare il bicameralismo perfetto.
  Noi abbiamo parlato in modo puntuale del decreto-legge e dei disegni di legge a data certa, ma uno dei punti che dovrebbero rendere più efficiente il sistema e, quindi, ancora più straordinario il ricorso a decreti-legge è proprio il superamento del bicameralismo perfetto in sé, che è il cuore della riforma costituzionale che noi abbiamo presentato. Il fatto che il Senato abbia dei tempi stabiliti entro cui proporre le eventuali modifiche al testo votato dalla Camera e che la Camera abbia la parola definitiva rispetto ai disegni di legge dovrebbe garantire già di per sé una maggiore efficienza del sistema e riportarci, in effetti, in linea con i tempi previsti ordinariamente negli altri ordinamenti europei, rispetto ai quali per noi i tempi sono molto più lunghi.
  Chiudo con un'ultima annotazione. Rispetto al voto a data certa sicuramente i Regolamenti parlamentari potranno individuare dei limiti per quanto riguarda i termini e anche eventualmente il numero e il rapporto tra il voto a data certa e le altre iniziative legislative. Questo approfondimento è rimesso ai Regolamenti parlamentari.
  Ci tengo comunque a sottolineare che il Governo chiede al Parlamento che si deliberi entro settanta giorni e che, quindi, ci sia questo procedimento speciale. È il Parlamento che poi decide se acconsentire o meno, ma non è detto che il disegno di legge sia di iniziativa governativa. Non è escluso che il Governo, possa anche scegliere Pag. 16di chiedere questo tipo di procedimento per proposte di iniziativa parlamentare.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Sottolineo l'impegno del ministro, che ci ha consentito di chiudere queste audizioni nonostante la situazione non fosse di ordinarietà rispetto all'impegno della Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.