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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 27 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 15 ED ABB. RECANTI ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO DIRETTO, DISPOSIZIONI PER LA TRASPARENZA E LA DEMOCRATICITÀ DEI PARTITI E DISCIPLINA DELLA CONTRIBUZIONE VOLONTARIA E DELLA CONTRIBUZIONE INDIRETTA IN LORO FAVORE

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Loiodice Isabella , Professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 4 
Loiodice Isabella , Professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 4 
Armaroli Paolo , Professore ... 5 
Onida Valerio , Presidente emerito della Corte costituzionale ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Bressa Gianclaudio (PD)  ... 10 
Boccadutri Sergio (SEL)  ... 10 
Balduzzi Renato (SCPI)  ... 11 
Dieni Federica (M5S)  ... 11 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 11 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 12 
Giorgis Andrea (PD)  ... 12 
Pilozzi Nazzareno (SEL)  ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Onida Valerio , Presidente emerito della Corte costituzionale ... 14 
Boccadutri Sergio (SEL)  ... 14 
Onida Valerio , Presidente emerito della Corte costituzionale ... 14 
Armaroli Paolo , Professore ... 16 
Loiodice Isabella , Professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 14.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C.15 ed abbinati recanti abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore, l'audizione di altri esperti, dopo quelli che abbiamo avuto il piacere di ascoltare ieri.
  Sono presenti la professoressa Isabella Loiodice, ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università di Bari, il professor Paolo Armaroli, già professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università di Genova, e il Professor Valerio Onida, Presidente emerito della Corte costituzionale. Ringrazio gli ospiti per la loro disponibilità.
  Il criterio generalmente adottato da questa Commissione è che gli interventi siano, se possibile, abbastanza contenuti. Ieri la Presidenza ha concesso un tempo di circa sette minuti ai vostri colleghi per i loro interventi. Qualora lo riteniate opportuno, potrete trasmettere alla Presidenza un documento scritto col quale potrete ulteriormente definire i dettagli dei princìpi che in questi pochi minuti ci andrete a esporre.
  Do quindi la parola ai nostri ospiti, ad iniziare dalla professoressa Isabella Loiodice.

  ISABELLA LOIODICE, Professore ordinario di diritto pubblico comparato. Grazie per l'invito e per la stima riconosciutami. Andrò un po’ controcorrente rispetto al leitmotiv sull'abolizione del finanziamento pubblico.
  Per valutare correttamente la tematica del finanziamento pubblico e dell'inquadramento giuridico dei partiti in quanto connesso al finanziamento pubblico è necessario inquadrare la natura giuridica del diritto del cittadino a partecipare alla vita politica, quindi a costituire un movimento, un partito, a farne parte attiva fino anche all'elettorato passivo.
  Sicuramente questo è un diritto di libertà negativa, nel senso che l'ingerenza dello Stato nella mia possibilità come cittadina di partecipare alla vita politica, di creare un movimento, di invitare gli altri e di fare tutto il resto appartiene all'ambito delle libertà negative. Lo Stato non può infatti intervenire, nessun potere pubblico può impedirlo, non siamo in un regime dittatoriale, nel fascismo o nell'Unione sovietica.
  Nello stesso tempo, però, questo diritto alla partecipazione politica, questo diritto a costituire movimenti politici e partiti è Pag. 4anche una libertà positiva. Le libertà positive sono i diritti sociali. I diritti sociali sono quei diritti il cui esercizio implica da parte di un altro soggetto una prestazione a favore del titolare. Se io sono titolare di un diritto sociale, avrò diritto a una prestazione da parte di qualcun altro che non è necessariamente lo Stato, ma può essere anche un privato.
  I diritti sociali possono essere condizionati o incondizionati. Il diritto alla retribuzione equa e giusta è ad esempio un diritto sociale incondizionato, nel senso che non c’è necessità che ci sia un apparato perché io lo possa esercitare: se viene negato, posso direttamente agire in tutela giurisdizionale e ottenerlo. Ci sono invece diritti sociali condizionati, che necessitano di un apparato di sostegno perché io possa esercitare questo mio diritto sociale e perché possa essere garantito. L'esempio classico è quello del diritto alla salute: se non esiste la rete sanitaria, non potrò esercitare questo diritto di cui sono titolare per Costituzione, neanche andando davanti al giudice ed ottenendo ragione perché, se non esistono gli ospedali, non posso essere curata.
  Il diritto alla partecipazione pubblica ha una doppia anima. La possiamo racchiudere in un termine che parte della dottrina definisce «libertà sociale». Questa libertà sociale, a mio avviso, può essere realizzata attraverso il principio della sussidiarietà orizzontale, che chiedo alla Commissione di prendere in considerazione e che è completamente diversa dalla sussidiarietà verticale. La sussidiarietà orizzontale implica che un corpo sociale più ampio possa aiutare un corpo sociale più piccolo della società civile ad attivarsi per il bene comune, per il bene sociale. La partecipazione alla vita politica, la costituzione di un movimento, di un partito è un'attività della società civile per un bene comune. Potremmo addirittura dire che un partito e un movimento svolgono un servizio d'interesse pubblico.
  Il mio diritto alla partecipazione alla vita politica, a costituire un movimento, a partecipare a un movimento o a un partito è una libertà negativa, ma anche una libertà positiva, dunque una libertà sociale; quindi il principio di sussidiarietà orizzontale impone a livello costituzionale allo Stato di sostenere il diritto del cittadino alla vita politica. Richiamo il combinato disposto dell'articolo 3, comma secondo, e dell'articolo 49 della nostra Costituzione. L'articolo 3, comma secondo, dice che è compito della Repubblica rimuovere quegli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando la libertà della persona, ne impediscono l'effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese.
  Combiniamolo con l'articolo 49, che è la specificazione della libertà di associazione. L'articolo 114 della Costituzione ci dice che la Repubblica ha in sé lo Stato; l'articolo 117 della Costituzione medesima, quando individua fra le competenze dello Stato quelle esclusive, ci dice che per le prestazioni essenziali dei diritti sociali è lo Stato che deve agire. Tutto questo per dire che a mio parere questa battaglia – non me ne vogliano i grillini – ....

  PRESIDENTE. Noi diciamo appartenenti al Movimento 5 Stelle. D'altronde, nessuno chiama noi componenti del gruppo del Popolo della libertà «berlusconini».

  ISABELLA LOIODICE, Professore ordinario di diritto pubblico comparato. Mi scuso con gli appartenenti al Movimento 5 Stelle che stimo moltissimo. Proprio loro sono l'esempio di una società civile che veramente si è mossa, si è svegliata; però nello stesso tempo nell'ambito di quello che ho detto, che poi può essere destrutturato ed erroneo, è costituzionalmente non solo legittimo, ma anche doveroso che ci sia un sostegno dello Stato nell'ambito del principio di sussidiarietà orizzontale nei confronti del cittadino che partecipa alla vita politica e che costituisce questi movimenti e questi partiti.
  Negli anni ’90 abbiamo avuto l'abrogazione dei finanziamenti, però, se un giorno questa Commissione volesse cambiare, virare e pensare che è necessario aiutare il cittadino, perché chi ha i soldi non ha Pag. 5problemi e, se aboliamo il finanziamento pubblico o anche il rimborso, chi è miliardario continuerà a fare politica, chi non ha i mezzi avrà maggiori difficoltà.
  Costituzionalmente il finanziamento è legittimo nel momento in cui stabiliamo delle condizioni per legge. Innanzitutto il metodo democratico. Ho letto tutti i progetti di legge all'esame della Commissione, ma sui contenuti essenziali del metodo democratico insisterei sull'esistenza di congressi all'interno dei partiti per eleggere gli organi esecutivi e gli organi di garanzia a tutela delle minoranze, e in più le primarie che in qualche progetto di legge sono più che altro una facoltà, oppure chi non le fa ha il 50 per cento in meno. È necessaria una maggiore determinatezza nello stabilire che i congressi comunali e provinciali e le primarie per scegliere i candidati sono elementi costitutivi di un metodo democratico e sono presupposto per ottenere questi finanziamenti.
  Secondo elemento costitutivo: i costi standard, i costi virtuosi. Se dobbiamo finanziare, dobbiamo preventivamente creare una commissione, e nessuno può affermare di ignorare quanto si può spendere per gestire un movimento, un partito, non solo una campagna elettorale, perché altrimenti stiamo facendo una recita. Se vogliamo parlare seriamente, l'individuazione dei costi standard è possibile e i soldi assegnati non sono gettati dalla finestra.
  Per garantire questo ci vuole un controllo. Ho visto tante proposte, anche quella di una Commissione composta dalla Corte dei conti e altri magistrati, ma ritengo che, se vogliamo fare una cosa seria, la Corte dei conti dovrebbe avere una competenza istituzionalizzata su questi finanziamenti.
  In più, la trasparenza totale di bilancio, rendiconto, spese e via dicendo, e in più, se mi permettete, una gradualità al ribasso di questi finanziamenti. La logica è quella del principio di sussidiarietà orizzontale, della benevolenza sostanziale, quindi la ratio di questi finanziamenti pubblici è solo questa: più il partito o il movimento ha finanziamenti privati, beni e patrimoni: più il partito è forte, meno danaro pubblico deve avere, perché ha già quello privato.
  Non entro nel merito – lo farò con la memoria scritta – del 95 per cento di imposta che mi sembra un importo irragionevole, ma mi limito ad affermare che il finanziamento privato è fondamentale, deve essere invogliato con forme di credito di imposta o con soluzioni varie che vanno razionalizzate. Il 95 per cento di credito d'imposta interessa solo certe fasce, non la massa di cittadini che vuole partecipare.
  Sempre in questa logica di eguaglianza sostanziale, di partecipazione alla vita politica come espressione di una libertà sociale è un maggiore aiuto nello start up di soggetti politici. Ho visto in vari progetti di legge dieci anni di attività o addirittura tre anni ma legati a fondazioni con 5 milioni di euro, ma mi chiedo come possa farlo chi non ha questi mezzi, perché dieci anni sotto il profilo della ragionevolezza sono esagerati.
  A livello costituzionale dobbiamo favorire il pluralismo: più iniziative di partiti, di movimenti, di cittadini che si impegnano, mentre abbiamo gente che ormai non va neanche più a votare. È un segnale di aiuto a uno start up che sia serio e credibile, quindi abbia una sua anzianità di operatività magari non decennale ma triennale. Vi ringrazio.

  PAOLO ARMAROLI, Professore. Un grande del Parlamento italiano, il liberale Aldo Bozzi che nella Commissione Affari costituzionali ha dato molto al Parlamento italiano, quand'ero molto giovane mi dette un consiglio: «quando parli in pubblico non ti devi impressionare quando qualcuno furtivamente guarda l'orologio: ti devi preoccupare quando qualcuno lo sbatte temendo che l'orologio si sia fermato». Sarò quindi molto breve e cercherò di essere chiaro, anche perché altrimenti, gli onorevoli Balduzzi e Bressa, che sono miei amici, mi bocciano.
  Primo flash: i partiti e la Costituzione. È molto strano che, caduto il fascismo, dei partiti che diventano il tutto, il nuovo principe, come diceva Gramsci, nella Costituzione Pag. 6vi siano labili tracce. Ce n’è traccia nell'articolo 49 – dico traccia perché il soggetto della proposizione normativa non sono i partiti, ma i cittadini –, nell'articolo 98 nella limitazione all'iscrizione ai partiti politici per magistrati, Forze di polizia e quant'altro, e nella XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione, dove il costituente fece un tragico errore di storia patria, perché la XII Disposizione stabilisce che è vietata sotto qualsiasi forma la ricostituzione del disciolto partito fascista. Non occorre essere professori ordinari di storia contemporanea per sapere che in Italia abbiamo avuto due partiti fascisti: il Partito nazionale fascista, sciolto per decreto dopo il 25 luglio del 1943, e il Partito fascista repubblicano, sciolto come il sangue di San Gennaro non per decreto ma per la fine della guerra e quindi la sconfitta del fascismo repubblicano, quindi non si sa quale dei due sia vietato, ma lasciamo perdere, anche perché ormai questa non è storia, ma è archeologia.
  Ci chiediamo quindi perché ci sia così labile traccia dei partiti nella Costituzione italiana, e la risposta è chiara: perché il vero potere non è il potere visibile, ma è il potere invisibile. Non a caso i monarchi assoluti di una volta potevano vedere da uno spioncino quello che combinavano i loro governanti o anche il popolo stesso.
  Non si volle abbondare nella legislazione in merito ai partiti proprio perché quell'inciso di cui all'articolo 49 «con metodo democratico» poteva in teoria essere interpretato in tre guise diverse. La prima, una estrapolazione dell'articolo 18 della Costituzione, pacificamente e senz'armi – e vorrei vedere il contrario –, quindi la soglia minima. La seconda interpretazione, che viene accolta nel testo del Governo ma anche in altri progetti di legge all'attenzione di questa Commissione, e poi invece le finalità democratiche. Ricordo che la Corte costituzionale di Karlsruhe nel 1952 sciolse proprio per questa ragione il partito neonazista e nel 1956 sciolse per le medesime ragioni il Partito Comunista. Nella prassi italiana ci si attestò sulla prima interpretazione – pacificamente e senz'armi – e si esclusero le altre due.
  Vorrei ora sottolineare come la storia abbia le sue ironie. Nell'Assemblea Costituente furono soprattutto i partiti di sinistra, segnatamente Palmiro Togliatti, a escludere che quel metodo democratico potesse essere interpretato come metodologia democratica all'interno dei partiti o come finalità, perché essendo partiti che stavano all'opposizione per tanti anni, soprattutto il Partito Comunista, non si volevano controlli, quindi ci si attestò su questo primo versante. L'ironia della storia consiste nel fatto che negli ultimi tre o quattro anni chi ha meritoriamente insistito su una disciplina meno evanescente di quella che si potesse pensare sono stati soprattutto autori, studiosi e anche parlamentari di sinistra, quindi c’è una vendetta rispetto a un passato in cui si voleva il contrario, e quindi il potere invisibile.
  Il secondo argomento – lo dico in poche parole sempre ricordandomi di Aldo Bozzi – è la forma partito oggi. In un memorabile discorso di tanti anni fa, l'allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato disse una verità incontestabile, ovvero che il Partito Nazionale Fascista (PNF) nel dopoguerra si era moltiplicato per sei: si era passati dal partito ai partiti, ma l'effettività del potere consisteva ancora e forse meglio che nel periodo fascista, dove c'era il re, c'erano gli industriali, c'era l'esercito, in un potere assoluto da parte dei partiti.
  Sia il Partito Comunista, sia gli altri partiti, bon gré mal gré, sono stati costretti a mutuare l'organizzazione propria dei disciolti partiti fascisti (parlo più del primo che del secondo perché ormai era poca cosa il Partito fascista repubblicano). In ogni campanile doveva esserci quindi una sezione di partito, e quindi partiti pesanti, che sono costati un occhio della testa e, secondo ricostruzioni ormai insegnate anche alle elementari, i finanziamenti arrivarono sia da forze all'interno del Paese che, per quanto riguarda sia la Democrazia Cristiana, sia il Partito Comunista, da filoni esterni al sistema.Pag. 7
  Oggi – e mi piace citare ancora Giuliano Amato – la forma partito si deve modificare, nel senso di Eta Beta: oggi un partito deve avere una testa pesante e pensante e un corpo estremamente gracile, perché tutto dipende dalla testa. A parte il fatto che oggi moltissimi sono i partiti con un leader, spesso ci sono leader senza partito e può capitare che ci siano anche partiti senza leader o con leader che cambiano come un famoso trasformista, Fregoli.
  Il partito Eta Beta evidentemente costerà molto meno del partito di una volta. Oggi abbiamo la rete, abbiamo internet, e quindi il disegno di legge governativo si muove in direzione di un'abolizione, sia pure graduale, per cui fra quattro anni non ci sarà più il finanziamento pubblico ai partiti e avremo quello privato. È bene che ci sia questo periodo transitorio, perché, se si passerà dalla brutta politica che abbiamo visto in questi ultimi anni a una buona politica, è possibile che il cittadino risponda alle esigenze del partito secondo quanto diceva un famoso poeta americano: non conti niente, se non dai qualcosa al tuo partito.
  Ultima notazione. Ho letto tutti i progetti di legge, ma segnatamente quello del Governo, e le trovo ragionevoli; però ricordo che all'Assemblea Costituente ai primi di dicembre del 1947 Palmiro Togliatti ebbe una bella pensata, come si dice a Napoli. Chiese a Terracini, il quale disse subito di sì, una moratoria di due settimane nei lavori che si stavano per concludere, affinché tre grandi letterati, Pietro Pancrazi, Antonio Baldini e Concetto Marchesi (Concetto Marchesi membro dell'Assemblea Costituente, gli altri due extra Assemblea Costituente) ripulissero il testo.
  Trovo il testo governativo estremamente ragionevole, e quando ero deputato realizzammo con la riforma Violante l'istituzione del Comitato per la legislazione, ma, se qualche buono scrittore asciugasse i testi legislativi (non solo quelli all'attenzione di questa Commissione), faremmo un notevole passo avanti a sostegno delle esigenze dell'uomo qualunque, cioè del cittadino italiano. Grazie.

  VALERIO ONIDA, Presidente emerito della Corte costituzionale. Vengo subito al dunque. Ci sono due aspetti collegati: da un lato una disciplina dei partiti che si richiama all'articolo 49 della Costituzione, dall'altro, e soprattutto, la revisione del sistema di finanziamento dei partiti.
  Sul primo punto, se e quanto legiferare sui partiti e sulla loro struttura, la discussione oggi è matura. Ovviamente non si discute più del fatto che il metodo democratico voglia dire anche possibile controllo sui fini o sulle ideologie dei partiti, ma si ammette che, oltre alla democraticità dell'azione, cioè al divieto di partiti che usino mezzi violenti, possa esigersi anche una certa democraticità della struttura interna dei partiti. Di qui, quindi, la tendenza a dettare una normativa sui contenuti degli statuti.
  Devono essere evitati due rischi. Uno è quello di lasciare del tutto aperta questa materia, senza alcuna disciplina. Da sempre sappiamo – e oggi più che mai – che i partiti contano nella vita delle istituzioni in maniera tale da non potere giustificare un totale disinteresse verso il modo in cui essi si articolano e sono disciplinati. Se ci si mantiene su una posizione del tutto astensionista per quanto riguarda la regolamentazione (che è la posizione fino ad adesso tenuta dal legislatore repubblicano), i partiti sono associazioni non riconosciute per le quali valgono solo le norme del codice civile su tali associazioni. Il rischio è di avere dei partiti-non partiti, cioè partiti personali, che non sono riconoscibili come strumenti collettivi, attraverso cui i cittadini partecipano alla vita delle istituzioni, anche perché storicamente c’è stata una fortissima perdita di presenza dei cittadini nei partiti (se si confronta il numero degli iscritti ai partiti negli anni meno recenti e quello di adesso, si rileva come la partecipazione sia diminuita). Il rischio dunque, mantenendo una posizione astensionista, è quello di perpetuare una situazione nella quale si presentano alle elezioni e vengono eletti rappresentanti di evanescenti organizzazioni che spesso non sono nemmeno espressione di un pensiero collettivo. Pag. 8
  L'altro rischio è quello di eccedere nell'ingerenza legislativa sulla vita interna dei partiti, che sono strumenti della società attraverso cui i cittadini partecipano alla vita politica. Non sono e non possono essere istituzioni dello Stato, e per il cittadino che fa parte o vorrebbe far parte di un partito c’è sempre la garanzia dal fatto che non è mai obbligato, può uscire, può costituire un altro partito, ci possono essere le scissioni. Eccedere in ingerenza sulla vita interna dei partiti è un rischio, perché si traduce in un aumento di contenzioso, risolto in parte dagli organi interni, ma di fatto spesso dai giudici. Possiamo pensare di giurisdizionalizzare la vita interna dei partiti più di quanto già oggi non sia avvenuto ? È un rischio obiettivo. Da questo punto di vista, proposte di legge come quelle Pisicchio o Di Lello, che tendono a dare una regolamentazione piuttosto stretta (il progetto Pisicchio prevedendo una regolamentazione interna molto articolata, la proposta Di Lello prevedendo la tutela giudiziaria in tutte le varie fasi importanti della vita interna), secondo me corrono il secondo rischio.
  Ritengo quindi che sia meglio suggerire una via mediana, una regolamentazione non eccessivamente pesante o gravosa. Si può intanto discutere se il riconoscimento dei partiti che usufruiscono dei contributi finanziari debba arrivare fino a richiedere la personalità giuridica, come previsto da un paio di progetti che ho letto, o invece basti un riconoscimento attraverso l'iscrizione a un registro. Probabilmente, almeno in una prima fase, potrebbe essere meglio attestarsi su questa posizione più morbida, per una considerazione di buon senso relativa alla situazione di oggi. Siamo in un momento di assoluta destrutturazione o ristrutturazione del sistema politico, non ci sono partiti storici consolidati, e quindi immaginare una disciplina pesante sull'articolazione interna, degli interventi autoritativi sulla vita interna dei partiti, rischia di ingessare la situazione, di rendere meno facile quello che auspicabilmente avverrà, cioè una ristrutturazione, con la nascita di nuovi soggetti, o di soggetti che cambiano il loro modo di essere. Da questo punto di vista, mi pare che il progetto governativo sia abbastanza equilibrato, perché prevede per gli statuti certi requisiti, ma non troppi.
  Un punto specifico è se si vuole disciplinare la modalità di scelta delle candidature alle elezioni. Chiaramente questa è una materia connessa con il sistema elettorale, perché la domanda che oggi si formula spesso è che gli elettori abbiano possibilità di intervento nella scelta delle persone che verranno elette; i sistemi elettorali, attraverso il collegio uninominale o attraverso i voti di preferenza, possono evitare quello che oggi si chiama il «Parlamento dei nominati».
  Si può immaginare di arrivare a disciplinare per legge le modalità per la scelta delle candidature, una volta scelto il sistema elettorale ? Ho visto proposte come quella Pisicchio, all'articolo 7, che formalizzano le procedure con cui la candidatura viene scelta, oppure altre che prevedono primarie, se non obbligatorie, incentivate, negativamente attraverso la perdita di parte del finanziamento da parte di chi non vi ricorre, o positivamente attraverso l'incremento dei contributi a favore di chi le adotta. Le primarie sono oggi un sistema largamente adottato specialmente da alcuni partiti, ma dobbiamo stare attenti a immaginare un sistema di primarie per legge, perché questo richiederebbe una serie di interventi normativi. Intanto le primarie sono adatte in linea di massima per le candidature a cariche monocratiche, ma lo sono anche per le candidature a cariche non monocratiche ? Qui occorre un certo equilibrio: io non sarei favorevole a una disciplina legislativa delle primarie. In materia elettorale bisogna infatti tenere conto della realtà effettiva.
  Faccio solo un piccolo richiamo. Quando si disciplinò l'elezione dell'Assemblea costituente, si introdusse un sistema proporzionale a liste concorrenti con voto di preferenza, e però si volle prevedere un piccolo collegio nazionale in cui i partiti potevano candidare coloro che – si disse – non era opportuno esporre alla competizione elettorale. Ovviamente questo appariva opportuno per l'elezione dell'Assemblea Pag. 9costituente, ma anche oggi serve equilibrio. Diffiderei di una disciplina che pretenda di regolare le modalità attraverso cui i partiti scelgono le loro candidature.
  E vengo al tema del finanziamento. Mi pare ci sia un larghissimo accordo, e si può convenire largamente, sull'esigenza di superare l'attuale sistema di rimborsi elettorali che in realtà si traduce nella devoluzione di contributi statali commisurati al numero di voti ricevuti, molto cospicui, e sul cui uso il controllo è stato assolutamente insufficiente. Vedo che tutti i progetti propongono di abrogare questo sistema, salvo quello di Boccadutri e Migliore, che mantiene invece il sistema dei rimborsi. Questa è una linea largamente condivisibile: abolire quel sistema. Ci si chiede però come sostituirlo. Più o meno tutti riconoscono che non si può lasciare il sostegno economico alla vita dei partiti esclusivamente alla volontaria contribuzione dei privati. Sono due le strade che si intendono perseguire. La prima è quella di incentivare e facilitare le contribuzioni private attraverso forme di defiscalizzazione, detraibilità dall'imposta o credito d'imposta. Bisognerebbe che i tributaristi approfondissero bene la portata che avrebbe la previsione di una detrazione dall'imposta piuttosto che di una forma di deducibilità dei contributi dal reddito. Sono questioni tecniche. Occorre avere in mente l'obiettivo che si vuol raggiungere: facilitare il concorso dei privati al finanziamento dei partiti e possibilmente evitare che il peso dei contribuenti con maggiori disponibilità economiche squilibri il sistema plutocratico.
  L'altro sistema è quello del cosiddetto «2 per mille» o 4 per mille: è un contributo pubblico commisurato ad una frazione di imposta e alla scelta dei contribuenti (il privato non ci mette niente di proprio, a parte la crocetta quando firma la dichiarazione), che però mira a incentivare una partecipazione dei privati, come avviene oggi per le chiese, o per le organizzazioni che usufruiscono del 5 per mille. Vedo che il progetto governativo sposa contemporaneamente i due sistemi. Questo può anche essere ragionevole in un momento in cui non è ancora chiaro cosa sarà dei partiti nei prossimi anni, e quindi anche quale rispondenza potrà avere un sistema di incentivi fiscali alla contribuzione dei privati.
  Per quanto riguarda il sistema del 2 per mille, va assolutamente ribadita la scelta fatta nel disegno di legge del Governo, dopo che una diversa proposta era stata avanzata in sede governativa nel senso della devoluzione anche del 2 per mille delle imposte di coloro che non esprimono alcuna scelta, in proporzione alle scelte espresse. Un sistema del genere passerebbe sopra la testa dei cittadini; significherebbe destinare il 2 per mille del gettito dell'imposta ai partiti, distribuendolo in proporzione a questa sorta di voto espresso da alcuni in sede di dichiarazione dei redditi. Si dovrebbe invece adottare il sistema della devoluzione dell'imposta da parte del singolo contribuente, per i soli contribuenti che hanno effettuato questa scelta. In tutti e due i casi, cioè detrazioni fiscali o 2 per mille, bisogna valutare bene gli effetti di un eventuale, eccessivo favore per chi ha più mezzi. Occorre favorire contribuzioni di piccola entità che siano alla portata di tutti. La graduazione delle detrazioni, le quote diverse, il limite massimo di contributi privati sono tutti sistemi che possono andare in questa direzione. Non so poi se si possa dire che è un po’ eccessiva la gradualità prevista nella soppressione dei rimborsi (4-5 anni a seconda dei progetti). Ho letto la motivazione: si dice che il Ministero dell'economia non è in grado di far funzionare il sistema prima di quattro anni. Mi sembra singolare, perché c’è già il sistema dell'8 per mille, c’è il 5 per mille, e sono sistemi sperimentati. Mi chiedo quindi se occorrano quattro anni per portare a regime un sistema che tutti giudicano migliore dell'attuale, e se quindi sia necessario conservare ancora per quattro anni il sistema dei rimborsi elettorali, mentre sarebbe bene accelerare questo passaggio verso un diverso sistema di finanziamento.
  Da ultimo, ci sono alcuni aspetti particolari su cui vorrei richiamare l'attenzione. Uno è quello del tetto delle spese Pag. 10elettorali. C’è solo un progetto, quello Lombardi, che se ne occupa. Questo è un punto che deve essere attentamente considerato, perché non c’è solo il problema di rendere più equilibrato il contributo pubblico, diretto o indiretto, alle spese dei partiti, ma anche quello di impedire che la spesa per le campagne eletttorali esploda. C’è già un sistema di tetti, esso andrebbe rafforzato e soprattutto reso effettivo: non mi sembra che in Italia sia mai successo che un deputato o un senatore sia stato sanzionato per avere sforato il tetto delle spese elettorali. Ricordo invece che in Francia il Conseil Constitutionnel ha dichiarato la decadenza di parlamentari eletti, perché avevano violato il tetto delle spese elettorali.
  Vorrei infine accennare alle modalità di utilizzo dei finanziamenti da parte dei partiti. Tutti questi sistemi (il 2 per mille, le detrazioni) sono centralizzati; anche se quello delle detrazioni teoricamente può essere più articolato, perché un privato potrebbe anche dare un contributo al partito dichiarando di volere che vada alla federazione di Milano o di Messina; mentre il 2 per mille comporta contributi solo al centro. Questo è un problema, perché i nostri partiti sono storicamente accentrati, mentre la dinamica della loro vita è decentrata. Forse andrebbe pensata qualche regola che almeno renda trasparente la distribuzione delle risorse sul territorio, e incentivi un decentramento nell'utilizzo delle risorse, in modo da evitare di dare troppo potere ai tesorieri nazionali, dei partiti.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Nel ringraziare per il contributo i tre professori, vorrei fare una domanda alla professoressa Loiodice, richiamando alcune considerazioni dei vostri colleghi nell'audizione di ieri.
  Lei ha fatto esplicito riferimento alla necessità di una competenza istituzionalizzata per la Corte dei conti. Qualche minuto dopo, il professor Onida ha detto che il controllo finora è stato insufficiente. Siccome il controllo fino a qui è stato fatto dalla Corte dei conti, le chiederei dove sia il punto di equilibrio.
  Infatti, solo dal 2012 c’è una Commissione. La Corte dei conti valuta quindi da parecchi anni la congruità delle relazioni e dei rendiconti delle campagne elettorali.
  Essendo stato relatore della legge del 2012, ho avuto la singolare fortuna di leggere le relazioni della Corte dei conti e vorrei invitare anche voi a leggerle, perché dopo una lettura di quelle relazioni probabilmente non avreste queste certezze che la Corte dei conti sia l'istituto più adatto per fare questo tipo di controllo, perché in quelle relazioni dei rendiconti cambiano solo le cifre, ma le motivazioni e le argomentazioni sono sempre identiche.
  Prima di stabilire che la Corte dei conti debba avere una competenza istituzionalizzata, sarebbe forse più utile valutare che cosa ha fatto fino a qui.

  SERGIO BOCCADUTRI. Grazie, presidente. Intanto una precisazione al professor Onida, perché ha citato la proposta di legge di cui sono primo firmatario che prevede un rimborso delle spese effettivamente sostenute, con un tetto erogato esclusivamente nell'anno di rinnovo dell'Assemblea elettiva, quindi un qualcosa di molto definita nella sua dimensione.
  In questi giorni di audizioni mi incuriosisce soprattutto come ricostruzione storica – l'ha citata il professor Armaroli – la vicenda delle contribuzioni estere che oggi per l'attività politica – non nel sistema italiano, ma in altri sistemi – è più evidente, anche perché oggi strutture sovranazionali hanno interessi di questo tipo. L'ultimo esempio è rappresentato dalle campagne presidenziali negli Stati Uniti che hanno visto la ricerca di tanti soldi anche in Europa. Qui si pone ovviamente un problema di sovranità, perché si interviene sui futuri decisori politici.
  Vorrei chiedere inoltre come si connetta la questione delle sanzioni non soltanto per i candidati che sforano i tetti di Pag. 11spesa, ma anche per i partiti che non rispettano la cosiddetta «inerenza della spesa», con il tema della natura giuridica dei partiti. Credo infatti che anche la giurisprudenza negli ultimi anni si sia un po’ adeguata al sentire comune, per cui, mentre prima c'era una maggiore remora della magistratura a entrare nel merito, negli ultimi anni c’è stato un intervento più puntuale soprattutto nei casi in cui gli organi interni sono intervenuti per violazione delle norme.
  In una situazione in cui la persona giuridica rimane astratta, probabilmente andare a un regime di maggiore delimitazione – quella del registro di cui parlava il professor Onida – forse potrebbe aiutare anche nell'applicazione delle sanzioni. Grazie.

  RENATO BALDUZZI. Per quanto riguarda la professoressa Loiodice, aderisco alla stessa domanda che ha posto il collega Bressa nel suo stesso ordine di idee. Vorrei porre una domanda all'amico e collega – sia come professore dell'Università di Genova ma anche come ex parlamentare – professor Armaroli.
  Forse è più di una labile traccia la circostanza che l'articolo 49 della nostra Costituzione, anche comparativamente con altre Costituzioni (l'articolo 21 della Costituzione tedesca o l'articolo 3 della Costituzione della Quinta Repubblica francese), assegni ai partiti un compito così importante, cioè quello di essere il tramite attraverso cui i cittadini concorrono a una cosa così pesante come determinare la politica nazionale. Questo forse consentirebbe una diversa conclusione.
  Al Presidente Onida vorrei rivolgere una domanda su un passaggio della sua esposizione. Siamo in un periodo in cui si utilizzano sistemi di altri ordinamenti come possibile fonte per l'importazione di un istituto o addirittura di un modello. Relativamente all'accenno fatto alla competenza del Conseil Constitutionnel francese in ordine alla verifica del rispetto delle spese elettorali, vorrei sapere se questo possa essere un elemento di importazione. Un tempo si sarebbe escluso perché il Conseil Constitutionnel era considerato una rara avis, una species a parte; poi si è capito che forse, anche in forza di recenti riforme, sta dentro gli organi di giustizia costituzionale, mantenendo competenze che normalmente questi organi non hanno.
  Mi piacerebbe sapere dal Presidente Onida se una competenza di questo tipo riferita alla nostra Corte costituzionale possa essere considerata secondo sistema.

  FEDERICA DIENI. Noi siamo del Movimento 5 Stelle, quindi partiamo da una considerazione del tutto diversa. Siamo un Movimento che si basa esclusivamente su contribuzione volontaria, abbiamo speso pochissimo per la campagna elettorale, quindi partiamo da questo tipo di concezione del finanziamento pubblico. È vero che abbiamo Grillo, ma ci sono anche i cittadini che contribuiscono volontariamente con risorse e tempo.
  Poiché voi avete detto che è necessario stabilire un minimo di struttura all'interno del partito affinché venga stabilito se quel partito o quel movimento sia più o meno democratico, vorrei chiedervi chi sia competente a stabilirlo e in che modo. Abbiamo visto infatti in passato partiti in cui in astratto questi requisiti venivano rispettati secondo lo Statuto, – che comunque anche noi abbiamo – partiti tradizionali con un'organizzazione interna, organi che ne stabiliscono il funzionamento, ma che comunque si sono comportati in modo totalmente differente. In concreto, quindi, questo non accade.
  Per quanto riguarda il finanziamento, abbiamo capito che siete favorevoli a un finanziamento basato sul 2 per mille con la contribuzione volontaria da parte dei cittadini con la propria dichiarazione dei redditi, però vorrei sapere come questo si concili con la segretezza delle scelte politiche dei cittadini che dovranno indicarlo nella dichiarazione dei redditi. Questo è il nostro problema.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Negli altri sistemi occidentali a noi vicini (Spagna, Francia e Germania) si utilizza un sistema Pag. 12misto di finanziamento dove la parte pubblica è importante, e nel Regno Unito, con una Commissione che attualmente sta lavorando, si sta valutando l'ipotesi di ampliare la sfera pubblica del finanziamento.
  O quelli sono sistemi meglio regolati in cui matura l'idea che il finanziamento pubblico sia di maggior garanzia anche dal punto di vista del tasso democratico oppure noi abbiamo ecceduto e bisogna trovare una forma di equilibrio nel nostro sistema, comunque non demonizzando la parte pubblica. Desideravo chiedervi solo questo chiarimento.

  RICCARDO FRACCARO. Ringrazio del contributo i nostri illustri ospiti, a cui volevo rivolgere un'osservazione in materia di articolo 49 della Costituzione.
  Mi sembra di aver capito che nessuno di voi sia contrario tout court a introdurre alcuni requisiti per l'accesso al finanziamento pubblico, che viene generalmente giustificato ricorrendo alla formulazione dell'articolo 49 della Costituzione. Questa ricostruzione mi sembra palesemente fuorviante, nel senso che qui stiamo parlando non di concorrere con metodo democratico alla vita politica del Paese, ma di prendere dei soldi.
  Noi giustificheremmo un'ingerenza all'interno dei partiti, nella loro composizione. Formazione e strutturazione, solamente al fine di prendere dei contributi, dei finanziamenti a qualsiasi titolo o anche ricorrendo alle donazioni dei privati, ma ci troveremmo di fronte al paradosso per cui una forza politica che non rispetti questi requisiti potrebbe partecipare alle elezioni non prendendo finanziamenti (il 2 per mille) mentre altri partiti invece li prendono, violando così palesemente l'articolo 49, che è a mio avviso una specificazione dell'articolo 18 della Costituzione e quindi non giustifica un trattamento differenziato ai fini della partecipazione all'attività politica. Questa è la mia considerazione.
  Gradirei sentire le opinioni di tutti gli auditi, anche se non so se i tempi ce lo consentano.

  ANDREA GIORGIS. Ringrazio i nostri ospiti e colleghi e vorrei chiedere loro di approfondire un aspetto che attiene non tanto al merito politico, che si intreccia in questo caso con i profili di legittimità, laddove talvolta è difficile distinguere ciò che attiene alla ragionevolezza o alla desiderabilità da ciò che invece attiene ai vincoli costituzionali. Vorrei provare ad approfondire ulteriormente il profilo della legittimità costituzionale, di ciò che la Costituzione prescrive o vieta.
  A questo riguardo, vorrei chiedere di valutare se vi siano delle tensioni, delle contraddizioni o comunque delle difficoltà nel conciliare l'esigenza della separazione tra politica ed economia (tutti i professori hanno evidenziato l'esigenza che le forze politiche non dipendano dalla contribuzione economica, bensì siano talmente indipendenti e autonome da poter orientare e disciplinare la sfera economica) con il profilo legato alla volontarietà della contribuzione, perché qui c’è un aspetto dal quale mi pare difficile uscire.
  Se è un'esigenza di pregio costituzionale quella di garantire l'autonomia della sfera politica, l'autonomia dei soggetti che organizzano la partecipazione, e quindi è un'esigenza di pregio costituzionale la separazione sostanziale tra i poteri, allora rimettere del tutto o quasi esclusivamente a una libera scelta dei cittadini il «se» sostenere economicamente l'attività politica a me pare che sollevi qualche profilo di problematicità, perché si potrebbe anche immaginare che i cittadini, specialmente in un tempo nel quale la simpatia e la fiducia non sono proprio elevate, ritengano di non destinare assolutamente nulla alle forze politiche.
  Mi chiedo quindi come questa libertà dei cittadini di non destinare nulla si concili con l'esigenza di preservare l'autonomia e l'indipendenza. Non voglio entrare poi nel merito più politico-pratico, cioè quali tipi di comportamenti innescherebbe una ricerca ossessiva della contribuzione privata, quale tipo di pratiche indurrebbe. Questi sono profili sui quali non chiedo di indagare, visto il tempo limitato.Pag. 13
  Sarei molto interessato a conoscere la vostra valutazione su questo dilemma, perché mi chiedo se davvero la Costituzione sia silente su questo enorme problema, che è anche vedere la precondizione materiale con la disciplina democratica dei processi economici e non con la definizione economica dei processi democratici. Grazie.

  NAZZARENO PILOZZI. Vorrei tornare brevemente sul tema della costituzionalità del 2 per mille riguardo alla segretezza del voto, che è stato già sollevato da altri colleghi, ma anche per le considerazioni dell'onorevole Giorgis e in merito a quello che potrebbe accadere rispetto alle pratiche di accaparramento della firma sul modello del 2 per mille.
  Sappiamo che in questo Paese, dopo circa venti anni di precarizzazione, una parte importante del mondo del lavoro italiano è sotto scacco rispetto a chi deve in un certo senso prolungarle il contratto, assegnare una proroga, riassumere.
  Non vorrei infatti che si porti a compimento in maniera surrettizia quello che prima si tentava di fare palesemente, cioè uno Stato in cui alla fine i cittadini per tanti motivi perdono ogni loro diritto e ogni loro libertà. Credo infatti che in questo modo facciamo perdere ai cittadini il diritto fondamentale della libertà del voto. Pressato in vari modi, infatti, il cittadino può dare il 2 per mille a un partito e poi votarne un altro nella segretezza dell'urna, ma comunque quel 2 per mille inciderà molto sulla costruzione del consenso in campagna elettorale. Questo modo di prevedere il finanziamento ai partiti, per quanto riguarda il mio Gruppo, non può assolutamente rispondere al dettato dell'articolo 49 e al combinato disposto con l'articolo 3. Dobbiamo partire da altri princìpi costituzionali, ovvero quello che ogni cittadino di fronte al momento elettorale ha la stessa forza di tutti gli altri.
  Vorrei quindi conoscere il parere dei costituzionalisti rispetto al fatto che cittadini italiani che posseggano un 2 per mille diverso da altri abbiano già un peso diverso all'interno dei partiti, e al fatto che potrebbero prendere avvio pratiche che indurrebbero molti lavoratori a fare alcune scelte anziché altre. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei io porre una domanda analoga a quella che ho rivolto ieri ai vostri colleghi. Ha un carattere pragmatico, cosa di cui vi chiedo scusa.
  Se è vero che, come è stato anche ieri ricordato, dal combinato disposto degli articoli. 3 e 49 della Costituzione, come qualsiasi giurista pragmatico ha sotto gli occhi, si evince il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere – non è casuale l'espressione utilizzata dall'articolo 49 – con metodo democratico a determinare la politica nazionale (sottolineo i termini associarsi liberamente in partiti, diritto, concorrere), in sinergia con il capoverso dall'articolo 3, dove c’è una doverosità della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, vi chiedo se questa matrice a mio avviso innegabilmente pubblicistica del diritto di associarsi e di fare politica non collida clamorosamente con il tentativo di privare il cittadino del sostegno dello Stato nel fare politica.
  La domanda si accompagna a questa ulteriore riflessione banale, se volete. Forse un diritto così importante come quello di fare politica (e sono d'accordo con il colleghi del Movimento 5 Stelle sulla necessità di dare alla politica un'autonomia rispetto a qualsivoglia tipo di influenza) subirebbe un fortissimo condizionamento da una progressiva privatizzazione degli apporti alla politica.
  Questo causerebbe il danno – non secondario per chi fa della riservatezza un bene non soltanto da leggi ordinarie ma anche di caratura costituzionale – che anche l'assegnazione da parte di ciascun cittadino di un contributo a un partito significherebbe svilire il diritto alla riservatezza anche del proprio orientamento politico. Ritengo che, se dobbiamo incrementare il sistema dei controlli (e sono d'accordo con l'ironia neanche tanto pacata del collega Bressa), c’è da dare una Pag. 14svolta ai controlli, ma che questo sia molto diverso dal giungere, in nome del mancato controllo, a una privatizzazione del diritto di fare politica. Vi chiederei su questo specifico punto di esprimere il vostro parere. Grazie.
  Do quindi la parola ai nostri ospiti per la replica.

  VALERIO ONIDA, Presidente emerito della Corte costituzionale. Quanto alla Corte dei conti concordo sul fatto che forse non sia l'organo più adatto per questo tipo di controlli, ma per ragioni storiche, pratiche, non ideali. Ritengo tuttavia che il controllo in questa come in ogni altra materia legata alla politica, non debba essere affidato a organismi parlamentari o interni. Il controllo delle Camere non ha mai funzionato, non può funzionare, ci vuole un controllo di tipo indipendente.
  Contribuzioni estere: questo è un problema delicato, però, se si disciplinano i contributi privati come contributi di piccola entità, 5.000, 10.000 o 20.000 euro, diminuisce il rischio delle interferenze dello sceicco del Qatar che dà qualche milione a un partito, anche se non credo sia mai successo.

  SERGIO BOCCADUTRI. È successo.

  VALERIO ONIDA, Presidente emerito della Corte costituzionale. È successo ? Può darsi. Lo scopo dovrebbe essere quello di avere una legislazione che incentivi, favorisca, consenta solo tanti piccoli contributi, secondo il modello della contribuzione diffusa, perché altrimenti, se la contribuzione finanziaria ai partiti si concentra in pochi soggetti, inevitabilmente i più ricchi, si altera il rapporto della politica con la società. Si deve invece incentivare la piccola contribuzione.
  Ritengo che andrebbero del tutto aboliti i contributi che le assemblee elettive versano a favore dei loro Gruppi parlamentari o consiliari, i quali ne fanno un uso, anche quando non è non illecito o personalistico, come è successo, che di fatto doppia il finanziamento ai partiti, perché vanno a finanziare ancora l'attività politica dei partiti. Dobbiamo scegliere come vogliamo finanziare i partiti, se attraverso i canali diretti che stiamo studiando o attraverso l'erogazione di contributi pubblici che sono apparentemente dati ad articolazioni istituzionali (i gruppi consiliari, i gruppi parlamentari), ma di fatto servono a sostenere l'attività dei partiti.
  Questo è un equivoco da superare. I gruppi devono avere i mezzi per vivere, per fare quello che a loro spetta, ma: non devono essere canali di finanziamento dei partiti, i quali fruiscono di uno od altro sistema di finanziamento diretto.
  Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole, nonché amico, Balduzzi, mi sembra che egli sia d'accordo sul fatto che l'autocontrollo delle Camere non funziona in materia ed è necessario un controllo esterno. Ipotizzerebbe addirittura controlli dell'organo di giustizia costituzionale, come in Francia il Conseil Constitutionnel. In questa materia non so, ma in altre materie affini sarei del tutto favorevole a vedere nella Corte costituzionale l'organo più idoneo a giudicare; ad esempio sulle ineleggibilità e incompatibilità dei membri del Parlamento, temi che oggi avete all'ordine del giorno. Occorre un giudice terzo e imparziale. Affidare questo compito a un qualsiasi giudice può forse non essere opportuno, comunque ci vuole un giudice unico. Si può immaginare di affidare la competenza ad altro giudice, tuttavia c’è già la Corte costituzionale.
  In materia di finanziamento non credo che si possa affidare a un organo di giustizia costituzionale il controllo sui bilanci, sull'erogazione delle spese, sul rispetto dei tetti. Potrebbe esserci però una parola finale dell'organo di giustizia costituzionale nei casi in cui sorgano controversie.
  La domanda dell'onorevole Dieni su chi controlli la democraticità pone il vero problema, perché la democraticità interna, se la si disegna a larghe maglie, rimanda poi a forme di autocontrollo, mentre, se si chiama il giudice civile a ingerirsi nella Pag. 15vita interna dei partiti, credo che non avremmo esperienze positive. Questo problema quindi esiste.
  Quanto invece al tema del 2 per mille e della segretezza, che è stato evocato anche dal presidente, chi firma per il 2 per mille non lo fa naturalmente in segreto, però si tratta di una scelta volontaria: chi vuole può farla, e del resto non pone problemi il fatto di dover dichiarare di essere cattolico piuttosto che valdese nel destinare l'8 per mille, o di essere più favorevole all'Istituto Oncologico Europeo piuttosto che alla Lega Tumori quando si destina il 5 per mille. Sono esperienze che hanno avuto un riscontro positivo: le persone non sentono di essere violate nella loro privatezza per il fatto di essere facoltizzate a dire che il contributo vada a un determinato gruppo piuttosto che a un altro.
  Naturalmente è necessario tutelare la privacy in sede di elaborazione dei dati, ma questo già avviene oggi per l'8 per mille: non è che chiunque possa sapere se io ho firmato per la Chiesa cattolica o per la Chiesa valdese. Credo che i contribuenti che vogliono dare soldi a un partito non abbiano la preoccupazione della privatezza, bensì vogliano che quei soldi siano spesi in maniera trasparente.
  Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Lauricella, non demonizzerei il contributo pubblico. La nostra esperienza di contributi erogati dal bilancio dello Stato direttamente ai partiti, e gestiti praticamente senza controllo, è stata fortemente negativa da molti punti di vista. Si tratta di trovare i canali giusti. L'attuale proposta di usare il meccanismo del 2 per mille, o quello degli incentivi fiscali, con tutte le accortezze necessarie, appare meritevole di considerazione positiva, come mi sembra positiva anche la concessione di spazi televisivi gratuiti. In proposito mi domando, visto che questi spazi gratuiti vengono pagati dallo Stato (si prevede espressamente lo stanziamento di un milione di euro), se non debbano essere garantiti anche sulle televisioni private. Come una televisione privata accetta le inserzioni pubblicitarie, così dovrebbe accettare anche gli inserti pubblicitari dei partiti. Se sono un mezzo di servizio pubblico in senso largo, tutte le televisioni dovrebbero essere uguali in questo senso, quando paga lo Stato. Ragionerei dunque su questa possibilità.
  Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Fraccaro, che rilevava una contraddizione in materia di requisiti per il finanziamento, in teoria effettivamente si discute dei requisiti per costituire un partito, e questi non necessariamente sono gli stessi requisiti richiesti per godere del finanziamento: però nella nostra esperienza concreta il tema del finanziamento è il più caldo, e il tentativo di legare il finanziamento a una prima, leggera disciplina della vita interna dei partiti da questo punto di vista si giustifica. L'articolo 49 della Costituzione non parla di finanziamento, ma della libertà di associazione in partiti, ma nel momento in cui c’è un finanziamento pubblico erogato dallo Stato è ragionevole che si cerchi anche di disciplinare l'entità partito. Il partito può essere sempre libero di agire senza alcuna ingerenza purché non chieda niente. Semmai qui il problema è se bisogna arrivare a regolamentare i partiti non solo ai fini dell'accesso al finanziamento, ma anche ai fini della presentazione delle liste elettorali. Questo è un grande, delicato tema su cui si è discusso: fino ad oggi chiunque ha potuto presentare liste, anche svegliandosi all'ultimo momento e raccogliendo quattro firme. Credo che passare a un sistema fortemente regolamentato avrebbe dei pericoli, ma in prospettiva forse la composizione e la presentazione delle liste dovrebbero essere oggetto di una qualche regolamentazione, pur senza arrivare all'imposizione delle primarie, come dicevo prima. In realtà c’è un legame, quindi è utile fare questo collegamento fra disciplina interna dei partiti e finanziamenti.
  L'onorevole Giorgis parlava della scelta dei cittadini che dovrebbe essere del tutto slegata dal denaro: per garantire la piena autonomia si dovrebbe avere un tipo di finanziamento che non sia per niente legato al contributo dei privati. Astrattamente Pag. 16sì, ma ragioniamo sulla storia: oggi è pensabile finanziare i partiti non facendo pagare niente a nessuno (se non ai contribuenti nel loro insieme), o è meglio educare il cittadino al fatto che partecipare alla politica non vuol dire solo andare in piazza al comizio o intervenire alle riunioni ? La politica è qualcosa che chiede un impegno, quindi da questo punto di vista pedagogico non è male introdurre, con tutte le accortezze, anche meccanismi di finanziamento privato incentivato, soprattutto fatti di piccoli e piccolissimi contributi, dove è minore il rischio di squilibrio fra chi ha molti mezzi e chi ne ha pochi.
  Quanto al rischio di accaparramento delle dichiarazioni del 2 per mille, teoricamente esiste, anche se credo che l'esperienza che si è fatta sull'8 e sul 5 per mille possa renderci relativamente più ottimisti. Tuttavia questo è un rischio obiettivo.

  PAOLO ARMAROLI, Professore. Il Presidente Onida ha detto tutto e lo ha detto bene, quindi non potrei dire meglio. Me la caverò con tre ipotesi di risposte. La prima al collega e amico Balduzzi.
  Forse mi sono espresso male, perché non c’è ombra di dubbio che la politica nazionale è il presupposto pre-giuridico di quella politica generale del Governo che è la scrematura di quella politica nazionale. Volevo soltanto dire che, essendo il soggetto della proposizione normativa i cittadini e non i partiti, si possono vedere le cose da due punti di vista non necessariamente coincidenti.
  La seconda risposta la vorrei dare ai rappresentanti del Movimento 5 Stelle. Prescinderei dal «finanziamento sì - finanziamento no» per legarlo alla democraticità dei partiti. A mio modo di vedere, se abbiamo un ordinamento democratico e quindi delle istituzioni rappresentate metaforicamente da vasi di coccio, non è concepibile che i partiti, che sono la spina dorsale di un ordinamento, abbiano al loro interno una metodologia non democratica, a prescindere dallo stesso finanziamento.
  Terza ipotesi di risposta con cui rispondo non solo al Presidente Sisto. Una certa nostalgia del passato: verifichiamo se sia possibile aggiungere a quanto previsto dalle varie proposte di legge anche un finanziamento pubblico ancien régime.
  Condivido l'opinione del Professor Onida: nulla quaestio, se non ricordassi la ricetta del dottor Spock, illustre pedagogista, secondo il quale, se il ragazzo prende un quattro in latino, regaliamogli un motorino perché altrimenti si deprime. Questo era il dottor Spock prima maniera, perché poi si pentì di tanta bonomia e riconobbe di aver detto una serie di cretinate.
  Dov’è la mia metafora ? Uno dei miei primi saggi fu sullo Statuto e il finanziamento dei partiti. Nel 1974, a imitazione della Germania e di altri ordinamenti abbiamo introdotto il finanziamento pubblico, perché uscivamo da una serie di scandali, soprattutto uno enorme, e fu adottata la ricetta del dottor Spock: visto che c’è stato uno scandalo, diamo un finanziamento pubblico, così saremo sicuri che non si ruberà più perché abbiamo il finanziamento pubblico. Le cose non sono andate precisamente in questi termini, con un'opinione pubblica che sta sempre con il fiato addosso alla classe politica.
  L'altra vicenda notoria è quella del 1993, quando il referendum abolì il finanziamento pubblico dei partiti e rimase soltanto il rimborso elettorale. A quel punto, abbiamo escogitato che si moltiplica per tre, per quattro, per cinque e per sei il rimborso delle spese elettorali.
  Di fronte a questi fatti (mi rivolgo soprattutto all'onorevole Lauricella, ma anche ad altri deputati che hanno posto questo problema) mi pare che oggi non ci siano le condizioni per una codificazione ancien régime, sia pure molto parziale. Poi staremo a vedere. Come ho detto prima, può darsi che dopo i quattro anni in cui decresce, se si afferma la buona politica, ogni cittadino potrà riconoscersi in un partito e quindi dare il 2 per mille, non dimenticando però quanto diceva il Capogruppo di SEL, l'onorevole Pilozzi, ovvero che esporre persone deboli da un punto di Pag. 17vista sociale al controllo di chi ne ha la possibilità è un problema che non voglio assolutamente sottovalutare. Grazie.

  ISABELLA LOIODICE, Professore ordinario di diritto pubblico comparato. Parto dall'osservazione del Presidente e la ricollego alle considerazioni dell'onorevole Giorgis: la precondizione della democrazia coniugando l'articolo 3 e l'articolo 49 della nostra Costituzione.
  Insisto perché forse non sono stata chiara prima, ma non si tratta di riportare l’ancien régime, ma il finanziamento pubblico è garanzia di effettività di quella partecipazione alla vita politica, perché, se lo eliminiamo completamente, solo chi ha mezzi economici reali o ha risorse mediatiche potrà fare politica. Sicuramente – mi rivolgo al Movimento 5 Stelle – avete tante persone che vi seguono, però avete anche una risorsa mediatica straordinaria che altri movimenti politici non hanno.
  Io avevo posto delle condizioni, che erano rappresentate innanzitutto dal metodo democratico con due contenuti essenziali: i congressi all'interno dei partiti, che sono un metodo democratico interno ineliminabile, anche magari per via telematica, perché altrimenti sono partiti personalisti, non come l'articolo 49 li vuole, e le primarie, perché anche la legge n. 96 del 2012 all'articolo 5 parla di princìpi democratici con particolare riguardo alla scelta dei candidati. Credo che le primarie negli Stati Uniti e in altri Stati siano un esempio importante.
  Ovviamente ci sono i costi standard. È la seconda condizione per il finanziamento pubblico. Il terzo è il controllo. Per quanto riguarda la Corte dei conti – rispondo all'onorevole Bressa – la normativa precedente non ha funzionato per niente. La legge n.96 del 2012 ha introdotto questa Commissione, ma le relazioni di questi Collegi elettorali indicano continuamente che hanno poteri molto limitati e tempi assolutamente irragionevoli rispetto all'obiettivo di controllo da perseguire, quindi non sono mai riusciti a fare quello che loro spettava.
  Quando parlo di Corte dei conti intendo, collegandomi anche all'articolo 9 della legge n. 96 del 2012, controlli molto seri e istituzionalizzati, cioè per sempre. Come dice l'articolo 9, è un controllo che copre anche i finanziamenti privati solo sotto un profilo: se il partito dichiara di avere 50 in cassa e spende 100, c’è qualcosa che non funziona e l'articolo 9 dà competenza alla Commissione. Come diceva il Presidente Onida, deve essere un organo indipendente e terzo. Io non riesco a trovarne un altro, perché la Corte costituzionale non la possiamo chiamare a fare i conti in tasca ai partiti, non è una competenza che le spetta, non ha capacità come formazione per farlo. Io non ne vedo altri seri.
  Va ricostruito cosa devono controllare, perché non è un gioco. Abbiamo avuto tanti scandali e siamo stanchi, la gente non va più a votare, la società civile è stanca di questa politica. I finanziamenti pubblici garantiscono la democrazia, che deve essere indipendente dai finanziamenti privati. Il cofinanziamento pubblico e privato ci deve essere, quel pericolo esiste, ma lo possiamo rendere «misto», tra credito di imposta, 2 per mille ed eventuale bonifico di 100 euro direttamente sul conto del partito per la privacy, perché è fondamentale sapere chi dà i soldi ai partiti. Io mi pongo il problema della privacy. Potremmo adottare più strade, in quanto mi chiedo perché limitarla solo al credito di imposta o al 2 per mille. Mi sembra che il disegno di legge del Governo li preveda entrambi. Aggiungiamo anche un bonifico bancario direttamente al partito, così la privacy è tutelata, anche se eventualmente un giudice arriverà anche ai conti bancari, ma quando ormai si è già arrivati al profilo penale.
  Il metodo democratico, il controllo e i costi standard, quindi, altrimenti sarebbe ancien régime e ci prenderemmo in giro. Chi fa politica sa perfettamente se ci vogliono 5 o 10 segretari, 3 macchine, 2 stanze, 8 computer, 50 cene per comprarsi i voti. Occorre una Commissione che lavori sui costi standard, se vogliamo fare seriamente politica. Se poi vogliamo fare una Pag. 18legge sul finanziamento per prendere ancora in giro la società civile, facciamolo. Scusatemi, però esprimo il mio pensiero.
  Uno dei deputati intervenuti richiamava le condizioni della democrazia: non possiamo lasciare lo strapotere ai privati, perché altrimenti la nostra democrazia salta completamente in aria.
  L'onorevole Fraccaro pone il problema che, se stabiliamo delle condizioni per avere il finanziamento (primarie, congressi, costi standard, controlli), ammettendo chi non ha i finanziamenti ma ha il partito apriamo il nostro ordinamento a partiti che sono incostituzionali.
  Non va applicato ai soli fini: va applicato anche ai fini del finanziamento. Se fosse applicato solo ai fini del finanziamento, daremmo ingresso anche a partiti che potrebbero violare l'articolo 49, ma anche oggi nessun partito può violarlo. Semplicemente non ci sono delle sanzioni. Magari qualche decadenza tipo il sistema francese non farebbe male. Naturalmente c’è il problema di chi deve valutare, perché stiamo attenti a ingerirci nella vita dei partiti, cosa molto pericolosa.
  Pochissimi punti legislativamente stabiliti per evidenziare il contenuto democratico, e per il resto attenzione, perché andremmo a comprimere questa libertà politica. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.