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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 17 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA STRATEGIA ITALIANA PER L'ARTICO

Audizione di rappresentanti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 ,
Brugnoli Enrico , rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) ... 3 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 6 ,
Brugnoli Enrico , rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) ... 6 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8 ,
Ventura Stefano , rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) ... 8 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Cassano Franco (PD)  ... 10 ,
Zampa Sandra (PD)  ... 10 ,
Valentini Valentino (FI-PdL)  ... 10 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 11 ,
Brugnoli Enrico , rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) ... 11 ,
Ventura Stefano , rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) ... 13 ,
Brugnoli Enrico , rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) ... 14 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 14 

Allegato 1: Presentazione informatica illustrata dal professor Enrico Brugnoli - Climate Change and «cold regions» ... 15 

Allegato 2: Documentazione depositata dal professor Stefano Ventura - Attività della rete SecNet ... 72

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Strategia italiana per l'Artico, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR).
  Saluto e ringrazio il professor Enrico Brugnoli e il professor Stefano Ventura per la loro disponibilità a contribuire ai nostri lavori.
  Ricordo che l'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo ha visto in un primo momento il contributo di soggetti istituzionali interessati soprattutto all'aspetto geopolitico. Oggi apriamo una nuova fase, andando ad approfondire, grazie proprio ai nostri ospiti, l'aspetto scientifico delle questioni relative alla regione artica.
  Ricordo che i cambiamenti climatici sono una delle maggiori sfide che oggi il nostro pianeta si trova ad affrontare. Sotto questo aspetto, l'Artico rappresenta la regione in cui questi mutamenti si sviluppano più rapidamente, provocando conseguenze importanti sull'intero ecosistema, che hanno ricadute in termini economici, sociali e geopolitici che vanno ben al di là dei confini di questa regione. L'Artico, quindi, può essere considerato un grande laboratorio naturale dove studiare i processi legati ai cambiamenti climatici.
  L'Italia svolge da sempre un ruolo da protagonista nel campo della ricerca scientifica in Artico. A parte la memoria del 1926 di Umberto Nobile, che eseguì tre voli per l'esplorazione dell'Artico, successivamente noi abbiamo avuto il ruolo del CNR, che è presente in Artico, dove ha costruito e gestisce la stazione di ricerca «Dirigibile Italia» a Ny-Ålesund, sull'isola di Spitsbergen, la più estesa dell'arcipelago delle Svalbard.
  Do la parola al professor Brugnoli per lo svolgimento della sua relazione, che prevede anche una presentazione informatica, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi Allegato 1).

  ENRICO BRUGNOLI, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR). Grazie presidente e buon pomeriggio a tutti. Vi mostrerò alcune slide, che sono molto rapide da scorrere, per cercare di darvi un'idea di qual è l'attività del CNR e dell'Italia, in generale, in Artico.
  L'attività scientifica, che ovviamente ha la finalità di studiare meglio quali sono i meccanismi in atto nel cambiamento climatico, nel riscaldamento globale e nei mutamenti degli ecosistemi, ha, però, anche una forte azione di supporto alla Strategia nazionale per l'Artico anche da un punto di vista geopolitico. Infatti, le nostre attività hanno consentito di appoggiare il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nell'operazione di ingresso nel Consiglio Artico, nel quale, ricordo, l'Italia è osservatore permanente dal 2013, quindi da molto poco.
  Nella slide n. 26 è rappresentata una vista aerea del villaggio di Ny-Ålesund alle Pag. 4Svalbard, dove, come ha accennato il presidente, è presente anche la base italiana. Arrivando in aereo si ha questa visione.
  Parliamo un po’ più in generale del cambiamento climatico e delle regioni cosiddette «fredde» della Terra. Le regioni fredde ovviamente, oltre al Polo Nord, sono l'Antartide, quindi il Polo Sud, e le zone con elevate altitudini, dove i ghiacciai sono in arretramento. Si calcola che tra qualche anno avremo ghiacciai soltanto al di sopra dei 3.000 metri, quindi le Alpi, come tutti sappiamo – bene o male quella è un'esperienza diretta – stanno perdendo ghiacciai in continuazione. L'Italia è presente in tutti questi ambiti, sia in Antartide sia in Artico sia nelle regioni elevate.
  Perché studiare le regioni polari? Le regioni polari hanno un'influenza fortissima sulla circolazione oceanica. Nella slide n. 3 raffiguriamo quello che viene chiamato «il grande nastro trasportatore degli oceani», cioè quell'insieme di correnti calde e fredde che ridistribuiscono il calore del pianeta e, quindi, influenzano fortemente il clima.
  Anche la circolazione atmosferica è fortemente influenzata. Per esempio, noi oggi anche a medie latitudini abbiamo esperienze degli effetti di quello che sta avvenendo in Artico, in quanto la circolazione atmosferica che si innesca nel cosiddetto «vortice polare» può avere influenze anche alle medie latitudini, con correnti che portano aria calda o aria fredda. Molto spesso portano aria calda verso nord e aria fredda alle medie latitudini.
  Inoltre, il ghiaccio e la neve che fondono, soprattutto per quanto riguarda quelli continentali (Groenlandia e anche Antartide), portano all'innalzamento dei livelli del mare e, quindi, hanno un'influenza su tutti.
  Come ha giustamente evidenziato il presidente, la regione artica è una di quelle più influenzate. Ricordo soltanto che noi in Italia e nel Mediterraneo non siamo esenti da questo fenomeno, perché il Mediterraneo è un'altra regione dove l'innalzamento delle temperature è ben più alto rispetto alla media globale. La media globale di innalzamento delle temperature è di circa un grado, in Artide siamo intorno a 3-4 o anche 5 gradi di aumento, mentre nel Mediterraneo siamo a più del doppio della media globale.
  L'Italia è presente anche in Antartide. Ci sono le basi antartiche di tutti i vari Paesi. Le basi italiane sono una a Baia Terra Nova, una base costiera puramente italiana, la cosiddetta «base Zucchelli», e l'altra, in cooperazione con i francesi, la base Concordia, si trova sul plateau antartico a 3.300 metri. La slide n. 8 rappresenta la visione delle basi, ma oggi parliamo di Artico e, quindi, passiamo oltre.
  Nella slide n. 9 potete vedere l'andamento medio delle temperature globali, con l'innalzamento di circa un grado, che è ben più alto in Artico, a causa di una serie di fattori, molto legati a meccanismi di retroazione.
  Le retroazioni riguardano, ad esempio, il fatto che la fusione del ghiaccio marino in Artico viene rimpiazzata da acqua marina, che ha un assorbimento di calore molto maggiore del ghiaccio da neve. È esperienza di tutti che il ghiaccio da neve riflette fortemente la radiazione in arrivo e, quindi, il fatto che noi sostituiamo in ampie zone dell'oceano acqua liquida a ghiaccio marino fa sì che il nostro pianeta assorba molto più calore di quanto avveniva in precedenza.
  Inoltre, c'è la liberazione di altri gas – come vedremo più avanti – che incrementano l'effetto serra, sommandosi all'emissione di gas serra da parte dell'uomo, ovvero alle combustioni di combustibili fossili.
  Nella slide successiva si rappresenta la variazione di temperatura. Vedete che – in violetto – l'Artico è la zona più affetta da riscaldamento, dove arriviamo a 5-6-7 gradi di aumento di temperatura media.
  Noi abbiamo una buona conoscenza del clima del passato anche dallo studio di carote di ghiaccio, artiche ma soprattutto antartiche. Studiando queste carote di ghiaccio si riesce a ricostruire un andamento di gruppi di anni molto preciso e, analizzando la composizione chimica, ovvero la composizione in isotopi stabili naturali di queste componenti, si riesce a ricostruire sia la Pag. 5composizione dell'epoca in gas serra (ad esempio, CO2 e metano, in verde e in rosso) sia l'andamento della temperatura media globale, che è in blu al centro.
  Qui veniamo a rappresentare la variazione nei passati 800.000 anni (800.000 è un numero molto elevato). Voi vedete come la variazione sia dell'anidride carbonica che della temperatura è completamente in fase, cioè quando scende la CO2 scende la temperatura e, viceversa, al salire della CO2 sale la temperatura. Questo ci dice che i gas serra hanno un'influenza forte nel regolare la temperatura del pianeta.
  Vedete anche che in questi 800.000 anni la CO2 non è mai salita al di sopra di 290 parti per milione e la temperatura media si è tenuta, quindi, in quel margine di intervallo, mentre oggi siamo schizzati al di sopra di 400 parti per milione in un periodo estremamente breve e questo influenza anche la temperatura.
  Questa è la variazione registrata negli ultimi anni a Mauna Loa nelle isole Hawaii dalla NOAA (National oceanic and atmospheric administration) americana. Riportato tutto in un grafico, vedete come le variazioni precedenti sono estremamente limitate, mentre negli ultimi cinquant'anni schizziamo veramente a raddoppiare la concentrazione di CO2 e le temperature.
  Fortunatamente quello che noi emettiamo in atmosfera non rimane tutto in atmosfera. Soltanto il 44 per cento circa della CO2 e del metano rimane in atmosfera, perché il 29 per cento viene assorbito dai sistemi terrestri e il 26-27 per cento dagli oceani, quindi abbiamo una sorta di sconto da madre natura su quello che noi stiamo combinando al pianeta.
  La slide n. 20 mostra la variazione del ghiaccio marino. Soprattutto il ghiaccio antico si è completamente assottigliato e siamo oggi al 40 per cento della copertura di ghiacci nell'Oceano Artico rispetto a trent'anni fa.
  Questo porta una serie di implicazioni, come accennavo in apertura. Una delle più importanti è l'assorbimento molto maggiore di calore. Ci sono poi implicazioni sul clima, sulla geopolitica, sulle tecnologie e sulla sovranità delle zone artiche. Infatti, mentre ovviamente un oceano ghiacciato interessava pochi, oggi un oceano libero per i trasporti o per lo sfruttamento delle risorse petrolifere e minerarie profonde diventa molto importante. Abbiamo Paesi come la Russia, in particolare, che avanzano forti pretese di sovranità. Ciò si lega anche alla scarsità di risorse.
  Ci sono poi degli aspetti sociali, perché rispetto all'Antartide, dove abbiamo solo la ricerca, l'Artico è una zona abitata. Milioni di persone chiamano l'Artico «casa», quindi per loro ha un'influenza importante.
  La slide n. 22 offre un esempio di quello che potrebbe succedere e che sta succedendo quando, durante l'estate, si apre il passaggio a nord-est e a nord-ovest, con possibilità di trasporti estremamente accelerati. Ad esempio, andando da Rotterdam al Giappone si impiega circa la metà del tempo, la metà di carburante e, quindi, di consumi energetici rispetto alle rotte del Canale di Suez o a rotte ancor più lunghe.
  Chiaramente qui si aprono forti interessi commerciali, forti interessi geopolitici e qualche preoccupazione in più da un punto di vista ambientale, perché ovviamente una pressione maggiore in Artico potrebbe accelerare ulteriormente il cambiamento.
  La slide n. 23 rappresenta la stima, per esempio, delle risorse minerarie e petrolifere presenti in Artico effettuata dall'USGS (United States Geological Survey) americano, che corrisponde abbastanza.
  Venendo alla base italiana alle Svalbard, quelle che vedete nel cerchio nella slide n. 24 sono le isole Svalbard, che si trovano affianco alla Groenlandia, che è ben più grande. Rappresentano un avamposto estremamente importante, perché, per esempio, lì noi troviamo l'ufficio postale, l'albergo più a nord del pianeta e via dicendo. C'è un villaggio che è interamente scientifico.
  Nella slide n. 25 è rappresentato un dettaglio maggiore dell'isola Spitsbergen, dove, come accennava il presidente, sono presenti Ny-Ålesund e altre basi. Oltre a Ny-Ålesund ci sono Hornsund, Barentsburg e altre.
  A Ny-Ålesund noi troviamo ancora il traliccio di ancoraggio del dirigibile Norge, Pag. 6poi dirigibile Italia, di Umberto Nobile. È una visione anche storica. Abbiamo un monumento che ricorda i caduti in Artico. Io sono stato diverse volte in Artico. Ogni volta che si va si depone una corona e, quindi, si ricordano ancora i nostri caduti e i caduti internazionali a causa di missioni artiche.
  La missione di Ny-Ålesund – nella slide n. 28 è riportata in inglese, – è quella di fare ricerca scientifica, di cercare di mantenere l'ambiente intatto e, quindi, di influenzare il meno possibile le attività umane per consentire ai ricercatori di effettuare degli studi importanti.
  Nella slide successiva vediamo l'insieme delle bandierine sulle varie basi e in quella ancora successiva il villaggio di Ny-Ålesund. In cima alla montagna c'è un osservatorio, l'osservatorio Zeppelin, che serve anche a noi, anche se non è controllato da noi, come comparazione per le attività che svolgiamo e che vi illustrerò.
  Questa slide rappresenta la base Dirigibile Italia, la base italiana, diventata recentemente famosa perché l'attore Checco Zalone vi ha girato un popolare film. È diventata quasi più famosa per quello, effettivamente...
  Peraltro, vi devo raccontare un piccolo quadretto familiare. Tornando a casa ho mostrato a mio figlio la foto fatta a me insieme all'attore Zalone, che ha destato tutta la sua ammirazione. Quello che avevo fatto fino ad allora per lui non contava, ma avere conosciuto Checco Zalone, ovviamente, dà una certa reputazione in Italia...

  PRESIDENTE. Non c'è dubbio!

  ENRICO BRUGNOLI, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR). L'approccio che si segue in questi studi è un approccio olistico, di completa visione di tutti gli aspetti dell'ecosistema, che va dal fiordo all'ecosistema marino, dall'ecosistema terrestre, con la neve e il ghiaccio, all'atmosfera.
  Questo è un elenco di tutte le attività scientifiche che si conducono. Il CNR non è importante soltanto per quello che fa direttamente, ma anche perché fa da hub, in quanto ospita tutti i ricercatori italiani provenienti da università e da altri enti di ricerca che si recano in quella zona e, quindi, svolge un ruolo a servizio del Paese.
  Oltre alla base, noi abbiamo una torre, che è un traliccio molto alto, di oltre 35 metri, dove vengono studiati i cambiamenti climatici, perché si analizzano i profili verticali della composizione chimica dell'atmosfera. A quello si aggiungono lanci di palloni aerostatici, che possono arrivare anche in stratosfera.
  Abbiamo poi un laboratorio che studia la composizione delle deposizioni, che arrivano sia da lontano sia dalle vicine attività umane e anche dalla parte naturale. Abbiamo poi una serie di infrastrutture, come un mooring, cioè un osservatorio sottomarino che è impostato all'interno del fiordo e che serve a completare questi aspetti.
  Recentemente sono stati effettuati anche dei piccoli pozzi nel permafrost, cioè nel terreno permanentemente congelato che si sta fondendo, per studiare appunto l'effetto del riscaldamento globale sulla fusione del permafrost.
  Ci sono attività di monitoraggio dei gas serra, come l'attività di scambio tra ecosistemi terrestri e atmosfera. Si fanno comparazioni con le misure che vengono effettuate dai colleghi, perché l'ambiente è completamente internazionale, quindi si scambiano dati con i tedeschi, con i francesi, con i coreani e via dicendo. Ci sono addirittura collaborazioni con indiani.
  I dati raccolti nell'osservatorio Zeppelin vengono comparati con quelli della nostra base. Nella slide n. 36, per esempio, è rappresentato l'andamento dei gas serra, della CO2, nell'osservatorio Zeppelin. Si può notare l'oscillazione dovuta all'attività della vegetazione terrestre, che è limitata al periodo primaverile e soprattutto estivo, e la crescita anche in quella zona.
  Vi è, poi, l'osservatorio sottomarino. Ci sono anche degli osservatori di ghiaccio e neve e c'è l'attività del lancio di palloni aerostatici e stratosferici che servono a studiare la circolazione globale in stratosfera sopra l'Artico, quindi il vortice atmosferico. Pag. 7
  Noi abbiamo molte attività satellitari grazie alle infrastrutture dell'ASI (Agenzia Spaziale Italiana), come Cosmo SkyMed, e ora anche grazie alle sentinelle europee, per lo studio delle attività e dell'ambiente e anche per lo studio relativo al rilascio di prodotti petroliferi (spill system) all'interno dell'Artico.
  Occorre considerare l'effetto della fusione del permafrost per le infrastrutture di chi abita in quelle zone. Ci sono interi palazzi e infrastrutture che poggiavano su terreno ghiacciato. Il terreno sta fondendo e, quindi, queste infrastrutture cadono a pezzi nel vero senso del termine. Nella slide n. 42 è rappresentata una strada molto famosa a Yellowknife, in Canada, che si sta deformando a causa appunto di questa fusione.
  Questa fusione, purtroppo, sta rilasciando una serie di prodotti non desiderati, come il metano, che è un gas serra e ha un effetto serra molto più ampio della CO2 (circa trenta volte di più). Questo aumenterà sempre di più l'effetto serra e, quindi, il riscaldamento globale.
  È notizia di pochi giorni fa, pubblicata su varie riviste scientifiche, come ad esempio Nature, il rilascio di microrganismi che erano congelati e che non esistevano più allo stato vitale nell'ambiente, che potrebbero in qualche modo portare a nuove malattie, non solo per l'uomo, ma anche per le piante e per gli animali. Patologie che erano rimaste congelate per centinaia di migliaia di anni oggi, per questa fusione, ritornano in atmosfera.
  L'impatto dell'Artico, come dicevo, non è solo regionale, ma è globale perché viene influenzata la circolazione dell'atmosfera. Nella slide n. 45 sono raffigurati in rosso i cosiddetti «jet stream», le correnti a getto, che normalmente hanno un andamento sinusoidale e circolano grazie al vortice artico.
  Queste sinusoidi tendono ad approfondirsi sempre più con il cambiamento climatico e il risultato è che possiamo avere alternanza di periodi molto caldi o inusualmente caldi, per esempio durante gli autunni, che sono ormai esperienza di tutti, così come possiamo avere improvvise ondate di gelo, come capitò negli Stati Uniti e in Canada, con punte di meno 50 gradi, che non erano assolutamente usuali a quelle latitudini. Qualcuno disse che il cambiamento climatico non c'entrava. Invece, questo è proprio l'effetto del cambiamento climatico. Questa è la situazione.
  Purtroppo, si potrebbe modificare anche questa circolazione oceanica, per cui si potrebbero avere effetti indesiderati, oltre che sul livello del mare, anche sull'acidificazione dei mari, sulla distribuzione del calore e, quindi, sul clima del pianeta.
  Noi abbiamo esperienze che ci dicono che gli eventi estremi, per esempio in Italia, stanno aumentando in virtù del cambiamento climatico e l'aumento del livello del mare è uno degli effetti importanti.
  Il CNR sta costruendo anche un centro per l'utilizzazione e la diffusione dei dati, perché i dati scientifici devono essere ovviamente a disposizione del pubblico e, quindi, noi fungeremo da nodo principale per questo.
  Come dicevo, supportiamo l'attività del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel Consiglio Artico, che è formato dagli otto Paesi artici più i vari osservatori, di cui l'Italia ormai è diventato fortunatamente uno dei componenti.
  Io personalmente, insieme al rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro Buccino Grimaldi, in rappresentanza dell'Italia, ho anche partecipato alla GLACIERConference organizzata dall'allora Presidente degli Stati Uniti Obama nel 2015 in Alaska.
  Successivamente, nel settembre 2016, abbiamo supportato l'attività della Ministra Giannini nella Conferenza artica alla Casa Bianca, dove l'Italia è stata molto presente e molto apprezzata proprio grazie alle attività scientifiche svolte nella zona e ai rilevanti progetti di ricerca presentati.
  Il contesto internazionale prevede la partecipazione in una serie di progetti internazionali come SIOS (Svalbard Integrated Arctic Earth Observation System) e SAON (Sustaining Arctic Observing Networks), che è un'attività del Consiglio Artico. Ci sono Pag. 8poi partecipazioni al Polar Board europeo e c'è un progetto rilanciato recentemente, INTERACT (International Network for Terrestrial Research and Monitoring in the Arctic), di cui, se necessario, vi potrà dare informazioni il collega Ventura, perché lui è il corrispondente nazionale e coordinatore dell'attività italiana in questo progetto. Ci sono collaborazioni con una serie di soggetti internazionali. Nelle slide nn. 55 e 56 sono riportate solo alcune di queste collaborazioni.
  Con questo io concludo. Vi ringrazio molto per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Brugnoli per tutte le cose interessanti che ci ha detto e anche per la conferma che ci ha dato dell'assoluta genialità dell'iniziativa cinematografica di Zalone.
  Do la parola al professor Ventura, che ha depositato presso la Commissione un documento di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi Allegato 2).

  STEFANO VENTURA, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR). Grazie, presidente. Signori, buon pomeriggio.
  Come ha detto il collega, il professor Brugnoli, io sono il referente per il progetto INTERACT. Si tratta di una rete di 46 stazioni di ricerca artiche tutto attorno all'Artico. È un progetto europeo. Quello che è importante relativamente a questo progetto è che coinvolge non soltanto partner dell'Unione europea, ma anche partner di Stati Uniti, Canada, Russia, Islanda, Norvegia e Svizzera.
  Le 46 stazioni sono tutte localizzate nell'Artico, tranne alcune che sono localizzate nell'arco alpino, in osservatori di alta montagna. Il progetto si occupa di zone fredde dell'Artico, ma è stato considerato importante avere anche un confronto con le aree alpine, che sono fondamentali per l'Europa. Ci sono anche alcune stazioni in Siberia, che sono fuori dall'Artico propriamente detto.
  La principale attività di questo progetto è sicuramente l'attività scientifica, ma quello su cui vorrei richiamare la vostra attenzione sono le ricadute sociali e geopolitiche di questo progetto e, in generale, dell'attività dei ricercatori, italiani e non solo, coinvolti nella ricerca artica.
  Questo progetto dà l'opportunità a gruppi di ricercatori, anche appartenenti a nazioni diverse, di visitare stazioni che non appartengono alla propria nazione per poter svolgere un'attività di ricerca. Si tratta di visite brevi, che vanno da una settimana a una ventina di giorni al massimo, finanziate dal progetto europeo.
  I gruppi di ricerca che accedono a questo network devono partecipare a un bando annuale e vengono selezionati da un comitato internazionale, nel quale sono presente anch'io, in rappresentanza delle sei stazioni di ricerca presenti alle isole Svalbard.
  Infatti, nelle isole Svalbard, all'interno del network INTERACT, ci sono sei stazioni di ricerca: quattro sono nel villaggio di Ny-Ålesund e altre due sono collocate sempre nella stessa isola, a Spitsbergen, ma un po’ più a sud, in due posizioni diverse. Sono la stazione della Repubblica Ceca e la stazione polacca.
  È molto importante dare ospitalità a ricercatori di altre nazioni per due motivi: in primo luogo, perché si mette a disposizione una risorsa preziosa, che così viene sfruttata al meglio, quale quella rappresentata dalle stazioni artiche, e, in secondo luogo, perché questo favorisce le interazioni fra i ricercatori della nazione che possiede la stazione di ricerca e i ricercatori che vengono ospitati.
  INTERACT è alla seconda edizione. Il progetto è iniziato il 1° ottobre e terminerà dopo quattro anni nel 2020, ma prima c'è stata una versione precedente nella quale la stazione italiana era soltanto osservatore, non era partner a pieno titolo. Tuttavia, il mio gruppo di ricerca ha partecipato come utente e abbiamo visitato due stazioni in Groenlandia e una stazione sulle montagne della Scandinavia in questi tre anni in cui abbiamo potuto utilizzare il grant INTERACT.
  Questo è veramente molto importante, perché struttura un network di ricercatori appartenenti a moltissime nazioni, oltre Pag. 9che alle nazioni europee, interessati a comprendere i meccanismi ecologici che si sviluppano nell'Artico terrestre. Questo è un network terrestre.
  Quanto vi ha detto il professor Brugnoli sul cambiamento di assorbimento della radiazione nel passaggio fra ghiaccio e acqua marina si verifica fortemente anche sul terreno quando si sciolgono i ghiacciai terrestri e al loro posto rimane il terreno scoperto, che poi viene colonizzato dalla vegetazione. Infatti, il terreno scoperto minerale o la vegetazione assorbono molto di più la radiazione di quanto non faccia la superficie del ghiacciaio, che, invece, riflette gran parte della radiazione.
  È un meccanismo auto-catalitico: man mano che il ghiacciaio si scioglie, il terreno circostante incamera ancor più calore e, quindi si scalda di più e lo scioglimento del ghiacciaio procede sempre più veloce.
  Questo è uno degli aspetti che vengono seguiti da INTERACT. Ci sono altri aspetti legati alla biodiversità e legati anche all'impatto sociale del cambiamento climatico sull'ecosistema. Vorrei spendere soltanto qualche parola su questo aspetto.
  Infatti, l'Artico terrestre è popolato e presenta anche forti interessi economici, sociali e anche politici. Pertanto, questi cambiamenti, che modificano il modo di fruire di questi territori, che sono molto fragili, hanno un impatto primariamente sulle popolazioni che vivono nell'Artico e, in secondo luogo, sugli aspetti economici e industriali, sull'istruzione e sulla sanità.
  Sono aspetti molto allargati. Si va da situazioni che riguardano le popolazioni Sami e Inuit, che da sempre sono le popolazioni locali, a situazioni che riguardano ampie zone dove, invece, sono presenti città anche molto grandi, ad esempio nell'Artico scandinavo, in Russia, in Canada e negli Stati Uniti (in Alaska).
  Uno dei prodotti più nuovi di INTERACT è una rete sul cambiamento ambientale nella Siberia. Ho depositato un breve testo al riguardo. È un tema importante perché la Siberia è un territorio molto vasto e il cambiamento ambientale sta veramente modificando le carte in tavola in maniera rilevante, ad esempio bloccando i trasporti. In gran parte della Siberia, dal momento dello scongelamento estivo fino all'autunno successivo, non si riesce più a circolare, perché le strade vengono sommerse dall'acqua e, quindi, intere popolazioni e intere regioni vengono isolate.
  Perché INTERACT è così interessato a «mettere il naso» negli affari siberiani? Noi pensiamo che strutturare una rete di ricerca attenta agli impatti sociali in Siberia voglia dire prima di tutto aiutare i ricercatori locali a fare un buon lavoro, ma soprattutto dare la possibilità di instaurare relazioni scientifiche buone, strutturate e durature con tutto l'ambiente accademico e di ricerca russo.
  Crediamo che questo porti a un miglioramento delle relazioni a livello scientifico, perché noi siamo scienziati e continuiamo a fare gli scienziati, e che abbia anche un impatto positivo sulle relazioni globali fra le nazioni del nostro pianeta.
  C'è anche un motivo geopolitico più fine: questo network è stato lanciato da ricercatori inglesi, coinvolgendo alcuni colleghi di altre nazioni, fondamentalmente italiani, cioè io, e svedesi. Tirarsi indietro sarebbe un peccato, perché ovviamente lasceremmo spazio ad altri, mentre ci interessa fare la nostra parte, ci interessa esserci e ci interessa anche rappresentare l'Italia in questo ambiente del tutto scientifico, ma comunque così importante per le relazioni internazionali.
  C'è stato un workshop in ottobre al quale l'organizzatore inglese ha invitato l'addetto scientifico dell'ambasciata inglese a Mosca e ci sarà un secondo workshop, probabilmente in autunno. Gli organizzatori mi hanno suggerito di chiedere all'Ambasciata italiana a Mosca di partecipare, in quanto più apriamo agli altri Paesi e più il risultato è interessante.
  Sottopongo anche a voi la possibilità di coinvolgere il nostro addetto scientifico, in modo da dare una rilevanza maggiore a un'azione che, a mio avviso, – ma questo è veramente il vostro campo – può contribuire a migliorare le relazioni generali fra l'Italia, l'Europa e gli altri Paesi, fra cui la Russia. Pag. 10
  Vi lascio in visione anche un volume, prodotto al termine del primo ciclo di INTERACT, che racconta le storie dei gruppi di ricerca che hanno partecipato a questo scambio transnazionale, fra cui il mio gruppo di ricerca, cosa abbiamo fatto, come ci siamo trovati, quali sono le problematiche che abbiamo affrontato e anche l'avventura che abbiamo vissuto.
  Io ero a capo di un gruppo internazionale, composto da ricercatori per lo più italiani, più un ricercatore della Repubblica Ceca e una ricercatrice austriaca.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCO CASSANO. Vorrei fare alcune domande, che immagino siano tra loro connesse. In primo luogo, mi ha colpito l'immagine sul riscaldamento e la differenza tra l'emisfero nord e quello sud. Noi parliamo dell'Artico, ma dell'Antartide non parliamo. Perché? È meno grave? Non c'è? Credo che questo abbia una correlazione con il fatto che la parte più ricca del pianeta è quella dell'emisfero nord.
  Questa è la premessa della seconda domanda. È abbastanza evidente che il deterioramento del clima è la perdita di un bene collettivo o bene comune. Rispetto a questa situazione, durante la prima presentazione, mi è parso di capire che ci possano essere interessi differenziati da Paese a Paese. Ci possono essere Paesi i quali non sono tanto ostili a questo deterioramento, anche nell'emisfero nord – immagino che nell'emisfero sud ci sia un disinteresse – perché in qualche modo questi spostamenti potrebbero avere degli effetti negativi, ma compensati dall'acquisizione di vantaggi. Penso alla Russia. Era quella l'immagine alla quale mi riferivo.
  Questo aspetto mi colpisce molto, perché io avevo sempre immaginato la questione climatica, secondo i modelli classici dell'azione collettiva, come un bene che tutti vogliono perseguire, scavalcando l'utile privato. In questo caso, non bisogna scavalcarlo, è un utile privato che va addirittura nella direzione contraria. Vorrei capire qualcosa su questo punto.
  In ultimo esiste tutta una pubblicistica la quale o nega l'evidenza di questo grande fenomeno o ne minimizza gli effetti. Vorrei sapere, secondo voi, qual è lo stato di salute oggi di questa corrente, che ha un rilevante sostenitore nel più importante Paese nel pianeta. Come argomenta l'irrilevanza del problema? Quali sono gli argomenti che solleva per contrastare in qualche modo questa massa di dati così forte ed evidente?

  SANDRA ZAMPA. In realtà, l'ultima domanda mi è stata ampiamente anticipata dal collega Cassano. Devo confessare la mia grandissima ignoranza, in quanto sono rimasta anch'io estremamente colpita dai dati che Lei, professor Brugnoli, ha illustrato perché dimostrerebbero in maniera incontrovertibile il nesso tra l'emissione di CO2 e l'aumento della temperatura. Non si riesce a capire che cosa si possa contestare di questi dati. Vorrei capire qual è l'argomento con cui si riesce contestare un dato come quello che Lei ci illustrava.
  Naturalmente mi piacerebbe, però, anche sentir dare qualche buona notizia, dopo le immagini che ci avete mostrato di queste strade che sembrano le strade romane (ma qui non abbiamo lo stesso fenomeno e le cause sono imputabili ad altro) e dei palazzi che cominciano a crollare.
  Al dottor Ventura vorrei chiedere molto rapidamente di illustrare un po’ meglio qual era l'ipotesi che faceva sul tentativo, da parte di questa Commissione, di darvi una mano sulla partecipazione dell'Italia. Possiamo scrivere una lettera all'Ambasciatore italiano a Mosca? Non ho chiaro esattamente che cosa vi aspettereste e Le chiedo di spiegarcelo un po’ meglio.

  VALENTINO VALENTINI. Io ho una domanda più specifica. Lei ha messo in rilievo come sia importante la condivisione dell'attività di ricerca, sia quella tra i vari ricercatori sia quella di ciascuno.
  Quello che colpisce guardando queste immagini spesso è vedere una serie di casette di legno dove ciascuno segue il proprio lavoro. Io vorrei sapere quali sono le caratteristiche precipue delle indagini che noi, come italiani, portiamo avanti rispetto Pag. 11a tutte le altre nazioni, se ciascuno ha una sua specificità oppure se tutti si fa la stessa cosa e si condivide. Vorrei capire se noi, come italiani, abbiamo qualche progetto particolare e quali sono i progetti degli altri.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Anch'io sono rimasta molto impressionata dai dati e dalle fotografie, che presentano delle evidenze chiare sul cambiamento climatico.
  Vorrei fare una domanda su una cosa che ha detto il Presidente Obama la settimana scorsa. Il Presidente Obama, la settimana scorsa, ha detto una cosa molto chiara: «Questi danni sono provocati dall'uomo e, quindi, l'uomo effettivamente li può riparare».
  Quelle di cui voi parlate sono masse d'acqua, masse di gas, sono dei fenomeni che sono davvero di una dimensione globale e anche perdurante nel tempo. Rispetto agli Accordi di Parigi, se venissero raggiunti gli obiettivi, in quanto tempo e con che modalità effettivamente si può tornare indietro rispetto ai danni che ci avete mostrato?

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ENRICO BRUGNOLI, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR). Cerco di rispondere un po’ per gradi. La prima domanda, se ben ricordo, riguardava gli aspetti geopolitici e gli interessi delle nazioni rispetto al cambiamento climatico. Ci sono interessi molto evidenti di molte nazioni.
  Abbiamo interessi anche noi come italiani, quindi non nascondiamoci dietro alla sovranità della Russia o di altri, perché noi abbiamo l'ENI che, per esempio, sta sfruttando le risorse petrolifere e ha realizzato progetti di perfetta avanguardia. Ricordo che c'è un impianto, che si chiama Goliat, che è molto innovativo e che, tra l'altro, ha coinvolto in maniera molto forte le popolazioni locali, quindi è passato anche come un aspetto positivo. Dobbiamo essere fieri che la nostra industria porti avanti operazioni che possono anche diventare un fiore all'occhiello per la nazione.
  Gli interessi sono molto forti, soprattutto quelli di alcuni Paesi, per esempio quelli sui trasporti della Russia, che ha già costruito dei porti nella zona della Siberia. Ci sono porti veri e propri dove vengono smistate le merci e dove si prevede di concentrare i traffici, che avranno sicuramente un'importanza e un interesse.
  Venendo al cambiamento climatico, che mi pare una domanda più generalizzata, a nostro modo di vedere, ovviamente esso è incontrovertibile. Cerchiamo di vederla in maniera un po’ più ampia per tentare di capire anche le ragioni di altri. Il clima può essere influenzato da una serie di fattori, anche naturali, non soltanto artificiali. Tra i fattori di cambiamento del clima che si sono verificati nel passato noi abbiamo, per esempio, modificazioni dell'inclinazione dell'asse terrestre, eruzioni vulcaniche, attività della nostra stella, il sole. L'attività solare può portare a modificazioni della quantità di energia che arriva, quindi le cosiddette «macchie solari» e altri aspetti.
  Sorvolando il tutto, dalle misure e dalle ricerche conosciute emerge che queste sono comunque attività minori, quindi hanno un'influenza molto minore rispetto al resto. Andiamo a vedere, però, le modificazioni, anche quelle che vi ho mostrato negli ultimi 800.000 anni, che non sono pochi. Noi conosciamo, grazie ad altri tipi di studi, anche le variazioni di milioni di anni. Adesso, per esempio, in Antartide si sta cercando di fare una perforazione che dovrebbe arrivare a 1,5 milioni di anni. Abbiamo anche la stratigrafia che ci dice come è variato il clima e come sono variati i gas serra.
  Sappiamo che tutte le variazioni registrate sono estremamente più lente di quelle che stiamo osservando oggi. La peculiarità di quello che noi oggi osserviamo, oltre alla drammaticità della variazione, è la rapidità con la quale stiamo causando questa variazione. È incontrovertibile che ciò sia dovuto all'attività umana, cioè alla combustione di combustibili fossili.
  A nostro modo di vedere, non esiste il dubbio. Coloro che sono contrari, cioè i cosiddetti «negazionisti» del cambiamento Pag. 12climatico dicono che è una fortuna che stiamo riscaldando il pianeta, perché altrimenti andremmo incontro a una glaciazione. Questo, però, non è assolutamente provato, è semplicemente un'illazione da un punto di vista scientifico.
  Per quanto riguarda l'apparente incontrovertibilità, per dire una cosa vera, tutti quei dati che noi vi abbiamo mostrato vengono considerati, scientificamente parlando, «correlativi», cioè c'è una correlazione, ma non c'è una netta evidenza di causa-effetto. Chiaramente una correlazione così forte, a nostro modo di vedere, è fortemente significativa di una casualità tra i gas serra e il riscaldamento climatico, però i negazionisti utilizzano questo tipo di argomentazioni per dire che non siamo completamente certi, che si tratta di dati che possono essere negati e così via.
  Riguardo agli altri aspetti, rispondo all'ultima domanda e poi vengo alle altre. Parlando di clima, che cosa è successo? Parliamo di grandi variazioni e di come è possibile rispettare gli obiettivi degli Accordi di Parigi, ammesso che saranno rispettati con il nuovo quadro internazionale.
  Gli Accordi di Parigi parlano di contenimento del riscaldamento sotto i 2 gradi, meglio se 1,5. Ricordo che noi oggi siamo a un grado di media, quindi, per chiarezza, non prevedono di tornare indietro, ma prevedono di andare avanti poco. Potremo ancora continuare a riscaldare, ma dovremo riscaldare molto poco. Ci siamo già mangiati più di due terzi degli Accordi di Parigi.
  Ritornare indietro significa: conversione massiccia di tutti i Paesi firmatari verso le energie rinnovabili e, quindi, decarbonizzazione; abbandono quasi immediato del carbone; andare verso energie più pulite e soprattutto sostituire tutti i fossili. Questo chiaramente è fattibile e, se fosse effettivamente portato a termine, si avrebbe un grosso risultato sul clima.
  Ci sono poi altri interventi di cosiddetta «geoingegneria» che vengono proposti, che potrebbero in qualche modo essere di supporto. Ricordo che in passato, con gli Accordi di Kyoto, si è prevista, per esempio, la piantagione di foreste che assorbono CO2, che può essere un altro palliativo, anche se non è fortemente efficace. Io, peraltro, vengo da quel settore, quindi vado contro il mio interesse. È chiaro che dobbiamo prima riconvertire in energie rinnovabili e poi eventualmente piantare gli alberi. Non è piantando alberi e continuando a bruciare che si risolve il problema del clima.
  Ci sono altri aspetti di geoingegneria, per esempio un progetto che anche l'Italia sta portando avanti a livello scientifico che si chiama «Progetto Albedo». La riflessione dell'energia da parte di superfici bianche si chiama in termini scientifici «albedo». Il Progetto Albedo prevedrebbe di rimpiazzare il bianco che scompare con altro bianco, per esempio imbiancare i tetti delle nostre case, imbiancare le infrastrutture o imbiancare i tetti in Africa. Si riduce fortemente il carico energetico dell'edificio, per cui si scalda molto meno, soprattutto in zone come l'Africa dove il carico energetico di un edificio è molto forte, quindi bisogna condizionarlo. Questo riduce sostanzialmente la quantità di radiazione ridotta.
  Ovviamente ragionando su un tetto questo ha un effetto estremamente piccolo, però se lo moltiplicassimo per milioni di tetti questo potrebbe avere un effetto interessante. Si prevede anche di distribuire oasi galleggianti che possono diventare bianche e possono funzionare, per esempio, per produrre energia dal moto ondoso e l'imbiancatura di tutto questo. Questi interventi cosiddetti «di geoingegneria» potrebbero avere un effetto complementare di supporto agli Accordi di Parigi. Questo è il quadro.
  Quello che dice il Presidente Obama è assolutamente raggiungibile, perché l'uomo ha modificato il clima e lo sta modificando, ovviamente sempre a nostro modo di vedere, e, quindi, può intervenire. Non c'è più tempo per aspettare, perché i cambiamenti stanno attivando, come abbiamo detto, delle retroazioni e altri processi che si innescano in natura che poi potrebbero non tornare indietro e potrebbero avere risvolti che noi non possiamo nemmeno prevedere. Questo è uno degli aspetti che la ricerca scientifica deve ancora approfondire. Pag. 13
  Da ultimo, rispondo sulla condivisione a Ny-Ålesund in quelle casette. Ovviamente per brevità non potevo dilungarmi molto nemmeno sulla storia. Ny-Ålesund era un villaggio di minatori che è stato riconvertito. Le varie case sono state occupate da diversi Paesi, ma gli abitanti dei diversi Paesi vivono estremamente connessi e, quindi, c'è un estremo coordinamento tra le varie attività di ricerca. Alcune piccole cose che possono essere duplicate, rispetto alle quali serve fare più osservazioni, vengono fatte da diverse nazioni, ma nella generalità dei casi si portano avanti azioni comuni.
  Noi abbiamo un laboratorio marino, per esempio, che è un laboratorio comune condiviso da tutte le nazioni. Stiamo costruendo, noi come Italia insieme all'Istituto Nazionale di Meteorologia, un laboratorio di calibrazione per tutti i ricercatori e per tutte le strumentazioni che operano in Artico. Anche la torre per i cambiamenti climatici, che vi ho mostrato e che è un'installazione italiana, viene utilizzata per montare sensori da parte di tutte le nazioni.
  C'è una nazione che studia più un aspetto e un'altra che ne studia un altro, e poi tutti i dati vengono messi in comune. Ovviamente si può fare sempre meglio, anche perché lo spirito individualista dei ricercatori è una delle peculiarità che vanno un po’ tenute a freno, ma che portano poi ai grandi salti della conoscenza dell'uomo.

  STEFANO VENTURA, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR). Aggiungo pochissime cose. C'è un contributo anche di questo network, INTERACT, alla condivisione delle ricerche. Direi che la base per tutto questo è dovuta al fatto che la ricerca in Artico è molto complessa, molto costosa, richiede lunghi tempi e può essere eseguita, a seconda del tipo di studi, soltanto durante una piccola parte dell'anno. Pertanto, è un interesse comune, di tutte le nazioni che sono coinvolte nella ricerca in Artico, coordinarsi al meglio per aumentare i benefici e la rapidità degli studi, contenerne i costi e l'impegno.
  Questo favorisce l'avanzamento della ricerca globale, non la limita. È ricerca condivisa, però la proprietà intellettuale ovviamente rimane a chi svolge gli studi, mentre i risultati sono a beneficio di tutta la comunità scientifica.
  Quando poi si inserisce un progetto di ricerca importante come INTERACT, che ha un budget di 10 milioni di euro, che per i ricercatori sono molti soldi, si viene pagati per mettere in comune i dati, per fare gruppi di ricerca internazionali e condividere l'impegno di lavoro, allora è anche più facile, perché si vede un vantaggio nel farlo. C'è un effetto duplice.
  Vorrei riprendere soltanto una delle cose che ha detto il professor Brugnoli sul non superare il limite. Vi richiamo una delle diapositive mostrate, dove si vedeva proprio questo andamento sinusoidale vecchio di 800.000 anni, quando sicuramente non c'era nessun tipo di impatto umano. L'andamento sinusoidale vuol dire che ci sono cause non umane e che si va ciclicamente a sperimentare aumenti di temperatura, CO2, gas serra.
  Il problema è che questo aumento adesso sta uscendo oltre un certo limite, perché tutto l'ecosistema, dai componenti biologici al resto, è un sistema che si adatta, è un sistema stabilizzato entro determinate fasce di valori ambientali. Se si superano queste soglie, l'ecosistema non è più in grado di compensare, non è più in grado di rimanere in equilibrio.
  Per quello che ci riguarda (noi siamo esseri viventi, parte dell'ecosistema), significa la scomparsa di molte specie viventi, significa la riduzione della diversità, significa condizioni molto più difficili, fino a diventare impossibili, per la vita dell'uomo stesso. Il problema è proprio rimanere al di sotto di un limite oltre il quale non si riesce ad avere una situazione di equilibrio.
  Che cosa può fare questa Commissione? Vorrei rispondere a questa domanda. Se ritenete che sia importante sostenere anche questi aspetti più sociali e geopolitici della ricerca in Artico, è utile che questo venga riconosciuto a livello italiano, dove, a dire il vero, la ricerca non è mai molto riconosciuta e sostenuta rispetto ad altri Paesi. Il vostro interesse nei nostri riguardi è particolarmente importante, quindi. Pag. 14
  Ad esempio, nel caso di questo network che coinvolge gli studi sull'ecosistema siberiano, ma anche in altri casi, sarebbe veramente utile avere una lettera di presentazione che possa aiutare l'Ambasciata italiana a Mosca ad avere un'attenzione nei riguardi di questo workshop. Sfortunatamente non vi so dare oggi la data in cui verrà svolto, ma posso farvelo sapere al più presto, quando sarà fissato. Sarebbe assolutamente molto interessante avere un'attenzione della diplomazia italiana su questo aspetto, in modo da sostenere la nostra partecipazione e renderci protagonisti.

  ENRICO BRUGNOLI, rappresentante del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR). Io vorrei aggiungere una piccola postilla sul discorso dei limiti che faceva il collega Ventura. Ricordo che la civiltà umana si è sviluppata negli ultimi 10.000 anni grazie al fatto che in questo periodo il clima si è stabilizzato in limiti che si modificano più o meno di un grado. In questo periodo noi siamo riusciti a sviluppare prima l'agricoltura, poi l'allevamento e poi la civiltà. Tutte le grandi civiltà sono nate in questo periodo, che si chiama Olocene. Il grosso rischio è che oggi noi stiamo spingendo il sistema naturale fuori dall'Olocene, in un sistema che viene chiamato dagli scienziati Antropocene, perché influenzato dall'uomo.
  L'uomo, per mantenere la propria civiltà, ha bisogno dell'Olocene, quindi dobbiamo cercare di non andare fuori, ma di mantenere l'Olocene. I limiti a cui ci riferivamo sono esattamente questi: mantenendoci in 1,5 gradi al di sopra della media precedente riusciamo comunque a conservare il nostro livello di economia, di civiltà e via dicendo. Spingendoci fuori, non ne siamo più certi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti. Aggiungo che prossimamente ci sarà l'audizione di rappresentanti dell'ENI sulla stessa tematica.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

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ALLEGATO 1

PRESENTAZIONE INFORMATICA ILLUSTRATA
DAL PROFESSOR ENRICO BRUGNOLI

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ALLEGATO 2

DOCUMENTAZIONE DEPOSITATA
DAL PROFESSOR STEFANO VENTURA

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