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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (II e XII)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Lunedì 20 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 971  GOZI, C. 972  GOZI, C. 1203  DANIELE FARINA, C. 2015  CIVATI, C. 2022  ERMINI, C. 2611  FERRARESI, C. 2982  DANIELE FARINA, C. 3048  TURCO, C. 3229  NICCHI, C. 3235  GIACHETTI, C. 3328  TURCO E C. 3447  BRUNO BOSSIO, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LEGALIZZAZIONE DELLA COLTIVAZIONE, DELLA LAVORAZIONE E DELLA VENDITA DELLA CANNABIS E DEI SUOI DERIVATI

Audizione di Andrea Padalino, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, di Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN), di Raffaele Giorgetti, professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche, di Felice Nava, direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova, di Roberta Pacifici, direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 ,
Padalino Andrea , Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ... 3 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 ,
Padalino Andrea , Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ... 4 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 ,
Padalino Andrea , Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ... 4 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 ,
Padalino Andrea , Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino ... 5 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 ,
Grassi Gianpaolo , Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN) ... 5 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 ,
Giorgetti Raffaele , Professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche ... 8 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 ,
Nava Felice , Direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova ... 10 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 ,
Pacifici Roberta , direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità ... 13 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 ,
Miotto Anna Margherita (PD) , Relatore per la XII Commissione ... 14 ,
Farina Daniele (SI-SEL) , Relatore per la II Commissione ... 15 ,
Amato Maria (PD)  ... 15 ,
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 16 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 ,
Grassi Gianpaolo , Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN) ... 17 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 ,
Grassi Gianpaolo , Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN) ... 18 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 ,
Giorgetti Raffaele , Professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche ... 18 ,
Pacifici Roberta , direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità ... 20 ,
Nava Felice , Direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova ... 20 ,
Grassi Gianpaolo , Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN) ... 20 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 

Audizione di rappresentanti della Società italiana di farmacologia (SIF), di rappresentanti dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA), di rappresentanti del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board), di rappresentanti della Comunità di San Patrignano, di rappresentanti della Comunità Exodus:
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 ,
Cecconi Giancarlo , Segretario dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA) ... 21 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 24 ,
Calapai Gioacchino , Farmacologo, rappresentante della Società italiana di farmacologia (SIF) ... 24 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 ,
Armanasco Stefano , Presidente del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board) ... 26 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 29 ,
Boschini Antonio , Responsabile sanitario della Comunità di San Patrignano ... 29 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 31 ,
Maccaro Luigi , Responsabile comunità di Cassino della Comunità Exodus ... 31 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 32 ,
Maccaro Luigi , Responsabile comunità di Cassino della Comunità Exodus ... 32 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 32 ,
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 32 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 33 ,
Boschini Antonio , Responsabile sanitario della Comunità di San Patrignano ... 33 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 33 ,
Parolaro Daniela , Rappresentante della Società italiana di farmacologia (SIF) ... 33 ,
Mattossi Markab , Rappresentante dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA) ... 33 ,
Armanasco Stefano , Presidente del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board) ... 33 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 33 ,
Armanasco Stefano , Presidente del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board) ... 33 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 34

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA II COMMISSIONE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 15.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di Andrea Padalino, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, di Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN), di Raffaele Giorgetti, professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche, di Felice Nava, direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova, di Roberta Pacifici, direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 971 Gozi, C. 972 Gozi, C. 1203 Daniele Farina, C. 2015 Civati, C. 2022 Ermini, C. 2611 Ferraresi, C. 2982 Daniele Farina, C. 3048 Turco, C. 3229 Nicchi, C. 3235 Giachetti, C. 3328 Turco e C. 3447 Bruno Bossio, recanti disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati, di Andrea Padalino, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, di Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN), di Raffaele Giorgetti, professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche, di Felice Nava, direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova, di Roberta Pacifici, direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità.
  Inizierei dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Andrea Padalino. Di solito ci diamo 10-15 minuti. Poi ci saranno forse domande.

  ANDREA PADALINO, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino. Buonasera a tutti. Penso di portare la mia testimonianza di operatore del diritto e, quindi, di chi si trova quotidianamente ad applicare il DPR n. 309 del 1990, con tutti i problemi che questo comporta.
  Peraltro, abbiamo l'impressione di trovarci di fronte a situazioni che non sempre sono coerenti con loro stesse. Da un lato, originariamente la normativa prevedeva una pena elevatissima, anche nel minimo, per quanto riguarda le sostanze della tabella 1 e, quindi, le droghe cosiddette pesanti. Dall'altro, c'è stata la modifica che conosciamo tutti. Adesso c'è una situazione in cui per i fatti di lieve entità le sostanze stupefacenti leggere sono equiparate a quelle pesanti.
  Qui c'è già una situazione che non va bene, perché c'è una disparità di trattamento di situazioni che il legislatore e poi la Corte costituzionale hanno voluto tenere Pag. 4distinte. Nel momento in cui è stato rivissuto il quarto comma dell'articolo 73, si è scelto di sanzionare meno pesantemente quel tipo di situazione, ossia le droghe leggere rispetto alle altre. Invece, non è così per i fatti di lieve entità.
  Soprattutto è ritornata in vigore la normativa che prevede per gli altri tipi di sostanze da otto a vent'anni. Con una pena minima di otto anni si è inevitabilmente alzato il livello quantitativo per cui si ricade nel quinto comma o nel primo comma. Sotto questo profilo, se si arrivasse a una disciplina più unitaria rispetto a tale situazione, sarebbe molto meglio, facendo ovviamente delle scelte sulla base delle sostanze.
  Sotto questo profilo il disegno di legge...

  PRESIDENTE. A quale si riferisce?

  ANDREA PADALINO, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino. Ho visto quello che mi è stato segnalato, quello principale, con più firmatari.

  PRESIDENTE. Giachetti.

  ANDREA PADALINO, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino. Sì. Va in questa direzione. Non spinge, però, fino in fondo sul problema del minimo della pena del primo comma. Sotto quel profilo occorrerebbe intervenire. Basterebbe, in fondo, una norma unica che andasse da un minimo addirittura di sei mesi a un massimo di vent'anni per far ricomprendere tutti i tipi di situazioni, indipendentemente da quello che potrebbe essere poi il trattamento finale.
  Il disegno di legge pone anche dei limiti quantitativi al consumo. Anche questo sicuramente va in una direzione positiva, perché il fatto di fissare delle soglie o del lecito o dell'illecito impedisce poi di creare delle sacche di discrezionalità eccessiva che, purtroppo, accadono nella realtà.
  Purtroppo, siamo una situazione in cui, a seconda non dico del tribunale, ma della stanza del tribunale in cui si viene giudicati, si può avere una sanzione più o meno elevata rispetto a quella dell'altra stanza. Questo non va bene. Non va bene perché si crea una sorta di arbitrio che, nel bene o nel male, non è accettabile.
  Da questo punto di vista il fatto di aver indicato dei paletti quantitativi può essere utile per fare chiarezza. Si parla di 5 grammi lordi per quanto riguarda il consumo individuale e di 5 piante per quanto riguarda la coltivazione. Ci sono poi i tecnici che, ovviamente, sono più in grado di valutare a che cosa corrispondono determinati quantitativi. Comunque, il fatto che vi sia anche un controllo sulle coltivazioni può essere una cosa positiva, perché il disegno di legge prevede che vengano segnalate le coltivazioni da parte di chi le fa a un organismo apposito che raccoglie queste informazioni.
  Questa è, in realtà, una garanzia per situazioni che si possono creare. La coltivazione di un numero di piante magari superiore a 5 fatta da più persone, ma non chiaramente identificabili, potrebbe portare alla sanzione nei confronti di una sola di esse. È il caso dei classici tre amici che hanno una coltivazione sul balcone. Sono 15 piante, ma di chi sono? A quel punto, uno si trova alla fine magari a rispondere di tutte e 15. Invece, se le cose sono denunciate e segnalate, il problema si traduce in una garanzia anche per chi sceglie questa strada.
  Credo che la normativa vada comunque cambiata e che la questione vada affrontata fino in fondo, anche perché siamo in una situazione in cui si è fatta anche un'altra scelta da parte del legislatore. Lo strumento carcerario non va più bene per i piccoli quantitativi, perché di fatto col quinto comma riformato dell'articolo 73 si è scelto...
  Peraltro, si è messo in moto un meccanismo, anche in questo caso, inutile e dispendioso. Se scelgo che non c'è la custodia cautelare in carcere per chi cede piccoli quantitativi, non devo neanche prevedere l'arresto. A quel punto, ciò comporta quarantott'ore nelle camere di sicurezza, il processo per direttissima e la scarcerazione. Che significato ha? Altrimenti arriviamo a concludere che bisogna far fare Pag. 5due giorni di carcere per forza di cose a qualcuno.

  PRESIDENTE. È facoltativo.

  ANDREA PADALINO, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino. Sì, è facoltativo, ma alla fine le forze di polizia lo fanno, perché ci sono anche questioni di statistiche. È chiaro che, per quanto sia facoltativo, di fatto questo viene spesso applicato, per un'attività che si rivela poi alla fine di poco conto.
  Anche in questo caso aver introdotto questo riferimento alla lieve entità, in realtà, finisce purtroppo, spesso e volentieri, per favorire quello che di spaccio ci vive, non quello che magari si trova in una determinata circostanza. È vero che può capitare anche questo, ma è anche vero che lo spacciatore professionista, oggi come oggi, non va in giro col quantitativo che lo sottopone al rischio. Continuerà ad andarsela a riprendere, ma di fatto spaccia magari molto di più di chi viene trovato in possesso di un quantitativo superiore, ma che era destinato in parte a uso personale e in parte alla vendita.
  Sotto questo profilo occorre spingere in questa direzione per arrivare a una chiarezza generale sui vari punti. Sono sempre scelte che, ovviamente, spettano al legislatore, ma tenendo conto di una realtà che rispetto al 1990 è cambiata parecchio.

  PRESIDENTE. Adesso abbiamo Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. Le do la parola. Fermo restando che questi atti saranno a disposizione, se riesce magari a sintetizzare...

  GIANPAOLO GRASSI, Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN). Certamente. Ho pensato proprio a questo.
  Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio soprattutto l'onorevole Miotto, che mi ha concesso questa opportunità proponendo la mia audizione. Ho iniziato la mia esperienza con la canapa da bambino. Ci ho giocato a sei anni e da ventidue anni mi occupo professionalmente di questa coltura. Avrei 24-25 punti da analizzare, ragion per cui spenderò circa 25 secondi per ognuno. Saranno dei flash. Nel documento che ho lasciato magari chi è interessato può seguirseli.
  La cosa più importante, da cui inizierei, è inquadrare il problema con dati che sono stati pubblicati su una rivista autorevole come il Lancet del 2015, che individua la scala di pericolosità, sia diretta, sia indiretta, delle sostanze stupefacenti. La canapa viene ampiamente dopo l'alcol e il tabacco, anche per i problemi di tipo indiretto, relativi a che cosa la società paga rispetto al consumo che qualcuno può fare di queste sostanze.
  A mio avviso il problema più grave è quello che riguarda i giovani, i ragazzi al di sotto dei 18 anni. È una questione che ho vissuto personalmente. Succede che entrino a contatto e siano portati ad avere atteggiamenti e stili di vita che non sono confacenti con una società moderna e con una società in cui si tenga conto dei loro diritti.
  Immaginiamo un caso, ossia che, se venisse applicata la legge, venisse ammessa la coltivazione da parte di un capo di famiglia delle 5 piante nel suo orticello e che in questa famiglia ci fosse un minore. Questo sarebbe talmente curioso e attratto da questa cosa che sarebbe portato a provarla. Potrebbe dire: «Se la prova mio padre, la provo anch'io». Potrebbe anche essere portato a farla provare agli amici, ragion per cui innescheremmo un meccanismo di contaminazione generalizzato per tutto il Paese.
  La cosa più importante da fare, invece, è la prevenzione e l'informazione a tutti i livelli. Sarebbe prudente, però, secondo me, prima di inventarsi dei percorsi totalmente nuovi, ripercorrere quelli che sono stati fatti per le sostanze analoghe, come il tabacco e l'alcol. Questi sono distribuiti e gestiti dallo Stato in maniera diretta, nelle tabaccherie e nei bar. Ancora meglio sarebbe nelle farmacie o nelle erboristerie. Direi di seguire questo modo di distribuzione, Pag. 6 perché così sarebbe sotto controllo anche il recupero delle accise.
  Coltivare in proprio la cannabis sarebbe come ammettere che uno si fa l'alcol in casa sua. Ricordiamo quanti sono stati i morti per il problema del metanolo. Prodursi delle sostanze abbastanza complicate è una questione da tenere bene sotto controllo.
  Immaginiamo che tre tipologie di persone inizino a coltivare la canapa: chi è esperto riesce a farsela, poi c'è chi ha un'infarinatura di quali sono le tecniche e le modalità di coltivazione e, infine, c'è chi proprio non ce la fa, perché è anziano, malato o ha dei problemi. Ovviamente, quest'ultima categoria, che comprenderebbe migliaia di persone, deve farsi supportare da chi è volontario e vuol fare le community o cose di questo genere.
  Io sono dell'avviso che questo sistema non potrebbe andare a buon fine, perché poi le narcomafie non si lascerebbero scappare questo business. Inoltre, è impossibile da controllare una moltitudine di fonti di produzione di questi materiali.
  Un vincolo molto importante che il nostro Paese deve rispettare è quello stilato nel 1961 dalle Nazioni Unite. Abbiamo firmato un trattato che ci impone di comunicare agli organismi delle Nazioni Unite quanto produciamo, dove va a finire e come viene utilizzato tutto quanto è stupefacente. In un caos come sarebbe la legalizzazione sarebbe pressoché impossibile seguire questo aspetto.
  Come altra questione, consideriamo i medici, nel momento in cui vengono a trovarsi con la disponibilità di questo farmaco prodotto autonomamente e in modo libero dai pazienti. Prima di tutto sarebbe auspicabile e utile, a mio avviso, che tenessimo separato totalmente l'aspetto medico da quello ludico, perché così si eviterebbe ciò che è stato fatto anche negli anni precedenti, ossia di creare confusione e di utilizzare e strumentalizzare questa posizione, che talvolta è ideologica, mettendo di mezzo i pazienti.
  I pazienti sono la categoria più debole in tutto questo sistema e anche quella più bistrattata, in questi anni. Consideriamo le leggi che sono state approvate nelle regioni. Sono già più della metà. Undici o dodici regioni hanno legiferato su questo aspetto della canapa medica, ma in nessuna c'è una situazione ottimale. Non c'è la distribuzione del farmaco in maniera trasparente e libera.
  Considerate solo il caso del Veneto, che è eclatante. Su 5 milioni di abitanti solo 30 pazienti hanno il diritto di utilizzare la cannabis senza doversela pagare. È una situazione assolutamente da rimediare. Per esempio, sarebbe utile fare un provvedimento nazionale unico, in modo che ci fosse un'uniformità, un trattamento paritario per tutti i pazienti. Non è possibile che, se uno è nato in una regione, ha un trattamento e, se uno non ha la stessa fortuna, non possa usufruire di questo trattamento.
  Occorre tener conto che queste molecole possono avere delle interazioni importanti. Il CBD o gli altri cannabinoidi interagiscono con alcuni enzimi che inibiscono il metabolismo di determinati farmaci. Pertanto, dobbiamo gestire la questione con attenzione. Ci deve essere sempre il medico a fianco del paziente.
  Lo Stato deve assumersi una responsabilità, che è quella di veicolare questi materiali nel miglior modo possibile. Se un prodotto come la cannabis venisse veicolato per inalazione e distribuito attraverso le tabaccherie, sarebbe necessario che questa inalazione avvenisse con un prodotto il più purificato e sicuro possibile, magari preferendo le sigarette elettroniche piuttosto che le sigarette per combustione.
  Se andiamo a vedere la composizione del fumo del tabacco a confronto con il fumo ottenuto dalla cannabis, notiamo che è esattamente la stessa cosa, tranne che in uno il principio attivo è la nicotina e nell'altro è il tetraidrocannabinolo. La quantità e la pericolosità dei due tipi di fumo sono identiche. Per il tabacco, però, si produce e si veicolizza qualcosa che non è gestito con GAP, cioè con delle regole di protezione della salute del consumatore. Non si usa neanche l'HACCP. Vorrei vedere se a qualcuno non sia mai passato per la testa di dire che cosa c'è dentro al tabacco. Pag. 7
  Per la canapa almeno, visto che siamo agli inizi, preveniamo questi problemi, perché veramente è un prodotto che passa direttamente dai polmoni al sangue in circolazione senza il filtro del fegato o del sistema di metabolizzazione che abbiamo. Mettiamo in circolo direttamente qualunque tipo di sostanza, compresi gli insetticidi, i diserbanti e tutti i prodotti chimici. Per la canapa almeno questo lo sappiamo: preveniamolo.
  Volevo dire poi che, se andiamo a vedere che tipo di prodotto viene veicolato e usato dal consumatore attualmente, inorridiamo. È stato fatto questo lavoro nei coffee shop, dove magari qualche controllo c'è, ma il materiale che deriva dal coffee shop ha un livello di inquinamento pazzesco. Se invece viene prodotto da aziende specializzate, il livello è accettabile, perché rispettano i crismi della produzione dei prodotti di tipo farmaceutico.
  C'è un esempio eclatante. È quello che è successo in Canada. In Canada si è introdotta la legalizzazione, con la possibilità di coltivarsi la canapa da parte dei pazienti. I pazienti si sono registrati in numero di 25.000. Se dobbiamo rispettare il trattato delle Nazioni Unite, andare a controllare 25.000 unità produttive è impossibile. Noi abbiamo il doppio della popolazione, cioè 60 milioni. Sarebbero 50.000 siti di produzione da andare a controllare e verificare e di cui sapere esattamente che cosa producono. Sarebbe assolutamente ingestibile.
  Poi c'è il problema delle varietà. Attualmente sta circolando di tutto e di più, tutto prevalentemente prodotto all'estero, in termini di sementi e di varietà. C'è l'anarchia assoluta. Nessuno paga le tasse e nessuno rispetta le norme europee. C'è un Regolamento del 2002, il n. 57, che stabilisce che il seme deve essere certificato. Perché si deve dare una deroga esattamente e solo per la canapa? Tutte le altre colture rispettano queste norme e devono essere controllate e verificate attentamente.
  Il nostro centro è l'unico autorizzato da vent'anni ed è in grado di fornire più di 300 varietà. Saremmo in grado di fornire in maniera certa e precisa del materiale di cui si sanno le origini, la composizione e che cosa potrebbe fare e ci assumeremmo eventualmente, se ovviamente sono d'accordo i responsabili del mio ente, le responsabilità di questi prodotti. Se a qualcuno qualcosa va di traverso adesso, con chi se la va a prendere, se il seme proviene dalla Spagna, dall'Olanda, dall'America o da chissà dove? Non ci sono identificazioni di chi sono i produttori di queste varietà.
  Passo all'aspetto della detenzione e dei 5 grammi o 15 grammi. Ne abbiamo discusso proprio ieri con una persona che è qui in aula. Ovviamente, ci dice che, se uno produce 5 piante, 5 piante non possono rimanere 5 grammi. Una pianta, se è coltivata in serra, in vaso, può produrre fino a 10 grammi o anche di più, ma, se è coltivata a terra, può arrivare a 250 o 500 grammi. Pertanto, 5 piante sarebbero più di 2,5 chili o 5 chili per unità produttiva.
  Cosa succede? Se chi produce è esente dalla quantità minima, tutti diventerebbero produttori, perché nessuno vorrebbe trovarsi nelle grane per aver superato il limite detenibile. Rispetto ai 50.000, considerando solo i pazienti o le persone che hanno bisogno per malattia, i consumatori generici potrebbero essere dei milioni. Avremmo, quindi, milioni di posti in cui si coltiva la canapa ad alto contenuto di THC.
  Su monopolio dello Stato, varietà e tutto quanto detto prima c'è un punto fondamentale, secondo me. Ho quasi finito. Sono al ventiduesimo punto. Se consideriamo il costo del prodotto, abbiamo detto che forse si può arrivare al 75 per cento di accise e al 25 per cento di costo dedicato al prodotto. Considerando che siano 10 euro al grammo, abbiamo fatto una stima per cui nel nostro istituto – abbiamo 60 ettari – solo 10 ettari consentirebbero alla regione Veneto di avere a disposizione 250 milioni di euro.
  Il mio punto di vista è che le unità produttive siano concentrate nelle singole regioni e nelle regioni autonome a Statuto speciale. Ogni regione ha un organismo di ricerca in campo agricolo. Ogni regione sarebbe in grado, attraverso il supporto del Corpo forestale dello Stato e dei NAS, di tenerne sotto controllo fino a 20. Penso che ci arriveremmo. Se invece si allargasse a un Pag. 8bacino d'utenza come quello che sarebbe per alcuni auspicabile, sarebbe un caos totale.
  Aggiungo veramente un'ultima cosa. Se mettiamo milioni di piante che producono polline ad alto contenuto di THC sparse per il mondo, poi non riusciamo più coltivare la canapa industriale. Il nostro istituto e il ministero vogliono che si coltivi la canapa industriale, perché è un prodotto che ha innumerevoli applicazioni.
  Questo avrebbe una ricaduta economica fondamentale. Immaginate l'Italia piena di siti in cui si produce canapa ad alto THC, con il polline va in giro da tutte le parti, inquinando le varietà. Ovviamente, se avessimo solo 20 siti di produzione, saremmo anche in grado di seguire quelle produzioni e di obbligare chi produce – la regione – a utilizzare solo piante femminili, che sono la prevalenza. Se si vogliono tenere alti i livelli di THC, bisogna utilizzare solo piante femminili, ma solo così, con un controllo diretto, riusciremmo a farlo.
  Il motivo della concentrazione è, a sua volta, un punto fondamentale su cui ho sentito che qualcuno chiedeva qualche indicazione. Dal punto di vista di agronomo penso di poter fornire qualche indicazione. È stata assolutamente strumentalizzata l'informazione che la canapa sia geneticamente modificata. Questo non esiste. Già le varietà normali in maniera tradizionale producono più del 30-35 per cento, dicono in America. Noi non l'abbiamo mai misurato. Da noi abbiamo il 25-27 per cento.
  Perché, a mio avviso, non è così fondamentale preoccuparsi della concentrazione? Perché, se devo fumare una sigaretta di 1 grammo che contiene l'1 per cento, per avere i 10 milligrammi che sono la dose che mi dà l'effetto, me la devo fumare tutta. Se ho una concentrazione della cannabis del 10 o anche del 30 per cento, mi basta fare due tiri per avere l'effetto.
  È ovvio che, se devo limitare o evitare il rischio che uno vada in overdose – chiamiamola così, anche se non c'è per la canapa; per esempio, però, esiste per l'alcol – questo metodo è più sicuro. Uno ci mette più tempo a ubriacarsi con una sostanza a più basso titolo. Dobbiamo, però, formare il consumatore e le persone a sapersi gestire. Se mettiamo a disposizione del materiale ad alto titolo alle persone più avvedute, magari esperte, magari consapevoli, riusciamo a fornire un materiale che alla fine consente di inalare meno quantità di sostanze tossiche. Ovviamente, se è 1 grammo, deve essere inalato tutto, perché è a basso contenuto. Così inaliamo 900 milligrammi di sostanze tossiche. Invece, se abbiamo il prodotto concentrato, inaliamo una minor quantità di sostanze tossiche.
  Ho saltato sicuramente qualcosa, ma la potete trovare da voi nel materiale.

  PRESIDENTE. Grazie molte. Il documento è a disposizione e sarà a disposizione dei colleghi.
  Adesso abbiamo Raffaele Giorgetti, professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche.

  RAFFAELE GIORGETTI, Professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche. Vorrei portare l'esperienza di chi fa un intervento in questi casi. In particolare, sono circa trent'anni che faccio autopsie giudiziarie. Una quota importante di decessi è costituita da decessi cosiddetti alcol e droga-correlati e comprende anche l'esperienza con la cannabis.
  Un'altra attività che ho svolto in questi anni è quella di valutare gli effetti sulla performance psicomotoria delle sostanze psicoattive, in particolare anche con la frequenza del centro di Maastricht in Olanda, che ha la più grande esperienza.
  Dicevo che la mia esperienza pratica è innanzitutto incentrata sull'attività a supporto dell'autorità giudiziaria nello svolgimento di autopsie giudiziarie, in particolare di casi di decessi droga-correlati, perché sono anche tossicologo. Ho avuto un'esperienza diretta di frequenza del centro di Maastricht i cui sperimentatori sono gli unici che abbiano dei dati attendibili, quelli che poi tutti fanno circolare nel mondo, sugli effetti della cannabis sulla guida reale, perché impiegano un'automobile vera.
  Credo che dalle conoscenze che si hanno – non solo da quella diretta, ma Pag. 9anche da quella di letteratura – si possa dire che non esistono casi di intossicazione acuta mortale da cannabis. La cannabis non è in grado, di per sé, di causare il decesso per intossicazione acuta. Esistono, invece, dei casi di decesso droga-correlato. Cosa significa? Significa che esistono dei casi di omicidio, di suicidio o di morte accidentale, per esempio da incidente stradale, nella quale vengono trovati dei livelli di cannabinoidi che sono superiori all'atteso.
  Questo ha consentito e consente di affermare, ma ancora assieme al fatto che la cannabis di per sé non è in grado di uccidere, che la cannabis è in grado di causare, per esempio, incidenti stradali. Alcuni ricercatori nel mondo hanno anche identificato qual è l'elevazione del rischio di incidente stradale, di essere feriti o di morire in seguito all'assunzione mentre si guida di questa sostanza.
  Questo per dire che il mio orientamento, che credo sia corretto dal punto di vista tecnico-scientifico, è che la cannabis in sé non produce il decesso, ma è una sostanza pericolosa, per la quale dobbiamo mantenere, soprattutto in riferimento alle attività che prevedono di operare con sicurezza, un certo grado di attenzione. Mi riferisco in particolare, evidentemente – l'avete già capito – alla guida di veicoli a motore.
  Per quanto riguarda, invece, altre espressioni di patologia o di malattia in relazione a quanto la cannabis fa male, mi pare che, al di là di effetti avversi piuttosto modesti, due sindromi siano forse quelle più importanti. Poi magari ci sono dei farmacologi che potranno parlarne anche meglio. Una è la sindrome amotivazionale che riguarda gli adolescenti, sui quali peraltro non tutti sono d'accordo. Sicuramente, però, la cannabis produce delle difficoltà nell'apprendimento e nella memoria e disturbi cognitivi che poi si ripercuotono sulla capacità di questi ragazzi, dei giovani, di seguire un'evoluzione formativa normale.
  L'altra è la psicosi. Sulla psicosi credo che sia stata, però, scritta una parola definitiva. Chi usa cannabis, chi usa marijuana, non ha un più elevato rischio di incorrere in psicosi perché c'è il fattore protettivo determinato dal cannabidiolo. Nella marijuana normalmente questo rischio da psicosi non c'è.
  C'è, è pesante e deve essere attentamente valutato da tutti, quando parliamo di skunk, ossia di cannabis con contenuto di THC molto elevato, o addirittura di cannabinoidi di ultima generazione, quelli sintetici. Questi sì sono molto pericolosi, perché elevano moltissimo il rischio dello sviluppo di queste psicosi nei giovani.
  Mi incentro ora, rispetto alla proposta un po’ più complessiva, la Giachetti, su un aspetto particolare. Poi lascio spazio alle altre persone. Si tratta della prescrizione. Leggo nella proposta che sostanzialmente questa possibilità di prescrivere la cannabis come farmaco è rivolta non solo ai pazienti che sono affetti da sclerosi multipla e che hanno, quindi, un dolore neurogeno, oppure ai pazienti con neoplasia, ma anche a tutti coloro che siano «affetti da sintomatologia che risponda favorevolmente a tali preparati».
  Credo che questa dizione sia, purtroppo, pericolosa, in relazione al non identificare un quadro di patologie. Sono del parere che si potrebbe ampliare tantissimo l'arco di patologie, perché ci sono, per esempio, l'AIDS, gli stati di spasticità, l'anoressia. Sono tutte patologie, malattie identificate, che possono – scientificamente è stato dimostrato – giovarsi del trattamento con cannabis. Parlare di persone che hanno una sintomatologia che si allevia con l'assunzione è un dato soggettivo proprio della persona, il che vuol dire che apre la possibilità che chiunque si rivolga a un medico dicendo: «Ho un problema – anche banale, relativo a qualunque sintomatologia: un mal di testa, una pirosi gastrica, una flatulenza; non voglio dire oscenità, ma penso a qualunque sintomo – e mi giovo del trattamento», ragion per si riceve una prescrizione di quantità illimitata o quasi come farmaco. In questo caso la persona, quindi, andrebbe solo ad alimentare un interesse ricreativo-ludico con la sostanza senza essere un paziente, un malato. Pag. 10
  Che cosa accadrebbe? Probabilmente molti medici sarebbero restii a prescrivere in questa maniera. Altri, invece, lo sarebbero per una scelta ideologica. Quindi, ci sarebbe un esodo da determinati medici rispetto ad altri. Questo potrebbe essere il primo aspetto.
  Mi viene in mente un altro aspetto. Quando abbiamo una persona, un paziente, che prende cannabis, come siamo messi con la patente? Queste persone possono guidare? La prima cosa che vi dico è che, se abbiamo un paziente neoplastico, che soffre, che sta male, che ha gli spasmi e prende il farmaco, preferisco che guidi con il farmaco rispetto che senza. Rispetto a una persona disabilitata perché è malata e perché ha delle menomazioni, è meglio che lo prenda. Quindi, potrei anche garantirgli la patente.
  Se invece ho quel soggetto che è andato pretestando un sintomo che non ha, che si riempie di cannabis e che mi causa domani un omicidio stradale, credo che anche la posizione del medico che ha prescritto con leggerezza sia a rischio. Credo sia necessario prevedere una documentazione di un arco molto ampio di patologie, eventualmente estendibile, per il quale però sia possibile prescrivere, e non lasciare questa possibilità illimitata nelle mani del paziente. Non sarebbe neanche nelle mani del medico.
  Mi fermo qui per queste valutazioni.

  PRESIDENTE. Grazie molte a tutti veramente per gli approfondimenti.
  In questo primo gruppo abbiamo ancora Felice Nava, direttore dell'Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda USL di Padova. Poi passiamo alle domande. Qui c'è un testo che è in distribuzione.

  FELICE NAVA, Direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova. Grazie. Buongiorno, onorevole presidente. Sicuramente il dibattito sulla legalizzazione della cannabis è piuttosto vivace negli ultimi decenni. Vi sono ormai anche delle esperienze significative nel mondo e sono anche abbastanza chiari ormai dal punto di vista scientifico gli effetti della cannabis. Sono noti i potenziali tossicologici della cannabis in confronto ad altre sostanze. Sono stati anche accennati gli studi inglesi di David Nutt, che sicuramente attribuiscono alla cannabis un potenziale tossicologico nettamente inferiore ad altre sostanze, anche legali, come, per esempio, alcool e nicotina, ma anche rispetto alla potenzialità di indurre dipendenza.
  Questi sono ormai dei presupposti scientifici assodati, così come è assodato anche che la cannabis non rappresenta una porta d'ingresso all'uso di altre sostanze. Invece è stato dimostrato, sempre da studi scientifici – vi ho anche allegato la letteratura di riferimento – come le sostanze legali, quali alcol e tabacco, rappresentino delle vere e proprie porte d'ingresso per l'uso di altre sostanze.
  Non c'è dubbio, però, che esistano dei potenziali tossicologici del consumo di cannabis sull'uomo. Di fatto sono stati accennati gli effettivi neuropsicologici negativi soprattutto sui giovani. La tossicità d'organo e di sistema è comunque rilevante, come anche il grado di dare dipendenza, anche se con una potenzialità differente rispetto alle altre sostanze.
  Occorre osservare anche – è un altro capitolo a cui si è anche precedentemente accennato – come la cannabis induca questi effetti negativi soprattutto su categorie vulnerabili, su soggetti vulnerabili. Pensiamo ai disturbi cognitivi e dell'apprendimento nei giovani, ai soggetti portatori di vulnerabilità psichiatrica, all'aspetto della psicosi. Si dice che unmask, ossia che smaschera, nei soggetti vulnerabili degli episodi psicotici. Non induce psicosi, ma può smascherare in soggetti vulnerabili questa grave patologia, così come anche causare disturbi dell'umore.
  C'è poi anche il problema del consumo di cannabis nelle donne in gravidanza. Pensiamo a studi che dimostrano come anche nel nascituro vi possano essere disturbi dell'apprendimento in età scolare.
  Un aspetto senz'altro importante – anche su questo esiste della letteratura interessante – riguarda i costi sanitari del consumo di cannabis rispetto ad altre sostanze. Pag. 11 Sicuramente in confronto anche a sostanze legali come alcol e tabacco i costi sanitari della cannabis sono inferiori, mentre sono superiori i costi per le azioni di repressione. Su questi ci sono degli studi interessanti canadesi.
  Un altro aspetto importante, studiato anche in maniera approfondita negli ultimi anni, riguarda gli effetti delle policy sul consumo di cannabis. Sappiamo – anche qui la letteratura è ricca e forte – come gli effetti del proibizionismo siano chiari ed evidenti: un incremento delle carcerazioni e dei costi della giustizia, un incremento della cosiddetta subcultura criminale nelle scuole e fra i giovani, l'incremento di espulsioni e di dispersione scolastica (questo è l'effetto della cosiddetta tolleranza zero), la difficoltà per i giovani consumatori che poi subiscono una condanna legale all'accesso a borse lavoro, scolastiche, di credito, difficoltà di integrazione per le minoranze e i soggetti fragili.
  Anche in questo scenario degli studi scientifici dimostrano come il cosiddetto modello di legalizzazione controllato – mi riferisco all'esperienza californiana, per esempio – sia quello che offre i migliori costi-benefici. Parlo di un modello di legalizzazione in cui si è dimostrato, per esempio nell'esperienza californiana, come vi sia stata dal 2011 una diminuzione degli arresti, in particolare fra i giovani, e delle conseguenze sui costi sia personali, sia sociali.
  Vi è anche una stabilizzazione dei consumi dei giovani. Questo è un altro aspetto importante. Vi ho lasciato anche una ricerca di Banys, che fa uno studio dal 2011 al 2015 degli effetti della legalizzazione del modello controllato californiano. Peraltro, questo fu uno degli ultimi atti del Governatore repubblicano Arnold Schwarzenegger nel 2011.
  In che cosa consiste – lo ricordo molto brevemente – il modello di legalizzazione controllato, quello californiano? Consiste in una decriminalizzazione per i consumatori di tutte le età, con un'infrazione, una sorta di multa, e in una legalizzazione per gli adulti maggiori di 21 anni per possesso personale. Anche su questo possiamo fare dei ragionamenti rispetto alle dosi. Sono assolutamente e pienamente concorde col collega precedente rispetto alla coltivazione. Sono pienamente d'accordo. Negli Stati Uniti il possesso per uso personale corrisponde a un'oncia. Se non sbaglio, si tratta di circa 28 grammi. Non sono, invece, assolutamente permesse la coltivazione, la vendita e la cessione.
  In questo senso gli studi dell'esperienza californiana in questi cinque anni dimostrano – questo è un aspetto curioso e interessante, quasi un effetto virtuoso indiretto – una diminuzione degli arresti droga-correlati anche rispetto all'uso di altre sostanze e soprattutto una questione aperta, anche se in letteratura non vi sono chiari studi che ci indicano se una legalizzazione possa incrementare i consumi nei giovani. Comunque non c'è stato nell'esperienza californiana un incremento del consumo di cannabis fra i giovani e gli adolescenti. C'è stata, però, una diminuzione degli effetti droga-correlati, così come anche di quelli riferiti alle cosiddette infrazioni – la famosa multa – per dosi fuori da quelle prescritte.
  In qualche maniera, a mio parere, dal punto di vista scientifico esistono dei presupposti per una legalizzazione controllata della cannabis. Perché, per quali motivi? Sicuramente un uso terapeutico o ricreazionale occasionale può non essere particolarmente dannoso nei soggetti non vulnerabili, almeno in confronto ad alcol e tabacco, e può non dare quelle forme di dipendenza assolutamente gravi come altre sostanze. Pensiamo ad alcol, nicotina o eroina.
  Riduce, non c'è dubbio, le conseguenze legali negative sia sulla persona, sia sulla società e stabilizza i consumi, soprattutto nei più giovani. Questa è l'esperienza californiana. Non esistono, onestamente, altre esperienze. Comunque quell'esperienza ci segnala questo dato.
  Perché è un modello controllato? Abbiamo detto – questo è indiscutibile e innegabile – che la cannabis ha degli effetti negativi, quali effetti cognitivi neuropsicologici, la possibilità di dare dipendenza soprattutto in soggetti vulnerabili, disturbi Pag. 12psichiatrici associati, episodi psicotici di slatentizzazione e disturbi dell'umore. Questo è un dato importante anche rispetto a un modello di legalizzazione controllata, perché non c'è dubbio che le sostanze – in questo non fa differenza la cannabis – abbiano di per sé un appeal soprattutto per i consumatori più giovani, ossia anche per gli adolescenti.
  In conclusione, il quadro della legalizzazione della cannabis deve presupporre un cambiamento di cornice più generale, che riguardi la normativa sulla droga, ossia il DPR n. 309 del 1990. Personalmente lo ritengo una cornice normativa ormai superata anche dai modelli di consumo e dai bisogni. Il mondo è anche cambiato. Sicuramente è importante anche allargare gli orizzonti verso una revisione della normativa di riferimento.
  Un altro aspetto importante è quello di adottare delle politiche di prevenzione del consumo di sostanze. In questo caso, se pensiamo a una legalizzazione della cannabis, non possiamo ignorare che un focus speciale, nonché delle energie e delle risorse importanti debbano essere investiti nella prevenzione, soprattutto nella prevenzione del target di quelli che possono essere i soggetti più vulnerabili e della popolazione che verosimilmente consumerà maggiormente sostanze, che sono i giovani.
  In questo senso un altro aspetto importante – sono neuropsicofarmacologo, ma da alcuni anni dirigo l'Unità operativa di sanità penitenziaria – sarebbe quello di rivedere i criteri normativi che regolano le misure alternative per i consumatori di sostanze autori di reato. Abbiamo fatto senz'altro degli importanti passi avanti anche dal punto di vista normativo. È chiaro che esistono delle questioni che anche nel disegno di legge sono affrontate in maniera sicuramente non superficiale e che meritano attenzione.
  Svolgo alcune osservazioni più generali. Per esempio, all'articolo 2 potrebbe essere utile specificare l'espressione «cannabis e prodotti ad essa correlati» in maniera più dettagliata rispetto anche all'orizzonte che si vuole raggiungere. Anche la questione sollevata sulla catena di qualità è importante. Quando si entra in un concetto di legalizzazione è importante che sia assicurata anche una catena di qualità rispetto al prodotto. Anche in questo senso sono d'accordo con il relatore precedente.
  Un altro aspetto importante è quello di fare dei ragionamenti dal punto di vista farmacologico e tossicologico sui dosaggi. Anche questo è un capitolo importante dal punto di vista clinico-scientifico da approfondire. Prendendo l'esempio della normativa californiana, che permette la detenzione di 25 grammi – noi ne avevamo previsti per uso personale 5 – dal punto di vista tossicologico (sono tossicologo) direi che è la dose che fa il veleno, ma che non è soltanto la dose che problematizza un consumo.
  Sono d'accordo col differenziare l'effetto terapeutico della cannabis da altri usi. Nel capitolo dell'effetto terapeutico della cannabis è importante definire anche le patologie che potrebbero beneficiare e per cui le evidenze scientifiche suggeriscono l'efficacia per quanto riguarda l'uso della cannabis. È importante declinarle, onde evitare derive anche prescrittive quanto meno bizzarre.
  È un capitolo importante. Come operatore, prima di dirigere la sanità penitenziaria, ho lavorato per molti anni in un servizio per le dipendenze. Credo che la quota percentuale rispetto ai proventi da destinare all'attività di prevenzione e cura dei consumatori di sostanza debba essere molto più significativa di quella che è stata prevista. Adesso non ricordo se fosse il 5 per cento, ma sicuramente occorre riservare una quota significativa tale da permettere sul territorio un'opera di prevenzione e di monitoraggio assolutamente attento e puntuale, con criteri scientifici, onde poi eventualmente correggere anche la traiettoria.
  Un ultimo aspetto – e finisco – è quello della definizione del Comitato di esperti. Direi che sarebbe anche utile declinare le metodologie utilizzate per il report finale. Sappiamo quanto sia complesso. Siamo anche, come esperti, impegnati nella relazione al Parlamento, come da anni ci impone Pag. 13 il DPR n. 309 del 1990. È un aspetto importante anche la metodologia, come guida scientifica.
  Concluderei con un aspetto. Mi permetta una questione brevissima, un flash. Come responsabile della sanità penitenziaria, approfitto della presenza presso le Commissioni giustizia e Affari sociali della Camera per sollevare un tema importante, ossia l'attuazione del DPCM del 1° aprile 2008. È un aspetto importante, che vale la pena approfondire e su cui vale la pena di avviare una seria ricognizione in merito all'importante passaggio del tema della sanità all'interno delle carceri al Servizio sanitario nazionale.

  PRESIDENTE. Grazie, professore.
  Nel primo gruppo c'è anche Roberta Pacifici, dirigente di ricerca presso il Dipartimento del farmaco dell'Istituto superiore di sanità. Poi chiudiamo con le domande e riprendiamo.

  ROBERTA PACIFICI, direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità. La ringrazio, onorevole presidente. Dirigo anche il Reparto di farmacodipendenze, tossicodipendenze e doping del mio istituto.
  Il mio contributo a questa discussione chiaramente vuole essere un richiamo alle problematiche di sanità pubblica, con un occhio speciale alle ricadute che questa proposta di legge può o potrebbe avere.
  La premessa, sulla quale non mi dilungo assolutamente, perché i colleghi l'hanno ampiamente e chiaramente sottolineato, è che stiamo parlando di una sostanza con potenzialità tossicologiche importanti, soprattutto a lungo termine, e del fatto che lo sviluppo della dipendenza è un fenomeno che va al di là della semplice tossicità. È un problema comportamentale e di inabilità del soggetto durante tutto l'arco della sua vita.
  Ciò premesso, mi preme sottolineare, invece – ho portato qui delle documentazioni che vi ho lasciato per approfondire il tema – che negli ultimi quattro anni circa diversi Stati hanno introdotto questi cambiamenti legislativi. Incominciano, quindi, a uscire delle pubblicazioni scientifiche in merito alle ricadute specifiche in sanità pubblica.
  C'è da dire che le pubblicazioni che sono uscite sono veramente poche e che sono unanimi su un punto, che è il seguente: esiste una considerevole controversia circa l'impatto che questi cambiamenti hanno sulla salute pubblica; a oggi non ci sono evidenze per poter affermare nulla di veramente concreto rispetto alle ricadute – ripeto – sulla sanità pubblica; e i risultati certi sull'effetto breve e soprattutto a lungo termine necessitano di più tempo a disposizione, ma anche di disegni sperimentali più corretti.
  In merito ci possono arrivare dei suggerimenti molto importanti. Perché? Perché i dati che sono stati pubblicati si riferiscono sostanzialmente a studi che hanno confrontato, per esempio, indicatori di sanità pubblica, di cui poi parlerò un momento, e Paesi nei quali è stato legalizzato il prodotto rispetto a Paesi in cui non è stato legalizzato. Questo chiaramente crea un bias importante nell'interpretazione dei dati, perché si parla di popolazioni anche profondamente diverse, dal punto di vista non solo culturale, ma anche socioeconomico, tant'è vero che gli stessi scienziati che pubblicano su questi dati che cosa suggeriscono unanimemente? Suggeriscono che studi devono essere fatti per valutare veramente dal punto di vista scientifico e corretto se l'impatto esiste e che impatto è, se positivo o negativo. Anche per quantizzare questo fenomeno bisogna fare degli studi pre- e post- introduzione dell'intervento legislativo.
  Quali sono i punti chiave sui quali non c'è chiarezza e sui quali, invece, bisognerebbe assolutamente avere chiarezza prima di poter fare un ragionamento importante in termini di sanità pubblica? Sono la relazione tra legalizzazione e prevalenza dei consumatori, intesa non solo come numero di consumatori, ma anche come quantità di consumo di sostanza pro capite e anche lo scostamento delle fasce di età del consumatore, per vedere se la legalizzazione Pag. 14 possa spostare verso fasce di età diverse, più giovani o anche più mature.
  Ancora, ci sono il numero e la gravità delle intossicazioni legate all'uso di queste sostanze e il numero e la gravità degli incidenti stradali – problema che è stato sollevato anche dal collega precedentemente – collegati all'uso di questa sostanza.
  Occorre tenere presente che questo è un tema molto delicato, sul quale è difficile fare degli interventi di correlazione stretta tra incidente stradale e uso della cannabis. Ricordiamo che l'utilizzo di questo prodotto ha un suo effetto neurologico importante per un periodo di tempo, ma anche che il momento in cui si vanno a fare i rilievi biochimici non è detto che corrisponda esattamente al momento della disabilità eventuale alla guida. Anche in questo caso occorrono importanti indicatori, giusti e corretti dal punto di vista biochimico e farmacologico.
  Ancora, occorre considerare la casistica delle ingestioni accidentali nei bambini che si possono venire a trovare casualmente a contatto con questo tipo di prodotti, che vengono a trovarsi a più facile portata.
  Inoltre, c'è la relazione che si può venire a creare tra uso di cannabis e oppioidi. Ci sono studi che sembrerebbero indicare addirittura che l'uso della cannabis, specialmente a uso terapeutico, possa prevenire in qualche modo le overdose da oppiacei, utilizzati ovviamente sempre nell'ambito della sfera del controllo del dolore. È qualcosa di assolutamente indimostrato dal punto di vista statistico e dal punto di vista epidemiologico. Anche questo è un punto che deve essere chiarito e approfondito.
  Ancora, pensiamo all'incidenza dei casi di dipendenza, di psicosi e di malattie polmonari. Ricordiamo che questa sostanza nel suo uso ricreazionale viene utilizzata prevalentemente attraverso la combustione e che, quindi, al di là delle tossicità intrinseche del prodotto, si aggiunge la tossicità dovuta alla combustione di un prodotto come il tabacco.
  Vorrei aggiungere un'osservazione rispetto all'uso per scopo terapeutico, per scopo medico, di questo prodotto. Vorrei ricordare che in Italia abbiamo un decreto legislativo recente, del novembre 2015, che sottoscrive un importante accordo tra il Ministero della salute e il Ministero della difesa. Esso ha consentito allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze di produrre finalmente un prodotto di qualità e di titolazione certa. Questa è veramente una grandissima cosa per l'Italia, ma anche per il mondo intero dal punto di vista scientifico.
  Perché questo? Perché, oltre ad avere la possibilità finalmente di fornire un prodotto catalogato in maniera corretta e sicuro dal punto di vista della preparazione, in quanto ha seguito tutto l'iter sotto la vigilanza sia della Guardia di finanza, sia soprattutto dell'AIFA, ciò consentirà ai medici di disporre di un prodotto sul quale veramente potremmo fare dei collegamenti scientifici seri tra utilizzo di questo prodotto e rispondenza a una specifica terapia.
  Questo perché? Perché ad oggi quello che abbiamo in letteratura è qualcosa di molto confuso rispetto all'efficacia in specifiche patologie, in quanto non si sa esattamente che cosa il soggetto abbia consumato in termini di quantità di principio attivo, di via di somministrazione e di durata del trattamento.
  Vorrei richiamare l'attenzione, quindi, sul fatto che oggi disponiamo di un prodotto che veramente ci consentirà di colmare tutte le lacune conoscitive e scientifiche, non solo italiane, ma anche internazionali.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Relatore per la XII Commissione. Velocemente, proprio in relazione a quest'ultimo intervento, viene prescritto e somministrato un farmaco che è provvisto di AIC. La dottoressa Pacifici ci ha ricordato l'opportunità di effettuare delle sperimentazioni. Devo dire che ci sarebbero tutte le condizioni affinché l'AIFA provvedesse in questo senso. Esiste un accantonamento sulla registrazione Pag. 15 di ogni farmaco che è destinato a sperimentazioni da decidere a livello ministeriale, o meglio a livello di AIFA.
  I farmaci oggi utilizzati sono tutti provvisti di regolare AIC. Probabilmente la fase di sperimentazione dovrebbe essere già stata fatta. Lei avanzava dei dubbi su come siamo arrivati all'utilizzo. Volevo capire qualcosa di più a questo proposito.
  La seconda domanda, invece, è rivolta al dottor Grassi. Faccio prestissimo. Ho capito che il centro di Rovigo di fatto ha selezionato, ma poi trasferisce a Firenze, dove indoor si sviluppa la pianta. A quel punto, finirebbe, se non ho capito male, tutto quel segmento che riguarda l'utilizzo delle infiorescenze, ma la trasformazione in farmaco avverrebbe presso le industrie.
  Chiedo: poiché è solo un segmento che surroga l'importazione del prodotto dall'Olanda, quanto farà risparmiare la coltivazione controllata in Italia, come è stato descritto e anche suggerito, attraverso le sedi regionali?

  DANIELE FARINA, Relatore per la II Commissione. Vorrei innanzitutto tranquillizzare il dottor Grassi. Potrà tranquillamente, in base al testo di legge Giachetti, coltivare le sue 5 piante di sesso femminile e detenere in casa il prodotto di tale raccolto indipendentemente dal quantitativo, in quanto il testo prevede esplicitamente una modifica dell'articolo 26. Ovviamente, però, dovrà fare le comunicazioni obbligatorie per legge, perché siamo in un regime di comunicazione e non in un regime autorizzativo.
  La prima domanda, invece, la vorrei fare al dottor Giorgetti. Lei ha sfiorato un tema, su cui ci siamo più volte soffermati in questa Commissione, che riguarda il Codice della strada. In particolare, riguarda lo stato di inabilitazione al rapporto uomo-macchina in caso di assunzione di cannabinoidi. Anche la professoressa Pacifici ha sfiorato questo tema.
  Lei sa che abbiamo modificato il Codice della strada, all'articolo 187, per cui la dizione non è più «sotto effetto di sostanze stupefacenti», che è generica, ma è molto più precisa. Parla dello «stato di alterazione», tant'è vero che la Cassazione ha fatto più sentenze dicendo che lo stato di alterazione deve essere attuale.
  Glielo dico perché abbiamo affrontato questa materia anche nel caso dell'introduzione del reato di omicidio stradale. Non stiamo parlando di incidenti stradali, pur gravi, ma di un fatto che da colposo diventa una fattispecie di reato specifica, con pene anche molto elevate.
  Ho l'impressione dalle nostre discussioni e dagli esperti che abbiamo sentito che, mentre per l'alcol la legge prevede una quantità scientificamente determinata in grammi/litro di sangue (0,5-0,8-1,5), che individua per il legislatore un certo grado di inabilitazione al rapporto uomo-macchina e correla delle pene diverse, passando addirittura dall'amministrativo al penale sopra lo 0,8, per le altre sostanze il legislatore non scriva e che il campo sia un po’ vago.
  Ho l'impressione che stiamo sospendendo patenti da molti anni a persone che, in realtà, sono perfettamente in grado di guidare, avendo però assunto cannabinoidi. Con riguardo ai precursori adesso utilizzati, c'è una meritoria sperimentazione – mi dicono – della Polizia stradale che dovrebbe restringere a quattro ore il campo di identificazione fra assunzione e guida, ma attualmente questo non è. Io ho un po’ l'impressione, quindi, che sospendiamo migliaia di patenti all'anno che, in realtà, non dovrebbero essere sospese. Dico questo perché, se la patente è sospesa, amen, ma può rappresentare in alcune zone del Paese un grave elemento.
  Quello che le chiedo, però, è una specificazione su questo punto. Se passiamo dalla patente sospesa, seppur con risvolti penali, al reato di omicidio stradale, capiamo che stiamo parlando di ben altra cosa.

  MARIA AMATO. Mi rivolgo al professor Giorgetti. Glielo dico da medico: se dovessi fare una prescrizione, per esempio, per un dolore cronico non responsivo, è difficile che questo rientri in un elenco, a meno che non si codifichi il dolore cronico in qualche modo. Se la cannabis viene utilizzata a scopo terapeutico, risponde a tutte le regole e a tutte le norme legate al farmaco e, Pag. 16quindi, anche all'appropriatezza prescrittiva.
  Pertanto, ho la possibilità di prescrivere qualche cosa anche al di fuori di un elenco di indicazione ministeriale, purché lo spieghi, purché relazioni e motivi questa scelta. Questo mi innesca già un sistema di controllo interno alle aziende sanitarie che potrebbe essere di prudenza sulle problematiche che lei ha sollevato.
  Un'altra questione è legata all'effetto della cannabis sulla guida. Si prescrivono anche gli antistaminici, che sulla guida fanno un bell'effetto, e si prescrivono semplicemente invitando il paziente alla prudenza, senza sospensioni di patenti, né altro. È possibile, secondo lei, che ci si comporti allo stesso modo?

  VITTORIO FERRARESI. Grazie a tutti gli auditi. Mi dispiace che sia andato via il Procuratore Padalino, che tra l'altro è uno dei pochi che abbiano apprezzato la mia iniziativa sulla grammatura e sull'autocoltivazione come strumento utile proprio per non andare a creare problemi ai giudici, ai cittadini e alla polizia.
  Se, da un lato, è apprezzabile, ovviamente, che sia il livello di THC a fare la differenza, dall'altro non ho ancora sentito una risposta su come fare a superare questo tipo di problema. Con una grammatura riesco a dare un ordine abbastanza certo a tutti gli operatori che si affiancano a questo problema. In alternativa non lo riuscirei a dare. Quindi, con riguardo a tutti i problemi che si sono creati in questi anni con i tribunali, con cittadini imputati ingiustamente e con forze dell'ordine che molte volte erano in difficoltà, di certo con lo strumento che abbiamo previsto, e che Padalino ha apprezzato, si offre una certezza soprattutto al diritto, ma anche ai cittadini.
  Mi sarebbe piaciuto chiedergli dei benefici e delle risorse per la giustizia che si possono poi reimpiegare nel lavoro che ogni giorno i tribunali e la polizia svolgono e se il sistema di autocoltivazione in qualche modo, affiancato al secondo pilastro della proposta, che è il monopolio, riuscirebbe, in ogni caso, a creare non pochi problemi alla criminalità organizzata. Oppure, gli avrei chiesto se conoscesse un altro metodo o una modifica che potremmo fare per evitare o rendere totalmente inefficace questo apporto della criminalità organizzata.
  Comunque, presidente, se mi autorizza, gli inviamo magari queste domande e ci facciamo rispondere via e-mail. Mi ha già fornito la sua disponibilità.
  Velocemente, rivolgendomi a tutti gli auditi che svolgono una funzione nell'ambito terapeutico, ho sentito parlare poco della proposta sul punto di vista terapeutico. Vorrei sapere se apprezzate quello che è scritto nella legge, se potrebbe essere valutato un sistema che a voi piace di più, se le leggi regionali vi piacciono e quale potrebbe essere la migliore, che strumento potremmo introdurre per rendere, dal punto di vista terapeutico, uniforme la questione su tutto il territorio nazionale e se questo sia positivo, fatto in questo modo, oppure no. Mi sarebbe piaciuto sentirlo anche e soprattutto dal professor Grassi, che ha parlato più di altri ambiti.
  Anch'io confermo che il problema della grammatura è stato male interpretato nella legge, visto che i 5 grammi sono per uso esterno e che, quindi, non rilevano nel privato domicilio.
  Al professor Giorgetti – non ripeto la domanda del collega Farina – come forse molti di voi sanno, abbiamo chiesto il suo apporto, con un contributo scritto, nella discussione sull'omicidio stradale, contributo che ci è arrivato puntuale. Purtroppo, però, non è stato assolutamente preso in considerazione questo documento, che diceva cose importanti sulle modifiche che si possono fare per evitare alcune imputazioni, se una persona ha assunto cannabinoidi anche in giorni precedenti. Il documento rilevava anche dal punto di vista di altre sostanze, ma non è stato, purtroppo, preso in considerazione. Mi fermo alla domanda del collega Farina, che è stato molto esauriente.
  Sulla questione medica il primo punto – credo di rifarmi a quello che diceva il professor Giorgetti – è il primo pilastro della proposta. Se un paziente ha bisogno di una quantità maggiore perché magari se ne va in vacanza un mese e non gli possono Pag. 17bastare 5 grammi, può chiedere, con prescrizione del medico, un quantitativo maggiore. Questo è semplicemente previsto perché vogliamo controllare la situazione e non lasciare nelle mani delle persone, proprio per evitare anche il mercato illegale, una quantità esagerata di prodotto. Tuttavia, bisogna garantire, ovviamente, anche gli interessi dei malati.
  Questo problema – mi ricollego anche alla domanda che è stata fatta dalla mia collega precedentemente – potrebbe essere superato inserendo alcune malattie, oppure no? Con riguardo a noi, visto che i medici negli ultimi anni non sono andati in una direzione tale da favorire da questo punto di vista, gli interessi a una cura con i cannabinoidi, ma sono stati molto, molto cauti nel prescrivere questo tipo di farmaci, vorrei sapere se non sembri una questione di lieve entità il fatto che un medico con sue responsabilità possa fare questo tipo di prescrizioni ed eventualmente come tale questione potrebbe essere superata.
  Al professor Nava volevo chiedere anche se le sue modifiche possono essere razionalmente rese in maniera scritta, in modo che possiamo avere un paragone di termine su come intervenire nel testo. Parlava dell'articolo 2 o di altre parti del testo? Sarebbe interessante che, oltre ad avanzare – ho visto un apprezzamento quasi generale per l'intenzione della legalizzazione e della regolamentazione – alcune critiche, queste critiche venissero poi rese migliori da proposte scritte che possano andare a integrare il testo. Ovviamente, siamo consapevoli che è un testo che va in una direzione auspicata da tanti nel nostro Paese, ma siamo assolutamente disponibili a fare delle modifiche. Se ci date una mano anche con proposte che possono pervenire successivamente, saremo ben felici di integrare il testo con le vostre proposte.
  Aggiungo solo una richiesta veloce alla professoressa Pacifici. Abbiamo delle statistiche che ci dicono che, laddove l'uso è stato legalizzato, i consumi, dopo un lieve aumento, diminuiscono. Vorrei sapere anche da lei sulla parte terapeutica legislativamente che cosa occorre fare, a suo avviso.
  Vorrei porre l'ultima domanda. Sì, non abbiamo mai avuto delle statistiche o delle indagini serie nel nostro Paese, forse anche perché si è sempre demonizzato il problema e forse perché abbiamo avuto al Dipartimento antidroga persone che non vedevano assolutamente alcuna possibilità di andare neanche a vedere che cosa ci fosse dentro quel contenitore e quell'utilizzo di cannabis che può essere fatto anche a uso terapeutico o anche con altri utilizzi.
  La domanda è: perché non si è mai provato ad alzare la voce e a tentare nel nostro Paese di fare queste indagini, di andare oltre, di andare a fare uno studio serio, anche per contrastare tutte le posizioni ideologiche che hanno sempre fermato la discussione su questo argomento nel nostro Paese, lasciandoci al Medioevo?

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  GIANPAOLO GRASSI, Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN). Rispondo alla prima domanda dell'onorevole Miotto relativa ai costi e a che cosa succederà nel momento in cui – pare ad agosto – verranno messe in circolazione le prime dosi di cannabis medicinale prodotte in Italia.
  Dobbiamo partire dal presupposto che l'Olanda, al momento, è il nostro fornitore quasi unico e che ci fa pagare circa 7 euro al grammo. Poi, a seconda dei passaggi, il prezzo cambia. Se la cannabis arriva direttamente all'ospedale e viene direttamente distribuita dall'ospedale, arriva a circa 8-10 euro. Se invece passa dal grossista e questo la dà al farmacista, il quale la fornisce al poi al paziente, che normalmente se la paga di tasca propria, arriviamo attorno ai 20-24 euro. Fino a poco tempo fa i prezzi erano anche oltre i 30, con punte di 40 euro al grammo, più dell'oro.
  Quello che succederà nel momento in cui sarà distribuita la cannabis italiana è che per legge è stato stabilito che costerà 5,9 euro. A mio avviso, è un po’ un'esagerazione Pag. 18 da parte dei politici aver stabilito un prezzo così, perché gli olandesi vendono a 6-7 euro quello che fanno già da tredici anni.
  I colleghi dello Stabilimento chimico-farmaceutico sono stati bravissimi, perché hanno seguito alla perfezione le indicazioni e stanno applicando il massimo dell'attenzione. A mio avviso, hanno fatto miracoli, perché arrivare a produrre oltre 300-400 grammi al metro quadro, qual è la loro produzione attuale, come primo, secondo o terzo ciclo – sono arrivati a dover fare tre cicli perché l'AIFA è questo che ha chiesto loro – è già un miracolo. Riuscire poi a essere competitivi rispetto all'Olanda, che la produce da tredici anni, e farla costare 1-1,5 euro in meno è chiedere un po’ un sacrificio. Questo, però, è un prodotto di tipo medico, con esigenze di tipo produttivo e qualitativo e condizioni estremamente specifiche e di alto costo. Suggerirei di separare nettamente la problematica della canapa a uso ludico. In questo caso, il prodotto potrebbe venire a costare molto meno. Penso a 2,5 euro al grammo.
  Ovviamente, non è un prodotto a uso farmaceutico, non può essere usato per curare le persone e non deve essere usato per curare le persone. Si deve togliere dalle mani delle narcomafie e dal mercato illegale questo strumento e farlo passare alle mani dello Stato, il quale deve ritagliare la più alta quota possibile di queste risorse per recuperare le persone che poi rimarranno senza un mestiere. I detenuti che adesso sono in galera per spaccio, una volta che verranno liberati, cosa faranno? Se non avranno più lo spaccio da fare, svolgeranno qualche altra attività illecita, se non diamo loro un'alternativa di recupero e di riconversione, ossia di rientro nell'ambito della società legale.
  Come risolvere il problema della distribuzione? Io avrò anche una ricetta molto banale e semplice, ma vedrei che nelle tabaccherie o nei bar ci fossero i pacchetti di cannabis. Magari vogliamo essere anche sofisticati: facciamo la cannabis a basso, medio e alto titolo. La quantità detenibile potrebbe essere di 3 pacchetti, se sono pacchetti di sigarette da 20, oppure, meglio ancora, con uno sconto, se sono cartucce per l'uso della sigaretta elettronica, che è molto meno tossica della sigaretta fumata.
  Quando una persona rimane senza, va dal tabacchino vicino e si compra un altro pacchetto. Dove sta il problema? Perché dobbiamo mantenere in una situazione di assoluta impossibilità di controllo i centri dove si produrranno queste sostanze? Se diamo la facoltà a tutti di coltivarsi la canapa, avremo decine e centinaia di migliaia di posti... Immaginate sulla Sila, in Sicilia, a Napoli, anche nelle montagne della...

  PRESIDENTE Non siamo a un convegno. Vi ho fatto entrare per cortesia, ma non dovete fare commenti. Abbia pazienza. Potremmo chiedervi di uscire. Gli altri li abbiamo fatti restare fuori.

  GIANPAOLO GRASSI, Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN). Il motivo del tenere sotto controllo queste unità produttive, questi luoghi di produzione e queste unità consumate è proprio per garantire allo Stato di recuperare il massimo dal monopolio e di riciclare il più possibile le risorse che può ricavare.

  PRESIDENTE. Chiedo se potete fornire risposte sintetiche, perché dobbiamo andare avanti.
  Professor Giorgetti, mi pare che ci fossero delle domande anche per lei.

  RAFFAELE GIORGETTI, Professore di Medicina legale presso l'Università Politecnica delle Marche. Sì. Intanto, per quanto riguarda la disabilità alla guida, purtroppo credo che non ci siano dubbi. La cannabis e i cannabinoidi inducono una disabilità alla guida, che, anzi, è una disabilità dose correlata, ossia che procede linearmente. Al crescere del dosaggio assunto, aumenta la disabilità.
  Gli olandesi che citavo, a Maastricht, hanno addirittura misurato in centimetri l'ondeggiamento che ha l'automobile e sono riusciti a paragonare questo ondeggiamento al grado di alcolemia. Facendo delle Pag. 19relazioni, questa intossicazione equivale a una data alcolemia.
  Il problema, dunque, esiste ed è enorme. È relativo al fatto che vengono tolte delle patenti e sanzionate, prima per l'articolo 187 del codice della strada e domani anche per omicidio stradale, delle persone cui vengono fatti degli esami tossicologici assurdi, per esempio su un campione biologico assolutamente inidoneo, qual è l'urina, oppure delle persone a cui non vengono identificati il THC o l'11-idrossi-THC, il metabolita attivo nel sangue, ma viene trovato magari solo il THC-COOH, un metabolita inattivo.
  Questi sono i problemi che portano sicuramente alla sospensione o al ritiro della patente. Domani potrebbe essere un'ingiusta accusa di omicidio stradale a delle persone. La soluzione qual è? Non è far finta che la cannabis non faccia male. Purtroppo, dobbiamo fare delle analisi fatte bene, rapide e in tempi concentrati, perché il massimo della disabilità è nelle prime due ore e si protrae fino al massimo alla sesta ora dall'assunzione. Dopodiché, l'effetto disabilitante alla guida è svanito. Quindi, abbiamo quella finestra in cui, se troviamo il THC e il suo metabolita attivo nel sangue in una concentrazione che non sia da ricircolo...
  Peraltro, nei Paesi civilizzati di più alta civiltà rispetto alla nostra, o di migliore distribuzione di laboratori, cominciano a parlare di concentrazioni minime, di soglie al di sopra delle quali si può parlare di un'azione da parte di questo THC, mentre da noi sostanzialmente si lavora in termini di per se evidence: se lo identifico è attivo. Non è corretto fino in fondo questo concetto.
  La dizione dell'articolo 187 era già «stato di alterazione psicofisica». Poi era diventata «assunzione». Per fortuna, è ritornato «in stato di alterazione», perché in tutto il mondo viene sanzionata l'intossicazione in attualità di guida, non perché uno abbia assunto prima la sostanza.
  Io sono del parere che le persone in cui venga identificata anche della cannabis nelle urine debbano essere passate al vaglio per vedere se si tratti di un'intossicazione, di un uso occasionale o di una dipendenza. Esiste anche la dipendenza e i dipendenti dobbiamo fermarli. Non è che non gliela diamo più la patente. Vediamo come vanno, monitoriamo ed eventualmente gliela ridiamo.
  Avevo poi delle domande, sempre sulla guida, sugli antistaminici. Gli antistaminici possono essere delle sostanze psicotrope, anzi lo sono. La dizione continua a essere «sostanze stupefacenti o psicotrope». Se una persona ha ingiustificatamente una sostanza psicotropa in corpo, secondo me può essere sanzionata, perché, se si è presa antistaminici a scopo di sballo, evidentemente non ha una prescrizione medica.
  Ripeto il discorso di prima. Se sei un malato neoplastico e prendi cannabis perché hai dolore, preferisco che tu guidi con la cannabis, che ti attenua il dolore, piuttosto che tutta la malattia esprima la sua potenzialità disabilitante. Se però non sei malato e mi prendi questo antistaminico...
  Il problema più grosso ancora riguarda le benzodiazepine. Nel nostro Paese, come in tutti i Paesi, circa il 6-7 per cento della popolazione prende benzodiazepine, ancora di più. Sono di solito, in larga parte, farmaci che sono stati prescritti da un medico, che curano un'ansia o un problema, per cui è meglio avere la benzodiazepina che stare agitati alla guida. Questo è quello che mi dicono. Poi ci sono benzodiazepine ipnoinducenti. Ogni caso andrebbe valutato a se stesso.
  L'altro momento di cui mi si è chiesto mi pare sia quello della prescrizione per determinate patologie. La cannabis non mi risulta essere un farmaco analgesico. Non è un farmaco analgesico. Presenta delle capacità di intervenire su determinati tipi di dolore, in particolare quello neurogeno, ed è per questo che è stata testata, approvata e tutto il resto. Quindi, per un dolore che non ha una giustificazione per una determinata patologia non la userei.
  Ci sono delle indicazioni. Le desumiamo, purtroppo, non da sperimentazioni come quelle che dice la dottoressa Pacifici, del tipo: so quanta dose gli ho dato, che cosa gli ho dato, ho verificato, ho misurato, ho confrontato con un gruppo e, quindi, so Pag. 20qual è l'efficacia che ho ottenuto. Questo qualcuno lo ha fatto nel mondo, ma pochi e per poche patologie.
  Credo che si possano estendere le patologie. In questo istante, secondo me, si tratterebbe solo di neoplasie e di dolore neurogeno nella sclerosi multipla, ma non negherei la cannabis a chi è ammalato di AIDS o ha spasmi muscolari, essendo la cannabis un miorilassante importante. Ha degli effetti, ma la vedrei bene per una sequenza di patologie determinate.
  Se qualche medico la vuole prescrivere al di fuori di questo, lo può fare. Lo può fare perché esiste la possibilità in questo Paese di prescrivere farmaci off-label. I farmaci off-label, però, devono rispondere a due caratteristiche: devono essere efficaci e devono essere sicuri. Come fa un medico a essere sicuro che sia efficace, visto che non c'è quello che dice la dottoressa Pacifici? Si prende la responsabilità. Allora un domani potrà capitare quella situazione che paventavo: se si assume la responsabilità di fornirla ma non ce n'era motivo e quel signore poi commette un omicidio stradale, secondo me, il medico rischia anche del suo.
  Ho chiuso.

  ROBERTA PACIFICI, direttore del reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità. Volevo solo ribadire brevemente che stiamo parlando, per quello che riguarda il prodotto frutto dell'accordo tra i due ministeri, di preparazioni magistrali di «sostanze di origine vegetale a base di cannabis». Questa è la dizione corretta. Chiaramente, tutto l'impianto è stato fatto per consentire continuità terapeutica ai pazienti che sono già in trattamento con il prodotto importato dall'Olanda e per rendere meno onerosa l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale. Questo è lo scopo.
  Naturalmente, come ricercatore di sanità pubblica, mi pongo l'obiettivo, una volta messo in commercio questo prodotto, di poter finalmente dimostrare, se esiste, l'efficacia tra utilizzo di questo principio attivo e specifica patologia, che ancora – vi ripeto – è tutta da dimostrare. Ciò nonostante, il prodotto viene erogato, e addirittura viene erogato a carico del Servizio sanitario nazionale, ma questo non deve illudere, oppure non deve nascondere il fatto che evidenze scientifiche di efficacia sono tutte da dimostrare.
  Per quello che riguarda poi il problema del mio intervento qui rispetto alla proposta, ho voluto riportare alla vostra attenzione che, se devono essere prese in considerazione le ricadute di sanità pubblica rispetto alla legalizzazione di questo prodotto, oggi non abbiamo alcun elemento scientifico, ancora una volta, per poter dire che ci siano ricadute di sanità pubblica, positive o negative. I dati che abbiamo a disposizione sono molto controversi.
  Seguitano a ribadire gli stessi autori di questi dati – che sono molto pochi, perché sono pochi anni che abbiamo delle esperienze su cui studiare – che è necessario approfondire e aspettare più tempo, perché, per vedere gli effetti a lungo termine, non è possibile avere risultati dopo uno o due anni di cambiamento legislativo. Sono necessari anche dei disegni sperimentali molto corretti, che permettano di fare studi pre- e post- e non di confronto generico tra popolazioni e ambienti molto diversi dal punto di vista sociale, economico e anche legislativo.

  FELICE NAVA, Direttore Unità operativa sanità penitenziaria dell'azienda ULSS di Padova. Brevissimamente, rispetto all'invio della documentazione dettagliata in riferimento alla normativa, in modo da essere di supporto, rispetto alla difficoltà e al perché non siano stati condotti studi clinici o scientifici sul tema devo dire che in Italia è molto difficile fare ricerca scientifica e clinica su tutti i temi.
  Sull'aspetto soprattutto delle addiction devo dire– ho fatto preclinica per alcuni anni – che esiste anche una normativa che ha impedito nel nostro Paese la ricerca clinica rispetto ad altri Paesi europei e del mondo, come gli Stati Uniti, nel campo dell’addiction. Sono temi importanti, su cui è importante il vostro supporto.

  GIANPAOLO GRASSI, Primo ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e Pag. 21l'analisi dell'economia agraria (CREA-CIN). Vorrei aggiungere una considerazione relativa al penultimo intervento. C'è un esempio pratico. L'Unità antalgica dell'Ospedale di Pisa ha iniziato a prescrivere la cannabis facendola pagare ai pazienti. Sono arrivati a più di 800 pazienti trattati (per fibromialgia, dolore cronico e tutte le varie tipologie), ragion per cui non si può dire che non ci siano evidenze. Basterebbe andare a vedere cosa è successo negli ospedali, laddove è stato possibile ed è stato voluto sperimentare e provare questo prodotto.

  PRESIDENTE. Si è conclusa questa prima fase della seduta odierna dell'indagine conoscitiva. Ringraziamo tutti gli intervenuti per gli apporti che ci hanno fornito e anche per i documenti lasciati. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Società italiana di farmacologia (SIF), di rappresentanti dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA), di rappresentanti del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board), di rappresentanti della Comunità di San Patrignano e di rappresentanti della Comunità Exodus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 971 Gozi, C. 972 Gozi, C. 1203 Daniele Farina, C. 2015 Civati, C. 2022 Ermini, C. 2611 Ferraresi, C. 2982 Daniele Farina, C. 3048 Turco, C. 3229 Nicchi, C. 3235 Giachetti, C. 3328 Turco e C. 3447 Bruno Bossio, recanti disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati di rappresentanti della Società italiana di farmacologia (SIF), di rappresentanti dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA), di rappresentanti del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board), di rappresentanti della Comunità di San Patrignano e di rappresentanti della Comunità Exodus.
  Proseguiamo quindi facendo entrare, la Società italiana di farmacologia (SIF), per cui sono presenti Gioacchino Calapai e Daniela Parolaro, e i rappresentanti del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board), della Comunità di San Patrignano e della Comunità Exodus. Sono già presenti i rappresentanti di ASCIA, parlerà il segretario dell'associazione, Giancarlo Cecconi, che è accompagnato da Filippo Maria Vona, Markab Mattossi, Marisa Santoni, Carlo Monaco e Claudio Pomella.

  GIANCARLO CECCONI, Segretario dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA). Vorrei iniziare ringraziando soprattutto gli onorevoli, il presidente e le Commissioni tutte, che ci hanno permesso, ancora una volta, di portare la voce del consumatore in questa sede.
  Abbiamo già partecipato a un'audizione alla Camera nel 2013, quando era in vigore la Fini-Giovanardi, portando il nostro piccolo contributo ed evidenziando le contraddizioni di quella legge. Ci ha procurato una notevole soddisfazione sapere che poi la Consulta, specialmente per quanto riguarda la distinzione tra droghe leggere e pesanti, ha confermato queste contraddizioni, decretando l'illegittimità di quella legge.
  Oggi vorremmo portare di nuovo il nostro contributo perché si sta parlando della possibilità di una legge che possa tutelare sicuramente la salute e la sicurezza pubblica. Vorremmo, però, che fosse elaborata una legge a tutela anche dei consumatori.
  Quello che mi risulta a sensazione, apprezzando l'intervento che è stato fatto dai funzionari, dai ricercatori e dai medici nella precedente audizione, è un'impressione: è come se parlassimo dell'uso del vino, per esempio, in una società islamica, in cui si può anche parlare attraverso le ricerche che vengono fatte dai vari studi e dalle varie Commissioni, ma i cui autori pur sempre non hanno provato direttamente queste sostanze. Quindi, poco ne Pag. 22sanno e poco conoscono la natura dei consumatori e le motivazioni che possono portare una persona a usare cannabis. Noi cerchiamo oggi, in questa sede, di portare delle informazioni di cui speriamo che i membri della Commissione possano far tesoro.
  In pratica, vorremmo confutare tre luoghi comuni che continuano ad attorniare questo tema. Il primo luogo comune riguarda la convinzione che il consumatore di cannabis sia soprattutto un adolescente o, in tutti i casi, una persona in estrema età giovanile.
  Questo non è assolutamente vero. Possiamo vedere, per esempio, dalle adesioni che abbiamo nella nostra associazione, oppure semplicemente andando a vedere le varie fiere che ormai a carattere nazionale vanno dal Nord al Sud del nostro Paese, come la frequenza e l'adesione riguardino soprattutto persone che vanno dai 40 ai 60 anni ed oltre.
  Questo significa che, bene o male, abbiamo delle generazioni che hanno convissuto con il pericolo delle droghe, che l'hanno conosciuto e che l'hanno filtrato. In questo modo hanno riconosciuto in alcune sostanze una capacità benefica. Di conseguenza, possiamo affermare che, attraverso questa esperienza generazionale, la conoscenza delle sostanze non è altro che il primo presupposto per creare poi l'educazione e l'eventuale dissuasione, esattamente come avviene per alcol e tabacco.
  Detto questo, possiamo prendere in considerazione ciò che è accaduto in tutti gli altri Paesi in cui la sostanza è stata legalizzata già da qualche anno, partendo dalla Spagna per arrivare all'Olanda, all'Uruguay, al Colorado, alla California, al Canada e via elencando. Non ci risulta che in questi Paesi ci possa essere stato un incremento o un allarme legato al pericolo per la salute o la sicurezza pubblica. Non ci risultano, altresì, percentuali o statistiche che rilevino un incremento degli incidenti stradali. Di conseguenza, possiamo affermare che, se viene fatta educazione sulle sostanze, come avviene sull'alcol...
  Non dimentichiamoci che negli anni Cinquanta e Sessanta una buona percentuale della popolazione italiana che beveva alcol era anche alcolizzata. Perché? Perché l'osteria o il bar la sera rimanevano l'unico punto di ritrovo in cui, bene o male, attraverso l'uso dell'alcol veniva ammortizzato lo sforzo, il sacrificio, della vita quotidiana. Una forte educazione sull'uso di questa sostanza ha fatto sì che oggi gli alcolisti in Italia siano molti meno. È una percentuale così limitata che possiamo ritenerci soddisfatti a livello sociale. La stessa cosa può avvenire esattamente per la cannabis.
  Il secondo luogo comune riguarda l'uso della cannabis. Parliamo o di uso terapeutico, o di uso ricreativo o cosiddetto ludico, ma non riusciamo mai a focalizzare anche altri usi che la cannabis contempla. Per esempio, c'è l'uso spirituale. Anche questo è un aspetto che nella nostra società e nella nostra cultura non viene preso in considerazione.
  Se cominciamo a sommare tutte le persone che, per cause culturali, religiose o tradizionali, usano la cannabis, ci ritroviamo davanti a 2-2,5 miliardi di persone che quotidianamente fanno uso di questa sostanza, per motivi introspettivi o per motivi legati a un fattore culturale che non va assolutamente in contrasto o in conflitto con le norme sociali.
  Noi rivendichiamo l'uso della cannabis per un uso spirituale. Penso che ogni persona abbia diritto a un approccio al proprio intimo nel miglior modo che ritiene opportuno e sempre nel rispetto delle norme della collettività.
  Nella nostra legislazione, tanto per fare un esempio, il consumo di cannabis è depenalizzato. Questo vuol dire che è tollerato, ma viene impedito al consumatore di coltivare il proprio prodotto.
  Questa è un'esperienza personale. L'ho vissuta io durante un processo che è stato fatto nei confronti miei e di mia moglie per una minima coltivazione a uso personale, in cui il pubblico ministero ha detto queste testuali parole: «Signori miei, la cannabis in Italia può essere fumata, ma non può essere coltivata. Quindi, se avete voglia di consumare cannabis, dovete andarla ad acquistare». Pag. 23
  Al che viene da dire: «Dove vado ad acquistarla? Quale possibilità ho di acquistarla, se non dal mercato illegale, lo stesso mercato che, adulterando quelle infiorescenze, crea un prodotto di bassa qualità?» Quindi, non ho più la possibilità di scegliere la qualità di cannabis, la varietà o la genetica più confacente ai miei bisogni, ma devo semplicemente affidarmi a un mercato nero, con una qualità bassissima, a rischio della mia salute e del mio equilibrio.
  Occorre tutelare assolutamente la salute dei minori, esattamente come avviene per alcol e tabacco, la cui vendita viene vietata ai minori di 18 anni e per cui vengono controllati determinati locali o determinate zone. Non dimentichiamoci, però, che posso entrare in qualsiasi bar di tutta la nazione e trovarmi sul banco, vicino alla cassa, tutta una serie di cocktail a 2 euro, cocktail altamente alcolici. Pertanto, qualsiasi giovane, qualsiasi minore può fare incetta di sostanze alcoliche. Continua, invece, a essere proibitiva la possibilità di autoprodurre quello che poi è un diritto individuale.
  Al contrario, lo stato di proibizione non fa altro che creare un mercato confuso e pericoloso. In pratica, non è che ci sia un limite all'accesso del minore a quel tipo di mercato. Sappiamo che, se non liberiamo la cannabis dal mercato illegale, il ragazzino che va a comprarsi la stecchetta di fumo o i 2 grammi di erba non fa altro che ritrovarsi sullo stesso banco anche la cocaina, l'eroina, l'MDMA e tutte le sostanze che sono altamente pericolose. Su questo condividiamo perfettamente qualsiasi analisi scientifica, medica e sanitaria.
  Se vogliamo veramente preservare e difendere la salute dei minori, dobbiamo assolutamente fare in modo che la cannabis venga, prima di tutto, tolta dal mercato criminale, dando la possibilità alle persone di autocoltivarla. Dopodiché, possiamo anche liberare i 5 milioni di presunti consumatori, come dalle statistiche dell'Osservatorio europeo sulle tossicodipendenze e sull'uso delle sostanze stupefacenti, 5 milioni di italiani che, per consumo o abituale od occasionale, cercano questo tipo di sostanza per passare un weekend, oppure per uso spirituale, oppure perché ne hanno semplicemente bisogno dal punto di vista terapeutico perché nel loro io sentono che fa loro bene.
  L'ultimo luogo comune è il cavallo di battaglia sul quale il pensiero proibizionista si sta basando in questi ultimi anni, cioè che in giro circola della marijuana, della cannabis, con un potere stupefacente psicoattivo di dieci volte superiore a quella che girava negli anni Settanta-Ottanta.
  Noi non crediamo in questa tesi e pensiamo che chi porta avanti questa tesi non abbia una forte conoscenza o una buona conoscenza della pianta proibita. Esistono varie genetiche di piante. Possiamo fare un esempio con la vite. Esistono vari vitigni che possono portare a un prodotto con una forte percentuale di alcol e altri prodotti la cui percentuale di alcol è inferiore. Quindi, se diamo la possibilità alle persone di coltivare la cannabis esattamente come il contadino coltiva una vigna, non abbiamo altro che un prodotto domestico qualitativamente valido e quantitativamente sufficiente ai fabbisogni personali o familiari. Di conseguenza, possiamo tranquillamente dire che tutto rientra nella difesa della salute e della sicurezza della società.
  Voglio precisare ancora di più che nella nostra cultura e nella nostra società siamo abituati a parlare di alcol, ma non a parlare di cannabis. Ho sentito dire prima – mi dispiace che purtroppo siano andati tutti via – che si tratta di mettere sul mercato una qualità di cannabis che sia in qualche modo certificata. Questo è come dire che, se vado a comprare una bottiglia di vino al supermercato, è garantita e sto tranquillo, mentre la coltivazione personale, come il vitigno personale del contadino, non è più garantita e non è più sicura.
  In sintesi, quello che chiediamo è che, visto che il fenomeno è diffuso da Nord a Sud e che riguarda tutte le categorie sociali e tutte le età, dobbiamo assolutamente fare in modo che si sdogani la possibilità nei confronti dell'individuo di poter esercitare il proprio diritto individuale.
  Non ho molto altro da dire, perché in allegato a questa relazione – spero che i Pag. 24parlamentari presenti vogliano consultarla – abbiamo fatto una piccola analisi sociale e costituzionale sul divieto di coltivazione, con conseguente violazione dei diritti fondamentali. In questa parte della relazione potrete assolutamente vedere che la legislazione attuale è assolutamente in contrapposizione con molti articoli della Costituzione.
  Per quanto riguarda, invece, la caratteristica del fruitore di cannabis, il consumo non è uguale per tutti. I consumatori abituali, oggi come oggi, devono essere considerati una minoranza di genere e, come minoranza di genere, devono avere il diritto di associarsi e di poter chiedere alla politica di adeguarsi alle istanze attuali, conoscendo di più i soggetti a cui le leggi che vengono emanate dal Parlamento sono rivolte. Questi soggetti siamo noi e siamo a vostra disposizione per confutare moltissime delle informazioni che sono state riferite qui sulla guida, sulla pericolosità e su molti altri aspetti.
  Detto questo, l'ultima cosa che vorrei dire è che, come associazione, siamo coinvolti nel progetto Saracinesco in canapa, un progetto che vede insieme l'Università di Tor Vergata, l'Università della Tuscia, la Società italiana di medicina naturale, la regione Lazio e il comune di Saracinesco. È un progetto molto importante, un progetto nel quale noi operiamo, avendo già piantato un campo di canapa. Come estimatori, non vogliamo semplicemente avere il diritto di poter usare questa sostanza. Vorremmo che questo elemento, la cannabis, venisse portato di nuovo nel rispetto e nella considerazione che ha sempre avuto nei secoli passati.
  La ringrazio molto per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti con la Società italiana di farmacologia (SIF). Di solito parla un rappresentante. Poi eventualmente, rispondendo alle domande, l'altro può fornire alcune risposte.
  Do la parola a Gioacchino Calapai, farmacologo membro della Commissione europea per i medicinali vegetali dell'EMA.

  GIOACCHINO CALAPAI, Farmacologo, rappresentante della Società italiana di farmacologia (SIF). Buon pomeriggio. Grazie, presidente. Ringrazio per l'invito gli illustri deputati da parte della Società italiana di farmacologia, in particolare da parte mia e della professoressa Parolaro. Abbiamo entrambi lasciato delle memorie scritte che potete leggere. Sono degli appunti di ordine generale sulla problematica della cannabis, che è sotto i riflettori da un po’ di anni, perché sono aumentate le conoscenze scientifiche su questa sostanza. Si riconosce un uso medico e ci sono dei farmaci anche in Italia e in Europa. C'è un farmaco autorizzato con indicazione medica «dolori da spasmi muscolari nella sclerosi multipla». Viene utilizzato e viene anche dispensato dal sistema sanitario nazionale.
  Ci è sembrato di capire che la problematica più forte a motivo di queste audizioni sia la possibilità che ci possa essere una legalizzazione, ossia una legislazione che regolamenti l'uso della cannabis. Svolgo alcuni appunti che riguardano eventualmente una nuova legislazione, che secondo noi è comunque una sfida che coinvolge aspetti che riguardano la sicurezza, il mondo degli investimenti, il mondo dell'educazione, ma anche quello della prevenzione.
  Ci sono delle domande che ci siamo posti, ossia se siamo pronti ad affrontare i cambiamenti che si verificheranno nella modalità di consumo e nelle abitudini e se ci saranno programmi di istruzione e formazione che accompagneranno una legislazione in questo senso.
  Una cosa importante, secondo noi, è che esiste una forma ampia di consenso. Facciamo attenzione, però, perché molti medici non conoscono la cannabis, neanche dal punto di vista medico. Non la sanno usare. Ci sono molti dubbi anche da parte dei medici. Ovviamente, questa forma di consenso va, a nostro avviso, ampliata.
  Occorre, quindi, considerare anche come una legislazione sulla cannabis si inserisca in un contesto legislativo che ha già degli elementi in sé. Ci sono delle sostanze legali (tabacco, fumo) che producono dei danni potremmo dire forse anche maggiori rispetto a quelli della cannabis e c'è un mercato illegale. Quindi, una legislazione Pag. 25 deve tener conto anche del mondo in cui si inserisce questa sostanza.
  È utile, secondo noi, verificare, anche velocemente, la convergenza sui punti generali di consenso. Siamo d'accordo che la cannabis sia una sostanza in questo momento illegale, che si può utilizzare dal punto di vista medico. Tuttavia, è anche una sostanza d'abuso, che comporta alcune problematiche, anche se probabilmente queste sono minori rispetto a quelle di fumo e tabacco.
  Ci sono alcuni suggerimenti che forniamo eventualmente al legislatore. Il primo è di separare i due aspetti, l'uso medico e l'uso ricreazionale. Sono modalità di uso completamente differenti, che probabilmente utilizzeranno preparazioni differenti. Le preparazioni medicinali sono preparazioni di cui si dimostra che c'è un risultato terapeutico. Si dice al paziente o al medico: «Usala per questa patologia, perché otterrai dei risultati». Altra cosa, ovviamente, è una preparazione a scopo ludico-ricreazionale.
  Ovviamente, siamo favorevoli a rendere agevole l'accesso al consumo della cannabis per gli scopi terapeutici. Sappiamo che attualmente si è fatto molto, ma che non c'è una legge sull'uso medico. Si utilizza la legge del 1998 emanata per la famosa terapia Di Bella. Si utilizza questo escamotage per favorire l'uso medico della cannabis, con i problemi di approvvigionamento che abbiamo visto in questi ultimi anni essere affrontati in diverso modo, ultimamente con l'impegno dell'Istituto chimico farmaceutico militare.
  Quanto al permettere l'accesso alla cannabis a scopo ricreazionale agli adulti, tutta la comunità scientifica è d'accordo nell'identificare gli adolescenti come un gruppo vulnerabile e a rischio per quanto riguarda l'uso di tutte le sostanze d'abuso, ovviamente, ma qui stiamo parlando della cannabis. Bisogna assolutamente proteggere questa fascia di età.
  In termini di accorgimenti, probabilmente ne troverete di più idonei rispetto a quelli che suggeriamo, come congrua tassazione, bando del consumo pubblico, limite inferiore ovviamente di età legale e una regolamentazione della coltivazione. Abbiamo letto soprattutto il disegno di legge che sembra accomunare più parlamentari ed essere più articolato, il n. 3235, e abbiamo visto che tiene conto di queste cose. Non sappiamo se si regolamenteranno una forma individuale, una forma associata o entrambe le forme e se si seguirà il modello spagnolo del social club o meno. Quello che è importante per noi è garantire la sicurezza della popolazione attraverso il divieto di vendere ai minori e l'assoluto controllo della filiera di produzione.
  Sentiamo parlare di più preparazioni della cannabis. Facciamo attenzione, perché probabilmente sarà bene fissare anche un contenuto «legale» o un limite di THC, che è la sostanza psicoattiva, nelle preparazioni o nelle coltivazioni.
  Per noi è importante si prevedano già nell'ambito dell'impalcatura legislativa iniziative atte a prevenire l'uso precoce da parte degli adolescenti. Non abbiamo dati. Nessuno può dire quello che succede, né in un senso, né nell'altro. Nessuno può dire che possa succedere una catastrofe o meno. I dati disponibili sono molto relativi. Quelli che abbiamo più stabilizzati riguardano l'uso medico in alcuni Stati degli Stati Uniti, mentre quelli che riguardano l'uso ricreazionale sono – scusatemi – troppo recenti per poter giungere a delle conclusioni.
  Ancora, ovviamente è inutile organizzare un processo regolatorio che sia troppo rigido, perché questo – ce lo insegnate anche voi – favorirebbe in ogni caso un mercato illegale.
  Sono ovvi il divieto e il controllo dei messaggi pubblicitari, anche di quelli, secondo noi, relativi all'uso medico.
  Come ultima considerazione, sappiamo che la legislazione, se verrà deciso in questo senso, cioè di fare una legislazione, può essere una legislazione soft o una legislazione più rigida e rigorosa. Ovviamente, questo determina delle scelte: monopolio sì o no, vendita in farmacia oppure no. Occorrono alcune soluzioni che accompagneranno e dovranno accompagnare una Pag. 26scelta politica che riguarda il tipo di legislazione che si vuole fare.
  Ringrazio, per finire, la professoressa Parolaro, che con me ha sviluppato questi punti. Grazie anche a voi.

  PRESIDENTE. Grazie. Dopo ci potrebbero essere delle domande. Quindi, c'è un altro piccolo giro di interventi.

  STEFANO ARMANASCO, Presidente del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board). Spettabili Commissioni affari sociali e giustizia, buon pomeriggio. Sono Stefano Armanasco, presidente di Freeweed, associazione no-profit formata da consumatori di cannabis, estimatori della pianta e dei suoi prodotti, cittadini liberi che supportano le cause della regolamentazione della cannabis.
  In primis, vi ringraziamo davvero della possibilità di esporre la nostra relazione in merito alle proposte di legge in oggetto. Nel nostro percorso di attivismo ci impegniamo quotidianamente affinché venga riconosciuto a ogni singolo cittadino maggiorenne il diritto di coltivare cannabis per un utilizzo personale e, a tal fine, abbiamo anche redatto e depositato al Parlamento europeo la Carta dei diritti dei consumatori e coltivatori di cannabis, firmata da oltre 2.500 persone e 20 realtà attive sul territorio.
  La basilarità della nostra richiesta di piena legalità dalla coltivazione di cannabis personale e del conseguente uso è data da ragioni sociali, economiche ed anche medico-scientifiche che, a nostro parere, dovrebbero essere viste come complementari e non separate, che si aggiungono al semplice diritto di coltivazione del consumatore di produrre un bene per il proprio consumo personale, fattore che riteniamo comunque centrale.
  Le ragioni sociali si intrecciando indissolubilmente alle ragioni economiche e si possono sintetizzare nel concetto di illegalità della sostanza e nel conseguente rapporto del consumatore col mercato nero, al quale ad oggi è esposto per effettuare il proprio consumo personale. In Italia, infatti, sebbene la detenzione personale entro certi limiti venga sanzionata solo amministrativamente, l'autoproduzione di cannabis è ancora considerata reato penale molto grave.
  Ciò significa che, per non correre questo rischio, oltre 4,5 milioni di semplici consumatori sono spinti ad acquistare cannabis per il proprio uso personale sul mercato nero, alimentando un business illecito da decine di miliardi l'anno, condotto nella completa illegalità, che, come segnalato dalla Relazione annuale dell'EMMCDDA (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction), l'Osservatorio europeo sulle sostanze, rappresenta la quota più ampia del mercato delle sostanze illecite.
  Se è vero che le audizioni servono non solo agli auditi per fare passerella, ma anche e soprattutto al legislatore per farsi un'opinione e successivamente decidere, i deputati dovrebbero nello specifico valutare se sia giusto o meno continuare ad arrestare, processare e condannare persone che coltivano qualche pianta di cannabis per il proprio consumo personale solo per evitare di acquistare la sostanza sul mercato nero. È una situazione inaccettabile, che deve terminare il prima possibile.
  L'introduzione immediata di una regolamentazione dell'autoproduzione personale è ad oggi l'unica strategia applicabile e soprattutto socialmente utile per creare una reale e concreta alternativa al mercato nero, gestito interamente dalle narcomafie, per tutelare realmente il consumatore e per fermare definitivamente l'inutile repressione delle condotte destinate a scopi personali.
  Un'effettiva regolamentazione dell'autoproduzione personale porterebbe enormi vantaggi anche per quanto riguarda il dato sulla spesa pubblica riservato alle forze dell'ordine, circa un milione di euro all'anno. Le forze dell'ordine potrebbero concentrare gli sforzi sul traffico illecito reale, andando a colpire i grandi trafficanti e la criminalità organizzata, al posto del semplice coltivatore e consumatore per uso personale, con un netto risparmio di fondi pubblici e con un reale vantaggio sociale Pag. 27per la sicurezza pubblica. Ad oggi si riesce a fermare solo il 5 per cento del mercato illegale e, come sottolineato dal report europeo, la maggioranza degli arresti e sequestri interessa comunque condotte di autoproduzione personale che hanno un pericolo sociale irrilevante.
  Per quanto concerne l'ambito medico-scientifico, il sistema fisiologico su cui agisce la cannabis viene definito sistema endocannabinoide ed è presente negli organismi animali da circa 600 milioni di anni. A conferma della sua importanza evolutiva, le cellule del nostro corpo sono in grado di sintetizzare, su richiesta, e di degradare, ove necessario, queste molecole, di cui la principale endogena è stata denominata anandamide, che in sanscrito significa appunto «beatitudine eterna».
  Studi sui topi hanno dimostrato come il knockout del gene codificante i recettori per i cannabinoidi impedisca di fatto la riproduzione ai piccoli roditori ed analogamente nell'uomo, come ha avuto modo di riportare il dottor Simone Fagherazzi, laureato in Medicina e Chirurgia all'Università di Padova, in un esame accademico.
  Quello di cui parliamo, quindi, è un sistema intimamente correlato alla fisiologia umana, su cui agisce come un modulatore. I recettori finora scoperti sono disseminati in tutto il corpo e le vie molecolari che sottendono alla loro regolazione si stanno verificando essere le più svariate. Questo rende l'eventuale utilizzo terapeutico molto più esteso rispetto alle condizioni riconosciute ufficialmente.
  Il professor Ethan Russo, scienziato tra i massimi esperti mondiali in tema di cannabinoidi, ha pubblicato nel 2015 l'ipotesi di una sindrome da deficienza di endocannabinoidi presente in forma locale, come nel glaucoma per esempio, o in forma sistemica, come per esempio nella fibromialgia. Tale considerazione si basa sull'assunto da parte del professore che il nostro organismo, per essere in salute, debba avere un tono corretto del sistema endocannabinoide e, quindi, una corretta modulazione.
  La pianta di cannabis, al contempo, presenta un fitocomplesso estremamente ricco, più di 600 le sue componenti, le quali agiscono sinergicamente sui recettori finora identificati.
  Lo Stato e le varie Convenzioni internazionali indicano come diritto fondamentale dell'uomo quello alla salute e l'Organizzazione mondiale della sanità definisce la salute non solo come assenza di malattia, ma come pieno benessere fisico, psichico e sociale dell'individuo. È inoltre recente scoperta della scienza (1° giugno 2016 sulla rivista Jama Psychiatry) che l'utilizzo cronico di cannabis non provochi alcun danno alla salute, se non un aumento di frequenza della parodontite (chiaramente imputabile alla combustione), che evidenzia la cannabis come sostanza sicura.
  La pianta di cannabis ha infinite varietà caratteriali, esattamente come l'essere umano che l'assume e che deve, quindi, rendersi responsabile della ricerca del proprio equilibrio, fonte del proprio benessere e della propria terapia e, quindi, della propria salute. Dunque, anche su un piano medico-scientifico è necessario regolamentare l'autoproduzione personale al fine di avere la possibilità di scegliere autonomamente la propria pianta, di poterne scegliere autonomamente il dosaggio e le modalità di assunzione, di evitare le lunghe tempistiche di erogazione, di permettere di abbattere i costi della terapia, oltre che – condizione fondamentale – di evitare il riversarsi dei pazienti sul mercato nero per l'approvvigionamento, situazione che accade sia per la forte differenza di valore commerciale, sia per un più rapido accesso al prodotto.
  Uno Stato che si prenda cura dei propri cittadini non deve volersi sostituire alle loro scelte, ma deve tenerle in considerazione e trovare il modo migliore per applicarle nel concreto e la libertà della persona umana dovrebbe essere la conditio sine qua.
  Per la cannabis si è assistito ad un processo di demonizzazione, fondato più su pregiudizi ideologici e mistificazioni generate da puri interessi economici piuttosto che su vere e fondate osservazioni medico-scientifiche. È giunto il momento di scrollarsi di dosso l'ipocrisia che ci avvolge e ammettere che stiamo discutendo di Pag. 28una pianta che, se venisse veramente considerata come tale, donerebbe all'intera società un netto miglioramento della qualità della vita sotto tutti gli aspetti.
  Il ragionamento che deve motivare il legislatore, quindi, conosciuto lo stato dell'arte anche in materia medico-scientifica, passa su un piano etico. Dopo un'attenta analisi la proposta in esame, sostanzialmente formulata per introdurre il monopolio di Stato sulla cannabis, all'articolo 5 sembrerebbe escludere dal regime di monopolio le attività finalizzate all'esclusivo consumo personale. In realtà, chiunque volesse coltivare qualche pianta di cannabis sarebbe obbligato a comunicare all'ufficio regionale dei Monopoli di Stato le proprie generalità e l'indirizzo esatto del luogo di coltivazione al fine di poter beneficiare di una sorta di implicita autorizzazione a procedere.
  Poiché non è in discussione alcuna modifica delle altre leggi ed atti amministrativi che comunque riguardano il controllo e l'assunzione di stupefacenti, sarebbe concreto il rischio, subito dopo aver provveduto a questa comunicazione, di venir convocati dalle Motorizzazioni civili per verificare la sussistenza dei requisiti di guida oppure sottoposti a drug-test periodici sui luoghi di lavoro e licenziati, laddove previsto.
  Tutto ciò senza nemmeno considerare la possibilità concreta, a partire dalla prima legge di stabilità utile, di utilizzare tale elenco per imporre una tassa su ogni pianta o, peggio ancora, per esercitare un'azione coercitiva sui coltivatori, qualora si decidesse di revocare l'autorizzazione per concorrenza sleale al monopolio di Stato, proprio come è già accaduto nell'esperienza canadese.
  Riteniamo dunque basilare inserire nella normativa il riconoscimento esplicito e definitivo del diritto inalienabile alla coltivazione per uso personale, in ogni caso senza fini di lucro o di commercio.
  Crediamo sia opportuno, inoltre, eliminare la comunicazione di inizio coltivazione fino al limite di 5 piante, al di sotto del quale si dovrebbe garantire la libera e legale pratica coltivativa, seguendo anche le disposizioni costituzionali di legalizzazione di un determinato oggetto e condotta, affinché non venga limitato oppure compromesso il diritto soggettivo di costruire liberamente e difendere la propria sfera privata, nonché per evitare che tale obbligo possa divenire uno strumento coercitivo in caso di successivi mutamenti normativi.
  Se necessariamente si ritiene di dover introdurre una disposizione che obblighi alla comunicazione dell'inizio di coltivazione, ci permettiamo di proporre di introdurla, invece, per coltivazioni sopra questo limite prefissato, fino a un nuovo massimale, che proponiamo in 15 piante o 15 metri quadrati pro capite. Questo in modo da poter monitorare solo un'eventuale produzione maggiore, che può essere utile per diversi scopi (come ricerca, analisi, selezione genetica e soprattutto terapia personale), che necessitano di massimali più alti delle 5 piante, che potrebbero però costituire condotta considerata borderline e, pertanto, porsi nell'ambito del rischio, dal punto di vista del legislatore, di un eventuale spaccio del raccolto in eccedenza.
  Riteniamo questo cambiamento normativo fondamentale per poter rendere accettabile, e soprattutto realmente attuabile, un'eventuale disposizione di comunicazione, se proprio si ritiene di doverla introdurre, altrimenti facilmente vanificabile e incontrollabile.
  Ovviamente, questa situazione di tutela dell'autoproduzione personale potrebbe spaventare i proponenti il monopolio, in quanto il rischio di un concorrente legale come l'autoproduzione sappiamo essere grande ed ostacolato in tutti i campi. Riteniamo, però, anche secondo molteplici studi recenti a livello internazionale, che il mercato della cannabis esisterà sempre e comunque e che renderlo legale sarà, in ogni caso, vantaggioso per lo Stato. Regolamentando chiaramente l'autoproduzione, si andrebbe a creare un'ulteriore e reale stretta alla criminalità organizzata.
  Per le stesse motivazioni riteniamo che, sebbene l'introduzione di associazioni di consumatori per la coltivazione no-profit condivisa sia cosa positiva, porre limiti numerici ai membri di queste associazioni sia Pag. 29– ci si permette di farlo notare – una violazione della libertà di associazione costituzionalmente garantita.
  In merito ai drug-test, riteniamo che quelli in uso oggi per la rilevazione della guida sotto effetto di sostanze stupefacenti siano inappropriati e da modificare, in quanto sia l'analisi della saliva, sia quella delle urine non garantiscono un riconoscimento effettivo della condizione alterata del soggetto nel momento esatto in cui viene fermato. Questi test danno un esito positivo anche quando l'assunzione di cannabis è ben antecedente al momento in cui si sta guidando, dato che le tracce del THC possono rimanere rilevabili da dodici ore a ben quattro mesi dal momento dell'ultimo utilizzo, a seconda dell'abitudine di consumo. Occorre, invece, ricordare che normalmente gli effetti della cannabis svaniscono dalle quattro alle cinque ore e che, quindi, il rischio di test positivi per persone non realmente sotto effetto è elevatissimo.
  Ci associamo, inoltre, ad altri che sono stati auditi in precedenza per raccomandare che sia cassata la prevista depenalizzazione della cessione tra i minori, tenendo conto dei rischi eventuali sottolineati.
  Crediamo opportuno che sia prevista la possibilità per ciascuno di selezionare le proprie varietà di semi e, quindi, genetiche per fini strettamente non commerciali, nell'ottica di permettere a ciascuno di ottenere senza gravi oneri il prodotto più confacente ai propri bisogni.
  Per concludere, riassumendo, crediamo che sia giunto il tempo di una nuova normativa che vada a rendere legale l'autoproduzione di cannabis ad uso personale, che la tuteli e la regoli adeguatamente, possibilmente con limiti reali ed ampi, escludendo un'eventuale comunicazione di inizio coltivazione e garantendo il diritto all'autoproduzione personale scritto in legge. Questo al fine di sviluppare una nuova politica sulla cannabis a beneficio della società nel suo complesso, basata sulla prevenzione e non più sulla repressione inutile, sull'educazione all'uso responsabile e sulla vera riduzione del danno, che metta al primo posto la salute sociale di tutti i cittadini e ponga fine all'ingiustificata attuale criminalizzazione del consumatore e coltivatore per uso personale.
  Vi ringrazio e scusate se mi sono un po’ allungato. Era un testo un po’ lungo.

  PRESIDENTE. Avrebbe dovuto restare un po’ nei tempi. Tutti i testi sono lunghi, ma si accorciano, altrimenti non si rispettano gli altri.
  Andiamo avanti con la Comunità di San Patrignano. Do la parola ad Antonio Boschini.

  ANTONIO BOSCHINI, Responsabile sanitario della Comunità di San Patrignano. Buonasera. Cercherò di essere molto sintetico. Vi dico solo alcuni dei punti fondamentali per cui la Comunità di San Patrignano è chiaramente contraria a questa proposta di legalizzazione e di coltivazione.
  In primo luogo – sarò molto sintetico – sappiamo da dati accertati che il rischio di dipendenza da cannabis è intorno al 10 per cento, il che vuol dire che su 100 persone che usano cannabis 10 ne diventano dipendenti. È un dato pubblicato anche sul DSM, dove sono descritti anche i sintomi della dipendenza.
  Un secondo dato che per noi è molto importante è il seguente: abbiamo una comunità che si occupa prevalentemente di dipendenze da droghe come eroina e cocaina, ma quello che vediamo è che il 98 per cento delle ormai 26.000 persone che abbiamo accolto hanno iniziato a fare uso di cannabis e poi dalla cannabis sono passate a droghe di tipo diverso. Sarebbe una follia, ovviamente, dire che chi usa cannabis sia destinato a usare droghe di tipo diverso, ma diciamo che l'uso di cannabis è sicuramente un fattore di rischio fondamentale per l'uso successivo di altre droghe.
  Il perché ci sia la possibilità di passaggio dalla cannabis ad altre droghe è un discorso che non è ancora chiarito. Ci sono teorie di carattere neurobiologico per cui la cannabis sensibilizzerebbe determinate aree cerebrali all'uso e alle dipendenze successive da altre sostanze. Qualcuno dice che, invece, il problema è unicamente di contiguità, nel senso che chi compra la Pag. 30cannabis entra in contatto con lo spaccio e, quindi, tramite lo spaccio, poi acquista altre droghe.
  La nostra esperienza diretta è questa: il giovane che usa la cannabis la usa – si dice – a scopo ricreativo, ma in realtà c'è dentro un piccolo scopo terapeutico, nel senso che il giovane che usa la cannabis la usa per sentirsi più disinibito, più simpatico, più allegro, più socievole. Questo è il dato che noi abbiamo. Quindi, quando una persona accetta, per essere socialmente più riconosciuta o più accettata, di usare una sostanza, il rischio che poi ne possa usare un'altra e un'altra ancora è un rischio elevato. È quello che i nostri dati ci dicono sulle ormai migliaia e migliaia di persone conosciute in comunità e anche contattate nelle attività di prevenzione.
  Un terzo punto che credo sia ormai incontrovertibile è quello della tossicità della cannabis. È un discorso contrario a quello che sentivo prima. In realtà, fino a vent'anni fa la maggior parte delle riviste scientifiche parlavano della cannabis come di una sostanza innocua. Questo fino a 15-20 anni fa. In realtà, le vere pubblicazioni sui danni della cannabis sono degli ultimi dieci anni.
  Quindi, è il contrario di quello che sentivo prima. Si sta conoscendo adesso un sistema, quello dei cannabinoidi endogeni, che prima era, paradossalmente, poco conosciuto. Nonostante la cannabis fosse la sostanza più diffusa nel mondo, il meccanismo di azione della cannabis era quello meno noto rispetto gli oppiacei e alla cocaina.
  Gli studi degli ultimi anni hanno documentato che ci sono delle associazioni fra alcune patologie mentali e l'uso di cannabis. Ovviamente, mi riferisco all'uso di cannabis in età adolescenziale, quando il sistema nervoso è ancora in fase di organizzazione. Ci sono, ancora più recenti, dei riscontri di associazioni tra uso di cannabis e problemi di carattere cognitivo di vario tipo.
  È chiaro che, avendo in mano questi dati, ogni ragionamento sulla depenalizzazione e sulla legalizzazione deve tenerli in considerazione. Penso a tutti i riscontri dei fermi di polizia che riguardano la cannabis. Che ci sia questo aumento della concentrazione del principio attivo THC nella cannabis è un dato che viene pubblicato in tutte le riviste.
  Non solo, sembra anche che, per rendere la cannabis più psicotropa, venga ridotta geneticamente la concentrazione di un elemento protettivo che ci sarebbe nella cannabis, il cannabidiolo. Quindi, esiste questo tipo di principio, che è quello per cui viene sperimentata la cannabis per esempio come farmaco antiepilettico. Tuttavia, i sequestri di cannabis ultimamente danno effettivamente dei valori molto alti di THC e molto più bassi di cannabidiolo.
  Per quanto – sono al quarto punto; sto quasi finendo – tutti siamo d'accordo, mi sembra d'aver capito, che sicuramente sull'adolescente la canna avrebbe un effetto negativo, il renderla lecita per l'adulto andrebbe inevitabilmente, da un punto di vista della prevenzione, a creare un calo di attenzione dell'adolescente nei confronti della cannabis.
  Con riguardo a chi propone la legalizzazione come lotta al mercato clandestino e alla criminalità organizzata, è evidente che, ogni volta che si pongono delle restrizioni di quantità, di purezza, di età o di professione (chi guida e chi non guida), ogni forma di restrizione andrebbe a favore di chi la vende sul mercato clandestino.
  Il mercato clandestino specula su tutte le droghe, non solo sulla cannabis. Dovremmo liberalizzare tutte le droghe (eroina, cocaina, cannabis, droghe sintetiche), altrimenti la mafia comunque verrebbe avvantaggiata.
  Poi c'è chi dice che l'uso di cannabis provocherebbe un vantaggio, nel senso che un maggiore utilizzo di cannabis nell'adulto ridurrebbe l'uso di alcol. Questo è un altro dato che sento spesso riferire. In realtà, esiste una ricerca – ho qui anche la bibliografia; adesso non me la ricordo – che dice negli Stati Uniti, per esempio, fra gli studenti dei college è stato notato che tra dieci anni fa e adesso sono aumentati in contemporanea sia l'uso quotidiano di alcol, sia l'uso quotidiano di cannabis. Quindi, si tratta di due sostanze, una legale Pag. 31e una no, che sono spesso sinergiche e che non sono antagoniste.
  Ho chiuso.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Adesso abbiamo l'ultimo intervento, quello della Comunità Exodus. Do la parola a Luigi Maccaro, responsabile della comunità di Cassino. Poi passiamo alle domande.

  LUIGI MACCARO, Responsabile comunità di Cassino della Comunità Exodus. Buonasera. Vi porto senz'altro i saluti anche di don Antonio Mazzi. Tutta la Fondazione Exodus ringrazia per l'opportunità di essere ascoltata in quest'audizione.
  Certamente riteniamo che l'intero impianto del disegno di legge sia assolutamente non condivisibile, prima di tutto perché ha un approccio esclusivamente utilitaristico e non prende in considerazione le dimensioni del problema dell'uso delle sostanze, che sono numerose, molteplici e complesse. Si tratta di problemi sociali, medici, giuridici.
  La legalizzazione rappresenta da parte dello Stato un approccio esclusivamente utilitaristico, finalizzato a far cassa dal punto di vista fiscale sulla pelle dei consumatori di cannabis, che dal nostro punto di vista sono fondamentalmente dei tossicodipendenti e, quindi, sono persone che hanno dei problemi.
  Soprattutto se si confronta questa proposta di legge con le esperienze fatte negli ultimi dieci anni della legalizzazione del gioco d'azzardo, si vede ampiamente che la legalizzazione non risolve i problemi, anzi li amplifica. Quello che probabilmente ci aspetta, come conseguenza di questo disegno di legge, è un ampliamento enorme della platea dei consumatori.
  Sottoscrivo interamente l'intervento di San Patrignano, che mi ha preceduto, rispetto alla pericolosità di questo tipo di sostanza. Tuttavia, vorremmo concentrarci in maniera un po’ più specifica proprio su come è stato costruito questo disegno di legge, mettendone in discussione i punti principali.
  Con questo disegno di legge lo Stato si propone di aumentare gli introiti fiscali derivanti dalla produzione e dalla commercializzazione di cannabis. Questo proposito ci lascia perplessi, intanto perché – ripeto – lo fa sulla pelle dei ragazzi, ma soprattutto perché ci domandiamo quanto l'ipotetico mercato legale sia in grado realmente di sostituire il mercato illegale.
  Partiamo da una considerazione sui quantitativi di cannabis circolante, che è del tutto aleatoria. Ci basiamo sui numeri dei sequestri, che sono l'unico dato certo. Probabilmente una parte di quei sequestri riguardano casi in cui si utilizza l'Italia solamente come Paese di passaggio, ragion per cui non è detto che siano destinati al consumo interno. I dati che vengono incrociati dai vari studi, nazionali, europei e internazionali, sono del tutto aleatori, perché si basano sull'analisi delle acque reflue e sui questionari somministrati agli utenti.
  Addirittura nella premessa del disegno di legge si dice: «Consideriamo che la cannabis circolante destinata al consumo sia pari a 10 volte quella sequestrata». Chi lo dice e sulla base di cosa? Potrebbe essere 5 volte, 20 volte, potrebbe essere la stessa. Non lo so. Mi pare che nelle premesse del disegno di legge ci sia un'aleatorietà che non giustifica affatto gli obiettivi.
  L'altro aspetto, raccapricciante, è la scelta dello Stato in questa legge di fare un passo indietro rispetto alla lotta al narcotraffico, pur se limitatamente alla circolazione di cannabis. Al di là del fatto che ci sarebbe comunque bisogno di controllare il traffico legato ai minori, che sono esclusi dalla legge, e che ci sarebbe bisogno di controllare se le modalità con le quali la produzione e la commercializzazione sono consentite dal punto di vista legale siano effettivamente rispettate, un fronte di controllo e di repressione comunque ci dovrà essere. Quindi, questi fantomatici risparmi, secondo me, sono – appunto – fantomatici.
  Ancora, l'idea di far cassa in questa modalità, come è stato per il gioco d'azzardo, si scontra con l'aumento della platea di consumatori e dei costi sociali e sanitari che bisognerà andare ad affrontare. Se è vero che ci sono oggi in Italia 500.000 consumatori di cannabis, anche solo l'aumento del 20 per cento di questa platea di Pag. 32consumatori significa che ci saranno migliaia di persone che avranno bisogno di essere curate, migliaia di persone che probabilmente passeranno dalle sostanze leggere alle sostanze pesanti, migliaia di persone che probabilmente in parte verranno meno alla realizzazione di un progetto di vita pieno dal punto di vista lavorativo, migliaia di persone che andranno incontro a disagio psicologico e complicanze psichiatriche.
  Non sto qui a dire quanto la cannabis faccia male. Autorevoli fonti governative, come il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, dichiarano questo. Non essendo scienziato, mi attengo a quanto dichiarato dal Governo e mai smentito.
  Inoltre, vorrei di nuovo sottolineare l'importanza di separare quanto di produzione legislativa ci sarà riguardante l'uso terapeutico e l'uso ricreativo. Sono due mondi completamente separati e distanti. Uno è un mondo scientifico, quello terapeutico, che ha bisogno di protocolli, procedure e verifiche di un dato tipo. L'altro è un capriccio. L'uso ricreativo della cannabis per noi è un capriccio. Quindi, questi due aspetti non possono stare dentro lo stesso disegno di legge.
  Concludo con la ricaduta sociale ed educativa che ci sarebbe di fronte all'approvazione di un disegno di legge del genere. I ragazzi, che sono più esposti all'uso di cannabis e ai danni che questo comporta, sono le fasce più deboli della popolazione. Sono i ragazzi più fragili, sono le persone che, di fronte a una condizione di disagio, trovano degli automedicamenti e delle soluzioni che hanno a che fare con le sostanze e con i comportamenti devianti.
  Pertanto, non si può veramente affrontare questo problema esclusivamente dal punto di vista della cassa o del risparmio che verrebbe dall'impiegare meno poliziotti su questo fronte. In primo luogo, è una follia pensare che lo Stato sia legittimato a fare cassa sulla pelle del disagio dei giovani. In secondo luogo, non è possibile pensare che lo Stato venga meno alla sua responsabilità di tutelare e di promuovere il benessere dei suoi cittadini e la salute dei suoi cittadini più deboli, che sono i giovani.
  Chiudo veramente ribadendo la richiesta di farsi carico, come Commissione, di sottolineare la necessità di convocare al più presto una Conferenza nazionale sulle dipendenze, che stiamo aspettando da anni. È prevista ogni tre anni. È un momento di questo tipo di legge...

  PRESIDENTE. Non è detto che dal posto ognuno possa parlare. Dopo, se ci saranno domande, ognuno dirà una piccola cosa in più, se crede. Mentre uno parla, non è garbato.

  LUIGI MACCARO, Responsabile comunità di Cassino della Comunità Exodus. Chiudo veramente. Il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga ha bisogno di una guida politica e tecnica diversa, che ci aspettiamo da qualche tempo e che non c'è, così come non c'è la convocazione della Consulta nazionale degli operatori e degli esperti delle dipendenze.
  Ci aspettiamo anche che venga posto un freno, una restrizione, a un dramma che sta dilagando in maniera spaventosa. I nostri centri d'ascolto sono pieni di istanze legate alla diffusione del gioco d'azzardo, l'ultima follia in termini di legalizzazione che questo Stato ha ipocritamente messo in campo.

  PRESIDENTE. Grazie molte.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Volevo solo rivolgermi alle associazioni Exodus e San Patrignano. Intanto, ovviamente, ci forniranno tutti i dati, visto che sono state usate parole come «sembra», «pare», «hanno detto». Sarei interessato a conoscere tutte queste fonti.
  L'unica domanda che voglio fare è nelle vostre associazioni quante persone che aiutate sono lì per cannabis ed esclusivamente per cannabis. Avete un dato rispetto ai cittadini che frequentano le vostre associazioni che hanno bisogno dei vostri aiuti e della vostra vicinanza? In quale percentuale e in che numero sono?

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  PRESIDENTE. Facciamo fare un giro di piccole puntualizzazioni.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  ANTONIO BOSCHINI, Responsabile sanitario della Comunità di San Patrignano. I «sembra» e «pare» sono dovuti al fatto che, parlando, andavo un po’ veloce, ma è documentato quasi tutto con la bibliografia. Quello che manca lo invierò in seguito.
  Per quanto riguarda i dati sulle persone che sono da noi per problemi legati alla cannabis, in questo momento abbiamo 1.200 persone in trattamento residenziale a San Patrignano. Per 50 di queste la cannabis era la principale sostanza di abuso. In questo caso queste 50 persone sono quasi tutte persone che sono entrate in una fascia di età che va dai 15 ai 19 anni. Sono quelle che chiedono aiuto a San Patrignano e, in particolare, ai due centri minori che sono all'interno di San Patrignano. Chiaramente, nelle persone adulte sui 30-35 anni l'uso della cannabis è stato poi soverchiato dall'uso di altre sostanze. Che poi uno abbia usato una volta o due l’ecstasy può anche essere, ma l'uso costante quotidiano era relativo alla cannabis.

  PRESIDENTE. Vorrei dare la parola alla professoressa Parolaro, ordinario di Farmacologia presso l'Università Insubria e coordinatore scientifico Fondazione Zardi-Gori della SIF.

  DANIELA PAROLARO, Rappresentante della Società italiana di farmacologia (SIF). Volevo solo fare una precisazione su quanto ho sentito dire per quanto riguarda il sistema endogeno.
  È vero che abbiamo un sistema endocannabinoide endogeno ed è vero che questo sistema produce una sostanza che si chiama anandamide. È altrettanto vero che questo sistema regola molte funzioni del nostro organismo, ma l'anandamide viene prodotta dalle nostre cellule on demand, cioè quando serve. Il danno dell'abuso di cannabis sta proprio nel continuamente stimolare i recettori endogeni con sostanze esogene e, in questo modo, disregolare la funzione regolatoria del sistema endogeno. Questo è l'aspetto neurobiologico del sistema endogeno e della sua stimolazione esogene.
  Grazie. Volevo solo puntualizzare questo.

  MARKAB MATTOSSI, Rappresentante dell'Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia (ASCIA). Buongiorno. Abbiamo presentato una documentazione su vari punti costituzionali secondo noi lesi dalle leggi attuali, dal decreto n. 309 e anche dagli accordi internazionali.
  Ad oggi gli accordi internazionali e il n. 309 non sono mai stati analizzati per vedere se ledano la Costituzione italiana. Solo alcuni punti sono stati portati al cospetto della Corte costituzionale e sono decaduti. Il vero impianto legale non è mai stato analizzato. Pertanto, si spera che, magari prima dell'attuazione di questa legge, venga presa in esame anche la costituzionalità dell'accordo internazionale del 1961 sulle droghe, per capire se realmente questo accordo internazionale sia costituzionale e conforme alla nostra Costituzione.
  Un altro punto che vorrei sottolineare riguarda il Regio decreto n. 773 del 18 gennaio 1931, che permette la perquisizione anche per sostanze stupefacenti. A parer nostro, è incostituzionale in base alla Costituzione attuale, non a quella che era in vigore quando c'era il re. Se possibile, vorremmo analizzare anche questo Regio decreto, per capire se realmente sia legale e costituzionale l'adempimento di questa legge.

  STEFANO ARMANASCO, Presidente del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed board). Vorrei solo sottolineare che magari sarebbe il caso, visto che è interessante la discussione sugli studi delle dipendenze...

  PRESIDENTE. Quale discussione?

  STEFANO ARMANASCO, Presidente del Comitato per il riconoscimento dell'autoproduzione personale di cannabis (Freeweed Pag. 34board). Loro dicono che hanno delle prove. Io dico che queste prove sono state create apposta per tenere aperti i loro esercizi, altrimenti non riescono a lavorare, perché hanno dei dati completamente inventati.
  Tutto qui. Magari sarebbe il caso di farli fare a degli organismi sovranazionali o esteri.

  PRESIDENTE. Benissimo. Ognuno, ovviamente, porta la sua esperienza e il suo caso. Non è un dibattito. Non siamo a un convegno.
  Bene. Abbiamo sentito tutti. Domande non ce ne sono. Vi ringraziamo. I documenti sono stati depositati. Se ci sono ulteriori precisazioni e osservazioni, le potete fare avere via e-mail alle Commissioni, allo stesso indirizzo da cui avete ricevuto la convocazione. Completeranno questa indagine conoscitiva che stiamo facendo. Non l'abbiamo ancora conclusa.
  Vi ringraziamo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.05.

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