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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 24 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vito Elio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI D'ARMA DESTINATI ALLA DIFESA IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI DICEMBRE 2013

Audizione del dottor Enzo Casolini.
Vito Elio , Presidente ... 3 
Casolini Enzo , Esperto del settore ... 3 
Vito Elio , Presidente ... 6 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 6 
Corda Emanuela (M5S)  ... 6 
Galli Carlo (PD)  ... 6 
Vito Elio , Presidente ... 7 
Casolini Enzo , Esperto del settore ... 7 
Galli Carlo (PD)  ... 11 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 11 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Casolini Enzo , Esperto del settore ... 12 
Vito Elio , Presidente ... 12 
Casolini Enzo , Esperto del settore ... 12 
Vito Elio , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione presentata da Enzo Casolini ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ELIO VITO

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Enzo Casolini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013, l'audizione del dottor Enzo Casolini, esperto del settore.
  Ringrazio il dottor Casolini per la disponibilità che ha mostrato nei confronti della nostra Commissione a prendere parte ai lavori di questa indagine conoscitiva e gli do il benvenuto. Saluto e do il benvenuto anche all'ingegner Carlo Nucci, che lo accompagna.
  Dopo l'intervento del dottor Casolini potranno aver luogo le domande da parte dei colleghi, alle quali il nostro ospite risponderà. Abbiamo a disposizione, come sapete, un'ora, perché alle ore 15 riprenderanno le votazioni in Assemblea.
  Do la parola al dottor Casolini.

  ENZO CASOLINI, Esperto del settore. Grazie e buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente per la disponibilità. Per me è un onore essere qui oggi. Cercherò di fare un'introduzione piuttosto veloce sul Programma Eurofighter, del cui Consorzio sono stato l'ultimo amministratore delegato italiano, fino allo scorso mese di giugno. Mi permetto, quindi, di affermare che ne conosco pregi e difetti.
  Il Programma Eurofighter parte a metà degli anni Ottanta, a seguito e sulle orme del successo ottenuto da una precedente collaborazione europea che si chiamava Programma Tornado, che è ancora in linea nelle aeronautiche di Italia, Germania, Inghilterra e Arabia Saudita.
  All'inizio, in questa nuova collaborazione erano inclusi anche i francesi. Avrebbe, quindi, dovuto essere una collaborazione tra Italia, Germania, Inghilterra, Spagna e Francia. Tuttavia, poco dopo, la Francia si è staccata. Se, però, osservate il velivolo che la Francia stessa ha poi progettato, sviluppato, e prodotto, che si chiama Rafale, vedrete che è molto simile all’Eurofighter prodotto dalle altre quattro nazioni europee.
  Qual è stato il principio di questa collaborazione ? Come in tutte le collaborazioni europee, la suddivisione fra tutte le quattro nazioni, anche per la Spagna che partecipava solo con il 13 per cento, venne effettuata sulla base dei velivoli ordinati da ciascuna nazione. Si era partiti, quindi, nel contratto di sviluppo del 1988 con uno sharing per cui la Spagna aveva il 13 per cento, l'Italia il 21 per cento e l'Inghilterra e la Germania il 33 per cento.
  Il concetto di fondo era che anche il Paese che avesse portato il più basso contributo al programma, ossia la Spagna, avrebbe partecipato comunque a pieno titolo alle decisioni. Le decisioni sarebbero state assunte, e vengono tuttora assunte, Pag. 4all'unanimità. Si tratta, quindi, di una reale partnership. Non c’è nessuno che venga considerato partner di terzo o quarto livello, perché anche quello che ha meno contribuito al programma ha diritto a decidere insieme agli altri.
  Un altro concetto era che qualsiasi spesa fatta da ciascuna nazione, per il principio del cost sharing uguale al war sharing, dovesse mantenersi nell'ambito del territorio nazionale. In altri termini, se l'Italia investiva, a quel tempo, 10 milioni di lire sul programma, questi 10 milioni di lire dovevano corrispondere ad un analogo valore di lavoro svolto in Italia.
  Questo è concetto fondamentale da comunicare anche a chi paga le tasse, perché in questo programma non c’è travaso di denaro al di fuori dei confini nazionali. Non solo, nei memorandum firmati per questo programma sono previste verifiche effettuate periodicamente, per cui se emergono sbilanciamenti vanno recuperati.
  Questo ha comportato un'organizzazione un po’ faraonica, perché la Spagna non aveva grandi capacità, per esempio, sul discorso dell'elettronica di bordo. È stato, però, necessario affidarle del lavoro e, quindi, è stata attribuita a ogni nazione la fabbricazione di una major assembly, ossia di un componente rilevante, oltre alla responsabilità del progetto su alcune parti.
  L'Italia, per esempio, ha avuto la responsabilità per il sistema di navigazione e per il sistema di integrazione degli armamenti e dei motori. In altri termini, gli ingegneri di Alenia Aermacchi oggi – a quel tempo di Aeritalia – hanno la responsabilità dal punto di vista del design, ossia di progetto, di questa attività. Tutti gli altri si devono rivolgere ai nostri ingegneri se vogliono fare cose che riguardano il sistema dell'armamento o il sistema di navigazione.
  Questo è stato, ed è tuttora, il principio di questo programma. Quando si parla di spese per l’Eurofighter di miliardi di euro spesi dall'Italia, non si deve dimenticare che questi sono soldi che sono stati spesi e che verranno spesi anche in futuro – perché i velivoli continuano a essere prodotti, non essendo stati ancora tutti consegnati – in Italia. Il concetto in inglese è «no money across the border». Questi erano, dunque, i princìpi del progetto.
  Che cosa è successo dopo il 1988, per andare un po’ veloci ? Non voglio tediarvi troppo con i princìpi del programma, che sono, come ho detto, piuttosto complessi. Secondo me, da italiano che paga le tasse, era una garanzia anche per chi pagava le tasse il fatto che i soldi che si mettevano in questo programma venissero spesi per creare lavoro e, quindi, compiere investimenti in Italia.
  Nel 1989 c’è stata la caduta del muro di Berlino e le quattro nazioni si sono riunite per fare una cosiddetta reorientation del programma: la Germania dell'Est riceveva i MIG dell'Unione Sovietica, ragion per cui il ministro della difesa dell'epoca aveva deciso di abbandonare il programma Eurofighter, perché aveva già i MIG.
  Uno dei motivi per cui i suoi collaboratori poi lo convinsero a restare nel programma fu il seguente: gli dimostrarono che, a fronte di un Deutsche Mark dell'epoca speso per il programma, 0,73 ritornavano nel bilancio dello Stato come incassi derivanti dalle tasse, dall'occupazione e via elencando.
  La decisione della Germania ha comportato un ritardo del programma di quattro anni. Quando si parla di un programma che ha ritardo, la gente dimentica questo periodo di quattro anni che vanno da dopo la caduta del muro di Berlino al riorientamento del programma. Tale ritardo deriva proprio dai dubbi di un partner in particolare, la Germania, se continuare o, invece, sfruttare i velivoli che le avanzavano dalla Germania dell'Est.
  Il programma poi è andato avanti con questa reorientation e nel 1998 sono stati firmati i contratti di produzione. A quel tempo erano contratti che si chiamano «umbrella», perché, a differenza che nel programma Tornado, erano stati stipulati a prezzo fisso.
  Il programma Tornado, invece – non voglio entrare in troppe technicality – si Pag. 5chiamava cost plus. Ciò significa che, a mano a mano che andava avanti il progetto, se l'eventuale attività che veniva svolta veniva considerata dal cliente degna di un maggior costo, esso veniva concesso. Alla fine c’è stata la sommatoria di questi maggiori costi e il programma ha sforato rispetto ai budget previsti dalle nazioni.
  Nell’umbrella contract, invece, è stato previsto che venissero comprati in totale 620 aerei, tutti allo stesso prezzo, a quel tempo. Poi, però, sono stati stipulati contratti in tre fasi. La prima fase, la tranche 1, è stata consegnata con 148 velivoli. La seconda fase, tranche 2, è stata consegnata con 236 velivoli. La fase 3, quella ancora in atto, per poter andare incontro alle difficoltà economiche dei quattro Paesi, è stata divisa in due parti, quella che è stata chiamata tranche 3-A, che ho firmato io, peraltro, nel luglio del 2009 e la tranche 3-B, che, sulla base di un rallentamento del programma, per tenere aperte le linee di produzione, dovrebbe essere decisa entro l'inizio dell'anno prossimo. Le linee di produzione, con il rallentamento del programma che è avvenuto, saranno aperte, a meno di export che riusciranno a essere ottenuti nel frattempo, fino alla fine del 2017 o all'inizio del 2018.
  Il Programma Eurofighter è, quindi, ancora vivo e vegeto. Non solo, ha anche una cosiddetta roadmap di miglioramenti. Sapete tutti che per l'intervento in Libia, per esempio, gli inglesi hanno già utilizzato armamenti aria-suolo. Non è stato impiegato solo un aeroplano di difesa aerea, o di air superiority, come dicono gli inglesi. C’è tutta una roadmap che da oggi al 2020 lo renderà, come vogliono, peraltro, i clienti export, multiruolo.
  In questo momento si sta negoziando con gli Emirati Arabi per 60 aeroplani. È chiaro che le difficoltà delle quattro nazioni per stipulare l'ultimo contratto dalla tranche 3-B, che consiste in 124 velivoli, hanno portato le industrie del Consorzio, d'accordo anche con i Ministeri della difesa delle nazioni, a valutare quale fosse la possibilità di mantenere il programma in vita al di là della chiusura delle linee di produzione, prevista come ho anticipato, per fine 2017 o inizio 2018.
  L'unica possibilità era quella di esportare il velivolo, che, peraltro, aveva avuto già due successi, uno con l'Austria, con 15 velivoli nel 2003, e un altro con l'Arabia Saudita, con 72 velivoli, nel 2007. Adesso l'Arabia Saudita vorrebbe almeno altri 48 velivoli e ha posto alcune condizioni, tra cui quella di dotarlo di maggiore capacità aria-suolo, con bombe a guida laser di un determinato tipo, e di renderlo più multiruolo.
  Eurofighter è, dunque, un programma che andrà avanti da oggi al 2020. Vi verrà inserito un radar a scansione elettronica, mentre quello in dotazione attuale è a scansione meccanica. Peraltro, il maggior contributo sul radar a scansione elettronica viene fornito da Selex, una ditta di Finmeccanica. La Selex partecipa a questo tipo di attività più o meno al 50 per cento. Parlo di Selex sia inglese, sia italiana, ovviamente, perché la Selex ha una sede piuttosto rilevante anche in Inghilterra.
  Ci sono integrazioni di altri missili del Meteor, peraltro prodotto da MBDA, un'altra società a partecipazione di Finmeccanica. Il programma, quindi, come dicevo prima, è vivo e vegeto e il contributo delle nazioni, soprattutto dell'Inghilterra, per l’export è fondamentale per poter proseguire le linee di produzione del programma stesso.
  Vi lascio alcune note che vi ho ora brevemente esposto. Lascio poi un altro documento che, secondo me, è piuttosto importante: contiene le conclusioni di uno studio dell'Università di York nel 2008 riguardo ai benefici industriali ed economici del programma Eurofighter. Vi sono anche alcune critiche, relative alle considerazioni che avevo svolto prima su pregi e difetti.
  Una critica è che, non essendoci una sola leadership dal punto di vista industriale, ma anche dal punto vista governativo, le decisioni a volte sono piuttosto difficili, perché bisogna trovare sempre compromessi, a seconda delle disponibilità finanziarie dei diversi Governi.Pag. 6
  Un'altra critica che viene mossa al programma è la mancanza di decisionismo. Voi potete immaginare quali fatiche, negli ultimi 2-3 anni – con la crisi economica, soprattutto di Spagna e Italia – vi siano state, a livello delle quattro nazioni, nell'assumere determinate decisioni. Tant’è vero che l'Inghilterra ha inserito per conto suo alcuni elementi nell'aeroplano, stabilendo che, se uno dei partner avesse voluto inserirsi successivamente, avrebbe potuto rimborsare la propria quota parte.
  Questo, infatti, è l'altro punto importante: qualsiasi nazione, come ho detto all'inizio, sia essa l'Italia, l'Inghilterra, la Spagna o la Germania, da sola ha la conoscenza completa del velivolo, ha tutto il know-how delle tecnologie e del sistema dell'architettura avionica. Se si devono fare interventi, il system designer, cioè il responsabile del progetto, se la ditta è inglese, rimane nella ditta inglese. Se la ditta è italiana, rimane nella ditta italiana.
  La capacità di conoscenza, però, con i joint team integrati, in cui ognuno lavora in maniera paritetica nel programma, è una cosa fantastica. L'Italia, con il 21 per cento nel programma, conosce per filo e per segno tutto il sistema e può fare interventi sul suo complesso. Queste sono situazioni che portano solo le collaborazioni europee.
  Mi fermerei qui. Ripeto, vi lascio la parte sui benefici industriali ed economici del programma elaborata da questo professore dell'Università di York.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la Sua esposizione e per il materiale consegnato di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (Vedi allegato).
  Adesso vedrà l'interesse che ha suscitato la Sua relazione, ascoltando le domande che i colleghi avranno cura di porle.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAN PIERO SCANU. Buonasera. Grazie, presidente. Saluto i nostri ospiti. Eviterò di svolgere un'introduzione, perché vorrei porre quattro o cinque domande in maniera molto didascalica.
  Lei ha parlato di programma avanzatissimo, usando un superlativo assoluto. Le chiedo di affermarlo meglio, anche relativamente agli altri prodotti che ci sono nel mercato.
  Inoltre, senza che sconfiniamo in comparazioni spiacevoli, visto che siamo qui per parlare con estrema chiarezza, dal punto di vista dell'utilizzazione e, quindi, della destinazione, che differenza c’è fra un Eurofighter e un F-35 ? Che differenza di costo c’è all'atto dell'acquisto e per la manutenzione ?
  Infine, vorrei pregarla di comunicarci qual è l'atteggiamento dell'attuale Governo a proposito di quest'aeromobile: ne sono stati ordinati, siete stati contattati per eventuali implementazioni ? Che tipo di relazioni intercorrono, in questo momento, con il Governo italiano ?
  Grazie.

  EMANUELA CORDA. Anch'io ringrazio i nostri ospiti per la relazione piuttosto incisiva.
  La mia domanda si incentra sulla tranche 3-B. A noi risultava che fosse stata abbandonata nel 2010, con un risparmio di circa 2 miliardi di euro, se non erro. Lei ci conferma, quindi, che comunque si proseguirà sullo sviluppo di questi aerei. Se ciò non dovesse avvenire, vorrei sapere eventualmente quali penali l'Italia dovrebbe pagare.
  Passo a un'altra domanda, un po’ più specifica: gli Eurofighter Typhoon possono fungere da cacciabombardieri ? Possono assolvere al ruolo di cacciabombardiere, come l’F-35, per esempio ?
  Vorremmo, inoltre, sapere che opportunità hanno questi programmi sul mercato internazionale, ossia sull’export: per esempio, con l'India abbiamo qualche rapporto ?

  CARLO GALLI. Ho anch'io una domanda. Esistono possibilità reali per portare questo aereo a caratteristiche comparabili, come cacciabombardiere, a quelle Pag. 7di un F-35, cioè per farlo diventare un aereo di attacco al suolo di quinta generazione ? Esistono possibilità condivise fra l'Italia e gli altri Paesi costruttori e di che ordine sarebbero le spese ?

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Casolini per la replica.

  ENZO CASOLINI, Esperto del settore. Mi pare che la prima domanda dell'onorevole Scanu fosse sull'accezione «avanzatissimo» riferita al programma. Il programma è avanzatissimo nel senso che l'utilizzazione di questo velivolo sta avendo un successo stratosferico.
  Non sono esagerato. Basta ricordare – l'hanno detto gli utilizzatori, gli inglesi e non io – che la Royal Air Force ha tenuto una conferenza stampa, dopo l'operazione in Libia, in cui ha dichiarato che questo aeroplano ha avuto un'efficienza del 99 per cento. Loro hanno fatto attività di volo per sei ore consecutive, con rifornimento in volo, e migliaia di ore in quel periodo. L'hanno fatto a un livello che era utile per l'operazione, ovviamente.
  Questa efficienza in un velivolo da caccia è anomala. Io vi assicuro, per la mia esperienza precedente, che con l’AMX dell'Aeronautica o con il Tornado quando si arrivava a un 50 per cento di efficienza si faceva festa.
  Il programma, inoltre, prevede principalmente aggiornamenti del software, perché per la parte hardware il velivolo è stato costruito con una grande capacità di crescita. La modifica dell’hardware, quindi, dovrà essere fatta, per esempio, per l'introduzione del nuovo radar a scansione elettronica. Si toglie quello che muoveva l'antenna meccanicamente e si installa quello con cui si muove solo il raggio elettronico. Per questo caso, quindi, vi sono modifiche da fare dal punto di vista strutturale del velivolo, ma sono già comprese nell'offerta fatta alle quattro nazioni.
  Diversamente, di norma, il programma di sviluppo da oggi al 2020 prevede aggiornamenti del software ogni due anni e dell’hardware ogni quattro anni. Ciò è dettato non solo dalle esigenze delle quattro nazioni, perché di queste quattro nazioni europee ce ne sarà una, la Germania, che a regime – come dicono in Umbria, «a babbo morto» – avrà in linea soltanto l’Eurofighter.
  Attualmente, i tedeschi come attacco al suolo hanno il Tornado, che però verrà dismesso, come programma, nel 2025. La Germania ha deciso che avrà solo gli Eurofighter per il multiruolo e, quindi, farà il discorso di air superiority e di attacco al suolo. Dall'altra parte, la Francia farà lo stesso con il Rafale. Non avrà due velivoli in dotazione.
  Questa esigenza della Germania, oltre alle esigenze del cliente export, vanno tenute in conto. Se infatti vogliamo vendere questo aeroplano ai clienti export, compresa l'India, dobbiamo fornire un aeroplano che faccia tutto. Non possiamo dire che con questo aereo si può andare solo a fare colazione la mattina e che il pomeriggio se ne deve prendere un altro.
  Già come industrie eravamo, quindi, partiti per autofinanziare alcune attività di sviluppo che avrebbero portato il velivolo a poter fare questo tipo di multiruolo. Gli inglesi, come dicevo prima, già in Libia avevano dotato l'aeroplano del laser designator pod e delle bombe a guida laser che si potevano sganciare su obiettivi di terra che hanno effettivamente utilizzato.
  I sauditi, per comprare un secondo lotto di velivoli, probabilmente 48, o forse 72 – almeno così ci dicono gli inglesi, che hanno la posizione di prime contractor per questo tipo di attività – hanno posto una condizione: vogliono che sul velivolo sia istallato un sistema che si chiama Storm Shadow, ossia un missile a lungo raggio che attualmente hanno sul Tornado. Vogliono anche altre attività a bordo, in maniera tale da riuscire a fare anche l'attacco al suolo completo.
  Questa, quindi, è la situazione per quanto riguarda il discorso «avanzatissimo». Il velivolo è vecchio da una parte, ma è un bambino dall'altra, nel senso che ha una grande capacità di crescita anche dal punto di vista strutturale. È stato progettato come un aeroplano in grado di Pag. 8portare un grande equipaggiamento. Se voi considerate il tipo di missili e di armamenti che può portare questo aeroplano, noterete che è stupefacente. D'altra parte, con due motori e con la potenza che questi due motori hanno, queste sono possibilità concrete. Non sto cercando di vendere la merce della bancarella. È una situazione riconosciuta da tutti.
  L'altra domanda riguardava la differenza con l’F-35. Io non seguo il programma ormai da più di quattro anni e, quindi, non posso entrare in molti dettagli. Quello che ho seguito l'ho seguito dai giornali. Precedentemente, sono stato coordinatore per le aziende di Finmeccanica delle negoziazioni con Lockheed Martin sull’F-35.
  L’F-35 nasce come un velivolo di cosiddetta quinta generazione. Bisogna però anche intendersi sui termini di quinta, quarta e quarta generazione e mezza. Alla fine, quello che vale è il requisito operativo dell'Aeronautica della nazione che lo vuole usare.
  Se l'Italia decide che deve avere per forza la stealthiness, ossia l'invisibilità, bisogna prendere l’F-35. Questo requisito operativo è stato fissato dal Ministero della difesa. Loro hanno stabilito queste cose. Io dal punto di vista industriale non posso criticarle. Dipende da quali sono le missioni che l'Italia in prospettiva dovrà svolgere. Se, insieme agli Stati Uniti, deve andare a combattere, in futuro, la Cina, o la Russia – speriamo di no – avrà bisogna di un determinato armamento. Dipende dalle prospettive del Paese.
  In ambito europeo, come ho detto, c’è un partner, la Germania, che ha deciso di mantenere un solo aeroplano. Un altro partner, l'Inghilterra, ha deciso, invece, di prendere anch'essa l’F-35. Ripeto, sono decisioni che esulano dalle considerazioni che posso fare io e che, quindi, mi viene difficile criticare.
  Quello che posso dire, e l'ho detto anche in un'intervista, è che l’F-35 dal punto di vista industriale era, ed è tuttora, probabilmente, una grande opportunità per l'industria nazionale, qualora venisse superata la mancanza dell'accesso alle tecnologie e alle conoscenze del velivolo. Tale veto viene stabilito dal Governo americano, non dalla Lockheed Martin.
  In estrema sintesi, se domani il Presidente del Consiglio va da Obama, batte i pugni sul tavolo e dice di voler comprare novanta aeroplani, ma di volere l'accesso al sistema di missione del velivolo, per esempio, come noi l'abbiamo sull’Eurofighter in Europa, dal punto di vista industriale non posso che fare un plauso. Significa che per i prossimi 30-40 anni l'Italia potrà inserire autonomamente le modifiche sul velivolo, magari con la supervisione della Lockheed Martin. I nostri ingegneri comunque saranno in grado di fare questo tipo di attività.
  Se, invece, permane il «no» che c'era quattro anni e mezzo fa, quando facevo parte di questo team, che mi pare ci sia ancora e che è posto dal Governo americano, ciò non sarà possibile. Nel documento sulla sintesi dei benefici industriali ed economici che vi ho lasciato c’è una conclusione tratta dalle argomentazioni del citato professore dell'Università di York che dice esattamente che per tradizione il Governo americano è restio a rilasciare il nulla osta – chiamiamolo così – per le conoscenze tecnologiche e informative riguardo a determinati velivoli.
  In altri termini, come ha spiegato benissimo il dottor Pansa, noi siamo degli esecutori – ha aggiunto – intelligenti per quanto riguarda l’F-35. Passiamo, cioè, da un discorso di proprietà del progetto, che si chiama Eurofighter e, quindi, di capacità di fare tutto quello che vogliamo con i nostri ingegneri, a un discorso di sottofornitori, per quanto sia anche quello un business. Per carità, non lo metto in dubbio. Se le piccole e medie imprese alla fine dell'anno portano un fatturato di 50-60 milioni di euro, è un business anche quello. Se permane questo «no» all'accesso, però, saremo sempre succubi del nulla osta americano e, quindi, della Lockheed Martin, che, da capocommessa, farà il bello e il cattivo tempo.
  Questo è quello che ha detto in sintesi il dottor Pansa, quando vi ha riferito che siamo esecutori intelligenti. Questa è la Pag. 9realtà. Chi può cambiare la situazione non sono né i militari nostri, né i sottosegretari. Questo è un discorso ad altissimo livello che va fatto con il Governo degli Stati Uniti. Peraltro, nel JSF noi siamo partner di secondo livello, non l'ultima ruota del carro.
  Con riferimento al discorso dell'efficienza operativa dell’F-35 e dell’Eurofighter non Le so rispondere. Sono due aeroplani diversi: uno è in linea e funziona, l'altro è ancora sulla carta. Sta andando avanti, ma, come tutti i progetti sofisticati, ha i problemi che abbiamo letto un po’ tutti. Tuttavia, penso che quei problemi si supereranno, perché, se guardate la storia dei velivoli, vedrete che anche l’F-16, che è stato in linea quarant'anni ed è stato un po’ l'ossatura dell'Aeronautica, all'inizio ha avuto tantissimi problemi. Anche l’F-22 americano ha avuto problemi pazzeschi.
  In questo studio dell'Università di York si riferisce che l’F-22 ha avuto un ritardo di circa sei anni e che il prezzo è aumentato del 130 per cento. Se guardiamo l’Eurofighter, vediamo che abbiamo avuto un ritardo dei famosi quattro anni e mezzo circa che vi dicevo prima per i problemi della caduta del muro di Berlino e, quindi, della riorientazione del sistema. Il costo è aumentato del 14 per cento rispetto a quello previsto all'inizio.
  Per concludere, mi riesce difficile dire se sia meglio l’F-35 o l’Eurofighter. C’è un'esigenza che deriva dal Ministero della difesa di utilizzare questo tipo di velivolo. Il Ministero avrà fatto una valutazione dello scenario possibile a cui l'Italia in futuro dovrà partecipare e per il quale necessita di un aeroplano che abbia perlomeno una prima mandata di invisibilità. Questo è il punto.
  Per il resto, la situazione è piuttosto confusa, ragion per cui io non riesco a dirvi se quello è meglio di quest'altro o no. Dipende sempre dal requisito operativo che viene posto all'inizio dal Ministero della difesa.
  Per quanto riguarda i costi del programma relativo all’Eurofighter, nel report che vi ho lasciato noi abbiamo indicato i costi che, al tempo, sono stati calcolati di concerto con l'Amministrazione della difesa. Vi parlo del 2006. Uno dei nostri ingegneri è andato a spulciare tutti i contratti firmati. Sono costi effettivi.
  Il costo fly-away dell'aeroplano, che deriva anche dalla tranche 3-A, l'ultimo contratto stipulato, di cui vi parlavo e che ho firmato nel 2009, è intorno ai 59 milioni di euro. Questo è il costo di produzione effettivo del velivolo.
  Se poi a questo aggiungiamo tutti i costi che derivano dall'industrializzazione, dallo sviluppo e da tutte le attività non ricorrenti svolte – si fa la somma e poi la si divide per il numero dei velivoli – questo costo diventava, a condizione economica 2006, pari a 93 milioni di euro. Se l'Italia non prende gli ultimi 25 velivoli, la suddivisione viene fatta su un numero di velivoli minore e, quindi, questo costo a quel tempo arrivava a 103 milioni di euro, se ricordo bene. Parlo del costo di programma.
  Per facilitare l’export recentemente, con il Consorzio Eurofighter e in accordo con tutti i prime contractor delle diverse nazioni, abbiamo ridotto di circa il 10 per cento il costo di produzione, il fly-away cost, che da 59 milioni è arrivato a circa 54 milioni.
  Come abbiamo fatto ? C’è una legge che prevede che non si possa vendere allo Stato un prodotto a un prezzo più alto di quello a cui lo si venderebbe a un altro. Cambiando i termini contrattuali per l’export e rallentando alcune condizioni che erano nei contratti, l'Agenzia NATO, che sovrintende il programma, ci ha dato il benestare. Noi abbiamo posto la cifra di 54 milioni. Per esempio, all'India avevamo rifatto l'offerta con questo tipo di cifra del fly-away cost per velivolo.
  Quanto al supporto logistico, abbiamo fatto un calcolo del costo a ora di volo per l’Eurofighter, che ammonta a circa 20.000 euro. Questo costo è a scendere. Nel confronto che abbiamo avuto, a suo tempo, con l'Aeronautica militare ci siamo scontrati perché l'Aeronautica militare è obbligata per legge ad ammortizzare i costi di acquisizione nell'ora di volo.Pag. 10
  In altri termini, l'ammortamento viene fatto in vent'anni, con il 5 per cento all'anno nelle ore di volo. Pertanto, loro avevano, oltre ai 20.000 euro che noi avevamo calcolato, anche una serie di ammortamenti che portava il costo a 60-65.000 euro a ora di volo. Stiamo parlando del costo reale del volo, senza considerare gli ammortamenti previsti dalla legge dello Stato.
  Con riferimento alla manutenzione, per esempio, l'Aeronautica italiana la fa attraverso un partenariato con l'industria. Questo sta sortendo effetti veramente favolosi, tanto che anche la Royal Air Force aveva chiesto alle nostre aziende di presentare una proposta per fare un po’ lo stesso in Inghilterra. Ci siamo scontrati con la ditta capocommessa inglese, la BAE Systems, perché voleva avere la responsabilità in Inghilterra. A un certo punto abbiamo attenuato le divergenze e abbiamo lasciato che facessero quello che volevano. Quello è un partenariato in cui l'Aeronautica interviene e ha ora un contratto, se ricordo bene, di cinque anni. Esso viene calcolato anche sull'efficienza del velivolo: più è efficiente il velivolo, più il contratto è rispettato.
  Per il resto, le manutenzioni fisse vengono spostate ogni 500 ore con un miglioramento rispetto alle 400 di prima. Il motore ha un'efficienza pazzesca, tanto che all'inizio erano stati comprati molti motori come spare. Il consumo però è stato molto minore di quanto previsto e sono rimasti molti motori di riserva.
  Ci sono alcuni aspetti dal punto di vista operativo che vanno ancora aggiustati. Ovviamente abbiamo parlato – adesso io ho terminato il mio incarico – tutti i giorni con i piloti e sono emerse alcune questioni che dal punto di vista operativo vanno migliorate. Al riguardo c’è un'attività in corso e, quindi, vedremo come procedere.
  Quanto alla relazione con il Governo italiano, questa è ottima. Il Governo italiano ci ha dato una grossa mano, per esempio, quando noi abbiamo chiesto di ridurre il rateo produttivo. Il gate, ossia il termine per poter decidere sulla tranche 3-B era il 2011. Viste le difficoltà dei quattro Governi, ci siamo messi intorno a un tavolino con loro e abbiamo proposto, invece di consegnare 52 aeroplani all'anno, di ridurre la cifra. Ne avremmo consegnati una trentina a regime, il che ci avrebbe consentito di arrivare con le linee produzione aperte fino al 2017. La loro decisione per andare sulla tranche 3-B si sarebbe spostata dal 2011 all'inizio del 2014. L'accordo è rimasto questo.
  Questo ci consente poi per l’export di comunicare che abbiamo la linea di produzione aperta e di chiedere quanti aerei vogliono gli altri Paesi. Se, per esempio, adesso l'Arabia Saudita ne compra una settantina, come sembra, noi terremo la linea di produzione aperta al di là del 2018 e arriveremo al 2020. Ciò comporta occupazione, lavoro e tutto quello che voi già sapete.
  È stata un'azione fatta di concerto con i quattro ministeri della difesa, con i quattro sottosegretari – a suo tempo, quando abbiamo stipulato questo accordo, da noi come sottosegretario c'era l'onorevole Crosetto – e, quindi, anche il Governo italiano ci ha dato una grossa mano su questo punto.
  Sulla decisione per la tranche 3-B è stato dichiarato più volte – anche in modo un po’ scioccante come mi ricordo fece il Ministro La Russa in occasione di un Salone aeronautico – che l'Italia non avrebbe più comprato quei velivoli. Detto in un salone, potete immaginare, con tutti i potenziali clienti export che vengono, quale sia stato l'effetto. È stato un fatto scioccante per tutto il sistema, non solo per gli italiani del Consorzio, ma anche per tutti gli altri, tra cui gli inglesi. Sappiamo che l'Italia, con la decisione assunta dal Ministro Di Paola, non intende comprare gli ultimi 25 velivoli. Questo almeno è stato affermato.
  Per quanto riguarda il discorso delle penali, queste sono un fatto derivante da accordi governativi. Se, per assurdo, tutte e quattro le nazioni decidessero di non andare avanti, nel caso in cui si interrompessero le linee di produzione, l'industria avrebbe diritto ad avere un compenso che Pag. 11verrà valutato. Se, però, le nazioni dichiarano di non poter comprare la tranche 3-B, ma di voler aiutare a esportarla ad Arabia Saudita, Emirati, Malesia, e sostituire i loro numeri con quelli dell’export, questa sarà già una compensazione. Consideriamo che un export in Arabia Saudita è di 10 miliardi di euro. Stiamo parlando di un rilevante sostegno al bilancio dei pagamenti dei quattro Paesi.
  L'onorevole Galli chiedeva se l’Eurofighter è un cacciabombardiere e se può competere con l’F-35. È difficile rispondere. Credo di avere già toccato il punto. Come ripeto, dipende tutto dal tipo di requisito operativo che il Ministero della difesa stabilisce per il Paese, che varia da un Paese all'altro. Come ho detto prima, l'Inghilterra e l'Italia hanno deciso di buttarsi anche su una seconda linea di velivoli da combattimento, la Germania e la Francia no. Ci sono disparità di vedute in questo campo.
  Io credo che da oggi al 2020 quello che si chiama Eurofighter 2020, con il programma di miglioramenti biennali che citavo prima – c’è una carta molto colorata che indica quale tipo di miglioramenti arriveranno – sarà un ottimo aeroplano.
  Voi sapete che ogni anno le diverse Forze armate svolgono alcune esercitazioni. Le più valide si tengono negli Stati Uniti. Io ho avuto modo di parlare con un pilota tedesco, perché quest'anno è stato il turno della Germania andare sul posto con l’Eurofighter. Il commento di questo pilota tedesco, che abbiamo incontrato vicino a Monaco, a Neuburg, è stato che gli americani chiamano il nostro aeroplano «terminator». Loro avevano l’F-22, non un velivolo da poco.
  Naturalmente ciò mi riempie di orgoglio per aver sviluppato un programma e un aeroplano di questo tipo. Poi, lo ripeto, le decisioni finali non spettano ad Enzo Casolini o all'industria, bensì, come ha spiegato perfettamente il dottor Pansa, a un altro livello, perché sono conseguenti alle missioni operative che vengono decise e che devono essere svolte da un dato Paese.

  CARLO GALLI. Mi sembra che Lei abbia detto che l'unica differenza reale sotto il profilo tecnico-operativo è la capacità dell’F-35 che l’Eurofighter non potrà avere. È corretto ?

  GIAN PIERO SCANU. Presidente, sarò velocissimo. Nella seduta del 5 dicembre 2012, alla Camera dei deputati, parla Claudio Debertolis, allora Segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti. Cito le sue parole: «Quando, dunque, parlo di 3.000 operatori e di 10.000 persone che potranno lavorare sui velivoli» – sta parlando dei JSF – «vedo il risultato del lavoro che stiamo facendo. Le 10.000 persone rappresentano, in effetti, una sostituzione di quelle che lavorano nell’Eurofighter e che verrebbero a trovarsi senza lavoro dal 2018, quando la produzione di questo velivolo terminerà».
  Un po’ più avanti prosegue: «Sul dato occupazionale ho già detto che in questo momento l'apparato industriale italiano sta lavorando soprattutto sull’Eurofighter 2000. Per quanto riguarda gli AMX e i Tornado, ormai si parla solo di manutenzione e non più di costruzione. L’Eurofighter, invece, nello stabilimento di Torino Caselle e in tutto il territorio nazionale, dà lavoro più o meno a 10-12.000 persone. La prima esigenza è quella di sostenere questo apparato e il JSF, per come è fatto, lo sostituirà».
  Ovviamente non chiedo commenti che possano essere scortesi nei confronti di una persona che in questo momento non è presente. Tuttavia, la domanda è implicita in ciò che ho letto: nel testo si parla di liquidazione del programma Eurofighter nel 2018, mentre, stando a ciò che diceva Lei, mi pare che le cose non stiano in questi termini. Sarebbe bene, dottore, se Lei su questo aspetto fosse ancora più netto.

  PRESIDENTE. La settimana prossima svolgeremo proprio l'audizione del nuovo Segretario generale della difesa.
  Do la parola al dottor Casolini per la replica.

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  ENZO CASOLINI, Esperto del settore. Sul discorso dell'occupazione per quanto riguarda l’F-35 credo che abbia risposto il dottor Pansa già nella seconda audizione che ha tenuto. Non sta assolutamente a me...

  PRESIDENTE. Vedo che Lei segue i nostri lavori.

  ENZO CASOLINI, Esperto del settore. Sapendo che sarei dovuto venire, mi sono letto quello che ha detto.
  Il discorso dell'occupazione dell’F-35, secondo me è legato molto anche a quello che facevo prima sull'accesso al know-how. Diversamente è «solo» un discorso – lo pongo tra virgolette perché anche questo non è un lavoro da buttare dalla finestra – di manufacturing, ossia di costruire dei prodotti su subfornitura. Questa è la situazione.
  Se Lei ha la conoscenza piena del velivolo in tutti i suoi sistemi, ci sarà anche un indotto che potrà lavorare su quel velivolo. Il problema è che per il caso dell’F-35 Lei viene messo in competizione con tutti i fornitori americani, che sono già nel programma ben prima di quando vorrebbe entrare. Lei deve essere, quindi, competitivo. Le viene indicato un target price, stabilito dalla capocommessa, e, quindi, si deve guadagnare la partecipazione.
  Credo che il dottor Pansa abbia detto che i margini sono notevolmente diversi tra l'uno e l'altro. C’è, però, il discorso di guadagnarsi il pane in un contesto in cui si pone un problema di offerta. Magari ci sono l'israeliano, l'americano o il canadese che offrono di meno.
  In un contesto in cui, invece, si riveste un ruolo di partner vero e proprio, si ha accesso a tutto il know-how, perché il Governo americano decide che vuole l'Italia on board su questo aeroplano e che vuole dividere con noi il compito di creare a Cameri un centro di manutenzione europeo vero e proprio. Per poterlo fare bisogna avere l'accesso all'elettronica e all'avionica del velivolo, altrimenti che manutenzione si fa ? Scusate, ma stiamo parlando del sesso degli angeli.
  Non intendo dilungarmi ulteriormente su questo discorso, ma io sono stato, lo ripeto, quattro anni e mezzo fa il coordinatore per l'azienda di Finmeccanica. Non vi descrivo il mal di fegato per cercare di fare entrare Selex Galileo, che faceva gli apparati elettronici, nel programma dall'inizio e, quindi, per produrre qualcosa di rilevante fin da subito. Anche far entrare Selex Communications, che fa gli apparati radio, è stata una lotta. La Lockheed Martin ci diceva, e lo vedevamo, che il loro Governo non approvava perché non voleva darci la conoscenza.
  Se posso essere sincero, non so rispondere alla domanda sulla differenza tra Eurofighter e F-35. Non so rispondere perché la questione dello stealthiness è risaputa da tutti. Questo aeroplano è stato individuato con tale caratteristica, che lo differenziava da tutti gli altri della famosa quarta generazione. Poi, però, ha avuto anche alcuni problemi. Se si vogliono mettere alcuni armamenti sotto, la baia in cui si può inserire qualcosa per mantenerla invisibile è relativamente piccola. Se si devono mettere questi armamenti fuori, sui piloni, si può dire addio all'invisibilità.
  Dipende, dunque, tutto dal concetto operativo e dall'impiego delle missioni che il Ministero della difesa italiano ha pensato di fare con questo velivolo. L’Eurofighter si vede. Non ha lo stealthiness. Anche se ha una radar cross section molto ridotta, si vede, perché è una bestia di aeroplano. È enorme, sono tonnellate di aeroplano, con due motori, mentre l'altro ne ha uno solo.
  Comunque, con i sensori di oggi si vedono gli spilli in giro dappertutto, perché il mondo è cambiato. Non ci sono solo i radar, ci sono anche sensori infrarosso e di tutti i tipi. Si contano gli aghi per terra.
  Per il resto, questo velivolo avrà un'avionica di bordo fantastica. Parlo dell’F-35. Per quello che so io avrà una fusione dei sistemi di nuova generazione che i velivoli vecchi non hanno. L’EurofighterPag. 13sta facendo progressivamente alcuni enhancement in questo senso per avere perlomeno a livello software questa fusione. Avrà, quindi, caratteristiche di quinta generazione, come viene definita. Onestamente, però, non so entrare nel dettaglio, perché non lo conosco.

  PRESIDENTE. Ringrazio per la cortesia e la competenza con la quale il dottor Casolini ha risposto alle nostre domande e ha partecipato alla nostra indagine conoscitiva.
  Ringrazio i colleghi che vi hanno partecipato per l'attenzione e l'interesse mostrati.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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