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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 16 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI DIFFAMAZIONE, DI DIFFAMAZIONE CON IL MEZZO DELLA STAMPA O CON ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE, DI INGIURIA E DI CONDANNA DEL QUERELANTE, IN RELAZIONE ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C.925 COSTA, C.1100 GELMINI, C.1190 LIUZZI, C.1165 DAMBRUOSO, C.191 PISICCHIO E C.1242 MOLTENI

Audizione dell'avvocato Grazia Volo e dell'Associazione italiana editori.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Volo Grazia , Avvocato ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Volo Grazia , Avvocato ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Polillo Marco , Presidente dell'Associazione italiana editori ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 6 
Volo Grazia , Avvocato ... 6 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 6 
Volo Grazia , Avvocato ... 6 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 7 
Volo Grazia , Avvocato ... 7 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 7 
Volo Grazia , Avvocato ... 7 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 7 
Polillo Marco , Presidente dell'Associazione italiana editori ... 7 
Volo Grazia , Avvocato ... 8 
Vazio Franco (PD)  ... 9 
Volo Grazia , Avvocato ... 9 
Polillo Marco , Presidente dell'Associazione italiana editori ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'avvocato Grazia Volo e dell'Associazione italiana editori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante, in relazione all'esame delle proposte di legge C. 925 Costa, C. 1100 Gelmini, C. 1190 Liuzzi, C. 1165 Dambruoso, C. 191 Pisicchio e C. 1242 Molteni, l'audizione dell'avvocato Grazia Volo e dell'Associazione italiana editori.
  Ringraziamo l'avvocato Grazia Volo, qui presente, che è accompagnata dall'avvocato Anna Sistopaoli e dall'avvocato Francesco Sacco. È presente anche l'Associazione italiana editori, nella persona del presidente Marco Polillo, accompagnato da Carlo Gallucci, vicepresidente del Gruppo Editoria e dal direttore generale Alfiero Lorenzon. Buongiorno a tutti voi.
  Ricordo che sono presenti i relatori delle proposte in questione, l'onorevole Costa e l'onorevole Verini.
  Do la parola agli auditi per la relazione.

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Grazie per avermi invitato, in modo da darmi la possibilità di dirvi quello che ho maturato occupandomi da molti anni di questioni che riguardano i reati di opinione.
  Sommessamente mi permetto di dire che l'approccio che ho visto in questi disegni di modifica che sono stati presentati è ancorato, secondo me, a una visione un po’ vecchia, che è quella della legge introduttiva del 1947 che, pur avendo subito alcuni aggiornamenti, non tiene conto del mutamento assoluto che nell'economia degli ultimi vent'anni si è determinato nel mondo dell'informazione.
  La carta stampata, che era lo strumento principale – ancorato alla redazione del giornale, ai capi servizio, ai capi redattori, al direttore – è completamente cambiata. Quindi, da una parte c’è un mondo che rimane legato a una visione tradizionale dell'informazione, che prevede anche le problematiche connesse alle responsabilità all'interno delle redazioni; dall'altra, c’è un mondo di comunicazione enorme, difficilmente controllabile, che è quello che oggi produce la stragrande maggioranza dei problemi che riguardano le offese alla reputazione, la denigrazione, sino ad arrivare ad espressioni molto più pesanti, quali quelle della serialità e della diffusione di notizie incontrollate e false.
  Secondo la mia opinione, si determina in questo modo una disparità di trattamento tra l'informazione regolare – quella che ha testate depositate, direttori nominati, capi servizio individuati, articoli firmati e gestiti secondo il criterio che prevede l'occhiello e il testo – e il resto del mondo della comunicazione, che può prevedere la possibilità di formulare qualsiasi Pag. 4forma di espressione del pensiero, anche con aggressività verso terzi, molto difficile da controllare.
  La mia opinione è che la prima problematica, quella relativa all'applicazione della misura detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa, vada eliminata e che qualsiasi discorso che riguardi l'individualità di condotte è totalmente superato. Noi rischiamo – come è successo – che il direttore di un giornale Mondadori venga condannato due volte a otto mesi nell'economia di 15 giorni, in ragione della contestazione della recidiva specifica, alla quale è impossibile sottrarsi per il direttore di un giornale, e che allo stesso tempo ci siano soggetti che dicono cose pazzesche e che non sono nemmeno individuabili.
  Lo strumento dell'applicazione della misura detentiva era collegato alla legge del 1947 e all'immediata individuabilità di coloro che scrivevano articoli. In seguito c’è stata la modifica Mammì, che ha riguardato l'ambito della televisione, che ha una struttura omogenea per cui l'applicazione della legge è possibile.
  Il punto che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è questo: vale la pena di fare un lavoro enorme per cercare di ampliare l'applicazione delle previsioni della legge alla stampa oppure sarebbe il caso di affrontare una riforma reale che prenda in considerazione le attuali vere esigenze del mondo dell'informazione, che non è più il mondo dell'editoria ?
  Avete convocato i rappresentanti dell'editoria, i quali sono responsabili parzialmente di quello che è immediatamente individuabile e tracciabile, ma poi c’è un mondo che prevede editori self-made che fanno quello che vogliono.
  Inoltre, ci sono altre problematiche che riguardano la rettifica. Anche la rettifica è sempre considerata per la stampa, ma le rettifiche che si devono proporre oggi sono quelle verso la televisione, verso la carta stampata e un'eventuale rettifica da proporre su Facebook, Twitter e strumenti di questo genere, che appare più complessa ma estremamente importante.
  La rettifica, secondo me, deve essere una forma reale di remunerazione ma deve prevedere la possibilità che ci sia un ambito di discrezionalità del giornale e del giornalista, perché costringerlo attraverso parametri determina la conseguenza che il giornalista «preso d'aceto» scriva subito dopo, e quindi la rettifica si trasformi nella possibilità di ripubblicazione della notizia con un'aggiunta.
  Si deve, invece, trovare un sistema affinché la rettifica diventi una forma di riparazione sostanziale nella quale, tuttavia, deve essere lasciata la discrezionalità al giornalista di trovare la formula, che può essere un'intervista, la proposizione di un altro articolo eccetera.
  Con i giornali si può fare molto, c’è molta possibilità di azione e credo che questo sia stato molto trascurato in questi anni, nei quali si è pensato sempre di inserire tutto in un regime molto elementare, di codificare qualsiasi comportamento che riguarda la professione e l'espressione dell'attività di giornalismo.
  Un altro tema è quello della responsabilità del direttore, che viene vista dal diritto penale come culpa in vigilando ed è attribuibile al soggetto che però ha la possibilità di fare una verifica. Quindi, torniamo a quello che ho detto prima: bisogna adoperare tutti questi strumenti sempre nell'ambito del vecchio sistema, non in quello nuovo.
  In ogni caso, ho visto che, per complesse ragioni che sono anche legate alla simpatia e all'antipatia che alcuni giornali provocano – questo è un altro dato che bisogna considerare, ovvero che alcune testate sono quasi autoimmuni, mentre altre sono sottoposte a vere e proprie vessazioni – si è arrivati all'ultima pronuncia del tribunale di Milano che ha stabilito che il direttore di Panorama è destinatario di una pena detentiva per recidiva mentre l'estensore dell'articolo può risolvere con 2.500 euro di ammenda.
  Questo è un discorso che determina una sostanziale evidente disparità di trattamento, perché nel mondo nel quale non si possono fare controlli si può fare come si vuole e si è immuni, mentre per il Pag. 5mondo della carta stampata si va a fare il conto di una recidiva specifica, e anche questa, forse, è una questione che, rispetto alla stampa e rispetto alla posizione del direttore, bisognerebbe valutare se possa essere contestata.
  Non ho individuato altre questioni fino a questo momento.

  PRESIDENTE. Vedo che lei ha un documento scritto. Pensa di lasciarcelo ?

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Sì, se volete. Sono degli appunti.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente dell'Associazione italiana editori, Marco Polillo.

  MARCO POLILLO, Presidente dell'Associazione italiana editori. Buongiorno a tutti. Signor presidente, io qui rappresento l'Associazione italiana editori, quindi mi colloco su un versante leggermente diverso dal discorso che è stato fatto in precedenza. Anche noi, tuttavia, come editori di libri, abbiamo un interesse nei confronti di una normativa di questo genere.
  Noi abbiamo esaminato i progetti e le proposte che sono state avanzate e vi abbiamo trovato aspetti assolutamente condivisibili e alcuni punti sui quali ci sembra di poter individuare criticità nei testi presentati.
  Condivisibile è, per esempio, la soppressione della pena della reclusione per le fattispecie trattate da questi argomenti, così come condivisibile – ma andrebbe puntualizzato meglio, secondo il nostro parere – è l'istituto della rettifica.
  Dovete pensare che noi abbiamo la possibilità di pubblicare rettifiche su quegli strumenti che sono più consoni all'attività che svolgiamo. Se, ad esempio, all'interno di un libro o di un saggio dovessero esserci elementi di criticità, è chiaro che la sproporzione sarebbe eccessiva, nel porre la rettifica su quotidiani a diffusione nazionale, sia per il numero di utenti che sarebbero toccati sia relativamente all'aspetto economico, perché gli editori di libri non possiedono quotidiani, di conseguenza dovrebbero pagare tariffe che andrebbero assommate a un eventuale risarcimento dei danni posto in essere dalla magistratura.
  Sul discorso del risarcimento dei danni troviamo che sia molto utile l'idea di porre un tetto, un limite, altrimenti ci potrebbero essere richieste esorbitanti, mosse soltanto a scopo intimidatorio nei confronti degli editori.
  Un altro punto che, secondo me, vale la pena di sottolineare è che esiste un margine di dubbio sull'applicabilità o meno della norma all'interno del settore dell'editoria di libri. Pur essendo sempre editoria, si tratta di due mondi che si toccano spesso e volentieri, ma altrettanto spesso e volentieri rimangono distanti, ossia quello dell'editoria giornalistica – quotidiani, riviste e periodici in generale – e quello dell'editoria di libri.
  Ci sembra che siano interessanti le norme che prevedono che l'atteggiamento positivo, ovvero la rettifica spontanea posta in essere dall'editore faccia decadere la procedibilità sul fronte penale. Questo è certamente un argomento utile.
  È fondamentale, secondo me, che venga messa in evidenza la questione del dolo: un conto è la pubblicazione di un saggio, un testo o un'affermazione scritta che riguardi determinati personaggi e che sia volutamente lesiva della loro onorabilità e rispettabilità, e un conto, invece, è la semplice colpa da parte dell'autore che si sia documentato in maniera non perfetta o che sia stato a sua volta tratto in inganno da notizie pubblicate. In altre parole, è importante che ci sia una discriminante tra dolo e colpa e, in tal senso, l'atteggiamento di disponibilità da parte dell'editore per l'eventuale rettifica fatta in maniera diretta e veloce può essere utile.
  Mi sembra che nell'insieme questi siano gli aspetti positivi e gli aspetti di criticità delle norme previste. Vorrei sottolineare ancora una volta che va tenuto presente che un conto è parlare di editoria di libri e un conto è parlare di editoria giornalistica: sono due mondi che si toccano ma che spesso e volentieri hanno dei confini abbastanza distanti.Pag. 6
  Il libro ha, rispetto al quotidiano, una diffusione più lunga nel tempo, ma molto più contenuta come numero di copie, ha una necessità di approfondimento per la valutazione dei testi molto più complicata rispetto a un testo giornalistico che si esaurisce in poche cartelle, mentre quando parliamo di libri ci riferiamo a centinaia di migliaia di battute. In conclusione, va tenuta presente la differenza che c’è tra queste due attività.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  STEFANO DAMBRUOSO. Vorrei porre una domanda all'avvocato Grazia Volo, riprendendo alcuni temi che sono emersi nel corso delle audizioni. Condivido alcune sue perplessità sulle differenze che si possono creare a seconda dei tribunali di competenza dove hanno sede le case editrici e le direzioni dei giornali. Milano e Roma sono i due grandi tribunali di competenza.
  Nelle audizioni è emersa, in relazione alla rettifica di cui abbiamo appena parlato, una duplice possibilità: quella di poterla individuare come condizione di non procedibilità o di vera e propria causa di non punibilità.
  Una volta che si procede correttamente alla rettifica, si può eliminare il contenuto penale di quanto è avvenuto ?

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Mi baso sull'esperienza, perché su questi temi si può valutare l'aspetto tecnico, facendo delle costruzioni giuridiche, oppure quello pratico.
  Nella pratica se, per esempio, viene pubblicato un articolo contenente delle indicazioni false riguardanti un signore «normale», che non sia persona pubblica né soggetto a una limitata valutazione della sfera della sua pubblicità, di cui si dica – come è successo mille volte – che è stato condannato per un reato infamante o che ha avuto quattro amanti o notizie di questo genere, se nell'immediato, rispetto alla pubblicazione, viene fatta una riparazione in cui si ammetta l'errore e l'utilizzo di fonti sbagliate, questo secondo me è risolutivo.
  Il dolo della diffamazione, secondo me, è particolarmente grave perché rivela l'intento, attraverso espressioni non consone, di diffusione di notizie false e non rilevanti per la società, ovvero di fatti che non sono veri.
  Si tratta di un fatto gravissimo che presuppone la scelta del mezzo di comunicazione più visibile per distruggere la reputazione di una persona. Tuttavia, molte volte nei giornali vengono fatti errori più banali che, secondo me, possono essere semplicemente riparabili. In questo caso, pensare che si debba procedere subito dopo con un'azione di danno credo sia sbagliato, perché bisogna stare attenti ai diritti dei giornalisti da una parte e ai diritti delle persone offese dall'altra, che vanno sicuramente valutati, ma nella consapevolezza della possibilità che si usino azioni civili o lo strumento di pressione dell'azione penale per bloccare tali iniziative.
  Bisogna, quindi, fare una valutazione attenta. Purtroppo, la mia esperienza rispetto alle frequentazioni dei tribunali non mi ha portato a vedere che in questo ambito vi sia un equilibrio. Al contrario, c’è una forte differenza di trattamento tra testata e testata, tra giornalista e giornalista, tra denunciante e non denunciante, perché per alcuni denuncianti ci sono delle corsie preferenziali mentre per altri c’è l'oblio, per cui queste istanze giacciono nei cassetti dei sostituti procuratori per secoli e millenni, sino ad arrivare quasi sempre alle prescrizioni.

  STEFANO DAMBRUOSO. Mi interessa porle un'ultima domanda, visto che lei ha una lunga esperienza diretta. Nelle audizioni è stato posto il tema del limite da 5.000 a 50.000 euro della risarcibilità. Secondo lei, è risarcibile – lo chiedo a lei che ha difeso sia gli imputati sia le persone offese – l'onore con un tetto determinato ?

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Il tetto, secondo me, è un errore fatale perché si può Pag. 7trasformare anche in un boomerang. Il problema sul quale esercito una critica – e mi permetto di esercitarla perché, se necessario, sono in condizione di portare i documenti – è che ci sono alcuni soggetti, i magistrati, lo dichiaro esplicitamente, che hanno ottenuto dei risarcimenti formidabili da quasi tutti i giornali.
  A riguardo, per esempio, introdurrei un calmiere: direi che le denunce dei magistrati in corso di indagini devono essere evitate perché, soprattutto quando si è esposti fortemente alla pubblicità, bisogna avere il coraggio di accettare sia il consenso che il dissenso. Salvo che non si dica che conducono una vita sciagurata o che si drogano, le critiche riguardo all'attività devono essere accettate. Bisognerebbe fare un riferimento a questo perché – diciamolo francamente – i diritti di chiunque altro sulla stampa sono negletti nei tribunali, non importa niente a nessuno.
  Dottor Dambruoso, veramente pensiamo che i sostituti procuratori di questo Paese abbiano un moto di interesse per una questione di diffamazione a mezzo stampa che non riguardi la reputazione di qualcuno che interessi loro ? Non ce l'hanno per niente.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Ringrazio gli intervenuti e rivolgo loro alcune domande.
  Prima di tutto rilevo che tutte le persone che abbiamo sentito in Commissione sono abbastanza in linea nell'affermare che sono favorevoli all'eliminazione della pena detentiva e a incentivare lo strumento della rettifica. Vorrei chiedere al dottor Polillo quali costi avrebbe un'eventuale rettifica trattandosi di libri, e se avete fatto dei calcoli.
  Avrei anche alcune domande per l'avvocato Volo, che ha definito un po’ attempata la nostra visione, chiarendo che attualmente il mondo dell'informazione viaggia su due binari: da una parte le testate regolari e dall'altra internet. Le testate regolari hanno una disciplina specifica e al loro interno c’è una gerarchia, quindi le responsabilità ricadono sul singolo giornalista o sul direttore. Al contrario, nell'ambito di internet – apro una discussione che potrebbe essere molto lunga – non ci sono questi criteri e non ci sono regole. È come se fosse una piazza; soprattutto nelle chat, dato che lei ha fatto riferimento a Facebook e ad altri social network, ci sono persone che non fanno riferimento ad alcuna deontologia, scrivono per scrivere, scrivono quello che vogliono, quindi non ci sono regole, come non ci sono regole in una piazza o al bar.
  Vorrei sapere se lei ha immaginato qualche scenario o se ha qualche idea in proposito, perché mi è sembrato di cogliere una posizione abbastanza critica sul fatto che non sia stato individuato un ambito nel quale si possa incidere anche su quel settore.
  Infine, relativamente al risarcimento del danno, lei ha detto che il fatto di porre un tetto al risarcimento è quasi un autogol, se non ho capito male. Lei parlava della richiesta di risarcimento del danno in ambito civile ?

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Non può superare i 50.000 euro.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Un'altra proposta prevede la possibilità in capo all'attore di essere condannato nel caso in cui il giudice valuti inammissibile la domanda.

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Questo è previsto, comunque. Lite temeraria o...

  FRANCESCA BUSINAROLO. Non si tratta di lite temeraria. Vorrei capire il suo parere su questa visione del risarcimento del danno.

  MARCO POLILLO, Presidente dell'Associazione italiana editori. Noi non abbiamo fatto dei ragionamenti economici puri sul costo delle rettifiche, anche perché il passato insegna che dipende molto da quello che viene deciso, nel senso che fare la rettifica sui giornali, a prescindere dal numero, fa la differenza, anche perché in questi casi i giornali applicano normalmente Pag. 8le tariffe pubblicitarie, quindi il costo è relativo anche allo spazio occupato e alla quantità di giornali.
  La nostra idea non riguardava soltanto il punto di vista economico, ma anche il punto di vista dell'equiparazione del mezzo. Se parliamo di un libro, possiamo mettere a disposizione uno spazio sul sito web (ormai ogni editore, piccolo o grande che sia, ha il suo sito web), in caso di ristampa possiamo – anzi abbiamo il dovere – modificare il testo in maniera corretta e possiamo farlo sulle varie versioni dei libri elettronici di quel testo, che hanno una possibilità di intervento molto più veloce. Infine, si può aggiungere anche lo strumento dei vari social network, che permettono la diffusione della rettifica con dei costi contenuti.
  Il discorso del quotidiano era legato al fatto che, normalmente, queste norme sono viste sul fronte del giornalista che scrive sul quotidiano e, pertanto, essendo stata portata avanti la diffamazione con quel mezzo, con quel mezzo viene rettificata. Questo vale per i quotidiani e anche per i periodici, mentre noi, pubblicando libri, abbiamo uno sfasamento rispetto ai mezzi ed è questo il motivo per cui abbiamo pensato a quella ipotesi.

  GRAZIA VOLO, Avvocato. Onorevole, sono molto incuriosita da questo suo approccio, che è più moderno. Non è stato fatto nessuno studio rispetto ai mezzi di comunicazione moderni. Posso dirle, essendo anziana, quindi appartenente al secolo scorso e con un'esperienza datata, che il punto della diffamazione a mezzo stampa è stato riassunto in una sentenza delle sezioni unite di circa venticinque anni fa, che stabiliva il cosiddetto «decalogo».
  Il «decalogo» si declinava su tre questioni fondamentali: falsità della notizia e del fatto attribuito, rilevanza della notizia (quindi una notizia non rilevante e falsa riferita con risalto) e adeguamento del lessico alla rilevanza della questione. Mentre parlo mi rendo conto che quello che sto dicendo è datato.
  Il punto è che il legislatore attuale si dovrebbe porre un problema di modalità di espressione sui mezzi di comunicazione e di contenimento di alcune espressioni che non sono fattibili. Le dico, ad esempio, partendo dal basso della limitata esperienza del mio studio, che mi ha chiamato un mio amico regista che si chiama Tornatore, il quale nella pagina di Facebook – quindi su un mezzo difficilmente avvicinabile – di un giornale del suo paese è stato indicato come assassino e ladro. Tornatore mi ha detto che poteva sopportare di non essere condiviso come artista, che poteva mettere a disposizione la sua esperienza per accettare di essere criticato, ma non gradiva che gente ignota lo chiamasse assassino e ladro, reati che, peraltro, non ha nessuna attitudine a commettere.
  Il nodo della questione è questo: la reputazione può essere lesa su un fatto imponente da un soggetto che non è ravvicinabile. Al contrario, Giorgio Mulè è stato condannato a otto mesi perché, facendo il direttore del giornale da più di dieci anni, ha la recidività dovuta a qualche diffamazione passata in giudicato.
  Bisogna trovare un punto di equilibrio e il primo passo è verificare come deve essere proposto il linguaggio e il contenuto su questi strumenti.
  Relativamente alla quantificazione del danno, se si pone un tetto di 50.000 euro, rischiamo che questa diventi la cifra standard e saranno tutti condannati a risarcire 50.000 euro. Invece, la differenza che, secondo me, va considerata è quella inerente alla potenza del mezzo di comunicazione e alla sua condizione economica. Un piccolo giornale che vive di sovvenzioni dell'editoria non può sopportare una pressione da 50.000 euro ogni volta, mentre ci sono testate che potrebbero sopportarla.
  Nel momento in cui il legislatore consiglia al giudice l'applicazione di una sanzione, soprattutto economica, è facile che quella diventi il criterio generale. Pertanto, Pag. 9questo tetto da una parte eliminerebbe l'autonomia del giudice, che invece deve essere lasciato libero di avere un margine di verifica, dall'altra parte rischierebbe di stabilire che tutte le diffamazioni valgano 50.000 euro, e questo non va bene perché le diffamazioni sono molto diverse tra di loro.

  FRANCO VAZIO. Rivolgo una domanda ai due relatori – che ringrazio – perché sono gli ultimi di una fase di ascolto. Al di là del fatto che ognuno dei relatori ha presentato una sua visione – ad esempio, c’è chi sosteneva che imporre un tetto al risarcimento costituisse un modo per limitarlo, mentre oggi ci dicono che sarebbe un modo per alzarlo, e comunque si tratta di valutazioni opinabili – mi pongo un problema sul quale vorrei da voi una riflessione.
  La proposta di legge lascia oppure no un buco sul tema della comunicazione ? Mi riferisco a tutta quella parte di comunicazione che avviene in forma libera e non codificata in termini di impresa, perché distinguere cosa sia impresa e cosa non lo sia, ad esempio per le associazioni, potrebbe diventare un lavoro lungo.
  In secondo luogo, qual è il bene tutelato ? Se non ci mettiamo d'accordo su questo, diventa difficile comprendere quali sono le misure rispetto alle quali muoverci. Se il bene tutelato è la forma di comunicazione, allora è evidente che le attenzioni che noi dobbiamo porre sono per evitare che Mulè subisca due volte la recidiva e sconti una conseguenza per i fatti di mancato controllo. Se, diversamente, il bene tutelato è anche l'onorabilità di una persona che viene diffamata e irrimediabilmente compromessa, la visione del tema potrebbe essere diversa. Su queste questioni vorrei conoscere la vostra opinione.

  GRAZIA VOLO, Avvocato. La mia opinione credo sia facilmente intuibile. Vedo che nella forma nella quale sono stati presentati i progetti di legge c’è il «buco» – come diceva lei – perché non è presa in considerazione, se non in maniera molto relativa, la problematica che riguarda il mondo dell'informazione non riconducibile ai parametri regolari del mondo dell'editoria ufficiale.
  La questione del bene tutelato mi lascia un po’ perplessa, perché i reati di opinione riguardano la libera espressione del pensiero, quindi costituzionalmente il bene tutelato è la libertà di opinione, in ogni sua forma. Se poi l'attuale legislatore vuole cambiare indirizzo è diverso, ma io non posso fare altro che pensare che il bene tutelato sia quello primario, ovvero la libertà di espressione del pensiero, la quale deve essere garantita in qualunque modo, e per questo si deve trovare un temperamento e addirittura una sanzione, se necessario, quando diventa delitto. Questo era il criterio che era stato adottato prima e la valutazione deve essere fatta, secondo me, in questo senso.
  È chiaro che alla degenerazione dell'impostazione relativa alla libertà di espressione, di un bene costituzionalmente garantito, si deve porre un rimedio che può essere il risarcimento del danno, che io penso sia quello reale, mentre prima, in ragione delle problematiche connesse al legislatore del 1947, si era considerata anche la sussistenza del delitto. Per questo dico che stiamo affrontando questo argomento in due contesti storici totalmente diversi.
  Inoltre, il metodo di espressione in questi anni è diventato molto più violento di un tempo, quindi bisogna tenere conto anche dell'aggressività a cui si è sottoposti. Anche nella politica l'aggressività è entrata in maniera evidente. Partendo dai miei 60 anni, e avendo frequentato questi posti da quando ne avevo 25, devo dire che il modo di approccio del Parlamento di trent'anni fa e quello di adesso sono sostanzialmente diversi.

  MARCO POLILLO, Presidente dell'Associazione italiana editori. Sarò estremamente stringato nella risposta, anche perché sulla seconda parte della domanda condivido in pieno quello che ha detto Pag. 10l'avvocato Volo e, quindi, rischierei di ripetermi.
  Rispetto al primo punto, noi rappresentiamo un mondo che è abbastanza ben individuabile, quello dell'editoria di libri, quindi il problema della sfumatura dei contorni si pone in maniera relativa. Deve esserci una casa editrice, deve esserci una responsabilità, una struttura societaria regolare, quindi quella che riguarda il nostro mondo è un'identificazione abbastanza facile.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.