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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 6 di Martedì 26 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 957  MICILLO E C. 342  REALACCI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE E L'AZIONE DI RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE, NONCHÉ DELEGA AL GOVERNO PER IL COORDINAMENTO DELLE DISPOSIZIONI RIGUARDANTI GLI ILLECITI IN MATERIA AMBIENTALE

Audizione di rappresentanti di Confindustria e del Generale Vincenzo Paticchio, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Paticchio Vincenzo , Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Micillo Salvatore (M5S)  ... 6 
Paticchio Vincenzo , Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 6 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 7 
Paticchio Vincenzo , Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 7 
Piepoli Gaetano (SCpI)  ... 7 
Paticchio Vincenzo , Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 7 
Piepoli Gaetano (SCpI)  ... 8 
Paticchio Vincenzo , Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Panucci Marcella , Direttore generale di Confindustria ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 12 
Micillo Salvatore (M5S)  ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Panucci Marcella , Direttore generale di Confindustria ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 11.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di rappresentanti di Confindustria e del Generale Vincenzo Paticchio, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 957 Micillo e C. 342 Realacci, recanti disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale, di rappresentanti di Confindustria e del Generale Vincenzo Paticchio, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente.
  Proprio per non perdere la data che il generale ci aveva indicato come possibile, oggi abbiamo pensato di tenere questa seduta prima dell'Aula, che inizia a mezzogiorno. Anche i noti fatti recenti hanno reso ancora più urgenti questi interventi, che comunque sono un segnale di responsabilizzazione del Parlamento rispetto alla problematica.
  Oggi sentiremo, dunque, il Generale Vincenzo Paticchio, comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente e, in seguito, i rappresentanti di Confindustria, che hanno chiesto di essere sentiti.
  Do la parola al generale Paticchio.

  VINCENZO PATICCHIO, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. Signor presidente, onorevoli deputati, mi è particolarmente gradito rivolgere loro un cordiale e rispettoso saluto a nome mio personale e di tutta l'Arma dei carabinieri ed esprimere il sentito ringraziamento per l'invito e per l'opportunità di offrire elementi conoscitivi in merito ai disegni di legge C. 342 e C. 957.
  Il mio contributo si fonda sull'esperienza del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, comparto di specialità dell'Arma che da vent'anni opera al fianco del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per offrire una lettura generale della tematica, ispirata però a criteri di operatività e praticità, è necessario ripercorrere brevemente la genesi, l'organizzazione e le attribuzioni del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente.
  Esso è istituito dalla legge 8 luglio 1986, n. 349 con il Nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri, che, sin dall'origine, è stato posto alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente con compiti di prevenzione e repressione delle violazioni in danno dell'ambiente.
  Con successivi adattamenti, da ultimo il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, si è giunti all'attuale assetto ordinativo, che vede la specialità articolata su un Comando centrale, 32 unità periferiche e un centro elaborazione dati che gestisce le Pag. 4informazioni nel Sistema informativo per la tutela dell'ambiente. I provvedimenti normativi intervenuti nel tempo hanno attestato i livelli di forza sulle attuali 427 unità.
  In merito, però, desidero sottolineare come il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente operi in stretta sinergia con il dispositivo territoriale dell'Arma, fornendo il proprio contributo a sostegno di 4.608 stazioni e 55 tenenze. Esse sono le unità elementari che costituiscono il tratto distintivo dell'Istituzione e aderiscono con piena funzionalità al complesso reticolo degli 8.101 comuni italiani, realizzando il tessuto connettivo della sicurezza del Paese.
  In particolare, questo sistema, strutturato in modo da assumere piena complementarità al dispositivo dell'Arma, da un lato, permette a ogni carabiniere che opera sul territorio nazionale, qualora accerti una violazione in materia ambientale, di disporre dell’expertise qualificata del comando specializzato e, dall'altro, consente al Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente di avvalersi delle informazioni raccolte direttamente sul territorio, che sono fondamentali per avviare e sviluppare le investigazioni più complesse.
  L'iniziale ambito di competenza assegnato dalla richiamata legge istitutiva è stato oggetto di diversi interventi normativi in funzione di accresciute esigenze. In dettaglio, però, il decreto del ministro dell'interno 28 aprile 2006 recante «Riassetto dei comparti di specialità delle forze di polizia», il cosiddetto decreto Pisanu, ha rivisto le attribuzioni del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente affidandogli i seguenti compiti: vigilanza sulla gestione dei rifiuti e sulla bonifica dei siti contaminati; prevenzione e repressione delle violazioni connesse con le attività produttive; tutela dell'aria, delle acque e del suolo delle aree di non diretto interesse agroforestale; vigilanza sull'impiego di sostanze pericolose e a rischio di incidente rilevante; vigilanza su inquinamento atmosferico, elettromagnetico e da sostanze radioattive.
  Il Comando assolve la propria missione di vigilanza e di tutela dell'ambiente eseguendo controlli di iniziativa sulla base di una pianificazione discendente dalle direttive strategiche del ministro. Una sintetica disamina dei dati dell'attività operativa relativa al periodo 2010-2013 mostra che negli ultimi tre anni sono stati effettuati 8.841 controlli che nel 49 per cento dei casi hanno portato ad accertare violazioni sia di natura penale, sia di natura amministrativa.
  In totale, e nello specifico, sono state denunciate all'Autorità giudiziaria 5.518 persone e ne sono state arrestate 217, operando sequestri penali per un valore complessivo di circa 3.313 miliardi di euro. In campo amministrativo sono state, invece, contestate sanzioni a 2.088 soggetti, per un ammontare complessivo pari a 9,130 milioni di euro circa.
  È sulla base di questa esperienza operativa quotidiana che esporrò le criticità riguardanti il vigente corpus normativo che si auspica potranno trovare soluzione negli atti C. 342 e C. 957.
  In primo luogo, è inevitabile evidenziare come l'attuale ordinamento in materia ambientale sia costituito principalmente da fattispecie penali di natura contravvenzionale, a cui si aggiungono una sola ipotesi di delitto, il traffico illecito di rifiuti previsto all'articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e una previsione civilistica, l'articolo 311 del medesimo decreto legislativo, che attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la competenza ad agire in giudizio per il risarcimento dei danni ambientali.
  Tale assetto non è sufficiente a contrastare fenomeni gravi e diffusi. Infatti, le sanzioni comminate per le contravvenzioni hanno una limitata efficacia deterrente, causata dalla prospettiva di profitti elevati e dalla considerazione che il loro accertamento si sviluppa su tre gradi di giudizio penale. Questo comporta troppo spesso la loro prescrizione.
  Inoltre, l'impossibilità di poter ottenere una sentenza definitiva impedisce anche di avvalersi dello strumento della confisca.Pag. 5
  Si impone poi un'analisi di carattere operativo, in quanto per le contravvenzioni risultano preclusi i fondamentali strumenti di indagine, quali le intercettazioni, e non c’è alcuna possibilità di richiedere, neanche nei casi ipoteticamente più gravi, l'applicazione di adeguate misure cautelari.
  Le ipotesi contravvenzionali, inoltre, non contemplano la configurabilità del tentativo, impedendo così quell'anticipazione della tutela penale che talvolta è l'unico strumento per impedire che determinate attività criminali possano produrre danni irreparabili. In sostanza, bisogna sempre attendere la piena consumazione del reato per intervenire, senza poter bloccare l'attività criminosa e quegli atti diretti in modo non equivoco ad aggredire l'ambiente.
  In tale quadro si evidenzia come, in mancanza di adeguati strumenti legislativi, per massimizzare l'efficacia del contrasto, sia stato necessario orientare diversamente l'azione del Comando, ponendo il dato informativo rilevato attraverso i controlli quale punto di partenza dell'approfondimento e della ricerca investigativa, in modo da superare i limiti evidenziati.
  Interpretando le violazioni ambientali nella dimensione di reato mezzo, sono stati sviluppati dei progetti investigativi in grado di evidenziare elementi di prova in direzione dei reati fine – la truffa, la corruzione e la concussione – e, quindi, di poter formulare contestazioni dell'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 anche con l'aggravante dell'articolo 7 della legge n. 203 del 1991, ma anche ipotesi associative semplici e mafiose.
  In numerose indagini l'azione informativa e operativa delle diverse componenti territoriali dell'Arma dei carabinieri e la specializzazione investigativa dei Nuclei Operativi Ecologici (NOE), in sinergia con le capacità tecnico-scientifiche dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA), hanno consentito di perimetrare con certezza profili di responsabilità singole e associative.
  Le esperienze operative che qui ho sintetizzato consentono alcune considerazioni sugli atti Camera in disamina. In primis, appare pienamente condivisibile la scelta di introdurre nell'ordinamento nuove fattispecie delittuose che consentano di superare le criticità in precedenza illustrate dovute alla natura contravvenzionale degli illeciti attualmente vigenti.
  Inoltre, in sede di armonizzazione delle norme, in base alla gravità dei fatti, si suggerisce di valutare l'ipotesi di adottare disposizioni che prevedano in alternativa delitti o sanzioni amministrative. Ciò al fine di poter disporre di strumenti pienamente efficaci, sebbene in modi differenti, vista la non adeguatezza del sistema contravvenzionale, che costituisce una sorta di limbo di impunità.
  È opportuno segnalare, altresì, l'estrema efficacia di strumenti quali la confisca. Nei casi più gravi e in flagranza la sua applicabilità con le garanzie dell'incidente probatorio, unitamente alla previsione di reimmissione del bene a parziale risarcimento degli enti locali, costituirebbe una significativa inversione di tendenza.
  A tale riguardo si condivide appieno la proposta di includere i reati ambientali fra quelli per i quali ai sensi dell'articolo 12-sexies, comma 1 del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.
  Questa è una previsione assolutamente centrale in un'ottica di efficace persecuzione del fenomeno criminoso, come anni di esperienza investigativa nel contrasto alla mafia insegnano. Infatti, la confisca, ben più della pena edittale, colpisce le fondamenta stesse del potere associativo, Pag. 6sottraendo non solo denaro e beni materiali, ma, attraverso di essi, anche credibilità e potere.
  Un ulteriore aspetto di rilievo dei disegni di legge in questione è quello di introdurre un'aggravante per i reati associativi in danno dell'ambiente. In merito si suggerisce di prevederla sia per l'associazione di tipo mafioso, sia per l'associazione per delinquere disciplinata dall'articolo 416, al fine di assicurare omogenea operatività della norma in parola su tutto il territorio nazionale.
  Invero è un dato di esperienza che anche imprenditori senza scrupoli non necessariamente legati al fenomeno mafioso si accordino e si associno per smaltire i rifiuti in modo illegale, oppure per aggredire il territorio con la cementificazione abusiva. Peraltro, quand'anche si persegua un'associazione ipoteticamente di tipo mafioso, potrebbe comunque essere necessario procedere, almeno nella fase iniziale delle indagini, come se fosse una comune associazione per delinquere nelle more di acquisire elementi di prova in ordine al suo carattere mafioso.
  Da ultimo, si segnala quale ulteriore punto di forza delle proposte formulate la disciplina ad hoc in materia di responsabilità delle persone giuridiche, estendendo alle nuove fattispecie di reato previste dagli atti C. 342 e C. 957 la portata applicativa del decreto legislativo n. 231 del 2001, che regola la cosiddetta responsabilità penale amministrativa degli enti.
  È invero di tutta evidenza che nel settore dei reati ambientali, per esempio nei casi statisticamente più frequenti dello smaltimento di rifiuti e della cementificazione abusiva, i fatti più gravi sono compiuti nell'interesse di imprese. L'applicazione di sanzioni pecuniarie alle imprese stesse permetterebbe di contrastarne direttamente l'interesse economico e, in determinate circostanze, risulterebbe più efficace tanto ai fini della persecuzione del singolo episodio, quanto, più in generale, in termini di deterrenza, rispetto alla sanzione detentiva comminata alla persona fisica.
  Tale provvedimento avrebbe anche un significativo impatto a livello di cooperazione internazionale e giudiziaria di polizia, in quanto contribuirebbe all'adeguamento della normativa italiana alle numerose convenzioni in ambito di Unione europea, Nazioni Unite e OSCE che prevedono l'irrogazione di sanzioni penali e amministrative a carico delle imprese. Infatti, l'armonizzazione delle normative vigenti nei diversi Paesi costituisce il presupposto necessario per rendere operativi ed efficaci gli strumenti investigativi disponibili a livello internazionale.
  Signor presidente, onorevoli deputati, la mia esposizione, anche se in modo molto sintetico, ha rassegnato le esperienze del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente e le esigenze degli operatori di polizia impegnati quotidianamente in questo specifico settore.
  Vorrei ringraziare per la loro attenzione. Naturalmente sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ringraziamo anche per il documento scritto che ci lascerà. Sono presenti entrambi i relatori, l'onorevole Bazoli e l'onorevole Micillo. Ringrazio anche il presidente della Commissione ambiente, nonché primo firmatario di una delle due proposte di legge, Ermete Realacci, di essere presente.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SALVATORE MICILLO. Grazie, presidente. Grazie, comandante. Giusto per farla restare agli atti chiedo qual è la sua visione del disastro ambientale, come potrebbe essere normato e se è adeguato il modo in cui è esposto nelle varie proposte di legge.
  Chiedo, dunque, quale sia la sua visione del disastro ambientale, che ritengo sia il centro di tutta la proposta di legge.
  Grazie.

  VINCENZO PATICCHIO, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. Onorevole, io sono assolutamente Pag. 7convinto che la previsione, così come formulata negli atti all'esame di questa Commissione, sia una formulazione assolutamente centrata e adatta alle esigenze dell'operatore di polizia che sul terreno è tenuto poi a riempire di contenuti la fattispecie. Credo, quindi, che gli strumenti a disposizione della polizia giudiziaria con una normativa così ideata e costruita possano sortire gli effetti desiderati.

  ALFREDO BAZOLI. Anch'io volevo ringraziare il generale della sua relazione. Mi pare di aver capito che ci sia un giudizio sostanzialmente positivo da parte vostra su questi disegni di legge, soprattutto sulla trasformazione delle ipotesi di reato contravvenzionale in ipotesi di delitto.
  Volevo, però, avere un chiarimento da lei su un aspetto sul quale ha sollevato alcune perplessità in sede di audizione il procuratore nazionale antimafia. Si tratta dell'inserimento in questi disegni di legge di circostanze aggravanti o comunque inerenti l'associazione 416-bis legate a reati ambientali.
  Il procuratore nazionale ci segnalava che, in realtà, i casi in cui viene contestata l'associazione mafiosa soprattutto per i reati di traffico illecito di rifiuti sono piuttosto sporadici. Si tratta di fenomeni legati ad associazioni o imprese che non hanno un immediato legame con associazioni mafiose. Il procuratore profilava, dunque, alcune perplessità sull'opportunità, esigenza o necessità di inserire anche questa norma di specifico aggravamento legata alle attività soprattutto di traffico illecito di rifiuti nel 416-bis, con l'aggravante specifica.
  Vorrei conoscere la sua opinione sul punto.

  VINCENZO PATICCHIO, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. Onorevole, io ritengo che la complessità dell'investigazione sul fenomeno mafioso spieghi la difficoltà di legare condotte all'accertamento, ossia di creare l'elemento di prova necessario a stabilire con certezza, o con un margine importante di certezza, il nesso di causalità fondamentale per costituire pilastro dell'elemento di prova.
  Verosimilmente, un'ipotesi specifica di aggravante potrebbe anche non essere necessaria, ma, nell'ottica che cercavo di spiegare nella relazione, ovvero, nel momento in cui l'illecito ambientale è un illecito mezzo e il fine è l'associazione di carattere mafioso, oppure no, evidentemente già la dimostrazione di questo nesso produce un effetto trascinamento dell'evento ambientale all'interno della più ampia responsabilità associativa, che è il centro del discorso che si stava prospettando.

  GAETANO PIEPOLI. Chiedo scusa se sono arrivato tardi, ma il mio aereo era in ritardo.
  Volevo chiederle, sentendo la fine della sua relazione, se lei pensa che ci sia un problema di studio di impatto anche di queste nuove ulteriori fattispecie e strumentazioni legislative. Penso, in particolare, al Mezzogiorno. Lei pensa che ci sia bisogno di raccordare questo scenario di strumenti normativi di fattispecie di reato anche con strumenti organizzativi di presenza dello Stato e, quindi, di risorse capaci di rendere poi effettive queste previsioni ? È un tema di cui voi vi state occupando ?
  Io ho spesso l'impressione che, in particolare nel Mezzogiorno, l'accumularsi di nuove possibilità di repressione di reati sia completamente sconnesso dalla domanda dell'implementazione degli strumenti e dell'organizzazione della presenza dello Stato affinché questa non sia una pura, ulteriore declamazione, ma effettivamente una gestione del territorio.

  VINCENZO PATICCHIO, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. Onorevole, non dispongo di elementi di valutazione o comunque di conoscenza particolarmente approfonditi sulla tematica, ma personalmente non credo di aver mai percepito lo sforzo normativo come eccessivo rispetto all'esigenza. Anzi, credo che noi operatori della Pag. 8polizia giudiziaria riteniamo che l'interesse, l'attenzione e l'approfondimento di qualsiasi problematica, vieppiù di problematiche come quelle ambientali, che riguardano il benessere della popolazione e, quindi, di tutti noi, sia sempre gradito, importante e fondamentale.
  Mi sento di dire, se ho ben capito l'indicazione della sua domanda, che non mi sembra necessaria una normativa che tenga in specifica considerazione alcune situazioni della geografia del Paese. Non mi sento di pensare a un Paese diviso da esigenze normative penali diverse, questo no. La mia personale opinione è che qualsiasi attenzione, anche di dettaglio, sia assolutamente costruttiva, utile e proficua per l'attività dell'operatore della polizia giudiziaria.

  GAETANO PIEPOLI. Forse sono stato poco chiaro. Volevo solo chiederle se, accanto a questo, non ci sia anche un'emergenza di strutture e, quindi, di amplificare il senso anche presso le popolazioni dei territori. Penso soprattutto ad alcuni movimenti spontanei che noi abbiamo avuto, in particolare negli ultimi tempi, in Campania o in Puglia, e a un'implementazione delle strutture organizzative di supporto alle previsioni normative. In realtà, si constata, in particolare nel Mezzogiorno, che si tratta spesso di territori fuori controllo.

  VINCENZO PATICCHIO, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. La mia opinione, torno a ripeterlo, anche sotto il profilo dell'esperienza personale, è che l'attività delle forze dell'ordine, ma anche di tutti gli attori istituzionali, come la magistratura, le organizzazioni e le associazioni di settore, rappresenti uno sforzo adeguato, attento e appassionato, in molti casi anche pieno di sacrifici personali ammirevoli.
  C’è da dire che l'allarme sociale che suscitano alcune situazioni, come quelle che accadono a volte nel Sud del Paese, ha un'eco e un'attenzione che possono far dedurre facilmente uno scompenso tra situazione e capacità di controllo da parte dello Stato.
  Io credo che non sia così. Ovviamente questo non ci accontenta e non ci mette al riparo da un maggiore impegno e da una maggiore attenzione. Io credo che il lavoro che il Parlamento, con questa onorevole Commissione, sta facendo vada proprio nella direzione dell'attenzione e dell'approfondimento, del seguire e migliorare le situazioni e che ogni attore sul territorio, tanto istituzionale, quanto del mondo del volontariato, agisca in quella direzione.
  Sfortunatamente, le azioni alle quali faccio riferimento non hanno lo stesso impatto o la stessa pubblicità – se così si può dire – di una singola azione di aggressione al territorio e alle popolazioni.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, la ringraziamo. Il suo è stato, anche per le intese intercorse prima dell'audizione, un voler rappresentare alcuni punti critici e operativi tenuti presente sul territorio dalle forze che lavorano quotidianamente in questa materia. Io credo che ci sia un sostanziale giudizio positivo verso l'impianto normativo, di cui ci sono stati evidenziati i punti chiave, ossia prescrizioni, intercettazioni, confisca. Sono questi gli strumenti che attualmente mancano del tutto. Noi ci siamo resi conto di un necessario lavoro di sistematicità rispetto a quello che già esiste, con il nostro innesto, ma su una base che va raccordata.
  La ringraziamo molto a nome di tutti i presenti, anche di quelli che stanno per arrivare.
  Passiamo ora a un'altra chiave di lettura. Hanno chiesto, infatti, di essere sentiti i rappresentanti di Confindustria, con l'avvocato Marcella Panucci, direttore generale.
  Mentre aspettiamo che arrivino, comunico ai relatori e ai componenti della Commissione che noi oggi alle 14.00 abbiamo anche un'altra audizione, secondo me significativa, quella del dottor Raffaele Piccirillo, che è stato chiamato anche con l'autorizzazione del Ministro Orlando. Si tratta del presidente del gruppo di lavoro per l'individuazione di strategie e priorità politiche per l'analisi, revisione e attuazione Pag. 9della normativa in materia di tutela dell'ambiente, ossia della Commissione di studio su questa materia che sta lavorando presso il Ministero dell'ambiente. Con lui svolgeremo un necessario raccordo sui lavori.
  Dopodiché, riferisco ai relatori che, in base alle richieste di audizioni, ci mancano solo tre persone. Valuteremo poi se valga la pena o meno sentirle o se vogliamo finire così, chiudendo oggi le audizioni e individuando la linea da percorrere. Ne discuteremo magari in Ufficio di presidenza.
  Continuiamo ora le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva.
  Do la parola all'avvocato Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria. Sono presenti l'avvocato Marco Ravazzolo, politiche industriali, l'avvocato Antonio Matonti, affari legislativi, l'avvocato Chiara Papaduli, relazioni esterne, la dottoressa Anna Candeloro, relazioni esterne, e la dottoressa Simona Finazzo.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale di Confindustria. Grazie, presidente, per avermi invitata a quest'audizione. Ringrazio anche gli onorevoli deputati presenti. I temi affrontati da quest'indagine conoscitiva sono per noi di grandissima rilevanza e strategici. È evidente come la disciplina dell'ambiente e, in particolare, quella degli illeciti ambientali sia una disciplina che impatta in maniera significativa sull'attività di impresa.
  I due provvedimenti all'esame della Commissione hanno l'obiettivo di rafforzare la tutela penale dell'ambiente inserendo anche gli illeciti ambientali nell'ambito del Codice penale. Si tratta di un obiettivo assolutamente condivisibile, in quanto volto a creare una collocazione più sistematica di questa tipologia di reati. Nulla quaestio su questo, così come nulla quaestio sull'obiettivo finale di rafforzare l'impianto sanzionatorio con riferimento ad alcune fattispecie di reato, soprattutto quando tali reati vengono commessi da organizzazioni criminali, in particolare, di stampo mafioso. Ci sono, però, alcune criticità collegate ai due disegni di legge in esame che io ritengo opportuno sottoporre all'attenzione di questa Commissione.
  Innanzitutto i due disegni di legge ci sembrano esprimere una logica molto penalizzante e punitiva nei confronti delle attività produttive in generale, logica che non pare tener conto degli obiettivi di politica industriale che il nostro Paese dovrebbe perseguire per recuperare la competitività del settore produttivo.
  Mi riferisco, in particolare, al generalizzato inasprimento dell'impianto sanzionatorio, alla duplicazione delle fattispecie illecite, all'introduzione di alcuni reati di pericolo astratto, all'irrazionale estensione del novero dei reati ambientali presupposto della responsabilità da reato degli enti e all'attribuzione della legittimazione all'esercizio dell'azione risarcitoria agli enti territoriali, al pubblico ministero, oltre che allo Stato.
  È evidente che l'approvazione di norme di questo tipo, seppure condivisibili nella finalità ultima, determinerebbe un disallineamento della nostra regolamentazione rispetto a quella europea. Non sarà sfuggito agli onorevoli deputati, che avranno già analizzato nel merito e nel dettaglio queste proposte, che ci sono tutta una serie di indicazioni e di prescrizioni che non solo vanno al di là della disciplina europea e delle direttive in materia di ambiente, ma che addirittura, in alcuni casi, si pongono in contrasto con le stesse.
  Tra l'altro, la disciplina europea crea un nesso inscindibile e molto forte tra le azioni ambientali e quelle relative ad altri valori fondamentali, imponendo al legislatore nazionale una ponderazione nella loro attuazione. Questa ponderazione deve necessariamente assicurare l'equilibrio tra la tutela dell'ambiente e altri valori preordinati, così come, peraltro, sancito dalla nostra stessa Costituzione. Faccio riferimento, in particolare, alla libertà di iniziativa economica.
  È vero che da tempo è avvertita la necessità di rafforzare la tutela penale dell'ambiente. I recenti casi di cronaca – faccio riferimento alla questione della terra dei fuochi – pongono all'evidenza Pag. 10come sia necessario garantire non soltanto la tutela dell'ambiente, ma anche immediate operazioni di ripristino e di bonifica dei siti che siano stati contaminati da una criminale gestione dei rifiuti. Uso il termine «criminale» perché è evidente che quella degli illeciti è un'origine criminale e mafiosa, assolutamente da sanzionare, e nella maniera più pesante.
  Tuttavia, se noi assimiliamo questi casi estremi e drammatici ad altre fattispecie di illecito ambientale che vengono commesse nell'attività di impresa non criminale, ma che sono riconducibili a colpa e non, invece, a casi di dolo, si creano una vera criticità e un autentico squilibrio tra la tutela di valori ugualmente rilevanti a livello costituzionale.
  In questo modo il rischio è di introdurre ostacoli all'esercizio delle attività economiche e delle libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione, in particolare dall'articolo 41, che finirebbero per danneggiare un Paese come l'Italia, con una forte vocazione industriale che va orientata nel senso della sostenibilità ambientale. Non va sanzionata in quanto tale, ma ricondotta al principio della tutela dell'ambiente.
  Su questo noi dobbiamo lavorare e per questo motivo, secondo noi, è molto importante porre l'accento sulle attività di ripristino di bonifica dei siti in termini di riparazione rispetto all'illecito ambientale più che sull'inasprimento delle sanzioni, che trova una propria giustificazione quando i comportamenti siano criminali, ma non quando il collegamento rispetto all'elemento soggettivo sia assolutamente debole.
  Peraltro, l'impostazione dei due disegni di legge pare rispondere a un atteggiamento, purtroppo, molto diffuso nel nostro Paese, un atteggiamento punitivo verso le attività economiche. Lo voglio dire con moltissima chiarezza. Approfitto di questa sede tanto qualificata per affermare con grande decisione che le imprese non sono soggetti criminali. Purtroppo, in Italia è diffuso un pregiudizio nei confronti dell'attività di impresa. L'impresa non può essere fatta sedere sul banco degli imputati a prescindere ed essere considerata un soggetto potenzialmente criminale. Non lo siamo e non lo saremo mai. La gran parte delle imprese italiane agisce in maniera onesta, rispetta le norme e l'ambiente. Tuttavia, noi abbiamo un ordinamento talmente complesso, sotto diversi profili, non ultimo quello ambientale, che molto spesso induce alla violazione imprese che pure hanno investito risorse imponenti nella tutela dell'ambiente.
  Questo aspetto non va mai dimenticato. Leggere il Codice dell'ambiente è un'attività estremamente complicata. L'incertezza delle norme ambientali, ma non solo, in Italia spesso determina illeciti assolutamente involontari. Di questa involontarietà, però, i due disegni di legge non sembrano tener conto.
  Richiamo anche il fatto che, in un ordinamento in cui il sistema repressivo è eccessivo, questo sistema viene, purtroppo, troppo spesso aggirato. Io penso che, invece di puntare su una repressione eccessiva, pur condividendo il rafforzamento dell'impianto sanzionatorio, purché equilibrato, bisogna puntare sui controlli preventivi e su meccanismi premiali che siano in grado di incentivare i comportamenti di chi si attivi per impedire, eliminare o attenuare i pregiudizi ambientali.
  Come dicevo prima, l'Unione europea privilegia questo approccio e la stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha rilevato come in Italia la situazione in materia di controlli ambientali sia migliorata quando questi controlli sono stati decentrati presso soggetti e Istituzioni con competenza territoriale che hanno potuto effettivamente svolgere un'attività più effettiva di controllo. Secondo me, è questo il disegno che noi dobbiamo perseguire e non, invece, quello di un'eccessiva criminalizzazione dei comportamenti lesivi, salvo ovviamente i casi di comportamenti conclamatamente criminali.
  Un altro esempio che vorrei citare che, secondo me, è molto importante in questa sede e che andrebbe preso come punto di riferimento è quanto la Germania ha fatto in materia di politica dei rifiuti. La Germania Pag. 11ha puntato a valorizzare le materie prime, considerando il rifiuto – è strano dirlo – quasi una risorsa e gestendolo in maniera tale da poter essere reimpiegato. Questo ha creato un indotto che occupa circa 160.000 persone e genera un fatturato annuo di oltre 40 miliardi di euro.
  Questo approccio sarebbe sicuramente molto più produttivo in termini di tutela dell'ambiente rispetto a un approccio eccessivamente punitivo. È, inoltre, coerente con quanto segnalato dalla stessa Commissione bilaterale di inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti, la quale ha sottolineato come, se il rifiuto resta tale, come accade in Italia, salvo qualche zona felice, non solo ne deriva un grave pregiudizio per l'ambiente e per la salute delle persone, ma non vi è neppure alcun profitto per alcuno. L'unico profitto che può essere ricavato in un sistema del genere è quello che la criminalità, organizzata e non, riesce a conseguire infiltrandosi e, in alcuni casi, sostituendosi agli apparati statali.
  Voi conoscete, e non ve la ripeto, l'attività che Confindustria ha svolto in questi ultimi anni in materia di legalità. Penso ai protocolli che abbiamo stipulato col Ministero dell'interno, con la Direzione nazionale antimafia, con le prefetture, con una serie di grandi imprese che operano sui territori proprio per rafforzare i meccanismi di controllo e affermare un forte principio di legalità all'interno del nostro sistema imprenditoriale. Noi chiediamo un riconoscimento per quest'attività che abbiamo svolto e che si adottino meccanismi volti a penalizzare chi compie atti criminali, valorizzando anche i comportamenti virtuosi delle imprese.
  Non voglio sottrarre troppo tempo alla Commissione. Vorrei lasciare spazio al dibattito e alle domande che intenderete rivolgermi. Volevo, però, segnalare un'ultima questione in questa sede.
  I due disegni di legge all'esame determinano, come dicevo all'inizio, un'estensione poco ragionata ed eccessiva del numero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti dipendenti da reato. Includono, cioè, nuove fattispecie di reato presupposto nel decreto legislativo n. 231 del 2001, esercizio peraltro già svolto in maniera sostanzialmente equilibrata nel 2011, quando fu data attuazione a una direttiva comunitaria.
  In questo caso mi sembra che si creino molte sovrapposizioni rispetto alle fattispecie esistenti e che si introducano come reato presupposto del decreto legislativo n. 231 del 2001 alcune fattispecie che attengono a violazioni meramente formali e quasi cartacee in materia di ambiente, equiparandole in termini sanzionatori a fattispecie molto più gravi. Peraltro, anche le sanzioni previste dal decreto legislativo n. 231 del 2001 sia in fase cautelare, sia in fase definitiva vanno al di là rispetto ai parametri già stabiliti dal decreto medesimo e questo riguarda non soltanto le sanzioni pecuniarie, ma anche, in particolare, quelle interdittive.
  Vorrei richiamare una considerazione di carattere generale sul decreto legislativo n. 231. Premetto che, purtroppo, a più di dieci anni di distanza dobbiamo constatare che questo è un decreto che non ha funzionato, e non ha funzionato per una sola ragione: perché ha determinato una duplicazione di processi a carico delle persone fisiche e giuridiche e non ha riconosciuto il giusto valore esimente ai modelli organizzativi che le imprese hanno adottato.
  Confindustria già dal 2001 è intervenuta adottando proprie linee guida per aiutare le imprese in questa fase di riorganizzazione e di miglioramento della propria governance. In quasi nessun caso i magistrati hanno riconosciuto un valore non solo esimente ai modelli organizzativi, ma neanche in termini di prevenzione dell'applicazione di misure cautelari, che sono state, invece, applicate in maniera estremamente pesante e decisa sulle imprese, salvo poi rilevare l'assenza di reato, con gravi danni per il patrimonio aziendale e per la continuità dell'attività di impresa.
  Vorrei segnalare questo aspetto: il decreto legislativo n. 231 del 2001, che è concettualmente corretto nella sua impostazione, Pag. 12non va applicato in maniera indiscriminata, ma cum grano salis. Anche quando si fa un esercizio che riguarda i reati ambientali è giusto includerli tra i reati presupposto del decreto legislativo n. 231, perché attengono in senso lato comunque ad attività di impresa, ma bisogna farlo con molta attenzione. Occorre attenzione, perché estendere indiscriminatamente l'applicazione del decreto legislativo n. 231 può causare danni all'economia del Paese che sarebbero assolutamente incalcolabili.
  Con questo chiudo, richiamando solo la Commissione su alcuni aspetti in maniera molto breve. In questo processo di revisione del sistema penale ambientale è necessario delineare in modo puntuale le fattispecie delittuose così da orientare la reazione più severa verso le imprese veramente criminali. Occorre poi incentivare le azioni di ripristino – questo è essenziale – la cui efficacia deterrente, credetemi, non è inferiore rispetto alla sanzione penale, perché le azioni di ripristino richiedono investimenti enormi, che è corretto che l'impresa che ha inquinato sostenga.
  Si dovrebbero, infine, stabilire le sanzioni a carico delle imprese in modo da colpire quelle sole condotte che esprimano una consapevole organizzazione delinquenziale.
  Ho concluso la mia relazione e vi ringrazio. Sono a disposizione per rispondere alle vostre domande, così come i colleghi che hanno partecipato insieme a me.

  PRESIDENTE. La ringrazio, anche per il documento scritto, molto articolato, che sicuramente i relatori per primi e poi tutti i commissari leggeranno con attenzione.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFREDO BAZOLI. Grazie, presidente. Io credo che nessuno di noi possa immaginare che le imprese siano tendenzialmente vocate a delinquere. Tanto meno lo pensa chi viene da un territorio in cui il mondo imprenditoriale è così diffuso e contribuisce così tanto alla crescita civile del Paese come quello da cui provengo io, cioè il territorio lombardo, il bresciano in particolare. Sgombriamo, quindi, il campo da questi pregiudizi, che nessuno di noi credo abbia.
  Condivido anch'io sufficientemente l'impostazione di fondo che è stata fornita dall'avvocato Panucci. Credo non sia nell'interesse di nessuno eccedere in previsioni sanzionatorie di condotte semplicemente per mostrare i muscoli e dare il senso di un'attenzione, se poi a questo non corrisponde un'efficacia deterrente e repressiva reale. Certamente occorre, io credo, valutare con grande attenzione ed equilibrio gli impianti normativi su cui stiamo lavorando.
  Tuttavia, mi pare di capire che ci sia una condivisione sul fatto che sia opportuno trasformare le ipotesi di reato oggi previste nel Codice dell'ambiente come contravvenzioni in ipotesi di delitti. Mi pare che nelle premesse sia stata fatta questa considerazione. Se vuole chiarire questo aspetto, può essere utile.
  Volevo, invece, capire un po’ meglio, anche se immagino che sarà scritto nella relazione, che ci riserviamo di leggere con attenzione, quali sono i profili, che lei ha semplicemente accennato e che voi avete evidenziato, di contrasto con la disciplina europea. In quali aspetti di questi disegni di legge voi avete individuato profili di contrasto o comunque di non compatibilità con la normativa europea ?

  SALVATORE MICILLO. Condivido appieno la visione del mio collega. Nessuno voleva assolutamente distruggere l'industria italiana. Anzi, io credo che la concorrenza fra due aziende di cui una sversa illegalmente e l'altra paga tutti i canoni dello smaltimento potrebbe far risalire quelle aziende che pagano effettivamente tutto ciò che c’è da pagare allo Stato rispetto ad altre che, con vie traverse, pagano il primo imprenditore di turno che promette di sversare al 30-40-50-60 per Pag. 13cento in meno. Credo che questo andrebbe a favore di chi paga le tasse fino all'ultimo euro.
  Forse veniamo da due visioni diverse dell'ambiente. Io vengo da un territorio che ha subìto per tanti anni gli sversamenti illegali di tante industrie che nella mia regione non c'erano. Erano anche industrie del Nord.
  Mi faceva riflettere – non so se l'ha detto per una sua convinzione – il fatto che in Germania vedono il rifiuto addirittura come una materia, come una risorsa. Io credo che sia la priorità per l'economia e per l'ambiente non vedere più il rifiuto appunto come un rifiuto, ma come una risorsa da mettere a frutto.
  Pongo una domanda più generale. In un caso come quello dell'Ilva di Taranto o di una delle tante industrie che hanno inquinato il territorio lei vede prima una priorità lavorativa, di salute o di ambiente ? Qual è la sua priorità di valori nella scala che adotta ogni giorno ?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Aggiungo anche da parte mia una piccola nota.
  Fermo restando che, quasi alla fine di questo percorso di indagine conoscitiva e di audizioni, tante problematiche convergono, la necessità mi sembra quella di calibrare e proporzionare le pene e di definire e determinare bene le condotte e il coordinamento con le ipotesi contravvenzionali o comunque di reato già previste dal Codice dell'ambiente. Devo dire che è un percorso che abbiamo fatto e che stiamo per concludere in cui alcuni punti sono convergenti.
  Una questione, invece, vi volevo porre nella vostra qualità di rappresentanza dell'industria. Noi abbiamo sentito il procuratore nazionale antimafia, il quale ci ha offerto un dato di analisi di alcuni dei procedimenti, un dato storico, o così sembrerebbe. Tale dato ha forse offerto una dimensione un po’ diversa da alcune prospettive che, invece, erano maturate e che sono riportate in queste proposte di legge. Mi riferisco all'aggravante per 416-bis.
  «Oggi – dice il procuratore nazionale antimafia; leggo dal suo intervento – quello di cui al 260, cioè il traffico organizzato di rifiuti, è sempre più un reato di criminalità organizzata di impresa e sempre meno un reato di tipo mafioso». Questo è un dato storico.
  Fermo restando che – lo dicono i relatori e, per quanto mi concerne, è una mia opinione personale, non in qualità di presidente – c’è necessità di questo punto di equilibrio e, quindi, di razionalizzazione dell'intervento normativo, io credo che, se si sta alimentando questo tipo di reato come reato di criminalità organizzata di impresa, ciò incida anche su tutta la libera concorrenza del mercato e vada a colpire, oltre che l'ambiente e tutti i diritti fondamentali connessi, proprio le imprese oneste.
  Non dovete vedere l'intervento del legislatore in questa materia come un intervento punitivo nei confronti dell'impresa onesta, tanto meno dello sviluppo economico del Paese, ma al contrario. Sotto il profilo della direttiva in materia di ambiente noi risultiamo uno dei Paesi che ancora non hanno recepito le normative europee. La Germania è uno di quelli che per primi le hanno recepite. I delitti ambientali sono inseriti nel Codice penale tedesco già da qualche anno.
  Vedo che questo punto c’è nella vostra relazione. Aiutateci a trovare un percorso equilibrato. Non possiamo foderarci gli occhi, né le orecchie e pensare che il problema non esiste, anche per come si intende alcune volte l'attività di impresa, al di là dei mancati controlli.
  Do la parola alla nostra ospite per la replica.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale di Confindustria. Ringrazio la presidente per il suo chiarimento e anche gli onorevoli deputati che hanno posto domande che mi consentono di puntualizzare alcune questioni.
  Sull'ultimo intervento è stato posto un tema di inserimento dei delitti e delle Pag. 14contravvenzioni previsti dal Codice dell'ambiente nel Codice penale. Questo, anche da un punto di vista di immagine, rende una visione diversa rispetto alla tutela dell'ambiente, pur non modificando in quanto tale l'impatto sanzionatorio o deterrente di questi reati, che sono già oggi disciplinati nel Codice dell'ambiente e ai quali sono associate sanzioni anche importanti. Questo è in attuazione delle direttive comunitarie.
  Trasformare fattispecie contravvenzionali in fattispecie delittuose non sempre è efficace. A volte sono più efficaci le contravvenzioni alle quali sono associate magari sanzioni pecuniarie. Sono di più facile e rapido accertamento e sanzione rispetto ai delitti che richiedono meccanismi di accertamento e di processo più lunghi. Questo in sé non fa una differenza. Noi non siamo contrari a prescindere. Siamo favorevoli, invece, a un ragionamento che consideri i diversi illeciti ambientali e gradui la tutela e le sanzioni in funzione della gravità del danno possibile.
  Quanto ai profili di rilevanza comunitaria e di possibile contrasto rispetto alle direttive comunitarie, ne richiamo alcuni, ma sono indicati nel rapporto che lasciamo agli atti.
  Per esempio, in termini di tutela dell'aria, le discipline comunitarie in genere associano la tutela dell'aria a quella dell'acqua e della terra perché è difficile distinguerla in quanto tale, mentre noi tendiamo a sanzionare soltanto le violazioni che attengono all'aria.
  C’è poi la direttiva 2004 n. 35 in materia di riparazione del danno ambientale che prevede espressamente azioni di prevenzione e di riparazione. In realtà, essa verrebbe disattesa laddove tali azioni di prevenzione e riparazione non fossero valorizzate in termini quasi di un ravvedimento operoso. Peraltro, questa è stata una questione affrontata anche dalla Corte di giustizia. Richiamo una sentenza che risale al 1996 e che ha ribadito questo principio.
  Altre questioni attengono ai criteri di imputazione della responsabilità da reato. Mi richiamo alle direttive 2008 n. 99 e 2009 n. 123, che alludono alla sanzionabilità di ipotesi dannose o concretamente idonee a provocare danni per l'ambiente o per la salute, mentre nei disegni di legge all'esame il pericolo di danno è considerato in maniera soltanto astratta. Nelle direttive si fa riferimento all'intenzionalità o alla grave negligenza, una forma qualificata di colpa, mentre nei disegni di legge la colpa non è qualificata, ma si fa riferimento al mancato rispetto di regolamenti o di altre disposizioni. Sarebbe meglio qualificare l'elemento soggettivo. Sarebbe più utile.
  Con riferimento al tema Ilva, lei avrà sicuramente visto i nostri precedenti interventi e anche le nostre audizioni. È una questione sicuramente drammatica, in cui è difficile stabilire quale interesse prevalga. Peraltro, la Corte costituzionale lo scorso aprile è stata chiarissima nello stabilire che è necessario un bilanciamento tra tutela dell'ambiente e tutela del lavoro.
  Io penso che sarebbe veramente improprio dire che l'una prevale rispetto all'altra. A mio avviso, l'Ilva viene da una storia triste e lunga, risalente a molti decenni fa, che va necessariamente affrontata nella maniera più decisa. Aggiungo, però, che, se non ci fosse continuità produttiva, non ci sarebbe neanche bonifica. L'importante che è l'attuale Commissario Bondi sia dotato di tutti i poteri necessari e possa utilizzare tutte le risorse della società Ilva, ma anche delle società del gruppo, dedicando tali risorse e i proventi dell'attività di Ilva alla bonifica del sito di Taranto e alla sua ambientalizzazione. È un'attività difficilissima, complessa e lunga nei tempi, ma assolutamente necessaria. Su questo non c’è ombra di dubbio.
  Da un lato, noi non possiamo fare a meno della siderurgia in Italia, perché la nostra industria sarebbe morta se non ci fosse uno stabilimento in grado di produrre acciaio in Italia e di venderlo con i prezzi che pratica Ilva e senza costi di trasporto eccessivi. Dall'altro, però, dobbiamo tendere ad avere un'industria sostenibile dal punto di vista ambientale.Pag. 15
  È su questo che noi stiamo puntando, come Confindustria. Crediamo veramente che la sostenibilità ambientale sia la prossima frontiera dell'industria. La green economy, intesa in tutte le sue declinazioni, l'efficienza energetica e la sostenibilità sono l'obiettivo cui l'industria italiana, che deve esserci e deve rafforzarsi, deve comunque tendere. Su questo, mi creda, sono stati fatti passi avanti importanti, che noi stiamo cercando di sostenere in tutti i modi.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio della profondità degli argomenti e anche della sintesi, che ci ha consentito di essere in tempo per la ripresa dell'Aula.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.15.