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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (II e XII)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 15 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 971  GOZI, C. 972  GOZI, C. 1203  DANIELE FARINA, C. 2015  CIVATI, C. 2022  ERMINI, C. 2611  FERRARESI, C. 2982  DANIELE FARINA, C. 3048  TURCO, C. 3229  NICCHI, C. 3235  GIACHETTI, C. 3328  TURCO E C. 3447  BRUNO BOSSIO, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LEGALIZZAZIONE DELLA COLTIVAZIONE, DELLA LAVORAZIONE E DELLA VENDITA DELLA CANNABIS E DEI SUOI DERIVATI

Audizione di Carla Rossi, professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata», di Roberto Saia, componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova, di Giocondo Santoni, Maggiore generale chimico farmacista, di Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele, e di rappresentanti della Società italiana di psicologia (SIPs).
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 ,
Rossi Carla , Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata» ... 3 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 ,
Saia Roberto , Componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova ... 5 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 ,
Santoni Giocondo , Maggiore generale chimico farmacista ... 6 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 ,
Grosso Leopoldo , Presidente onorario del Gruppo Abele ... 9 ,
Marazziti Mario (DeS-CD) , Presidente della XII Commissione ... 9 ,
Grosso Leopoldo , Presidente onorario del Gruppo Abele ... 9 ,
Marazziti Mario (DeS-CD) , Presidente della XII Commissione ... 9 ,
Grosso Leopoldo , Presidente onorario del Gruppo Abele ... 9 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 ,
Lo Iacono Antonio , Presidente della Società italiana di psicologia (SIPs) ... 11 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 ,
Amato Maria (PD)  ... 11 ,
Miotto Anna Margherita (PD) , Relatrice per la XII Commissione ... 11 ,
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 12 ,
Farina Daniele (SI-SEL) , Relatore per la II Commissione ... 12 ,
Marazziti Mario (DeS-CD) , Presidente della XII Commissione ... 12 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 ,
Saia Roberto , Componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova ... 13 ,
Grosso Leopoldo , Presidente onorario del Gruppo Abele ... 13 ,
Rossi Carla , Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata» ... 14 ,
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 14 ,
Rossi Carla , Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata» ... 14 ,
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 14 ,
Rossi Carla , Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata» ... 14 ,
Santoni Giocondo , Maggiore generale chimico farmacista ... 14 ,
Lo Iacono Antonio , Presidente della Società italiana di psicologia (SIPs) ... 15 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA II COMMISSIONE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di Carla Rossi, professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata», di Roberto Saia, componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova, di Giocondo Santoni, Maggiore generale chimico farmacista, di Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele, e di rappresentanti della Società italiana di psicologia (SIPs).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 971 Gozi, C. 972 Gozi, C. 1203 Daniele Farina, C. 2015 Civati, C. 2022 Ermini, C. 2611 Ferraresi, C. 2982 Daniele Farina, C. 3048 Turco, C. 3229 Nicchi, C. 3235 Giachetti, C. 3328 Turco e C. 3447 Bruno Bossio, recanti disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati, l'audizione di Carla Rossi, professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata», di Roberto Saia, componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova, di Giocondo Santoni, Maggiore generale chimico farmacista, di Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele, e di Antonio Lo Iacono, presidente della Società italiana di psicologia (SIPs).
  Alle 15.15 dobbiamo chiudere i lavori, perché abbiamo un'altra seduta congiunta con un'altra Commissione. Quindi, concediamo dieci minuti a ciascuno.
  Do la parola alla professoressa Rossi.

  CARLA ROSSI, Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Essendo statistica, anzi matematica all'origine, e avendo passato 16 anni come rappresentante del Parlamento europeo nell'Osservatorio europeo, mi baso sui numeri, cioè sulle evidenze e sui dati. Ho inviato ieri poche pagine, perché i numeri si vedono meglio se si seguono.
  La prima cosa che ho fatto è stata analizzare i dati, che sono dati dell'Osservatorio europeo, sulla prevalenza di uso di cannabis nella popolazione generale dei vari Paesi. In particolare, ho messo in evidenza tre diversi Paesi, l'Italia, la Polonia e il Portogallo, perché hanno tre approcci di legge leggermente diversi. L'Italia è la più restrittiva, il Portogallo è il più «tenero» e la Polonia è in mezzo, perché non è obbligatoria l'azione penale contro chi viene scoperto in possesso di cannabis.
  Se uno guarda la tabella, ma meglio ancora i grafici, si accorge che l'Italia ha il massimo uso rispetto agli altri due Paesi. Dove la legge è più restrittiva, si usa di più la cannabis. Questa è la prima osservazione. In particolare, ho analizzato anche le diverse classi di età. Ovviamente, la classe di età più giovane in Italia è particolarmente colpita rispetto agli altri Paesi più teneri. Se uno poi va a vedere, per Pag. 4esempio, come si situa la Francia, che ha una legge ancora più restrittiva dell'Italia, nota che sta anche peggio. Si fa un uso maggiore di cannabis in Francia, poi in Italia e poi nei Paesi più «teneri», chiamiamoli così.
  Ho chiesto poi che il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) mi inviasse i dati, che rileva, nelle scuole in Italia. I dati che mi ha mandato il CNR sull'uso di cannabis tra i frequentanti la scuola superiore, dai 15 ai 19 anni, mostrano che, dal 1999 a oggi, sostanzialmente è abbastanza stabile l'uso di cannabis in Italia. Si è mantenuto, quindi, il mercato, ma ancor peggiore è il dato relativo all'uso frequente, ossia l'uso 20 e più volte al mese, che invece è cresciuto dopo il 2011. Diciamo che il mercato non solo si estende, ma si estende anche l'uso in termini di frequenza di uso. Ci sono anche qui i grafici che mi ha inviato il CNR.
  Poi c'è un lavoro, che ho appena finito con il mio gruppo, che porta alla pubblicazione di un libro, che verrà presentato qui alla Camera il 23 giugno prossimo, in cui si è valutata l'efficacia delle azioni di riduzione dell'offerta. Si valuta come si consuma, ma si valuta anche quanto sia efficace la repressione. La repressione è efficace nel senso che per la cannabis, sostanzialmente, si sequestra e si denuncia il 5 per cento del mercato. Questo coincide anche con ciò che è riportato nel Rapporto 2014 della Direzione nazionale antimafia.
  Noi l'abbiamo dimostrato con i numeri. Secondo le linee-guida dell'Osservatorio europeo, abbiamo stimato quanti sono gli spacciatori e quanti sono quelli denunciati. Il nostro numero oscilla intorno al 5 per cento. Quindi, il mercato che viene «stoppato» dalle azioni di repressione è il 5 per cento. Questo è dimostrato anche dal fatto che i prezzi non hanno subìto alterazioni.
  Poi ci sono altre informazioni. Fra l'altro, depositerò una serie di libri e articoli che vengono da un progetto europeo in cui la Commissione mi aveva inserito d'ufficio come coordinatrice dei dati italiani. Questo progetto ha rilevato le abitudini dei consumatori di cannabis, con un questionario online che ha funzionato molto bene. Abbiamo imparato che un consumatore, se desidera procurarsi della cannabis, non ci mette più di mezza giornata, che, in realtà, la maggior parte non ha «guai» dalla cannabis e che tutti hanno delle attività e comunque lavorano e possono gestire il loro consumo.
  Un altro argomento sul quale possiamo ancora soffermarci è quello relativo alla tossicità. Esistono due articoli europei, uno di Nutt e l'altro di Van Amsterdam, che misurano la tossicità delle diverse sostanze. La cannabis è una sostanza che ha una tossicità piuttosto bassa, molto più bassa del tabacco e molto più bassa dell'alcol, a parte l'eroina e la cocaina, ovviamente.
  Per esempio, l'uso di sola cannabis non è così dannoso – questo emerge in un lavoro che abbiamo fatto sempre noi – sugli incidenti stradali. Analizzando per diversi anni i dati del pronto soccorso dell'ospedale San Camillo di Roma, abbiamo verificato che gli utilizzatori di sola cannabis hanno una frequenza bassissima, mentre, invece, si rileva che i consumatori in cui si rileva la presenza di cannabis hanno consumato anche alcol, cocaina, benzodiazepine e via elencando. La cannabis di per sé non è così dannosa, quindi, neanche per quanto riguarda gli incidenti.
  Aggiungo un'ultima cosa. A livello scientifico – concludo prima, poi al limite ci saranno le domande – ciò che le cose che ho detto permettono di osservare è che, in realtà, in Italia la cannabis ha una liberalizzazione di fatto, perché il mercato è sostanzialmente accessibile e i consumatori in poco tempo possono procurarsi la sostanza. Il problema è che, non essendo legalizzato, non c'è il controllo sul THC. La legalizzazione, per esempio, permetterebbe il controllo del THC e, quindi, la riduzione degli effetti sulla salute, che non dipendono dalla cannabis di per sé, ma dalla cannabis modificata con il THC alto.
  Mi fermerei qui. Poi ci sono per le domande.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa.
  Adesso chiamerei Roberto Saia. Anche per lui il tempo è di dieci minuti al massimo. Roberto Saia è componente del Comitato Pag. 5 ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova.
  Prego.

  ROBERTO SAIA, Componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova. Mi chiamo Roberto Saia, sono medico chirurgo e faccio parte del Comitato Ospedale senza dolore dell'Azienda Università di Padova. Ho esercitato l'attività in Padova come chirurgo generale per undici anni. Per due anni ho lavorato al centro ustioni e, avendo ricoperto l'incarico di responsabile dei servizi di protezione civile dell'Azienda Università di Padova, ho coordinato gli interventi dei terremoti nel Friuli e nell'Irpinia.
  Ho collaborato, come consulente nel 2009 e 2010 di mio fratello Maurizio Saia, allora senatore della Repubblica, alla stesura della legge nazionale n. 38 del 2010 e della legge regionale n. 38 del 2012, inerente l'applicazione delle terapie antalgiche. Ora esercito da libero professionista come chirurgo odontoiatra. Sono stato, quindi, e sono tuttora a contatto, purtroppo, con il dolore degli altri tutti i giorni.
  Ho accettato volentieri l'invito del presidente, dottor Mario Marazziti, in relazione alla proposta di legge C. 3235, in breve la legalizzazione dell'uso dei cannabinoidi. Che mi interessi da anni del problema dei cannabinoidi è un fatto. Che mi ritenga un esperto è un'altra cosa. Mi sono battuto e continuo a battermi in maniera anche accanita perché i pazienti abbiano facile accesso ai farmaci contro il dolore e, tra questi, anche ai cannabinoidi.
  Sono sempre stato tendenzialmente contrario alla liberalizzazione della cannabis, ma, alla luce di quanto risulta dai sondaggi degli ultimi anni – fallimento o quasi della lotta al narcotraffico e giro di affari di 6-7 miliardi di euro a favore dei narcotrafficanti – mi rendo conto che, forse, si dovrebbe cambiare strada e, al limite, scegliere il male minore, secondo il detto «a mali estremi, estremi rimedi».
  Faccio delle considerazioni. Se si dovesse licenziare una legge al riguardo, sono convinto che coltivazione, vendita e distribuzione dovrebbero, comunque, in maniera teutonica restare in mano allo Stato, come dice il progetto di legge all'articolo 5.
  Aggiungerei, all'articolo 6, che la precedenza nella produzione di farmaci vada data all'Istituto chimico farmaceutico di Firenze, in mano ai militari e sempre in mano allo Stato. Ci può essere anche la possibilità per altre strutture private, ma lo Stato ci deve mettere il «naso», o, più che il naso, ci deve mettere il «pugno».
  Il mio specifico interesse è ristretto alla cannabis per uso medico. Pertanto, mi auguro che nella legge da approvare sia preso in considerazione anche lo snellimento burocratico, poiché, attualmente, i cavilli delle procedure privano molti pazienti di adeguate terapie.
  Cosa più allarmante è il fatto che altrettanti pazienti, che non risponderebbero alle terapie con i cannabinoidi, percepiscono tale atteggiamento delle Istituzioni come un completo disinteresse al problema del dolore, con tutte le conseguenze pratiche, giornalistiche e televisive che non giovano a nessuno e portano discredito spesso anche a chi non se lo merita.
  Ritengo vergognoso, come cittadino e come medico, che le Istituzioni non trovino, anzi non vogliano trovare, il modo di uniformare in tutta Italia una normativa comune nella prescrivibilità e nella presa in carico da parte del sistema sanitario nazionale o del sistema sanitario regionale della spesa dei farmaci. Si veda il nostro Veneto.
  La legge n. 38 del 2012 prevede, all'articolo 5, che tutti i pazienti che ne hanno necessità abbiano i cannabinoidi pagati dalla regione. Tutti, in attesa, felici brindiamo. Viene emanato poi il regolamento applicativo che, di fatto, ha «bocciato» la legge.
  Come fa un regolamento applicativo a bocciare una legge? Si può dire: «Non l'ha bocciata». Certo, però dice che la può prendere quel dato malato, il mercoledì mattina dalle 5 alle 5.10, se non piove e se lui è tranquillo. Faccio la battuta, ma per dire che in qualche maniera si arriva a bocciarla. Vedete un po’ i malati che cosa pensano di questo. Pag. 6
  In conclusione, mi rendo conto che sono migliaia i problemi che lo Stato deve accollarsi, ma non perdiamo di vista le priorità etiche, morali e pratiche, come il dolore, che, oltretutto, potrebbe colpire chiunque di noi e che rientra tra i problemi prioritari. Nei miei interventi mi è caro concludere con quest'amara considerazione: non vi è nulla di più sopportabile del dolore degli altri.
  Ho anche un altro intervento, che non vi tedio a leggere, ma che lascio agli atti, se a qualcuno interessa. È lo stesso intervento che ho fatto in Commissione V della regione Veneto per denunciare il fatto che il regolamento applicativo avesse vanificato la legge. Ho chiesto in sede di Commissione e di audizione se potevo interfacciarmi con i tecnici che avevano vanificato la legge. Non ci sono riuscito, ma – questo va a vanto e a merito della Commissione – nel giro di due settimane stanno rivedendo la legge e stanno facendo gli emendamenti.
  Grazie e scusate la foga.

  PRESIDENTE. Grazie. Acquisiamo anche il documento.
  Do, ora, la parola a Giocondo Santoni, maggiore generale chimico farmacista.

  GIOCONDO SANTONI, Maggiore generale chimico farmacista. Prima di tutto, buonasera a tutti e grazie per questa convocazione. Vorrei precisare che sono qui esclusivamente a titolo privato, anche perché da qualche mese ho interrotto, per quiescenza, qualsiasi rapporto attivo con la pubblica amministrazione.
  Svolgo una breve premessa di carattere anche leggermente autobiografico, se permettete. Sono stato direttore dello Stabilimento per dieci anni, dal 2004 al 2014, a Firenze. Poi, nel 2015, ho avuto l'incarico di responsabile della Business Unit che aveva alle dipendenze lo Stabilimento. Solo da qualche mese ho lasciato effettivamente l'attività a Firenze.
  Io ho sempre considerato lo Stabilimento come l'unica azienda farmaceutica dello Stato e, come tale, ho ritenuto che potesse e dovesse intervenire in una serie di situazioni in cui le esigenze sanitarie pubbliche non potevano riferirsi alle strutture farmaceutiche private.
  So che avete incontrato stamattina i colleghi dello Stabilimento. Mi fa molto piacere che ci possa essere un interesse per questa struttura. È veramente importante, almeno a mio modesto parere. Cito soltanto due argomenti, i farmaci orfani e le emergenze sanitarie, su cui credo che lo Stabilimento stia facendo ottime cose.
  Quando ho percepito, nel 2013, l'esigenza e i problemi dei pazienti – fino a quel momento non ne avevo avuto notizia – circa la cannabis, ho pensato che quello fosse un argomento per lo Stabilimento, in termini proprio di servizio pubblico. La cannabis veniva e viene importata solo dall'Olanda, per il momento, a costi elevati e con tempi di disponibilità per i pazienti tutt'altro che brevi.
  Ho preso l'iniziativa, quindi, di proporre al Ministero della difesa che lo Stabilimento si occupasse di questo medicinale. Loro pensavano che si dovesse comprare la materia prima da chissà dove e che noi dovessimo produrre il medicinale finito, come facciamo in tante altre occasioni. Il mio intendimento – questo poi è stato realizzato – era di partire dalla coltivazione, cioè dal momento chiave della disponibilità, fra l'altro, del prodotto stesso.
  Il percorso non è stato facile. Abbiamo lavorato in cinque amministrazioni, tra cui il Ministero della salute, il Ministero delle politiche agricole, la Guardia di finanza e l'AIFA. Permettetemi di esprimere soddisfazione per quello che è stato ottenuto, a partire dall'accordo «difesa salute» del 18 settembre 2014, per arrivare a quello che, pur criticabile quanto si vuole e pur perfezionabile quanto si vuole, è il decreto ministeriale del 9 novembre 2015, al cui allegato ho modestamente collaborato e contribuito, in quanto facevo parte del gruppo di lavoro di carattere tecnico che il Ministero della salute aveva costituito.
  Non sono uno studioso di giurisprudenza, ma per questa legge vedrei meglio – scusatemi – modestamente, una nuova legge e non un qualcosa che si attaglia, che si schiaccia (se la vogliamo mettere così) o che va a modificare il decreto del Presidente Pag. 7 della Repubblica n. 309 del 1990. Il n. 309 del 1990 ha altre finalità: il rispetto degli accordi internazionali e tutto quello che è attinente – direi – gli aspetti medici e sanitari e il controllo dell'uso illecito.
  Credo che questa nuova norma debba essere letta e vista secondo due chiavi di lettura, perché due sono le tipologie di cittadini alle quali si rivolge. La prima comprende chi ne fa, o ne vuol fare, un uso ricreativo. La seconda sono i pazienti. Mentre per la prima tipologia di persone è necessario che con questo assetto giuridico, che ovviamente saluto con molto piacere e con molta condivisione, sia assicurata la qualità e la sicurezza del prodotto, ai pazienti deve essere assicurato, invece, l'accesso il più rapido possibile e magari gratuito per determinate patologie. Sulla qualità e la sicurezza del prodotto c'è già l'ordinamento specifico attuale e valido nell'ambito dei medicinali che offre garanzie.
  Ho esaminato tutte le proposte di legge, che mi sembrano molto interessanti, ma mi sono concentrato in modo un po’ più puntuale sulla proposta di legge C. 3235. Scusatemi, ma, essendo chimico farmacista, qualche valutazione un po’ puntuale me la dovete perdonare.
  All'articolo 1, quando si parla della coltivazione per uso personale o in forma associata, per questa novità esprimo parere negativo. Esprimo parere negativo perché mi sembra una deregulation troppo veloce, troppo accentuata. Il tabacco e l'alcol vengono prodotti da strutture professionali. Facciamo produrre la cannabis, anche per un uso ricreativo, se si va in quella direzione, da chi professionalmente e sotto il controllo pubblico fa determinate cose.
  Credo che sia, oltre che non legittimo, anche non sicuro fare un distillato in casa. Il pericolo dell'alcol metilico – scusate – non ce lo dobbiamo dimenticare. Una coltivazione personale, ma anche in forma associata, che non sia sotto il controllo anche qualitativo di strutture preposte, mi sembra un rischio notevole. Suggerirei di fare un passo per volta.
  Cinque piante mi sembrano troppe. Vado un po’ più nello specifico. Ogni pianta può arrivare a produrre oltre 100 grammi di infiorescenze, se coltivata in determinate situazioni, per non parlare delle foglie e per non parlare del fatto che, coltivata in determinate situazioni particolari, si possono fare tre cicli di coltivazione all'anno. A che quantità arriviamo, sia a livello personale, sia a livello in forma associata, come coltivazioni che praticamente sono fuori da ogni controllo?
  Se non altro, prevediamo che le sementi anche per questo tipo di coltivazione siano secondo la filiera prevista per i Monopoli di Stato, ossia sementi certificate. La cannabis, comunque è una pianta con alte attività, rischiosa. Ha degli effetti importanti anche dal punto di vista sia acuto, sia cronico. Il fatto che il soggetto che è abituato a coltivare una determinata specie vegetale... Sapete che le varietà di cannabis hanno composizioni diverse. Non voglio neanche prendere in considerazione la situazione di aggiunta di cannabinoidi esterni, ma le semplici varietà vegetali possono avere una composizione completamente diversa, che va dallo 0,2 di THC al 20 per cento. In un soggetto che non ha un'origine controllata dei semi e che può arrivare ad aver coltivato delle piante che magari hanno un THC decisamente più alto, si rischiano in un solo dosaggio degli effetti acuti tossici veramente importanti.
  La quantità massima che può essere detenuta per una prescrizione medica è prevista già dall'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, implicitamente. Qui la nuova legge prevede addirittura la descrizione e l'indicazione della patologia per la quale viene indicata la terapia a base di THC.
  Vorrei che venisse considerato che, in realtà, i princìpi attivi della cannabis sono tanti e che ce ne sono anche alcuni che non sono soggetti, fra l'altro, alle norme sugli stupefacenti, come il cannabidiolo. Quindi, prefigurare in termini specifici una patologia per la quale si prevede una terapia a base di THC mi sembra, come minimo, settoriale, perché ci può essere, invece, un uso del cannabidiolo o di una varietà vegetale molto ricca di cannabidiolo e poverissima di THC per la quale il medico Pag. 8pensa di poter prescrivere la somministrazione di cannabis.
  Quanto ai Monopoli di Stato, saluto in modo positivo se si va verso la scelta di una regolamentazione, non legalizzazione – scusate, ma io non userei questo termine – dell'uso ricreativo. Ai sensi della Convenzione internazionale del 1961, poi modificata nel 1972, sono previste delle autorità nazionali per i vari usi della cannabis. Il Ministero della salute si è già costituito come autorità nazionale per l'uso medico con il decreto 9 novembre 2015. È opportuno che in questa nuova legge siano specificate quali sono. Si possono dedurre il Ministero dell'economia e delle finanze per autorizzare la coltivazione, il Ministero delle politiche agricole per individuare le zone, ma è opportuno, per rispetto delle norme internazionali, che siano chiarite queste strutture.
  L'articolo 6, che prevede in modo specifico l'emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica per quanto riguarda l'ambito farmaceutico, credo non semplifichi un granché dell'assetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Il mio auspicio è che, invece, si possano fare delle cose in termini concreti.
  Faccio qualche flash puntuale. Per quanto riguarda il miglioramento genetico, al CRA, che in realtà è CREA, perché ha avuto la ristrutturazione, ragion per cui non è più CRA ma CREA – scusate la precisazione – non affiderei tanto l'attività specifica di miglioramento genetico, quanto il controllo e la certificazione, perché attività di coltivazione per studio e sperimentazione sono già autorizzate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 per i lavoratori pubblici. Questa proposta di legge lo prevede anche per i lavoratori privati. Alla scienza e all'iniziativa di studio non ci dovrebbe essere limite. Come organo di controllo dovrebbe essere il CREA ad andare a certificare le nuove varietà.
  Per quanto riguarda le aree, è vero che la coltivazione per uso farmaceutico in taluni Paesi viene fatta estensivamente all'aperto, ma la coltivazione per uso farmaceutico, a mio modesto parere, deve essere fatta, invece, in ambiente chiuso. Perché? Perché è un'esigenza fondamentale che il medicinale debba avere una costanza di composizione.
  La coltivazione all'aperto permette che alle piante femmine possano arrivare pollini addirittura fino a cinque chilometri di distanza. I pollini, se inducono una riproduzione sessuata e, quindi, provocano un rimescolamento genetico, fanno sì che i semi o i prodotti che vengono fuori non abbiano più la composizione standard attesa dall'ambito farmaceutico. Questo è un punto fondamentale. È come a dire che faccio un medicinale prendendo il primo principio attivo che mi capita per la strada. Non sarebbe accettabile. Suggerisco, quindi, una coltivazione al chiuso, in una filiera controllata, magari dal Corpo forestale dello Stato, più che dalla Guardia di finanza.
  Quello che, però, metterei ancora più in evidenza è che questa proposta di legge, dovrebbe essere semplificativa anche – ho visto che è permesso anche l'accesso ad aziende private – per la produzione di questo medicinale. Ci deve essere possibilmente un'unica autorità. In questo momento l'assetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 prevede il Ministero della salute, l'AIFA, la Guardia di finanza e i NAS.
  Noi abbiamo dovuto conseguire – scusate se lo cito – come Stabilimento, non in modo unitario, ma in modo sequenziale, l'autorizzazione per l'articolo 26, cioè ricerca scientifica, l'autorizzazione per l'articolo 27 per la coltivazione per uso produttivo e il quella per l'articolo 49 per la detenzione e l'acquisizione. Poi abbiamo avuto un'ispezione dell'AIFA e abbiamo dovuto avere l'autorizzazione dell'AIFA. Infine, abbiamo dovuto avere l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 32 per la fabbricazione dei medicinali.
  Abbiamo avuto le ispezioni del Ministero della salute, della Guardia di finanza, dell'AIFA e dell'ONU. Se si vuole favorire l'accesso dei pazienti in modo controllato, sicuro e di qualità ai medicinali, dobbiamo favorire anche, però, delle fasi preliminari per chi lo vuole produrre. Pag. 9
  Vorrei concludere con un ringraziamento al personale del Ministero della salute, del Ministero delle politiche agricole, dell'AIFA e del CREA per la loro professionalità e la fiducia che hanno avuto. Vorrei anche concludere con un ringraziamento al personale dello Stabilimento, che, con la sua professionalità e dedizione, ha permesso di avere i complimenti, quando sono venuti gli ispettori dell'ONU a visitare l'attività che facevano.
  Infine, un pensiero e un augurio va a tutti i pazienti che in questo momento stanno soffrendo.
  Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Anche lei ha già lasciato il documento.
  Do la parola a Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele.

  LEOPOLDO GROSSO, Presidente onorario del Gruppo Abele. Mi concentro, in particolare, sui tre obiettivi della proposta di legge C. 3235, che sono il prosciugamento del mercato illegale, il guadagno di salute e il risparmio economico. Pur essendo a favore, ovviamente farò l'avvocato del diavolo e cercherò di evidenziare qualche difficoltà che possiamo incontrare.
  Rispetto al prosciugamento del mercato illegale il primo problema che si pone è come si spostano i consumatori dal mercato illegale a quello legale. Ci sono tre elementi. Il primo, che mi sembra quello fondamentale, è una proposta economica conveniente. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che abbiamo un valore soglia economico oltre il quale probabilmente non si può salire, che è di 10-12 euro al grammo, in linea di massima.

  MARIO MARAZZITI, Presidente della XII Commissione. Per grammo di...?

  LEOPOLDO GROSSO, Presidente onorario del Gruppo Abele. Hashish e marijuana, che sono diversi.

  MARIO MARAZZITI, Presidente della XII Commissione. Non di principio attivo?

  LEOPOLDO GROSSO, Presidente onorario del Gruppo Abele. No, certo. Se il prezzo fosse superiore, la proposta economica sarebbe penalizzante e il mercato non lo sposteremmo. Questa è la prima questione.
  Il secondo elemento è la sicurezza. È stato già detto molto da chi mi ha preceduto in questi termini, anche dal punto di vista strettamente tecnico, sulla sicurezza del prodotto acquistato, soprattutto in termini di conoscenza del THC contenuto.
  Il terzo elemento è il rispetto del regime di privacy, perché, ovviamente, i consumatori in qualche modo vengono riconosciuti e in qualche forma anche schedati. Pertanto, la privacy qui è rigorosa.
  Sul primo elemento è importante che facciamo tesoro dell'esperienza, come è stato detto, dei derivati della cannabis a scopo terapeutico. Registriamo un insuccesso per quanto riguarda l'accesso a questi prodotti, proprio perché il prezzo è alto e le procedure sono lente. Da questo punto di vista non ha funzionato. Non basterà sicuramente l'autocoltivazione singola o quella associata e, quindi, sarà necessaria un'economia di scala per quanto riguarda l'affidamento al Monopolio di Stato e, se non sarà direttamente prodotta dal Monopolio, sotto il controllo del Monopolio di Stato.
  Si aggiungono, ai costi di coltivazione e produzione, i costi del controllo, che – ribadisco – possono non essere pochi per tutte le cose già in precedenza dette. Peraltro, se andiamo su un'ipotesi di autocoltivazione associata, la disseminazione della produzione su tutto il territorio nazionale sarà tale che un controllo troppo decentrato e settorializzato forse non porterà agli esiti sperati. Quindi, il costo del controllo dobbiamo metterlo in conto sul prezzo finale della merce.
  Il controllo deve essere rigoroso anche per un altro motivo. Abbiamo visto alcune questioni di materia ricreativa. L'esempio, purtroppo, è il gioco d'azzardo, che è stato sottoposto a una deregulation tale per cui l'aumento del gioco legale ha comportato anche un aumento del gioco illegale. Se proponiamo un'area di legalità di acquisto della cannabis, dobbiamo fare dei controlli Pag. 10molto rigorosi, perché molto spesso si sposano possibilità di attività illegali.
  Rispetto alla proposta non poniamo come prioritario l'obiettivo delle accise, che è assolutamente secondario e di derivata. Lo vediamo ancora anche dal contrabbando di tabacco. C'è il monopolio di Stato, c'è la liberalizzazione, ma il contrabbando del tabacco esiste ancora. Quindi, le accise le possiamo vedere unicamente come variabile dipendente. I risparmi, intanto, possono essere soprattutto risparmi di ricaduta, ossia relativi a tutto quanto non si spende più nell'attività repressiva che l'attuale legge ha messo in piedi.
  La seconda questione è la tutela dalla salute psicofisica. Rimane valido il principio «primo non nuocere». Sappiamo che la creazione di un mercato illegale comporta – almeno ipoteticamente, poi sarà da verificare – il rischio dell'espansione del consumo. Questo rischio lo freniamo con un intelligente contenimento dell'offerta.
  Se prevale l'ipotesi – poi vedremo come sarà elaborata la legge – dell'autocoltivazione e della coltivazione associata, questo può essere un inizio. Può essere una sperimentazione iniziale per capire quanto si porta via l'area di profitti al mercato illegale, ma, soprattutto, la legalizzazione ci garantisce dal meccanismo, che sarebbe poi quello che porta all'espansione del mercato del consumo, della concorrenza. Se la legalizzazione di per sé comporta un rischio di maggiorazione del consumo, quello della concorrenza lo comporta ancora di più. Di qui la necessità di stare su meccanismi rigorosi di monopolio o di controllo di autocoltivazione.
  Ci saranno, inevitabilmente, dei luoghi di vendita. Questi luoghi di vendita dovranno essere connotati, ma non troppo, e avere ovviamente dei locali in cui si consuma, per fumatori, debitamente attrezzati. Dovranno essere luoghi in cui, quindi, si faccia informazione sui rischi del consumo e in cui ci sia anche forse la possibilità di intercettare e di interloquire con il consumo problematico.
  Avremo, infine, un sistema di monitoraggio del consumo problematico, perché con la rete legale che si viene a creare, occorre far sì che le associazioni dei consumatori, i locali di acquisto e di consumo e gli operatori sociosanitari con queste agenzie legali possano interloquire per quanto riguarda la prevenzione dei rischi.
  Quindi, si parla di vantaggi sul piano sanitario e, soprattutto, della conoscenza di ciò che si consuma, con la parziale ulteriore messa in sicurezza del consumatore rispetto agli imprevisti e agli effetti collaterali indesiderati del prodotto. Si prevedono maggiore possibilità di intercettare il consumo problematico, maggiore possibilità di collegamento con i servizi ed eliminazione dei danni derivati da tutta l'esperienza della punibilità del consumo.
  Infine, l'ultima questione riguarda i vantaggi economici. Sui vantaggi economici non facciamoci – presumo – troppe illusioni di grandi proventi. I vantaggi economici sono quelli del rientro dalle spese della precedente esperienza proibizionistica e, quindi, dall'evitamento dei loro costi, fondamentalmente.
  Direi che non possiamo prevedere che vengano devolute alla prevenzione e al recupero solo le multe, che non è detto che ci siano e che non è detto che vengano poi pagate. È un po’ aleatoria, come proposta di gettito. Né si può ridurre la percentuale già prevista del 5 per cento dei proventi, perché la percentuale, per essere sufficiente, deve essere in relazione alla quantità dei proventi.
  Facciamo sempre l'esempio del gioco d'azzardo. Avrebbero dovuto arrivare alle regioni – poi non sono arrivati; o meglio, sono arrivati ma sono stati utilizzati diversamente – 20 milioni di euro. Questo vuol dire che il 5 per cento dei 20 milioni potrebbe essere una cifra adeguata, ma sarebbe il 5 per cento di 400 milioni. Vedete che il 5 per cento varia molto a seconda di quelli che saranno i proventi. Secondo me, non va stabilita come cifra fissa.
  Concludendo, questi obiettivi del prosciugamento del mercato illegale, del guadagno di salute e del risparmio sono conseguibili, ma dipende molto da come ci arriviamo. Sicuramente, se ci si arriva con gradualità, prudenza, attenzione, controllo Pag. 11e rigore sono maggiormente conseguibili per il prosciugamento del mercato illegale. Con riguardo al guadagno di salute, sicuramente si diminuiscono i rischi legati al consumo e forse si contiene anche quella piccola quota che sviluppa poi dipendenza. Per quanto riguarda i conti economici, dobbiamo calcolare, soprattutto, i risparmi che facciamo e non tanto i guadagni.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Passerei all'ultima audizione, dando la parola ad Antonio Lo Iacono, presidente della Società italiana di psicologia.

  ANTONIO LO IACONO, Presidente della Società italiana di psicologia (SIPs). Partirei dal mito della droga. Dico due parole, perché non c'è molto da dire dal mio punto di vista.
  Mitizzare le droghe ha da sempre comportato degli schieramenti: droghe buone, droghe cattive. È quasi mezzo secolo che mi occupo dei disagi delle persone. Ho coordinato anche i SerT della regione Lazio, vent'anni fa. Non ho mai visto un malato di hashish o di marijuana. Ho visto soltanto delle persone che avevano tendenze, quando fumavano molto, a un atteggiamento passivo verso la vita. Questo, però, avviene quando ci si fanno due, tre o quattro canne al giorno, per usare termini pratici.
  Un problema che forse non è facile affrontare – d'altro canto, non tutti hanno un'ottica psicologica – è quello della dipendenza. È più facile prendersela – come fa il bambino, che, quando cade, dà una botta sul pavimento come se fosse stato cattivo il pavimento – con la sostanza di turno. Chiaramente, ci sono sostanze lecite, che lo Stato ha deciso lecite, come l'alcol, che comporta (mi pare) 30.000 morti all'anno in Italia e come le sigarette, che ne comportano 90.000, ma c'è un interesse.
  Esistono altre sostanze che sono un po’, non dico a livello del peperoncino rosso, che tra l'altro è molto buono – io prendo quello calabrese – ma poco di più. Il rischio, chiaramente, è legato alla distribuzione. Essendo la cannabis non legale, non liberalizzata, il filone è quello.
  Non possiamo qui fare una conferenza sui problemi d'attaccamento delle persone, perché dovremmo parlare anche del caso, che c'è in Internet, di Facebook e di tutte le situazioni drammatiche che ci sono per il gioco d'azzardo e i suicidi. Quindi, non ho molto da dire. Se non mettiamo al centro l'uomo, penso che ce la possiamo prendere con tutte le sostanze, come il bambino che cade e se la prende con il pavimento.
  La regolamentazione è dello Stato? Non so. Il monopolio, se lo Stato ha bisogno di soldi, va bene. Prende già molti soldi dalle sigarette, mi pare. Ne prende anche dal gioco d'azzardo. Dall'alcol prende qualcosa? Forse sì, forse no. Se c'è un interesse e siamo ridotti proprio male in Italia, va benissimo, ma non è questa l'ottica di uno psicologo o di uno psicoterapeuta come me, che si è occupato molto di dipendenze di tutti i tipi nelle persone. C'è anche il cibo. Vogliamo vietare il cibo ai bulimici? A che gioco giochiamo?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIA AMATO. Volevo porre un quesito al professor Saia. Intanto, grazie per la passione. La passione è quella dei terapeuti del dolore e di chi sa che il dolore inutile è qualcosa che abbassa di tanto la qualità della vita delle persone.
  Quanto è urgente la domanda rispetto alla regolamentazione dell'uso terapeutico della cannabis e come vede lei un testo dedicato, snello, rapido con un iter separato da una discussione generale rispetto all'uso terapeutico della cannabis?

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Relatrice per la XII Commissione. Ho una domanda per il generale Santoni, velocemente, vista la sua esperienza nell'avvio del progetto cannabis presso l'Istituto di Firenze.
  Lei ha visto che nelle proposte di legge c'è anche l'apertura ai privati e ha detto che questo potrebbe riservare delle criticità. Pag. 12 Tuttavia, vorrei porle una questione molto semplice. L'istituto, per come si è organizzato, visto che lei l'ha lasciato da poche settimane, è attrezzato per corrispondere a un fabbisogno presunto per l'intero Paese oggi, ovviamente per l'uso terapeutico della cannabis?

  VITTORIO FERRARESI. Ringrazio gli auditi, che, ovviamente, tutti in maniera positiva e favorevole hanno fatto il loro intervento, certo sicuri che tutto quello che, almeno nei principi, è contenuto nella proposta di legge sia dato per scontato come approvato. Hanno cercato di capire il come farlo. Purtroppo, però, la situazione parlamentare è un po’ più difficile e, quindi, ci saranno più difficoltà proprio a far passare questo messaggio.
  Volevo sapere se da alcuni, in particolare dalla professoressa Rossi, c'è una valutazione proprio di quello di cui si parlava prima, ossia non solo della diminuzione dei costi che ha lo Stato, ma anche dei possibili introiti che potrebbe avere in entrambi i casi, sia con il monopolio, sia con la commercializzazione o, comunque, con la regolamentazione della coltivazione personale.

  DANIELE FARINA, Relatore per la II Commissione. Ringrazio tutti gli auditi. Ho colto nelle loro parole la difficoltà di questa nostra discussione, che tiene livelli diversi di una questione antica e complessa. Pertanto, i problemi che sono stati sollevati li reputo tutti corretti. Poi toccherà alla politica in qualche modo cercare una sintesi.
  Poiché, però, annetto a questo nostro sforzo un carattere positivo, preventivo ed educativo, secondo me di straordinaria novità rispetto al passato, avrei una domanda per Leopoldo Grosso, che è entrato nel merito della relazione tra le risorse ottenibili pubblicamente da questi articolati che stiamo esaminando e i meccanismi di prevenzione e informazione, nonché di riduzione del danno e del rischio, anche in generale sulla base delle esperienze di altri settori che stanno muovendo i passi in questa direzione. Ci riferivamo, per esempio, alle ludopatie e al gioco d'azzardo.
  Vorrei, se fosse possibile, precisare un po’ meglio se sia possibile ipotizzare un meccanismo diverso. È stato accennato, ma forse vale la pena rimarcarlo e lasciarlo agli atti di queste nostre audizioni, un meccanismo più preciso di relazione tra quei fondi, quella percentuale o altro, ottenibili attraverso un'innovazione normativa sulla materia e questi meccanismi di prevenzione e intervento in relazione al privato sociale.

  MARIO MARAZZITI, Presidente della XII Commissione. Ringrazio tutti voi. Alcune considerazioni, peraltro, sono convergenti con altre audizioni. Registro la convergenza, nel caso in cui si passi a una legalizzazione e produzione, del discorso indoor, ossia un tema al chiuso e non all'aperto per le coltivazioni. Questo potrebbe andare a intaccare anche tutta la parte eventuale di autocoltivazione. È tutto un filone di pensiero su cui lavoreremo.
  Ho due richieste. È stata fatta un'osservazione per cui, in caso di incidenti stradali, una quantità non maggioritaria, o addirittura piccola dei soggetti coinvolti è quella che usa solo cannabis. Tuttavia, poiché il professor Lo Iacono dice che non si tratta di un problema di sostanza, ma di un problema di comportamenti, come mille altri problemi che generano i comportamenti, il problema è se esistano studi per cui l'utilizzatore di cannabis si trovi, per gli stessi motivi per cui è un utilizzatore di cannabis, a essere nella condizione di essere un po’ utilizzatore anche di altre cose, non in quanto dipendenza chimica.
  Passo alla seconda domanda. Per andare a prosciugare, creando una filiera legale, il traffico illegale, una domanda che mi pongo è – abbiamo parlato di qualità standard e di tutto il tema della maggiore sicurezza – se valori più alti di THC nel mercato illegale non possano vanificare gran parte dello sforzo che si fa e l'intenzione del legislatore. Mi chiedo, cioè, se non sia possibile produrre sostanze più interessanti a prezzi competitivi. Lo chiedo a voi.

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  PRESIDENTE. Bene. Abbiamo un quarto d'ora per le risposte. Andiamo per ordine.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  ROBERTO SAIA, Componente del Comitato Ospedale senza dolore – Azienda ospedaliera di Padova. Ci sono a livello regionale delle leggi – prendo quella del Veneto perché l'abbiamo ampiamente discussa, ma anche quella della Toscana – che potrebbero essere un punto di riferimento. Mi pare di aver capito che la domanda sia relativa a che urgenza ci possa essere. C'è una grande urgenza, perché il dolore – è il discorso che dicevo prima – non ha tempi. Chi ha male ha male e quelli che pensano che questa terapia possa lenire loro il dolore, anche se poi a quei pazienti non lo lenisce, la prendono come una sfida, come una mancanza di interesse nei propri confronti da parte delle Istituzioni.
  La legge veneta dice che, quando uno specialista, ospedaliero o universitario, ha deciso che il piano terapeutico per quel paziente è quello, il Servizio sanitario regionale paga e il paziente viene seguito dal medico di base.
  Qual è stato «l'inghippo» per cui la legge è stata poi di fatto bocciata dal regolamento applicativo? L'inghippo è stato che i membri della Commissione hanno deciso che lo specialista dovesse essere solo il neurologo e che dovesse rivolgersi solo ai pazienti con una sclerosi multipla e con spasmo da sclerosi multipla.
  Siamo ritornati come per il Sativex, l'unico farmaco che abbia un'autorizzazione all'immissione in commercio, che è stato autorizzato dall'AIFA solamente per questa indicazione, mentre tutti i farmaci che sono galenici, cioè prescrivibili da qualsiasi medico, senza autorizzazione dell'AIFA, sono prescrivibili da qualsiasi medico iscritto all'Ordine dei medici.
  Io non so dal punto di vista legale e tecnico se nelle riunioni e nelle discussioni che vengono fatte tra Stato e regione non sia possibile prevedere una legge – o non so che tipo di regolamento – che stabilisca che, quando uno specialista (dove per «specialista» si intende lo specialista che sta seguendo quel paziente per quella determinata specialità, che sia esso il neurologo, il reumatologo o lo gnatologo, che lo segue per i dolori) ha deciso a livello ospedaliero universitario che il piano terapeutico è quello, lo Stato si prenda carico della spesa.
  La legge veneta, che adesso è in fase di modificazione – in uno o due mesi dovrebbe essere corretta – diventa già, secondo me, un punto di riferimento che dovrebbe essere preso a livello nazionale. Non so se sono riuscito a risponderle.

  LEOPOLDO GROSSO, Presidente onorario del Gruppo Abele. Le domande per me erano due. Comincio dall'ultima, rispetto al rischio che si mantenga una fetta di mercato per quanto guarda valori più alti di THC. Sì, sicuramente in piccola parte questo rischio ci può essere, ma è un rischio di nicchia, così come ci può essere il rischio di minori, che non possono accedere, ovviamente, al consumo legale, di continuare a rifornirsi al mercato illegale, così come ci possono essere persone dipendenti che ormai sono assuefatte a un determinato tipo di livello di sostanza e così come ci possono essere psiconauti e sperimentatori che in qualche modo vogliono provare.
  Tuttavia, rimane un mercato di nicchia. La grande fetta del mercato se la tira dietro la legalizzazione. Non so se Carla Rossi lo dirà meglio, ma i consumatori di cannabis in Italia sono stimati in termini spannometrici. Si va dai 4 milioni agli 8 dei francesi. Diciamo che il 70-80-85 per cento, forse il 90 per cento, sarà catturato dalla legalizzazione. Rimarrà comunque una parte. Lo sappiamo forse già preventivamente. Quindi, l'operazione la facciamo sui grandi numeri.
  Per quanto riguarda, invece, quella che dovrebbe essere la quota di fondi da devolvere alla prevenzione e alla riabilitazione, per quanto riguarda la prevenzione che bisognerebbe fare sulla cannabis e anche eventuali interventi di intercettazione del consumo problematico, direi che sarebbero forse necessari – anche qui molto a occhio – 50 milioni di euro l'anno. È per quello che dicevo che il 5 per cento, fissato così nella legge, è un po’ a rischio, perché si potrebbero anche non raggiungere questi Pag. 1450 milioni di euro. Potrebbero essere raggiunti proventi che superano i 50 milioni di euro. Tutto il resto andrebbe a beneficio dell'erario in generale.

  CARLA ROSSI, Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Volevo ricordare che attualmente, per fare repressione di chi smercia cannabis, sia dal punto di vista giudiziario, sia dal punto di vista del carcere, si spende molto. Il 23 giugno prossimo diremo anche quanto, nel corso della presentazione del libro che abbiamo realizzato. Quelle sono risorse che si possono dedicare, invece, al controllo della produzione, in particolare al controllo del THC, e comunque della qualità, che, quindi, non interferisce con la salute e non fa sì che debbano intervenire anche i servizi sanitari.
  Io non so fare, perché non sono un'economista, il calcolo di quanto rendano le tasse su questo commercio, ma so quanto si risparmia eliminando la repressione. Si risparmia molto e ciò che si risparmia si può investire nel controllo e nella produzione.
  Per quanto riguarda l'aumento di uso, che è stato più o meno citato, in Colorado e in Uruguay non è stato osservato dopo la legalizzazione, il che significa che, se c'è un controllo e se si creano i centri in cui si va a comprare e fumare sotto controllo, in realtà l'uso non aumenta. Si elimina semplicemente il mercato illegale, o perlomeno si riduce moltissimo.
  Ci terrei molto che si parlasse sempre, quando si parla di questa legge, di legalizzazione e mai di liberalizzazione. Ogni tanto qualcuno si fa sfuggire «liberalizzazione». La liberalizzazione è quella che c'è adesso. Il mercato è in mano alle organizzazioni criminali ed è libero, perché chiunque può comprare cannabis senza problemi, senza venire scoperto mentre lo spaccio viene scoperto solo il 5 per cento delle volte. È libero adesso, ed è quello che non funziona.
  Per quanto riguarda gli incidenti, abbiamo studiato anche il poliuso in Italia, che è più diffuso che in tutti gli altri Paesi europei. Perché? Perché la legge Fini-Giovanardi rendeva equivalenti ai fini della repressione tutte le sostanze e, quindi, chi vendeva cannabis vendeva anche altre sostanze, molto di più che negli altri Paesi europei che abbiamo studiato.
  Naturalmente, chi consuma cannabis potrebbe anche avere qualche problema psicologico, come chi consuma alcol e chi consuma tabacco. È nella norma. Il consumo critico, quindi, problematico di cannabis in Italia è molto basso, come è basso negli altri Paesi europei. Certamente, si deve fare quello che dice Leopoldo Grosso in termini di prevenzione e controllo, ma non è un problema poi così grave.

  VITTORIO FERRARESI. Volevo sapere se anche in Portogallo c'è stata una diminuzione.

  CARLA ROSSI, Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata». La situazione in Portogallo è diversa, perché non è legalizzata la cannabis. Sono depenalizzate tutte e i consumatori, invece di essere inviati dal cosiddetto prefetto o chi per lui, vanno a fare il colloquio con una commissione che si trova presso il Ministero della salute, in cui ci sono psicologi, giuristi e altri soggetti. È un altro percorso.

  VITTORIO FERRARESI. Mi risulta che comunque sia in calo.

  CARLA ROSSI, Professoressa di statistica medica presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Sì, è molto in calo, e nei miei numeri si vede.

  GIOCONDO SANTONI, Maggiore generale chimico farmacista. Le licenze di cannabis per uso medicinale sono in crescendo. Credo che attualmente siamo arrivati all'ordine dei 60 chili autorizzati per l'importazione dall'Olanda, in questo momento. Credo che lo Stabilimento per questi livelli abbia capacità sufficiente, ma le notizie che mi giungono sono di un'espansione notevole anche per altre patologie rispetto a quelle già finora individuate.
  Mi permetterei di suggerire, tenuto conto anche degli investimenti che sono Pag. 15stati fatti presso lo Stabilimento in termini di serre e di attività di controllo di qualità, di configurare lo Stabilimento come un centro di coltivazione sperimentale non solo per fini terapeutici, ma anche per fini diversi, vista la necessità di caratterizzare e controllare la qualità anche di quello che viene distribuito per usi diversi, nonché di realizzare un'attività di controllo su eventuali aziende farmaceutiche autorizzate.
  Fra l'altro, un gruppo di ufficiali dello Stabilimento ha già la qualifica di ispettore e svolge già attività ispettiva per conto dell'Agenzia italiana del farmaco ormai dal 2002. In questo caso, vista l'esperienza fatta nella coltivazione della cannabis, veramente potrebbe assurgere a un ruolo ancora più significativo di controllo sia per l'ambito farmaceutico, sia per l'ambito, magari più diffuso, di carattere monopolistico, evitando quindi di perdere il ritorno sugli investimenti fatti e addirittura assurgendo a un ruolo ancora più significativo a livello nazionale.

  ANTONIO LO IACONO, Presidente della Società italiana di psicologia (SIPs). A parte il discorso della polidipendenza e, quindi, tutto il discorso legato alle doppie diagnosi e a forme di dipendenza compulsiva e psicosi, ci sono degli studi riguardo il consumo ludico della cannabis, che è legato a persone cosiddette normali, ammesso che esista il concetto di normalità. Io sono stato allievo di Basaglia e questo discorso mi mette sempre un po’ in crisi. Tra l'altro, dirigo una scuola per medici psicologi per diventare psicoterapeuti.
  Una buona percentuale dei consumatori usa, lavorando spesso anche giorno e notte, la cannabis senza alcun problema.
  C'è uno studio che ho fatto personalmente, e che non ho ancora pubblicato, riguardo le emozioni che contaminano il tabagista – intendo per tabagista quello che consuma da 15 sigarette al giorno in poi – come se queste persone esprimessero questa emozione fondamentale con l'ira e la rabbia verso gli altri, ma soprattutto verso se stessi.
  Cerchiamo anche di smitizzare determinate situazioni. Certo, la ricerca è importante, ma è importante vedere poi come intervenire. Il tipo di prevenzione un po’ è stato accennato, ma come si fa la prevenzione sulle dipendenze compulsive? Non so. La risposta non c'è o gira nel vento, come diceva Bob Dylan.
  Mi fermerei qui.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti, soprattutto chi è intervenuto in quest'audizione e, ovviamente, i colleghi. Proseguiamo le audizioni la prossima settimana, nella seduta di lunedì 20, nel pomeriggio alle 15.30.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.

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