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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 14 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROBLEMATICHE EMERGENTI, LE SFIDE E LE NUOVE PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELL'AFRICA SUB-SAHARIANA

Audizione di rappresentanti della società civile tunisina.
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Salhi Rami , Direttore dell'Ufficio regionale Maghreb della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH) ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 5 
Rebai Lilia , Coordinatrice dei Programmi Tunisia della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH) ... 5 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 6 
Ben Hadj Hassine Sadok , Rappresentante dell'Unione Generale Tunisina del Lavoro (UGTT) ... 6 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Romdhani Messaoud , Vicepresidente del Foro Tunisino dei Diritti Economici e Sociali (FTDES) ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Bordo Franco (SEL)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Salhi Rami , Direttore dell'Ufficio regionale Maghreb della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH) ... 9 
Rebai Lilia , Coordinatrice dei Programmi Tunisia della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH) ... 10 
Ben Hadj Hassine Sadok , Rappresentante dell'Unione Generale Tunisina del Lavoro (UGTT) ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV e sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della società civile tunisina.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche emergenti, le sfide e le nuove prospettive di sviluppo dell'africa sub-sahariana, l'audizione di rappresentanti della società civile tunisina.
  Saluto, ringrazio e do il benvenuto a Monsieur Messaoud Romdhani, vicepresidente del Foro tunisino dei diritti economici e sociali, a Monsieur Sadok Ben Hadj Hassine, rappresentante dell'Unione generale tunisina del lavoro, a Madame Lilia Rebai, coordinatrice dei programmi Tunisia per la Rete euro-mediterranea per i diritti umani, e a Monsieur Rami Salhi, direttore dell'Ufficio regionale Maghreb sempre della Rete euro-mediterranea per i diritti umani. I nostri ospiti sono accompagnati da Raffaella Bolini, del Comitato esecutivo della Rete euro-mediterranea per i diritti umani, e da Filippo Miraglia, vicepresidente dell'ARCI e componente italiano della Rete euro-mediterranea per i diritti umani.
  Voglio ricordare che una delegazione di questa Commissione ha di recente effettuato due visite ufficiali in Tunisia, a testimonianza dell'interesse e della vicinanza che questa Commissione vuole esprimere al Governo tunisino e alla Tunisia nel suo complesso, la prima nello scorso mese di gennaio e l'ultima dal 28 al 31 marzo, alla quale anch'io ho preso parte, in occasione della marcia contro il terrorismo e per commemorare le vittime dell'attentato terroristico del 18 marzo scorso al Museo del Bardo e al Parlamento.
  Ricordo anche che, in occasione della precedente visita di gennaio, la prima delegazione europea ad aver incontrato l'attuale Presidente della Repubblica all'indomani della sua elezione è stata la delegazione italiana di questa Commissione, che ebbe modo di incontrare anche il leader del sindacato dell'UGTT Abassi nel giorno del 69o anniversario della fondazione del sindacato. In questa circostanza è emerso il ruolo cruciale svolto dall'UGTT nella scena politica tunisina dopo il 2011, in qualità di elemento portante del Quartetto che ha dato vita al processo.
  Sono lieto che la Commissione affari esteri e questo Comitato permanente abbiano oggi l'occasione di valorizzare autorevoli esponenti della società civile tunisina, a testimonianza della vitalità non solo delle istituzioni della nuova Tunisia, ma, in generale, dell'intero contesto sociale ed economico e del ruolo trainante che esso è destinato a svolgere nei confronti di tutte le società nordafricane, di quelle che guardano alla cultura dei diritti e delle libertà come a un punto di riferimento universale.Pag. 4
  Ricordo, infine, che nei giorni del 24 e del 28 marzo a Tunisi si è svolto il Forum sociale mondiale del 2015, a cui l'Italia ha partecipato con proprie diverse rappresentanze, che ha fatto convergere in Tunisia le forze progressiste del mondo arabo e di tutta la comunità internazionale.
  Chiedo, quindi, agli ospiti chi di loro voglia per primo svolgere il proprio intervento in questa audizione.

  RAMI SALHI, Direttore dell'Ufficio regionale Maghreb della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH). Buongiorno a tutti. Sono Rami Salhi, direttore dell'Ufficio regionale Maghreb della Rete REMDH. Vi ringrazio, a nome di tutta la Tunisia, di questo invito a poter condividere con voi alcuni degli aspetti fondamentali delle relazioni tra Tunisia e Italia.
  L'Italia è uno dei partner più vicini alla Tunisia da un punto di vista non solo geografico, ma anche storico. Già nel 1850 c'erano 100.000 italiani in Tunisia. La Gazzetta della Tunisia è stato uno dei primi giornali italiani pubblicati direttamente in Tunisia. Questo dimostra le lunghe tradizioni di amicizia tra i nostri Paesi.
  Come Lei ha detto oggi, la Tunisia attraversa un momento di transizione, di passaggio che si svolge in questo piccolo Paese della riva Sud del Mediterraneo. Noi dobbiamo far fronte a diverse sfide su diversi piani. Innanzitutto, dobbiamo far fronte a una sfida di tipo politico, perché dobbiamo creare una vera democrazia, che attualmente è in un processo di transizione e che, quindi, è ancora fragile e precaria.
  Per quanto riguarda il contesto regionale in relazione all'Europa e soprattutto all'Italia, ci sono anche delle discussioni politiche in corso sulla nuova politica europea di vicinato. Chiediamo, quindi, il sostegno dei nostri amici italiani ed europei perché questo partenariato possa essere utile e proficuo per tutte le parti in causa.
  Poi c’è una terza sfida, quella della sicurezza, che non riguarda soltanto la Tunisia, perché noi siamo una porta verso l'Europa. Lei ha, giustamente, ricordato gli ultimi attentati terroristici al Museo del Bardo, che hanno fatto molte vittime, tra cui, purtroppo, anche degli amici italiani in visita in Tunisia. Questa sfida alla sicurezza minaccia anche l'Italia e i Paesi europei, perché noi spesso siamo anche un Paese di transito di terroristi.
  Ci sono poi le sfide economico-sociali. In questo senso sono in corso alcune discussioni con l'Unione europea – tra i Paesi europei l'Italia è il nostro principale partner – in particolare per l'Accordo di libero scambio.
  C’è poi la sfida migratoria, perché la Tunisia ha firmato un accordo congiunto sulla mobilità, il partenariato per la mobilità, con l'Unione europea. Anche in questo contesto uno dei principali partner è proprio l'Italia.
  Sono in corso oggi alcune discussioni sugli allegati a questo accordo di partenariato. La società tunisina, attraverso i rappresentanti che sono qui presenti, è contraria a questi allegati, perché si ritiene che questo partenariato non potrà aiutare la Tunisia ad avere una migliore gestione della migrazione verso l'Europa.
  La nostra delegazione fa parte di questa Rete euro-mediterranea per i diritti umani. Come lei ha detto giustamente, la società civile, con la leadership dell'UGTT, ha svolto un ruolo importante. Mi permetto di dire anche che tale ruolo è stato decisivo per salvare questo processo di transizione democratica. Abbiamo proprio fatto leva sulla società civile per costituire dei gruppi di lavoro e di riflessione il cui obiettivo è creare un dialogo tripartito tra la società civile tunisina, il Governo della Tunisia, le autorità europee e anche gli Stati membri dell'Unione europea. Questo gruppo di lavoro esamina soprattutto i diritti economico-sociali, le migrazioni e la mobilità, la riforma del sistema della giustizia in Tunisia e i diritti delle donne in Tunisia.
  La nostra missione qui in Italia è focalizzata sui primi due elementi, ossia sui diritti economico-sociali e sulle questioni migratorie. L'idea è coinvolgere la Pag. 5società civile, che è diventata una forza propositiva, con molte responsabilità e con molto spirito costruttivo, in questo processo.
  Se Lei me lo consente, lascio, quindi, la parola ai miei colleghi per presentare le principali sfide di questo gruppo di lavoro che abbiamo creato.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio Rami Salhi e do la parola a Lilia Rebai, coordinatrice dei programmi in Tunisia per la Rete.

  LILIA REBAI, Coordinatrice dei Programmi Tunisia della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH). Onorevole presidente, onorevoli parlamentari che rappresentate la Commissione affari esteri, in primo luogo, grazie per averci accolti qui e per ascoltare le preoccupazioni della società civile che rappresentiamo sui temi dei diritti economici e sociali.
  Per quanto riguarda questa problematica, l'idea iniziale è che noi riteniamo che i legami di vicinanza tra italiani e tunisini debbano essere fatti fruttare. In qualche modo abbiamo una visione comune nelle nostre società civili, noi come voi, sul nostro avvenire comune. Il Mediterraneo, piuttosto che dividerci, deve riunirci. Noi pensiamo che i diritti umani siano valori che ci accomunano in questo senso e che, quindi, dobbiamo svilupparli.
  Il gruppo sui diritti economici e sociali ha lavorato per un anno e ha prodotto una serie di raccomandazioni in particolare per quanto riguarda le trattative dell'ALECA, ossia dell'Accordo sul libero scambio, in modo compiuto e approfondito.
  Questo Accordo, con la sua prospettiva di liberalizzazione economica, secondo la società civile tunisina ha provocato una crisi occupazionale, perché dal 1995, data dell'Accordo di associazione, sono stati liberalizzati gli scambi commerciali in un modo che non favorisce la dimensione sociale dello sviluppo del Paese. Ciò ha fatto crescere la disoccupazione e le disparità regionali.
  Come sapete, la disoccupazione ha toccato nel 2011, alla data della nostra rivoluzione, quasi il 18 per cento della popolazione in età lavorativa, di cui una percentuale maggiore di donne e di laureati e di titolari di diplomi. Quello che si sta negoziando oggi nell'ambito dell'ALECA è un ulteriore approfondimento di queste liberalizzazioni. È questo che ha portato alla rivoluzione, con la gente che reclamava più dignità e più lavoro.
  Oggi, quindi, non si parla più di dare importanza soltanto alla liberalizzazione dei prodotti, ma anche a quella dei servizi e dell'agricoltura. Tale liberalizzazione rischia di aggravare ulteriormente la crisi, invece di riassorbirla, perché non si capisce come ciò che ha prodotto il disagio, ciò che ha prodotto la crisi, come queste stesse ricette, se si accentuano, non possano creare una crisi ancor più profonda, invece che risolverla.
  Pertanto, le ong del gruppo di lavoro che io rappresento hanno formulato delle raccomandazioni; in primo luogo, a favore di una maggiore trasparenza e inclusione della società civile in queste discussioni.
  In secondo luogo, si tratta di non prospettare l'ALECA prima di aver fatto uno studio di impatto per capire le ripercussioni sui diritti economici e sociali, sulle disparità regionali e sull'occupazione.
  Infine, si tratta di non includere nell'ALECA il settore agricolo e il settore dei servizi, innanzitutto perché l'agricoltura non è un settore in grado di reggere la concorrenza europea, con tutti i mezzi di cui gli europei dispongono. I piccoli agricoltori tunisini oggi hanno innanzitutto un problema di gestione delle risorse idriche e hanno un problema di gestione delle terre, ossia di dimensione fondiaria. Non hanno, però, le tecniche e le competenze adeguate per far fronte alla concorrenza di grandi imprese europee, tanto più che la politica agricola comune dell'UE tutela il mercato europeo.
  Infine, noi raccomandiamo che non si parli di libertà di circolazione dei beni e dei capitali senza parlare di libertà di circolazione delle persone. Prendiamo un esempio semplice. Immaginiamo che un Pag. 6tunisino vinca una gara d'appalto internazionale per alcuni servizi. Come farà a offrire realmente questo servizio in Europa, se non ha il diritto di portarsi dietro le maestranze ?
  Similmente, si può parlare di libertà imprenditoriale in Europa se i tunisini non hanno la possibilità di accedere all'Europa, se non la conoscono, se non sanno come funziona in gran parte, specie se parliamo di giovani imprenditori ? Non hanno mai visitato l'Europa. Come si può pensare di poter conquistare dei mercati in Europa ?
  Vi ringrazio e ringrazio anche l'Italia per il gesto forte compiuto ultimamente dopo gli attentati al Museo del Bardo, quando ha annullato parte del debito tunisino, per 25 milioni di euro. Noi chiediamo che almeno si ipotizzi la possibilità che il debito tunisino sia trasformato in investimenti diretti, invece che farlo proseguire, perché è un debito che pesa molto sulla Tunisia, soprattutto nelle circostanze attuali.
  Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio Lilia Rebai e do la parola a Sadok Ben Hadj Hassine, rappresentante dell'UGTT.

  SADOK BEN HADJ HASSINE, Rappresentante dell'Unione Generale Tunisina del Lavoro (UGTT). Grazie, presidente. Onorevoli parlamentari, per me e per tutti noi è un onore essere tra voi per esporvi le nostre preoccupazioni. In questo periodo di transizione democratica noi abbiamo preoccupazioni che speriamo siano anche le vostre. Speriamo che possiate condividerle con noi in un ambito di solidarietà più attiva, che ci consenta di consolidare il processo di transizione democratica nell'interesse di tutti.
  Io affronterò la questione migratoria. Come sapete, l'UGTT ha un importante compito di tutela dei lavoratori a livello nazionale. Noi abbiamo anche una missione di dialogo e partecipazione al processo democratico e una missione di tutela del processo democratico in partenariato con la società civile, ma io vorrei affrontare la questione migratoria e le nostre preoccupazioni al riguardo.
  Come primo punto, noi vorremmo che, se voi avete una discussione su questo tema con le autorità, poteste difendere il nostro punto di vista, in modo che le questioni migratorie siano discusse in un ambito di approccio globale allo sviluppo economico e sociale, tenendo conto degli obiettivi di sviluppo, del debito, del commercio, degli investimenti, dell'occupazione e anche della situazione economica e politica difficile che la Tunisia attraversa.
  Vorremmo anche che queste discussioni potessero essere intavolate a partire da un approccio partecipativo che includa tutti i soggetti coinvolti dalle questioni migratorie: un approccio democratico, dunque, di responsabilità condivisa.
  La questione della protezione dei diritti dei lavoratori migranti regolari e irregolari è un tema che riguarda tutti. Noi vorremmo anche che poteste confrontarvi con la società civile italiana e incitare l'Italia a ratificare le Convenzioni dell'OIL sui diritti dei migranti e dei loro familiari, in particolare la Convenzione n. 143 e la n. 97 dell'OIL e la Convenzione ONU del 1990 sulla tutela dei diritti dei lavoratori migranti e dei loro congiunti.
  Queste ratifiche le sollecitiamo anche da parte del Governo tunisino. Abbiamo chiesto per iscritto al nostro Governo di avviare l’iter di ratifica di queste Convenzioni. Non possiamo chiedere ai Paesi europei di ratificare, se noi stessi non facciamo questo sforzo. Tutto questo per adottare un approccio di governo dell'emigrazione che si fondi sui diritti, sul rispetto dei diritti, un approccio di gestione equa delle migrazioni, nel rispetto dei diritti dei lavoratori, che siano regolari o irregolari.
  Abbiamo anche interrogato le nostre autorità – cogliamo l'occasione per trasmettere anche a voi questa nostra preoccupazione – riguardo alla trasparenza dei negoziati sulle questioni migratorie. Spesso si firmano accordi sottobanco. Si firmano accordi scritti e non scritti tra Italia e Tunisia. Noi vorremmo che questi Pag. 7accordi fossero divulgati, che le misure di espulsione e di riammissione fossero divulgate e che fosse a tutti noto in che condizioni si attuano.
  Sollecitiamo il vostro appoggio per quanto riguarda il controllo dei centri di detenzione e dei centri di accoglienza, nonché le agevolazioni da accordare alle persone che vi hanno diritto per visitare i lavoratori migranti, regolari e irregolari, detenuti, in un contesto di migliore approccio.
  Io insisto molto sulla trasparenza. Questa è una istanza che noi abbiamo rivolto anche alle nostre autorità.
  Chiuderò con una proposta – forse potremmo esaminarla – su una conferenza parlamentare euro-italiana per discutere sulle questioni dei migranti e sull'attuazione dell'accordo di partenariato per la mobilità: un partenariato per la mobilità equo, che tenga conto della nostra situazione e di quella dei Paesi europei.
  Grazie dell'accoglienza e della comprensione.

  PRESIDENTE. Ringrazio Sadok Ben Hadj Hassine e do la parola a Messaoud Romdhani, vicepresidente del Foro tunisino dei diritti economici e sociali.

  MESSAOUD ROMDHANI, Vicepresidente del Foro Tunisino dei Diritti Economici e Sociali (FTDES). Grazie, presidente. Grazie, onorevoli deputati. Anch'io vorrei ringraziare gli amici della società civile italiana che ci hanno consentito di essere oggi qui presenti.
  Quest'incontro è molto importante per noi, perché siamo sempre convinti che insieme (politici, sindacalisti, rappresentanti della società civile) dobbiamo portare avanti gli stessi princìpi, gli stessi valori umani, i valori della democrazia. Sono gli stessi princìpi che la rivoluzione tunisina ha voluto affermare.
  Quello che ci lega non sono soltanto la storia e la geografia, che ci hanno visti così vicini, ma anche e soprattutto questi princìpi, che sono stati diffusi dalla rivoluzione tunisina, come la giustizia sociale, i diritti umani e la democrazia.
  Devo affermare che, purtroppo, non ci sono stati grossi progressi in questi campi in Tunisia. Per questo motivo noi dobbiamo far fronte a molti problemi, legati sia all'emigrazione, perché questo flusso non si può fermare se non vengono risolti i problemi all'interno del Paese, sia al terrorismo, perché il terrorismo non è soltanto estremismo, ma nasce anche dalla disperazione dei giovani che non possono più sperare in una vita migliore. Anche su questo tema bisogna riflettere.
  Bisogna pensare, inoltre, alla situazione nel Paese, perché la disoccupazione continua ad aumentare, insieme alla povertà e alle disparità regionali. Tutti questi problemi insieme ne pongono un altro che non riguarda soltanto la Tunisia. Ormai viviamo in un mondo interconnesso. L'avete visto con il fenomeno del terrorismo e con il fenomeno delle migrazioni. Tutti questi problemi sono legati.
  Non possiamo pensare che la questione della sicurezza potrà risolvere tutti i problemi. Lo si è visto con quello che succede nel Mediterraneo. I giovani continueranno a cercare di emigrare. Finché i problemi dell'Africa, i conflitti, le guerre, i problemi di dittatura e i problemi politici continueranno a esistere, le migrazioni continueranno ad aumentare. L'abbiamo visto perché dall'anno scorso ad oggi, nei primi due mesi del 2014-2015, c’è stato un raddoppiamento del numero di migranti soccorsi in mare. Pensiamo anche alla Libia: 170.000 persone hanno lasciato il Paese nel 2014. È già un numero enorme, ma questo flusso continuerà.
  Che cosa vogliamo fare ? Vogliamo continuare con questa politica della sicurezza ? Vogliamo attribuire alla Tunisia sempre lo stesso ruolo del passato, quando era sotto una dittatura, anche se la rivoluzione ha poi cambiato le mentalità nel sud e nel nord ? Vogliamo continuare a seguire sempre la stessa strada ? Questo non farà che aggravare la situazione e non risolverà nulla.
  Quello che noi della società civile proponiamo è promuovere questo dialogo che è già iniziato con voi, auspicando che continui, per poter esaminare insieme tutti Pag. 8i problemi, i problemi socioeconomici, quelli del terrorismo e quelli delle migrazioni. Dobbiamo considerarli insieme in una visione complessiva umanitaria, in cui il diritto abbia la meglio sulle questioni della sicurezza.
  Noi spereremmo in futuro di legalizzare i lavoratori già presenti in Italia e di poter rivedere i visti, considerando quali sono le priorità principali, perché continuano ad aumentare questi problemi in Tunisia, ma continuano anche ad aumentare le pressioni sul vostro Paese, sull'Italia.
  L'Italia dovrebbe anche negoziare con gli altri Paesi europei per cercare di aiutare la nostra rivoluzione nascente, che finora, in un mondo arabo così precario, così problematico, così violento, è riuscita ad affermarsi. Questa rivoluzione merita un aiuto per potersi rafforzare e per poter risolvere i problemi economici che minacciano il futuro del Paese.
  Io ho viaggiato un po’ in Europa e ho visto che un'opinione diffusa è che in Tunisia ci siano la democrazia e la libertà di espressione e che, quindi, ormai il problema sia risolto. Purtroppo, non è così, perché la nostra rivoluzione ha aperto molte strade, ma è ancora precaria e si confronta con molti problemi economici e sociali. Finché non si risolveranno questi problemi economico-sociali, se i nostri amici non ci aiuteranno a risolvere il problema dell'immigrazione, della disoccupazione, il problema del debito, rischiamo di ricadere in una situazione molto pericolosa. Questo anche alla luce del fatto che la situazione nella regione non è certo propizia alla democrazia.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio Messaoud Romdhani.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  L'onorevole Franco Bordo ha partecipato, tra l'altro, al Social Forum come deputato.

  FRANCO BORDO. Buongiorno e grazie per la vostra presenza. La mia è una domanda semplice – per modo di dire – e concreta. Il debito tunisino nei confronti dell'Italia, secondo voi, verso quali settori potrebbe essere convertito in forma prioritaria, su quali progetti ? Ho sentito parlare dell'agricoltura. Io faccio parte della Commissione agricoltura della Camera. Vorrei sapere se questo è un settore su cui è opportuno puntare prioritariamente o se ve ne sono di più importanti.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Finiamo il giro delle domande. L'onorevole Locatelli è anche vicepresidente del Comitato Africa.

  PIA ELDA LOCATELLI. Vi ringrazio per l'espressione delle vostre preoccupazioni, che mi hanno un po’ sorpresa. Sappiamo bene che la situazione nella regione non è facile. Sappiamo bene che un Paese che è passato attraverso una rivoluzione non è mai in una situazione facile. Tuttavia, mi pareva di leggere, guardando il panorama complessivo della regione, che la Tunisia fosse il Paese che meglio aveva superato le fasi difficili della rivoluzione e fosse stata capace di darsi una Costituzione che garantisse, per esempio, i diritti alla rappresentanza delle donne e che non aveva vissuto momenti veramente traumatici, come è stato il caso di altri Paesi dell'area.
  Le preoccupazioni che voi avete elencato con grande chiarezza e in modo molto focalizzato ci inducono, però, a riflettere che forse non conosciamo mai bene le situazioni dei diversi Paesi, pur avendo organizzato una delegazione o più delegazioni.
  Io ero andata a osservare la preparazione della fase elettorale del 2011. L'intensità del grido di allarme che voi ci avete lanciato un po’ ci sorprende. Ci avete comunicato in modo chiaro quali sono le vostre preoccupazioni. Intanto, c’è il tema dell'accordo di partenariato, che voi sentite che non vi garantisce, ma anzi, al contrario, creerà problemi. Ci fornite un po’ più di dettaglio sugli aspetti dell'accordo di partenariato che più vi preoccupano ?Pag. 9
  Il secondo tema riguarda le liberalizzazioni. Siamo passati tutti – e stiamo ancora passando – come Paesi europei, attraverso una fase in cui sembrava che le liberalizzazioni fossero il toccasana dei problemi. Abbiamo visto che la situazione in Europa dal punto di vista economico è chiaramente difficile. Per fortuna, almeno in termini di enunciazione, anche l'Europa si è resa conto che la fase di liberalizzazione e di austerità insieme non ha risolto il problema e che bisogna cambiare un po’ l'agenda.
  Tuttavia, ci ritroviamo ancora un po’ tutti noi, sulla sponda sud, ma anche sulla sponda nord, in difficoltà a risolvere il problema delle liberalizzazioni. A me pare di poter dire che si debba affrontare questo tema nella sua complessità. Voi dite che almeno nel settore dell'agricoltura e nel settore dei servizi non volete le liberalizzazioni. Sarà difficile convincere l'Europa, che ha emanato la direttiva complessiva, la Bolkestein, a fermare questo aspetto. Si dovrebbe complessivamente fermare il processo, o fermarne un pezzo e io lo trovo molto difficile.
  Il tema delle migrazioni ci tocca. Noi tre qui presenti siamo capaci di vedere nelle migrazioni anche gli aspetti delle opportunità che le migrazioni comportano. Tuttavia, noi rappresentiamo una parte politica, o una larga area politica, ma ci ritroviamo spesso in difficoltà nel nostro Parlamento a discutere delle migrazioni. Oggi stesso – o forse domani – approveremo una legge che celebrerà, ricordandole, le vittime delle migrazioni. Noi troviamo una cosa barbara che ci siano le vittime delle migrazioni.
  Noi proviamo ad offrire una porta aperta soprattutto ai richiedenti asilo e ai rifugiati, cercando di trovare una soluzione per i migranti economici. Stiamo vivendo, però, oggettivamente anche noi una situazione di emergenza. Lo vediamo anche in questi giorni. Ci sono migliaia di persone che scappano dalla guerra, dalla fame, dalla rivoluzione, dalle torture. Non possiamo chiudere le porte, siamo convinti di questo, ma oggettivamente non possiamo sottovalutare il fatto che gestire questi numeri è difficile. Pertanto, abbiamo bisogno di relazioni chiare fra di noi. Voi vi trovate poi in una situazione di vicinanza alla Libia che mette in difficoltà anche la vostra sicurezza.
  Io sono d'accordo che non si debba fare il trade-off tra diritto e sicurezza: o le due cose vanno in parallelo, o non c’è diritto, ma non c’è nemmeno sicurezza. Possiamo prendere l'impegno per una conferenza. Giro la domanda al presidente del Comitato. Io credo che dovremmo accogliere queste richieste di impegno e cercare di organizzarla: non da soli chiaramente, non solamente come Commissione affari esteri, ma anche con un coinvolgimento europeo. Noi continuiamo a dire che questi temi non li può risolvere l'Italia da sola. In coerenza, possiamo pensare di organizzare questa Conferenza, ma coinvolgendo il livello europeo, altrimenti rischia di essere velleitario farlo da soli.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  RAMI SALHI, Direttore dell'Ufficio regionale Maghreb della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH). Grazie delle domande. Comincerò a rispondere alle prime due, che riguardano le priorità in fatto di investimenti e di reimpiego del debito italiano negli investimenti.
  A mio modo di vedere, per quanto ci riguarda, come società civile, noi abbiamo delle priorità chiare. Sono priorità che scaturiscono dalle origini della rivoluzione. In primo luogo, ci sono le disparità regionali. Noi vorremmo che ogni investimento prendesse in considerazione le disparità regionali e l'importanza di investire nelle regioni svantaggiate, arretrate.
  Come seconda priorità, abbiamo un grande problema di disoccupazione, che ufficialmente è al 15,2 per cento. Tra i laureati disoccupati, però, siamo a più del 30 per cento, al 36 per cento. Per noi sono prioritari i settori ad alto tasso di impiegabilità. Questa è la prima sfida.
  La terza sfida è che ci devono essere investimenti che rispettino l'ambiente e i Pag. 10diritti dei lavoratori. Questo sono i tre assi prioritari per gli investimenti, secondo noi.
  Passo alla seconda risposta, quella alla domanda dell'onorevole relativa alla situazione globale in Tunisia.
  Purtroppo, spesso – questo lo registriamo da tutti gli amici quando andiamo al Parlamento europeo e quando arrivano delegazioni di Paesi amici in Tunisia – tutti ci dicono che noi siamo i primi della classe e che siamo davvero più avanti rispetto agli altri Paesi della regione.
  È vero, ma ci troviamo in un processo molto fragile e precario. Fino a oggi stesso siamo nella terza fase di transizione democratica. Non siamo al riparo da una regressione in materia di libertà e di diritti, per un motivo molto semplice: in Tunisia noi non abbiamo istituzioni garanti della democrazia e delle libertà.
  È vero, abbiamo votato una Costituzione, che è onorevolissima, ma che deve essere trasposta in legge, il che non è stato fatto. Abbiamo cinque istituzioni costituzionali garanti delle libertà e dei diritti, ma parte di esse non è ancora stata istituita. Il Consiglio superiore della magistratura non c’è, e anche la Corte costituzionale non è ancora stata istituita.
  Questo per dire che ci sono molte sfide, ed è per questo motivo che noi stiamo molto attenti. È per questo che la società civile tunisina cerca l'appoggio dei nostri partner. Noi cerchiamo di sensibilizzare gli interlocutori e sollecitiamo l'appoggio delle società civili della regione.
  Parlando d'Italia, abbiamo amici e compagni di strada che da anni sostengono la società civile tunisina. Consentitemi di ringraziare la CGIL, l'ARCI e altre organizzazioni italiane con cui noi abbiamo rapporti storici e che sostengono i movimenti sociali, i movimenti dei diritti e delle libertà tunisini da anni. Sono state molto attive anche nell'ultimo Forum Sociale Mondiale organizzato in Tunisia.
  Grazie.

  LILIA REBAI, Coordinatrice dei Programmi Tunisia della Rete Euro-Mediterranea dei Diritti dell'Uomo (REMDH). Grazie, onorevoli deputati, per le vostre domande, che attestano – se ce ne fosse bisogno – il vostro interesse per il nostro Paese.
  Il mio collega ha risposto sul tipo di progetti, o meglio su come riconvertire il debito tunisino. In effetti, l'idea è di far fronte ai problemi della Tunisia in materia di disparità regionali e sociali. Sono questi i principali problemi del Paese. Tutti i progetti che creano lavoro nelle regioni sono progetti da privilegiare, ma forse i progetti nel campo delle energie rinnovabili in particolare.
  Anche questa è una sfida che la Tunisia dovrà affrontare sempre di più, perché la Tunisia non è un produttore netto di petrolio. C’è una crisi energetica, ragion per cui la gestione delle risorse idriche potrebbe dare speranza. Tutto ciò che rientra nelle infrastrutture ferroviarie e stradali è importante. C’è tantissimo da fare per promuovere gli investimenti occorrenti.
  Faccio, però, una raccomandazione al riguardo. Si sa che anche prima c'erano progetti o, meglio, prestiti accordati alla Tunisia. Il fatto, però, è che non c’è stata una trasparenza verso la società civile, che non ha potuto seguire l'impatto dei progetti. Si può sempre divergere, ossia la destinazione finale del denaro può non essere quella prevista inizialmente. Pertanto, la riconversione del debito deve andare di pari passo con il coinvolgimento della società civile nel seguire i progetti che saranno varati.
  Quanto all'Accordo di libero scambio, ALECA, Lei sembra dire che in questo accordo tutto sia legato e, quindi, si tratta di prendere o lasciare. Si potrebbe, però, vedere l'ALECA come un qualcosa di progressivo. I negoziati avvengono Paese per Paese. Sta già succedendo così in base ai bisogni specifici di ciascun Paese. Almeno il nuovo partenariato privilegiato in corso di revisione va proprio in questo senso, ossia nel senso di recepire le specificità di ogni singolo Paese.
  In merito si potrebbe pensare all'agricoltura. Una liberalizzazione nel settore agricolo e dei servizi non dovrebbe essere contemplata finché non ci saranno riforme Pag. 11per portare quei settori al livello richiesto. Ripeto, né il settore agricolo, né il settore dei servizi sono in grado di reggere la concorrenza europea.
  Complessivamente, la Tunisia non dovrebbe essere vista tanto come concorrente, anche se tutti sanno che oggi la crisi in Italia, come in Europa, c’è, e noi lo sappiamo bene. Il partenariato dovrebbe essere visto in quanto tale. Pertanto, la Tunisia dovrebbe essere accompagnata perché riesca a completare la seconda fase importantissima, quella dello sviluppo economico e sociale.
  È vero, noi abbiamo portato a buon fine la prima fase. Forse abbiamo avuto un po’ più di fortuna del resto delle primavere arabe e abbiamo vinto la partita, per il momento. È vero che abbiamo portato a buon fine le elezioni e abbiamo vinto la prima tappa, ma ora più che mai la Tunisia va accompagnata per continuare a tendere allo sviluppo del Paese.
  Grazie. Spero di aver risposto alle vostre domande.

  SADOK BEN HADJ HASSINE, Rappresentante dell'Unione Generale Tunisina del Lavoro (UGTT). Mi riallaccio a quello che ha detto l'onorevole Locatelli. Noi non siamo pessimisti. Lei ci ha detto che sembriamo pessimisti. No, non lo siamo affatto, anzi, siamo ottimisti. Come è stato detto, siamo riusciti a lanciare un processo democratico con un governo legittimo eletto, con un presidente e con un'assemblea parlamentare. Il processo democratico, però, non è finito. Ci sono ora elezioni regionali e comunali. Il processo continuerà, quindi, ad andare avanti.
  Non siamo pessimisti, ma abbiamo paura. Non so se state seguendo la situazione in Tunisia, ma ci sono movimenti sociali e scioperi. Ci sono scioperi della fame di disoccupati laureati, ci sono imprese straniere che abbandonano la Tunisia, c’è un calo degli investimenti, c’è una perdita del potere d'acquisto dei lavoratori, c’è un deficit di bilancio che si sta aggravando.
  Tutti gli indicatori economici sono in rosso. Voi sapete bene come me – io sono economista di formazione – che la democrazia può essere messa a repentaglio dalla dimensione economica e sociale. È per questo che abbiamo bisogno di voi, per un Piano di salvataggio e di consolidamento di questa giovane democrazia. Ecco perché, ma non mi ci dilungherò, abbiamo parlato di questi indicatori dell'economia tunisina e abbiamo accennato ai rapporti sociali in Tunisia.
  Lei, onorevole Locatelli, ha parlato poi di mobilità. Qui si tratta di una dichiarazione, un partenariato sulla mobilità bloccato dall'azione della società civile, che ha un ruolo molto importante, un ruolo euromediterraneo. Noi siamo riusciti a bloccare i negoziati sull'attuazione di questa dichiarazione riguardante la mobilità e ora c’è una nuova tattica nei rapporti euro-tunisini. Si propone di negoziare soltanto due temi: le agevolazioni per i visti e le riammissioni.
  Noi, sinceramente, abbiamo detto di no. Non possiamo mettere sui piatti della bilancia solo queste due questioni.
  Si parla di riammissioni, dunque, e di fare della Tunisia terreno d'accoglienza per profughi e lavoratori irregolari, quando noi abbiamo 700.000 disoccupati e circa 15.000 profughi subsahariani. Questo aggraverebbe la situazione tunisina.
  Ve lo dico sinceramente: noi abbiamo un milione di libici che vivono sul nostro territorio e il rischio è che questo numero cresca ancor di più a causa della crisi in tale Paese. Eppure, non abbiamo chiuso la porta in faccia ai libici. Sono nel nostro Paese e noi non abbiamo mai chiuso loro le porte. Questo ci crea tanti problemi, tensioni sul mercato del lavoro e anche sui prezzi degli alloggi, ma i libici sono in casa nostra. La nostra responsabilità e il nostro spirito nella gestione delle crisi restano.
  Quello che voglio dire è che noi sollecitiamo da parte vostra una certa comprensione dei nostri problemi. Abbiamo valori comuni. Voi siete dei parlamentari e noi siamo una società civile. Abbiamo un fondamento di valori comuni, di dignità, di rispetto dei diritti dell'uomo e di responsabilità. Cerchiamo di lavorare su questi fondamenti, quale che sia la nazionalità Pag. 12(tunisina, libica, marocchina), per preservare i valori per i quali noi stiamo militando e un approccio fondato sul diritto per la gestione dei richiedenti asilo e dei migranti in generale.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, permettetemi, in conclusione di quest'audizione, di fare alcune considerazioni.
  Intanto quest'audizione si svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'Africa che questo Comitato e questa Commissione stanno svolgendo, che riguarda le grandi sfide che oggi si trova ad affrontare il continente africano, che oggi, anche nel caso specifico della Tunisia, sono grandi sfide che si trova ad affrontare il Mediterraneo.
  Noi abbiamo provato, nell'arco di questa indagine conoscitiva, a mettere in fila queste grandi sfide, che sono quelle che non riguardano il futuro del continente africano, ma riguardano complessivamente il futuro dell'umanità. Si tratta delle sfide ambientali, delle sfide che riguardano i processi e i flussi migratori, delle sfide che riguardano il terrorismo e i conflitti che infiammano oggi il continente africano, ma che riguardano tutta la comunità internazionale e il futuro stesso dell'umanità.
  Io penso che noi oggi partiamo da una valutazione che bisogna fare su che cosa sono state le primavere arabe, da cui è nata la giovane democrazia tunisina. Le primavere arabe sono nate in Tunisia e hanno oggi il loro sbocco ideale in tale Paese. Tuttavia, sono state una grande occasione persa per l'Europa.
  Guardando alla Tunisia, io ho avuto modo in più occasioni di dire, in questa Commissione e anche in questo Parlamento, che, se noi avessimo investito di più non solo in termini economici, ma anche in termini politici, culturali, di relazione e di cooperazione con i Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo, oggi non avremmo una Tunisia da difendere, ma avremmo più Tunisie dall'altra parte del Mediterraneo con cui costruire una nuova era di rapporti, di sviluppo e di progresso nel Mare Nostrum.
  Io oggi voglio ringraziare la società civile tunisina, per il tramite degli esponenti che qui la rappresentano, perché le istituzioni democratiche sono frutto di processi sociali. Se la Tunisia oggi si trova davanti a questo scenario è perché le forze sociali e la società civile, nonostante siano state per anni vessate e piegate da un regime, sono state capaci di mettere in campo un processo rivoluzionario che ha portato alla nascita di una nuova democrazia, che è un modello per tutto il mondo arabo.
  Io credo che in questo stia anche l'attenzione che questa Commissione ha riservato alla Tunisia. Lo dicevo nell'introduzione: le visite che elencavo e i rapporti che sono stati costruiti da questa Commissione nascono proprio da questa considerazione, cioè dall'importanza che il processo tunisino riveste oggi complessivamente per tutto il mondo arabo.
  Ovviamente, permettetemi di ringraziare anche la società civile italiana, che ha costruito con quella tunisina in questi anni un rapporto proficuo. Se oggi abbiamo svolto quest'audizione è per il lavoro che è stato fatto, per questa costruzione di reti. Ringrazio, quindi, in particolar modo l'ARCI e la CGIL, che qui sono rappresentate con i loro esponenti.
  Io volevo mettere sul tappeto alcune questioni che sono state affrontate. Oggi la Tunisia rappresenta un modello per il mondo arabo e un'opportunità, che però non riguarda in questo caso solo il mondo arabo, solo la Tunisia. Il motivo per cui noi abbiamo la necessità di impegnarci a sostenere il processo democratico tunisino con ogni mezzo non è per una forma di aiuto rispetto a un Paese che sta facendo una grande transizione e un grande processo democratico, ma è – penso – una grande opportunità per l'Europa per recuperare quello che è mancato nel 2011 e che oggi, invece, si rende necessario.
  Parlavo prima delle grandi sfide. Tra queste c’è il terrorismo. Penso all'attacco che ha colpito la Tunisia e che ha visto una risposta anche da parte del nostro Pag. 13Paese, sul piano simbolico, molto forte. Noi eravamo presenti, come Commissione, alle manifestazioni al Bardo. È stato presente il Presidente del Consiglio e c'era la Presidente della Camera. C'era una delegazione così forte proprio a testimoniare l'impegno importante che il nostro Paese può e deve mettere in campo in questo momento, soprattutto perché l'attacco alla Tunisia è un attacco fortemente simbolico.
  Il terrorismo colpisce i simboli più avanzati e più pericolosi per il modello che, invece, vorrebbe imporre e costruire. Sono stati un simbolo gli attentati di Parigi che colpivano uno degli elementi fondamentali, la libertà di opinione e di stampa; e lo è la Tunisia, che rappresenta la possibilità di un modello democratico per il mondo arabo, di un'alternativa possibile per un mondo che è stato troppe volte condannato alla marginalità. Io penso che questa sfida riguardi esattamente quello che noi dobbiamo mettere in campo.
  Qui venivano poste delle idee rispetto, per esempio, alla conversione del debito. Il nostro Paese ha già annunciato che lo farà per 25 milioni di euro. Io penso che si possa e si debba fare di più. Da questo punto di vista, come Commissione, noi premeremo perché si faccia di più.
  Oggi la sfida al terrorismo non può essere considerata una sfida prettamente militare. Noi questo l'abbiamo detto in più occasioni. Il tema non è la costruzione di un rapporto di cooperazione militare con la Tunisia per fronteggiare il terrorismo, pur essendo necessarie delle misure di prevenzione. Il tema è la costruzione di una cooperazione sul piano sociale e culturale, perché il terrorismo si sconfigge prima di tutto su quel piano. Se noi avessimo investito meno in armi e più in cultura, scuole e ospedali, probabilmente oggi avremmo un quadro diverso in tutto il Medio Oriente, in tutto il Nord Africa e nel bacino mediterraneo.
  Poi c’è il tema dell'immigrazione. Questo è un tema particolarmente rilevante. Io credo che vadano riviste le strategie messe in campo dall'Italia e dall'Europa sull'immigrazione, perché riguardano una modalità di affrontare quel problema assolutamente arcaica, ossia solo dal punto di vista emergenziale.
  Veniva qui ricordato che l'immigrazione è e sarà sempre di più un fenomeno strutturale, che non si può pensare in alcun modo di arrestare, a maggior ragione quando con gli accordi di partenariato si liberalizzano gli spostamenti delle merci, mentre si cerca di arginare quelli degli esseri umani.
  Io esprimo una preoccupazione, come Commissione, come Comitato. Nell'indagine conoscitiva avremo modo anche di affrontare il tema del Processo di Khartoum, un quadro di accordi ancora in via di definizione, su cui ci sono dei risvolti molto opachi. Ancora non è dato sapere, infatti, quali sono gli elementi reali di tali accordi.
  La Tunisia è un Paese che viene individuato, tra i Paesi partner del Processo di Khartoum, come possibile destinatario – questo veniva qui ricordato – di questa forma di esternalizzazione dell'asilo, ossia della nascita di campi profughi e di luoghi di accoglienza dall'altra sponda del Mediterraneo.
  Io penso che questo modello rischi di aggravare ancora di più la condizione non solo di quei Paesi, ma complessivamente, sia sotto il profilo del rispetto dei diritti umani, sia sotto il profilo della gestione del fenomeno migratorio, rispetto allo stato attuale. Abbiamo già avuto esperienze di questo tipo.
  Gli accordi che sono stati presi, anche informali, sia con la Tunisia, sia soprattutto con la Libia negli anni passati hanno dimostrato tutta la loro inefficacia. Io penso che la grande opportunità che oggi si pone davanti a noi sia quella, soprattutto dopo l'attentato del Bardo, di rivedere le politiche di relazione tra l'Europa, l'Italia e la Tunisia, in primo luogo, e poi il mondo arabo e il Nord Africa in particolare.
  Noi dobbiamo rimettere in discussione gli accordi di partenariato e mettere in campo una forma di «Piano Marshall» per la Tunisia, e per la democrazia tunisina come prima forma di costruzione di Pag. 14un nuovo modello di Mediterraneo e anche per il Medio Oriente, perché è chiaro che l'esperienza tunisina parla a tutto il mondo arabo.
  Da questo punto di vista posso dire che questa Commissione ha già, in più occasioni, costruito momenti di attenzione rispetto a questo processo. Continueremo questo lavoro di relazione, sia cercando di attivare tutti gli strumenti della diplomazia parlamentare che sono in nostro possesso, a partire dall'Unione interparlamentare che va rafforzata e messa in opera, sia attraverso la proposta, che noi oggi registriamo e accogliamo, di costruire una conferenza parlamentare Italia-Europa-Tunisia.
  Questo per provare a mettere nell'agenda della discussione politica nei nostri Paesi le misure per uscire da una situazione che, come veniva qui ricordato, è una situazione positiva, se si considera il punto di partenza, ma su cui non bisogna assolutamente abbassare l'attenzione e il livello di guardia. La giovane democrazia tunisina, proprio perché può rappresentare una speranza per il futuro, deve essere protetta in tutti i modi e rafforzata con tutti gli strumenti a nostra disposizione.
  Ringrazio tutti i colleghi che hanno preso parte all'audizione. Noi dobbiamo tornare in Aula.
  Nel salutare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.