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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 19 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vito Elio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI D'ARMA DESTINATI ALLA DIFESA IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI DICEMBRE 2013

Audizione di esponenti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la sicurezza (AIAD), in rappresentanza di Confindustria.
Vito Elio , Presidente ... 3 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio (AIAD) ... 3 
Vito Elio , Presidente ... 5 
Cicu Salvatore (PdL)  ... 5 
Rossi Domenico (SCpI)  ... 6 
Vito Elio , Presidente ... 7 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 7 
Vito Elio , Presidente ... 8 
D'Arienzo Vincenzo (PD)  ... 8 
Duranti Donatella (SEL)  ... 9 
Vito Elio , Presidente ... 10 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 10 
Villecco Calipari Rosa Maria (PD)  ... 11 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Cicu Salvatore (PdL)  ... 12 
Vito Elio , Presidente ... 12 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 12 
Villecco Calipari Rosa Maria (PD)  ... 13 
Vito Elio , Presidente ... 13 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 13 
Vito Elio , Presidente ... 13 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 13 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 15 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 15 
Villecco Calipari Rosa Maria (PD)  ... 15 
Festucci Carlo , Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) ... 15 
Vito Elio , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ELIO VITO

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati e la diretta televisiva sulla web-tv del sito internet della Camera dei deputati.

Audizione di esponenti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la sicurezza (AIAD), in rappresentanza di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di esponenti della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la sicurezza (AIAD), in rappresentanza di Confindustria, nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa, in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013.
  Ringrazio il dottor Carlo Festucci, Segretario generale dell'AIAD, per la disponibilità che ha dimostrato a prendere parte all'audizione, malgrado la modifica dell'orario che, come sapete, si è resa necessaria in ragione dell'andamento dei lavori dell'Assemblea, essendo stato stabilito che le votazioni stamattina riprenderanno alle ore 11.
  Saluto e do il benvenuto anche alla dottoressa Maria Teresa Gatto, responsabile dei rapporti istituzionali dell'AIAD.
  Segnalo ai colleghi che, come di consueto, procederemo dando prima la parola al dottor Festucci, che potrà svolgere un breve intervento introduttivo. Successivamente raccoglieremo le domande da parte dei colleghi, alle quali potrà replicare il dottor Festucci. Se sarà necessario, svolgeremo anche un secondo ciclo di interventi, compatibilmente con i tempi a nostra disposizione. Confido comunque che i tempi siano sufficienti.
  Do quindi la parola al dottor Festucci, che ringrazio ancora per la gentile disponibilità che ha mostrato nei confronti della nostra Commissione e dei suoi lavori.

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio (AIAD). Sono io che vi ringrazio per questo invito, per noi importante.
  Mi pare che il tema dell'audizione verta sul Consiglio europeo di dicembre, sul quale abbiamo fatto già alcune riunioni proprio per dare un nostro contributo – se si può chiamare così – al Governo, che in quella sede dovrà rappresentare il Paese, e ovviamente anche l'industria, ragionando assieme al Ministero della difesa e alla Presidenza del Consiglio.
  Sia il Ministero della difesa sia la Presidenza del Consiglio hanno avuto la sensibilità di convocarci per riflettere su questo tema, per cui quanto vi sto per dire è un ragionamento che abbiamo già esposto in quelle sedi. Considero estremamente positivo il fatto che non ci si muova come singoli attori, ma come un sistema molto complesso, che è quello della difesa e dell'industria italiane.
  Noi abbiamo ragionato sulla politica e sull'industria. Il concetto politico che ne è emerso è che, affinché a livello europeo si definisca, insieme ad altri Paesi, la possibilità di partecipare a programmi che Pag. 4possano favorire l'evoluzione delle tecnologie italiane e europee e si metta insieme un sistema dell'industria della difesa coeso e non configgente come quello attuale, è necessario che ci siano alcuni elementi molto precisi.
  Il primo assunto è che, se si ritiene che la difesa, e in particolare la sicurezza, siano degli elementi assolutamente prioritari, non possiamo immaginare di mantenere i bilanci della difesa sotto il vincolo di Maastricht, o comunque sotto i vincoli di bilancio. Infatti, nel nostro settore gli interventi non possono essere né fatti a spot, né limitati a delle cifre esposte sotto il bilancio della difesa italiano. Questo non è possibile.
  Molti di voi sanno meglio di me che se non si esce da questo vincolo di bilancio così stretto, probabilmente sarà difficile avere dei programmi che abbiano come caratteristica fondamentale un tempo certo di programmazione, e quindi la pianificazione necessaria, dato che i nostri programmi e i nostri prodotti sono sviluppati su tempi molto lunghi.
  La certezza che i finanziamenti non manchino, soprattutto sui programmi internazionali, è necessaria. Questo è il concetto prioritario. Premetto che sto facendo una sintesi, perché dalle parole del presidente ho intuito che non possiamo stare qui tutta la mattinata. In seguito, mi piacerebbe poter rispondere alle domande che verranno poste.
  In secondo luogo, noi abbiamo individuato dei programmi che possono essere di interesse comune con altri Paesi europei. È del tutto evidente che in Europa dobbiamo stare a un tavolo principale, e non possiamo immaginare di andare da soli. Quello che a noi interesserebbe molto è poter fare un accordo, naturalmente politico (questo però sarà compito del Governo, e non sono certo io a dovere insegnare qualcosa a qualcuno), ma anche a livello industriale, che metta insieme le capacità tecnologiche e politiche di Paesi come l'Inghilterra, la Francia, la Germania e l'Italia.
  Questo è un passaggio importante, perché si comincia a ragionare sull'esercito europeo e sulla difesa europea integrata, ma, come probabilmente immaginerete, i tempi non saranno molto rapidi. Forse questi sistemi saranno operativi quando i miei nipoti saranno un po’ più grandi. Spero che andrà diversamente, ma ragionevolmente immagino che sarà così.
  Purtroppo, o per fortuna, non si può dire lo stesso dell'industria, perché le aggregazioni industriali hanno delle tempistiche e delle dinamiche che, essendo dettate dal mercato, sono molto più realistiche. Il rischio, se non troviamo questa dimensione europea, fortemente suffragata dalla politica, è quello di precipitare un'altra volta in situazioni che abbiamo già visto.
  Segnalo che per fortuna la BAE Systems, la EADS e la Francia non sono riuscite a fare un solo grande aggregato. Se l'avessero fatto, questo avrebbe significato grandi problemi per l'industria del nostro Paese. Certamente la nostra industria avrebbe potuto trovare altre soluzioni, però il tentativo di dimensionare l'industria europea sulla base delle esigenze di quei tre Paesi è molto forte.
  Noi dobbiamo fare in modo che a livello politico le decisioni che prenderà il Consiglio europeo della difesa di dicembre non privilegino le esigenze di questi tre Paesi, bensì quelle di tutti i Paesi, o almeno di quelli della LOI-FA (Letter of Intent-Framework Agreement).
  Il Ministro Mauro ha fatto un'operazione, a mio avviso, molto intelligente, cominciando ad aggregare. Esiste una lettera comune con Spagna e Portogallo per andare con una posizione comune a livello europeo. Questo è molto importante, però è altrettanto importante che quest'aggregazione diventi più forte, per potersi unire agli altri grandi Paesi che in Europa stanno giocando una partita molto significativa.
  Sulla base di questi elementi, abbiamo identificato dei possibili programmi di cooperazione. Ne cito qualcuno, ma solo a titolo esemplificativo. Uno dei programmi riguarda il controllo del territorio, che comprende il controllo delle coste, il controllo satellitare, il controllo delle frontiere, Pag. 5la sicurezza dei porti e via dicendo. Questo naturalmente significherebbe implementare tutta una serie di industrie che vanno dal navale al terrestre e a quella spaziale.
  Si potrebbe inoltre ragionare sul soldato futuro. In Europa, come ben sapete, esistono molti «soldati futuri», che non sono compatibili l'uno con l'altro. Se si cominciasse a capire l'esigenza di farne uno solo, per efficientare i costi e anche il sistema, probabilmente faremmo una buona operazione.
  Potremmo parlare degli armamenti terrestri, che sono un interesse di tutti i Paesi, o ancora degli UAV o degli UCAV, che per comodità definirò come una sorta di UAV da combattimento. Questo è ciò che l'industria vorrebbe succedesse a livello europeo nel Consiglio europeo di dicembre. Se il nostro Governo riuscisse a posizionare l'Italia in questo contesto, secondo me avremmo fatto un ottimo lavoro.
  Le ricadute sull'industria sono del tutto evidenti. Con una posizione così, anche la nostra industria si rafforzerebbe. La nostra è un'industria forte da un punto tecnologico, ma se si scontra con le velleità di tre Paesi grandi come Francia, Spagna e Inghilterra, è del tutto evidente che rischieremo di essere più marginali.
  Da soli non riusciremo a fare nulla, così come non farebbero nulla gli altri Paesi, compresi i tre grandi che ho appena citato. Quei tre grandi Paesi hanno alle loro spalle, con grande forza, il loro governo. Noi possiamo dire la stessa cosa.
  Adesso il problema è trovare una politica della difesa europea che costringa tutti a stare insieme. Uso il termine «costringa» perché io vengo dall'esperienza di un paio di anni fa, quando ci fu l'accordo tra Francia e Germania, ad excludendum degli altri Paesi. L'Agenzia europea della difesa (EDA) è presieduta da madame Arnould, una francese con grande capacità ed esperienza. Io andai al Parlamento europeo per spiegare perché fosse inopportuno un accordo a due, immaginando che un'Agenzia europea della difesa dovesse lavorare affinché ci fossero più risorse e più Paesi presenti all'interno di questi programmi. Madame Arnould, davanti a una platea di militari appartenenti alle forze armate di tutta Europa, rispose che, piuttosto che niente, era meglio avere due Paesi che si mettevano d'accordo.
  Secondo me quella è una strada sbagliata. Se si mettono d'accordo solo due Paesi, questo vuol dire che tutti gli altri sono fuori. Noi dobbiamo lavorare perché tutti siano dentro.
  Queste sono le nostre riflessioni a grandi linee. Naturalmente sono disponibile a rispondere a qualunque domanda. Spero di non essere stato elusivo.

  PRESIDENTE. Non lo è stato assolutamente, anzi La ringraziamo per le cose che ci ha illustrato.
  Do ora la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SALVATORE CICU. Ringrazio il dottor Festucci per averci fornito una rappresentazione completa ed efficace, che ha riguardato l'individuazione di un'impostazione politica di cooperazione, in vista dell'appuntamento più significativo e importante per l'Europa, cioè quello di dicembre. Ci ha inoltre dato consigli su come si potrebbe lavorare per rafforzare quel concetto di politica di sicurezza e di difesa europea, soprattutto attraverso la cooperazione nel settore dell'industria.
  Io credo però, Dottor Festucci, che ci siano delle criticità ancora forti nel nostro sistema Paese, per quanto riguarda, ad esempio, la divisione che esiste, con riferimento al settore dell'industria, tra le attività produttive, lo sviluppo economico e la difesa. Io sono sempre stato convinto – ma chiedo conferma a Lei, secondo la Sua esperienza – dell'appropriatezza del modello francese, che accorpa all'interno di un dipartimento unico la gestione, la visione e l'individuazione della politica industriale.
  Noi ci troviamo davanti a un'incongruenza: i nostri militari, rappresentanti autorevoli e credibili all'estero, molto spesso devono fare i promotori di una Pag. 6politica industriale e degli strumenti militari, ma non hanno né il titolo né il ruolo per definire contrattualmente questi aspetti. C’è una discrasia che, secondo me, deve essere regolamentata in modo che si possa avere anche in questo Paese una visione complessiva.
  In questa Commissione, sia nell'ambito di questa indagine conoscitiva, sia come Parlamento, vogliamo e abbiamo la necessità di capire più approfonditamente il processo di determinazione decisionale, preliminare e preventivo. Di solito ci troviamo con programmi già confezionati, con situazioni già delineate e con decisioni assunte. Il ruolo del Parlamento dovrebbe essere anche quello di partecipare alla decisione rispetto alla visione complessiva della politica industriale del Paese.
  È evidente che condivido gli aspetti che Lei ha sottolineato. Bisogna andare verso il trasferimento di queste idee all'interno di una visione complessiva europea. È ovvio che questo non va fatto con i più deboli, ma con i più forti. Per farlo con i più forti, però, dobbiamo essere preparati a rimuovere determinate criticità, a capire effettivamente che cos’è il sistema industriale di un Paese e a riconoscere che ci sono delle mediazioni forti.
  Oggi viviamo il sentimento dal Paese contro gli F-35, che vengono visti come l'elemento che depaupera risorse necessarie per altri settori quali il mondo del lavoro e il sociale. Forse bisognerebbe capire meglio i meccanismi dietro a queste scelte: perché abbiamo acquistato gli F-35 e perché hanno un costo apparentemente così eccessivo.
  Io credo che sulla comprensione e sulla chiarezza ci giochiamo il nostro ruolo e anche il messaggio di cui il Paese ha bisogno.

  DOMENICO ROSSI. Ringrazio dell'esposizione, che secondo me è stata breve ma significativa, perché ci ha fatto capire effettivamente i problemi, che sono politici, relazionali e di forza.
  Io pongo più o meno la stessa domanda che ho già posto in un'altra audizione e che, probabilmente, avevo posto male. Cercherò quindi di essere più esplicito. Io ho una grande paura, che mi auguro qualcuno, prima o poi, riesca a togliermi. Io temo che i rapporti di forza all'interno di una difesa comune europea siano determinati dalle risorse che ogni Stato assegna alla difesa. Io credo che in un ipotetico tavolino comune si parlerà in termini paritari, solamente se tutti quanti metteranno nel piatto più o meno la stessa fiche.
  Tenuto conto che il bilancio della difesa italiano, come enunciato da Lei, è stato oggetto di vari tagli, e del fatto che nel Paese, come dimostrano le paure espresse dall'onorevole Cicu, non si sono ancora sviluppate una percezione della minaccia e un'esigenza di sicurezza elevate, io temo che mentre i nostri bilanci rimarranno più o meno al livello attuale, gli altri saranno più elevati. Questo significa che quando ci metteremo a un tavolo per delineare la struttura di comando e di controllo della futura difesa europea, si determineranno delle situazioni in cui quei Paesi che Lei ha enunciato presumibilmente avranno leve di comando e controllo per decisioni che investiranno anche la parte relativa ai rapporti con l'industria.
  Tenuto conto che non si vive di favole, ma di realtà, se questo accadrà, la difesa comune europea rischierà di rimanere un grandissimo auspicio. Probabilmente ci sarà chi imporrà determinate decisioni, e si rischierà di penalizzare l'industria dei Paesi che hanno messo la «fiche» minore in quel piatto. Questa è la mia paura. Mi auguro che sia infondata. Vorrei sentire un Suo commento su questo timore.
  Ritengo che le politiche sui rapporti industriali verranno decise, per forza di cose, da chi avrà le leve di comando e controllo nella struttura di difesa europea. Oggi come oggi presumibilmente i rapporti fra le industrie dei vari Paesi sono più avanti rispetto alla realizzazione di una difesa europea.
  A mio avviso, l'industria potrebbe forse incidere lanciando messaggi positivi. Tenuto conto che ormai tutte le forze armate dei vari Paesi sono oggetto di riduzioni, cerchiamo, non solo nella ricerca e sviluppo Pag. 7di quello che ci serve, ma anche nelle riduzioni di quello che abbiamo, di tenere una politica omogenea, in modo che un domani non dovremo accorgerci che all'interno di una difesa europea abbiamo delle armi ridondanti e altre che mancano. A seconda di come è pilotato, questo potrebbe anche favorire determinati Paesi rispetto ad altri. Grazie.

  PRESIDENTE. Se Lei è d'accordo, preferirei che rispondesse a queste prime due domande, che sono molto ampie, prima di accogliere le altre.
  Do la parola al segretario Festucci per la replica.

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Rispondo prima all'onorevole Cicu.
  Da molti anni si dice che sia necessario un elemento di coordinamento. Io ricordo – e forse l'onorevole Rossi lo ricorda meglio di me – che addirittura si parlava, come succede in altri Paesi, di un direttore nazionale degli armamenti civile, che avrebbe reso quest'elemento di coordinamento più praticabile, mettendo a uno stesso tavolo competenze militari e civili.
  Naturalmente, però, questo presupponeva la creazione di una struttura che è diversa da quella che esiste oggi. Con tutto il bene che si può dire di SEGREDIFESA, che è una struttura straordinaria che lavora con noi (e sarebbero guai se non esistesse), io segnalo che in Inghilterra c'era la DE&S e adesso c’è una nuova struttura che prevede che ci siano 470 persone in giro per il mondo che fanno marketing per le industrie inglesi. In Francia la DGA ha una potenza straordinaria e i primi ministri si muovono a sostegno dell'industria come se fosse la cosa più normale del mondo.
  Noi in Italia scontiamo il fatto che c’è molta demagogia sulla nostra difesa, e in particolare sulla nostra industria. Io devo dire che non mi appassiona più di tanto parlare degli F-35. Si tratta di una discussione molto demagogica, che non ha senso. Se si entra nel merito, si può facilmente dimostrare che è una delle cose più normali del mondo; che si tratta di 90 aerei che ne sostituiscono 250 circa; che sono soldi che saranno spesi tra 5 o 7 anni, e quindi non sono disponibili adesso; e che se ci tenessimo gli aerei che ci sono adesso in forza ci costerebbero più in termini di manutenzione e di inefficacia del sistema.
  Quando vedo che i pacifisti fanno le conferenze stampa dalla sala stampa della Camera dei deputati contro la difesa e contro l'industria della difesa, io rimango un po’ basito, perché trovo che sia legittimo per tutti che questa cosa si faccia. Bisogna avere percezione di cosa si tratta. Si può essere d'accordo o in disaccordo, ma sulla base di informazioni corrette.
  È perfino troppo facile dire che auspicherei una più profonda cooperazione, ma in parte, onorevole Cicu, questa cooperazione c’è. È stato firmato un accordo di collaborazione tra il Ministero della difesa e il Ministero dello sviluppo economico e quest'ultimo ha messo a disposizione delle risorse, in particolare non per comprare sistemi d'arma, ma per la ricerca e per tutta la parte duale. Certamente c’è ancora molto da fare.
  Questo rientra nella risposta che posso dare all'onorevole Rossi. Io non vorrei parlare di politica, perché sono venuto a parlare di industria, ma spesso queste cose nel nostro settore si intrecciano. Noi parliamo di un'Europa che non esiste. Quando parliamo della difesa europea, sappiamo che stiamo parlando di un qualcosa che viene messo in mora prima di tutto dai grandi Paesi.
  Ho partecipato a una discussione con importanti membri (io ero il meno importante in quel contesto), dove si discuteva del fatto che nel momento in cui noi decidiamo di creare la difesa europea, ogni Paese mette a rischio la propria sovranità.
  Quello che voglio dire è che se noi decidessimo di andare a quel tavolo a discutere, in realtà non metteremmo a rischio la nostra sovranità, ma negozieremmo una sovranità diversa, che ci potrebbe consentire di avere un'interlocuzione più forte con gli altri Paesi.Pag. 8
  Per me sarebbe facile dire che ci servono più soldi, però sono una persona realista e faccio i conti con quello che ho. È inutile che mi illuda di poter avere tante risorse, se le risorse non ci sono. Quando si va a quei tavoli, bisogna sapere che i soldi che abbiamo sono quelli e che bisogna utilizzarli bene.
  Noi abbiamo delle aziende ad altissima tecnologia, invidiate nel mondo. Questo va detto perché non vorrei che si avesse la sensazione che abbiamo delle aziende minori. Siamo aziende ad altissima tecnologia, e vendiamo in tutto il mondo. Nonostante tutto, riusciamo ad avere un export che fa sì che nella bilancia commerciale della difesa per ogni euro investito se ne produca uno e mezzo. Siamo un settore che produce reddito. Questo va detto, altrimenti sembra che siamo un settore assistito. Non è così.
  Il problema però è che quando si va a quei tavoli, e i soldi non ci sono, bisogna compensare questo con la politica. Posso immaginare che, per fare un'Europa unita, Francia Germania e Inghilterra hanno bisogno anche dell'Italia, e che la politica italiana sia seduta con pari dignità a quel tavolo anziché essere considerata figlia di un dio minore ? È possibile immaginare che la politica della difesa e la politica estera, che sono due dei pilastri su cui si reggono i rapporti internazionali, pesino politicamente nel rapporto con gli altri Stati ?
  Se la mettiamo solo sul piano dei soldi, perderemo sempre, perché non ne abbiano. Stiamo discutendo sull'aumentare o meno l'IVA, figuriamoci se andassimo in giro a dire che aumentiamo le spese per la difesa. Vi lascio immaginare cosa succederebbe. Lo posso anche capire.
  Tuttavia noi dobbiamo sapere che, anche per quanto riguarda i rapporti tecnologici, i rapporti industriali, e i rapporti politici che vedono le nostre Forze armate impegnate all'estero, il nostro è un Paese che ha grande forza. Bisogna avere la capacità di far pesare questa forza. Ecco perché io dico che è importante aver siglato un accordo con gli spagnoli e i portoghesi. Magari tutti e tre assieme pesiamo ancora di più. Bisogna vederla in quest'ottica.
  Se la vediamo soltanto nell'ottica di andare lì a difendere quel po’ che abbiamo, io ho la sensazione che rischiamo di fare un autogol clamoroso, senza avere come ritorno quella giusta considerazione che invece meritiamo. La meritiamo da un punto di vista tecnologico e da un punto di vista industriale, nonché per le nostre Forze armate che stanno agendo nei teatri di crisi.
  L'altra cosa che noi dovremmo fare a livello internazionale – ma questo non dipende certamente solo dall'industria – è evitare di avere armi diverse che non sono complementari e decidere finalmente dei requisiti comuni delle forze armate europee. Questo ci consentirebbe di non avere overlapping su alcuni sistemi d'arma e carenze su altri.
  Questa mi pare una delle possibili risposte. Spero di essere stato esaustivo.

  PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che il programma della nostra indagine conoscitiva è molto ampio e prevede anche l'audizione di rappresentanti di organizzazioni non governative.

  VINCENZO D'ARIENZO. Mi associo anch'io, dottor Festucci, ai ringraziamenti per la Sua esposizione e per i Suoi approfondimenti. Mi permetto di dire che condivido buona parte delle cose che ha detto, in particolare sulla volontà dell'industria italiana di creare sinergie e collaborazioni. Credo che questo aiuti anche la costituzione dell'Unione europea politica, che ancora non esiste e affinché l'Unione europea possa essere quel partner forte degli Stati Uniti nel garantire la pace nel nuovo ordine mondiale.
  Penso che il Consiglio europeo di dicembre sia un'occasione storica da questo punto di vista. In quest'ambito, ho presente, come tutti, gli interessi dell'industria nazionale, che costituisce un'eccellenza unica e che si svilupperebbe meglio se ci fosse quel percorso di coesione e di collaborazione al quale Lei ha fatto riferimento.Pag. 9
  Mi permetto di dire che contemporaneamente tutelo anche gli interessi di tanti italiani, che sono comunque rappresentati in Parlamento. Sebbene io non mi ascriva a quella componente che Lei ha definito «pacifista», io ritengo che il Parlamento sia la sala civica del nostro Paese e che, quindi, chiunque possa esprimervi la propria opinione. Si può condividerla o meno, ma è bene che ognuno la esprima.
  Arrivo alla domanda. Avverto e segnalo alla Commissione l'esigenza di circoscrivere l'obiettivo. Le audizioni che stiamo facendo, per la verità, sono tutte molto interessanti; ci stanno dando un quadro e ci stanno anche facendo capire qual è la propensione dei singoli comparti che finora sono venuti qui ad esporre il sistema che si ritiene più adeguato.
  Faccio, quindi, alcune considerazioni, non critiche ma oggettive. Come Lei, anche altri che sono venuti qui ci hanno detto che, in effetti, non c’è una vera politica comune della difesa. Speriamo che il Consiglio europeo di dicembre ci aiuti su questo.
  Inoltre, vi è una riduzione costante delle strutture militari in Italia e anche in altri Paesi. Il quadro internazionale è instabile. Ripeto quanto ho detto prima: ritengo che l'Europa debba essere un partner forte degli Stati Uniti per la pace nel mondo. A questo punto ho una domanda: questa forza di cui l'Unione europea disporrà (i nostri F-35, altri aerei in altri Paesi, carri armati eccetera) è rapportata a questo quadro, cioè all'assenza di una politica europea, alla riduzione degli strutture militari e all'instabilità nel mondo ? Stiamo parlando di uno strumento, di difesa o di attacco, adeguato a questo quadro o ne stiamo producendo uno, per vari interessi (ovviamente legittimi), soverchiante ? Non a caso non uso il termine «insufficiente».

  DONATELLA DURANTI. Anch'io ringrazio il dottor Festucci per la disponibilità e per la relazione che ci ha illustrato. Devo però dire che sono davvero sconcertata da alcune affermazioni da Lei fatte.
  Siccome sono iscritta all'Intergruppo dei «parlamentari per la pace», sono sconcertata dalle Sue affermazioni. Io credo che definire «demagogica» la battaglia contro gli F-35 non sia assolutamente corretto. Credo che questo giudizio non tenga conto dell'opinione pubblica del nostro Paese, di quello che sta accadendo nel nostro Paese e, soprattutto, del fatto che in questo Parlamento ci sono decine di parlamentari che stanno facendo una battaglia in merito.
  Vorrei rassicurarLa che i pacifisti che sono presenti in questo Parlamento non fanno le conferenze stampa contro la difesa. Lei ha detto che i pacifisti utilizzano la sala stampa del Parlamento per parlare contro la difesa. Le posso garantire che noi abbiamo a cuore quanto Lei (anzi credo molto di più) il tema della difesa del nostro Paese. Abbiamo a cuore il tema di una politica della difesa europea, ma partiamo da punti di vista diversi.
  Io sono una parlamentare del gruppo di Sinistra, Ecologia e Libertà, componente della Commissione difesa, e penso che il tema della difesa non si possa affrontare esclusivamente dal punto di vista dell'industria della difesa. Si tratta di un tema profondamente politico. Noi chiederemo al nostro Governo di parlare, al Consiglio europeo di dicembre, di che cos’è la difesa in questo momento in cui, come dicono tanti colleghi più bravi di me, c’è uno scenario internazionale mutato.
  Noi pensiamo, per esempio, che la politica di difesa europea debba affrontare lo scenario internazionale mutato con strumenti complessivi e, soprattutto, con strumenti della politica e non solo, appunto, con strumenti relativi agli armamenti.
  Mi dispiace molto aver sentito queste affermazioni. Io spero che ciò non si ripeta, anche per rispetto al lavoro che quei parlamentari che rappresentano una parte del popolo italiano fanno in questo Parlamento. Noi, insieme ai colleghi e alle colleghe del PD abbiamo fortemente voluto l'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo. Pag. 10La Commissione all'unanimità ha deciso di farla. Ovviamente è per questo che Lei è qui.
  Io non ho domande particolari da farLe. Avrei voluto che Lei entrasse un po’ più nel merito. Ci ha detto semplicemente che la nostra è un'industria della difesa eccellente, ma avrei voluto che ci facesse capire anche quali sono i numeri e quali sono i programmi sui quali state lavorando. Per esempio, non mi risulta che il programma di acquisizione degli F-35, dentro questa retorica della politica di difesa europea e della cooperazione dell'industria di difesa europea, vada in questo senso.
  Avrei voluto capire un po’ meglio dove sta andando questa nostra industria della difesa e che cosa chiede esattamente al Parlamento, oltre a maggiori investimenti sui sistemi d'arma. Vorrei inoltre capire meglio che cosa significa che abbiamo un'industria della difesa eccellente. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al dottor Festucci, do atto a tutti i colleghi della Commissione, naturalmente nel rispetto delle opinioni e del contrasto che ci deve essere, che in questa legislatura abbiamo sempre operato con spirito fattivo di collaborazione e di partecipazione, naturalmente tenendo alto l'interesse del Paese e, nel nostro piccolo, del settore del quale ci occupiamo, che è appunto quello della difesa.
  Do la parola al dottor Festucci per la replica.

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Vorrei subito chiarire che forse mi sono espresso male. Non intendevo dire che c’è un'illegittimità da questo punto di vista. Ci mancherebbe altro. Tanto per cominciare, onorevole Duranti, ho qui tutti i numeri che vuole, però mi sono attenuto all'oggetto dell'audizione. Mi è stato chiesto di parlare del Consiglio europeo e di questo ho parlato. Sono a Sua disposizione per entrare nel merito su qualsiasi numero o programma. Se vuole, ho i numeri anche in dettaglio. Non è questo il problema.
  Vorrei chiarire subito che sono «iscritto» ai pacifisti. Questo Paese non è diviso tra pacifisti e guerrafondai. Non pensi che l'industria della difesa sia un'industria guerrafondaia. Le cito solo questo piccolo particolare: ogni volta che in un Paese c’è una guerra, l'industria della difesa non può esportare in tale Paese. Quindi per noi, da un punto di vista commerciale, è un problema quando ci sono le guerre. Glielo dico brutalmente.
  Le dico di più: se noi invece di comprare gli F-35 avessimo fatto l’upgrading dell’EFA, forse per l'industria ci sarebbero stati molti più soldi. Io non sto ragionando da un punto di vista meramente industriale. Non creda che io sia ingenuo: so bene che ci sono opinioni diverse. Leggo i giornali e partecipo al dibattito. Tra l'altro, vado ai convegni dei pacifisti. Mi invitano e io vado volentieri a spiegare. Io credo che sugli F-35 ci sia una posizione demagogica. È una mia opinione. Come Lei giustamente rivendica le Sue, io rivendico la mia. Non c’è niente di male.
  Dico che è una posizione demagogica perché secondo me bisognerebbe entrare nel merito. Visto che mi è stata posta la domanda, se il presidente me lo consente, rispondo. Non vorrei andare fuori tema. Sugli F-35 bisognerebbe sapere che l'Olanda ieri ne ha comprati 38. Abbiamo fatto degli investimenti ed è la nostra difesa che ha scelto quella strada. Non è l'industria che ha deciso di comprare gli F-35.
  Peraltro – per rispondere alla domanda dell'onorevole D'Arienzo – io, come industria, non posso dire se il sistema d'arma che impieghiamo è ridondante o meno. Sono scelte di carattere politico e io credo che sia giusto che il Parlamento ne discuta, e anzi abbia una priorità. Non potete chiedere all'industria di decidere quali sono le politiche estere o della difesa.
  Se vuole la mia opinione, penso che il sistema che la nostra difesa ha scelto, dagli F-35 alle FREMM, sia consono alle esigenze di politica della difesa e di politica Pag. 11estera che il nostro Governo, il nostro Ministero della difesa e il nostro Ministero degli esteri hanno in mente.
  Per tornare agli F-35, (si può condividere o meno) naturalmente nel momento in cui il Governo decide di acquisirli, si deve sapere a cosa servono e come incidono sul sistema: 91 F-35 sostituiscono 246 vecchi aerei. Mantenere 246 mezzi aerei inefficienti, a cui va fatta manutenzione in continuazione, non porta a un risparmio, ma significa mettere l'Aeronautica in condizione di non essere operativa al meglio.
  I soldi per gli F-35 non verranno dati immediatamente, ma saranno disponibili nel tempo, come probabilmente ben sapete. Sono soldi che non possono essere presi e messi oggi sul campo, ancorché qualcuno decidesse di farlo. Per cui sulla questione degli F-35 io mi sento di dire con coscienza, e sapendo di essere una persona che affronta queste cose tutt'altro che con superficialità, che si è trattato di una discussione demagogica, come molte delle discussioni che io ho fatto con i pacifisti.
  Le racconto solo quest'aneddoto. Andai ad un convegno di pacifisti con Archivio disarmo e altre organizzazioni, dove mi dissero che la Fincantieri non doveva fare le FREMM, ma solo i traghetti di trasporto civile. Io allora chiesi che cos'avrebbe fatto la Marina militare. Qualcuno mi rispose che la Marina avrebbe comprato dai francesi. Ci salviamo l'anima comprando da un altro Paese o il problema è il lavoro che si dà in Italia ?
  Se non servono le Forze armate, chiediamone l'abolizione. Perché le Forze armate non dovrebbero avere gli aerei o le navi ? Ecco perché dico che spesso le discussioni sono demagogiche. Detto questo, rivendico il diritto di tutti (dei cittadini, prima ancora che degli altri) di essere d'accordo o meno sugli F-35, sulle FREMM, o su quello che dico io. Ci mancherebbe altro. Però, non mi si può dire che sugli F-35 c’è sempre stata un'informazione corretta. Non parlo della Commissione difesa, dove naturalmente è facile che sia corretta, ma nel dibattito che sento in giro trovo che l'informazione sugli F-35 sia sempre molto carente.

  ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Mi scusi, presidente, vorrei fare un intervento sull'ordine dei lavori. Io sono arrivata in ritardo e, quindi, mi scuso anche con gli auditi, ma avevo capito che questa era l'audizione dell'AIAD sulla politica industriale. Mi sembra che il discorso che stiamo svolgendo – non so da cosa sia nato, ma mi riferisco alle repliche che ho sentito – sia assolutamente fuori dalla nostra indagine conoscitiva.
  Le audizioni sono state deliberate al fine di poter fornire un documento conclusivo in vista del Consiglio europeo. Gli auditi sono invitati affinché i parlamentari possano approfondire la politica industriale del Paese, nell'ambito dell'indagine sui sistemi d'arma.
  Le considerazioni o opinioni personali non sono oggetto d'indagine conoscitiva. Gradirei che il presidente chiarisse meglio nella trasmissione degli inviti l'interesse della Commissione. Le opinioni ce le scambiamo fuori dal Parlamento.

  PRESIDENTE. Grazie. Naturalmente a tutti i soggetti che manifestano la loro disponibilità ad aderire all'invito della Commissione inviamo il programma dell'audizione, dove specifichiamo l'oggetto delle domande che la Commissione farà.
  Lei purtroppo non ha partecipato all'audizione che si è svolta venerdì scorso. Ai nostri due alti diplomatici sono state poste domande che erano veramente ai limiti non solo dell'oggetto delle audizioni, ma anche delle loro stesse competenze. Per esempio, è stata posta una domanda sulla questione dei marò, che chiaramente non è oggetto della nostra indagine conoscitiva. Io ho chiesto comunque al nostro Rappresentante presso la NATO la cortesia e la disponibilità di fornire degli elementi. Il confine è il programma che noi inviamo, che è quello deliberato dalla Commissione. Naturalmente l'oggetto dell'indagine conoscitiva è stato indicato nel programma e l'audizione verte su di esso.Pag. 12
  Inviterei, comunque, tutti i colleghi e i soggetti che sono auditi ad attenersi a questo.

  SALVATORE CICU. Presidente, io dissento dalla collega Villecco Calipari che, innanzitutto, non c'era quando il dottor Festucci ha fatto una disamina di politica industriale e di politica di cooperazione rispetto al sistema Paese e al sistema europeo.
  È chiaro che se noi intendiamo che le opinioni personali sono quelle che discendono dalle esperienze di settore e di sistema, su questo non mi trovo d'accordo. In questa Commissione dai vari auditi abbiamo sempre sentito esprimere il loro parere sulla base delle esperienze professionali, di ruolo e di sistema che vivono. È evidente che quello che io ho ascoltato si riconduce a questo.
  Io ho sentito altre relazioni su cui non ero assolutamente d'accordo. Per esempio una settimana fa ho sentito una relazione contraria alla politica degli Stati Uniti. Ebbene, si trattava di un'opinione personale. Io non mi sono permesso di dire che quella era un'opinione personale. Non vorrei che dovessimo comprimere anche una riflessione che io ritengo nasca da esperienze e competenze qualificate e importanti.

  PRESIDENTE. Inviterei i colleghi a riprendere l'oggetto dell'audizione. Per me è sufficiente che il programma deliberato e il calendario delle audizioni che stiamo svolgendo, come tutti possono testimoniare, comprendano una varietà di opinioni, perché questo è utile per la Commissione. Ho già ricordato come dopo avere ascoltato i rappresentanti del settore produttivo, avremo una seduta dedicata proprio ai rappresentanti delle organizzazioni non governative.
  Immagino che anche in quel caso naturalmente ci sarà il libero confronto fra i colleghi della Commissione e i soggetti che ci danno la loro disponibilità ad essere auditi.

  GIAN PIERO SCANU. Grazie, presidente. Io vorrei approfittare di quest'occasione per porre due domande.
  In quali sedi, dottor Festucci, e con quali modalità, la Federazione che Lei rappresenta cura la presentazione delle proprie proposte ? Lei ha parlato della necessità di sensibilizzare complessivamente la politica del nostro Paese verso una politica comune di difesa a livello europeo, segnalando acutamente anche uno degli errori classici, relativo alla cosiddetta «cessione di sovranità».
  Io vorrei sapere quali sono gli ambiti istituzionali nei quali voi parlate, se ci sono. Avete delle pubblicazioni ? Avete relazioni con il Governo o con il Parlamento ? Secondo quali modalità rappresentate il vostro punto di vista a quell'ambito istituzionale che, dopo la riforma dello strumento militare, ha la piena titolarità a decidere ?
  Forse Le sfugge – e non sarebbe né il primo né l'ultimo – che è intervenuta una riforma dello strumento militare, la quale ha tolto ciò che inopinatamente per trent'anni era stato attribuito alla discrezionalità dei governi di turno. Senza voler riprendere il discorso di poco fa, dico solo che ora è in sede parlamentare che si dibattono queste cose. Quando noi dibattiamo, come abbiamo fatto ampiamente sugli F-35, non lo facciamo perché siamo storditi dalla demagogia, ma lo facciamo perché cerchiamo di fare il nostro mestiere. Voi come fate il vostro dal punto di vista delle relazioni istituzionali ?
  Vengo ora alla seconda domanda. Lei auspica – e personalmente la penso come Lei – che finalmente si approdi ad una politica europea della difesa e della sicurezza. Ovviamente questo, per definizione, comporterebbe una razionalizzazione delle modalità attraverso le quali raggiungere l'obiettivo.
  Ne discende che dalla razionalizzazione si dovrebbe andare ad una compressione dei costi. Per intenderci, le imprese che producono materiale da utilizzare nel sistema della difesa dovrebbero avere meno lavoro. Può essere vera quest'interpretazione oppure no ? Come vi state preparando Pag. 13ad un eventuale calo della domanda ? Siete interessati ad attuare progetti sul dual system, che magari finora possono essere stati trascurati ?
  A quale livello di preparazione siete rispetto a quella che dovrebbe essere auspicabilmente una nuova fase della politica industriale del nostro Paese, non soltanto nel settore della difesa ?

  ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Dottor Festucci, mi scuso ancora per non aver sentito la prima parte della Sua relazione. Le mie domande sono secche.
  Lei rappresenta, in Confindustria, il sistema di difesa italiano, che secondo me ha una grande rilevanza nella politica industriale complessiva di questo Paese, poichè ormai uno degli ultimi campioni che abbiamo è Finmeccanica. Secondo Lei, in questi anni il sistema della difesa è stato all'attenzione dei governi, oppure ritiene che negli ultimi anni – sia ben chiaro che non sto facendo un riferimento politico – non ci sia stata una vera strategia di politica industriale nel settore della difesa ?
  Vorrei inoltre sapere quali sono, secondo Lei, in questo momento le azioni che potrebbero rendere competitivo questo settore sul piano internazionale. Chiedo questo perché sappiamo benissimo che altri Paesi europei sono molto competitivi sui mercati esteri. Sappiamo anche – questo è emerso abbondantemente da indagini giudiziarie – che il sistema di competitività è stato più volte manomesso. Noi ci dobbiamo in qualche modo difendere da un meccanismo di competitività. Avete riflettuto su questo specifico tema ? Ci sono dei premi cosiddetti «incentivanti» che vengono dati ai dirigenti di altri Paesi per l'acquisto di armi ? Lo fanno gli altri ? Noi sembra che l'abbiamo fatto e pare che ci siano stati anche rivoli nazionali. Qual è l’ atteggiamento che voi di Confindustria tenete in merito ?
  Avete delle proposte di modifica dell'assetto attuale per evitare fenomeni che compromettano la competitività del nostro Paese nei confronti degli altri ?
  Ho una terza domanda, anch'essa attinente all'oggetto dell'indagine conoscitiva. Noi vogliamo capire quali possano essere i rami secchi e quelli, invece, che possano espandersi, proprio perché per noi è importante la politica industriale di questo Paese e quindi, come Parlamento, possiamo anche dare un suggerimento al Governo.
  In quali settori ritiene che siamo più competitivi ? Lei ha detto che ha una serie di dati. Se ci sono questi dati sui vari sistemi d'arma, vorrei, se possibile, che Lei li potesse lasciare o inviare alla Commissione. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al dottor Festucci, avrei anch'io una semplice domanda. Dottor Festucci, la vostra Federazione rappresenta anche le piccole e medie aziende all'interno di Confindustria ?

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Sì.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi intervenuti. Mi spiace per i cambiamenti d'orario che abbiamo dovuto registrare. Credo, tuttavia, che l'audizione abbia registrato un'ampia partecipazione di colleghi. Gli interventi e le domande che Le sono state poste testimoniano l'interesse che la Commissione ha mostrato, e della quale ero certo, nei confronti della sua audizione.
  Do ora la parola al dottor Festucci per la replica.

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Vorrei che mi aiutaste a ricordare le domande, nel caso dovessi dimenticarne qualcuna.
  Vorrei rispondere all'onorevole Villecco Calipari dicendo che io mi sono attenuto strettamente all'oggetto della convocazione. È per rispetto verso gli onorevoli che, se mi fanno una domanda, io rispondo. Se la mia risposta non è in Pag. 14armonia, su questo purtroppo non posso farci niente. Io ho espresso la mia opinione a richiesta. Non sono venuto qui a dire quello che penso io personalmente, che credo non interessi né a voi né al Paese.
  Ho detto quello che a mio avviso bisognerebbe fare. Voglio essere ancora più antipatico, se serve. Io penso che il Consiglio europeo della difesa l'abbiano fortemente richiesto Francia, Inghilterra e Germania, per far sì che le loro opinioni siano accreditate come opinioni comuni di tutta l'Europa. Se così fosse, questo sarebbe un passaggio grave. Io naturalmente non ho le prove per dimostrarlo, ma la mia sensazione politica è questa. Per questo dicevo che noi dobbiamo fortemente impegnarci, l'industria dal versante industriale, e auspicabilmente il Governo, per giungere ad una posizione comune con i grandi Paesi.
  Se dobbiamo andare ad un banchetto – nel senso buono del termine – sarebbe bene stare al tavolo degli sposi e non al tavolo degli ultimi invitati. Altrimenti rischiamo, se non da un punto di vista della politica della difesa e della politica estera – non mi permetto di dirlo – sicuramente da quello della politica industriale, di essere marginalizzati rispetto a scelte industriali fatte da altri Paesi.
  Mi ero limitato a questo ragionamento. Mi scuso se in qualche modo sono andato fuori tema, ma l'ho fatto solo per rispondere alle domande che mi venivano fatte.
  Per rispondere all'onorevole Scanu, segnalo che, a prescindere da questa audizione, ho mandato una lettera per sollecitare un incontro con tutte le Commissioni e tutti i gruppi parlamentari, per spiegare quali sono le nostre situazioni. Ho dei documenti, che se volete lascio senza nessun problema. Chiediamo appunto di poter rappresentare qual è la situazione dell'industria di questo Paese e cosa facciamo. Abbiamo incontrato molte Commissioni, molti gruppi e altri ancora ne incontreremo.
  Noi siamo la Confindustria. Come sa, la Confindustria non è al di sopra delle parti. È una struttura che risponde alle esigenze degli industriali. Ciò non vuol dire che difendiamo ciecamente alcuni interessi. Io penso che si cerchi di ragionare in assoluta buona fede, tenendo conto degli interessi generali. Io, oltre a essere un rappresentante di Confindustria, sono padre, nonno e figlio, e gli interessi della mia famiglia valgono quanto quelli di Confindustria. Immaginare di stare in un Paese che non funziona mi dispiace prima da cittadino e poi come rappresentante dell'industria.
  Questo è il nostro ambito. Noi elaboriamo dei documenti e li presentiamo, naturalmente a chi ci vuole ascoltare. Partecipiamo anche a dibattiti. Io, per esempio, ho mandato un invito per il 30 settembre a tutta la Commissione. Faremo l'Assemblea generale dell'AIAD cui parteciperanno il Ministro Mauro e il Segretario generale della difesa. Entreremo nel merito dei numeri, e spero che possiate essere presenti anche voi. Nessuno può pretendere che voi partecipate a prescindere.
  Per quello che concerne invece le questioni di carattere industriale, onorevole, è chiaro che ogni volta che si fanno delle razionalizzazioni ci sono degli overlapping, ma è molto peggio che senza di quelle non ci sia lavoro. Non mi fraintendete. Faccio una sintesi, perché il discorso sarebbe molto lungo: tra salvare un'azienda e chiuderla, è meglio salvarla. È uno slogan, ma spero che si capisca.
  Non è vero che nel momento in cui faremo accordi internazionali necessariamente ci saranno posti di lavoro in meno. Si tratta di vedere le partizioni che verranno fatte a livello industriale. Faccio un esempio banale – quello relativo al programma «soldato futuro» – così si può capire meglio. Forse l'onorevole Rossi potrà aiutarmi. In Europa ci sono otto o dodici «soldati futuri». Basterebbe che ci mettessimo d'accordo. Se noi facessimo solo le batterie, senza fare tutto il resto, probabilmente ci guadagneremmo un sacco di soldi e di posti di lavoro.
  Naturalmente in altre occasioni potrebbe accadere che in un accordo di Pag. 15aggregazione perdiamo, perché c’è una sovrastruttura, ma questo vale anche in Italia senza gli accordi europei.
  Io non voglio parlare di Finmeccanica, e vi prego di non farmi domande. Saranno loro a parlarne. Non voglio assolutamente assumermi ruoli che non mi competono. C’è una discussione in Finmeccanica sul mantenere o meno il civile. Alla fine tutto si decide in base a quanti soldi ci sono. Se i soldi ci sono, gli investimenti si fanno; se i soldi non ci sono, non si fanno e ci sono le crisi. Pensate a cosa sta facendo Riva, per non parlare solo della difesa.
  La dimensione del lavoro industriale va al di là dei semplici accordi. Sono cose molto più complesse. Noi pensiamo che una razionalizzazione fatta bene non necessariamente produca una carenza di posti di lavoro. Naturalmente potrebbe succedere, non voglio negarlo. Tuttavia, in sua assenza, il rischio è ancora più grande, ossia che non ci sia più lavoro per niente.
  Non è vero che non ci occupiamo del duale cui, anzi, siamo molto attenti.

  GIAN PIERO SCANU. Spero che voi lo implementiate.

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Guardi, credo che non esista più (forse F-35 a parte) un programma militare che non sia anche duale. Tutta la sicurezza è duale; le telecomunicazioni sono duali; la telemedicina è duale; il trasporto è duale; il controllo del territorio dal satellite è duale. È difficile vedere un programma che non sia duale. Nasce quasi tutto dalla ricerca e dai programmi militari.
  Io ho dei dati che sono molto complessi. Se voi siete d'accordo, ve li mando, altrimenti ve li leggo adesso.
  Se permettete, però, vorrei mandarveli perché devo completarli. Ad esempio, abbiamo preparato un documento che abbiamo utilizzato per andare a un incontro con le commissioni e con i gruppi parlamentari, che però va integrato alla luce degli ultimi accadimenti. Abbiamo un documento che compara gli effetti economici dell'investimento sulla difesa, dove si dimostra che per ogni euro investito ne ritorna uno e mezzo. Ve li faremo avere senza nessuna difficoltà. Sono dati che noi diffondiamo.
  Per concludere, c’è una cosa a cui tengo molto. Io non ho mai pensato che il Parlamento non dovesse discutere dello strumento militare. Conosco bene la riforma che c’è stata. Non è competenza dell'industria discutere di queste cose, ma della politica. Perché devo essere io a dire cos’è lo strumento militare ? Io faccio l'industriale. Il giorno in cui vorrete che mi candidi verrò volentieri e parlerò di politica, ma qui il mio compito è spiegare quello che fa l'industria. Se poi la politica sceglie uno strumento militare rispetto a un altro, io mi adeguo e sono rispettoso di quello che decide il mio Parlamento, perché, come dicevo, io prima di ogni cosa mi sento un cittadino italiano, e sono orgoglioso di esserlo.
  Giro il mondo in continuazione. Ieri ero a Madrid, la settimana scorsa a Londra, poi andrò in Messico. Domani ho un incontro bilaterale con i tedeschi per organizzare i documenti da portare in comune in Europa. Dico questo per dare un'idea di quali sono i nostri rapporti, che non sono solo in Italia, ma anche all'estero. Io difendo il mio Paese con grande orgoglio, e vorrei che questo fosse molto chiaro.

  ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Io avevo fatto una domanda sui codici etici per i propri associati.

  CARLO FESTUCCI, Segretario generale della Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD). Ho dimenticato la domanda. L'ho fatto senza cattiveria, e del resto avevo chiesto di aiutarmi a ricordare le domande. La politica di Confindustria, quindi delle aziende e non dell'AIAD, è una politica assolutamente etica. Io so solo che Guarguaglini è stato indagato a lungo, e poi è stato assolto da tutto.
  Se avessimo fatto un'audizione come questa quando c'era il processo, avremmo Pag. 16potuto immaginare che Guarguaglini avesse fatto di tutto, salvo poi scoprire che non era così. Non tocca a me parlare di questo, perché c’è la magistratura che, grazie a Dio, ci pensa.
  Se vuole sapere se mi risulta che si danno le mazzette, a me personalmente non risulta. Il fatto che non risulta a me vuol dire poco. Ogni tanto sento delle voci. Faccio un esempio di un fatto che ormai è pubblico, e quindi non dico niente di scandaloso: quando l'Inghilterra ha venduto gli EFA all'Arabia Saudita, i giornali inglesi tirarono fuori una questione di tangenti date dagli inglesi all'Arabia Saudita. Il Governo Blair ha messo il segreto di Stato e nessuno ne ha più parlato. Da questo posso dedurre che gli inglesi qualcosa l'avevano fatta, ma prove non ne ho.
  Le posso dire che noi nel nostro statuto abbiamo un codice etico, che spero tutti rispettino. L'abbiamo messo apposta. Finmeccanica ha un codice etico. Di non rubare è scritto ovunque. Io so che noi abbiamo bisogno di creare lavoro e che gli altri governi, gli altri Paesi e le altre industrie si danno molto da fare a livello internazionale, in modo assolutamente corretto. Io spero che anche noi facciamo così. Non le so dire altro, onorevole.
  Posso aggiungere una cosa davvero personale ? Io conosco l'ingegnere Orsi da quarant'anni. Non credo che abbia fatto quello di cui l'accusano, ma questa è una mia opinione. Se poi la magistratura scoprirà che ha fatto di tutto, vorrà dire che non conoscevo l'uomo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Festucci e la dottoressa Gatto per la disponibilità dimostrata a partecipare alla nostra audizione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.